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Conversare con Dio

Lucinda M. Vardey

Lucinda M. Vardey è la caporedattrice di Un unico accordo. Per maggiori informazioni su di lei, si rimanda la sito web

Nel mettere insieme un libro di preghiere di donne ho citato le parole di un’amica che ha detto che “la preghiera è una conversazione che ci sostiene.” Mi ha fornito così una delle sintesi migliori sul concetto di preghiera, inteso non solo come incontro con Dio, ma come relazione. Una conversazione che sostiene non può essere un monologo, ma solo un dialogo. E, come in ogni conversazione di significato e sostanza, richiede una completa onestà, offrendo la possibilità di condividere desideri e aneliti, ma anche lamenti, dubbi e confusione. Richiede anche di sviluppare la capacità di aspettare, di ascoltare e di riconoscere la voce di Dio quando Dio parla. Bisogna avere fiducia nel fatto che la sapienza, l’amore e la cura di Dio sono pronti a essere rivelati nel modo in cui Dio decide che tutto avvenga, e nei tempi che Dio stesso ha stabilito. E, infine, deve esserci una sete di intimità e di unità.

In quanto attività dialogica, la preghiera come conversazione non è ampiamente riconosciuta, spiegata o registrata, probabilmente perché è più che altro una preghiera femminile. Tuttavia, ci sono tre donne che ci hanno fornito alcuni esempi significativi: la beghina francese Margherita Porete (1250-1310), la cistercense sassone Mechthild di Magdeburgo (1210-1297) e la terziaria domenicana e dottore della Chiesa Santa Caterina da Siena (1347-1380). I loro scritti assumono forme diverse, ma condividono temi molto simili. Ciò che tutti trasmettono è lo sforzo di arrivare alla verità nei loro modi specifici. Nel suo Trattato sull’amore di Dio , San Francesco di Sales scrisse che la preghiera e la teologia mistica, a cui queste donne contribuirono, “non è altro che una conversazione in cui l’anima si intrattiene amorosamente con Dio riguardo alla sua amabilissima bontà per unirsi e accompagnarsi a lui.” 1 Lo scopo di questo amoroso scambio non è solo quello di essere amati da Dio, ma, come ha spiegato Mary E. Giles, quello di essere in un “vedersi relazionale” dove “la conoscenza non può essere acquisita indipendentemente dall’esperienza delle profondità dell’amore.” 2

Imparare dalle Scritture richiedeva anche che le donne rendessero vive le Scritture stesse attraverso esperienze uniche, a seconda del livello del loro impegno nella preghiera. Registrando le loro esperienze, queste tre donne hanno dato un contributo che avrebbe influenzato gli insegnamenti dei santi e delle sante dei secoli successivi.

Margherita Porete inizia il suo Lo specchio delle anime semplici con un dialogo tra l’Amore e l’Anima, che si trasforma rapidamente in un dialogo a tre con l’introduzione della Ragione che, naturalmente, è messa in difficoltà dal contenuto del loro discorso. Poi si aggiungono anche Dio e la Chiesa. A un certo punto, Porete osserva che la schiavitù deriva dal fare tutto a partire “dalla ragione e dalla paura, mentre la vera libertà può venire solo dal fare le cose per fede e per amore”. Il suo www.magdalacolloquy.org libro traccia il progresso della conversazione, dove introduce una scala di perfezione, una metafora che Caterina usa anche nel suo Dialogo. Porete ha un capitolo sulla “Notte oscura” che sviluppa un concetto introdotto all’epoca dagli studiosi francesi Tommaso da San Vittore e Guglielmo da Saint-Thierry. Spiega che la “verità” nella relazione divina non si trova in ciò che la gente dice di Dio rispetto a ciò che Dio è, e ciò che Dio è non può essere detto.

Mechthild di Magdeburgo definisce la preghiera come un mezzo per trasformare il cuore. Scrive che essa rende “mite un cuore amareggiato, gioioso un cuore triste, saggio un cuore stolto, audace un cuore timido, forte un cuore debole, chiaro un cuore cieco, ardente un cuore freddo. Attrae Dio che è grande in un cuore che è piccolo, spinge l’anima affamata verso la pienezza di Dio.” 3

Scrive The Flowing Light of the Godhead [La luce fluente della Divinità] (una raccolta di visioni, rivelazioni, pensieri e lettere) “dal cuore e dalla bocca di Dio” tra il 1250-1264. Chiede a Dio perché ha creato l’anima e la risposta è: “Per la necessità dell’amore”, spiegando che “Dio ha tutte le cose buone a sufficienza, tranne il rapporto con l’anima; di questo Dio non è mai sazio”. La preghiera di Mechthild assume la forma di uno sguardo su Dio, mentre Dio e l’anima dialogano. Come per Margherita Porete, altri aspetti entrano nella conversazione, tra cui la “comprensione”. Alla fine di questi dialoghi, ogni donna arriva a sperimentare l’unità con la Trinità. Mechtild scrive:

Signore Gesù Cristo, Tu sei il mio corpo! Signore Spirito Santo, Tu sei il mio respiro! Signore Santa Trinità, Tu sei il mio unico rifugio e la mia Pace eterna.” 4

San Bernardo di Chiaravalle insegnava che il contemplativo deve trarre dal rapporto con Dio forza e alimento per le altre anime e ciò è testimoniato dalla complessa opera di Santa Caterina da Siena intitolata semplicemente Il dialogo.

Il Dialogo

Mentre i libri di Margherita Porete e di Mechthild di Magdeburgo sono caratterizzati da una dialettica tra allegorie, la struttura di Caterina è composta da domande rivolte a Dio e dalle risposte di Dio. Nel corso della stesura (che si presume sia durata circa un anno) la scrittrice acquisisce la conoscenza e la comprensione della verità, dell’amore per Dio e per il prossimo, dell’operato della Divina Provvidenza, del ponte (o scala) sul corpo di Cristo come via verso la verità, dei cinque tipi di lacrime che corrispondono agli stadi dell’anima, delle rivelazioni del “cuore sacramentale” (il corpo mistico della Santa Chiesa) e dell’obbedienza all’esempio di Gesù. La traduttrice inglese del Dialogo, Suzanne Noffke O.P., descrive l’intero libro come “un grande arazzo a cui Caterina contribuisce punto per punto, fino a quando non è soddisfatta di aver comunicato tutto ciò che ha imparato riguardo alla via di Dio.” Non è tanto un trattato da leggere quanto una conversazione in cui entrare.”

“Signore e Padre celeste, Tu sei il mio cuore!

L’ingresso nel discorso di Caterina ci apre ai particolari della sua relazione con Dio, nonché alla sapienza e all’insegnamento morale che Dio le rivela. Dio si rivolge a lei in momenti diversi come “figlia carissima,” “figlia gentile,” “figlia amata” e “figlia dolcissima,” e identifica Dio stesso come “il fuoco che purifica l’anima.” Riguardo alla pratica della preghiera, Dio avverte che se l’intero scopo della preghiera vocale si basa sulla recita di molte parole— una “moltitudine di salmi” e “un gran numero di Padrenostro”—essa non piacerà a Dio né porterà molto frutto.5 Dio ammonisce che non è consigliabile nemmeno abbandonare la preghiera vocale per quella mentale: “Una persona deve camminare passo dopo passo,”perché l’anima è “imperfetta prima di essere perfetta,” quindi anche la sua preghiera è imperfetta.6 Dio raccomanda che la preghiera vocale e mentale includa la concentrazione sull’amore di Dio e sulla sua misericordia per il peccato, consentendo una maggiore conoscenza di sé. E quando una persona che prega “sente il suo spirito pronto per la mia visita,” Dio dice che “deve abbandonare la preghiera vocale.” 7

Dio riassume che la preghiera perfetta è come la “madre” dell’anima e si raggiunge “non con molte parole, ma con l’amorevole desiderio,”8 e questa preghiera include il fare del bene al prossimo con “parole o azioni,”spiegando che la “carità amorevole” è “preghiera continua.” 9

Caterina offre preghiere di comprensione e di gratitudine nel corso del suo testo, per la sapienza acquisita e in ringraziamento della guida di Dio. Il Dio che parla a Caterina ha una voce chiara, ferma e diretta. Dio vuole che un’anima speri solo in Dio e non in se stessa, che non serva due padroni, affermando che il mondo “non ha nulla in comune con me, né io con lui.”10 Dio aggiunge: “E poiché nessuno di voi è stabile in questa vita, ma cambia continuamente fino a raggiungere il suo stato stabile finale, io provvedo costantemente a ciò di cui avete bisogno in ogni momento.”11

Dio assicura a Caterina che Dio “condisce ogni cosa,” imponendole di considerare ogni cosa con riverenza “la disgrazia come la consolazione,” perché “qualsiasi cosa io faccia per provvedere al corpo è fatta per il bene dell’anima, per farla crescere nella luce della fede, per far sì che confidi in me e rinunci a confidare in se stessa, e per farle vedere e conoscere che io sono chi sono e che posso e voglio e so come assisterla nel suo bisogno e salvarla.” 12

Nella preghiera finale Santa Caterina si rivolge alla Trinità come luce, come mare che nutre l’anima “perché quando guardo in questo specchio (d’acqua) tenendolo in mano con amore, esso mostra me stessa, come tua creazione, in te, e tu in me attraverso l’unione che hai realizzato della Divinità con la nostra umanità.” 13

Note

1 San Francesco di Sales, Treatise of Divine Love [Trattato sull’amore di Dio], traduzione a cura del Rev. Henry Benedict Mackey OSB (Ill, Rockford, Tan Books, 1997) p. 233.

2 Citata in The Flowering of the Soul: A Book of Prayers by Women, a cura di Lucinda Vardey (NY, Ballantine, 1999), p. 358.

3 Mechthild di Magdeburgo, The Flowing Light of the Godhead [La luce fluente della Divinità], traduzione di Lucy Menzies (CT, Martino Pub. 2012), p. 136.

4 ivi p. 132.

5 Caterina da Siena, The Dialogue [Il dialogo], tradotto da Suzanne Noffke OP (NY, Mahwah, Paulist Press, 1980), p. 124.

6 ibid www.magdalacolloquy.org

Kimberley Morton vive e lavora a Toronto. Ha lavorato nel marketing, nella pubblicità e nello sviluppo aziendale. Parrocchiana di lunga data presso la parrocchia cattolica di San Basilio, è stata coinvolta in vari ministeri, tra cui il servizio ai senzatetto nel programma “Fuori dal freddo” e l’accompagnamento di coloro che si stanno convertendo al cattolicesimo nel Rito dell’iniziazione cattolica per adulti. Ha inoltre fatto parte del Consiglio parrocchiale; è membro fondatore del Consiglio di Magdala e membro della comunità laica delle Donne Contemplative di Sant’Anna.

Pregare in comunione

Kimberley Morton

Margaret

Nella mia vita di protestante mi è stato insegnato a credere che i santi fossero in competizione con Dio per le nostre preghiere e la gloria; quindi non hanno mai avuto un ruolo nella mia vita o nella mia fede. Da quando sono diventata cattolica, mi si è rivelato un nuovo “gruppo di amici” nei santi. Ora capisco che essi non sottraggono in alcun modo la gloria a Dio; anzi, è vero il contrario. La gloria di Dio viene magnificata attraverso la loro vita, le loro parole e i loro sacrifici.

La mia conversione alla Chiesa è avvenuta molto rapidamente nell’estate del 2013. Avevo una nuova relazione con un uomo meraviglioso che amavo profondamente e avevo deciso di iniziare a frequentare la Messa con lui (di mia iniziativa e con molta curiosità). Stavo prendendo coscienza della realtà della “grazia di Dio” e molto presto mi sono ritrovata a dire “sì” a un altro tipo di relazione: una relazione con Gesù. Non soddisfatta delle preghiere di routine, volevo equilibrare il mio bisogno di preghiera strutturata con il mio desiderio di dialogo con Dio.

Sono diventata ossessionata dalla storia della donna al pozzo e dal suo invito a relazionarsi con Gesù attraverso l’acqua viva “...una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). La sua vita e la sua esperienza mi hanno davvero parlato e ho sentito un’affinità non solo con la sua sofferenza e il suo isolamento, ma anche con la sua immediata conversione. Questo mi ha introdotta alle grandi donne della Bibbia e alle sante. Pensavo di poter trovare la mia storia in evoluzione nella loro vita e nel loro esempio, e grazie alla loro sofferenza e sapienza trasformarmi in modo che la mia conversione fosse “portata a termine.”

Naturalmente non è stato così facile. La conversione non è un momento unico e non è mai un prodotto finito una volta per tutte: che sia una conversione alla fede cattolica o dal suo interno, richiede che io dia tutto quello che posso in ogni momento in cui sono invitato da Cristo a farlo.

Mi conforta leggere dei santi, scoprire i loro percorsi verso la completa unione con Dio e gli ostacoli insormontabili che ognuno di loro ha affrontato. Hanno vissuto vite a cui posso aspirare. Nelle parole di Santa Madre Teresa di Calcutta, “Io posso fare tutto ciò che voi non potete, voi potete fare ciò che io non posso; insieme possiamo fare grandi cose.”

È una gioia essere nutriti dal profondo amore dei santi per Gesù. Le donne che seguono le loro storie mi illustrano in modo nuovo le verità del Vangelo.

La Ven. Nano Nagle, nata in Irlanda nel 1718, mi ha dimostrato che nulla è impossibile con la grazia e la guida di Dio. Ha vissuto i tempi tumultuosi in cui i cattolici locali si sollevavano contro le forze anticattoliche dell’Inghilterra, rischiando la vita per servire le giovani ragazze che desideravano un’educazione cattolica. Nata in una famiglia di proprietari terrieri, dovette ricorrere all’accattonaggio notturno nei bassifondi, ma non fu mai tentata di rinunciare a fare del bene.

Tutta la sua vita di servizio - Nagle fondò un ordine religioso e una società missionaria laica, oltre alle sue scuole per l’educazione dei poveri dei quartieri poveri - fu piena di difficoltà e, quando fu vicina alla morte, disse a un amico: “Penso che l’Onnipotente mi ha dato la salute per affrontare ogni piccola fatica; e se non ne facessi uso al suo servizio, potrebbe presto privarmene.” 1

Quando mi sono avvicinata alla mia cresima nella Chiesa cattolica nel 2015, ho riflettuto su quale nome di santa prendere. Volevo trovare una santa con la quale potessi sentire una vera parentela, una donna forte, piena di grazia e di amore per Dio e di desiderio di carità e di verità. Ho trovato questa persona in Edith Stein, Santa Teresa Benedetta della Croce.

Nata nel 1891 da una famiglia ebrea osservante, Edith fu un’educatrice e la prima donna a conseguire un dottorato in Fenomenologia, un ramo della filosofia. Fu attratta dalla fede cattolica grazie a numerosi incontri con cattolici e alla lettura dell’autobiografia di Santa Teresa d’Avila. Dopo aver insegnato in una scuola domenicana, fu ordinata suora carmelitana nel 1933. Edith aveva un profondo senso di responsabilità nei confronti degli altri e delle verità della croce, come indica il suo nome religioso. Credeva che “quando si cerca la verità, si cerca Dio, che lo si sappia o no.” 2

Edith e sua sorella Rosa, anch’essa convertita, furono catturate dalla Gestapo in Olanda e imprigionate nel campo di Westerbork, prima di essere inviate ad Auschwitz dove lei e la sorella morirono. I sopravvissuti al campo hanno testimoniato che Edith assistette molte donne e bambini e tutti coloro che la accompagnarono sul treno merci per la Polonia. Edith credeva nella dignità delle donne e nel vivere il loro genio femminile.

“Un santo,”ha scritto la mistica e scrittrice inglese Evelyn Underhill, è colui che ha avuto “un contatto estremamente meraviglioso con il mistero dell’Universo, una vita di infinite possibilità.” Diceva anche che i www.magdalacolloquy.org santi forniscono “gli strumenti di un amore dinamico,” un amore che viene purificato dall’interesse personale e reso più perfetto “a un costo tremendo per se stessi e con un effetto tremendo. ”Sta a noi fare uso dell’amore dinamico, “un motore per lavorare con Dio.”

Amici Spirituali

I santi mi aiutano a trovare un equilibrio nella vita di preghiera. Come dare, come ricevere e come ascoltare. “Uno dei temi della spiritualità femminile nella nostra epoca,” scrive Ronda Chervin nel suo libro Treasury of Women Saints [Tesoro di donne sante] , “è il bisogno degli uomini del ministero di spiritualità delle donne, anche quando gli uomini si sono consacrati a Dio nella vita religiosa. I carismi speciali delle donne sono complementari a quelli degli uomini e non possono essere semplicemente sostituiti da un’amicizia tra persone dello stesso sesso.” Mi viene in mente la nobildonna romana del III secolo, la Beata Jacopa de Settesoli, che divenne amica intima di San Francesco d’Assisi, con il quale si fermava regolarmente a Roma. Le regalò un agnellino che la seguiva ogni giorno a Messa e rimaneva al suo fianco mentre pregava. Era particolarmente affezionato alle torte speciali che lei gli cucinava. Mentre stava morendo ad Assisi, San Francesco la chiamò perché andasse da lui e gli portasse i panni per la sua sepoltura. Lei aveva già intuito che ne aveva bisogno e venne comunque, arrivando dopo la sua morte. Questa amicizia dimostra che anche gli uomini più santi hanno bisogno del conforto e delle cure delle donne.

Jacopa cercò di farsi guidare da Francesco su come essere caritatevole, ma ricevette molto di più. Fu probabilmente l’unica donna, dopo Santa Chiara, con cui egli sviluppò un rapporto stretto. Quando Francesco accolse “sorella morte,” accolse anche “frate” Jacoba, come la chiamava, per essere l’unica donna presente tra i suoi fratelli in lutto nel monastero.

L’autrice suor Chiara Lainati ha scritto: “E’ proprio prerogativa dei santi, come degli artisti di capolavori immortali, essere vivi in ogni epoca e parlare sempre il linguaggio del presente.” Le vite dei santi sono essenziali per guidarci alla santità; essendo in relazione con loro, abbracciando la loro amicizia, ci sforziamo di diventare una cosa sola con loro nel corpo mistico di Cristo, lasciandoci guidare dagli esempi delle loro virtù. Possiamo essere rafforzati dalla loro fermezza, chiedendo il loro aiuto e, soprattutto, unendoci a loro nel servizio di Gesù, facendo la nostra parte nei passi verso la piena comunione.

Note

1 Boniface Hanley, ‘For the Poor Alone, The Anthonian (Patterson, N.J.: St. Anthony’s Guild, 1984), pp. 3-29.

2 https://carmelitesofboston.org/history/ourcarmelite-saints/st-teresa-benedicta-of-the-crossedith-stein/

Ven. Catherine De Hueck Doherty (O Jesus).

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