AICCER monografia 2 perc 05 dispensa

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Incidenza e tempistica potenziale di rottura capsulare nella chirurgia della cataratta

che nel momento in cui il chirurgo si arresta per riprendere il flap la situazione venga congelata istantaneamente. Nei pazienti affetti da sindrome da pseudoesfoliatio è stata dimostrata una diminuzione della profondità della camera anteriore determinata dalla lassità zonulare che favorisce lo spostamento in avanti della lente. Questo rappresenta un ulteriore fattore di rischio per la fuga della ressi. Infatti nel momento in cui il chirurgo procede allo spostamento del flap capsulare, la sua direzione è influenzata da due forze: la prima è quella trasmessa sul bordo esterno della ressi dalla tensione delle fibre zonulari che spinge verso l’esterno e la seconda, centripeta, è quella trasmessa dal chirurgo sul flap capsulare. La risultante tra queste due forze determinerà la direzione che prenderà la capsulotomia. Nei pazienti con spostamento in avanti del cristallino le fibre sono tese e così la trazione centrifuga esercitata è molto maggiore e maggiore è la possibilità di una fuga. Anche per questo è opportuno l’utilizzo di una sostanza viscoelastica ad alto peso molecolare che approfondendo la camera anteriore determinerà un rilasciamento delle fibre zonulari.

Idrodissezione L’idrodissezione è una fase molto importante dell’intervento di cataratta. Essa permette una facile rotazione del nucleo all’interno del sacco capsulare e aiuta la rimozione di diversi strati del cristallino eliminando la loro adesione ai tessuti circostanti. Durante l’idrodissezione, a meno che la cataratta sia molto dura e opaca, si può vedere chiaramente l’onda di fluido necessaria a separare la corteccia dal nucleo. Tale segno è indicativo di una riuscita idrodissezione. La prima cosa da fare, quindi, per essere sicuri che l’idrodissezione sia stata completata correttamente, è controllare se il nucleo gira liberamente nel sacco. Se il nucleo non è ben mobilizzato, è consigliabile non procedere alle fasi successive. La rottura della capsula posteriore durante l’idrodissezione può avvenire o per un’estensione verso l’equatore di una ressi con “locus minoris resistentiae” o per intrinseche deficienze di struttura di sacco o zonula. Nel primo caso, infatti, se già nella creazione della capsuloressi vi sono state delle lacerazioni radiali, è necessario eseguire l’idrodissezione e/o l’idrodelineazione molto delicatamente per rendere minima la distensione del sacco capsulare e di conseguenza il rischio dell’estensione della lacerazione alla capsula posteriore. Per questo motivo in presenza di una ressi aperta o di una fuga della ressi, sarà più conveniente non eseguire un’idrodissezione, ma un’idrodelineazione ed eseguire tecniche di facoemulsificazione con ridotta rotazione del nucleo. Le manovre di rotazione del nucleo nel caso di una fuga della ressi sono rischiosissime. Nel secondo caso invece, la sovra distensione del sacco capsulare può determinare o il prolasso in camera anteriore del nucleo o la rottura della capsula posteriore con il rischio della caduta del nucleo all’interno del vitreo. Infatti, durante l’idrodissezione, la capsula posteriore può rompersi o perfino scoppiare se c’è 10

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