Lungarno n. 61 - aprile 2018

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FIRENZE PERIFERIA

FIRENZE CITTÀ di GIACOMO ALBERTO VIERI

di MADDALENA MESSERI

A Walk on the wild side

Brozzi

A

Ponte Amerigo Vespucci

Per mia volontà, ad Aprile questo spazio resta bianco. Perlaceo. Ponte Vespucci è stato imbrattato di rosso, lunedì 5 marzo: qualche giorno più tardi, un pomeriggio plumbeo che minacciava un temporale, lo stesso ponte si è riempito di migliaia di colori, un'iride di intenti dai toni pastello, e c'era una forza nell'aria, quel sabato. “I have died too many deaths that were not mine” recita una bellissimo verso della poetessa americana Audre Lorde: nera, lesbica, attivista. Pensavo a lei, pensavo...

lla periferia ovest di Firenze, parallela a via Pistoiese, lì nella “piana”, corre la più stretta e modesta via di Brozzi, con le piccole case basse, a schiera, come si facevano un tempo, a misura d’uomo, con le porticine piccole, l’int naco giallo e le tipiche persiane verdi. Negli anni ‘60 venivano chiamati “Brozzi” i campagnoli, quelli che da fuori arrivavano in città. “Sta’ zitto Brozzi” “ell’è arrivato i’Bbrozzi!” e così via, con la cattiveria tipica che solo i fiorentini sanno avere. A questo si aggiungeva anche la simpatica frase: “Peretola, Brozzi e Campi, la peggio genìa che Dio ci scampi”. Ma ormai “Brozzi” non è più un’offesa e questo quartiere, che un tempo era un comune autonomo, è rimasto un dormitorio di periferia, un luogo in cui la gente torna stanca la sera, parcheggia la macchina davanti a casa, infila la chiave nella toppa e prepara la cena per i figli con la tv accesa in sottofondo. Qui c’è tutto quello che serve per una vita semplice, fatta di abitudini e tristezze passeggere. Le sue strade rimandano infatti ad una calma nostalgica, che riflettono in qualche modo la nostra impossibilità di cambiare, di andare via, scappare lontano. Brozzi è sempre la stessa e così anche chi ci vive. Qui infatti vivono tanti anziani, “ummarells” doc che presidiano il territorio e gli studi medici, e portano alta la bandiera di Brozzi-land. Ogni tanto c’è anche la paura per qualche pusher che si aggira in bicicletta: in molti testimoniano un via vai di persone in cerca di una dose di eroina a basso costo, ma gli abitanti della zona lo sanno che basta girargli a largo per non avere problemi. “Come sono arrivati andranno via, prima o poi”, viene da pensare. Ma c’è qualcosa di particolare a Brozzi? O sono solo casine con la loro riservatezza silenziosa? In effetti un posto strano a Brozzi c’è, direi una nicchia esotica, è “Mr Sushi”, un ristorante giapponese molto frequentato. Il paradosso? Qui ci vengono anche dal centro, perché non esiste periferia, quando c’è un luogo curioso pronto ad accoglierti. Che sia questa la chiave dei quartieri del futuro? Creare dei luoghi fuori-luogo per attirare dal centro sempre più persone e dare alle zone periferiche una nuova vita? Calamite potenti per trasformare questi satelliti urbani in nuovi centri de-centrati? Che ne pensate di un museo di arte contemporanea accanto alle Poste? Una piscina termale nel giardinetto dei bambini? Installazioni neon di Merz o Nannucci negli androni dei palazzi? Un tempio buddista tutto oro e lucine? Una ruota panoramica all’orizzonte che indichi la strada verso l’Osmannoro? La ricetta per la città del futuro si sa, non esiste, serve solo fantasia, azzardo e voglia di fare. Perché come scrive Silvia Bre “È mestiere del vento alzare le vele / ma noi possiamo scegliere il colore”.

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