Storia ed evoluzione della chirurgia della cataratta in Italia - Estratto

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Lucio Buratto

Storia ed evoluzione della chirurgia della cataratta in Italia Salvatore Bellocco, Domenico Boccuzzi, Sergio Bove Guido Caramello, Carmelo Chines, Fabio Dossi Ferdinando Fabiano, Massimo Ferrari, Pier Enrico Gallenga Massimo Gualdi, Flavia Guerrini, Herman Janach Bruno Monfrini, Riccardo NeuschĂźler, Giuseppe Perone Vittorio Picardo, Alberto Ricci, Daniele Vitali

Fabiano Gruppo Editoriale


© Copyright 2019 ISBN 978-88-31256-06-3

Opera realizzata con il contributo di HOYA

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Dedico questo libro al mio nipotino Achille, con l’augurio che la sua lettura lo aiuti a diventare un bravo e serio professionista Lucio Buratto



Indice CAPITOLO 1

STORIA DELLA DELLA CATARATTA NEL SECONDO DOPOGUERRA - Pier Enrico Gallenga

P. 7

CAPITOLO 2

LA FACOEMULSIFICAZIONE: STORIA, RICORDI, EMOZIONI - Lucio Buratto

P. 47

CAPITOLO 3

STORIA DELLA CHIRURGIA DELLA CATARATTA FACOEMULSIFICAZIONE: EVOLUZIONE DELLE MACCHINE E DEL CHIRURGO - Vittorio Picardo

P. 177

CAPITOLO 4

LA STORIA DELLE LENTI INTRAOCULARI - Domenico Boccuzzi

P. 223

CAPITOLO 5

FACOEMULSIFICAZIONE - Bruno Monfrini

P. 335

CAPITOLO 6

LA RIVOLUZIONE DEL MONDO OFTALMOLOGICO NELLA STORIA DELLA MODERNA CHIRURGIA DELLA CATARATTA - Riccardo Neuschüler

P. 341

CAPITOLO 7

LA CATARATTA IN QUEGLI ANNI…. - Massimo Ferrari

P. 349

CAPITOLO 8

LA MIA ESPERIENZA AGLI ALBORI DELLA FACOEMULSIFICAZIONE - Daniele Vitali

P. 355

CAPITOLO 9

EPISODI SULLA STORIA DELLA FACO - Massimo Gualdi

P. 363

CAPITOLO 10

PERCHÉ LA FACO - Guido Caramello

P. 367

CAPITOLO 11

EPISODI - Giuseppe Perone

P. 371

CAPITOLO 12

LA PRIMA VOLTA CHE SENTII PARLARE DI FACOEMUSLIFICAZIONE FU NEL 1975 - Fabio Dossi

P. 375

CAPITOLO 13

GLI ALBORI DELLA FACOEMULSIFICAZIONE - Alberto Ricci

P. 377

CAPITOLO 14

BREVE STORIA DEGLI STRUMENTI CHIRURGICI IN OFTALMOLOGIA - Herman Janach

P. 379

CAPITOLO 15

RUOLO DE “L’OCULISTA ITALIANO” NELL'INNOVAZIONE DELLA CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA - Carmelo Chines

P. 381

CAPITOLO 16

STORIA DELLA VIDEOCHIRURGIA GDS - Salvatore Bellocco

P. 385

CAPITOLO 17

ALCON NELLA CHIRURGIA OFTALMICA - Sergio Bove

P. 409

CAPITOLO 18

IL CLUB ITALIANO IMPIANTO CRISTALLINO ARTIFICIALE (Ciica) - Riccardo Neuschüler

P. 417

CAPITOLO 19

STRUMENTAZIONE ED EVOLUZIONE DELLA FACOEMULSIFICAZIONE - Flavia Guerrini

P. 423

UNA STORIA NELLA STORIA: L’EDITORIA SCIENTIFICA - Ferdinando Fabiano

P. 429

CAPITOLO 20

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1 Storia della cataratta nel secondo dopoguerra Pier Enrico Gallenga PREFAZIONE Si dice ci siano tre tipi di lettori. Quelli che leggono la prefazione e chiudono il libro soddisfatti o saturi. Quelli che saltano la prefazione e digeriscono il libro. Quelli – pochi – che leggono prefazione e testo. A tutti va comunque il nostro grazie indiscriminato per aver preso in mano pagine che raccon- tano un po’ delle nostre vite e una parte dei percorsi che abbiamo calpestato, informandoci e for- mandoci sulle esperienze altrui rivelatesi utili per modulare la nostra, almeno per quanto ne siamo stati capaci, e certamente tenendo ben presente il motto di Reymond, riportato in fregio nell’aula didattica della Clinica Oculistica dell’Università di Torino, ricostruita nei primi anni ’50 dopo i bombardamenti del 1942, e che ha costituito il credo dei nostri Maestri: Qui solo valgono quelle dottrine che si applicano con utile di chi soffre. Era nostra intenzione cogliere l’evoluzione dell’approccio al ‘problema Cataratta’ nel corso del tempo e soprattutto in epoche più recenti, quando Ridley e Kelman hanno segnato una svolta decisiva. La metodologia, seguita nella prima parte del presente contributo, è stata quella di raccogliere gli spunti della trattatistica, ricercando nella produzione didattica, soprattutto italiana, gli indirizzi di insegnamento. Sono stati estromessi– per quanto spesso importantissimi – i contributi congressuali o su riviste: lo scopo era capire che cosa, e come, si insegnasse agli Studenti e poi agli Specializzandi e come venisse nel tempo riorganizzata la ‘formazione’, espressione dell’approccio del Cattedratico al problema e all’informazione trasmessa alla successiva generazione. Non poteva essere ecumenica, non poteva non essere arbitrariamente e spudoratamente autoreferenziale. Nella seconda parte è raccolto il memorandum dell’esperienza diretta, connotata, inevitabilmen- te, da difficoltà e successi che hanno, nel loro travaglio positivo, costruito il consenso all’aggiorna- mento delle risposte terapeutiche proponibili al paziente e al suo ‘problema cataratta’. Ai lettori del secondo e terzo tipo spetta il giudizio se da parte nostra sia stato realizzato il com- pito di comunicare, a mo’ di lascito, alle nuove generazioni la trasformazione del corpus di cono- scenze e di esperienze avvenuta nel tempo. 7


STORIA ED EVOLUZIONE DELLA CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA

Ai lettori del primo tipo lasciamo invece, pour légère malice, la curiosità per quello che si sono eventualmente persi. Il ringraziamento all’Editore è un dovuto e assai sentito piacere.

1.1 OGNI BUONA STORIA COMINCIA DA LONTANO "E domani, Signori, opereremo il Maestro di Cappella Johan Sebastian Bach" concluse a Lipsia, nel marzo del 1750, il dott. Taylor, oftalmologo di Sua Maestà Britannica Giorgio II Hannover, dopo aver mostrato alla Gilda i suoi ferri, atto ripetuto in ogni città, ove faceva annunciare da un servo il suo imminente arrivo e teneva immancabilmente una conferenza dimostrativa rivolta ai Colleghi laureati ma aperta anche al pubblico, prima di passare alla parte pratica prevista per il giorno seguente. L'intervento sul grande Sebastian, purtroppo, non ebbe esito felice, come non lo ebbe per Haydn, operato a Londra: bisogna riconoscere che gli usignoli del Barocco non incontrarono fortuna con la chirurgia della loro cataratta. Eppure Sushruta (Fig. 1) aveva disvelato il segreto della reclinatio; la via della seta aveva consegnato quel segreto al vicino Medio Oriente e all'Occidente, Celso e Galeno lo avevano codificato e trasmesso, cosicché per mille anni fu l'indicazione chirurgica dell'umore che scende nell'occhio (кαταρηγνυμι).

Fig.1. Lettura su Sushruta, Congresso DOG, Berlino, 2015

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Capitolo 1 Storia della cataratta nel secondo dopoguerra

La spina di acacia a larga base arcuata e punta rigida (Fig. 2a) si prestava ad essere inserita sotto l'unghia (più o meno sudicia) de l’ Uomo-Medicina, lo sciamano che praticava la cherato- o la scleronissi e ad agire come strumento penetrante. Anche la spina Christi (Fig. 2b) poteva fungere allo stesso scopo. Worst ci raccontava che Bols (Paolo di Egina) nel VII secolo dC, usava lo stelo di saggina per penetrare nel cristallino, frammentarne il contenuto ed aspirarlo succhiando: la prima “facoemulsificazione”! Galeno indicava a Marc’Aurelio la Scuola di Alessandria quale iniziatrice della reclinatio. Ma esistono reperti che ne anticipano la datazione e ne spostano la culla dall’India all’Egitto ed alla Mesopotamia. Devo a Federico Bottigliengo, egittologo PhD del Museo Egizio di Torino altre no- tizie sull’Antico Regno. Gli antichi egizi conoscevano la patologia, come dimostra la statua lignea di Ka-aper da Saqqara (5° dinastia, circa 2450 aC. JCRS 2001;27:1714-15) con riflesso pupillare bianco in OS; e probabilmente anche la sua chirurgia, come dimostrerebbe la scena della tomba del costruttore Ipwi in Tebe (c. 1200 aC.) (Fig. 2c), ove il chirurgo opera in OS un artigiano con un lungo strumento, simile agli aghi in rame rinvenuti nella tomba del faraone Khaseklemwy in Abido (Alto Egitto, c. 2700 aC.). Il gesto – interpretabile come reclinatio - si ripete nell’iconografia per secoli [vedi Fig. 6]. Nel codice di Hammurabi (1792-1750 aC.) è stabilito che ‘’il chirurgo che ha operato con successo l’occhio di un patrizio con il bisturi di bronzo sia remunerato con 10 shekels d’argento (circa 20,000 € del 2019 dC. Quasi lo stipendio annuo lordo di un Dottorando di Ricerca. Altri tempi, cari Colleghi!), la metà o un quinto per un plebeo o uno schiavo’’. Ma avverte: nel primo caso, ‘’se l’occhio è perduto a causa dell’intervento gli sarà tagliata la mano’’. Altro che Comitato di Etica, Consenso Informato ed Assicurazione! Questo peraltro conferma il grande rispetto per i chirurghi oculari nelle corti dinastiche per l’elevata abilità raggiunta e riconduce l’Uttar Tantra di Maharshi Sushruta a trattato di sistematizzazione di tecniche chirurgiche diffuse dal Mediterraneo all’ Indo.

Fig. 2. da sinistra: a) Spine di acacia. b) Spina Christi (Euphorbia, Cactaceae). c) Tomba di Ipwi, Tebe.

Quando nel 1992 con Bo Philipson, José Menezo, Albert Galand, Bob Drews, Eddy Mawas, Jerry minor Freeman, J. Draeger partecipammo a Tjanjin al programma di modernizzazione che l'Institute of Ophthalmology di Singapore, diretto da Lim, aveva disegnato per i figli della terra dei padri, il 30% della chirurgia della cataratta nella Cina rurale era ancora praticato con la reclinatio. E 9


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ancora nel 2012 ebbi modo di visitare ad Urumqi in Mongolia nel Dipartimento di Glaucoma della dott.ssa Sha pazienti afachici con cristallino volontariamente lussato da altro chirurgo in camera vitrea. Una sequenza, che mischia recepimento di manovre ataviche a superstizione escatologica (con uso di lisozima salivare del chirurgo a conclusione dell'intervento!), è reperibile sul web: (cataract couching https://www.youtube.com/watch?v=WEt4QIJCg_8). Benchè probabilmente tentativi di estrazione della cataratta siano stati praticati in tempi antichi (si citano Antyllus, Letyzion, Plinio), è necessario il riferimento a Jacques Daviel (Fig. 3) e al suo primo intervento di estrazione dell'8 aprile 1745 su Frère Felix; aveva sposato nel 1722 Anna Felix, quando si era stabilito a Bouche du Rhone, praticando la chirurgia con l'abbassamento. L'insuccesso del primo intervento fu legato ad infezione mentre i successivi cinque ebbero miglior risultato; tuttavia la tecnica non era a punto; era necessario sviluppare la strumentazione adeguata.

Fig.3. Jacques Daviel (1693-1762). Hotel-Dieu, Marsiglia.

E' questa una evidente costante per ogni chirurgia; i cataloghi delle strumentazioni raccolgono i nomi di tutti gli innovatori o imitatori, legati a ferri o modifiche finalizzate alla semplificazione del gesto chirurgico. Anche Antonio Scarpa (1752-1831) descrive con cura i suoi uncini taglienti ed aghi modificati e le manovre corrette per insegnare ai pratici i segreti dell’Arte, richiamando a comportamento etico: … ed è spiacevol cosa il vedere, anche al giorno d’oggi, che alcune persone le quali ebbero regolare educazione in Chirurgia, se lor prende fantasia d’aspirare alla celebrità di Oculisti, diano tosto nel meraviglioso, né possano trattenersi dall’inserire ne’ loro scritti qualche tratto a ciarlatano piucchè a saggio Chirurgo conveniente; del che nulla havvi di più contrario al bene dell’uman genere, ai progressi della Chirurgia ed all’onore di chi l’esercita. Nel Saggio di osservazioni ed esperienze sulle principali Malattie degli Occhi di Antonio Scarpa Professore di Notomia e Chirurgia pratica nella Università di Pavia, socio della R. Acad. di Berlino, della R. di Londra, della J. Medico-Chirurg. di Vienna, della Società Medica di Edimburgo ec ec, stampato presso Baldassarre Comino a Pavia MDCCCI, discussi i metodi degli antichi Chirurghi e per facilitare maggiormente ai giovani Chirurghi l’intelligenza del manuale delle 10


Capitolo 1 Storia della cataratta nel secondo dopoguerra

operazioni dà la sua preferenza alla depressione anziché all’estrazione dal basso, perché la depressione va sottoposta a sintomi consecutivi di gran lunga meno gagliardi e pericolosi di quelli che assai spesso sopravvengono dopo l’estrazione.

Fig.4. La Scuola di Carlo Reymond.

Affresco di C. Tubino nell’Aula Magna della Clinica Oculistica dell’Università di Torino. Si riconoscono Albertotti, Baiardi, Camillo Gallenga, Guglianetti, Pes. L’Ospedale Oftalmico fu fondato dal sen. prof. Casimiro Sperino (1812-1894) su progetto neorinascimentale dell’ing. Marchini che tra il 1860 e il 1866 ingrandì il precedente dispensario oftalmico per la cura gratuita dei poveri. Bombardato nel 1942, fu ricostruito nei primi anni ’50, quando fu chiamato da Parma Riccardo Gallenga, che ne diresse la Clinica Oculistica dal 1950 al 1974 Orlando Pes – allievo della scuola torinese di Carlo Reymond (Fig. 4) - nella comunicazione all'Accademia dei Fisiocritici di Siena del 25 luglio 1909, intitolata “Abbassamento, estrazione extracapsulare, estrazione intracapsulare” ricorda che a cominciare dal Richter (1773) fino ai tempi nostri i procedimenti tecnici dei quali si servirono gli Oftalmologi per l'estrazione della cataratta avvolta dalla capsula intera si possono dividere in tre gruppi. Del primo gruppo, anche per priorità, fanno parte i metodi di estrazione in toto della cataratta previo taglio a gran lembo, con o senza iridectomia, mediante l'expressione, sia senza blefarostato e colle manovre digitali combinate di pressione e contropressione attraverso alle palpebre, sia con l'uso di strumenti applicati esternamente al bulbo oculare per le stesse manovre. Ne fu convinto seguace lo Sperino. Nel secondo gruppo, cronologicamente, dobbiamo annoverare i metodi di estrazione mediante strumenti estrattori introdotti dall'avanti all'indietro, attraverso ad un taglio a lembo per impegnarli colla superficie posteriore della lente, oppure attraverso ad un taglio in piena sclerotica retroiridico. Nel terzo gruppo noi dobbiamo registrare i metodi fondati sulla lacerazione della zonula mediante strumenti speciali, creando così artificialmente le condizioni di fatto che si osservano naturalmente in casi speciali (resistenza affievolita della zonula). Ovviamente il Pes ignorava la PEX. L'estrazione veniva eseguita poi mediante expressione digitale oppure esercitata con strumenti sulla superficie esterna dell'occhio. Prosegue Pes: Dobbiamo ancora far menzione dei due metodi proposti dall'Heddaeus e da lui sperimentati solo negli animali e nei cadaveri. Nell'un metodo la sclerotica veniva incisa dallo esterno verso l'interno dietro la 11


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radice dell'iride, con una speciale lancetta bitagliente e scanalata, e il taglio veniva ampliato colle forbici curve; nell'altro metodo il taglio scleroticale retroirideo veniva compiuto col coltellino di Graefe dall'in- terno all'esterno, previa puntura e contropuntura. In entrambi i metodi, a sclerotica aperta, la cataratta avvolta dalla sua capsula veniva estratta mediante expressione! Bisogna ricordare il traumatismo del corpo vitreo per l'affondamento in esso del cucchiaio piatto, fa- cendolo passare a perpendicolo attraverso la zonula, I metodi i quali si possono includere nel terzo gruppo furono escogitati per la necessità di correre al ri- paro degli incidenti non lievi i quali insorgono specialmente dall'applicazione del metodo della semplice expressione. Allorchè come avviene in molti casi di cataratta la zonula presenta una forte zona di resistenza, biso- gna liberare il cristallino del suo legamento lacerando quest'ultimo con strumenti speciali. Perciò tanto gli strumenti quanto la tecnica operativa, offrirono campo agli operatori per nuove ricerche consacrate da metodi i quali devono essere qui rapidamente accennati. Canstatt prima di procedere al taglio corneale, pensò di introdurre un ago attraverso alla sclerotica ed impegnarlo nella capsula posteriormente alla lente, dimodochè compiuto il taglio la lussava in avanti colla spinta a tergo dell'ago, lacerando così la zonula. Roosa prima di fare la controapertura, nel taglio a lembo, col dorso del tagliente lacerava la zonula e dislocava la lente, poi compiva il taglio e procedeva all'estrazione per expressione con manovre di cuc- chiaio applicato esternamente. Andrew attraverso ad un taglio laterale esterno della cornea, oppure attraverso ad una piccola aper- tura fatta con punzione della cornea prima di eseguire il taglio, introduceva un filo metallico uncinato che impegnava nell'orlo della lente, producendo degli strappi nella zonula per una estensione variabile. Consecutivamente eseguiva l'estrazione per expressione. Gradenigo con uno speciale zonulotomo, dopo compiuto il taglio periferico a gran lembo, scorreva lungo la periferia inferiore della lente e lacerava la zonula. Il cristallino, colle manovre esterne di pres- sione fatte con strumenti speciali, doveva dapprima compiere col suo margine inferiore una rotazione in avanti e poi impegnarsi con quel margine nell'orlo superiore della ferita: un vero capitombolo, come con frase espressiva soleva dire lo stesso Autore. E' evidente che queste manovre dovevano essere molto pazienti, molto laboriose, e punto facili. Alcuni anni dopo però il Gradenigo, riprendendo il metodo Bell, Loebenstein-Loebell, sir James e Quadri, tentò l'estrazione per scleram, retroiridica, facendo la lacerazione della zonula con zonulotomo appena compiuto il taglio sclerale e l'estrazione mediante expressione. Iacobson con uncino simile a quello ottuso da strabismo, ma più piccolo, penetrava in camera anteriore attraverso ad un piccolo taglio corneale e lacerava la zonula in alto e in basso, abbracciando colla curva dello strumento l'orlo della lente. Poi procedeva all'estrazione retroiridica della cataratta, già resa mobile, con un taglio scleroticale condotto nella regione del corpo ciliare, ed in narcosi cloroformica. La puntura e la controapertura erano fatte col coltello di Graefe al quale, per completare il taglio, veniva sostituito un coltello bottonuto; la cataratta veniva poi afferrata con un unico uncino ed estratta, ed i lembi della ferita venivano suturati. Come appare chiaramente in tutti questi metodi si è saliti gradatamente dal più semplice al più com- plesso, sopportando, con nuove difficoltà tecniche, traumatismi sempre più gravi per l'occhio. Valeva la pena riportare in extenso l'intera disamina di Pes esposta in Nuovo Metodo di Estrazione Capsulolenticolare della Cataratta, pubblicato sul volume 1 di Ophthalmologica, archivio bimestrale fondato da Reymond nel 1909, per attualizzare le disponibilità metodologiche offribili ai pazienti alla fine del XIX / inizio del XX secolo. 12


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Nel Trattato Pratico di Oculistica, editrice ABC, Torino 1934, Piccaluga riporta questo disegno delle tecniche di abbassamento e reclinatio (Fig. 5):

Fig. 5. Abbassamento e Reclinazione per scleronissi o cheratonissi.

L'abbassamento veniva praticato nel modo seguente: si infiggeva un ago (gli antichi adoperavano delle spine) nella sclera (scleronissi) a mezzo centimetro dal limbus, si penetrava nel cristallino e con un movimento a leva dello strumento in alto si lussava il cristallino in basso. Per la reclinazione si infiggeva l'ago nella cornea (cheratonissi) e, facendo spinta dall'avanti all'indietro sulla superficie anteriore del cristallino nella parte superiore, si ribatteva il cristallino indietro facendolo ruotare sul bordo equatoriale inferiore. L'estrazione della cataratta seguì la dimostrazione che Blisseau fece nel 1705, contro l'opinione generale, che l'opacità risiedeva nel cristallino stesso e poi dalle estrazioni di cristallini già operati di abbassamento ma ritornati in situ, fatte dal Freytag e dal Saint-Ives nel 1707 e dal Duddel nel 1729; finchè Daviel, dopo aver ripetute numerose volte queste operazioni, realizzò l'estrazione della cataratta a mezzo di taglio corneale al limbus in basso. Non veniva disdegnata la pubblicità: Il ceroplasta Giuseppe Chiappi di Roma, professore di Anatomia nel Collegio di Ferrara, svolse anche attività chirurgiche negli Stati Uniti ed a Cuba. Si presentava così a New York nel 1813 (Fig.6): Albrecht von Graefe, nella seconda metà dell'Ottocento, abbandonando la lancia e col suo coltellino stretto, con cui eseguiva il taglio alla periferia del limbus nella metà superiore, da non ingrandirsi con forbici come Daviel, ma aprendo la cornea con puntura e contropuntura e piccolo lembo congiuntivale di sicurezza per la successiva tenuta della ferita, espulsione previa iridectomia e cistotomia con

Fig. 6. Pubblicità della attività di terapeuta delle malattie degli occhi ‘’of wathever kind they may be’’, inclusa l’operazione di cataratta, su un giornale di New York, 1813 ‘’… Dr. Chiappi may be consulted at his dwelling, 39 Chatham St.’’

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pressione dal basso sulla cornea e contropressione in alto, sul margine sclerale, introdusse l'estrazione lineare, definita ‘combinata’ dal De Wecker perchè associata alla iridectomia. Gli infiniti contributi apportati compresero anche l'estrazione in toto intracapsulare del Gradenigo, pur rimanendo la discissione o sminuzzamento l'indicazione per la cataratta molle. L'operazione praticata senza anestesia, né asepsi né antisepsi, si risolveva, in oltre il 60% dei casi, in frequente insuccesso, che non veniva imputato alla mancanza di sterilità, ma al metodo scelto per l'operazione; per questo fiorirono, in quantità enorme, i metodi di taglio. Ed è importante rilevare, nelle casistiche di fine ‘800, risultati - allora comunque considerati soddisfacenti – che, ricalcolati grosso modo ed in approssimazione, confermano che circa il 40% raggiungeva 2/10 con sola correzione sferica per afachia, il 10% raggiungeva o superava i 4/10 ed il guadagno medio rispetto al pre-op era per la maggior parte intorno a 20/200. L’astigmatismo cicatriziale postoperatorio era sicuramente la più rilevante distorsione funzionale. Entrati nell'era della microbiologia (ancora negli anni '80 dell'Ottocento nelle presentazioni alla Regia Accademia Medica di Torino vi erano voci che si chiedevano "che cosa volessero mai dimo- strare questi giovani che parlano di batteri quali causa delle congiuntiviti, mentre si sa benissimo che queste sono sostenute dai miasmi"), negli anni '30 Piccaluga indicava la necessità di purgare il paziente ventiquattro ore prima, l'ammalato avrebbe dovuto essere operato sul letto stesso di degenza, poi per cinque giorni supino, immobile, con bendaggio binoculare. La toeletta dell'ammalato deve essere minuta, esaminata la flora batterica congiuntivale e trattata con siero l'eventuale presenza di pneumococchi e asportato il sacco lacrimale qualora esista un rigurgito alla compressione. Taglio delle ciglia e applicazione di tintura di iodio sul bordo cigliare, irrigando il fornice con cianuro di Hg. L'anestesia praticata con semplici instillazioni di cocaina e adrenalina al 3% ripetute ogni 10' per 40' ed eventuale retrobulbare di Stovaina centigr 2, Novocaina centigr 15, Acqua distillata (sic!) e sterilizzata gr. 2. Se il paziente è irrequieto conviene iniettare sotto la cute in corrispondenza del bordo orbitario esterno, 1 cc della soluzione cocainica sopraddetta. L'anestesia topica con cocaina fu utilizzata in oftalmologia subito dopo l'uso odontoiatrico negli Stati Uniti e durante gli studi anche su se stesso di Sigmund Freud, che gli provocarono problemi di addizione; introdotta in Austria da Koeller nel 1884 e da lui praticata nel 1885 per iniezione sottocongiuntivale al padre di Freud che doveva essere operato di glaucoma a Vienna, fu introdotta in Italia nella Clinica Oculistica della Regia Università di Torino da Camillo Gallenga nel 1886 al suo rientro dallo stage formativo a Basilea (come riportato da Carla Enrica Gallenga, Paolo e Giorgio Tassinari, Paolo Perri nel capitolo di “Anestesia” nel volume Chirurgia Refrattiva, edizioni SOI-Fabiano 2016) e da Brettauer a Trieste e divenne rapidamente lo standard per il controllo del dolore chirurgico. Per le opportunità chirurgiche nella seconda metà del XIX secolo, si può fare riferimento a Storia dell'Oculistica di Nicola Delle Noci, vol IV, INC editore 2010 ed al II volume di Storia e Cronache della SOI di Filippo Cruciani, editore SOI-Fabiano 2018.

Trattamento medico della cataratta. Devo a Giovanni Tocci, docente di Storia Moderna all’Università G. D’Annunzio a Chieti e poi 14


Capitolo 1 Storia della cataratta nel secondo dopoguerra

a Modena, la segnalazione del Liber Medicinalis di Quinto Sereno Sammonico , da cui riporto il passo pertinente: XIII. Oculorum dolori mitigando Summa boni est alacres homini contingere visus, quos quasi custodes defensoresque pericli prospiciens summa natura locavit in arce, sic tamen ut nullos paterentur desuper ictus atque supercilio pavidi tegerentur opaco. Sed dolor immeritum lumen si forte lacessit, lana madens oleo noctu conectitur apte viventisque nepae lumen gestatur amicum. Ex folio caulis cineres confractaque tura et laticem Bacchi fetae cum lacte capellae desuper induces atque una nocte probabis. Hyblaei mellis sucus cum felle caprino subveniunt oculis dira caligine pressis. Vettonicae mansus siccabit lumina sucus. Si tenebras oculis obducit pigra senectus, expressae marathro guttae cum melle liquenti detergere malum poterunt vel vulturis atri fella, chelidonio fuerint quae gramine mixta. Haec etiam annosis poterunt succurrere morbis: fel quoque de gallo molitum simplice lympha exacuit puros dempta caligine visus, sive columbarum fimus admiscetur aceto, seu fel perdicis parili cum pondere mellis. Vina chelidoniae simili rationem iugantur efficiuntque suo praeclaros unguine visus, aspera quin etiam mulcent et rupta reducunt. Si genus est morbi, miserum quod lumen adurit, hic calor infuso mitescit lacte canino. Si tumor insolitus typho se tollet inani, turgentes oculos vili circumline caeno. Anguibus ereptos adipes aerugine misce: hic poterunt ruptas oculorum iungere partes. Si vero horrendum ducent glaucomata plumbum, spiritus alterius prodest, qui grana cumini pallentis mandens visus exalat in ipsos. XIII. Terapia del mal d'occhi. E' bene supremo dell'uomo aver attinto occhi vivaci che madre natura accorta ha collocato, come a custodia e difesa

dal pericolo, all'apice a riparo però dalle offese dall'alto e protetti nella loro delicatezza dal velo sovraciliare. Ma se per caso un dolore a torto li affligge porre bene adesa durante la notte una benda di lana bagnata d'olio e portare l'occhio benefico di gambero vivo come talismano. Applicare sull'orbita cenere di foglie di cavolo con incenso sbriciolato, vino e latte di capra partoriente e in una sola notte si apprezzeranno i pregi del trattamento. Miele ibleo con bile caprina allevierà gli occhi crudelmente offuscati. Succo d'erba betonica per os seccherà gli occhi. Quando la lenta senilità ottenebra la vista, il buio potrà essere dissolto da miscela di gocce spremute dal finocchio con miele liquido o dalla bile di nero avvoltoio mista con foglie di celidonia. Ecco altri preparati per alleviare le oftalmopatie croniche: bile di gallo mitigata in acqua pura dissipa l'oscurità ed acuisce la vista; egualmente validi il guano di piccioni sciolto in aceto o la bile di pernice in pari peso col miele. Unguento in mistura equidosata di vino e celidonia ripristina la bella purezza visiva, lenisce le rugosità e satura le lacerazioni. Nella forma morbosa con disumani bruciori oftalmici la flogosi si mitiga con instillazioni di latte canino. Nel caso di intumescenza strana sporgente di consistenza molle inumidire le parti con fango volgare. Una mistura di grasso di serpe e ruggine potrà suturare le lacerazioni oculari. Se però il glaucoma stende l'orribile plumbeo è opportuno che qualcuno mastichi semi di comino, che induce pallore, ed aliti sugli occhi incupiti.

[da La Medicina in Roma antica, a cura di Cesare Ruffato, UTET editore 1996, pp. 48-50].

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STORIA ED EVOLUZIONE DELLA CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA

Dal III – IV secolo il Liber Medicinalis di Quinto Sereno Sammonico – personaggio peraltro incerto, forse figlio di Sammonico fatto uccidere da Caracalla per la congiura di Geta – fu testo base per i praticanti la Medicina, ben distinti dai cerusici praticanti la Chirurgia per il mal della pietra e la reclinatio. Morgagni, tra gli altri, consultò il testo e Marcellus Empiricus vi ricorse per la stesura del suo De Medicamentis. Tracce se ne tro- vano nelle fantasiose ricette (tra le quali un De oculo) di Pietro Ispano, ovvero Giovanni XXI, unico oculista diventato Papa (almeno per ora!), ampiamente utilizzate anche da Michelangelo (ovviamente con ben poco risultato; cfr. F. Tuena, La passione dell’error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564, Fazi editore, Roma 2002, passim). Orribile! Rimedi da brividi quelli suggeriti da Sammonico! A leggerli con gli occhi di oggi, ben più razionale ci può apparire l'applicazione sugli occhi del fiele del pesce che l'Angelo Raffaele suggerisce a Tobiolo per la cura della cecità del padre e del fegato dei cavalli uccisi sulle montagne dell'Anatolia per curare l'oftalmia da neve dei reduci greci nell'Anabasi di Senofonte: l'olio di fegato di merluzzo, la vitamina Antixeroftalmica, potevano avere funzione empirica. Torniamo, però, al primo’900. Tutti i manuali riportano l'uso dello joduro di potassio e joduro di sodio, joduro di rubidio 2% associato a cloruro di calcio. "On ne peut pas arriver à un grand résultat par ce traitment" sentenzia Axenfeld nel 1913, ma suggerisce l'uso di atropina diluita 0,01% o scopolamina 0,005% per ottenere una blanda midriasi che aiuti nei casi di opacità nucleare. Bisogna attendere gli anni '80 per lo scoop del Bendazac - sale di lisina (Bendalina®), proposto da Testa dopo la sperimentazione positiva sul cane. La organoterapia di Roemer con estratti di cristallino animale e la jonoforesi di Lavagna e Angelucci, ottenuta con reoforo per corrente galvanica di 5 mm per 10'-20' sono riportate, ma giudicate "molto dubbie", da Piccaluga e in tutti i testi.

1.2 NON OPUS EST MUTARE JAM PERFECTUM Il testo di metodologia chirurgica su cui si sono formate le generazioni degli oculisti italiani nati nel primo dopoguerra e professionalmente attivi nel secondo, è certamente Chirurgia dell'Apparato Oculare di Epimaco Leonardi, Direttore e Primario dell'Ospedale Oftalmico Provinciale di Roma in piazza degli Eroi, edito da Arte della Stampa, nel 1948. In particolare, per la chirurgia degli annessi è stato il testo di riferimento, di utilizzo pratico anche in sala operatoria; come il libro del Vesalio appoggiato sul leggio nella Lezione di Anatomia Fig.7 Rembrandt van Rjin, La lezione di Anatomia del dr. del dr. Tulp di Rembrandt 16

Fig.7. Rembrandt van Rjin, La lezione di Anatomia del dr. Tulp. L’Aia, Mauritshuis.


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che utilizzano Elliot Gould e Donald Sutherland in M.A.S.H. di Robert Altman. Claes Pieterszoon (il dr. Tulp) con la pinza nella mano destra separa e solleva i flessori carpale e digitale e con la sinistra esegue l’azione comandata da quei muscoli. Adrien Slabran, secondo da sinistra, in prima fila guarda il libro posato sul leggio in fondo al tavolo anatomico: probabilmente il De humanis corporis fabrica del Vesalio. 2.1 Del Leonardi riporto ampi stralci in originale: non opus est mutare jam perfectum. Nella prefazione Giuseppe Ovio ricorda come, in occasione della visita di una Commissione di Oculisti stranieri alla Clinica Universitaria di Roma, il Leonardi condusse l'operazione di dieci cataratte tutte con metodi e tecniche differenti. Leonardi nella presentazione si dice convinto che nella chirurgia dell'occhio abbia immenso valore il più piccolo particolare di tecnica e che più della fermezza e leggerezza della mano, abbia importanza la chiarezza delle idee che la guidano. Trent'anni dopo Jan Worst sintetizzava con "a stable hand, a stable place, a stable marriage" l'ambito ottimale del chirurgo oftalmico, cui peraltro Arruga suggeriva di astenersi "dai rapporti con la propria moglie" almeno la sera prima della chirurgia (in realtà chiedeva tre giorni, ma aveva pochi seguaci...). Dice poi Leonardi: ciascuno apporta al movimento scientifico della propria epoca una parte che varia secondo i propri gusti, le proprie attitudini, le proprie possibilità. Spero di avere – nella misura delle mie forze – reso servizio ai colleghi e al mio Paese e reso onore ai miei Maestri, Prof. G. Albertotti e Prof. G. Ovio, cui va tutta la mia devota ed affettuosa riconoscenza. Chapeau! 2.2 Per inciso: negli anni '90 comparirà un libro di Georg Eisner che riporta l'analisi ergonomica e fisico-motoria di ogni strumento del tavolo operatorio e dei movimenti del chirurgo: da alcuni ritenuto noioso e superfluo, da altri decantato come l'apriti Sesamo. 2.3 Le regole del Leonardi per la cataratta dura (se- nile). Stabilite le caratteristiche del vitreo – parzialmen- te anticipando di vent'anni gli studi di Endre Ba- lazs e di trenta quelli di Jan Worst – riportando in evidenza l'aderenza giovanile della jaloide anterio- re al cristallino, gli spazi ed i legamenti di Berger e Redslob, spiega bene la legge di idrodinamica (che definisce nota sotto la denominazione di legFig. 8. Capsulotomia con pinza, espulsione di ge di Pascal) per cui la pressione da applicare con masse con cucchiaio ed uncino. Da E. Leonardi uncino o spatole sul bulbo già aperto per ottenere Chirurgia dell’Apparato Oculare, Arte della l'espul- sione extracapsulare del nucleo deve esseStampa, Roma, re praticata dall'avanti all'indietro, verso il polo posteriore (Fig. 8) affinchè il suo margine superiore, spinto dal vitreo, può spostarsi in una sola direzione obbligata e cioè verso la ferita superando l'orletto irideo ed andando ad impegnarsi fra le sue labbra. I principianti invece commettono l'errore di dirigere le pressioni verso la ferita, quasi che volessero spingere la lente verso i processi ciliari. 17


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Spiega poi che, pur con differenti lunghezze, le fibre zonulari, con funzione di anco- raggio della lente e barriera alla fuoriuscita di vitreo, esprimono il loro punto di minor resistenza all'inserzione sulla cristalloide, come dimostrato da Zoldan; la fragilità delle fibre equatoriali aumenta con l'età, come dimostrato da Calderaro: cento grammi la re- sistenza alla rottura nei bambini, 60 grammi nei vecchi, come confermato da Barraquer con l'elettro-etirometro zonulare. Il suo occasionale riscontro di lussazione 'spontanea' del cristallino nel coniglio, cui era stata iniettata in camera anteriore alfachimotripsina per studiare il riassorbimento di ipoema sperimentale, ha condotto alla zonulolisi enzimatica, facilitazione all'estrazione intracapsulare. La capsula cristallina è più spessa in prossimità dell'equatore: dunque la zona preequato- riale è il punto in cui afferrare la capsula con pinza (o successivamente, con criodo) per le estrazioni in toto. I bordi dell'erisifaco a ventosa di Barraquer (sul principio della ventosa ostetrica), si appog- giano e devono aderire alla zona preequatoriale 2.4 Ne discendono i cinque principi del Leonardi per l'operazione di cataratta senile: 1.Il taglio che apre la camera anteriore deve essere ampio, specialmente nei metodi intracapsulari, così da permettere il comodo passaggio della cataratta; 2. Le pressioni e le deformazioni, esercitate dall'esterno, devono essere moderate così da non superare il limite di elasticità della consistenza del vitreo e della jaloide; 3. La expressione della cataratta è resa possibile solo in funzione della enunciata legge di idrodinamica. Una buona intelligenza di tale principio può insegnare la più opportuna direzione che le compressioni devono avere per raggiungere, con la maggiore facilità, lo scopo; 4. Il punto più favorevole per afferrare la capsula è nella regione preequatoriale. In corrispondenza del polo anteriore la capsula può essere lesa accidentalmente o deliberatamente incisa, con maggiore facilità; 5. L'estrazione intracapsulare della cataratta è solo possibile in tarda età quando fatti di sclerosi senile abbiano creato condizioni anatomiche favorevoli (spazio retrocristallinico, sclerosi capsu- lo-zonulare). 2.5 Discusso è il concetto di cataratta 'matura' (che ci portiamo ancora addosso...) legata di volta in volta al deficit funzionale, al grado di sclerosi del cristallino, valutabile dalla co- siddetta "ombra iridea", alla intumescenza. Ricorda poi in passato non si esitava a ricorrere ai massaggi del cristallino dopo vuotamento della camera, e alla iridectomia preparatoria per l'estra- zione in due tempi.Nel periodo in cui lo stadio di completa "maturazione" della cataratta era il sine qua non per accedere all'intervento di extracapsulare, gli interventi di maturazione artificiale sono sta- ti molto studiati e molto eseguiti. Nel 1881 Foerster osservò la frequente e rapida comparsa di cataratta dopo iridectomia antiglaucomatosa proponendo, a camera anteriore vuota, massaggi circolari sul cristallino comprimendo la cornea con cucchiaio di cautchout per circa 20/30 giri applicando la superficie interna della cornea sulla cristalloide. In Dei metodi per accelerare la maturazione della cataratta – Tipografia Celanza, Torino, 1883, Camillo Gallenga riporta le esperienze della Clinica Oftalmologica di Torino diretta dal Prof. Reymond, riferendo del metodo di Sperino con manovre centrifughe sulla capsula anteriore con specillo bottonuto praticate fin dal 1868, manovre alternative alla Cortex-Tritur di Foerster (iridectomia preparatoria, pressioni delicate centrifughe a più 18


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riprese sulla cornea col gomito di uncino da iridectomia) e alla puntura proposta da von Graefe nel 1864 o lacerazione in varie forme della capsula anteriore sposata dal Correnti di Firenze, ma poco accettata. Nei primi due casi, l'intervallo col tempo della "maturazione-estrazione" era di quattro/ otto settimane, nel terzo l'opacamento era già sufficiente al quarto-quinto giorno, traendone la conclusione condivisa poi dal Graefe nel suo ultimo lavoro sulla cataratta che l'operazione del Foerster consiste nel rompere, stritolare e sconnettere le fibre delle porzioni più periferiche della lente, onde completarne l'opacamento e la loro dissociazione e favorirne l'estrazione non sia fra le più necessarie per operare cataratte incomplete (C. Gallenga, Gazzette delle Cliniche n. 4-5).(Fig. 8).

Fig. 8. Set chirurgico Luer per cataratta di Camillo Gallenga, per extra ed intracapsulare. Parma, circa 1900.

Divaricatore palpebrale di Desmarres, coltellino di Graefe, cucchiai di Daviel, uncini, siringa. Manico in avorio. Nel box superiore forbici e pinza di Desmarres per chalazion. Museo di Scienze Biomediche, Università G d’Annunzio, Chieti. Donazione Gallenga. Oltre al metodo Foerster ebbero ancor minor fortuna e diffusione ● metodo Meyer – Parisotti – Guinning – Pagenstecher: paracentesi della camera anteriore (CA) e massaggio corneale; ● metodo di Rossander – Rinaldi: massaggio della cristalloide dopo iridectomia totale; ● metodo di Jogs – MacKeown: iniezione sottocapsulare di acqua o umor acqueo; ● Denti propose la discissione puntiforme. 2.6 Torniamo al Leonardi. L'intervento bilaterale fu variamente sostenuto o contrastato. ‘’Io ho visto Elschnig operare sem- pre contemporaneamente i due occhi, in Italia Bardelli operava volentieri contemporaneamente. Questi insigni operatori affermano che perfino l'emorragia espulsiva e l'iridociclite, quando sopravvengono, si limitano ad un occhio solo”, usando a sostegno del proprio comportamento anche il concetto che i malati paurosi, dopo una estrazione non coronata da successo, non si decidono mai a sottoporsi ad un nuovo intervento 19


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nell'altro occhio. E vorrei ben vedere! Ma Spaeth e Jess a Lipsia proscrivono l'intervento bilaterale contemporaneo e in conclusione Leonardi assume posizione di prudenza, ritenendo di sconsigliare tale pratica. 2.7 Testo di riferimento per quella generazione di Oftalmologi fu Chirurgie de l’Oeil et des ses Annexes di F. Terrien, professore alla Facoltà di Medicina de l’Hotel-Dieu di Parigi, Masson edit.(II ed. 1921, III ed. 1927) che Leonardi ebbe presente; insegnava en détails les règles à suivre pour la situation de l’operateur, la tenue du couteau, la fixation de l’oeil, la technique des incisions, les precautions à prendre, sostenendo che Seule l’extraction totale de la lentille avec sa capsule demeure l’intervention idéale vers laquelle nous devons tendre 2.8 L'endotelio corneale. Le manovre di massaggio corneale a camera anteriore vuota con aderenza dell'endotelio sul diaframma iride-cristallino, la manovra di strisciamento del nucleo sull'endotelio dopo il Tumbling, il contatto lente-endotelio nelle tecniche con lussazione volontaria del nucleo in CA, inducono depauperamento cellulare ed eventuale scompenso endoteliale. L’attenzione universale al problema si sviluppò nell'era dell'implantologia per le problematiche del contatto con il PMMA degli impianti in tempo chirurgico, ma soprattutto nel long term follow-up con progressiva e continua perdita cellulare. Anche la endoftalmopseudofacodonesi per le lenti a fissazione iridea fu identificata come causa di scompenso, sia per i movimenti consecutivi, sia per le cariche elettrostatiche di superficie, causa anche della deposizione della membrana aproteinacea di Volter - almeno parzialmente ostacolabile con ricoprimento di eparina o plasma o con collirio per trattamento a lungo termine con la molecola anfotera, come dimostrammo clinicamente a Chieti e discutemmo al ICBO (International Club of Biomatherials in Ophthalmology) organizzato da Roberto Caramazza e Piera Versura a Bologna nel 1989. L’endoftalmopseudofacodonesi può essere causa di oscillopsie: Worst rioperò in diretta a Firenze da Esente un caso di lente Medallion operata in intracapsulare un anno prima, inserendo in CA un filo doppio di vanadio ad ansa (limbo/limbo, va e vieni) tipo Strampelli per bloccarne i movimenti. Risultò efficace, ma dopo 8 anni una delle due anse si spezzò spontaneamente in CA (Gallenga PE, Esente S, Caramazza N. Spontaneous rupture of a vanadium stainless steel thread in anterior cham- ber. In R Caramazza e P Versura Biomatherials in Ophthalmology, 1st ICBO Founding Meeting, 269-70. Bologna 1990). L'endoftalmopseudofacodonesi, che studiammo con gli ultrasuoni con Giovanni Cennamo, fu correlata anche al danno maculare da rilascio di prostaglandine, ulteriore indicazione per ricercare la stabilizzazione della IOL con impianto nel sacco capsulare. Brancato dimostrò con iridofluorangiografia che la sutura iridea poteva essere ischemizzante e causa di leakage. Pur essendo possibile, come insegnavano anche Giuseppe Scuderi e Binkhorst, valutare biomicroscopicamente le caratteristiche dell'endotelio angolando la fessura a 60°, fu necessario lo sviluppo della microscopia speculare per interpretarne le caratteristiche (poi della microscopia confocale per spingere più in là lo studio degli strati corneali e della microscopia elettronica per definire il VI strato di Dua). Già dagli anni del dopoguerra si prese coscienza della complessità e delle lacune nella conoscenza del problema, che inducevano a fallimento di procedure chirurgiche. Nel 1950 Antonio Rossi andò con borsa di studio del Rotary Club di Torino all'Institute of Ophthalmology di Londra, in Judd 20


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Street, diretto da Ashton, succeduto a Sir Stewart Duke Elder; il progetto di ricerca era sui tumori oculari (sue immagini istologiche sono pubblicate nell'immenso Text-Book of Ophthalmology, Henry Kimpton editore) e condivise con Maurice le esperienze sullo sviluppo della microscopia speculare endoteliale. La misconoscenza della fisiopatologia endoteliale aveva condotto Sato a proporre la cheratotomia radiale ab interno per modificare la curvatura corneale e quindi la refrazione oculare, intervento che eseguì in visita a Roma nel 1943, con ovvio risultato in danno irreparabile, come ricordava Enzo Tosti che invece presentò al Congresso SOI di Roma nel 1947 i risultati sulle modificazioni della curvatura corneale ottenibili mediante punture diatermiche limbari e a Torino nel 1952 la correzione chirurgica dell'astigmatismo corneale partecipando agli esordi pionieristici della chirurgia refrattiva. Fjodorov, applicando le incisioni di Sato alla superficie epiteliale, dette diffusione alla cheratotomia radiale e con Josè Barraquer in Bogotà aprì i cancelli per la chirurgia refrattiva, peraltro già anticipata concettualmente da Fukala. Lo scompenso endoteliale da progressiva perdita cellulare legata alle lenti da camera anteriore ad anse flessibili (Joaquin Barraquer, Azar, Hessburg, etc.) insegnò ad avere rispetto di strutture prima trascurate e ad incrementarne lo studio, seguendo gli sviluppi dei centri di ricerca, da New Orléans a Salt Lake City, a Baltimore, alla Columbia o alla Mayo Clinic, ove si sono poi formati, tra gli altri, i nostri Busin, Eandi, Fruscella, Paolo Rama, oltre ai chirurghi vitreoretinici delle Scuole di Schepens e di Machemer. Si racconta anche di uno sperimentatore italiano che, sempre negli anni '50, riferì di aver ottenuto nel coniglio lembi vitali e trasparenti dopo cheratoplastica perforante, rimontando il lembo autologo invertito (dentro/fuori).

1.3 I TEMPI PREPARATORI DELLA CHIRURGIA La preparazione del chirurgo A parte il corretto riposo per rispetto del paziente, alcuni chirurghi nel dopoguerra sostenevano l'utilità di una preparazione "aiutata". Matteucci, in occasione della sua prolusione a Sassari ci raccontò che era solito assumere a colazione, il giorno della chirurgia, una compressa di Perequil e mezzo bicchiere di wiskey; negli interventi in live surgery, ancora oggi capita di ascoltare chirurghi che accelerano la parlantina con fluidità di concetti. Altri bevono camomilla. In buona parte sono rituali scaramantici, come le toccatine di Valentino Rossi alle partenze dei Gran Premi di MotoGP. I progressi della sepsi-antisepsi furono mutuati dalla chirurgia generale. Prima dei flussi laminari a pressione positiva – argomento molto dibattuto negli incontri pionieristici della introduzione delle IOL – cappellino antiforfora, mascherina (troppo spesso portata lasciando le narici scoperte; e se ne vedono ancora...) e talvolta la "Veronica": Riccardo Gallenga ne mutuò l'uso negli anni formativi a Parma in Patologia Chirurgica col prof. Razzaboni; Antonio Rossi, Giorgio Alfieri, Pier Enrico Gallenga ne hanno curiosamente continuato l'uso, in varia maniera. Più cogente il dibattito sull’uso dei guanti. Sterili, in cotone, venivano usati dai chirurghi generali fin dai tempi dell’Impero. Ma i sostenitori 21


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della chirurgia a mani nude ("per non perdere sensibilità") hanno protratto nel tempo il loro comportamento. Ricordo Scuderi a Bari e poi Balestrazzi a L'Aquila sostenere il vantaggio delle mani nude nella chirurgia corneale: "per evitare residui di talco" fu la risposta alla domanda durante la live surgery. Del resto così operava anche Tosti a Brindisi nei primi anni '80, seguendo le indicazioni del Leonardi che giustificava l'inutilità dei guanti per la chirurgia della cataratta perchè "le mani vengono a contatto soltanto col manico degli strumenti, non con i tessuti". Esistono del resto problematiche, peraltro rare, che richiedono chirurgia latex-free: ignote però nelle prossimità del secondo dopoguerra. Poiché il vedere operare è uno degli esercizi indispensabili per la formazione e dei più utili anche per il chirurgo già formato, nelle Cliniche Universitarie ci si preoccupò di estendere alla dimostrazione cinematografica o dal vivo in sala operatoria l'insegnamento ex-cathedra. Vennero così trovate soluzioni al tempo eclatanti, come le finestre elettriche per oscurare l'aula della Clinica Oculistica di Roma, la prima ove venivano proiettati filmati didattici di chirurgia o della Clinica Oculistica di Torino ove Riccardo Gallenga teneva lezione con trasmissione degli interventi in diretta televisiva bianco/nero dalla sala operatoria all'aula didattica fin dai primi anni '50, poco dopo l'inizio delle trasmissioni nazionali Rai.

La preparazione del paziente Rimangono nel secondo dopoguerra i concetti già espressi. Viene data indicazione ad un ricovero preoperatorio per l'espletamento degli esami necessari, ma anche perché si verifichino i benefici effetti di una vita regolata, con riduzione del vino e del fumo e vi sia tempo di studiare il contegno psichico, combattendo l'insonnia e l'inquietudine con bromuri, barbiturici etc. Fra le norme si devono comprendere le pratiche igieniche comuni, quali il bagno all'atto dell'ingresso in Clinica, la pulizia dei capelli, il cambio della biancheria, l'evacuazione intestinale alvina a fondo. Si consideri che il paziente era destinato a cinque giorni di immobilità a letto con bendaggio binoculare. Esame colturale, microscopico e fasciatura di prova vengono man mano abbandonati ed in assenza di segni infiammatori esterni e di secrezione congiuntivale senza rigurgito alla compressione sul sacco (la dacriocistite è indicazione mandatoria al trattamento, preferibilmente chirurgico) può procedere l'accesso ai tempi chirurgici della cataratta. Viene invece condannata la spremitura delle ghiandole di Meibomio. L'avvento dei sulfamidici e di penicillina in pomata o in cristalli viene accolto come garanzia di sterilizzazione immediata e persistente per qualche giorno da Gianbattista Bietti e sistematizzato da Antonio Grignolo nella monografia Gli antibiotici in Oftalmologia. Inoltre le manovre che possono irritare l'occhio provocano ipersecrezione lacrimale, quindi diluizione del Lysozime di Fleming che conferisce alle lacrime potere battericida; mentre Ovio insiste nella toeletta del margine palpebrale con acqua-sapone, poi con getto di cianuro di mercurio 1/5000 con ondina, per lavare i fornici. Ed anche il taglio delle ciglia viene man mano abbandonato. Ancora nel secondo dopoguerra non erano rare le richieste di chirurgia a domicilio. Le più frequenti erano per chirurgia degli annessi, ma anche la chirurgia della cataratta era ampiamente praticata. Chirurghi itineranti coprivano aree disagiate della penisola e non esistevano autostrade, tranne che in Lombardia-Piemonte. Si racconta di un personaggio (Infermiere? Portantino?) dell'Ospedale di Parma che ancora nei 22


Capitolo 1 Storia della cataratta nel secondo dopoguerra

tardi anni '50 batteva con regolarità la costa Adriatica, operando in conventi o altri luoghi di assistenza alternativa: ho avuto modo negli anni '90 di farmi raccontare la storia direttamente da un operato di strabismo, peraltro con esito invidiabile.

Anestesia – Acinesia – Sindrome da ipertensione dell'orbita (Sindrome di R. Gallenga) 3.1. Lo sviluppo dell'anestesia generale ha portato nelle Scuole di Chirurgia ad individuare e separare la figura dell'Anestesista. Achille Mario Dogliotti creò a Torino con Enrico Ciocatto la prima Scuola di Anestesia, che affiancò via via tutte le specialità chirurgiche. Marretta fu il primo oculista-anestesista nell'Ospe- dale Oftalmico di Torino; morì di shock anafilattico sperimentando su di sé un antibiotico con sensibilità crociata alla polvere antibiotica nebulizzata nella "camera operatoria a spruzzo di penicillina a tempo" che era stata approntata per la cardiochirurgia alle Molinette. Ulteriore tributo dell'Oftalmologia al disvelamento dei segreti della Medicina. Inizialmente poco diffusa l'anestesia per inalazione, benché rapidamente si giunga all'intu- bazione endotracheale, maggiore diffusione ebbe l'anestesia per via endovenosa con Pentothal sodico ed altri barbiturici che – pur garantendo il "silenzio vitreale" nel tempo chirurgico – richiedevano attenzione ed esperienza anestesiologica per l'elevata frequenza di tosse, starnuti, tremori, vomito e spasmo laringeo al risveglio, situazioni che imponevano la cannula respira- toria e disponibilità di antidoti e supporti cardiorespiratori. Il comportamento del chirurgo variava dal cenno di disapprovazione per il rischio di espulsiva legato al Valsalva, alla colorita bestemmia : che portava le preziose suore delle sale operatorie, per gran parte Vincenziane (le "cappellone" dei dipinti di Nino Caffè), o le Ancelle della Carità o le Domenicane, ad allonta- narsi velocemente facendosi il segno della croce. Suor Erminia, a Ferrara replicava con dolcezza <<sù, profesòre, faccia il bràvo>>: la risposta è irriferibile. Suor Margherita a Torino: c'era, per lei, un componimento goliardico in endecasillabi, mormorato sottovoce dagli Assistenti, strizzandosi l’occhio: “Cadendo dal balcòn suor Margherita....” irriferibile. Suor Eugenia a Chieti..... e così in ogni Clinica, retaggio della ecclesiale cura hospitale, con dedizione totale e supervisione di ogni evento, elemento di interfaccia tranquillizzante per il paziente col mondo della chirurgia. Anche per le esigenze dell'Oculistica venne praticata l'anestesia per via rettale con Avertina© che “provoca il massimo dell'anestesia dopo circa mezzora e non richiede speciali massaggi, che del resto possono essere fatti da qualsiasi infermiera e dà tempo al chirurgo di sterilizzare le mani ed operare con calma". E vorrei ben vedere! Induce scomparsa del riflesso faringeo e caduta all'indietro della lingua, con importante riduzione della tensione endobulbare, fattore ricercato nell'estrazione intracapsulare per ottenere il silenzio vitreale, ma di ostacolo alla espulsione di nucleo e masse nell'extracapsulare, secondo Leonardi. Agisce sul centro del respiro, ciò che rappresenta un fattore di rischio e di necessità di assistenza anestesiologica. Nel Trattato di Anestesia di A. M. Dogliotti e nella monografia di Fiore se ne fa ampia disamina 23


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3.2 L'anestesia di superficie con cocaina blocca i nocicettori e provoca midriasi, ma non interferisce con la muscolatura oculare estrinseca. Il bulbo viene bloccato col dito anche per contrastare la spinta contrapposta dello strumento (specillo, coltellino di Graefe, bisturi lanceolato, tagliente angolato o precalibrato). Nel Quaderno SOI Il Dolore in Oftalmologia del 2004 e nel volume Chirurgia Refrattiva, edizioni SOI del 2017, sono trattati i meccanismi del dolore e la serie dei farmaci via via impiegati nel tempo. 3.3 L'anestesia per infiltrazione deve interessare percorso e distribuzione dei rami del V nc. L'anestesia regionale o tronculare o per conduzione consiste nell'interessare il tronco nervoso dopo l'uscita dal cranio, prima che si sfiocchi in terminazioni più piccole: va quindi praticata a distanza dalla zona in cui si opera. Veniva spesso completata col 'sonno crepuscolare o prenarcosi' con abbattimento della coscienza ed insensibilità relativa; Bardelli adoperava su larga scala il Lipson (Molteni): bromo 0,20 e cloro 0,17 con radicale alcoolico in veicolo lipoidico per via i.m. un'ora prima dell'intervento. Nel 1914 van Lint propose l'anestesia del facciale per infiltrazione orbitaria dove la tangente verticale del margine orbitario laterale incontra la tangente orizzontale del margine orbitario inferiore, secondo la definizione di Elschnig. O'Brien insegnò ad iniettare 2 cc. di novocaina davanti al tragus, sotto la porzione posteriore del processo zigomatico, direttamente sopra il condilo mandibolare. Nella Clinica di Torino diretta da Guglianetti si iniettavano poche gocce di novocaina 4% in corrispondenza del legamento palpebrale esterno: non dà completa acinesia, ma è come se si eseguisse una cantotomia. Campos preferiva bloccare il tronco del faciale alla apofisi stiloidea ad un centimetro di profondità sul lato anteriore dell'apofisi mastoidea; peraltro Leonardi sostiene che tali acinesie hanno effetto prolungato perfino per mesi e richiedono talora la tarsorrafia. Viene anche suggerito di completare l’acinesia dell'orbicolare con quella della muscolatura oculare estrinseca e la acinesia del solo retto superiore viene indicata come sufficiente, in quanto il paziente reagisce allo stimolo doloroso ruotando il bulbo in alto per il riflesso di Bell, pur non potendo chiudere la palpebra per il blocco dell'orbicolare. Infatti il mantenimento delle vergenze orizzontali viene considerato utile da alcuni chirurghi per la collaborazione del paziente durante l'intervento. L'anestesia del ganglio ciliare può essere ottenibile per via cutanea o congiuntivale: il massaggio e/o la compressione nei 10'-20' successivi consentono la diffusione dell'anestetico, talora con aggiunta di jaluronidasi, ciò che favorisce l'ipotonia bulbare. I palloncini di Hoonan e Vorosmarty, tarabili a 30mmHg ebbero larga diffusione negli anni 1980 -2000. La quantità di anestetico indicata nei testi per iniezione retrobulbare varia da 1-2 cc. suggeriti da G. T. Grande e Costantini nel Manuale CIICA (Fig.16b), ai 2 cc standard del Leonardi e ai 3 cc. in fossa pterigopalatina necessari per l'anestesia del mascellare, ad esempio in caso di sindrome di Sluder. L'iniezione di maggior volume può dare luogo ad effetti collaterali. 3.4 La Sindrome da Ipertensione dell'Orbita di Riccardo Gallenga (1933-1934) Il volume medio degli spazi scollabili ed iniettabili dell'orbita è di 7 cc, come definito da P. E. Gallenga e F. Chiaravalloti, 1975, rivisitando Testut, Chiarugi e Lambertini. Volumi maggiori inducono effetti collaterali individuati da Camillo Gallenga nel 1912 come Fenomeni di bradicardia in alcuni casi di gravi traumatismi oculari e definiti nella Sindrome da Ipertensione Orbitaria o Sindrome di Riccardo Gallenga (Rosemberg e Sellier, Torino,1934), così identificata nel Trattato di 24


Capitolo 1 Storia della cataratta nel secondo dopoguerra

Anestesia di A.M. Dogliotti ed E. Ciocatto. Brachicardia, aritmia, turbe respiratorie seguono all'esoftalmo da aumento acuto del volume orbitario per riflesso con via centripeta trigeminale differente dal Dagnini-Aschner. Piccole quantità di liquido, 1-2 cc. che non provochino esoftalmo inducono ipertensione localizzata, maggiori quantità inducendo esoftalmo per spostamento della barriera anteriore rappresentata dalla fascia tarsorbitaria e dal bulbo oculare, correlano con ipertensione diffusa quale si ha con emorragie/ematomi, traumi, flemmoni orbitari o appunto eccesso di anestetico. L'esperienza clinica con l'uomo è sintetizzata nelle cinque regole:: 1. che l'introduzione nella cavità orbitaria di soluzione fisiologica induce modificazione del ritmo cardiaco 2. che queste modificazioni sono, per la durata loro, sino ad un certo punto proporzionali alla quantità del liquido iniettato ed al tempo di iniezione; 3. che la provocazione di una emorragia endorbitaria può apportare modificazioni persistenti della frequenza dei battiti; 4. che per la estrinsecazione del fenomeno non è affatto necessaria la presenza del bulbo oculare; 5. che il fenomeno non si produce allorché è acoolizzato il ganglio di Gasser. Il riflesso che induce la bradicardia da ipertensione dell'orbita dunque differisce dal Dagnini-Aschner e dalla bradicardia con possibile arresto cardiaco da stiramento dei muscoli retti in chirurgia dello strabismo (un bimbo deceduto a Roma negli anni '70) e del distacco di retina. L'ipertensione orbitaria venne sperimentalmente studiata nel cane (Fig.9).

Fig. 9. Cane, riflesso oculocardiaco per iniezione retrobulbare di 10cc.(x’): bradicardia duratura, aritmia, collasso; la detensione della cavità orbitaria recupera immediatamente frequenza e ritmo cardiaco. (R. Gallenga. Sindrome da ipertensione dell’orbita. Rosemberg e& Sellier, Torino 1934)..

3.5 La sindrome acuta da eccesso di anestetico retrobulbare è quanto successe ad Avellino nel 1980, nel primo incontro di implantologia in live surgery al paziente che Kensaku Miyake stava operando di ECCE con impianto di IOL: bradicardia importante, nausea, vomito. Atropina ev più metoclopramide ed O2 in maschera fu il trattamento corretto e risolutorio. A riprova della indi25


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spensabile presenza di un Sanitario formato all’anestesia ed all’urgenza/emergenza – persona altra rispetto al Chirurgo – nella sala operatoria dell'Oculistica, come sostenuto dalla Società Oftalmologica Italiana fin dagli anni 2000, anche quando la narcosi routinaria fu generalmente sostituita dal ritorno all'anestesia loco regionale o topica..

1.4 I L PANORAMA EUROPEO NEI TRATTATI DI OFTALMOLOGIA In Germania all'inizio del Novecento veniva pubblicata la Enkyklopaedie fur Augenheilkunde, con contributi di Camillo Gallenga. In Francia A. Angelucci (de Palerme) partecipò con il capitolo sulla Physiologie Géneral de l'Oeil all'Encyclopedie Française d'Ophtalmologie; nel 1880 era comparsa la terza edizione del Traité Complet d'Ophthalmologie di L. De Wecker e E. Landolt per V. A. Delahaje et C.ie Libraires-Editeurs; nel 1914 ft. Axenfeld pubblicò per Steihel editore il Traité d'Ophthalmologie. Il 1917 è un anno di svolta: Ignacio Barraquer presenta il suo erisifaco e nel 1919 pubblica Extracciòn ideal de la Catarata. (Fig. 10 - 11).

Fig. 10. Ignacio Barraquer. Anni ’20. Fonte Wikipedia.

Fig. 11. Erisifaco a ventosa di Guillaumat e di Santalices. Museo di Scienze Biomediche, Università G d’Annunzio Chieti. Donazione Gallenga.

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Rapidamente diffusa nel mondo, anche con modifiche e imitazioni, la tecnica ebbe comunque ammiratori e denigratori. Pedro Pons in Medicina e Historia, nel 1968 riporta: Como anécdota, en un congreso internacional de oftalmología, en el que se discutían ambas técnicas, el doctor Bar- raquer, en medio de una gran expectación y para defender su técnica, dijo: «Señores, comparen ustedes la pinza de presión del cristal con la uña de un gato, y mi ventosa con los labios de una bella mujer. ¿Que preferirían sentir ustedes en su mejilla?». Con estas palabras la discusión se dio por terminada. Chirurgie Oculaire, tradotto da D. Blum per Salvat-Masson è l'edizione francese del testo di Hermenegildo Arruga Lirò, innovatore nella chirurgia del distacco di retina e chirurgo raffinato (Fig.12) con storia personale travagliata.

Fig. 12. Hermenegildo Arruga Lirò. Anni ’30. Fonte Wikipedia..

Chirurgia in piedi a braccia sospese, in posizione temporale, indossa mezzocamice sterile sovrapposto a camice operatorio, guanti e ‘veronica’; l’infermiera indossa la maschera in posizione corretta e tranquillizza il paziente, l’assistente registra l’intervento; illuminazione frontale, a destra del chirurgo. Sua la pinza bivalve per intracapsulare, paragonata in figura con quella di Castroviejo (Fig. 13). Cirurgia de los Ojos è la traduzione spagnola del 1947 di Espada Sanchez, Salvat editores, Barcelona – Buenos Aires del testo di L. Blaskovics e A. Kraiker. In Inghilterra, oltre al monumentale Text-book of Ophthalmology di Sir Stewart Duke-Elder – riferimento per generazioni di oculisti di tutto il mondo – H. B. Stallard pubblica Eye Surgery presso J. Wright & sons, Bristol, con seconda edizione nel 1950 presso Simpkin Marshall Ltd. Da citare la curiosità del double-pronged-diathermy needle per l'estrazione del cristallino sublussato ed il parere conclusivo sulla reclinatio (couching): Remote complications in some cases are iridocyclitis and glaucom

Fig. 13. Pinze per estrazione intracapsulare di Castroviejo (sopra) e Arruga (sotto). Da H.B.Stallard, Eye Surgery, J. Wright & sons, 1950.

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but many remain with quiet eyes for some years. L'attenzione degli oculisti italiani alle dottrine dei più famosi Colleghi stranieri è dimostrata anche dalle Lezioni di Oculistica del Prof. Fuchs, tradotte da G. Pagani, edite da Savit, Vercelli nel 1932. Il May's Manual of the Diseases of the Eye for Student and General Practicioners, pubblicato nel 1900 da William e Wilkins, Baltimore, ha mallevato lo studio della Oftalmologia nell'America e nel mondo. La prima traduzione italiana di E. Trombetta per Unione Tipografica, Torino, fu pubblicata nel 1905. L'edizione inglese nel 1906, quella francese nel 1907 come quella olandese, quella giapponese nel 1909, quella cinese nel 1923 e quella urdu (India) nel 1940 documentandone l’apprezzamento mondiale. La quinta edizione italiana fu tradotta da Federico Grignolo, primario nell’Ospedale Oftalmico di Torino, nel 1925; la edizione americana rivista da J. H. Allen fu tradotta da Cambiaggi per Piccin Editore con presentazione di Antonio Grignolo, Direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Genova, nel 1974; vi si dedica una pagina alla discissione ed introduce in dodici righe la crioestrazione, raccomandando di fare molta attenzione a non toccare con il crioe- strattore altre parti del globo oculare. .

1.5 E VOLUZIONE DELLA CHIRURGIA NEI MANUALI D’INSEGNAMENTO ITALIANI (1952-1957) Da sempre gli studenti di Medicina hanno studiato e preparato l'esame sulle dispense delle lezio- ni del loro cattedratico, raccolte da "anziani" ed ottenute per vario baratto. Nelle scuole peraltro, Assistenti ed Aiuti provvidero a fornire materiale didattico che amalgamava il melting-pot delle conoscenze, trasferendo e sintetizzando il comune agire dei progressi della disciplina. Conservo manoscritti gli appunti delle lezioni del primo Novecento di Camillo Gallenga a Parma con accurati disegni, raccolte in aula; edite a stampa da Pozzi a Roma, le lezioni di G. De Vincentiis. La trattatistica si è arricchita di contributi, con aggiornamenti il cui succedersi si è via via accavallato con il procedere delle innovazioni e della loro comunicazione al mondo scientifico. Nel 1921 G. Lodato a Palermo licenziò per Vallardi editore, Milano, la traduzione di V. Piazza –Pisciotta del Trattato di Chirurgia di Paul Romer di Greifswald. Fornisce indicazioni alla toeletta dell'occhio con acqua, sapone e benzina, la proscrizione della fasciatura di prova, la sterilizzazione per due ore in alcool assoluto dei taglienti, asciugati con batuffoli sterili: tutti gli strumenti vengono toccati dall'assistente soltanto con guanti sterili. E l'Oculista dopo l'usuale disinfezione... asciuga le sue mani con un panno sterile e penetra nell'occhio con istrumenti sterili asciutti. Dopo la lode a von Graefe per la estrazione lineare modificata del 1865, differenzia le indicazioni della iridectomia a toppa di serratura come secondo tempo chirurgico e della iridectomia basale come tempo succes- sivo all'estrazione: è una valvola di sicurezza per evitare l'impegno nella ferita chirurgica. Il paziente ha una degenza di circa quindici giorni che diventano ventuno se nella seconda settimana si procede all'intervento sul secondo occhio. Ancora nel 1921, nella II edizione di Oculistica Pratica, Vallardi, Milano, dedicato ‘’Alla memoria del mio illustre Maestro Pietro Gradenigo’’, Giuseppe Ovio avvisa il discente che la visione dell’occhio operato di cataratta è sempre una visione difettosa. A parte che la correzione degli occhiali è approssimativa, l’acutezza visiva difficilmente raggiunge il grado normale. Il proverbio: gamba spezzata non è più quella di prima, vale anche per 28


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l’occhio che fu catarattoso. Nel 1925 Amilcare Bietti sulla cattedra di Pavia pubblica per la Soc. An. Istituto Editoriale Scien- tifico di Milano il Trattato di Oftalmoiatria. Nelle venti pagine di descrizione dettagliata dei tempi delle possibilità chirurgiche con iridectomia o a pupilla rotonda, analizza didatticamente sequenze e passaggi, evidenziando le difficoltà e le possibili contromisure (ad esempio la rotazione del coltel- lino in camera anteriore qualora ci si accorga di essere inavvertitamente entrati con il lato tagliente opposto alla direzione voluta) anche in caso di perdita di vitreo. Conclude il capitolo ricordando la phacoerisis di Barraquer per l'estrazione capsulolenticolare che avrebbe ottenuto nell'80% dei casi un visus normale... mentre secondo altri la percentuale sarebbe inferiore (Saint Martin 50%) i risultati sono però sempre buoni e molti autori concordano nell'affermare che la perdita di vitreo non è più frequente che con gli altri metodi di estrazione della cataratta. Ad ogni modo bisogna convenire che questo processo operatorio è troppo complicato per poter essere generalizzato". F. Bernocchi e P. Ottaviani raccolsero per Casanova Editore le Lezioni dell'A.A. 1943-1944 di Riccardo Gallenga, chiamato da Cagliari alla cattedra di Parma, finalizzando il loro lavoro per estendere ai nostri compagni gli insegnamenti del Docente, ricchi di moderne concezioni, specie terapeutiche, riportando la descrizione delle perle di Elschnig e dell’anello di Sommering come conseguenze dell’extracapsulare e concludendo che l'asportazione in toto, tentata per le prime volte dal Gradenigo, è tornata in vigore negli ultimi anni e ad essa si prestano le cataratte non mature, specie la cataratta nucleare che ha lunghissimo decorso.(Fig14).

Fig 14. Set di taglienti Luer per chirurgia oculare. Acciaio temperato. Riccardo Gallenga, Cagliari (1936-42) e Parma (1943–1949). A destra in basso set di taglienti e cistotomi di Luigi Guglianetti, Torino. Museo di Scienze Biomediche Università G. d’Annunzio, Chieti. Donazione Gallenga.

Cattaneo pubblicò nel 1952 presso Idelson, Napoli, il Manuale di Oculistica con 152 figure in nero e a colori e quattro tavole fuori testo. Riporta in dettaglio i tempi dell'estrazione extracapsulare con immagini tratte dall'Arruga; ricorda i tentativi di intracapsulare del Gradenigo e ne descrive i tempi utilizzando la pinza a cucchiaio di Arruga (Fig. 11), infine suggerisce la chiusura della ferita con tre punti di sutura corneocongiuntivale, indica atropina e argirolo 5% o penicillina come colliri per le medicazioni postoperatorie, lasciando bendaggio monolaterale, mettendo il paziente seduto in terza giornata e alzato in sesta, liberandolo dal bendaggio in decima giornata. Nelle complicanze intraope29


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ratorie riporta tutte quelle ben note in Oculistica, compresa la conversione all'estrazione con ansa di Weber o uncino angolare di Graefe in caso di fuoriuscita di vitreo; nelle tardive riporta la cheratite striata che regredisce spontaneamente dopo un periodo più o meno lungo e l'impegno di iride nella ferita, da risolvere con escissione o ricoprimento congiuntivale, peraltro con esito in corectopia. Per la cataratta secondaria indica l'incisione con due aghi, ma avverte che per la resistenza della membrana è talora necessario asportare il velo secondario con pinza o uncino da iride. Per il trattamento dell'afachia monolaterale – avvisando il paziente di possibili eritropsie o cianopsie nel primo periodo postoperatorio – avverte che la anisometropia impedirà all'ammalato di utilizzare i due occhi contemporaneamente. E' quanto successe a Claude Monet, felicemente operato di cataratta monolateralmente [iridectomia preparatoria e successiva extracapsulare] da Coutela, ma infelice della impossibile riabilitazione che gli procurava diplopia, gli precludeva la stereopsi, gli modificava la percezione dei colori con cianopsia e con l’amico Clemenceau malediceva il chirurgo: "il m'a loupé un oeil". Il suo problema venne affrontato da Jacques ‘Tonton’ Mawas (lo zio di Eddie Mawas che incontreremo nei primi anni '80 tra i fautori degli impianti di cristallino artificiale): prescrisse lenti Katral Zeiss bifocali per afachia (Fig. 15) con filtro giallo-verde (come ricorda Cesare Fiore in L’occhio dell’Artista, Volumnia ed, Perugia 2018) e gli ridette possibilità di lavoro; oltre a guadagnarne grande fama in Parigi Lo ricordo piuttosto piccolo, capelli ondulati, bianchi come i baffi alla Asterix – pur essendo natura- lizzato francese ma di origine egiziana – charmant nel baciamano a mia madre quando venne alla cena di gala a casa nostra in occasione del XXXIV Congresso della Società Oftalmologica Italiana, a Torino nel 1952. Con Eddie siamo stati amici nel comune impegno per l'evoluzione della riabi- litazione intraoperatoria della afachia con l'impianto di cristallino artificiale, a seguito dei progetti di Ridley, Strampelli, Choyce e su tutti di Binkhorst e Worst, per stabilirne le regole e la diffusione del metodo: ma di questo tratta Lucio Buratto in questo libro.

Fig. 15. Lenti Katral Zeiss bifocali per afachia. Per la prescrizione Mawas utilizzò un oftalmometro Zeiss a domicilio, a Giverny; Zeiss in Germania impiegò otto mesi per la costruzione. Monet era scoraggiato: doveva dipingere la Grande décoration (Les Nymphées), commissionato dal Governo francese e ne era impedito. Scrisse a Mawas:”Quando un cantante perde la voce, si ritira. Un pittore, dopo l’intervento di cataratta, dovrebbe smettere di dipingere”. Per fortuna è andata diversamente: l’Orangérie a Parigi raccoglie quelle luci e quei colori per tutti noi

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