The Art of Wine

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Il meglio per la tua tavola

L’e-commerce delle eccellenze enogastronomiche italiane

THE ART OF WINE

IL PRIMO SPECIALE THE ART OF WINE

Nasce il primo supplemento dedicato interamente al mondo del vino curato da MANINTOWN, raccontato attraverso un punto di vista lifestyle e con particolare attenzione alle contaminazioni con l’arte. Sono oggi tante le collaborazioni tra le aziende, gli artisti, illustratori e gli architetti che progettano cantine e wine resort/destination

In questo primo numero una serie di spunti e percorsi possibili nella ricchezza enogastronomica del nostro Paese.

E per rafforzare questo legame con l’arte abbiamo chiesto all’illustratore e storyteller Jacopo Ascari di realizzare la prima cover di questo nuovo progetto che sarà presentato in contesti diversi, dalla Wine Week di Milano alla Festa del Cinema di Roma, ad Artissima di Torino.

UN NUOVO FORMAT IN COLLABORAZIONE CON MI-HUB AGENCY

Questo nuovo format di MANINTOWN rappresenta un’ulteriore declinazione del nostro magazine e nasce dalla creatività congiunta con MI-HUB AGENCY

Il nostro intento è di mostrare l’incredibile panorama di eccellenze italiane con un nuovo format, print e digital, che vada a coinvolgere il nostro lettore con contenuti lifestyle, arte, food&beverage, transitando per alcuni luoghi di hospitality, che andremo a selezionare sul territorio.

Un viaggio che vuole valorizzare le risorse creative e produttive del Made in Italy, dando voce a nuovi produttori, realtà, territori e personaggi da scoprire.

MASSIMO POZZI CHIESA General Manager MI HUB AGENCY | MANINTOWN

Da Milano alla Sicilia, le migliori wine experience degli hotel italiani Stelle e vini: 18 ristoranti stellati di proprietà di maison enologiche Alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche italiane: nasce l’e-commerce Destination gusto Destination Gusto, il meglio del made In Italy a portata di clic Da Siena al Chianti, pedalando tra i vigneti toscani Vino e sostenibilità, un rapporto proficuo Il binomio vino e architettura in tre esempi d’autore Arte contemporanea nelle cantine, italiane e non Collezionisti di vita

Ceretto: l'arte di valorizzare un territorio Etichette d’autore, quando la bottiglia diventa un’opera d’arte Vino, un viaggio attraverso i sensi Il vino tra comunicazione e arte. A tu per tu con il sommelier e gastronomo Andrea Amadei In viaggio nel Lazio per scoprire le realtà emergenti della regione Rossi, bianchi e green: le nuove frontiere del vino in Alto Adige Gentlemen di Sicilia, 4 storie di successo

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Content Contirbutors

Andrea Amadei Giorgia Basili Alessia de Antoniis Lucilla La Puma

Giulia Latini Paola Daniela Orlandini Adele Pupella Salvatore Spatafora

Founder & Editor in Chief Managing Editor Senior Fashion Editor Junior Editor Junior Editor Art Director & Graphic Department

Federico Poletti Giulia Cangianiello Marco Marini

Federica Mele Valerio Torre Maria Angela Lombardi

MANINTOWN is powered by SUPERNOVA HUB | MI HUB AGENCY

Federico Pozzi Chiesa Founder & CEO Supernova Hub – CEO MI HUB AGENCY

Massimo Pozzi Chiesa General Manager MI HUB AGENCY | MANINTOWN

MANINTOWN is a media registered at the Court of Milan Aut. Nr. 389 of 02/12/2013

Worldwide Distribution: A.I.E. – Italy info@aie-mag.com – www.aie-mag.com

Distribuzione Italia: Ips – Italia Srl info@ips-italia.it – www. ips-italia.it

Cover Artwork di Jacopo Ascari @atelier.ascari

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NUOVE METE DA SCOPRIRE: A ROMA APRE VINIFICIO

A Testaccio il “fratello punk” del Pastificio San Lorenzo, uno spazio interamente dedicato al vino naturale

Un progetto nato dalla volontà di creare un qualcosa che ruotasse attorno a una grande passione, quella per il vino naturale, ma che seguisse logiche completamente diverse rispetto alle tante enoteche aperte recentemente in Italia; questa, in sintesi, l’idea che ha dato vita a Vinificio, nuova realtà imprenditoriale del gruppo già proprietario del Pastificio San Lorenzo (storica insegna del panorama capitolino), che porta in piazza dell’Emporio, nel quartiere Testaccio di Roma, un luogo dedicato - ovviamente - agli appassionati di vino naturale, che possa però porsi come un ambiente aperto e familiare, così da avvicinare anche i neofiti e avviare un processo di scoperta, abitudine ed educazione al bere in un determinato modo.

Molte delle attività che saranno svolte all’interno di Vinificio saranno fortemente legate a Testaccio, dove - come forse pochi sanno - nel XIX secolo si trovavano terreni adibiti a vigne e depositi per il vino, posizionati all’interno del Monte dei Cocci, rilievo formato da frammenti di anfore provenienti dalle vie commerciali del porto fluviale. Un rione che negli ultimi anni ha vissuto un’involuzione, ora però ha intrapreso un percorso di riqualificazione supportato dalla nascita di nuove, interessanti iniziative. Gli spazi del locale si sviluppano su due grandi ambienti, collegati da un lungo bancone angolare, per un totale di circa 200 coperti (includendo le due sale e lo stesso bancone) ai quali si aggiungono circa 40 coperti all’esterno. Il design è stato curato dallo studio romano More Than Arch, sviluppando uno spazio dall’anima industriale, retrò e contemporanea allo stesso tempo, con elementi d’arredo e corpi illuminanti prodotti in Germania e Francia. La proposta gastronomica dell’insegna è affidata ad Alberto Mereu, cresciuto professionalmente con Heinz Beck al prestigioso La Pergola, per poi maturare un’esperienza trasversale ed estremamente completa, dividendosi tra ristoranti gourmet e altri legati alla cucina della tradizione, come pure a realtà agricole. Il menù è pensato per proporre una cucina di prodotto, fatta di ricerca maniacale della materia prima, fortemente legata al territorio e a determinate filosofie culinarie, rispettose dell’ambiente. L’offerta è strutturata su tre differenti sezioni: tapas, bottega e cucina. Si parte con le tapas, con una decina di proposte in esposizione al bancone, in stile madrileno, con la classica fetta di baguette abbinata a prodotti e ricette locali. Meritano una menzione il baccalà mantecato e peperoni marinati, il pomodoro infornato alla pizzaiola e pecorino stagionato, oppure i fegatini di pollo e carciofo alla romana, caprino “selezione Pira” e zucchine alla scapece, il “tonno” di maiale e pomodori verdi in conserva. La sezione bottega è invece rappresentata da un corner del banco dedicato a salumi e formaggi di alta qualità, circa 15 prodotti selezionati da aziende artigianali, che ruotano a seconda della stagione e delle disponibilità. Infine la cucina, con le 12 proposte dello chef, non catalogate in modo classico tra antipasti, primi e secondi: sono semplicemente 12 piatti, un mix di main course di piccole dimensioni e proposte d’impronta street come fritti e sandwich, da poter ordinare in ordine sparso.

Cantina e sala sono affidate ad Alessandro Antognozzi, che dopo le esperienze nel gruppo Sorpasso/Passaguai e la più recente come head sommelier da Acquasanta, prende in mano quella che promette di essere una delle selezioni di vini naturali più ampie e dinamiche del Paese: la cantina può contare infatti su oltre 500 referenze provenienti da tutto il mondo, con particolare attenzione alle etichette italiane e francesi, in continua evoluzione (l’obiettivo è raggiungere le 1000 referenze entro l’autunno). A completare l’offerta del locale, un programma di eventi che vedrà alternarsi dj e artisti, ma anche momenti di incontro con i produttori e appuntamenti con ospiti da tutta Italia, per condividere la filosofia di Vinificio.

www.vinificionaturale.it
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DA MILANO ALLA SICILIA, LE MIGLIORI WINE EXPERIENCE DEGLI HOTEL ITALIANI

Secondo l’ultimo Rapporto sul turismo enogastronomico italiano, i viaggi a tema “food&wine” crescono costantemente di anno in anno e, anche nella scelta degli alberghi dove soggiornare, la presenza di un’offerta che valorizza i cibi e i vini tipici locali appare sempre più determinante. Abbiamo pertanto selezionato, da Milano alla Sicilia, alcune wine experience memorabili organizzate dagli hotel per i loro clienti.

Toscana, terra di vini e pro duttori leggendari che hanno scritto alcune delle pagine più belle dell’enologia italiana, da sempre una delle destinazioni preferite dai wine lover di tut to il mondo. Ed è proprio in questa regione che Belmond, marchio pioniere nel settore dei viaggi di lusso, gestisce due pro prietà di grande charme: Villa San Michele, monastero rinascimentale a Fiesole, e il Castello di Casole, tra le colline trapuntate di vigneti in località Querceto. Entrambe le strutture cinque stelle offrono ai propri ospiti esperienze uniche, appositamente pensate per gli appassionati di vino. A Villa San Michele è possibile partecipare agli incontri tematici, dedicati a una specifica area vini cola, condotti dal sommelier fiorentino Filippo Bartolotta, considerato uno dei massimi esperti italiani del settore. Presso il Castello di Casole, invece, ogni anno si svolge il Curiosity Circle, uno speciale retreat di tre giorni articolato in degu stazioni condotte dal wine expert inglese Tom Harrow, visita alle cantine del Chianti e cene con piatti in abbinamento ai Supertuscan, mentre uno studioso racconta aneddoti e curiosità sugli Etruschi, tra i primi viticoltori in Italia.

Un format vincente, quello del Curiosity Circle, che Belmond ha deciso di replicare anche nei due alberghi in Sicilia: il Grand Hotel Timeo e Villa Sant’Andrea, entrambi a Taormina. In questo caso la wine experience prevede la visita ad alcune delle cantine più rappresentative dell’Etna (Tenuta di Fessina e Pietradolce), da raggiungere a bordo dello stori co treno rosso d’epoca della Circumetnea (l’ingegnere inglese Robert Trewhella, giunto in Italia per realizzare la linea fer

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Castello di Casole

rata che costeggia l’Etna, si innamorò dei panorami mozzafiato di Taormina, tanto da costruire una residenza estiva affacciata sull’in cantevole spiaggia; i lavori furono portati a termine nel 1919 dal figlio Alfred, che chiamò la villa - sede oggi dell’hotel Belmond - come il Capo Sant’Andrea della Baia di Mazzarò). Anche in questo caso spa zio all’approfondimento con la masterclass a cura di Tom Harrow, focalizzata sul Nerello Mascalese, varietà autoctona del vulcano a bacca rossa. Ma non finisce qui, il programma delle attività autunnali 2022 del Grand Hotel Timeo vede sempre il vino come protagonista: ogni martedì visita con pranzo in vigna presso le tenute sull’Etna di Planeta e Tasca d'Almerita, due brand promotori del rinascimen to del vino siciliano. Al rientro in hotel, cena degustazione pres so il Ristorante Timeo con i vini dell’azienda visitata, racconta ti direttamente dalla voce di Santi Planeta e Francesca Planeta, dell’omonima dinastia di vigneron, e da Giulio Bruni per Tasca D'Almerita.

Infine, appuntamento imperdibile, domenica 6 novembre, con la cena in collaborazione con la Maison Krug presso Otto Geleng, il ristorante stellato dell’albergo: la serata sarà l’occasione per celebrare l’ingresso ufficiale dello chef Roberto Toro nel la Krug Ambassade, circuito di ristoranti, enoteche e hotel di tut to il mondo che condividono la filosofia della prestigiosa casa di champagne.

Hotel Signum Isola di Salina

Scrivere una nuova pagina della viticoltura eoliana e raccon tare la Malvasia, oltre il solito cliché di uva destinata a produrre vini dolci da dessert: è questo l’ambizioso progetto di Natascia Santandrea e Luca Caruso, pensato per Salina e la sua comuni tà. Una nuova realtà vinicola che coinvolge attivamente i contadini dell’isola, detentori di una memoria storica tramandata di genera zione in generazione. Il nome scelto, non a caso, è Eolia, per ri marcare l’identità territoriale di questa nuova realtà vinicola: due etichette, M e V, come le iniziali delle contrade dove sono coltivati i filari di Malvasia, ovvero Malfa e Valdichiesa. Una produzione li mitata che è andata subito a ruba tra gli intenditori, molti dei quali intimi amici dell’affiatata coppia. Entrambi sono infatti brillanti e raffinati esperti di vino: Luca è il direttore del Signum, albergo di charme fondato dai genitori Michele e Clara più di trent’anni fa, dove ha creato una delle migliori cantine del Sud Italia, a servizio del ristorante dell’hotel (una stella Michelin); Natascia, invece, ha lavorato per anni come direttore di sala e sommelier nel celebre ri storante di famiglia La Tenda Rossa di Cerbaia, in Toscana. Sono stati loro a coinvolgere in questa avventura Bernardo Ciriciofolo, promettente enologo under 30, trasferitosi dall'Um bria a Salina. Ed è proprio a Salina che bisogna andare per saperne di più su Eolia. Gli ospiti del Signum possono prenotare un origi nalissimo wine tour a bordo di una jeep d’epoca: si parte dalla vigna di Malfa per spostarsi nelle contrade dell’isola dove insistono i vigneti di Eolia, poco più di quattro ettari suddivisi in dieci piccoli “giardini”. La wine experience si conclude in hotel, per degusta re i vini ammirando uno dei panorami più emozionanti di tutto il Mediterraneo.

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Villa San Michele Eolia
Per info: www.eoliasalina.it

Si deve a Guido Coffa, gentleman sicilia no e imprenditore globetrotter, il merito di aver recuperato la seicentesca dimora dei frati Agostiniani Scalzi di Valverde, oggi riconvertita in raffinato wine resort alle pendici dell’Etna. Monaci delle Terre Nere, struttura affiliata al circuito Relais & Châteaux, è anche azienda agricola in regime biologico: ben 25 ettari tra uliveti, alberi da frutta e vigneti di Nerello Masca lese e Carricante, le due varietà storiche del vulcano, rispettivamente a bacca nera e bacca bianca. I filari crescono tra le colline scoscese e i terrazzamenti in pietra lavica della tenuta, incastonata tra la vetta fu mante della “Muntagna” (è così che la gen te del posto chiama l’Etna, rigorosamente al femminile) e il blu cobalto dello Ionio. In questo contesto così unico, un microclima di montagna nel cuore del Mare Nostrum, si pratica una viticoltura definita “eroica”, da cui nascono vini altrettanto unici, tutti da scoprire insieme al sommelier di Monaci delle Terre Nere presso l’antico palmento, ovvero la struttura dove anticamente si pigiavano le uve.

A disposizione degli ospiti ci sono, tutto l’anno, tre diverse opzioni di degustazione dei vini Etna Doc delle migliori contrade e annate, comprese le etichette a marchio Guido Coffa. Punto di forza del resort sono le nove spettacolari suite, perfettamente in tegrate nel paesaggio etneo e costruite secondo i dettami della bioedilizia e della sostenibilità ambientale: tutte godono di piscina privata a sfioro sulle vigne, per un soggiorno da veri wine lover all’insegna della massima privacy. A soddisfare ogni capriccio pensa l’efficientissimo room service.

Per info: www.monacidelleterrenere.it

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Villa Monaci delle Terre Nere

Langhe e Franciacorta: sono queste le due destina zioni vinicole selezionate dal Mandarin Oriental di Milano, hotel cinque stelle lusso a pochi passi dal Teatro alla Scala, per la propria clientela alla ricerca di wine experience da ricordare. Il primo itinerario prevede una giornata ad Alba, mecca del turismo enogastromico, in compagnia di una guida esperta: oltre a passeggiare nel borgo medievale, anche la pos sibilità di visitare le storiche cantine delle Langhe o partecipare - quando è periodo - alla caccia al tartufo. La giornata si conclude con un pranzo o una cena presso una trattoria tipica (ma si può optare anche per un ristorante fine dining) per assaporare gustosi piatti a base di tartufo, in abbina mento ai grandi vini piemontesi come Barolo e Barbaresco. La seconda wine experience si chiama invece “Bubbles in Franciacorta”, prevede un tour guidato presso la storica azienda vinicola La Montina - le prime notizie risalgono al 1620, quando proprietaria della casa padronale era una nobile famiglia bresciana facente capo a Benedetto Montini - che custodisce al suo interno il primo museo d’arte contemporanea in Franciacorta, a rimarcare l’intrinseco legame tra arte e vino.

Per info: www.mandarinoriental.com/en/milan/la-scala

Per una wine experience davvero memorabile, nel mese di settembre da Castelfalfi si può partecipare attivamente alla vendemmia (solo una delle tante attività pensate dal wine resort toscano per gli appassionati) insieme al team tecnico: raccogliere le migliori uve dal vigneto come un vero vignaiolo armati di guanti e forbici, partecipare alla pigiatura durante la visita in cantina e apprendere l'arte della vinificazione, prima di concludere con un assaggio dei vini insieme a un esperto. La tenuta di Castelfalfi si estende per ben 1.100 ettari di bo schi e vigne tra Firenze, San Gimignano, Volterra e la costa livornese; un hotel diffuso cinque stelle lusso cui si affiancano una serie di ville e tradizionali casali recentemente ristruttura ti, tutti immersi tra i suggestivi filari di viti e cipressi del borgo medievale, dove poter vivere una vacanza a stretto contatto con la natura. Fiore all'occhiello della tenuta è l’omonima azienda agricola, che nasce dalla passione per lo straordinario paesaggio in cui è inserita, custode di storia, bellezza e tradi zioni contadine millenarie. L’impegno e i recenti investimenti della nuova proprietà hanno saputo concretizzare in un’unica realtà la profonda vocazione agricola di Castelfalfi, tramite un importante ripristino paesaggistico del territorio e la salva guardia della biodiversità. Ad oggi l'azienda agricola conta 25 ettari impiantati a vigneto, con oltre dieci tipologie di varietà autoctone e internazionali da cui sono ottenuti gli otto vini Castelfalfi - compreso il Sangiovese in purezza Poggio alla Fame, perfetta espressione di questo terroir toscano - tutti da degustare nella magia della nuova barricaia.

Per info: www.castelfalfi.com

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Mandarin Oriental Milano

STELLE E VINI: 18 RISTORANTI STELLATI DI PROPRIETÀ DI MAISON ENOLOGICHE

di Adele Pupella

Valorizzando la cucina e l’accoglienza tipicamente italiane, i ristoranti stellati si fanno promotori del racconto delle eccellenze nostrane, vini in clusi. Se abbinato al calice giusto, infatti, un ottimo piatto rappresenta la sublimazione dell’esperienza gastronomica. L’arte della cucina e quella dei sommelier sono un vanto della nostra ristorazione e, in alcuni casi, le due dimensioni finiscono per sovrapporsi, come avviene nei 18 locali stellati di proprietà di note maison vinicole.

Vediamoli nel dettaglio, partendo da Zash, boutique hotel di design di Riposto il cui ristorante, guidato da Giuseppe Raciti, si fregia della stella Michelin. Appartiene alla famiglia Maugeri, che proprio attraverso il vino esalta il rapporto tra la vocazione del territorio e i valori familiari, orientati da sempre alla sostenibilità. Protagoniste delle eti chette, varietà locali come Carricante (che ha qui il suo luogo d’elezione, riconosciuto dalla menzione Etna Bianco Superiore) e Nerello Mascalese, da cui si ottiene un raffinato rosato.

Si trova in uno dei borghi più suggestivi della Toscana l’Osteria di Passignano, una stella Michelin; fondata da Marcello Crini e Allegra Antinori, è espressione del mi glior savoir-vivre chiantigiano, un connubio di storia, gastronomia ed eccellenza vinico la. All’interno della bottega, è possibile degustare - e acquistare - un’ampia selezione delle etichette Marchesi Antinori

Immerso nella quiete di una tenuta verdeggiante, tra giardini e filari, il wine resort Venissa ospita il ristorante omonimo (stella Michelin più stella verde 2022), affidato agli

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A sinistra: Ristorante dell’Hotel Zash A destra: Wine Resort Venissa Photo ©Mattia Mionetto

sopra:

chef Chiara Pavan e Francesco Brutto. La struttura nasce nel 2002, quando Gianluca Bisol nota, di fronte alla basilica di Santa Maria Assunta a Torcello, un piccolo vigneto; incuriosito, conosce la proprietaria Nicoletta e comincia a fare delle ricerche sulle vigne locali, scoprendo così la grande tradizione vitivinicola delle isole ve neziane, interrotta dall’alluvione del 1966, che distrusse tutto e ne fece perdere completamente le tracce. Il lavoro di Bisol ha permesso di riportare alla luce il vitigno autoctono della Dorona di Venezia, adattatosi nei secoli alle condizioni di salinità della laguna. Nel 2010 arriva la prima vendemmia, con una produzione di 4880 bottiglie che riporta la Dorona tra le cantine più importanti al mondo.

Il Tre Olivi del Savoy Beach Hotel di Paestum, invece, di pro prietà della famiglia Pagano (che possiede anche l’azienda San Salvatore 1988, con cui produce Falanghina, Aglianico e altre etichette), è entrato nelle celebre guida direttamente con due stelle, grazie alla creatività e alla tecnica di Giovanni Solofra

Il viaggio fra tavole e vini d’autore tocca quindi il Piemonte con Tenuta Carretta, a Piobesi d’Alba, nel cuore delle Langhe, che oltre al Barolo dai vigneti di Nebbiolo (patrimonio Unesco) pun ta sulla cucina di qualità col ristorante (stellato) 21.9, dello chef Flavio Costa. Tra gli undici tre stelle - vertice qualitativo della ristorazione - del Belpaese troviamo un altro locale della zona, il Piazza Duomo di Alba, legato a doppio filo al mondo del vino: è nato infatti dall’intuizione della famiglia Ceretto, una garanzia in tema di Barolo, che nel 2003 ha scelto Enrico Crippa per regalare al territorio un vero e proprio tempio dell’haute cuisine, divenuto presto una delle mete internazionali più prestigiose in assoluto. Un’altra storica dinastia del vino piemontese, quella dei Damila no, dal 2013 accoglie nel complesso della cantina di Morra d’Alba la cucina di Massimo Camia. Al Villaggio Fontanafredda, nel podere immerso tra i vigneti che fu teatro dell’amore tra re Vit torio Emanuele II e la “Bela Rosin” Rosa Vercellana (passata nel 2008 nelle mani degli imprenditori Oscar Farinetti e Luca Baffigo Filangieri), la ristorazione ha un ruolo centrale, e ruota intorno allo stellato Guido, gestito da Ugo e Piero Alciati, che portano avan ti la tradizione culinaria del padre. Restando nella Langa di Alba, dove la famiglia Boroli è arrivata negli anni ‘90, tra i filari dei tre cru di Barolo (Villero, Cerequio e Brunella) sorge la Locanda del Pilone, wine resort con ristorante (una stella Michelin) dello chef torinese Federico Gallo. Si è invece preso una pausa, uscendoalmeno temporaneamente - dalla guida, in attesa della prossima riapertura, il ristorante La Rei de Il Boscareto Resort, pro prietà della famiglia Dogliani, al timone anche dell’azienda Beni di Batasiolo de La Morra.

Spostandosi in Veneto, il wine relais Villa Cordevigo, a Cavaion Veronese, è parte di una grande tenuta - dove nascono le etichet te Vigneti Villabella, impreziosita dalla cucina di Oseleta (una stella), opera di Marco Marra. In Trentino, invece, ha da diversi anni il suo ristorante stellato Ferrari, firma di assoluto prestigio delle bollicine Trentodoc, gestita dalla famiglia Lunelli: si tratta della Locanda Margon di Ravina; ai fornelli Edoardo Fumagalli, che ha preso ormai saldamente il timone della cucina diretta a lun go da Alfio Ghezzi. A poca distanza, Borgo San Felice (relais diffuso, circondato dai filari di Chianti Classico) ospita Il Poggio Rosso, una stella frutto della collaborazione tra il più stellato (con ben nove riconoscimenti) degli chef italiani, Enrico Bartolini, e il giovane executive chef Juan Camilo Quintero.

E ancora, nel cuore della Val d’Orcia il progetto enogastronomico di Pasquale Forte affianca una cantina, Podere Forte, e le proposte stellate dell’Osteria Perillà, firmate Marcello Corrado Sempre in Toscana, ma sul mare, a Castiglione della Pescaia, tro

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Da
Ristorante Piazza Duomo, Alba Ristorante Oseleta, Villa Cordevigo Ristorante Il Poggio Rosso

viamo il resort di lusso L’Andana; può vantare un menù a cura del citato Bartolini, che ha qui la sua Trattoria, stella Michelin dal 2014. Ne sono proprie tari i Moretti, imprenditori noti del settore, che con trollano nomi del calibro di Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta, Acquagiusta, Petra e Teruzzi in Toscana, Sella & Mosca in Sardegna, e mantengono da tempo un legame solido con l’al ta cucina: ai fornelli dell’Albereta, in Franciacor ta, si è destreggiato per anni il maestro Gualtiero Marchesi. A Cortona, terra del vitigno Syrah, tra i 32 ettari vitati di Baracchi Winery si erge lo stellato Il Falconiere, sotto la direzione della chef di fami glia Silvia Baracchi

Nel Meridione, infine, i nomi da segnalare sono quel li del calabrese Dattilo, locale stellato dell’azienda agricola Ceraudo, la cui chef, Caterina Ceraudo, si è formata alla scuola di Niko Romito; e, in Pu glia, il Vinilia Wine Resort di Pietro Lacaita, a due passi dall’impresa di famiglia Trullo di Pezza, etichet ta del Primitivo di Manduria, che comprende il ristorante Casamatta di Pietro Penna, una stella Michelin dal 2019.

Un lungo viaggio, quello appena tracciato, che attra versa autentici templi del gusto immersi nella natura, territori straordinari da cui hanno origine i migliori vini italiani, compagni ideali di cucine legate alla tra dizione locale, capaci però di restare al passo con i tempi. 18 nomi che esemplificano il dialogo serrato fra tavola e vigna, nel solco della tradizione che lega Barolo e agnolotti del plin, Chianti Classico e cavolo nero, Brunello di Montalcino e tortelli maremmani, come pure le bollicine del Trentodoc e il coregone, l’Amarone della Valpolicella e i porcini, e tanti altri. Ingredienti della terra resi unici dalla mano dell’uo mo, che la capacità imprenditoriale di aziende d’ec cellenza è stata in grado di riunire sotto lo stesso cielo (stellato).

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Il Falconiere Casamatte e Vinilia Wine Resort

ALLA SCOPERTA DELLE ECCELLENZE ENOGASTRONOMICHE ITALIANE: NASCE L’E-COMMERCE DESTINATION GUSTO

Redazione

Per tutti gli amanti del bien vivre è nato Destination Gusto, il nuovo food e-commerce di prodotti d’eccellenza rigorosamente Made in Italy. Sviluppato grazie alla sinergia e alla fusione delle competenze tra Intesa Sanpaolo e l’acceleratore milanese Supernova Hub - Gruppo ITLM, leader nel settore dei trasporti. La piattaforma offre prodotti enogastronomici esclusivi, provenienti da ogni regione d’Italia, ordinabili sia dall’APP sia dl sito Destinationgusto. it. La new company Destination Gusto srl vede la partecipazione di Intesa Sanpaolo con il 49% delle quote e di Supernova Hub, come socio di maggioranza, con il 51%. Grazie alla sinergia con il Gruppo ITLM, Destination Gusto garantisce un servizio logistico contraddistinto dai più elevati standard di mercato. Italmondo, fulcro di ITLM Group, si occupa della gestione del magazzino e del picking and packing. Sendabox, scale-up di Supernova Hub, delle consegne, mettendo a frutto l’esperienza in spedizioni B2C e B2B. L’obiettivo è arrivare alla consegna “same day e next day” nelle principali città italiane grazie alla partnership con DeliveryNow.

Il modello di business di Destination Gusto si sviluppa su tre direttrici: verso il consumatore, che potrà fruire di un vero e proprio viaggio immersivo nel Made in Italy per scoprire i territori, le tradizioni culinarie e i prodotti d’eccellenza enogastronomici del nostro Paese; verso le imprese (B2B) con servizi incentive, di loyalty e regalistica per le aziende; verso nuovi clienti corporate (B2E) che potranno includere Destination Gusto tra gli strumento di Welfare Aziendale per i loro dipendenti.

Claudia Vassena, responsabile Direzione Sales & Marketing

Digital Retail di Intesa Sanpaolo, afferma: “Ѐ ora disponibile un nuovo ‘negozio di fiducia’, dedicato all’enogastronomia Made in Italy e alla sua unicità. Destination Gusto porta sulla tavola dei consumatori prodotti italiani d’eccellenza, apprezzati in tutto il mondo, valorizzando produttori locali spesso non presenti nella GDO. Nel contempo, l’obiettivo di Destination Gusto è offrire a questi piccoli e medi artigiani dell’eccellenza agroalimentare italiana un nuovo canale digitale di promozione e di vendita dei loro prodotti, dando massimo risalto alle caratteristiche che li rendono unici”

“Destination Gusto è per noi un progetto molto importante – aggiunge Federico Pozzi Chiesa, fondatore di Supernova Hub e CEO di Italmondo Spa – che incontra la nostra vision di creare un marketplace del Made in Italy partendo dai prodotti enogastronomici di altissima qualità, che allo stesso tempo risponda alle esigenze degli utenti con una digital user experience attuale e con consegne Same Day e Next Day in linea con i più alti standard di mercato. Una piattaforma con queste caratteristiche è la prima del suo genere in Italia: finalmente le tradizioni culinarie dei territori italiani, così ricche e diverse tra loro, convergono in un unico catalogo online che comprende solo il meglio di ogni regione, combinato con il più alto livello di fruibilità e ottimizzazione logistica offrendo ai produttori una vetrina nazionale e internazionale per aprire nuovi mercati. Destination Gusto si pone l’ambizione di diventare il punto di riferimento del settore in Italia e getta le basi per un progetto più ampio che coinvolgerà anche gli ambiti del fashion, furniture e travel”.

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DESTINATION GUSTO, IL MEGLIO DEL MADE IN ITALY A PORTATA DI CLIC

Noi italiani siamo noti nel mondo per tante cose; le nostre eccellenze vengono riconosciute universalmente, e quasi sempre hanno a che fare con la bellezza e col gusto. Geografia, clima, mari, montagne, ma anche archeologia, borghi storici, città d’arte, musei, moda, motori, artigianato, e in ultimo, ma certo non da meno, varietà e qualità dei prodotti alimentari, ricchezza delle nostre cucine regionali e di cantine tra le più prestigiose e raffinate. Nasce in questo straordinario conte sto, incorniciata da tale qualità di vita, l’idea di Destination Gusto, l’e-store enogastronomico che offre a consumatori ed operatori del settore, attraverso un canale digitale e commerciale diretto, con un variegato catalogo gourmet, la possibilità di avere sulla propria tavola o nel proprio ristorante il meglio del made in Italy in pochissimo tempo.

La pandemia ha inciso anche nelle abitudini d’acquisto dei prodotti alimentari. Negli ultimi due anni il mercato online Food&Grocery è più che raddoppiato, e ciò grazie anche alle “garanzie” che la nostra filiera agroalimentare ed enogastronomica è in grado di offrire, col suo primato nel mondo per certificazioni DOP e IGP, e con le sue 841 produzioni di qualità sparse su tutto il territorio nazionale.

Abbiamo chiesto a Federico Pozzi Chiesa, Funder & CEO di Supernova Hub, se e quanto l'e-commerce saprà anticipare le esigenze reali della clientela ed interpretarne i cambiamenti. «Il mercato è alla continua ricerca di eccellenze», ci dice, «tutti cercano “quel vino particolare” o “quella pasta dal sapore unico”. Destination Gusto nasce proprio con lo scopo di selezionare e proporre ai suoi clienti le unicità enogastronomiche italiane. Ogni nuovo produttore ed eccellenza selezionate rappresentano una vera e propria “destinazione” nel nostro viaggio nel gusto».

Qual è il valore aggiunto di Destination Gusto?

Abbiamo sicuramente i grandi nomi del made in Italy, ma diamo grande spazio anche e soprattutto ai piccoli produttori meno conosciuti, purché accomunati da un denominatore comune che per noi è irrinunciabile: la qualità. Non cerchiamo vino al miglior prezzo, ma il miglior prodotto al giusto prezzo. In questo vogliamo offrire una vetrina ai piccoli produttori che non riescono oppure non vogliono arrivare alla grande distribuzione. Proprio adesso stiamo chiudendo accordi con tutti i nostri fornitori per poter gestire la spedizione dei loro prodotti direttamente dai nostri magazzini, così da garantire al cliente finale la migliore esperienza d'acquisto anche riducendo al minimo i tempi di consegna. A questo proposito, a partire dai primi mesi del 2023, sarà attivo un nuovo servizio “prime” Delivery Now, che assicurerà una consegna same day/next day nelle principali città italiane, gestito da Sendabox, società di Supernova-Hub.

Il sodalizio tra voi e Intesa Sanpaolo è solido? Che prospettive avete per il prossimo futuro, quali traguardi da raggiungere?

Con Intesa Sanpaolo siamo le due colonne portanti di Destination Gusto, siamo soci e partner in questa iniziativa. Fin dall'inizio abbiamo portato avanti questo progetto con grande impegno e massima unità di visione ed intenti. Per il prossimo futuro vorremmo ampliare sempre di più la nostra gamma di prodotti, non limitando il concetto di “gusto” solo al settore enogastronomico, ma estendendolo all'eccellenza in tutti i campi in cui il made in Italy è riconosciuto nel mondo: design, viaggi, turismo, fashion. La forte presenza sul territorio di Banca Intesa Sanpaolo, inoltre, è sinergica per affiancarci con successo in questo percorso.

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DA SIENA AL CHIANTI, PEDALANDO TRA I VIGNETI TOSCANI

Per chi è appassionato di vino e ama la campagna, un viaggio in Toscana è un’esperienza irrinunciabile, an cor più se fatto in bicicletta. Nella regione si contano infatti 14 strade del vino, che offrono itinerari indimen ticabili, unendo paesaggi mozzafiato e sapori unici.

Vi proponiamo un percorso su due ruote che attraversa vigne, col line e borghi, alla scoperta di quattro vini D.O.C.G. toscani.

Le tappe in bicicletta tra le 4 D.O.C.G. toscane

Il percorso si sviluppa su circa 280 km, interessa strade panorami che, a tratti non asfaltate, che ricalcano cammini storici; abbastan za impegnativo, si rivolge a cicloturisti mediamente allenati, con una percorrenza di 4-5 ore al giorno.

Per quanto riguarda le date, le stagioni migliori sono primavera e autunno, ma per vivere appieno l’atmosfera della vendemmia i mesi da preferire sono settembre-ottobre.

La durata consigliata è di una settimana, partendo da Siena.

1° giorno, Siena - Montalcino

Lunghezza: 55 km

Dislivello: 1000 metri

Attraverso le sinuose colline della Val d’Arbia arriverete nelle terre del Brunello. Montalcino è famosa per l’illustre passato e, ovvia mente, per il vino omonimo, celebre in tutto il mondo. Viali di cipressi, vigneti e uliveti, intervallati da vestigia medievali, caratte rizzano il paesaggio.

Volge lo sguardo a Montalcino la cantina Casanova di Neri che, per il contesto in cui è inserita, ricorda il ciclo delle Allegorie e degli Effetti del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti; matura qui il Brunello di Montalcino D.O.C.G., 100% Sangiovese. Uno stile elegante e ricercato, quello di casa Neri, il cui primo Brunello risale al 1978, che oggi guarda con interesse all’estero.

2° giorno, Montalcino-Montepulciano

Lunghezza: 50 km

Dislivello: 400 metri

Si taglia l’alta Val d’Orcia toccando Pienza, città d’autore «nata da un pensiero d’amore e da un sogno di bellezza», come scrisse Pascoli. Poggiata su una morbida collina, forma un insieme armo nico di fascino e semplicità. Assaggiate il pecorino locale e visitate il refettorio dell’abbazia di Sant’Anna in Camprena, ex comples so monastico dove sono state girate alcune scene de Il paziente inglese, che conserva affreschi del pittore Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma. A circa 13 chilometri sorge uno dei centri più belli della Valdichiana, Montepulciano, patria del Nobile, famosa sia

per la bontà del vino, sia per le numerose testimonianze d’arte rina scimentale. Fermatevi su piazza Grande, assaporandone l’atmosfe ra eccezionalmente evocativa, e non dimenticate di salire in cima alla torre del Palazzo del Comune. Proprio dalla piazza potrete vi vere un’esperienza incredibile, immergendovi in una storia lunga secoli nei sotterranei del paese: una monumentale scala equestre, infatti, conduce alle cantine De’ Ricci (il palazzo dell’omonima dinastia è tra i più belli della città poliziana); la parte centrale, sud divisa in tre navate longitudinali con arcate a tutto sesto e volte a crociera, ricorda una cattedrale romano-gotica. L’ubicazione, le dimensioni monumentali della struttura, il suolo tufaceo e la ven tilazione consentono di mantenere il Nobile di Montepulciano (custodito in botti di rovere, tonneau e barriques in legno pregiato) a una temperatura e umidità ideali.

3° giorno, Montepulciano- Asciano

Lunghezza: 45 km

Dislivello: 600 metri

Si pedala lungo il singolare percorso delle crete senesi, inoltran dosi tra biancane e calanchi in un territorio aspro, punteggiato di

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Cantina De' Ricci Montepulciano

paesini e casolari. Un ambiente quasi lunare, che rapisce per la sua bellezza mentre si raggiunge Asciano. In questo pittoresco borgo ci si imbatte in numerose testimonianze del glorioso passato locale: le mura trecentesche; la collegiata; i mosaici delle terme romane; la cattedrale di Sant’Agata. Un altro scorcio magico, da visitare assolu tamente, è quello dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, cit tà-monastero fondata nel 1319, tra i monumenti toscani più impor tanti. In queste terre il Castello di Querceto protegge come un tesoro prezioso il patrimonio delle sue vigne e oliveti. Di proprietà dal 1897 della famiglia François, è tra le tenute storiche del Chianti Classico. Le cantine di invecchiamento si trovano nel sottosuolo del maniero e nel sotterraneo di uno degli edifici di recente costru zione. Al loro interno sono disposte barriques e tonneaux di Allier, Tronçais e Limousin, insieme a piccole botti di rovere, utilizzate per la maturazione dei Crus del Castello e dei Chianti Classico Gran Selezione e Riserva.

4° giorno, Asciano-Radda in Chianti Lunghezza: 50 km

Dislivello: 700 metri Si continua a pedalare lungo le strade bianche dell’Eroica fino al meraviglioso, repentino cambio di paesaggio, coi colori lunari che lasciano spazio a quelli di vigne e uliveti: benvenuti a Radda in Chianti. Girate intorno alla cittadina, seguendo i sentieri e i cam minamenti medievali, e non perdetevi la sosta alla Casa del Chianti Classico, che comprende anche il convento di Santa Maria del Pra to. Nei pressi dei giardini comunali, è d’obbligo la visita alla Ghiac ciaia Granducale. Sorge nel cuore della zona storica del comune Castello Monterinaldi, che raccoglie ben 18 vigneti. L’affina mento del Chianti Classico avviene prima in botti (tonneaux e bar riques) e poi in bottiglia, per un periodo variabile dai 6 ai 24 mesi. Il logo del maniero, una tartaruga, simboleggia la filosofia dell’a zienda, riassumibile in “senza fretta, ma senza sosta”.

5° giorno, Radda In Chianti-San Gimignano

Lunghezza: 40 km

Dislivello: 400 metri

Ci si lascia alle spalle il Chianti, percorrendo i poggi boscosi fino a Castellina in Chianti, placido crocchio di edifici raccolti su un rilievo di 578 metri. Nel XIII secolo la zona venne suddivisa in terzieri (Castellina, Radda e Gaiolo) e fu creata la Lega del Chianti. Ci attendono ancora 29 chilometri per raggiungere San Gimignano, superbo esempio di città medievale gotica. Rac chiusa da una duplice cinta muraria, conserva, oltre a severe case, palazzi e chiese, 15 torri. A dir poco scenografico lo scenario de lineato da piazza del Duomo con le torri Grossa e Rognosa. La collegiata, strepitosa basilica romanica, conserva vasti cicli pitto rici del Ghirlandaio e del Barna, nonché sculture di Jacopo della Quercia. È, questo, il territorio del vitigno Vernaccia, di cui si ha testimonianza già nel 1276. Si trova qui la Fattoria Abbazia Monte Oliveto, che deve il suo nome alla struttura edificata nel 1340 dai monaci olivetani; dedica ben venti ettari alla produzione dell’uva autoctona della Vernaccia, primo vino italiano a ottenere la denominazione di origine controllata, poi mutata in D.O.C.G.

6° giorno, San Gimignano-Siena Lunghezza: 53 km

Dislivello: 850 metri

L’ultimo giorno è occupato dalla pedalata di ritorno verso Siena lungo la via Francigena, un continuo saliscendi di salite brevi ma impegnative.

Prima del rientro, vale una sosta Monteriggioni, che dall’ester no appare come una piccola corona di mura e torri, un’imma gine che aveva colpito già Dante Alighieri («su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona», Inferno, XXXI, vv. 40-41).

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Castello di Querceto esternophoto Carlo Vigni

VINO E SOSTENIBILITÀ, UN RAPPORTO PROFICUO

La parola sostenibilità è diventata così imprescindi bile e inflazionata nel nostro vocabolario da sembrare vuota di significato. Al contrario, mai come adesso dovremmo percepirne la sostanza concreta, quella di un cambio necessario, un progetto tangibile, perfino una nuova forma di business; e, soprattutto, un gesto d’amore per le generazioni future, a salvaguardia del nostro e del loro pianeta. In campo vitivinicolo, significa produrne preservando le risorse naturali e cercando i migliori metodi per ottenere il minor impat to possibile sull’ambiente. Ma in quest’ambito esiste un termine ancor più appropriato, “viticoltura integrata”, perché mette insieme metodi e versanti diversi: la lotta sul biologico oppure no, i sistemi agronomici, l’ecologia della vigna, solo per fare alcuni esempi. È un sistema in continua evoluzione, che affonda le radici nella tradizione, servendosi però di tutte le innovazioni possibili.

La richiesta di vino biologico da parte dei consumatori è sempre più alta, e non solo nel nostro Paese, ma in tutto il mondo. Secon do gli esperti di mercato, il vino biologico sta conquistando un nu mero sempre maggiore di professionisti e di semplici consumatori un po’ ovunque.

Il primo progetto significativo che si poneva l’obiettivo di promuovere la sostenibilità nel mondo del vino, il “Pest Management Programme”, nacque per la verità in California nel lontano 1992. I paesi pionieri nell’aderire a questo cambio di prospettiva furono gli Stati Uniti con il “California Sustainable Winegrowing”, l’Australia con “Entwine” e la Nuova Zelan da con il “Sustainable Winegrowing”. Restando in Europa, si possono invece iniziative come la francese “Vignerons en Developpment Durable” del 2010, oppure l’italiana “V.i.v.a‐Sustainable Wine”, un dettagliato programma sviluppato dal Ministero dell’Ambiente nel 2011. Quest’ultimo regola e valuta le performance di sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’azienda vitivinicola e dei suoi prodotti, ma anche la comu nicazione verso il consumatore per mezzo di un’etichetta in cui è presente un codice QR, che colloca il produttore rispetto a degli indicatori specifici del settore e attesta il raggiungimento di cer te performance. Le etichette, infatti, sono considerate un potente strumento di comunicazione, poiché possono veicolare in maniera semplice ed immediata una serie di messaggi, con ricadute positi ve in termini di marketing, ma anche nel promuovere modelli di consumo responsabili. Rimane comunque importante ricordare che per il vino tutte le attestazioni di sostenibilità sono associate ad altre caratteristiche del prodotto, quali il prezzo, il marchio, la regione d’origine e, non ultimo, il vitigno. Queste sono solo alcune delle informazioni che, riportate sulle etichette, contribuiscono ad orientare le scelte dei consumatori.

È ormai chiaro che la sostenibilità, pur espressione anche di una scelta etica, come dicevamo all’inizio, è diventato un vero e pro prio mercato. Una ricerca realizzata nel 2015 su un panel di 300 aziende italiane ha rilevato che, tra le imprese che hanno visto un

aumento del fatturato negli ultimi due anni, il 49% è fortemen te impegnato nell’implementazione di pratiche sostenibili. E per il 70% degli intervistati, gli investimenti apportati in sostenibilità hanno portato benefici in termini di fatturato e competitività, oltre che di reputazione (ricerca Doxa Marketing Advice per Conai).

Grazie a un approccio sostenibile, basato sulla trasparenza, l’a zienda può migliorare i suoi rapporti con tutti gli stakeholder della filiera, e soprattutto con i consumatori. Sostenibilità e innovazione si esaltano a vicenda, offrendo soluzioni migliori, utilizzando una minor quantità di risorse, migliorando l’efficienza dei processi, riducendo i costi e, ovviamente, salvaguardando l’am biente. La leva della sostenibilità, insomma, sembra agire sia in favore di un incremento di valore del prodotto, che della differen ziazione dell’offerta, con il plus del risparmio di costi.

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BINOMIO VINO E ARCHITETTURA IN TRE ESEMPI D’AUTORE

Ogni vino ha la sua storia. Una storia che parte da lontano, che lega indissolubilmente uomo e territorio. In Italia, negli ultimi vent’anni, nuovi modelli di bioarchitettura hanno caratterizzato l’accoglienza enoturistica all’insegna della funzio nalità e sostenibilità.

Il settore vinicolo, inserito in scenari globali, è caratterizzato da dif ferenze nell’organizzazione delle filiere, che si sviluppano in diver se aree geografiche. Valorizzare il vino e il suo territorio è davvero come fare un opera d’arte, infatti creare un’atmosfera che faccia vivere profumi, colori, sapori dei prodotti vinicoli, non è da tutti: ri chiede una particolare sensibilità olistica secondo moderni criteri di bioarchitettura, non solo con l’obiettivo di recuperare o riqualificare le strutture vinicole preesistenti, ma di creare edifici ex novo attra verso materiali ecologici e innovative metodologie, con particolare attenzione al risparmio energetico e alle valutazioni bioclimatiche locali. Le cantine diventano cosi “luoghi speciali”, a basso impatto ambientale, integrate perfettamente con il territorio, e a volte, mi metizzandosi per i colori scelti e i materiali utilizzati, creano precise atmosfere collegate alla produzione: sono la realizzazione, secondo le teorie dell’architetto Christian Norberg-Schulz, dello “spirito del luogo”, che fa convivere vino e attività umana. Numerose archistar si sono dedicate nel tempo alla progettazione di edifici legati non solo ai processi di produzione, ma anche a zone dedicate all’ospita lità, come wine shop e aree di degustazione. La scelta di affidare a importanti architetti questo compito deriva dalla volontà di trasmet tere tutte le qualità delle attività vinicole e la loro tradizione, attra verso forme e valorizzazione degli spazi. Iniziamo il nostro viaggio immaginario tra le sinuose colline maremmane, precisamente nel comune di Gavorrano, con la prima cantina progettata da Renzo Piano: Rocca di Frassinello. Il complesso si estende su 500 et tari ed è costituito da La Torre, in cui protagonista indiscussa è la luce: qui un articolato sistema di specchi cattura e riflette la luce naturale nella barricaia ricavata nella roccia ad una profondità di

50 metri, in cui riposano circa 2000 barrique. In superficie invece è presente un moderno pavillon, adibito a eventi, degustazioni, con gressi ed esposizioni. La struttura, sobria e elegante, è caratterizzata da profili in acciaio satinato e vetro, ampliata da una terrazza in cotto di oltre 5 mila mq, che lo stesso architetto ha denominato “Il Sagrato”. Ci spostiamo in Umbria, tra i comuni di Bevagna e Mon tefalco. Qui ha sede la Tenuta Castelbuono, composta da 30 ettari vitati in cui si erge la famosa cupola de Il Carapace, una strut tura ellittica in rame, emblema del vincente binomio tra architettu ra e scultura, condotto con lungimiranza dall’architetto Giorgio Pedrotti e dal maestro Arnaldo Pomodoro. Arte e natura dia logano silenziosamente, anche grazie alla particolare conformazio ne della cupola incisa da crepe, che ricordano i solchi della Madre Terra. Terminiamo il nostro viaggio con la Cantina Khamma Donnafugata a Pantelleria, ultimo avamposto prima della costa africana, progettata dall’architetto milanese Gabriella Giuntoli, inserita in 68 ettari di vigneti dislocati in 16 contrade. La struttura, dall’aspetto tipicamente pantesco, è un piccolo gioiello sostenibile, inserito perfettamente in un anfiteatro naturale terrazzato, in un paesaggio caratterizzato dalle tipiche viti ad alberello e muretti a secco in pietra lavica, che fanno parte del patrimonio dell’umanità Unesco e contribuiscono a prevenire l’erosione del suolo tutelando paesaggio e biodiversità. Questi solo alcuni - eccellenti - esempi di come ogni spazio, attentamente studiato, sia frutto di un’architettu ra al servizio del prodotto e del visitatore, coinvolgendo tutti i sensi e offrendo spunti di riflessione sulle potenzialità dei luoghi, proposti in forme e strutture raffinate, capaci di suscitare esperienze olistiche che sappiano di futuro. Il nostro.

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Tenuta Castelbuono Cantina Khamma Donnafugata Rocca di Frassinello

ARTE CONTEMPORANEA NELLE CANTINE, ITALIANE E NON

Arte contemporanea ed enologia vanno sempre più a braccetto di questi tempi. Risale solo a pochi mesi fa l'intervento ar chitettonico dell'artista internazionale danese-islandese Olafur Eliasson: il Vertical Panorama Pavilion per Donum Estate, in California. Costruito insieme a Other Spaces, studio interdisciplinare e sperimentale creato con l’architetto Se bastian Behmann, consiste in una sorta di prisma ottico, una caleidoscopica cupola aperta formata da 832 pannelli di vetro colorato: un mosaico che cattura la luce dorata, creando un effetto mozzafiato. La cantina situata a Carneros, tra le valli di Napa e Sonoma, vanta oltre 50 opere site-specific di artisti come Doug Aitken, Ai Weiwei, Louise Bourgeois, El Anatsui.

Concentrandoci sull'Italia gli esperimenti, in questo senso, sono curiosi e diffusi sempre più a tappeto. In Piemonte, nella sugge stiva area delle Langhe, dove impera il Barolo, se avete voglia di un'esperienza pop non perdete l'occasione di visitare la cantina dell'Astemia Pentita, che già dal nome non passa di certo inosser vata. In Toscana invece, terra del Chianti, le occasioni per osservare questo binomio sono in aumento esponenziale. Se nell'area marem mana di Capalbio l'ottava edizione di Arte e Vino ha coinvolto 6 cantine - Tenuta Monteti, tenuta biologica Il Cerchio, Tenuta Mon teverro, La Vigna sul Mare, Tenuta Montauto, cantina Il Ponte, è famosa la collezione del Castello di Ama, a Gaiole in Chianti. In provincia di Siena, la cantina vanta una costellazione di nomi molto influenti nel panorama internazionale:14 artisti in totale, tra i quali la citata Louise Bourgeois, Daniel Buren, Robi Horn, Anish Kapoor, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Hiroshi Sugimoto, Pascale Marthine Tayou, Chen Zhen. Non distante da Panzano, nel Comune di Greve, a Tenuta Casenuove è sorta una nuova cantina convertita all'arte, in cui si è peraltro puntato sui vitigni autoctoni di queste colline. Il percorso di visita e la distribuzione degli spazi è stata studiata dallo Studio Hydea di Firenze, mentre le residenze artistiche sono messe a punto con il supporto di Galleria Continua, potenza nel mondo dell'ar te nata nel piccolo centro di San Gimignano ed espansasi con più satelliti in giro per il globo. Il primo artista ospite è stato il cameru nese Pascale Marthine Tayou (Yaounde, 1966). A Bolgheri, nella Costa degli Etruschi (sempre in Toscana), da Le Macchiole, di cui è titolare Cinzia Merli, sono stati promossi molti progetti la cui de

clinazione è la street art. Le prime contaminazioni sono iniziate nel 2009, in occasione del ventennale della creazione di Paleo Rosso, vino simbolo della cantina. È stato chiamato il fotografo Maurizio Gjivovich per realizzare degli scatti d’autore a venti personaggi, le cui storie hanno rappresentato il forte legame tra Paleo e Bolgheri. Al murales di Gionata Gesi, alias Ozmo, realizzato nel 2018 e po sto sulla parete nord della cantina è seguito l'intervento, sulla parete ovest, dell'artista Fabio Schirru, in arte Tellas. Nella terra nota in antichità come Trinacria, invece, è Planeta a promuovere il proget to Viaggio in Sicilia che dal 2004 offre ospitalità, proprio durante il periodo della vendemmia, a pittori, fotografi e scrittori, italiani e stranieri, «per guidarli attraverso le contrade» scelte per le vigne del la cantina, in una sorta di residenza nomadica. A maggio 2022 ha inaugurato infatti la mostra Coppe di stelle nel cerchio del sole, il cui titolo ricalca i versi del poeta arabo Ibn Al-Qattâ. Si tratta della seconda parte della nona edizione del progetto; la prima, nell’otto bre del 2021, ha visto coinvolti in una sorta di pellegrinaggio per la regione gli artisti emergenti Bea Bonafini, Gili Lavy, Emiliano Maggi, Diego Miguel Mirabella, accompagnati dal fotografo Matteo Buonomo e dalla scrittrice Chiara Barzini. Quali sono state le tappe? Le sei tenute dell’azienda: Ulmo a Sambuca di Sici lia, Dispensa a Menfi, Dorilli a Vittoria, Buonivini a Noto, Feudo di Mezzo sull’Etna e La Baronia a Capo Milazzo. Tantissime altre realtà sparse nella Penisola sono ancora da menzionare e appro fondire, questo era solo un piccolo assaggio per stuzzicare il vostro appetito, alla ricerca delle raffinatezze e delle varietà che suggellano il fortunato sodalizio tra arte contemporanea e maison del vino.

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COLLEZIONISTI DI VITA

Afine ottobre Finarte batterà all’asta una collezione unica di Barolo Borgogno: vini al posto di opere d’arte, perché la storia non passa solo attraverso quadri o libri, segue anche la strada del nettare di Bacco. Vini battuti all’asta alla stregua di tele d’autore, cantine come biblioteche antiche, fondi d’investimento che annoverano nel loro portafoglio storiche aziende del settore.

Spesso è più facile capire un collezionista d’arte che uno di vini, perché godere di un cru significa vivere un’esperienza sensoriale che passa per la sua degustazione. Il vino va consumato, e quella sarà l’unica volta in cui la specifica opera d’arte verrà resa fruibile, goduta veramente da qualcuno.

In Toscana e Trentino si trovano due cantine che non custodi scono solo bottiglie, ma la filosofia di chi le cura. Uno, Antonio Michael Zaccheo, si definisce un vinaio, l’altro, Michil Costa, un oste; in realtà sono due collezionisti di vita. E di vino.

L’archivio enoico di Carpineto costituisce un compendio storico che non è solo una summa del passato né un “magazzino”, ma un’opportunità, un servizio per chi vuole godere di proposte privi legiate. Una cantina tra le più fornite, con un gran numero di an nate storiche, comprendente Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello, Super Tuscan Fondata nel 1967, la Carpineto è tra le top 100 di Wine Specta tor. Tra i clienti che amano sorseggiare le loro specialità Bill Gates e Céline Dion

L’idea di realizzare un archivio - che conta circa 100mila bottiglie - venne ai fondatori, Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo. Iniziarono conservando le annate più prestigiose, non ché quelle più premiate («male che va - si dissero - ce le beviamo noi»). È ancora questo lo spirito che anima la seconda generazio ne, con Antonio Michael Zaccheo in testa, che gira il mondo per incontrare buyer e fare degustazioni, ma poi ha bisogno di tornare a casa, tra i suoi appodiati.

«La particolarità del nostro archivio è quella di non avere vini di un solo produttore o di una sola denominazione, ma di spaziare in tutto il panorama toscano delle denominazioni storiche. Contiene capsule del tempo toscane. Perché il vino è una capsula del tempo vivente e i vini, per la Carpineto, non saranno mai pezzi da museo. Oggi si parla tanto di collezionismo, ci sono fondi di investimento che si occupano di etichette prestigiose, ma il nostro obiettivo non è mai stato quello. Quando Sacchet e mio padre dissero “male che va ce le beviamo”, lo fecero perché il vino, per loro, andava bevuto. Con grande piacere e amore».

«Le bottiglie - prosegue - rappresentano la nostra storia Alcune sono particolari, tipo la prima bottiglia di classico riserva del 1967. Il vino è vivo, ha un inizio e una fine. E c’è un tempo giusto per berlo. Se non si beve, muore senza gloria. Una bottiglia di quelle speciali, importanti, si accompagna alle persone giuste, al piatto giusto. In alcuni casi ho bevuto cuvée talmente pregiate che ne ho conservato le bottiglie nella mia collezione privata, per ché mi ricordano l’emozione che ho provato nel bere il vino che contenevano».

Molti clienti hanno la passione del vino, altri lo vedono più come uno status symbol, «come quella volta in Cina, con un magnate Carpineto, I tre Supertuscan

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Carpineto, Vigneti di Montepulciano

di Pechino. Mi ha invitato a bere uno Chateau particolarmente costoso, ma nei calici veniva grattato tartufo. Un vino da migliaia di dollari a bottiglia col tartufo dentro. Il vino è cultura. Poi c’è chi pensa che mettendo una cosa buona una dentro l’altra, si ottenga un prodotto ancora più buono. Purtroppo per alcuni è davvero solo uno status symbol».

Un altro modo di collezionare è quello di Michil Costa. Nel suo Hotel La Perla, a Corvara in Badia, si nasconde un gioiello an cora più prezioso, un hotel che non ha clienti, ma ospiti, e possiede una grande anima: Mahatma, cantina che contiene un mauso leo. Perché anche il vino fa parte della sua Heimat. «Heimat è un concetto molto intimo che va al di là del concetto di patria. Non esiste una traduzione. È una sensazione, un modus vivendi, un senso di appartenenza.

Qualcosa di estremamente personale, che coinvolge tutto ciò che ci circonda: luoghi, persone, modi di vivere». E, perché no, anche il vino, in una cantina che supera le 27mila bottiglie e contiene un labirinto, una via verso la conoscenza. Quello del La Perla è dedi cato al Sassicaia, con tanto di cripta centrale dove è custodita la storica bottiglia del 1969 della tenuta San Guido.

«È un gioco da grande appassionato di vini, da persona che è sem pre andata alla ricerca dell’estrema qualità, e come qualità non intendo solo quella olfatto-gustativa, ma del vivere la vita. In quel labirinto bisogna districarsi e alla fine si arriva alla perfezione, cioè la prima bottiglia di Sassicaia. Prodotta per la geniale intuizione del Marchese Incisa della Rocchetta. Il suo posto, centrale, non le spetta solo per la qualità, ma per lo spirito di ricerca e per il coraggio di fare il vino dove nessun altro aveva mai osato prima. Per la capacità di inventarsi una cosa nuova, come Andy Warhol con la pop art e Arnold Schönberg con la musica dodecafonica tonale. Dopo sono capaci tutti. Percorrere delle vie che nessuno ha percorso prima di te: questa è la genialità di alcuni uomini». «Mahatma è il nome che ho dato alla mia cantina. È la grande anima dell’universo, ma richiama anche Gandhi, la “grande ani ma” - appunto - di questo piccolo, immenso uomo che, con azioni gentili e però molto determinato, riusciva a convogliare le masse verso una strada fatta di verità e bellezza. Puoi avere una grande anima anche se hai una voce flebile, se sei una persona minuta, e riesci comunque a cambiare il mondo. Nella mia cantina ho volu to unire le mie passioni, vino e musica. Perché per me il vino è vita. Si evolve, non è una cosa statica. C’è in esso il lavoro dell’uomo, la creatività, l’arte. C’è il contatto con la terra. Quello che mi lega al vino è un rapporto intimo».

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Mahatma wine cellare hotel La Perla ph. copyright Debora Dellosto Mahatma wine cellare ph. copyright Gustav Willeit Mahatma wine cellare ph. copyright Gustav Willeit

CERETTO: L’ARTE DI VALORIZZARE UN TERRITORIO intervista

Quella della famiglia Ceretto è una storia di nobili vini, di tre generazioni dedite all’eccellenza e del loro amore sconfinato per il territorio delle Lan ghe, che coltivano in modo sostenibile e dal 2015 con certificazione bio. Nell’intervistare Roberta Ceretto, Presidente e Responsabile Comunica zione dell’omonima azienda vitivinicola, un’altra storia si affaccia alla mia mente: un’antica leggen da persiana che ha per protagonista proprio una donna. Oggi, peraltro, si parla molto di empower ment femminile e di certo le donne sanno il fatto loro anche in ambito enologico. Si racconta che, 4.500 anni fa, il re Gilgamesh cercasse un rime dio per sfuggire al destino di caducità mortale che incombe su ogni essere umano, finché incontrò Siduri, un’ostessa sacra che viveva in un vigneto. Siduri placò l’ansia esistenziale del sovrano con un calice di vino, emblema dei piaceri della vita. Non a caso, il Barolo viene definito da molti “il re dei vini”. Invito Roberta a condividere le sue opinioni con i lettori di Manintown.

Roberta, siete ambasciatori delle Langhe. Ceretto ne racconta non solo la grande tradizione enologica e culinaria, ma anche la storia e la cultura. Questa valorizzazione del territorio passa per il mecenatismo artistico e innesca poi un give back per l’intera zona e la sua comunità, esatto?

La nostra attenzione all’arte è pura passione, per certi aspetti quasi un po’ folle: tanti nella nostra condizione, invece di realizzare un’opera d’arte, magari preferirebbero investire nell’acquisto di una vigna. Tuttavia, la mia famiglia è sempre stata molto attenta al territorio. Dai tempi di mio padre e mio zio [Bruno e Marcello Ceretto, ndr], sul territorio abbiamo selezionato vigneti straordinari in posizioni privilegiate, per creare vini sempre migliori. La valorizzazione del territorio, infatti, s’inserisce in quel percorso che da decenni a questa parte si focalizza sulla qualità del vino: le Langhe sono così curate anche perché coltivare la vite in un certo modo agevola il nostro stesso lavoro, la qualità dei prodotti. Tuttavia, non c’è solo il valore di questi ultimi, ma un discorso più ampio, che adesso viene finalmente preso in considerazione, sotto l’effetto del crescente interesse da parte del turismo nazionale e internazionale. Noi l’abbiamo intuito fin dall’inizio. Quando clienti, agenti e amici venivano a farci visita, eravamo stupiti dal loro stupore. Così, abbiamo cominciato a percepire la bellezza di queste colline attraverso i loro occhi, cogliendone il desiderio di permanere sul territorio, che, oltre alle attrazioni della tavola e della cantina, può intrattenere ulteriormente i visitatori grazie alla cultura e all’arte.

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Una scelta lungimirante e peraltro in linea con l’attuale centralità dell’experience anche nell’ambito dell’alta gamma, non trova?

Credo sia naturale per un produttore di vino. In fondo, il vino ha cambiato un po’ la sua veste. Se in passato era un alimento, ovvero una componente del pasto che dava energia, adesso assume un aspetto più edoni stico e s’inserisce quindi in un contesto esperienziale. Quando ho iniziato a lavorare, nel 2000, c’era una massiccia richiesta da parte delle persone di venire a vedere come lavoravamo. Abbiamo quindi aperto le cantine e le abbiamo arricchite di contenuti artistico-culturali, per rendere la visita più memorabile.

E che contenuti. Nel suo libro Epistenologia. Il vino come filosofia, Nicola Perullo afferma che il vino pone in relazione, ovvero predispone alla consapevolezza, alla conoscenza e alla comunicazione. In effetti, ha una componente intrinseca, come l’analisi sensoriale del profilo aromatico, ma altrettanto importante è la componente estrinseca, ovvero la sua cultura. È un’esperienza che va ben oltre la degustazione. Ceretto sembra coniugare perfettamente queste due anime del vino…

Del resto, il Barolo non è un vino immediato, perlomeno non nell’immaginario collettivo. Vent’anni fa si portava addosso il fardello di essere considerato un cru inaccessibile, inarrivabile, mentre è un vino che va solo inserito nel corollario giusto. Per le nostre etichette abbiamo cercato di creare un ambiente che favorisse la loro narrazione, così come quella delle loro origini. Perché, se cresce il territorio, in maniera consequenziale cresce anche il tuo prodotto. Così, abbiamo cercato di arricchire il nostro territorio per renderlo contemporaneo e condivisibile, senza però sminuire le nostre radici.

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L’Acino (Studio Architetti Deabate) sospeso sulle Langhe nella tenuta Monsordo, quartier generale Ceretto | @MSpironetti Gli interni del ristorante Piazza Duomo, affrescati da Francesco Clemente | @LCigliuttia

Senza dubbio le vostre opere artistiche site-specific sono un dono simbolico al territorio delle Langhe, con cui instaurano una sorta di dialogo. Si può disquisire all’infinito se la creazione di un vino sia o meno una vera e propria opera d’arte. Secondo Kant, il giudizio estetico è contemplativo, non pratico. Il vino è apprezzabile a livello sensoriale, ma non lo si contempla. Tuttavia, resta il fatto che vino ed arte sono territori affini. Proprio come l’arte, il vino è un trigger di emozioni, ricordi, sensazioni immaginifiche. Che ne pensa?

Vivo direttamente questo rapporto con l’arte e penso che alla fine i due mondi parlino davvero un linguaggio simile. È raro che una persona scevra da conoscenze in materia apprezzi appieno un’opera d’arte contemporanea o moderna. L’arte emoziona, ma, per capirla a fondo e andare oltre il primo livello di decodifica, è necessaria una formazione. In un certo senso, è ravvisabile un parallelismo con l’appassionato intenditore di grandi vini. Come un’opera contemporanea, un Barolo suscita quasi timore in chi ha appena iniziato un percorso di formazione in ambito enologico, che deve ancora approfondire, frequentare le degustazioni, conoscere i produttori... Tutto ciò va al di là dell’apparenza, della sensazione. Certo, rispetto a un’opera d’arte, è coinvolta una componente palatale-gustativo-olfattiva, ma tendenzialmente esiste un’analogia. Ecco perché sia l’arte che il Barolo permettono di andare nel profondo dell’esperienza di un territorio. Lo riscontro nella mia quotidianità: rendere disponibili creazioni artistiche per comunicare le Langhe in maniera alternativa è entusiasmante, non tanto per il mero gusto personale di collezionarle, ma soprattutto per un discorso corale di condivisione con la comunità. D’altra parte, abbiamo voluto approfondire il territorio anche in ambito culinario, nell’ottica di creare un punto di riferimento, non necessariamente della cucina di Langa, ma tale da trasformare la visione della cucina locale, facendo parlare del territorio stesso. L’esempio di Enrico Crippa [chef tristellato, fondatore insieme ai Ceretto del ristorante Piazza Duomo e della trattoria tradizionale La Piola, entrambi ad Alba, ndr] è stato straordinario: adesso nelle Langhe ci sono più di ventisei stelle, che hanno intuito le potenzialità di raccontare il territorio e le sue eccezionali materie prime attraverso prospettive diverse, con un’altissima percezione della qualità.

C’è qualche aneddoto curioso sugli artisti con cui avete collaborato?

Ogni artista è diverso, ma un aneddoto divertente è il modo in cui abbiamo ingaggiato Sol LeWitt e David Tremlett per la realizzazione della Cappella del Barolo a La Morra, che poi è diventata un luogo iconico, visitato ogni anno da 100.000 persone per un selfie nelle vigne. Ebbene, abbiamo offerto ai due artisti una bottiglia di Barolo per ogni settimana della loro vita. Con gli artisti, si crea spesso un’alchimia magica. Siamo riusciti a portare nelle Langhe anche Marina Abramović e Anselm Kiefer. Tuttavia, nonostante una mostra sia meravigliosa, per noi è importante costruire qualcosa che rimanga, che crei una sorta di itinerario artistico-culturale sul territorio, in modo che tutti possano emozionarsi e goderne. Forse, quest’atteggiamento è un retaggio contadino.

Lo trovo molto attuale, anche in rapporto alle abitudini della Gen Z, che tende ad allontanarsi dai luoghi istituzionali dell’arte, come musei o gallerie, per adottare modalità di fruizione più digitali e al contempo personali. In fondo, per certi versi si è curatori del proprio profilo social. Ceretto è all’avanguardia pure nell’architettura. Ha investito in progetti tanto futuribili quanto emblematici: penso alla spigolosità tannica de Il Cubo e alle morbide linee de L’Acino, inserito in perfetta armonia nel paesaggio collinare circostante. Progetti audaci, ma anche visionari. Riflettono il Dna del brand Ceretto?

Le architetture sono state una necessità, nel senso che avevamo bisogno di ampliare o migliorare le cantine. Abbiamo optato per l’estremamente moderno e quest’intuizione è stata premiante. D’altronde, fin dagli anni ‘80 siamo sempre stati molto attenti al design, anche per quanto riguarda le etichette dei vini, a partire dal Blangé. Dei due fratelli, mio padre era l’anima commerciale e, al tempo, ha deciso di puntare sull’exploit del Made in Italy in tutto il mondo; a pensarci bene, lo spiccato senso estetico è insito nello stile di vita italiano.

Un’innata eleganza si cela anche in Roberta Ceretto. L’ascolto assorta mentre mi racconta che l’indomani volerà a New York per un progetto artistico a cui lavora da tre anni, visto che la pandemia ha rallentato tutto, oppure mi confida che intrattiene una sorta di corrispondenza epistolare con Jasper Johns, che le piacerebbe tanto realizzare qualcosa con lui, ma teme che, data l’età, purtroppo non sia possibile portarlo nelle sue amate Langhe. Intanto, penso che Siduri sarebbe fiera di lei e della sua passione.

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Il Cubo, progettato dagli architetti Luca e Marina Deabate, Cantina Bricco Rocche | @MSpironetti La PiolaPiatti d'artista | @LCigliutti “Ovunque proteggimi” di Valerio Berruti | @SSpadoni La Cappella del Barolo, reinterpretata nel 1999 da Sol LeWitt e David Tremlett | @MSpironetti

ETICHETTE D’AUTORE, QUANDO LA BOTTIGLIA DIVENTA UN’OPERA D’ARTE

di Giorgia Basili

L'etichetta del vino ci riporta alla cantina di riferimento, ci offre un saggio di ciò che troveremo una volta stappata la bot tiglia e portato alle labbra il calice. Insieme alla silhouette e al design della bottiglia, ha dunque il complesso compito di catturare lo sguardo, attrarre il consumatore con una storia, una premessa o forse una promessa. Il vino sa soddisfare il palato, risvegliare ricordi tramite i suoi aromi; la label, oltre a stuzzicare la fantasia, può introdurre al piacere della degu stazione e dell’atto conviviale. Per questo le cantine che commissionano ad artisti le loro etichette sanno di acquisire una marcia in più. C'è anche una definizione specifica, ad opera dell’Associazione Italiana Collezionisti Etichette Vini: «Sono piccole colle zioni perché tutto sommato sono dei piccoli, modesti pezzetti di carta, ma allo stesso tempo grandi, perché raffigurano celebri capolavori d’arte, che sempre più spesso abbelliscono le bottiglie di vino sulle nostre tavole». Ma quali sono le cantine che hanno alimentato questo concordato tra étiquette e artisti? Scopriamole insieme.

Cantina Château Mouton Rothschild

L'azienda pioniera, che ebbe l'intuizione che un sodalizio tra arte e vino potesse essere congeniale, fu la francese Château Mouton Rothschild. L’idea di creare speciali etichette venne al barone Philippe de Rothschild. Il progetto subì un'iniziale battuta d'arresto a causa dell’invasione nazista durante la Seconda Guerra Mondia le. Il barone venne costretto ad abbandonare la Francia ma, una volta rientrato, ingaggiò Philippe Jullian: l’annata del 1945 si caratterizzò così per la “V”, omaggio alla vittoria di Churchill. Chi ha realizzato l'etichetta del 2019? Olafur Eliasson, che tratteggia una rappresentazione astratta della cantina: divide lo spazio in due sezioni (il giorno e la notte) e ritaglia al centro, in cut-out, una forma sferica che ha la funzione di catturare colori e riflessi dello Château Mouton Rothschild all’interno della bottiglia; le ellissi che attornia no la sfera simboleggiano il cammino del sole intorno al pianeta.

Cantina Tommasi

Proprio pochi giorni fa Tommasi ha celebrato 120 anni con la Limited Edition dell'Amarone della Valpolicella 2017. Ha de ciso di festeggiare il traguardo con una collaborazione speciale: la rinomata azienda di design Seletti ha firmato la label in porcellana e un packaging originale.

Cantina Ornellaia

Vendemmia d’Artista prevede in ogni cassa di Ornellaia (con tenente 6 bottiglie da 750 ml) una bottiglia con un’etichetta ideata da nome di spicco dell’arte e un’edizione limitata di 111 bottiglie grande formato, tra Double Magnum, Imperial e Salmanazar, nu merate e firmate personalmente dall’artista. Il progetto culmina con un'opera site specific per la tenuta, che si ispira sia al carattere dell’annata sia al luogo in cui si trova la cantina, «seminascosta ai piedi delle colline nei pressi di Bolgheri». Luigi Ontani è stato scelto per interpretare L’Esuberanza di Ornellaia 2006, la prima edizione del progetto partito a maggio 2009. Da allora, ogni anno, un autore contemporaneo firma un’opera e una serie di etichette in

edizione limitata, traendo ispirazione da una parola scelta dall’eno logo che descrive il carattere della nuova annata. Il progetto è giunto ormai alla 14esima edizione. Nathalie Djurberg e Hans Berg sono stati scelti per interpretare Il Vigore di Ornellaia 2019, «l’energia della crescita nelle piante». Il coinvol gimento del duo è stato su più fronti: hanno creato un artwork per la tenuta, le etichette per una serie limitata di bottiglie in grande for mato e una label per esprimere il carattere dell’annata in ogni cassa di Ornellaia. L’argentino Tomás Saraceno, invece, ha interpre tato il carattere Solare di Ornellaia 2017, «esortandoci a riflettere sull’impatto che le nostre azioni hanno sul pianeta». Prima di lui era stata coinvolta Shirin Neshat, attivista e femminista iraniana. La cantina non si è lasciata sfuggire alcuni dei nomi più influenti del mondo dell'arte: tra gli altri William Kentridge, Ernesto Neto, John Armleder, Rodney Graham, Michelangelo Pistoletto, Zhang Huan che si è ispirato a Confucio, la sublime Rebecca Horn

Cantina Nittardi

Passiamo ai sapori forti del Gallo Nero, con la cantina Nittardi, adagiata sui dolci declivi di Castellina in Chianti. In verità si tratta di un luogo molto antico, dove il sodalizio con l’arte ha un solido precedente che risale al 1549, quando l’azienda divenne proprietà di Michelangelo Buonarroti.

Stefania Canali, la proprietaria, racconta di come l’idea, condivisa con Peter Femfert, sia nata dalla congiunzione fortunata, nell’or mai lontano 1981, col pittore Bruno Bruni. Da quel momento si è formata una vera e propria tradizione, con la commissione annuale a un nuovo artista che dà la sua versione del Chianti Classico Casanuova. Ad ognuno, inoltre, viene chiesto di realizzare la pregiata carta-seta che avvolge la bordolese, realizzando quindi un totale di due opere. Alcuni dei nomi che si sono alternati ne gli anni? Emilio Tadini, Valerio Adami, Yoko Ono, Pierre Alechinsky, Hsiao Chin, Eduardo Arroyo, Mimmo Pala dino.

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L’ultimo ad essere stato chiamato in causa è Fabrizio Plessi, che per l’annata 2019 (sul mercato nel 2021) ha optato - secondo il suo stile - per una superficie dorata. Nittardi si espande su 160 ettari, 32 sono a vite: 15 ettari nel Chianti, a Castellina, altri 17 in Maremma.

Cantina Caprai

L’azienda di Arnaldo Caprai ha promosso più progetti di natura ar tistica. Con Caprai4Love Sagrantino ha scelto di riservare parte del ricavato delle vendite al restauro, sposando la sostenibilità socia le e territoriale. Dal 2013, l’edizione limitata di alcuni vini ha per messo di restaurare diverse opere ospitate dal Museo San Francesco di Montefalco. Si punta quindi sulla valorizzazione del territorio, per «restituire un dividendo sociale alla comunità dove si produce il rinomato vino DOCG Montefalco Sagrantino».

#CAPRAI4LOVE 2019 ha celebrato il 700° anno della morte del Sommo Poeta. L’etichetta è stata ideata dal canadese Rick Rojnic (2018) che si è ispirato, reinterpretandolo, al ritratto di Dante inclu so nel ciclo di affreschi Storie della vita di San Francesco, opera del 1452 di Benozzo Gozzoli, conservata nel Museo di Montefalco, cui l'artista era legato.

Il Sagrantino Docg Cinquant’Anni, invece, ha celebrato un importante anniversario per l'azienda nata nel 1971, quando Ca prai acquistò la tenuta Val di Maggio con soli tre ettari di vigneto (oggi sono ben 170). La Special Edition 2016 del Montefalco Sagrantino, composta da 2400 bottiglie, si è infatti aggiudicata un rivestimento prezioso affidato al romano Paolo Canevari, che ha realizzato una silhouette in foglia d’oro zecchino. L'artista, noto a livello internazionale, ha voluto così richiamare la tradizione pitto rica medievale dei fondi oro. Il design minimale ed elegante riman

da, di nuovo, a un dipinto di Gozzoli, il Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria (1466).

Per la messa a punto dell'opera, Canevari si è avvalso dell’exper tise degli artigiani fiorentini di un'antichissima bottega, la Giusto Manetti Battiloro, nata nel 1600. Le bottiglie sono destinate ad in vecchiare fino ad altri trent’anni, grazie ad una vinificazione inte grale suggerita dall’enologo Michel Rolland.

Cantina Roero

Le etichette del Roero Docg Bianco e Rosso sono opera dell’ar tista braidese Feny Parasole, cresciuta proprio nel Roero, insigni ta del Premio alla Carriera a Montecitorio e inserita nell’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini. I cuori con cui ha invaso la superficie a disposizione rappresentano «l’emozione semplice e profonda che scaturisce nel degustare i vini, capace di trasportarci in un viaggio sensoriale nel vigneto situato tra le colline, rappresen tate dalle linee, luogo in cui tutto ha avuto origine». Sulle etichette del Roero Docg Bianco Riserva e Rosso Riserva spicca invece un filare di vite, ad evocare un antico vigneto «alleggerito dalla dinami cità del vento che lo spettina».

La tecnica per l'opera originale è mista, ha lavorato sulla base a inchiostro con il tratto grafico e gli acquerelli. Responsabile del pro getto grafico è Barbara Facchin dello studio torinese Labelcinque. Anche i colori rispondono, precisa, a un’urgenza di connessione col territorio: «il bianco del tufo, tipico dei terreni del Roero nel quale la tradizione contadina usava scavare a mano cantine sotterranee per custodire i preziosi vini imbottigliati; l’azzurro dell’acqua del golfo padano - un mare interno che occupò l’area del Roero fino a circa due milioni di anni fa - e del fiume Tanaro, la cui cattura ne

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Etichetta Avius, Cantina Dune Bianche Francesca D'Andrea Etichetta Rosa, Donnafugata e Dolce&Gabbana Etichetta Amarone della Valpolicella, Tommasi di Seletti Etochetta Bell’Assai, Donnafugata di Stefano Vitale

plasmò il territorio, il verde delle vigne, il giallo paglierino e il ros so rubino dei vini di questa terra».

Cantina Donnafugata

Nel 1994 l’incontro casuale tra Stefano Vitale e Gabriella Anca Rallo, che insieme al marito Giacomo aveva fondato la casa vinico la Donnafugata, segnò l’inizio di una lunga avventura condivisa. In oltre vent’anni, Vitale ha disegnato altrettante etichette per la cantina. Bell’Assai 2021 mostra, ad esempio, una figura femmi nile in un turbinio di foglie, chicchi d’uva e brezza marina, mentre Floramundi (Cerasuolo di Vittoria DOCG) una giovane corazzata d’oro con enormi orecchini a mandala e una fascia-diadema intrec ciata d’arcobaleno che, allargando le braccia, sembra far lievitare due girali di cuori, ghirlande, arabeschi. E ancora, Anthìlia sfoggia una donna sognante botticelliana su sfondo blu.

Importante anche la collaborazione con Dolce&Gabbana. Prima Tancredi 2017 Edizione Limitata, il rosso rubino proveniente dalla Tenuta di Contessa Entellina che «unisce note di frutta rossa, gelso e mirtillo a note balsamiche e a delicati sentori di liquirizia e tabacco dolce», poi Rosa - un inedito vino rosato, dalla personalità fruttata e floreale.

Cantina Castellare di Castellina con i Sodi di San Nicolò Fondata nel 1977 in Chianti Classico, la cantina Castellare di Castellina ha deciso di trasformare, sin dalle origini, l’etichetta de I Sodi di S. Niccolò in una piccola gemma artistica, affidando alle illustrazioni dell’ornitologo e naturalista britannico John Gould il compito di far brillare la bottiglia. Inoltre, per festeggiare i qua rant’anni di vendemmie del cru, si è deciso di porre a corredo un volume che contiene una raccolta dei suoi disegni di volatili, 40 per l’esattezza, come le annate.

Cantina Masciarelli Masciarelli Tenute Agricole nasce nel 1981 a San Martino sulla Marrucina, piccolo paese collinare a sud di Chieti. Dal 2008 è la moglie di Gianni Masciarelli, Marina Cvetic, insieme alla figlia Mi riam Lee Masciarelli a guidare l'azienda, una delle punte di diaman te tra i vini abruzzesi. Per celebrare i quarant’anni dalla fondazione è nato Masciarelli Art Project, format di residenza che preve de di ospitare ogni anno uno o più artisti visivi. A dargli il la, Job Smeets, designer ironico-concettuale e fondatore di Studio Job, duo formato da lui e Nynke Tynage Alla fine della residenza al Castello di Semivicoli è nata l’installazione The Harvest e un’etichetta, disegnata a mano in ogni dettaglio, per il Montepulciano d’Abruzzo Riserva Villa Gemma. Vi com paiono elementi come il cinghiale, la rosa e la croce. Il Villa Gem ma, che nasce da uve 100% Montepulciano, prevede abbinamenti gourmet con cioccolato, formaggi stagionati, selvaggina.

Cantina Loredan Gasparini È dal 1964 che il Conte Loredan realizza la riserva speciale del Rosso di Venegazzù, derivata dall’originario vigneto “cento piante” con uve Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Malbec. Questa riserva è presto diventata l'icona della cantina Loredan Gasparini. Nel 1967 l’artista Tono Zancanaro ha dedi cato alla Riserva Capo di Stato due opere, metafora del maschile (il vino) e del femminile (l’uva); parliamo delle due etichette Des Roses pour Madame e … pour Monsieur la Bombe. Il Capo di Stato (che nel 2011 ha ottenuto la medaglia d’Oro al Merano Wine Award) deriva il suo particolare nome dal fatto che, tra i primi seguaci del cru, vi fossero politici come il presidente Charles de Gaulle.

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Etichetta Musa, Cantina Dune Bianche Francesca D'Andrea Etichetta Lunatico, Cantina Dune Bianche Francesca D'Andrea Etichetta Insanis, Cantina Dune Bianche Francesca D'Andrea

Cantina Pasqua

In Veneto, la famiglia Pasqua punta sull'arte a carte scoperte. Per suggellare la sua creatività ha scelto di condividere un vero e proprio Manifesto, incaricando l'artista italiano Giuseppe Ragazzini di concepirlo. Pasqua House of the Unconventional, svelata l’11 febbraio 2021 in piazza delle Erbe a Verona, descrive l’anima innovativa della cantina, la sua visione del futuro, il suo le game con la storia. Per le 7000 bottiglie dell'Amarone della Val policella 2013, Limited Edition Labyrinth, ha invece coinvolto Giorgia Fincato, giovane artista veneta. Il risultato? Un'etichetta serigrafata «che avvolge la bottiglia in un tratto continuo su più pia ni prospettici, nella quale il disegno diventa materico e si trasfigura in un labirinto».

Cantina Provinciale Laimburg

L’artista altoatesino Robert Bosisio si è occupato del restyling del le etichette per le linee Vini del Podere e Selezione Maniero della Cantina Provinciale Laimburg (Bolzano). I colori e le sfumatu re sono stati declinati per richiamare i rosati e ambrati paesaggi delle Dolomiti, come pure le palpitanti atmosfere tonali dell’Alto Adige.

Cantina Tomaresca

Ottenuto con uve Negroamaro in purezza, Calafuria è il rosato salentino di Tormaresca. Vanta una tonalità simile a quella dei petali di rosa e un profumo intenso, «con note fragranti di pom pelmo rosa, pesca e fragranze floreali di viola». Con l’annata 2016, la magnum di Calafuria sfoggia l’etichetta disegnata dall’artista Valeria Petrone

Le Tenute Olbios

La bottiglia di Cangrande.17 di Tenute Olbios riproduce sull’etichetta l’opera Wolf like me di Andrea Ambrogio, in arte Gemello, rapper e artista romano. Il vino, viene spiegato, «al naso regala sensazioni nette ed intense di fiori rossi, di ciliegie, more e ribes, di cannella e vaniglia», mentre «in bocca è fresco e sapido, ma allo stesso tempo morbido, dai tannini ben torniti. Stupisce per la

Etichetta The Harvest, Montepulciano d’Abruzzo, Masciarelli di Studio Job

finezza degli aromi, eleganza dovuta all’esperta mano dell’enologa e titolare della cantina Daniela Pinna, che porta avanti la tradizione vitivinicola di famiglia con passione, dedizione e continua ricerca dell’eccellenza».

Cantina Dune Bianche

La cantina Dune Bianche in Basilicata incarna l'anima bio con i natural wine di Giampiero Diruggiero: via i solfiti, via il control lo della temperatura, niente chimica, affinamenti ed assemblaggi audaci. Per Insanis, Malvasia Bianca di Basilicata, macera ta per 130 giorni, Diruggiero si è affidato all'illustratrice e pittrice Francesca D'Andrea, che descrive il suo intervento come un «modo di rappresentare la Lucania: quella vera, cruda e schietta. Lontana dallo sfarzo e dalle luci del barocco. Una spremuta della mia terra in acciaio, ottenuta senza l’utilizzo dei raspi. La voglia di raccontare le cose da un’altra prospettiva, senza la pretesa di ave re ragione ma ricercando sempre la verità». Nell'immagine da lei concepita vediamo un equilibrista che incede su un filo, sospeso nel vuoto, quasi volante sulle montagne lucane. Gli altri vini per i qua li l'artista ha lavorato sono Musa (Moscato e Malvasia) e Lunatico (Sangiovese).

Champagne Veuve Clicquot

La bottiglia de La Grande Dame di Veuve Clicquot in vetro nero, con la sua etichetta gialla, è stata impreziosita da pois neri, a simboleggiarne le bollicine. A disegnarla, l’artistar giapponese Yayoi Kusama che, oltre alla label, ha firmato l’astuccio dello Champagne La Grande Dame 2012 e realizzato una piccola opera in 100 esemplari, My Heart That Blooms in The Darkness of The Night; frutto di 250 ore di lavoro, è composta da un vortice floreale che racchiude simbolicamente il volume della cuvée.

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Etichetta Il Vigore, Ornellaia di Nathalie Djurberg e Hans Berg

VINO, UN VIAGGIO ATTRAVERSO I SENSI

INquesto numero leggerete molto dell’intrinseco legame che unisce il mondo dell’arte e quello del vino, scrivo, quindi, per darvi la mia personale visione di questa connessione, sperando di incuriosirvi. L’arte assume innumerevoli forme di espressione ed è sempre stata alleata dell’uomo, una forma di evasione sia per gli artisti che per i contemplatori delle loro opere. Le classiche arti figurative accademiche hanno svolto fun zioni religiose e contemplative. Nel lungo cammino della storia, dunque, c’è stata una continua evoluzione, sino ad arrivare alle più moderne e innovative installazioni artsy. Oggi le forme artistiche sono varie: creatività, profondità e maestria danno vita a un mondo ricco di espressioni diverse, che portano chi ne fruisce a sognare, ad andare oltre. Questo perché l’arte non dev’essere più solo contemplata, ma vissuta: arte è vivere un’esperienza. La stessa storia del cinema, con l’arrivo delle cineprese, dei suoni e dei tagli, esemplifica la volontà di trasportare lo spettatore in un’altra dimensione, tramite il coinvolgimento di più sensi oltre alla vista. La fotografia d’autore vuole spesso gridare un’emozione con un messaggio apparentemente solo visivo: più è potente la carica emotiva, più chi osserva sentirà qualcosa, oltre a vedere. E ancora, la storia della musica ha il potere di farci viaggiare in luoghi lontani e nel tempo rimanendo fermi, mostrando come si possa vedere molto pur ad occhi chiusi.

Nella mia fruizione da appassionata di arte, il fil rouge è chia ramente l’edonismo. Facciamo un salto indietro nel tempo fino all’antica Roma: nella religione romana, dall’unione del dio Giove con la mortale Semele nacque Bacco, semidio promosso a divini tà dal re degli dei per aver inventato il vino. Questo personaggio pittoresco è noto a tutti come dio del vino e della vendemmia, nonché del piacere, dei sensi, del divertimento. Ecco, gli antichi romani avevano già colto l’essenza del vino, quel matrimonio dei sensi che, attraverso un liquido, trasporta in una sfera edo

nistica in cui qualsiasi atteggiamento estetico è mosso dalla ricerca del piacere, inteso come bene sommo dell’uomo. Ora, se condividete questa mia visione per cui il vino è a tutti gli effetti un’opera d’arte, vi suggerisco un’immagine più evocativa: il vino è l’organico di un’orchestra in cui madre natura e l’uomo creano una sinfonia irripetibile, la vigna il dietro le quinte, la cantina la fossa, l’enologo il direttore, il vino una sinuosa étoile, il decanter o la bottiglia il sipario, la tavola il palcoscenico. Nel momento in cui si apre il sipario sul palcoscenico, lo spettatore

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può vivere uno spettacolo unico nel suo genere, in cui si fondono specificità del momento, condivisione ed esplorazione organoletti ca. Il vino è anche la chiave di lettura più emblematica di un terri torio, della sua cultura, delle persone del luogo. Per me è simbolo del viaggio, conserva in sé un racconto che soltanto chi crea riesce a trasferire con passione al consumatore. A tal proposito, vorrei consigliare ai lettori una serie di esperienze enoturistiche da poter fare nel paese con il vino più buono del mondo, l’Italia (sono di parte, lo so). La nostra penisola conta da sola più varietà di vitigni di tutti gli altri stati del mondo messi insieme, un’informazione che può già dare un’idea della quantità di luoghi da scoprire, da nord a sud. Se a tutto ciò aggiungiamo che, negli ultimi anni, il concetto di ospitalità abbinata a contesti vitivinicoli sta avendo un’evoluzione importante, sia in termini di qualità che di offerta, vi esorto a un approccio più approfondito di questo meraviglioso settore. Il contatto con la natura, con i pro duttori e con l’enogastronomia emana un’atmosfera straordinaria e tante energie positive. Iniziamo con la Franciacorta, ideale per viaggiatori charmant, amanti delle bollicine di qualità e del relax. Si può organizzare un soggiorno a L’Albereta Relais & Châteaux, dove rilassarsi e gustare la pizza gourmet de La Fi liale di Franco Pepe. Consiglio di prenotare visita e degustazione nelle realtà locali più note come Bellavista e Ca’ del Bosco, se avrete fortuna vi capiterà di incontrare - rispettivamente - Vitto rio Moretti e Maurizio Zanella, visionari che hanno reso questa terra famosa ovunque. Entrambe le aziende hanno opere d’arte al loro interno, come l’imponente Cancello Solare di Arnaldo

Pomodoro a Ca’ del Bosco. Se doveste fermarvi per alcuni gior ni, poi, sarà spontaneo andare alla scoperta di piccole realtà vini cole emergenti come, ad esempio, 1701 Franciacorta, la prima cantina biodinamica della zona. Vi ritroverete a passeggiare tra filari di chardonnay e pinot nero con la stessa leggerezza del per lage nel bicchiere.

Per i viaggiatori che preferiscono ambienti meno blasonati, sug gerisco un passaggio lungo la costa marchigiana, dove si può al loggiare, senza troppe pretese, nell’azienda Fontezoppa, la cui proprietà è molto alla mano. Lì avrete modo di scoprire vitigni autoctoni come la vernaccia nera di Serrapetrona (il suo profilo aromatico richiama quello di un pinot noir borgognone, ma all’as saggio vi stupirà) o il verdicchio. Per quanto riguarda quest’ultimo, se siete in zona non potete non visitare Garofoli, impresa che coniuga armoniosamente tradizione ed innovazione da cinque generazioni. Se siete indecisi su dove mangiare, è d’obbligo una passeggiata al tramonto sul mare, ai piedi del monte Conero, per assaggiare i moscioli (frutti di mare, ottimi se abbinati a un buon verdicchio, appunto).

Per le persone col palato allenato, sempre in cerca di ristoranti stellati, un weekend tra Langhe e Monferrato è perfetto. Nelle prime, nonostante la bassa densità di popolazione, sono ben di ciotto i ristoranti stellati e molte le cantine di spicco. La nebbia tra le colline vitate renderà tutto più mistico. Se dovessi indicare delle cantine dove degustare ottimi barbaresco e barolo, citerei anzitutto Gaja: Angelo Gaja è stato pioniere nell’intuizione delle potenzialità e dell’unicità di questi terreni, inimitabili quanto a

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composizione e clima, dove il nebbiolo si esprime in modo subli me. La degustazione non è proprio economica, ma sappiate che ne vale decisamente la pena, fino all’ultimo centesimo, e viene tutto devoluto in beneficenza. Altra pietra miliare della zona è Conterno, un’eccellenza storica. Più abbordabili, ma con otti me produzioni, indirizzi quali Borgogno, Ettore Germano, Ceretto e Damilano. Per l’alloggio (considerato che vi auguro di spendere tutto in cibo e vino), la soluzione migliore può essere un appartamento.

Parlando ancora di ottimi rossi, ma rivolgendoci soprattutto agli appassionati di carne, scendiamo in Toscana, nel Chianti. Il panorama verde e i comuni della regione scaldano il cuore del visitatore, si respira subito aria di casa, sembra di essere dentro la sceneggiatura di un film con il migliore dei lieti fini. Il San giovese, nonostante la sua acidità, esprime tutto il suo carattere, come una bella donna dalla personalità decisa che mantiene, però, garbo e animo gentile. Si può fissare soggiorno e degustazione da Fontodi a Panzano in Chianti, non andate via senza aver aperto una bottiglia di Flaccianello, accompagnata da un taglio di carne dell’inimitabile Dario Cecchini. Un’altra chicca è sicuramente la degustazione di olio di oliva da Felsina, prodotto rigorosamente con spremitura a freddo da cultivàr toscane. Se desiderate scoprire il perché della fama di altre eccellenze regionali, basta citare nomi altisonanti come Tenuta San Guido e Ornellaia a Bolgheri, o Biondi Santi a Montalcino, che meriterebbero un articolo inte ro. Per i viaggiatori desiderosi di uno spaccato di Toscana dai pae saggi più selvatici, che non intendono però rinunciare al comfort, posso suggerire due opzioni: la Maremma, con soggiorno al resort Terme di Saturnia SPA & Golf, con visita all’azienda Podernuovo a Palazzone di Giovanni Bulgari, oppure un soggiorno a Il Borro, struttura wine estate di proprietà di Ferragamo, in cui si possono fare molte attività oltre alle degu stazioni guidate e l’organizzazione prevede meno impegno.

Nell’immaginario collettivo la wine experience è percepita come un’attività invernale. In realtà si tratta di un falso mito, che non rende giustizia alle numerose mete estive con ottimi vini bianchi autoctoni. La Costiera Amalfitana, tanto per fare un nome, attrae turisti da tutti il mondo per la sua bellezza: e se vi dicessi

che ne sono parte integrante il buon cibo e il sole di una cantina sulla costa di Amalfi da togliere il fiato? Sto parlando di Marisa Cuomo, i cui vigneti si trovano su terrazzamenti e una viticoltura “eroica” consente ai grappoli di prendere tutto l’influsso marino possibile, rendendo il Fiorduva un fiore all’occhiello per il suo bou quet aromatico. Si può prenotare un pranzo con degustazione, scegliendo tra più possibilità di menù tipici, secondo me un ottimo regalo, anche solo per passare una giornata diversa, scegliete però con cura la persona con cui condividere un posto così speciale. Infine, la Sicilia, approdata - giustamente - nell’olimpo delle ec cellenze vitivinicole riconosciute a livello internazionale; proprio per questo, vorrei parlarvi di un’area meno conosciuta per il vino, il Val di Noto. A Ispica, chiamata anche Spaccaforno dai suoi abitanti, c’è Riofavara, cantina biologica a conduzione familia re, che permette di alloggiare tra i suoi vigneti. Un posto davvero singolare per il vino, Nsajar, nato da un progetto di recupero di antiche varietà autoctone. La posizione del paese è strategica per spostarsi e scoprire tutta la Sicilia sud-orientale. Per avere un quadro completo dell’enocultura locale, consiglio un aperitivo nella loggia dell’Enoteca Val di Noto: tra mosca to bianco e nero d’Avola, avrete modo di sperimentare come, a seconda dello stile della cantina, questi vini possano esprimersi diversamente. Menzione speciale per un ristorante dove ho lascia to il cuore, davvero suggestivo, l’osteria rituale di Caro Melo a Donnalucata, forse una delle cene più sorprendenti della mia vita. Carmelo Chiaramonte è stato per molto tempo uno chef itineran te, ha una conoscenza della materia prima che non teme rivali. Vi consiglio di sedervi e lasciarvi sedurre dalla sua cucina geniale o, come direbbe lui, da “posto della gentilezza”.

Avrei molti altri luoghi di cui parlarvi, ma credo che come inizio possa bastare. Spero di avervi trasmesso anche solo la metà delle belle energie e della passione che questo mondo, a cavallo tra eno logia, cultura ed edonismo, mi regala da anni.

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intervista

VINO TRA COMUNICAZIONE E ARTE. A TU PER TU CON IL SOMMELIER E GASTRONOMO ANDREA AMADEI

Abbiamo incontrato Andrea Amadei, esperto capace di raccontare il mondo del vino tramite i media più diversi, dalla tv ai social.

Come hai coltivato e fatto crescere la passione per il vino?

È nata da bambino, all’inizio era rivolta al cibo, mi affascinava per la sua potenzialità di rappresentare un potente veicolo d’amore, o per come mangiare i piatti tipici di un luogo fosse un’esperienza imperdibile per comprenderne la cultura di posti mai visti. Con l’età ho cominciato a legare questi concetti anche al vino, mi piaceva capire perché un’etichetta si producesse in un dato territorio e fosse impossibile replicarla altrove. Una spinta me l’ha data la facoltà di scienze gastronomiche dell’università di Parma, il resto l’hanno fatto la lettura di Vino al vino di Soldati e la conoscenza dei docenti della Fondazione Italiana Sommelier, con cui a Decanter, su Rai Radio 2, abbiamo realizzati i podcast di Sommelier ma non troppo, il corso per imparare l’argomento senza troppi giri di bicchiere. Ho iniziato ad assaggiare un vino ogni volta diverso, chiedendomi in continuazione cosa lo differenziasse da tutti gli altri. È stato fondamentale per riuscire a parlare in radio, ogni giorno, di una specifica etichetta. Per sviluppare e sistematizzare le mie conoscenze, infine, ho frequentato il corso della Fondazione Italiana Sommelier.

Come sta cambiando la comunicazione in materia nell’era dei social?

Siamo in una fase di sperimentazione, abbiamo capito che la comunicazione è stata finora troppo elitaria e impostata, a tratti incomprensibile, respingente. Il vino è cultura, certo, ma anche natura, emozione, convivialità, quotidianità, e come tale dovrebbe arrivare alla gente. C’è un potenziale pubblico che ancora beve rinunciando a comprendere cos’abbia nel bicchiere, non perché non gli interessi, piuttosto non ne viene coinvolto né affascinato. Sui social network si trova di tutto, c’è chi fa copia e incolla dai vari siti e chi invece prova a semplificare il più possibile i concetti, per svecchiare la comunicazione e renderla breve, divertente. Sono queste le figure che riscontrano il maggior seguito, ma sono ancora poche, spesso hanno poca autorevolezza. Anche la fusione con altri campi emozionali sta premiando, l’accostamento di vino e arte funziona, bisogna però stare attenti a non diventare troppo cerebrali. Secondo me avrà successo chi, con un’adeguata preparazione alle spalle, riuscirà a descrivere i vini in maniera affabile e sintetica, avvicinandoli ad ambiti eterogenei. L’enologia si presta bene al paragone, dovremmo insistere su questo.

Lavori in questo settore usando media diversi, come riesci a raccontare il vino in tv e in radio?

Uno dei primi incontri che ho fatto, appena ho cominciato a lavorare a Decanter, è stato con un famoso critico enologico che, con fare supponente, mi aveva detto che era inutile raccontare il vino alla radio perché l’ascoltatore, non potendo assaggiarlo, non era in grado di provare sul palato ciò di cui si parlava. All’inizio ci sono rimasto male, poi ho imparato a non dare importanza a quelle parole, figlie di una comunicazione ingessata ed escludente, la stessa che elenca una serie infinita di sentori e profumi e, nove volte su dieci, fa sentire l’interlocutore un analfabeta sensoriale, quando le sensazioni olfattive sono legate all’allenamento e alla personale memoria gustativa di ciascuno. Ogni vino ha una storia diversa, con tratti più o meno interessanti, non si può ricorrere a uno schema preimpostato per tutti. Alcune etichette vanno raccontare attraverso aneddoti storici, per altre sono più importanti il clima o il terreno o la vicinanza di un lago, altre ancora preferisco raccontarle seguendo la storia dei produttori; di tutte cerco di capire cosa le renda uniche, cercando di trasmettere quel preciso contenuto.

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Solo il punto di partenza è uguale per tutte, l’abbinamento col cibo.

Tutti noi sappiamo che sapore ha una bistecca alla fiorentina, quasi nessuno però, tra i non addetti ai lavori, conosce il gusto del Brunello di Montalcino. Dunque parto da ciò che è presente nella memoria sensoriale di ognuno e poi inizio ad occuparmi di quale caratteristica del vino in questione si “incastra” perfettamente con quella del cibo. È anche un modo per fornire un’occasione di consumo, un consiglio utile.

Il luogo comune più diffuso sul vino e un aneddoto curioso in tal senso.

Il pesce vuole il vino bianco, la carne il rosso: non è così. Ci sono piatti di pesce cucinati col pomodoro che pretendono il rosso, certo, non un Barolo o Super Tuscan, ma in Italia abbiamo tutta una serie di vitigni che ne producono di leggeri, freschi e poco astringenti; si sposano bene con zuppe di pesce, polpi alla Luciana o triglie alla livornese, penso ad esempio al Rossese di Dolceacqua, al Piedirosso della Campania, alla Schiava altoatesina, all’Ottavianello di Ostuni e così via. Anche la carne a volte riserva sorprese, una volta, in una storica enoteca romana dov’ero a pranzo, avevano preparato la frittata all’amatriciana con pecorino, pomodoro e guanciale. Ho pensato di andare sul sicuro ordinando un Pinot Nero, che però spariva completamente di fronte al forte sapore della portata, allora ne ho approfittato per colmare una lacuna, provando a combattere un pregiudizio. Ho ordinato un Asolo Prosecco Docg Extra Dry che, come indicano gli ultimi due termini della denominazione, ha un residuo zuccherino leggermente più alto del normale, senza però risultare dolce al palato; una caratteristica che conferisce rotondità e “potenza” al vino, e si è rivelata la chiave di riuscita per l’abbinamento. In quell’istante ho rivalutato una categoria enologica che fino ad allora avevo guardato con diffidenza ed evitato di approfondire. Mai avere preconcetti, col vino.

Il tuo consiglio su come abbinare cibo e vino?

Un ottimo punto di partenza è l’abbinamento cromatico, carni scure e portate a base di pomodoro vogliono vini rossi, carni chiare e piatti a base di carboidrati dei bianchi; sembrerà semplicistico, ma funziona quasi sempre. Poi si può ragionare sull’abbinamento territoriale: nel caso di una pietanza tipica, probabilmente nello stesso luogo da cui proviene la ricetta si produce anche un vino che potrà abbinarvisi bene. Esempi noti sono le trofie al pesto col Pigato, gli arrosticini col Montepulciano d’Abruzzo, il maialetto sardo con il Vermentino isolano, o - meno scontati - le olive col Marsala e il gorgonzola col Moscato di Scanzo, colpi di fulmine imprevedibili che vi lascereanno di stucco. Sta comunque tutto nella curiosità, nel semplice “provare”, ricordando che lo scopo del corretto abbinamento è quello di pulire perfettamente la bocca dopo il sorso, rinnovando ogni boccone come fosse il primo. In sostanza, vino e cibo devono quasi “annullarsi” a vicenda, il sapore di uno non deve mai prevalere sull’altro. Altra regola aurea: la portata non deve mai essere più dolce del vino, quindi scordatevi il panettone con lo spumante secco, se avete voglia di una bollicina fresca stappate un passito o un buon Moscato d’Asti.

Un territorio a cui sei particolarmente legato e da conoscere?

È davvero difficile scegliere. Potremmo parlare della Valtellina o della Costiera Amalfitana, o magari di Carema o Lipari, ma credo che alla fine ti racconterò di quella zona d’Italia dove il Friuli bacia la Slovenia. Fra le provincie di Udine e Gorizia, in pochi chilometri quadrati, si concentra una miriade di tipologie di vini, vitigni autoctoni e vignaioli veraci. Si passa dai bianchi muscolosi e profumati ai vini macerati, ai rossi beverini e a quelli più strutturati che escono a dieci anni dalla vendemmia, fino ad alcuni dei passiti più prestigiosi al mondo. Così si possono trovare Pinot Grigio ramati, Schioppettino, Pignolo e Picolit, tanto per citarne alcuni.

Il Picolit è l’orgoglio del posto, deve il suo prestigio a un difetto genetico che lo porta a perdere più della metà dei suoi fiori a fine primavera; solo i boccioli rimasti sulla pianta si trasformeranno in acini, pochi dunque, che però sanno concentrare tutti gli zuccheri e i profumi, dando vita a un vino dolce estremamente ricco e leggiadro. La presenza contemporanea di vento costante, vicinanza al mare e abbondanza di minerali nel terreno porta le viti a crescere verdi e rigogliose, con grappoli pronti ad essere spremuti per creare vini longevi e di gran classe. Il tutto a un prezzo spesso molto abbordabile.

Raccontaci del tuo prossimo progetto che vede dialogare arte e vino.

Dal 30 novembre al Museo Bagatti Valsecchi di Milano si terrà à un ciclo d’incontri per approfondire i maggiori punti di contatto tra i due mondi. Ogni sera condurremo gli ospiti in un percorso multisensoriale che sposerà vino e pittura, con l’esposizione di 50 dipinti della collezione privata Gastaldi Rotelli, molti dei quali ritraggono scene conviviali. Il curatore della mostra, Antonio D’Amico, ne racconterà la storia, io proporrò tre vini in degustazione, indagando le più disparate collaborazioni instaurate dalle cantine odierne col settore delle arti figurative. Abbiamo stretto accordi di partnership con tre importanti realtà nostrane, Rocca di Frassinello (che ci consentirà di parlare di Renzo Piano e David Lachapelle), Donnafugata (che ci mostrerà la nuova collaborazione con Dolce&Gabbana) e Altemasi. Dopotutto il vino, per noi italiani, è la sintesi di una storia, di un luogo e di un tempo in grado di elevare gli spiriti, proiettando l’animo altrove; se non è un’opera d’arte questa...

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IN VIAGGIO NEL LAZIO PER SCOPRIRE LE REALTÀ EMERGENTI DELLA REGIONE

ILvino è una scelta di vita, un percorso culturale con radici profondissime. Ogni volta che nel nostro Paese si prova a districarsi nel dedalo della biodi versità, come per incanto ci si scopre in una vigna. Ogni regione del nostro Bel Paese, ogni collina, ha una sua vite, una sua caratteristica d’uva unica, così unica da rac chiudere in quel profumo e in quel sorso il suo intero territorio e le sue radici. Nel territorio laziale si sta investendo davvero molto, so prattutto da parte di giovani imprenditori, ma solo da poco più di un decennio. Come se finalmente avessimo preso coscienza delle nostre grandi qualità. Eppure gran parte del vino europeo deve le proprie origini all’antico impero romano. Si narra che intorno al 200 d.C. l’imperatore Marco Aurelio Probo imponesse ai suoi legionari di por tare con sé una vite per piantarla nei territori che conquistavano. Fu così che la vite divenne il simbolo del potere di Roma. Ad oggi, tra i vi tigni europei, ben 78 hanno origini romane. Immaginiamo allora che attraversare una vigna sia un po’ come leggere un libro, le cui pagine siano i filari che ci raccontano la storia del suo vignaiolo. Noi abbia mo percorso per voi, all’interno di questo straordinario territorio, un viaggio che ci porta alla scoperta di alcune delle grandi risorse viticole laziali. Partiamo dall’Alta Tuscia, la zona più a nord della provincia di Viterbo, caratterizzata da profonde vallate circolari e dal gruppo collinare di origine vulcanica dei Monti Volsini. Un territorio d’ele zione per la produzione vinicola locale, grazie anche alla presenza di giovani realtà eco-compatibili, a conduzione familiare. Dal 2014, infatti, a Montefiascone, nascono le etichette di vini DOC Poggio

Baranèllo, caratteristici della zona, tra cui il Trebbiano Toscano e il Trebbiano Giallo, conosciuto localmente come “Rossetto”, la Mal vasia e il Bianco Lazio IGT senza alcun additivo. L’amore per la terra d’origine e la materia prima, l’impegno per la sostenibilità ambien tale costituiscono un approccio virtuoso che valorizza le caratteristi che dei vini e le potenzialità del territorio. Nelle vicinanze di Monte Porzio Catone, non lontano dai Castelli Romani, sorge la Pentima dei frati; qui la cantina Ribelà, costruita ex-novo nel 2017, coltiva in biodinamica due ettari di vigne vecchie (dai 30 ai 60 anni) a pergola e filare, con varietà tipiche del luogo, tra cui la Malvasia di Candia e del Lazio, il Bombino, il Bellone per i vini bianchi, Cesanese comu ne, Aleatico, Sangiovese e Montepulciano per i vini rossi. Si pratica un’agricoltura integrata, che trova nel passato e nelle antiche varietà la giusta ispirazione per il futuro, un misto tra passione e innovazione. Il viaggio continua verso Esperia, antica terra laziale, inserita nel sug gestivo parco naturale dei monti Aurunci. Qui tre amici, uniti dalla passione per il vino e la natura, hanno co stituito nel 2018 il vigneto Aurete. Producono vino naturale da agri coltura biologica, attraverso fermentazioni spontanee, lunghi processi di macerazione e affinamento in anfora, come l’orange wine Thero; inoltre spiccano il Raptor, da vitigno autoctono a bacca rossa Raspa to Nero, e il Sauro, da uve Syrah. Il rapporto simbiotico tra la terra e il lavoro dell’uomo è un dialogo costante, silenzioso, pregnante, che abbraccia tutti gli aspetti della vita di un territorio, da quelli economi ci a quelli culturali e sociali: un buon viticoltore ascolta e osserva tutto, come un buon padre di famiglia col proprio figlio.

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ROSSI, BIANCHI E GREEN: LE NUOVE FRONTIERE DEL VINO IN ALTO ADIGE

di Adele Pupella

L'etica ecologica e un approccio rispettoso della terra rappresentano i cardini della produzione vitivinicola di svariate cantine altoatesine.

Vediamo come operano alcune delle più importanti.

Cantine con struttura CasaClima Wine

A contraddistinguere il protocollo CasaClima Wine è un ciclo produttivo green, che prevede materiali d’imballaggio riciclabili e una gestione attenta dei rifiuti. La cura di terreni e vini è questione di primaria importanza per Kellerei Bozen - Cantina Bolzano, che sposa un approccio sostenibile, come dimostra il sito, al cui interno le uve vengono immesse nel punto più alto e scivolano poi verso il basso, con l’af finamento che impiega quantità limitate di energia. Altro nome da segnalare è quello della tenuta Pfitscher a Montagna (pri ma cantina italiana certificata CasaClima), le cui etichette sono espressione di chiarezza e linearità.

Loacker, Bolzano

I figli del fondatore Rainer si distinguono per lo stesso spirito pionie ristico e ribelle del genitore. Le cantine Loacker producono vino in modo sostenibile, concependo il vigneto come un habitat da curare amorevolmente. Indicativa, in questo senso, la chiusura in vetro Vi noLok, utilizzata per la maggior parte delle etichette: garantisce che i vini si dispieghino lentamente nella bottiglia.

Manincor, Caldaro

Proprietà del conte Michael Goëss-Enzenberg e diretto da Hel muth Zozin, Manincor è un chiaro esempio di come si possa applicare la coltivazione biodinamica su ampia scala. La cantina si trova sottoterra, così da preservare il prezioso terreno di colti vazione, per l'equalizzazione della temperatura viene impiegata l'energia geotermica.

Alois Lageder, Magrè

Il nome Lageder è legato da sempre al mondo vitivinicolo altoa tesino. La famiglia iniziò a commercializzare il vino nell’Ottocen

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Kellerei Bozen - Cantina Bolzano

Vini biologici e biodinamici

to, nel 1934 acquistò la tenuta Löwengang a Magrè. Le etichette, biologiche, provengono da vigneti dove crescono diverse varietà d chardonnay e cabernet.

Brunnenhof Mazzon, Egna

Le viti dell’azienda Brunnenhof Mazzon si trovano a un’altez za compresa tra 400 e 450 metri. Il vitigno grand cru altoatesino del Pinot Nero è al centro della produzione della tenuta, dedita alla coltivazione naturale.

Hof Gandberg, Appiano

Nella tenuta Hof Gandberg i vitigni PIWI occupano un posto di riguardo. Sui due ettari della proprietà vengono coltivati bianchi (Solaris, Bronner, Souvignier Gris e Muscaris), tra i rossi (Cabernet Cantor e Cortis), le restanti etichette sono frutto della verve sperimentale dei Niedermayr.

Zollweghof, Lana

Franz Pfeifhofer e Irmgard Windegger sono il cuore e l'anima del la tenuta Zollweghof. Il primo conosce i segreti del mestiere fin da bambino, la seconda è esperta di agricoltura biodinamica, in sieme producono bianchi, rossi, rosati e spumanti del Zollweghof; la pigiatura avviene nella cantina da vitigni autoctoni.

Baron Longo, Mazzon Egna

La storia della cantina Baron Longo riflette le profonde radici della famiglia nel territorio. Anton Baron Longo, esponente della nuova generazione, punta come i predecessori su un’identità di stinta, esaltata da suolo, clima e metodo biologico.

Pranzegg, Bolzano

Pranzegg porta avanti la propria attività biodinamica con amore e dedizione. Fermentazioni spontanee, lunghe permanenze sulle fecce, nessuna chiarifica né filtrazione, dosi minime di solforosa: è così che l’uva si trasforma in vino. I - pochi - interventi sono volti a esaltare l’essenza più autentica della vigna, il cui fiore all’occhiello è il Campill

Garlider, Velturno

La filosofia di Christian Kerschbaumer (viticoltore dell’azienda Garlider) consiste nel lasciare intatte le caratteristiche dell’uva, evitando il più possibile di alterarla, così da permettere al consu matore di riconoscere la vite e il territorio. Dai 45 ettari di super ficie vitata dell’impresa si ricavano soprattutto vini bianchi come Müller Thurgau e Sylvaner

Rielingerhof, Collalbo

Il Rielingerhof produceva vino per i signori dell’odierna rovina Stein già nel medioevo. Dal 2011 la famiglia Messner ha portato all’interno del maso tutte le fasi di lavorazione delle sue etichette biologiche.

Radoar, Velturno

Le uve del Radoarhof vengono raccolte e trasformate in cru con passione e savoir-faire. A seconda della varietà, i vini a bacca rossa e bianca - certificati bio da 25 anni - si presentano freschi, delicati e fruttati oppure nobili, decisi, terrosi, o ancora aromatici, intensi.

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Kuenhof, Bressanone Ph. Andreas Tauber Garlider, Velturno

Burgerhof, Bressanone

L’interesse di Johannes per vini e sostenibilità è il fil rouge del suo lavoro, agevolato dalle conoscenze maturate nelle cantine di tutto il mondo. Al Burgerhof ci si affida a varietà PIWI per il vino biologico, ossia Johanniter, Solaris, Muscaris, Souvignier Gris, Regent e Cabernet Cortis.

Gruberhof, Marlengo

Di proprietà della famiglia Gamper, il Gruberhof si trova alle pendici del Monte di Marlengo. Amore per il vino e la natura ven gono tramandati da una generazione all’altra, quella al timone ora segue i criteri dell’agricoltura biologica-organica, valsale la certi ficazione Bioland.

Kuenhof, Bressanone

Il lavoro della tenuta di Peter e Brigitte Pliger è profondamente influenzato dalla dedizione verso viti e vino. Le uve del Kuenhof crescono nella Val d’Isarco, su pendii terrazzati. L’attenta selezio ne dei grappoli li rende di fatto uva millesimata.

Nel 1988 è il padre dell’attuale proprietario a rilevare il maso Röckhof. Suo figlio Hannes combina l’entusiasmo giovanile con l’esperienza del genitore, in una coltivazione sostenibile che salva guarda clima e procedure naturali.

Castel Campan, Bressanone

A monte di Castel Campana nel secolo scorso, si trovavano vi gneti che vennero però gradualmente “mangiati” dal bosco, fin ché il proprietario li dissodò di nuovo, ricostruendo muri e super fici terrazzate e scegliendo le varietà bio di Souvignier Gris e Solaris. I vini dell’azienda hanno già ottenuto diversi riconosci menti.

Cantina Vogelsanghof, Bressanone

Il vino Vogelsanghof viene coltivato su 1,3 ettari (terrazzati, mol to soleggiati), i vitigni selezionati sono quelli dell’antica tradizione. La lavorazione fa a meno di pesticidi o fertilizzanti chimici, l’uva viene raccolta quasi interamente a mano.

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Röckhof, Villandro Radoar, Velturno Manincor ©Walter Niedermayer

GENTLEMEN DI SICILIA, 4 STORIE DI SUCCESSO

Provengono da famiglie dell’antica aristocrazia terriera e dell’alta borghesia siciliana, sono i nuovi gentlemen dell’isola: 4 impren ditori globetrotter, affascinanti, carismatici e con il fiuto per gli affari. Legati alle tradizioni del passato, sono sempre al passo con i tempi e attenti alle tematiche della sostenibilità ambien tale, attuate attraverso buone pratiche “green”, ognuno nel proprio settore di interesse. Protagonisti della vita sociale ed economica della regione, sono il miglior esempio della Sicilia contemporanea, oltre i soliti cliché. E per favore, non chiamateli Gattopardi.

Guido Alessandro Coffa - Monaci delle Terre Nere Imprenditore etneo con uno spiccato gusto per il bello, Guido Alessandro Coffa trascorre l’infanzia nel verde della tenuta di fa miglia, a Trecastagni, immersa nel Parco dell’Etna. Una scelta dei genitori, su indicazione dei medici, per curare l’asma del figlio. L’aria pulita si rivelerà la cura migliore per il piccolo Guido, che trascorre i primi anni a stretto contatto con la natura e l’ener gia del vulcano. Una volta terminato il liceo, come tanti giovani siciliani, sente la necessità di lasciare il nido, confortevole e ras sicurante, per allargare gli orizzonti. Prima gli studi universitari in ingegneria, a Torino e Milano, poi carico di entusiasmo vola oltreoceano per un’importante esperienza lavorativa come mana ger negli Stati Uniti. Ed è proprio in questo periodo che nella sua mente riecheggiano le parole di mamma Marinella: «Guido tu sei un uomo di buon gusto, la Sicilia un giorno ti colpirà e te ne inna morerai perdutamente»; e così è stato. Nel 2007 Coffa, dopo una brillante carriera nel settore dell’industria automotive, tra New York e l’Ohio, rientra in Sicilia alla ricerca di un luogo speciale, da poter chiamare casa. Durante una passeggiata in una limpida mattinata di novembre, si imbatte in una villa abbandonato alle pendici dell’Etna, abitata da hippie: la seicentesca dimora dei mo naci Agostiniani Scalzi di Valverde. Un vero e proprio colpo di fulmine: «ricordo perfettamente quel giorno, non facevo altro che pensare a quel vecchio palazzo così affascinante». Dopo un encomiabile restauro conservativo durato 5 anni - coniugando i principi della bioedilizia con scelte di de sign, vede finalmente la luce Monaci delle Terre Nere, il più raffinato ed esclusivo wine resort dell’Etna (affiliato dal 2019 al circuito Relais & Châteaux). «C’ero finito per caso, ma sono sicu ro che a guidarmi lì fosse stata mia madre. Monaci ha stravolto i miei piani: dopo aver acquistato la villa mi ci sono trasferito e ho iniziato a lavorare faticosamente per liberarla dai rovi che la ricoprivano. Mi sono improvvisato zappatore e agricoltore. Ho recuperato gli uliveti e le vigne, avviando una piccola produzio ne di olio e di vino, come facevano i Monaci, di cui vado molto fiero. Quanta fatica, ma ricordo che ero felicissimo». A Guido

Coffa non piace definirsi proprietario della tenuta, «semmai sono il suo custode, perché è stato questo posto a scegliermi e non il contrario, io ho solo rispolverato la sua bellezza celata». Lo scorso giugno ha sposato, con una grande festa, la compagna di vita e tante avventure, Federica Tesoriero: entrambi condividono l’in condizionato amore per Monaci delle Terre Nere.

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Guido Alessandro Coffa Monaci delle Terre Nere

Mario Faro - Piante Faro

Nato 45 anni fa all’ombra dell’Etna, Mario Faro è vulcanico come la sua terra d’origine. Dopo il liceo classico si laurea in economia di Catania e diventa dottore commercialista. Cresce in una fami glia di imprenditori all’avanguardia, da sempre fonte d’ispirazio ne: il padre Venerando - nominato nel 2011 Cavaliere del lavoro, a cui è stata recentemente conferita la laurea magistrale honoris causa in Scienze e tecnologie agrarie - fonda l’azienda vivaistica Piante Faro, leader in Europa per la produzione di oltre 5000 varietà di piante mediterranee e subtropicali, esportate in 60 pa esi del mondo. Oggi Mario ricopre il ruolo di direttore generale (oltre a essere contitolare insieme al fratello maggiore, Michele) di questa realtà che vanta 400 collaboratori diretti, 1000 unità di personale indotto e un fatturato totale di 30 milioni. Inoltre, dal 2019 è presidente nazionale della consulta florovivaismo di Col diretti. Altra grande passione è quella per l’hospitality, condivisa con la madre Carmela, alla quale è dedicato il Donna Carmela Resort & Lodges: una struttura ricettiva di design ispirata ai principi della bioarchitettura. Insieme a Michele crea Botanica, centro di ricerca e banca dei semi, e Radicepura, il parco bo tanico più grande d’Europa (con oltre 30 mila visitatori all’anno), sede dell’unico garden festival del Sud-Italia. Ed è sempre con il fratello che crea Pietradolce, azienda vitivinicola situata nel ver sante nord dell'Etna, tra le più affermate nel panorama enologico siciliano e non solo.

Sul lato della vita privata, Mario Faro è sposato dal 2012 con Annarita D’Urso, avvocatessa civilista specializzata nel setto re bancario e coordinatrice della direzione regionale del Crédit Agricole, dalla quale ha avuto tre figli maschi. Una coppia affia tata e piena di idee: insieme hanno creato la delegazione siciliana della Fondazione IEO-Monzino, ente senza scopo di lucro per la ricerca avanzata nel campo oncologico, e nel 2023 presente ranno un nuovo progetto di ospitalità, ovvero un’antica dimora nobiliare nel centro barocco di Acireale trasformata in raffinato boutique hotel.

Manfredi Rizzuto Saeli - Susafa

Un vero gentiluomo di campagna, dal fisico statuario (eredità di anni di canottaggio svolto a livello agonistico) e dai modi garbati: Manfredi Rizzuto, poco più che quarantenne, vive tra Palermo e Susafa, l’antica masseria delle Madonie ereditata dal ramo materno dei Saeli e oggi riconvertita in country resort di charme. Cresciuto nella bella villa liberty del capoluogo siciliano, in una solida e numerosa famiglia, dopo gli studi sente l’esigenza di esplorare il mondo per trovare la propria strada. Si imbarca su un volo per Vancouver, con un biglietto di sola andata, e si trasferisce in Canada dove conosce Silvia Scaldaferri, affasci nante italo-canadese che diventerà moglie e madre dei suoi due figli. Insieme decidono di far ritorno in Europa e così si stabili scono in Belgio: sono anni decisivi per la formazione del giovane Manfredi, in questo contesto multiculturale affina e matura una visione imprenditoriale internazionale, senza mai dimenticare il legame con la terra natia: «Ho sempre pensato che bisogna essere liberi di partire per poter tornare. Fin da piccoli, i miei fratelli ed io, siamo cresciuti con i racconti di nonna Sara su Susafa; è sta ta lei a trasmetterci il senso di appartenenza a questo luogo così evocativo, dove le lancette del tempo sembrano essersi fermate». Una volta tornato in Sicilia prende in mano, insieme ai fratelli, la gestione della masseria, con una mission ben precisa: far rivivere la storia della virtuosa comunità contadina di Susafa, iniziata dal trisavolo Gioacchino Saeli e tramandata per quattro generazioni fino ai giorni nostri, adottando pratiche di agricoltura green al passo coi tempi e rispettose dell’ambiente. «Guardo i paesaggi con riverenza e in ogni piccolo dettaglio trovo ispirazione. Penso che la capacità umana di creare un ambiente meraviglioso sia qual cosa di straordinario, abbiamo il dovere di impegnarci affinché

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Mario Faro @ph Matteo Carassale Radicepura

ciò accada. Oggi, come quinta generazione, possiamo finalmente sentirci orgogliosi di avere fatto rivivere le tradizioni dei nostri an tenati, restituendo a Susafa la sua memoria storica». Accanto alla produzione agricola si affianca l’ospitalità: dalla ristrutturazione dei vecchi casali sono stati ricavati gli spazi comuni e le camere per gli ospiti, arredate con gusto e dotate di ogni comfort. Il granaio è stato invece adibito a ristorante, in cucina entrano solo materie pri me stagionali del comprensorio madonita, senza contaminazioni di prodotti industriali. «Stiamo lavorando a un nuovo progetto che prevede la realizzazione di logge ecosostenibili in legno, posiziona te sopra i campi di grano della tenuta per offrire un'esperienza di soggiorno unica, a stretto contatto con la natura di quest’angolo di Sicilia, forgiata da una tradizione contadina millenaria».

Alberto Tasca - Tasca d’Almerita

Ha il fascino di un attore americano, l’aplomb di un lord ingle se e i lineamenti che denotano generazioni di buona educazione: Alberto Tasca d’Almerita, terzogenito del Conte Lucio - tra i protagonisti del rinascimento del vino siciliano, recentemente scomparso all’età di 82 anni - ricopre oggi il ruolo di presiden te e amministratore delegato dello storico marchio di famiglia. Sposato con la bellissima Francesca Borghese - della nota ca sata principesca romana - e padre di tre figli maschi, Alberto è un dinamico imprenditore vinicolo che si divide tra Palermo e le tenute dei Tasca: Regaleali, nel cuore della Sicilia agricola, Ta scante alle pendici dell’Etna, Capofaro a Salina (dove è pre sente l’omonimo resort, uno dei più belli di tutto il Mediterraneo) per la coltivazione della Malvasia, Whitaker sull’isola di Mozia e Sallier de La Tour nel territorio della Doc Monreale. Si dice che gli appartenenti alle antiche famiglie nobiliari abbiano il sangue blu. Nelle vene di Alberto scorre invece un sangue verdissimo, per la forte sensibilità verso le tematiche a tutela dell’ambiente. Spinto dal grande amore per la sua terra e dalla necessità di tramandarla alle future generazioni, nel 2010 abbraccia il progetto SOStain

- La sostenibilità nella viticoltura siciliana, un protocollo ri conosciuto dal Ministero della Transizione Ecologica, considerato la bussola per tutti i viticoltori che cercano di misurare e ridurre il loro impatto sull'ecosistema. Nel 2020 diventa Presidente della Fondazione SOStain Sicilia, creata con l’obiettivo di promuovere un modello di viticoltura sostenibile nell’isola e favorire la con divisione di buone pratiche volte al rispetto dell'ecosistema. Dal punto di vista istituzionale, Alberto Tasca fa parte del consiglio di rettivo del Consorzio Sicilia Doc e dell’associazione Assovini Sicilia ed è anche vicepresidente dell'Istituto del Vino Italiano di Qualità, Grandi Marchi. Tutti incarichi che lo portano costantemente in giro per il mondo per promuove, con charme e professionalità, la cultura e la qualità dei vini italiani. In fine, insieme alla moglie Francesca ha ideato Cogito un aperitivo per la mente, rassegna di incontri culturali aperti al pubblico, che raccoglie spunti positivi, interessanti e utile alla crescita del territo rio siciliano attraverso conversazioni in spazi condivisi, in compa gnia di scrittori, giornalisti, intellettuali, artisti, scienziati e creativi.

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