Dicembre 2015
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TRIBUTO A MONICELLI / ENIO DROVANDI / NATALE A FIRENZE / L’AGENDA DI DICEMBRE
1 / 6 dicembre
11 / 13 dicembre
GEPPY GLEIJESES MARCO MESSERI MARIANELLA BARGILLI
ANIMALI DA BAR
di Luigi Pirandello regia Giuseppe Dipasquale
uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo regia Alessandro Tedeschi Gabriele Di Luca Massimiliano Setti
ore 20.45, domenica 15.45
ore 18.45
L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTÙ
3 / 4 dicembre
18 / 20 dicembre
CACÁ CARVALHO
MADE IN CHINA Postcards from Van Gogh
2x2=5 l’uomo dal sottosuolo
uno spettacolo di Leviedelfool regia Simone Perinelli
da Memorie dal sottosuolo di Fëdor Michajlovic Dostoevskij regia Roberto Bacci
ore 18.45
ore 18.45
7 / 9 - 15 / 17 - 28 / 30 dicembre
HAPPY BIRTHDAY MR. MARLEY regia Véronique Nah e Alessandro Libertini
7 dicembre: ore 20.45 9 e 15 / 17 dicembre: ore 9.45 8 e 28 / 30 dicembre: ore 18.45
8 / 20 dicembre
LUCA ZINGARETTI
THE PRIDE
di Alexi Kaye Campbell regia Luca Zingaretti ore 20.45, domenica 15.45
28 dicembre / 3 gennaio
EMILIO SOLFRIZZI
SARTO PER SIGNORA di Georges Feydeau regia Valerio Binasco
ore 20.45 eccetto giovedì 31, ore 20.30 domenica 15.45
Biglietteria Via della Pergola 30 Tel. 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com lun. > sab. 9.30 - 18.30, dom. riposo
www.teatrodellapergola.com In vendita in tutto il Circuito Box Office e online
SOMMARIO 4
non siamo mica ad hollywood
di caterina liverani comparse
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signori, adesso cinema! di gabriele ametrano luoghi
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la toscana di monicelli
Sergente Barriferri: Ma Cristo dove sei!? Cappellano: È qua con noi sergente. Se è vero che ha trentatré anni, è dell’84. [La Grande Guerra]
di alba parrini
fermo immagine
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IL BAR
di mattia marasco sapori
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IN QUEL DEL VEGA(R)NO di marta staulo strenne
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natale a firenze di alessandra pistillo personaggi
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il candore dell’innocenza perduta di michelle davis note
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suona la firenze che suona di riccardo morandi sipario
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il gran teatro del mondo di tommaso chimenti
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l’agenda di DICEMBRE boxini
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DICEMBRE da non perdere domande
champagne
di eleonora ceccarelli
di tommaso ciuffoletti
20 ocarina 21
EDITORIALE di matilde sereni
oscar
anche detto shampoo
farfalle
casa jazz
di the nightfly
di giulia focardi
la musica ci salverà
Simone Graziano
prêt-à-porter
nodi da sciogliere
di alice cozzi
di martina milani
22 A CIASCUNO IL SUO i provinciali
24 natale a prato di pratosfera
proviamo a capirci palestra robur
firenze, 1985 di leandro ferretti
in città tutto tranquillo
caro cuore non buttarti giù
di nanni the pug
di carol & giuki
25 caro san bernardus
PER LE FESTE, siate buoni
niente panico
la sciabolata
di tommaso ciuffoletti
di riccardo morandi
26 noi siamo i giovani 27
save the gift
stelle
di faolo pox
29 PAROLE
di gabriele ametrano
30 suoni
E adesso cosa c’entra Monicelli? Con dicembre si chiude il 2015 e con il 2015 salutiamo i primi cento anni di Mario. Che tra Monicelli e Firenze scorra buon sangue e che il fil rouge si aggomitoli intorno ad Amici miei è cosa risaputa e confermata definitivamente dal 18 novembre, quando “Tarapia tapioco, come se fosse antani, blinda la supercazzola”, aka “La Supercazzola”, è entrata di diritto nel vocabolario Zingarelli tra le 500 nuove voci. Nonostante questo noi abbiamo provato a spingerci oltre. Lo abbiamo fatto per darvi uno sguardo sulla città attraverso i suoi occhi, perché i nostri, di occhi, al momento sono annebbiati da altro e hanno carnalmente bisogno di riscoprire il Bello. E in questo, Mario, a modo suo, era bravino. Dicembre è anche mese di classifiche, resoconti, tredicesime, idee, ricerca di idee, ricerca di regali, ricerca di viaggi, vanificarsi delle tredicesime e così via. Quindi tranquilli, non mancheranno spunti per il Natale e per il Capodanno. Troverete champagne, concerti, mostre, mercatini artigianali (anche noi ne facciamo uno!), musica jazz, delicatezze culinarie e amore. Tantissimo amore. In ogni pagina, in ogni parola. Visto che è l’unica cosa che possiamo - e sappiamo - fare. Siamo una rivista gratuita che si occupa di arte e cultura, non dimentichiamocelo mai. La speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda. (M.M.)
di gianluca danti
IN COPERTINA “A MONICELLI” di Giovanni Frasconi Attraverso una mia ricerca personale e profonda sulla figura di Mario Monicelli, ho cercato di indagare l’aspetto psicologico e sociologico che ha rappresentato nel cinema italiano. Il mio lavoro non si è limitato alla mera raffigurazione iconografica del regista; ma ho tentato di entrare in una dimensione di lettura personale come osservatore rispettoso. L’idea parte dalla rappresentazione di un panorama urbano dalle tinte bluastre, di una città vecchia, tradizionale, elemento tipico del cinema neorealista di Monicelli. Al centro si erge la figura di un uomo, nettamente in contrasto con il paesaggio circostante, sia per i colori caldi, sia per i volatili rappresentati dentro il profilo. Gli uccelli, se da un lato riportano alla mente il gesto del regista toscano, lanciatosi dalla finestra dell’ospedale in cui era ricoverato, dall’altro simboleggiano l’idea di libertà che la figura di Mario Monicelli ha sempre trasmesso. Gli uccelli a becco aperto simboleggiano l’approccio alla vita del regista, la sua ironia cinica, il suo sguardo sul mondo. Una personalità che aveva molto da dire e che rimarrà, attraverso i suoi film, sempre attuale. Giovanni Frasconi è un illustratore pratese, frequenta prima l’Accademia di Belle Arti di Bologna, per poi specializzarsi in Illustrazione all’ISIA di Urbino. Il suo modo di rappresentare è percorso da un carattere emotivo e un contatto inscindibile con la natura. Da poco traferitosi a Bologna, lavora come artista freelance, collabora con realtà locali e non, per associazioni, aziende e librerie. Inoltre, progetta e organizza laboratori di illustrazione rivolti ai bambini di tutte le età.
Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Firenze n. 5892 del 21/09/2012 N. 35 - Anno IV - DICEMBRE 2015 - Rivista Mensile - www.lungarnofirenze.it Editore: A ssociazione Culturale Lungarno Via dell’Orto, 20 - 50124 Firenze - P.I. 06286260481 Direttore Responsabile: Marco Mannucci Direttore Editoriale: Matilde Sereni Responsabili di redazione: Gabriele Ametrano, Riccardo Morandi Social Media Manager: Bianca Ingino, Valentina Messina Editor: Cristina Verrienti • Amministrazione: Arianna Giullori Stampa: Grafiche Martinelli - Firenze Distribuzione: Ecopony Express - Firenze Hanno collaborato: Alessandra Pistillo, Marta Staulo, Caterina Liverani, Eleonora Ceccarelli, Alba Parrini, The NightFly, Martina Milani, Alice Cozzi, Tommaso Chimenti, Riccardo Morandi, Giulia Focardi, Pratosfera, Mattia Marasco, Carol & Giuki, Michelle Davis, Leandro Ferretti, Tommaso Ciuffoletti, Nanni, Faolo Pox, Gabriele Ametrano, Aldo Giannotti, Gianluca Danti, Giovanni Frasconi. Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dei proprietari. La direzione non si assume alcuna responsabilità per marchi, foto e slogan usati dagli inserzionisti, né per cambiamenti di date, luoghi e orari degli eventi segnalati. Scopri dove trovare Lungarno su www.lungarnofirenze.it
Si ringrazia la famiglia Fattori per sostenere e credere in Lungarno.
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OSCAR
di caterina liverani
NON SIAMO MICA A HOLLYWOOD
Monicelli e quei quattro film da Oscar
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e I soliti ignoti Mastroianni sbeffeggiato dai “colleghi” per la scarsissima qualità delle sue riprese della cassaforte, realizzate con una cinepresa rubata a Porta Portese, esasperato esclama: «Non siamo mica a Hollywood!», e poche battute dopo è Totò, Dante Cruciani l’esperto scassinatore, a rincarare la dose: «Come film, è proprio una vera schifezza». I soliti ignoti, il film diretto da Mario Monicelli nel 1958, che con la sua scanzonata parodizzazione del neorealismo ha aperto un nuovo cammino per la commedia all’italiana, non era certo una schifezza e a Hollywood ci arrivò eccome! Candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 1958, battuto dal francese Mio zio di Jacques Tati, I soliti ignoti ha conosciuto una fortuna tra le più longeve fra i film italiani arrivati alla ribalta negli Stati Uniti; uscito con il titolo Big Deal on Madonna Steet, oltre ad aver acceso l’interesse dei critici per la genialità della sceneggiatura, la bellezza delle sue riprese fuori dai teatri di posa di Cinecittà e l’interpretazione dei protagonisti come Gassman e Mastroianni, ha conosciuto ben due rifacimenti. Un primo nel 1984 diretto da Louis Malle e interpretato da Sean Penn e uno successivo, e più celebre, nel 2002 intitolato Welcome to Collinwood prodotto da George Clooney impegnato anche come interprete nel ruolo che fu di Totò. Nel 1960 arrivò la seconda candidatura come
miglior film straniero per La grande guerra il film “difficile”, quello che non si doveva fare perché si temeva che una commedia, se pur amara, sulla Prima guerra mondiale, avrebbe turbato il pubblico italiano, che alla fine divenne un manifesto sull’umanità e la fratellanza che nascono spontanee nei momenti più bui. D’altronde era ferma convinzione in Monicelli che la commedia all’italiana, contraddicendo tutte le regole del suo genere, non indulgendo nel lieto fine a tutti i costi, contenendo momenti drammatici e ironizzando sulla morte, la miseria e la fame, potesse arrivare dappertutto, anche a raccontare il tabù della Grande Guerra. Hollywood non si limitò a riconoscere la maestria del Monicelli regista, ma gli rese anche il giusto tributo nella sua prolificissima attività di sceneggiatore, candidandolo insieme agli amici di sempre Age & Scarpelli, Tonino Guerra e Suso Cecchi D’Amico all’Oscar per la migliore sceneggiatura dell’amaro I compagni (1965) sulla dignità e il coraggio della Torino operaia di fine Ottocento, e Casanova 70 (1966) la commedia interpretata da Mastroianni, che aveva già ottenuto una nomination come miglior attore per Divorzio all’italiana. Una lunga storia d’amore quella con la sceneggiatura che Mario Monicelli sentiva forse ancora più affine rispetto alla regia: «Io sceneggio battuta per battuta, dialogando continuamente con i miei colleghi. Non avrei mai potuto fare il regi-
sta se non avessi partecipato così intensamente all’elaborazione di personaggi e luoghi». Seguirono altre due nomination nella categoria di miglior film straniero, quella nel 1969 per La ragazza con la pistola con la bionda ed emancipata Monica Vitti, ancora volto simbolo dell’incomunicabilità antonioniana, trasformata in agguerrita siciliana, ed esattamente dieci anni più tardi insieme a Scola e Risi, per I nuovi mostri feroce ed esasperata satira della società italiana. Ma cosa pensava Monicelli dell’industria del cinema americano che lo aveva dichiarato padre della commedia all’italiana? Che non ne fosse un particolare estimatore non era un mistero; pur riconoscendosi debitore delle commedie di Lubitsch e Wilder, il regista toscano era piuttosto scettico verso il cinema degli Studios: «I colossal non sono il cinema, sono dei cadaveri che non sanno di essere morti che vanno avanti a iniezioni di milioni di dollari. Il vero cinema è fatto di pochi mezzi e molte idee» affermava durante un celebre confronto televisivo con Nanni Moretti alla fine degli anni Settanta. Amava però i film di Cassavetes e a proposito della generazione di Coppola e Scorsese, quest’ultimo suo grandissimo estimatore, riteneva che avesse riscattato un cinema messo in crisi dal neorealismo di Rossellini concludendo che «quando si parla d’arte ci sono sempre di mezzo gli italiani anche se nati in America.»
COMPARSE
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di gabriele ametrano
SIGNORI, ADESSO CINEMA!
S
edetevi. Mettevi comodi su una poltrona e aspettate che il proiettore si accenda. Sul grande schermo sta per cominciare uno dei film di Mario Monicelli. Potrebbe essere Amici miei – atto secondo o Speriamo che sia femmina, o anche I Picari. O addirittura Le due vite del fu Mattia Pascal. In tutti questi ritrovereste un attore. L’unico che ha partecipato come caratterista alle regie di quattro film del Maestro. Siamo sicuri che se fosse presente in sala si alzerebbe in piedi, accosterebbe il dito alle labbra per intimare silenzio e con grande emozione presenterebbe il film con una sola frase: «Signori, adesso Cinema!». Enio Drovandi ama definirsi un ragazzo della provincia, uno di quelli cresciuti in una umile famiglia pistoiese che gli ha insegnato il piacere della miseria e la grandezza dei sentimenti. Poi l’amore per la recitazione e la capacità sul palco lo hanno portato altrove, al fianco di grandi come Mario Monicelli. «Il più grande attore caratterista gli è il Drovandi di Pistoia diceva Mario, che si spacciava per viareggino senza esserlo» ricorda con un po’ di orgoglio il nostro toscano. «Era un uomo con una forza e un coraggio impareggiabile, così come era incosciente. Amava essere attivo e quel suo non essere più indipendente con la malattia lo ha portato al gesto estremo. Quando l’ho saputo non mi
sono meravigliato: la voglia di lasciare tutti a bocca aperta non l’ha abbandonato neanche nel suo ultimo sguardo.» Enio Drovandi lo ricorda come un uomo che amava la libertà, un vero intellettuale, cinico ma capace di essere il Cinema in tutti i suoi aspetti. «Sul set amava e veniva amato ma era capace anche di grandi crudeltà» ci racconta Drovandi. «Mi portò in Spagna sul set de I Picari. Nella scena dovevo ricevere un calcio tra le gambe e, ve lo confesso, puoi essere un ottimo attore, ma sapere di essere preso a pedate proprio lì non è facile. Mi muovevo, avevo timore, e Monicelli andò su tutte le furie. Me ne disse di tutti i colori e mi offese. Fu Enrico Montesano che mi convinse a continuare a girare. Mi disse “è più grande di te, devi capirlo” e io capii che quell’uomo stava facendo la storia del cinema e potevo solo imparare, anche se aveva modi bruschi.» Monicelli gli ha permesso di esprimere il suo estro creativo anche quando la sceneggiatura era già decisa. «Quel “per me la cosa è chiarita” mentre interpretavo il Signor Becchi o il “Madonna del parabrezza” in Speriamo che sia femmina sono mie invenzioni che Monicelli accettò ed esaltò in fase di montaggio» ci rivela Drovandi. «Era un uomo grande che accettava l’improvvisazione geniale.» I due si sentivano a volte e il Maestro, seppur con una carriera da gigante, fu sempre disponibile.
«Giravo sempre con un libro in borsa: un volume che avrei voluto farmi autografare da Monicelli. A Venezia lo incontrai e gli chiesi l’autografo. “Ma tu sei matto, non vale nulla. Varrà qualcosa quando sarò morto, forse” mi disse e io non pensai, mi venne spontaneo. “T’aspetterò” dissi e ci facemmo una sonora risata alla vita.» Enio Drovandi può raccontarlo mille e mille volte questo incontro e mai cambierà di una virgola il suo ricordo di un uomo che rise alla vita e insegnò agli altri a fare altrettanto. Se oggi potesse dirgli qualcosa, un’ultima frase, non la direbbe in modo triste, ma con il sorriso. «Mario ci siamo conosciuti in un periodo meraviglioso, gli anni Ottanta. Ho avuto la fortuna di lavorare con te e di essere al tuo fianco imparando cos’è il cinema. Il vero cinema. Erano tempi in cui i sentimenti erano grandi e a colori mentre le tv erano piccole e in bianco e nero. Oggi tutto è cambiato: le televisioni sono grandi e a colori mentre i sentimenti si sono rimpiccioliti e sono diventati in bianco e nero. Grazie Mario.» E adesso silenzio perché sta per cominciare il film.
in alto: Mario Monicelli dirige Enio Drovandi e Athina Cenci nello stesso film
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LUOGHI
di alba parrini
LA TOSCANA DI MONICELLI
P
arlare della Toscana di Mario Monicelli significa intraprendere un viaggio che inizia subito con una supercazzola come se fosse Antani. Il regista che da sempre ha dichiarato di essere toscano di nascita, più precisamente viareggino, ha scelto Firenze come luogo simbolo della comicità toscana solo in seguito. Verso la fine della sua vita, il critico Stefano Della Casa scoprì che il regista era in realtà nato a Roma, nel quartiere Prati. Si dice che Monicelli alimentasse questo equivoco come omaggio alla città di Viareggio perché, nelle parole del sindaco della città versiliese Lunardini «amava talmente tanto Viareggio che considerava questa città il luogo in cui era nata la sua anima, quindi lui stesso. E perciò elesse Viareggio a sua città natale, come riportano tutte le enciclopedie e le biografie sulla base della testimonianza diretta raccontata dall’interessato.» Dunque Monicelli era toscano soltanto di elezione. Ciò non toglie il fatto di essere riuscito ad assorbire lo spirito fiorentino, inteso sia come animo che come attitudine ironica e dolce amara alla vita, fino al punto da diventarne uno degli emblemi. È risaputo che Monicelli adorasse profondamente la Toscana, eppure si suppone che il suo rapporto con il capoluogo fosse in bilico tra amore odio, almeno tanto quanto lo era il suo sentimento verso i personaggi della pellicola più
cara ai fiorentini, Amici miei. Dire Amici miei equivale a dire Firenze. Ecco perché il Bar Necchi in via dei Renai 17 è stato fino a due mesi fa molto apprezzato e frequentato, nonostante la diversa location. Negli stessi locali aveva infatti aperto il Bar Negroni, storico ritrovo in san Niccolò, fino alla chiusura lo scorso ottobre. Certo è che la Firenze abitata e vissuta da Monicelli è molto diversa da quella del 2015. Basti pensare che la clinica del Sassaroli, idealmente situata a Pescia, altro non è che la Villa del Salviatino, oggi relais di lusso che niente ha da spartire con le zingarate dei quattro vecchi del gruppo. E come dimenticarsi della scena degli schiaffi dal treno in Santa Maria Novella? È facile capire quanto tutto sia cambiato se pensiamo che adesso per avvicinarsi al binario occorre prima mostrare il biglietto. Magari oggigiorno le zingarate non sarebbero più possibili. Monicelli e Amici miei sono tutt’uno con il quartiere Santo Spirito. Se vi è mai capitato di parlare con un ex sessantottino, forse saprete a quale tipo di immaginario popolare facesse riferimento il regista. Erano i primi anni Settanta, gli anni del fermento, nessuno era stabile, non esisteva ancora la consapevolezza del benessere economico. In Oltrarno si respirava ancora l’aria del paese, più che del quartiere, con le macchine che giravano senza impedimenti e la gente che viveva spesso la strada, oltre che per strada. Non
è un caso che la scena finale del film, quella del funerale del Perozzi, sia ambientata proprio in Piazza Santo Spirito. A suggellare questo legame profondo tra la città e uno dei registi che più ha saputo capirla, nel 2010 Santo Spirito è tornato a essere il soggetto di un cortometraggio che proponeva un finale diverso per il film. L’ultima zingarata, è stato girato quindi con l’intento di inscenare «un funeralone da fargli pigliare un colpo a tutti e due a quelli… E migliaia di persone, e tutti a piangere… E corone, e telegrammi, bande, bandiere, puttane e militari…» per dirla con le parole che Monicelli fa pronunciare a Moschin. Alle riprese hanno partecipato, oltre al Maestro stesso, anche la banda musicale di Fucecchio, un gruppo di majorette e tantissime comparse accorse da tutta la città. Diverso è il caso dell’ambientazione di Speriamo che sia femmina, pellicola girata in Maremma che vanta una delle rarissime partecipazioni da interprete del regista. Pochi infatti sanno che oltre a questa, nel Ciclone di Peraccioni, la voce del nonno che grida dalla finestra del casale è proprio quella di Monicelli. Anche la produzione di Under the Tuscan Sun del 2003, girato nella campagna tra Arezzo e Firenze, lo coinvolge come attore per celebrare i paesaggi agresti toscani.
FERMO IMMAGINE
di mattia marasco
IL BAR
È
tempo di zingarate. Perozzi, Mascetti e Melandri parcheggiano di fronte al bar del Necchi. Suonano il clacson per invitarlo a far presto, ma attirano l’attenzione di un vigile: «Tarapia tapioco… prematurata la supercazzola o scherziamo?», «Prego…?», «No, mi permetta: no, io… scusi, noi siamo in quattro, come se fosse antani anche per lei soltanto in due oppure in quattro anche scribacchi a pofalina. Come antifurto, per esempio!». Da qui alla leggenda il passo è breve. Questa scena di Amici miei si imprime in poco tempo in quel luogo e nel cuore di Firenze che riconoscerà nel numero 17 di via dei Renai un simbolo della goliardia e della spensieratezza a cui i fiorentini ameranno abbandonarsi volentieri, forti del fatto che del doman’ non c’è certezza. Nel mondo di oggi, fatto di zone a traffico limitato e di serate shot&go, forse c’è poco spazio per i miti e le leggende nati dalla mente di Monicelli. È per questo che il Bar Negroni, sorto dalle ceneri del Bar Necchi circa quattordici anni fa, proprio questo autunno, ha deciso di chiudere la saracinesca, salutando Firenze con la promessa che sarà solo un arrivederci. Gli amanti delle supercazzole restano in attesa.
www.lamiafirenze.mattiamarasco.it
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SAPORI
di marta staulo
IN QUEL DEL VEGA(R)NO
A
desso che in rete echeggia la notizia che il glutine fa male, che la carne rossa è cancerogena, che la caseina pure (The China Study, ndr) e nonostante si abbiano ancora dubbi sul sesso orale, le prese in giro verso i vegani paiono essersi esaurite e “Salva una pianta, mangia un vegano” ha smesso di essere il claim del momento. Nonostante cibarsi di insetti sia appena stato dichiarato legale, i vegani sono sempre più numerosi, personcine simpaticissime – quando non ti accusano di omicidio plurimo – che mangiano solo piante e tutto quello che ne deriva per motivi di sensibilità e/o di salute e/o di amore nei confronti di altre personcine green come loro, per le quali la fiorentina non è altro che la squadra del cuore. Questa è una selezione dei locali in città dove gli unici animali ammessi al tavolo siete voi. Bioveggy - via Erbosa 12/r martedì-domenica 19.30-22.30 venerdì-sabato 19:30-23:00 Nella sempre più crescente offerta vegan, Bioveggy, ristorante biologico e vegano, decide di porsi come una delle pochissime realtà totalmente gluten free in città. Decisione a cui affianca quella di proporre numerosi piatti raw (crudisti) tra cui compare persino la pizza. Un progetto di Cinzia Re, imprenditrice proveniente dal mondo della musica, in collaborazione con il suo socio Riccardo, nato con la missione di dare un’opportunità di scelta alle persone.
Una scelta, quella di Bioveggy, di intraprendere un percorso alimentare davvero stretto nel quale riesce a giostrarsi con piatti caleidoscopici dove gli chef a rotazione si mettono alla prova nell’offrire il meglio della loro esperienza e passione per il cibo. Aperto solo a cena, nota interessante nel menù è le presenza di piatti di degustazione, di assaggi cotti o raw e dei fermentini, simili a formaggi, ma a base di frutta secca, insaporiti con spezie ed erbe fresche, serviti con pere e composte di frutta. Dolce Vegan - via San Gallo 92/r lunedì-domenica 12.00-15.00 19.30-23.30 martedì chiuso Per quanto lo si possa confondere con una pasticceria, Dolce Vegan in via San Gallo è uno dei primi locali in città ad affacciarsi sul mondo cruelty-free, termine che specifica nel suo pay-off. E oltre a non essere solo una pasticceria, Dolce Vegan è un piccolo ristorante dove si apparecchia (e sparecchia) da soli, si compila la lista dei piatti scelti e si ritira al banco quando è pronto. Questa impronta di indipendenza, si riflette anche in buona parte nella composizione del menù, che permette di ordinare primi abbinando tipi di pasta e condimento, così come creare delle insalate secondo le voglie del momento. E se preferiamo apparecchiare a casa, Dolce Vegan è anche take-away (e catering su prenotazione) che rende l’intero menù disponibile da asporto in confezioni biodegradabili.
Silvana - via de’ Neri 12/r lunedì-mercoledì 8.30-22.00 (solo pranzo 12.00-16.00) giovedì-sabato 8.30-00.00 (pranzo e cena) domenica 8.00-20.00 Se Silvana sia stata una donna vegana non si sa, ma il suo nome neorealista – ah, la Mangano e i suoi campi di riso! – sembra garantire un’impronta di genuinità al bar. Di sicuro Cristian Giorni, fino a poco tempo fa in forza al Mercato Centrale, ha preso le redini del locale dirottandolo su un’offerta che esclude in modo categorico ogni ingrediente di origine animale. Siamo in via dei Neri, il nuovo asse dello street food urbano, e Silvana non è solo un bar dove le merende sanno di infanzia anche senza burro, ma soprattutto un ristorante e punto vendita di prodotti e libri in linea con le proposte della propria cucina, nonché delle opere che espone a decorare i propri spazi. Naturalmente consapevoli e vegani sono anche gli aperitivi e il brunch proposto tutte le domeniche in un ambiente davvero green, pareti del locale e del bagno incluse, dove non ci si può alzare dalla sedia senza aver assaggiato la crema scintillante, gelatino di crema al limone con semini vari (mandorle, chia e canapa) che scoppiettano sotto i denti e che non ti fa andare via senza prima aver tirato a lucido la coppetta con la lingua. Leggi anche l’articolo KEEP CALM E LEGGI VEGANO su www.lungarnofirenze.it
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STRENNE
di alessandra pistillo
Natale a Firenze appuntamenti e mercatini in città
N
atale 2015. Fiorentini, ci siete? Pronti, che la corsa ai regali è già cominciata e mica possiamo farci mancare lo stress da shopping compulsivo proprio adesso. È arrivata l’ora di immergerci dentro fiumi di esseri umani, riversarci per le strade, restare sommersi da una quantità inverosimile di pacchi e stiparci dentro grandi magazzini, in coda alle casse e in preda alla frenesia. E se quest’anno ce la vivessimo diversamente? Potremmo rispondere all’ansia del consumismo con la bellezza della tradizione. Non sarebbe male se tornassimo a coltivare con lentezza, presenza e consapevolezza lo spirito del dono: a cominciare dalla scelta dei luoghi dove comprare i regali. I mercatini di Natale, ad esempio, sono il posto giusto per ritrovare la vera atmosfera natalizia. Le loro origini antiche, che affondano le radici nelle fiere paesane, possono farci riscoprire lo spirito del Natale di dickensiana memoria. Firenze offre spunti molto interessanti al riguardo, mercatini tradizionali e di beneficienza sparsi in lungo e in largo per la città. Così abbiamo pensato di regalarvi un elenco delle atmosfere più suggestive da visitare. Dal 2 al 20 dicembre torna in Piazza Santa Croce il Weihnachtsmarkt, mercatino di tra-
dizione tedesca che ricrea un tipico villaggio natalizio con chalet di legno illuminati. Dall’8 dicembre al 6 gennaio Largo Pietro Annigoni si trasforma nel Villaggio di Babbo Natale: piste per pattinare sul ghiaccio, spettacoli, street food, bancarelle equo solidali e Babbo Natale in persona pronto a leggere le letterine di tutti i bambini. L’appuntamento con la solidarietà invece è all’Obihall dal 4 al 6 dicembre con Aspettando il Natale, la mostra-mercato realizzata a sostegno della Croce Rossa Italiana, i cui proventi andranno alle persone bisognose dell’area fiorentina per fornire loro abiti, alimenti e supporto economico. Dal 18 al 20 dicembre anche Palazzo Corsini diventa solidale con il NataleperFile, e gli espositori presenti (grandi brand e artigiani locali) devolveranno parte del ricavato alla Fondazione Italiana di Leniterapia. Un altro appuntamento importante con la solidarietà: dal 1 al 24 apre in via Ginori 14 il temporary store Natale per Emergency, che raccoglie fondi a sostegno del progetto Programma Italia, per garantire un’assistenza sanitaria a tutti coloro che ne hanno bisogno e che non possono permettersela. Gli orari di apertura sono dalle 13.00 alle 19.00 nei giorni feriali, dalle 10.00 alle 19.00 nei weekend e nei festivi dalle 10.00 alle 18.00.
Segnaliamo anche l’open day di Busajo Onlus, un mercatino natalizio che si svolgerà il 13 e 14 dicembre dalle 15.00 alle 20.00. L’associazione per i bambini e le bambine di strada di Soddo, in Etiopia, ci invita così a scoprire la sua nuova sede in via delle Caldaie 14, dandoci la possibilità di acquistare una Gift Card Giunti con lo sconto del 20%, oggetti di artigianato etiope e tanti deliziosi gadget. Il 20 dicembre ricordiamoci della Fierucolina di Natale che si terrà in piazza Santo Spirito, mentre l’8 dicembre appuntamento in piazza SS. Annunziata con la tradizionale fiera dei prodotti dell’agricoltura biologica, dell’artigianato manuale e della vita vernacolare. Anche la Fortezza, infine, si accende dall’11 al 14, per farci immergere in un ambiente caldo e accogliente a curiosare tra stand di ogni genere, con degustazione di prodotti tipici, musica natalizia e Babbo Natale che passa anche da qui per chiacchierare con i più piccoli. Cari fiorentini, il calendario è fitto, nonché molto utile a ricordarci che il momento degli acquisti può essere trasformato in un tempo di solidarietà e relax. Non resta che l’imbarazzo della scelta.
PERSONAGGI
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di michelle davis
il candore dell’innocenza perduta
L
olite dalle iridi annebbiate, visi tondi, spigolose pose plastiche. Crude pennellate raffigurano estraniate e sottili figure femminili la cui centralità sembra metterle in una condizione di stelle disagiate, protagoniste involontarie di sogni ambigui. Queste creature aliene e sensuali sono figlie del pittore toscano Diego Gabriele, classe 1981. In una piovosa giornata ottobrina siamo riusciti a strappare il pittore dalla sua fervida attività per scambiare quattro chiacchiere sulla sua arte e sulle sue muse disincantate. «La prima bimba che ho disegnato era nel 2003, pausa pranzo, quattro salti in padella riscaldati male, un post-it e una penna. Ce l’ho ancora, raffigura una bimba con una testa davvero grande. Ricordo che tornai a casa, avevo un paio di tele piccole e le imbrattai con dell’ecoline nera. Prima di quel momento mi dilettavo a disegnare fumetti e illustrazioni, avevo fondato una casa editrice di fumetti indipendenti, Medicina Nucleare, ma da quei primi lavori capii che potevo raccontare storie anche con i quadri.» Come Toulouse Lautrec e Kirchner, Diego Gabriele ha scelto il cartone come suo supporto prediletto: «Inizialmente l’uso del cartone era dettato da una necessità, poi mi sono appassionato, passando all’acrilico e ai pastelli. Ho sempre cercato una tecnica per dare risalto al tratto. Pur essendo
appassionato di fumetti e dello stille grafico di Trevor Brown, Junko Mizuno, Range Murata, Yoshitoshi Abe e l’immancabile Hayao Miyazaki, la mia vera influenza pittorica sono Tranquillo Cremona, Modigliani, Soutine, Schiele, Donghi e Casorati». La commistione tra diversi stili è evidente nelle sue opere, dove si fondono la sua anima da mangaka e il suo amore per artisti storici. Diplomato all’Istituto d’Arte di Siena, Gabriele ha esposto in grandi città europee e in location prestigiose come il compianto Tacheles di Berlino e la MF Gallery di New York. In Italia ha lavorato con diverse realtà indipendenti, oltre a cimentarsi in performance di live painting e a creare design per linee di abbigliamento parigine. «Mi piace moltissimo collaborare con altre realtà artistiche, è stimolante ed emozionante. Inizialmente ho un vuoto, il niente, poi le idee iniziano ad affiorare, ed è allora che nascono i nuovi progetti. Così è stato, ad esempio, per il disco del cantautore Atterraggio Alieno, di cui una volta realizzato l’artwork, ho autoprodotto un ebook con le illustrazioni ispirate al suo album il Disgelo.» Pur avendo scelto Firenze come città di adozione, da tempo Diego Gabriele sfida i limiti di quella che lui stesso definisce Firenzeland: «Direi che percepisco le creatività fiorentine come discontinue e a compartimenti stagni. Firenze negli ultimi
anni è stata modificata profondamente, molto è stato migliorato, sono nate delle belle realtà: nuove librerie, conferenze di alto livello, nuovi artigiani, coworking, forse troppa poca musica indipendente. Le realtà esistono, ma non sono collegate fra loro. Spesso deleghiamo al web gran parte della comunicazione, non solo per promuovere gli eventi, ma anche nelle pubbliche relazioni. Credo che dovremmo uscire dai nostri studi per interagire maggiormente, mapparci e dialogare». Fermo sostenitore dell’autoproduzione, ha recentemente pubblicato una raccolta intitolata 149 Post-It, dedicato ai piccoli foglietti gialli che dal 2006 al 2009 sono serviti da ricettacolo semi-adesivo per i suoi pensieri e scarabocchi volanti. A Firenze il libro può essere trovato presso la Libreria Todo Modo di via dei Fossi. Nel tempo, le sue bimbe si sono fatte più grandi, più sofisticate. Ogni giorno la pagina Facebook Diego Gabriele Art si popola di volti nuovi, disegni a mano libera e chine finemente elaborate. Da pubescenti schizzi d’inchiostro le sue bambine hanno acquisito corposità, colore e forza. In loro si annida la bellezza di una malinconia consapevole.
in alto: “Le personalità” (dettaglio) di Diego Gabrile, 2015
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NOTE
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di riccardo morandi
SUONA LA FIRENZE CHE SUONA
V
acanze estive, Natale, Pasqua, Capodanno. Inutile girarci intorno, le ricorrenze hanno legato a sé un fotogramma: qualcosa che ricorderai, magari senza troppa enfasi, ma ricorderai. Io aggiungo a questi eventi temporali il Rock Contest insieme al Festival di Sanremo. Ma tralasciamo il secondo avvenimento, di cui disquisiremo a febbraio, e parliamo del primo. Cominciamo chiamandolo solo Contest, perché la parola rock spesso viene glissata da noi aficionados come succede per i Rolling Stones, che diventano Stones, o ai Creedence Clearwater Revival (alla faccia del nome) che per tutti sono i Creedence. Il Contest me lo ricordo sin dalle superiori, quando girava in classe un CD o una cassetta con dentro canzoni dei Cayo Rosso (i cui testi avrebbero fatto impallidire anche i 99 Posse per quanto fossero schierati) e i Magic Candle Corporation che, se non sbaglio, vinsero quell’edizione. Il Contest me lo ricordo a metà anni 2000, quando rimossero la mia macchina parcheggiata in curva sopra via Mercati, perché la Flog, luogo storico della finalona, presentava come avviso di posti auto esauriti un cartello che oramai per tutti i fiorentini è un’opera d’arte concettuale. Ho anche suonato ben due volte, al Contest, guadagnandomi un bel terzo posto. Perché, dimenticavo, che c’è una regola implicita fra i ragazzi di Firenze, una sorta di comandamento
tramandato oralmente: se suoni uno strumento, se canti, prima o poi passerai dal palco del Rock Contest. Almeno una volta. È forse didascalico fermarsi a spiegare nel dettaglio da comunicato stampa i numeri e le dinamiche di questo concorso per band emergenti, di fatto il più importante d’Italia. È comunque giusto, per dovere di cronaca, dire che di qui sono passati Roy Paci, Irene Grandi, Dirotta Su Cuba, Offlaga Disco Pax, Street Clerks, che vede ogni anno una giuria composta da alcuni dei giornalisti italiani più competenti, insieme a personaggi della musica rock come Piero Pelù e Manuel Agnelli, e che quest’anno Luciano Ligabue ne è il testimonial. Insomma, quel concorso nato nel 1984 dalla forza di Controradio, emittente radiofonica fiorentina nonché faro della cultura alternativa, ripreso e portato avanti dal 2002, in primis da Giuseppe Barone e da Ernesto De Pascale, è un super concorso. Ma come anticipato in precedenza, l’atmosfera che vi si respira non è semplice esibizione. Quello che ho vissuto in prima persona è la potente alchimia dei ragazzi di tutta Italia, più o meno giovani, che spediscono demo e macinano chilometri invernali per esibirsi, fortificando l’idea di promozione musicale con concretezza. Tutti coloro che hanno fatto parte di questo mondo sanno quanta competenza e rispetto per le band si nasconde dietro al progetto. Progetto
arricchito dalla conduzione di Stefano “Trevis” Luporini ed Edo, una sorta di duo che mescola Pippo Baudo del 1986 con I Giancattivi di Ad Ovest di Paperino. Il tutto accompagnato dalla diretta radio, coinvolgente per le band, per gli ospiti ma soprattutto per il pubblico. Perché arrivando all’Auditorium Flog presto, e non come il sottoscritto, è possibile ascoltare la diretta di Giustina Terenzi durante la prima esibizione mentre ancora si sta parcheggiando la macchina. Prendere poi la schedina, votare e fare il totovoto con i presenti. Un gioco che si verifica una volta all’anno, e a cui tutti teniamo. Intendiamoci, il Rock Contest ospita di tutto. Quindi non spacciatevi per dei moderni Gino Castaldo, il cui metro di giudizio ci sembra forse più adatto a una rassegna di filarmoniche della Germania est del 1975, ma nemmeno fate come Simona Ventura che, nonostante la bravura, ha coniato la semplicistica espressione “mi arriva”. Andate alla Flog, beccatevi il CD dello scorso anno in regalo, ascoltate le band e votate. E soprattutto, dopo il concerto, quando i ragazzi saranno in giro a farsi le foto di rito con i fotografi Marco Quinti e Giulia Nuti (due personaggi che meriterebbero il Nobel per la Pace, per la serenità, la bravura e la pazienza), fermateli e fate loro i complimenti. Il Rock Contest suona, suona la Firenze che suona, e non solo. Evviva.
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SIPARIO
di tommaso chimenti
IL GRAN TEATRO DEL MONDO
N
uove incertezze nebulose si addensano cupe e gonfie alla fine di un altro anno di questo millennio appena cominciato e che già malediciamo. Immersi nelle celebrazioni dei cento anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale, evidentemente abbiamo mancato tutte le altre, troppo complicate da vedere nel presente. Più facile ricordare la corrida che prendere il toro per le corna quando sta sbuffando e raspando con lo zoccolo a terra. I teatri sono diventati di colpo luoghi non più così sicuri (non lo saranno mai a pieno, cosa volete metterci i metal detector?), ricordando il Dubrovka moscovita e il Bataclan parigino. Luoghi per gente inerme, sognatori che a bocca aperta decidono di credere, con un patto collettivo e condiviso, a quello che dal palco stanno raccontando. Ci piacciono le bugie, le menzogne, le metafore, i paradigmi, i paradossi, le parabole, il vero che si miscela con il falso, il non accaduto che è universale perché potrebbe essere accaduto chissà dove o perché potrebbe diventare realtà domani. In questo clima di ricordo (e poesie e commemorazioni e corone di fiori secchi e minuti di silenzio e bande istituzionali e discorsi alla nazione e ufficialità e patriottismo e inni e fanfare) di una Guerra lontana e scordata (in definitiva
il “nostro” conflitto è la Seconda con Nazismo e campi di concentramento) arriva L’ultima estate dell’Europa (4 dicembre, Teatro Puccini) con Giuseppe Cederna imbonitore e guida tra le pieghe di uno scontro sottovalutato senza veri vincitori. Le parole di Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz, tra gli altri, sono specchio e cartina al tornasole, rimbalzo e riflesso per spiegare l’inspiegabile, per dare un senso a un dolore senza giustificazioni. Niente da celebrare, sarebbe meglio invece cerebrale. Lo stato a base religiosa ha fallito, per questo una Missalaika (8, Fabbricone), una preghiera non immersa in alcun credo, potrebbe avere delle virtù e delle possibilità di riuscita. Arturo Annecchino, che da anni firma le più belle musiche e i tappeti sonori per il teatro di qualità, stavolta si fa primattore, confortato e nascosto ed esaltato dietro al suo pianoforte nero. Abbiamo ancora bisogno di giungere le mani rivolte al cielo, forse lo stesso cielo dove fu costretta a volare proprio Laika, la cagnolina martire, morta per andare a toccare le stelle, o magari Dio. Tutt’altro tono, e ne abbiamo bisogno, per le performance, sgangherate e insieme raffinate, della Banda Osiris (11, Teatro Puccini), dal titolo Le dolenti note, che se nel loro essere esilaranti e musicalmente popolari e alte sono sem-
pre estrose, irriverenti, deliziosamente balcaniche e sciagurate; seviziatrici di opere classiche, torturano Bach e Beethoven. Passano gli anni ma la Banda ancora sprizza vitalità e saccheggia note e mitraglia medley, agganci, assonanze: intramontabili, inamovibili, eterni evergreen, inarrivabili, ora e sempre viva Wanda. Tornano ancora una volta in Italia, e di nuovo a Firenze, grazie alla visione internazionale dei Pupi e Fresedde che ne hanno fatto una bandiera dei loro cartelloni in questi ultimi anni, il gruppo spagnolo degli Yllana. Dopo essersi cimentati, e dopo aver visto nello spazio di Mordini & Savelli, con un safari pericoloso e sguaiato in Zoo, con toreri sull’orlo di una crisi di nervi e d’isteria in Muu!, con il mondo del mare in Splash, con pistoleri e Colt, con indiani e assalti alla diligenza in Far West. Giocosi e giocolieri, fumosi e colorati, stavolta sfatano, demitizzano e sdrammatizzano l’universo mafioso, quello della Mala organizzata in Baciamo le mani, perfetto per chiudere un altro annus orribilis e tuffarsi nel 2016 (31 dic-3 gen), che nella legenda della Smorfia napoletana è “o’ Culo”. La traduzione è superflua.
DICEMBRE MARTEDÌ 1 IL NEMICO (1-11/12) Circolo La Pace (Compiobbi) ing. 15/12 ART MIAMI (1-6/12) Eduardo Secci Contemporary (FI) ing. libero GUSTO VISIVO (1/12-31/01) Vinci Eataly (FI) ing. libero L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTÙ (1-6/12) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/32 euro SPAZIO DI NATALE EMERGENCY (1-24/12) Provincia via de’ Ginori (FI) ing. libero MERCOLEDì 2 IETRICH PARADES+SERGEY D KHACHATRYAN Teatro Verdi (FI) ing. 16/13 euro GIOVedì 3 QUEST’ITALIA SUONA IL JAZZ Teatro Puccini (FI) ing. 12 euro BATTUAGE (3-5/12) Teatro di Rifredi(FI) ing. 16/14 euro L A MERAVIGLIOSA AVVENTURA DEL TANGO Auditorium al Duomo (FI) ing. 15 euro ENJOY FIRENZE (3-29/12) Varie locations (FI) ing. NP BIGA Rex (FI) ing. libero FINISTER Combo Social Club (FI) ing. libero KEBAB PER DUE Todo Modo (FI) Ing. libero TAMANDUA’ Ditta Artigianale (FI) ing. libero JAZZ E ALTRE VISIONI Pinocchio Jazz (FI) ing. libero DENTRO LA MUSICA Obihall (FI) ing. NP 2X2=5 (3-4/12) Teatro della Pergola (FI) ing. 12/10 euro VENERdì 4 L’ULTIMA ESTATE DELL’EUROPA Teatro Puccini (FI) ing. 8 euro I SEGUGI INFERNALI DEL PURGATORIO Combo Social Club (FI) ing. libero L A MIA S’IGNORA Circolo Il Progesso (FI) ing. NP
S WINGIN’ TOWN Auditorium Flog (FI) ing. 8/5 euro A SPETTANDO IL NATALE (4-6/12) Obihall (FI) ing. 5 euro CESAR MARTIGNON & MAMBO KIDS Tasso Hostel (FI) ing. libero JESUS CHRIST SUPERSTAR Teatro Verdi (FI) ing. 20/55 euro VERMOUTH ON THE RO(CKS) X Teatro di Cestello (FI) ing. 15/13 euro SABATO 5 I VIAGGI DI GULLIVER Teatro Verdi (FI) ing. 8/5 euro THE GAME Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 euro L’ACQUA CHETA (5-13/12) Teatro Reims (FI) ing. 15/12 euro RIVER TO RIVER (5-10/12) Teatro Odeon (FI) ing. NP JUSTDANCE KIDS Le Murate Caffè Letterario (FI) ing. libero con prenotazione L’AMORE È... Teatrodante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. 7/5.50 IN THE HEART OF THE SEA (5-13/12) Spazio Alfieri (FI) ing. 7 euro MONKEY SHOW Combo Social Club (FI) ing. libero DISAPPEARS+HIS CLANCYNESS Glue (FI) ing. libero con tessera RE.START PARTY Circolo Il Progesso (FI) ing. NP FINALE ROCKCONTEST Auditorium Flog (FI) ing. 10/5 euro DEBORA PETRINA Pinocchio Jazz (FI) ing. NP THÈ CON L’ARTISTA Cartavetra (FI) ing. libero ANTONELLO VENDITTI Mandela Forum (FI) ing. 30/60 euro BOOSTA Viper Theatre (FI) Ing. 15 euro L A SCUOLA DELLE MOGLI (5-8/12) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 euro QUESTA VOLTA TE LO DICO CHE TI AMO (5-6/12) Teatro Lumière (FI) ing 15/13 euro ARTOUR (5-7/12) Piazza Strozzi (FI) ing. libero
DOMENICA 6 C AVEMAN - L’UOMO DELLE CAVERNE Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 euro B.KIDZ BATTLE Auditorium Flog (FI) ing. 10 euro LUNEDì 7 OMEO E GIULIETTA (7-8/12) R Teatro di Rifredi(FI) ing. 16/14 euro NECESSARIAMENTE Auditorium Flog (FI) ing. 10 euro NEXTECH SPECIAL Fortezza da Basso (FI) ing. 32 euro MOODYMANN Viper Theatre (FI) Ing. NP SCHIACCIANOCI Teatro Verdi (FI) ing.19/31 euro MARTEDÌ 8 L A REGINA DELLA NEVE Teatro Puccini (FI) ing. 8 euro FAVOLE AL TELEFONO Teatrodante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. 12/8 euro DONI CARTAVETROSI Cartavetra (FI) ing. libero THE PRIDE (8-20/12) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/32 euro RENZO ARBORE E L’ORCHESTRA ITALIANA Teatro Verdi (FI) ing. 26/86 euro FIERUCOLA DELL’IMMACOLATA Piazza Santissima Annunziata (FI) ing. libero MERCOLEDì 9
GIOVedì 10 SELFIE (10-12/12) Teatro di Rifredi(FI) ing. 16/14 euro ANY OTHER Combo Social Club (FI) ing. libero FREDDIE MAGUIRE AND THE BAND Ditta Artigianale (FI) ing. libero CINQUANT’ANNI DALLA MORTE DI LE CORBUSIER (10-11/12) Le Murate (FI) ing. libero HUGO RACE Circolo Il Progesso (FI) ing. NP PETER HOOK & THE LIGHT Viper Theatre (FI) ing. 15/20 euro
IX MEETING SUI DIRITTI UMANI X Mandela Forum (FI) ing. NP AN HARD BOILED STORY (10-13/12) Teatro di Cestello (FI) ing. 15/13 euro VENERdì 11 AIA NANNI G Teatro Puccini (FI) ing. 5 euro LE DOLENTI NOTE Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 euro DOLCE VITA (11-20/12) Cango (FI) ing. 10/8 euro SOFIA BRUNETTA Rex (FI) ing. libero GULP! Combo Social Club (FI) ing. libero BALKAN PARTY Auditorium Flog (FI) ing. 8/5 euro VERNISSAGE ROSSO Cartavetra (FI) ing. libero MECNA Viper Theatre (FI) Ing. NP FISTFUL OF THRASH Cycle (Calenzano) ing. NP ANIMALI DA BAR (11-13/12) Teatro della Pergola (FI) ing. 12/10 euro SABATO 12 F ORBICI E FOLLIA (12-13/12) Teatro Politeama (Prato) ing. 14/18 euro L A PORTI UN BACIONE A FIRENZE Teatrodante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. 12/10 euro LUCA DE GENNARO Life Club (FI) ing. 5 euro FIORE SUL VULCANO Combo Social Club (FI) ing. libero STUDI DI COMPOSIZIONE MANIERISTA (12/12-20/02) Museo Marino Marini (FI) ing. 6/4 euro L A NOTTE Glue (FI) ing. libero con tessera COLLA/JEU Black Spring (FI) Ing. libero IL TEATRO DEGLI ORRORI Auditorium Flog (FI) ing. 13 euro PASQUALE MIRRA & GABRIELE MITELLI Pinocchio Jazz (FI) ing. NP OFFICINA RACCONTO ILLUSTRATO Cartavetra (FI) ing. libero HOT SHOT Viper Theatre (FI) Ing. NP PINOCCHIO (12-13/12) Teatro Verdi (FI) ing. 25/37 euro
MUSICA TEATRO ARTE CINEMA EVENTI PERCHÉ A FIRENZE NON C’È MAI NIENTE DA FARE... C OPPIA APERTA (12-13/12) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 euro ODISSEA (12-13/12) Teatro Lumière (FI) ing 15/13 euro DOMENICA 13 C ANTO DI NATALE Teatro Puccini (FI) ing. 8 euro TI DONO UNA STELLA Teatrodante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. NP LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA (13-14/12) Sala Vanni (FI) ing. 15 euro IN SUA MOVENZA È FERMO Teatro della Pergola (FI) ing. 15/12 euro FIERA DI SANTO SPIRITO Piazza del Carmine (FI) ing. libero LUNEDì 14 HUMANKIND 79rosso (FI) ing. libero LOLITA Teatro Manzoni (Calenzano) ing. 13/10 euro THE HUNGER GAMES (14-15/12) Cinema Odeon (FI) ing. 8 euro MARTEDÌ 15 POSSESSIONE DEMONIACA Next Emerson (FI) ing. libero CINE MAGIC SHO (15-16/12) Spazio Alfieri (FI) ing. 15 euro JAM LAB Teatro del Romito (FI) ing. libero MERCOLEDì 16 BRUNA È LA NOTTE (16-19/12) Circolo Il Progesso (FI) ing. NP STAR WARS 7 (16-31/12) Cinema Odeon (FI) ing. 8 euro GIOVedì 17 UINTETTO DI OTTONI E Q PERCUSSIONI DELL’ORT Teatro delle Arti (Lastra a Signa) ing. NP UNA CITTÀ CHE BALLA (17-18/12) Teatrodante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. 15 euro IRRATIONAL MAN (17-31/12) Spazio Alfieri (FI) ing. 7 euro MICHAEL BYRNE+MILLELEMMI Rex (FI) ing. libero
TTILA & MIGHTY CEZ A Combo Social Club (FI) ing. libero MALIBRA TRIO Ditta Artigianale (FI) ing. libero L A CITTÀ DEL JAZZ Pinocchio Jazz (FI) ing. libero THE CHARLESTON MASS CHOIR Teatro Verdi (FI) ing. 18 euro VENERdì 18 PRESUNZIONE (18-19/12) Teatro di Rifredi(FI) ing. 16/14 euro BUTTERFLY SHOWCASE Combo Social Club (FI) ing. libero GIANLUIGI TOSTO Teatro Puccini (FI) ing. 5 euro NATALEPERFILE (18-20/20) Palazzo Corsini (FI) ing. NP CAMILLOCROMO BEAT BAND Auditorium Flog (FI) ing. 8/5 euro ZUMPA & BALLA Viper Theatre (FI) Ing. NP UNEVEN STRUCTURE Cycle Club (Calenzano) ing. 10 euro + tessera ACSI MADE IN CHINA (18-20/12) Teatro della Pergola (FI) ing. 12/10 euro EVOLUSHOW 2.0 (18-20/12) Teatro Verdi (FI) ing. 26/63 euro IL CLAN DELLE VEDOVE (18/12-10/1) Teatro di Cestello (FI) ing. 15/13 euro SABATO 19 I L PICCOLO PRINCIPE (19-20/12) Teatro Puccini (FI) ing. 8 euro SWINGABILLY CHRISTMAS Combo Social Club (FI) ing. libero SHENZHEN SIGNIFICA INFERNO (19-20/12) Teatro Manzoni (Calenzano) ing. 13/10 euro GODBLESSCOMPUTER Glue (FI) ing. libero con tessera ALICE C’EST MOI Black Spring (FI) Ing. libero NO ONE BAND Auditorium Flog (FI) ing. 8/5 euro CESAR MARTIGNON & MAMBO KIDS Pinocchio Jazz (FI) ing. NP TIZIANO FERRO (19-22/12) Mandela Forum (FI) ing. NP AUCAN Capanno Blackout (Prato) ing. 10 euro
LI ATROCI+RUNOVER+CAJAVERO G Cycle Club (Calenzano) ing. NP PIEDI DI FELTRO (19-20/12) Teatro Lumière (FI) ing 15/13 euro FORTEZZA ANTIQUARIA (19-20/12) Piazza Vittorio Veneto (FI) ing. libero SCANDALO SOBRIO Nof Club (FI) ing. libero DOMENICA 20 F IERUCOLA DI NATALE Piazza Santo Spirito (FI) ing. libero LUNEDì 21 C ARMINA BURANA Teatro Verdi (FI) ing. 19/31 euro MARTEDÌ 22 NDREA CHIMENTI IN DAVID BOWIE A Teatro Metastasio (Prato) ing. 10 euro MERCOLEDì 23 L A BALERA DEL COMBO Combo Social Club (FI) ing. libero NITRO Viper Theatre (FI) Ing. NP GIOVedì 24 C ONCERTO DI NATALE Teatro Verdi (FI) ing. 16/13 euro SMOKIN’ HOT Combo Social Club (FI) ing. libero VENERdì 25 ACANZE DI NATALE V Combo Social Club (FI) ing. libero NEW YORK SKA JAZZ ENSEMBLE Auditorium Flog (FI) ing. 10/8 euro MAMAMIA Viper Theatre (FI) Ing. NP SABATO 26 L A MECCANICA DELL’AMORE (26-29/12) Teatro di Rifredi(FI) ing. 16/14 euro PIACERI PROLETARI Combo Social Club (FI) ing. libero JAM SESSION Circolo Il Progesso (FI) ing. NP CALAFOSCOPA PARTY Auditorium Flog (FI) ing. 5 euro
DOMENICA 27 I O DOPPIO - IL RITORNO Teatro Verdi (FI) ing. 17/34 euro CIOMPI MENSILE ANTIQUARIATO Piazza dei Ciompi (FI) ing. libero LUNEDì 28 IVINA COMMEDIA BALLO 1265 D (28-30/12) Salone dei Cinquecento (FI) ing. libero con prenotazione MARIO BIONDI Obihall (FI) ing. 27/56 euro SARTO PER SIGNORA (28/12-03/01) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/32 euro MARTEDÌ 29 INX CLUB MUSICAL SHOW W Obihall (FI) ing. 20/37 euro UN’ORA DI TRANQUILLITÀ (29/12-3/1) Teatro Verdi (FI) ing. 25/37 euro MERCOLEDì 30 I L CANTO DELLA REGINA (30-31/12) Teatro Puccini (FI) ing. 18/31 euro GIOVedì 31 ACIAMO LE MANI (31/12-3/01) B Teatro di Rifredi(FI) ing. 40/28 euro DELITTO PERFETTO (3/12-17/01) Teatro Reims (FI) ing. 15/12 euro ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO Piazza del Comune (Prato) ing. libero EDDY (31/12-01/01) Teatrodante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. 40 euro L’ACQUA CHETA Spazio Alfieri (FI) ing. 30 euro CENONE E FESTA DI CAPODANNO Combo Social Club (FI) ing. 40/20 euro RITORNO DAL FUTURO Auditorium Flog (FI) ing. 30 euro UN CAPPELLO DI PAGLIA DI FIRENZE (31/12-6/1) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 euro CAPODANNO IN PIAZZA Varie locations (FI) ing. libero CONCERTO DI FINE ANNO Teatro dell’Opera (FI) ing. NP
DICEMBRE
da non perdere
TUTTO IL MESE Teatro di Rifredi Firenze
Lungi da me voler dare un “premio Lungarno” per i teatri visto che, per fortuna nostra, collaboriamo e siamo in contatto con quasi tutti i teatri fiorentini e accogliamo la grandissima produzione e messa in scena che esiste nella nostra città intorno a quest’arte. Ma un po’ per affetto un po’ per simpatia, dedico un boxino intero al Teatro di Rifredi che zitto zitto anche a dicembre offre una produzione varia, fitta e sempre interessante. Per me è un teatro di quartiere che rende vivace e partecipata la routine di una zona di Firenze meno patinata del centro, meno cool dell’Oltrarno, ma con una fortissima identità e con delle radici che restano ben salde anche grazie al loro lavoro. Bravi. SABATO 12 Lungarno @ The hub via Panciatichi (FI)
Continua il sodalizio tra Lungarno e The Hub costruito su reciproche influenze, reciproche ospitalità e reciproci scambi di idee, insomma, niente di anomalo. Il 12 dicembre vi invitiamo tutti a The Hub – che con il treno per Rifredi ci si arriva in quattro minuti precisi a piedi. Fino alle 17.30 si potranno seguire workshop gratuiti di storytelling, mentre la sera si potrà aperitiveggiare (Dio mi fulmini se riuso questo verbo) e saltellare tra i banchini di alcuni artigiani locali promossi da Lungarno, ascoltando dell’ottima musica. Poi tutti a casa in ritiro spirituale che il giorno dopo la Viola gioca contro i gobbi, accident’a loro. SABATO 12 e domenica 13 Mercatino Natalizio Busajo Onlus, via delle Caldaie 14 (FI)
Orde di famiglie in giro tra casette di legno luccicanti, odore intenso di zucchero che si condensa al freddo prenatalizio, palle di vetro, palle di cartapesta, palle di ceramica, palle dei babbi che se le sfracellano aspettando madri che balzano da una stella di natale a un addobbo tutto lustrini e paillette. Ecco l’immaginario dei mercatini di Natale, fatti per così dire rilanciare l’economia che significa anche un po’ sputtanare una tredicesima. Va bene tutto, ma noi invece andremo al mercatino natalizio organizzato dalla Onlus Busajo con la speranza d’investire una parte della nostra tredicesima (che non abbiamo) in qualcosa di utile.
SABATO 19, DOMENICA 20 e MARTEDÌ 22 TIZIANO FERRO Teatro Puccini (FI)
“Il regalo mio è più grande… eh eh ehhh…” in epoca natalizia ecco la trinità di Tiziano Ferro, celebrata presso il Mandela Forum, con una stella assoluta del pop italiano capace di distinguersi tra le tante comete dei talent o delle mode. Tiziano si fa in tre come i Re Magi e porta a Firenze l’oro delle sue hit, l’incenso delle sue ballate e la mirra che non so che cazzo sia quindi salta la metafora. Soprattutto temo le ire della Curia se insisto, ma per me Tizianone sta diventando qualcosa di simile al culto e il fatto che il suo concerto sia sotto Natale mi riempie il cuore di giubilo al pari di un’annunciazione, un’apparizione dell’arcangelo. Perché in questi tempi di fanatismo religioso mi sembra giusto credere in qualcosa che unisca. Io credo in Tiziano Ferro. MERCOLEDÌ 23 Teatro dell’Opera (FI) GIOVEDÌ 24 Teatro Verdi (FI) CONCERTI DI NATALE
Quando ero piccolo, tra la gioia dell’inizio delle vacanze natalizie e l’euforia nell’aprire i regali, c’era sempre la disperazione di dover andare tutti insieme al Concerto di Natale. Musica classica soporifera e patinata, dove anche la più piccola amministrazione locale sfoggiava i suoi ori. A volte era all’interno di sale comunali che puzzavano di arazzo e pelliccia della zia morta, altre volte erano in chiese cupe come una tonaca e incensate come una sacristia, altre all’aperto con tanto di vin brulé che fa molto Santa Klaus. Era il momento in cui mi mettevano il cappotto blu, mi pettinavano alla Piccole canaglie e non potevo mai scaccolarmi o fare qualche battuta perché nell’aria girava il Cinque Dita misterioso di mio padre, lo schiaffone a tradimento, sordo ma netto come una badilata, che nessuno vedeva e che io sentivo pulito come la traversa di Di Biagio ai Mondiali del 1998. Poi un anno arrivò il Gospel e tutto si sistemò. GIOVEdì 31 CAPODANNO
Avremmo voluto un casino darvi delle informazioni in anteprima sul Capodanno fiorentino, magari rispondendo alle mail che ci sono arrivate. Diciamo che gli ultimi cinque anni hanno avuto come padrini Caparezza, Elio e le storie tese, Subsonica, Max Pezzali, e Mario Biondi alle Cascine. Potremmo provare a fare il pronostico sperando che dall’umido Piazzale del Re tutto torni nel centro cittadino, magari di nuovo alla Stazione o forse in Oltrarno, che sarebbe una cosa nuova. Altri pronostici inaspettati: pare che il Sindaco suonerà in Piazza della Signoria rifacendo la sigla di Quark. Altro pronostico: in largo Annigoni un revival. Sono stati toccati tutti i decenni più importanti, adesso ci si aspetta un dancing anni Trenta con Charleston fino al Trio Lescano. Oppure un futuristico revival 2020 con remix di Emma Marrone e robotici Negramaro dubstep salentu 4.0. Pare però che il Turkmenistan, l’Uzbekistan e la Moldavia stiano discutendo animatamente per chi dovrà fornire l’orchestra a supporto dell’evento più straordinario e innovativo mai realizzato a Firenze per Capodanno: un concerto diretto nientepopodimeno che dal Maestro Lanzetta. Ma acqua in bocca, è una sorpresa.
noccioline INFO E PRENOTAZIONI: Tel 055 294609 / www.teatrocestello.it / Biglietti disponibili nei punti Box Office e sul sito www.boxol.it
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DOMANDE
di eleonora ceccarelli
OCARINA
C’
era una volta un padre di tre figli che aveva una necessità: fare ascoltare la musica ai propri bambini in autonomia e ovunque. Per esempio durante un viaggio o in camera da soli, con gli amici o con la famiglia, per addormentarsi o a una festa. Dopo varie ricerche su internet e per negozi decise insieme a suo fratello di creare lui stesso un prodotto che rispondesse alle sue esigenze. Così inizia la storia di Ocarina, un simpatico lettore mp3 con registratore. Inizialmente veniva della lontana Cina, per poi rinnovarsi nel design e nella qualità, fino ad avvicinarsi e rientrare nei nostri confini al 100%. Un modo comodo, sicuro, intuitivo e fruibile per ogni bambino, ma soprattutto resistente per portare con sé favole e canzoni senza fili e cuffie. Ocarina è un nome con un’infinità di riferimenti e che si presta a molti doppi sensi: una paperetta di nome Rina, ma anche oh carina! Ma soprattutto è un omaggio a Capitan Harlock, l’eroe della infanzia del suo ideatore. Così Gianluca Giannini descrive il suo ricordo: «Mayu, la bambina sulla terra di cui Capitan Harlock era
CHAMPAGNE
tutore, suonava sempre un’ocarina pensando a lui… che invece girava nello spazio con la sua astronave da guerra. Una favola spaziale di altri tempi che mi accompagna ancora oggi». Una storia bellissima e del tutto italiana e chissà che Ocarina non riesca nel suo intento, ossia «di fare ascoltare musica e di tenere lontano tutti i bimbi dai diabolici schermi luminosi almeno per un po’». La musica è una compagna e uno strumento di crescita fondamentale ecco perché stimiamo l’iniziativa di proporre a una nuova generazione di bambini (e di genitori) uno strumento lowtech che sappia divertirli e aiutarli a crescere in maniera sana e sicura proprio come lo è stata quella valigetta arancione pesantissima dove inserivamo i 45 giri in vinile tutti graffiati che suonavano male, ma non importava. E quindi la nostra storia potrebbe cominciare così: C’era una volta un bambino che ascoltava musica…
di tommaso ciuffoletti
confidenzialmente detto shampoo
B
rindare alla vita. Contro l’abominio. Con lo champagne. Brindare alla Francia. E a quel monaco benedettino francese che lo inventò. Ecco una delle grandi ironie dello champagne, che fa sì che il nome di questo sant’uomo evochi oggi, ovunque nel mondo, più brindisi che preghiere: Dom Pérignon. Altra grande ironia è il fatto che il prode Pérignon trascorse tutta la vita a fare dello champagne un vino senza bollicine. Voleva un bianco che rivaleggiasse con i grandi rossi di Borgogna. Eppure quando morì nel 1715, già si capiva che a conquistare il pubblico sarebbero state proprio le bollicine. Altra grande ironia, se così si può dire, è che il vino da festa per eccellenza è nato in quella terra imbevuta di sangue che gli dà il nome. La regione dello Champagne si trova nel cuore dell’Europa, una pianura circondata da pianure, senza ostacoli fisici a farle scudo. Terra di scorrerie dai tempi degli unni, guerre dei Cento e dei Trent’anni, fino ai drammi del fronte Occidentale della Grande Guerra. Il terroir dello champagne è fatto di gesso e sangue, eppure è sinonimo di gioia di vivere in tutto il mondo. Bernardo Conticelli, 35 anni, consulente di marketing per aziende vinicole e uno splendido
sorriso fiorentino è l’ambasciatore dello champagne in Italia per il 2016. Proprio a lui, uno dei maggiori esperti del settore, abbiamo posto una e una sola domanda. Perché lo champagne? «Lo champagne è il vino più conosciuto al mondo, sinonimo di convivialità, di festeggiamento e di unicità; un’unicità che si esprime in una molteplicità di stili nel bicchiere. La produzione di champagne è il più eclatante esempio del legame tra natura e uomo. È un vino prodotto in condizioni climatiche al limite, e senza la sapiente mano dell’uomo sarebbe del tutto impossibile realizzare un prodotto tanto particolare. L’assemblaggio della cuvée di uno champagne è l’esercizio tecnico più complicato e per questo affascinate. Il prode Dom Pérignon ha tracciato una strada davvero difficile da battere.»
http://ocarinamp3.com
FARFALLE
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di the nightfly
LA MUSICA CI SALVERÀ
L
a musica ci salverà. Anche da Facebook che, nelle ore folli di un novembre di sangue, mi spara in faccia intolleranza, luoghi comuni e idiozie di ogni genere. Non giudico. No, mi tiro solo fuori. Riflettere, conoscere, ascoltare chi conosce più cose di me. Meglio. Intanto scappo dalla mischia di parole. Per rispetto soprattutto. E mi guardo intorno per provare a combattere con la bellezza e con il sentimento l’odio e la paura. La radio è un punto fermo. La notte del lunedì l’unica casa che non ho cambiato mai. Oddio no, non è vero, visto che prima di via Rosso Fiorentino c’era via Maso di Banco. Ma questo è un dettaglio. La verità è che lo studio radiofonico può essere ovunque. La luce di taglio che punta sul mixer, il microfono e la cuffia. Potrei essere a Toronto, a Tokyo o a Dicomano. Già, sto cercando storie di vita e trovo il nuovo di Neil Young. Che non è affatto nuovo. Lui vive
il presente un passo davanti a tutti e guarda oltre anche quando fruga nei suoi archivi. Una fortuna. Se Dave Gahan con i Soulsavers è il best di questo autunno, Bluenote Café del geniaccio canadese è un racconto live di fine anni Ottanta, come quelli di This Note’s for You, disco inaspettatamente soul che mescola anima e invettive, fiati neri e prese di posizioni forti contro il way of life reaganiano e contro lo strapotere delle multinazionali e degli artisti venduti al sistema. Dentro questo disco importante scelgo subito Twilight, ballata ispirata e sublime. E ascolto il sax che chiacchiera affettuosamente con la chitarra. Sento l’anima che vibra mentre fuori è notte e la finestra è ancora affacciata sul buio di questi giorni di violenza, di paura e di dolore. Ringrazio Neil che mi porta via. Per cinque minuti o poco più. Sembrano pochi, ma è un viaggio lunghissimo.
CASA JAZZ
di giulia focardi
Simone Graziano e i Trentacinque
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rentacinque nella smorfia è il numero dei volatili. Un numero leggero, aereo, in ascesa. Un po’ come Simone Graziano che al trentacinque si lega nel 2015 a doppio filo. Trentacinque sono i suoi anni, Trentacinque è il suo terzo album, il secondo come leader del quintetto Frontal (uscito a settembre per Auand Record). Fiorentino di nascita, crescita e vocazione, Graziano dedica a Firenze, in maniera ideale, il suo album. Un lavoro denso, trasversale, maturo che esordisce – nelle note di copertina – con le parole di Vasco Pratolini “Firenze ha i miei trent’anni” ed esplora dalla prima traccia il rapporto naturale tra la musica e la logica (matematica, psicologica). «Se per logica intendiamo organizzazione razionale di un discorso, essa è il mezzo attraverso cui posso dare forma a una visione musicale» racconta Graziano che sembra avere un approccio quasi magico e spirituale alla propria vita e alla composizione. «Talvolta penso alla musica come alla luce delle stelle, sebbene queste siano morte continuano a illuminare l’Universo per milioni di anni. Nel momento in cui scrivo musica, proietto una luce intrisa del mio passato verso il futuro.» Lo incontriamo prima dell’inizio della sua tournée promozionale e oltre a raccontarci del
rapporto con Pratolini al quale deve la scoperta dei quartieri di San Frediano, Santa Croce e Santo Spirito, i loro vicoli e le storie che vi abitano, ricorda con entusiasmo uno degli incontri fondamentali della sua vita: «La vita del musicista si fonda proprio sugli incontri con uomini straordinari. Nel mio caso l’uomo straordinario si chiamava Ornette Coleman». Incontrato a New York, in un pomeriggio d’inverno, per uno strano caso del destino, il celebre sassofonista
accolse Simone nel proprio studio a Manhattan. «In un attico open space, con le pareti ricoperte di quadri d’arte contemporanea. Ci parla per tre ore Ornette, dopo averci accolto come se ci fossimo sempre conosciuti. Ci parla del senso della vita, dell’amore e del sesso. Della musica nemmeno una parola!» foto: Angelo Trani
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PRÊT-À-PORTER
di alice cozzi
A CIASCUNO IL SUO
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Il fashionista alternativo - Société Anonyme
Il Foodie - Dolce Emporio
Le marche di questa boutique sono così ricercate, da poter sembrare anonime a molti, ma il vero fashionista saprà riconoscere un Comme de Garcons da un Freitag.
icembre rappresenta per molti la famigerata corsa ai regali. Quest’anno non riducetevi all’ultimo minuto come sempre. Eviterete stress, sudore e soprattutto di sbagliare. Siccome Lungarno vi vuole bene, ecco cinque indirizzi in base a chi regalare cosa.
Borgo San Frediano 128 r - www.dolcemporio.com
Questo negozio è una delle vere gemme dell’Oltrarno. A pochi passi da Porta San Frediano, si trova il Dolce Emporio, conosciuto in tutto il mondo per le sue delizie dolci, ma anche salate. Un consiglio: provate i biscotti delle nonne di San Frediano. Farete contento un foodie a voi caro.
via Giovan Battista Niccolini 3 www.societeanonymestore.com
L’ecologista - Jane H.
via Bartolini 1 r - www.harmanjane.it
In ogni famiglia che si rispetti c’è un ecologista. Vi chiede se mangiate cibi a chilometro zero e se usate la bicicletta invece della macchina.
Accontentatelo quest’anno e regalategli qualcosa da Jane H., concept store di oggetti in legno eco di ogni tipo. Chiedete delle riproduzioni in legno dei monumenti fiorentini. Il viaggiatore - Patti & Co.
via de’ Federighi 10 r - Patty & Co. su Facebook
Non a caso il secondo nome di questo vintage store è raccolta di oggetti straordinari da tutto il mondo. I due proprietari viaggiano per il globo alla ricerca di pezzi di antiquariato unici. Servizi da caffè, bigiotteria, abiti, valigie e mappamondi.
L’artista - Officine Nora
via dei Preti 2-4 r - www.officinenora.it
L’artista è sempre difficile da accontentare. Regalategli un corso da Officine Nora, il nuovo laboratorio di oreficeria di Santo Spirito, dove si impara l’arte di fare i gioielli. Non importa essere Chopard per parteciparvi e a fine corso si portano a casa le proprie creazioni.
NODI DA SCIOGLIERE
di martina milani
PROVIAMO A CAPIRCI
E
siste qualcosa che si muove, muta e si rinnova quanto il linguaggio? Può darsi, anzi c’è di sicuro, ma qui non ci interessa perché proprio del linguaggio vogliamo parlare e principiare (come avremmo detto nella Vecchia Firenze) da una domanda ci aiuta a stimolare la curiosità. Ecco, questa è retorica, un piccolo trucco della lingua italiana che ogni giorno vestiamo come un abito alla moda a cui sono appesi anche gli accessori del passato e i monili ereditati dalla famiglia (io per esempio a volte me ne esco fuori con un poeri a noi). Tante lingue all’interno di una sola. Diversissime le lingue del mondo. Ma come fare a capirci? Se lo sono chieste Francesca Bazzanti, Francesca Bensi, Chiara Caparello e Margherita Polizio che nel 2014 hanno fondato LiMo – Linguaggi in Movimento. «Offriamo servizi e strumenti per facilitare l’apprendimento della lingua» dice Chiara, una laurea in Filosofia e una scrivania condivisa con le tre socie a Impact Hub Firenze. Sono partite dal presupposto che in un’epoca globale e in una società multietnica il linguaggio è uno strumento fondamentale. «Molti migranti – spiega Francesca Bazzanti – oltre a non
conoscere l’italiano, hanno un livello basso di scolarizzazione quindi non sono abituati a usare i libri di testo o a seguire una lezione frontale. Con queste persone occorre inventarsi dei metodi nuovi di insegnamento che variano a seconda delle loro esigenze ed esperienze.» Partire dal bisogno significa anche facilitare l’apprendimento della lingua in vista di un lavoro. Per questo LiMo collabora con agenzie formative e interinali affiancando gli stranieri che frequentano percorsi di inserimento lavorativo e aiutandoli
a comprendere il lessico settoriale degli addetti al magazzino, aiuto cuoco, pellettieri e pizzaioli. Poi ci sono i corsi personali di italiano per la patente e la formazione insegnanti sul bilinguismo. Mi viene in mente mio nonno che seduto al tavolo della cucina risolveva i cruciverba e quando non gli tornavano li faceva tornare, inventando le parole e annerendo a penna le caselle rimaste vuote. Quello era il suo linguaggio in movimento.
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I PROVINCIALI
di pratosfera
NATALE A PRATO
C
avalli, David Bowie e strade illuminate, ecco i protagonisti del dicembre pratese. Siamo una città di nostalgici e l’inverno è la nostra stagione. Rimembriamo i tempi andati dei telai accesi di giorno, di notte e di quando Giovanni Lindo Ferretti veniva a cantare al Cencio’s A tratti e Palpitazione tenue. Per il secondo inverno consecutivo il “signore delle parole”, ormai appassionato soltanto di equini maremmani e frisoni, torna a Prato. Con il suo teatro barbarico equestre, lo spettacolo si chiamerà Oracolo d’inverno e si svolgerà domenica 20 dicembre alle ore 15.00 all’interno del Castello dell’Imperatore, in piazza delle Carceri (ingresso gratuito con prenotazione). «Umanità e bestialità, ci sorprendono nel loro manifestarsi: esperimento e messa in atto di un arcaico patto e di tutto ciò che ne consegue» si legge nella presentazione. Io sto bene, io sto male, io non so come stare verrebbe da commentare. Comunque non diciamo niente di nuovo se dichiariamo che Ferretti o lo si ama in tutto il suo essere artista, poeta, punk di ieri e di oggi, benché pettini i cavalli con le spazzole e reciti il
vespro, o lo si odia all’ennesima potenza per il suo amore per Ratzinger. Noi facciamo sinceramente parte della prima categoria e andremo di sicuro a vedere questa sua nuova impresa. Altro nome che ormai possiamo inserire nella categoria di quelli “che fanno un po’ il cavolo che gli pare” è quello del secondo protagonista del dicembre pratese – anche lui proveniente dal passato. No, non è David Bowie, non quello vero. Di certo è uno dei suoi discepoli italiani meglio riusciti: Andrea Chimenti. L’ex cantante dei Moda (senza l’accento, ci raccomandiamo) proporrà al teatro Metastasio il 22 dicembre uno spettacolo dedicato al Duca bianco, accompagnato da una grande orchestra sin-
PALESTRA ROBUR
di leandro ferretti
lezioni di ginnastica culturale per fiorentini
FIRENZE, 1985
N
el dicembre1985 una famiglia media italiana faceva quattro telefonate al giorno e 120 al mese per le quali pagava alla Sip 40.332 lire. Aldo Serena segnava parecchi gol nella Juve e il principe Andrea aveva appena conquistato la rossa Sarah Ferguson. Il generale inverno, appena arrivato, cominciava a far sentire i suoi effetti. Con la tipica rassegnazione natalizia che ti divora l’adolescenza e la giovinezza mi preparavo a vivere, nella mia prima stagione da studente ripetente, quelle feste alla vigilia delle quali avevo rimediato l’ennesima fregatura sentimentale. Nemmeno il pensiero dell’imminente Capodanno a Barcellona, sostanzialmente il primo vero viaggio da solo, aiutava a rendermi un po’ allegro. Firenze spumeggiava ancora di moda e new wave, e si preparava a essere la seconda Città Capitale della Cultura Europea per l’incipiente 1986. Leggendo un’inchiesta giornalistica su un un’importante rivista, però, si incontravano autorevoli e discordanti pareri sul fatto che la notte a Firenze non fosse più quella di una volta. Alla Pergola c’era in scena Lavia, al Maggio Zubin Mehta. E la pellicola più gettonata a Natale era Rambo 2 la vendetta, “sign of the times” verrebbe da dire. John J. Rambo non sbagliava un film, ma non cancellava nemmeno lo spleen adolescenziale. Natale con molto Topexan e pochi sorrisi, sotto le luci che allora ti facevano dire davvero ecco, pare di essere a Natale.
fonica. Proprio lui che con la sua band riuscì a farsi produrre un disco da Mick Ronson, che di Bowie e dei suoi Spiders from Mars era il chitarrista e che durante gli inizi della sua carriera con Ziggy Stardust c’è andato a braccetto. Tra i brani non mancheranno Life On Mars, Space Oddity, Rock’n Roll Suicide e altri capolavori della lunga carriera di Bowie. Nella stessa serata saranno interpretate musiche di Schumann e di Beethoven con l’incipit della Quinta Sinfonia. Un mix molto particolare che potremmo commentare a brucia pelo con le parole che cantava Fiumani, ossia “Andrea torna al rock”, e che non mancherà di incuriosire i più. Proprio perché sarà senz’altro un gran bello spettacolo.
In città tutto tranquillo
di nanni the pug
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Caro san bernardus
L’
istinto in questo periodo è sempre lo stesso. Quando il bipede mette in casa l’albero io mi avvicino, odoro un po’ e poi devo necessariamente marcare il territorio. Anche gli urli sono sempre gli stessi. Siamo dei terribili abitudinari io e il mio bipede. Da piccolo mi volevano far credere che a Natale venisse quel San Bernardus grosso e peloso a portarmi ossetti e biscotti, ma poi ho capito che era quel deficiente su due piedi a mettermeli sotto il cuscino, muovendosi in punta di piedi per non far rumore. Ancora oggi non ha inteso che faccio la guardia anche mentre dormo. Certo, non che questa scoperta mi abbia disperato: a me quel tipo di amici giganti hanno sempre fatto paura e anche un po’ schifo, con quella testa grande e i filamenti di bava che colano a terra. Sono dei bestioni trogloditi, ma San Bernardus, be’, sarebbe stata un’eccezione ben gradita. Per non far dispiacere il mio bipede anche quest’anno ho scritto la letterina. Ho pensato che queste feste io le avrei passate al caldo, sotto un tavolo ricco di sorprese cadenti e parecchie carezze mentre fuori c’era qualcuno meno fortunato di me. Parlo di quei diavoli di gatti, ma anche dei miei amici quadrupedi che non potranno stare
in casa perché hanno perso il bipede. Ho pensato che avrei potuto chiedere qualcosa per loro. A Sesto Fiorentino c’è il Canile di Termine. Sostenuto dall’Associazione Unione Amici del Cane e del Gatto, cercano di trovare rifugio ai miei amici sfortunati, dando cibo e assistenza, nella speranza di dare loro una casa. In quel posto c’è sempre bisogno di aiuto: cibo, coperte, lettiere per quei diavoli, qualche medicinale e una carezza che non fa mai male. Quest’anno poi hanno pure inventato un bel calendario del 2016 con le foto di chi abita o ha abitato il canile: un bel ricordo e un contributo economico per sostenere le spese della struttura. Allora ho preso carta e penna e ho scritto (anche se il pollice opponibile non ce l’ho!). “Caro il mio San Bernardus, quest’anno non perderti in giochi, palline o altre chincaglierie che rosicchierei in un secondo. Lascia stare pure quei biscotti biologici che non mi sono mai piaciuti. Quest’anno ti chiedo di pensare agli amici del Canile di Termine. Prendi la borsa e portala a loro. Farà freddo in questi giorni e una coperta donerà più speranza. E se proprio vuoi fare il miracolo, invita i bipedi a dare loro un’altra possibilità. Convincili ad aprire la porta a quei musi che non sorridono
da giorni. Perché anche l’adozione è un dono. Un dono di vita a chi sarà per sempre fedele”. Sotto c’ho messo la firma, Nanni The Pug, l’ho imbustata e l’ho messa vicino l’albero. E visto che c’ero ho marcato nuovamente il territorio. Buone Feste cari bipedi!
CARO CUORE NON BUTTARTI GIÙ
di carol & giuki
scrivi a carocuorenonbuttartigiu@gmail.com
PER LE FESTE, siate buoni: spegnete le luci e accendete i neuroni
C
i siamo. Sta per arrivare. Bukowski sosteneva che “è Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese.” Provate a dire il contrario se ne avete il coraggio. È un’intermittenza che si manifesta in ogni ambito della nostra vita e l’amore non ne è esente. Pronti? Pronti! Care Carol&Giuky, ho un problema di nome Facebook. Secondo voi è normale che il mio fidanzato lo utilizzi per guardare sempre le foto di altre con cui è stato e di signorine che amo definire panterone da selfie. Per me sta diventando insopportabile, e finiamo sempre per litigare su questo argomento. Come farlo smettere? Letizia Cara Letizia, ma di cosa stiamo parlando? Cioè state… no, stai! Ma tu come lo sai? Ah, sei andata a sbirciare nel suo profilo eh?! L’ho fatto anch’io, ma sapevo cosa avrei trovato (e così è stato, ma lasciamo stare sennò mi innervosisco). Che ti importa se guarda altre su Facebook? A cosa porta arrabbiarsi? Ma ti rendi conto che
stiamo parlando di un social network? Il controllo cronologia è davvero l’ultimo passo prima della pazzia, secondo me. Accenditi Letizia, metti in moto neuroni e sinapsi: ho capito che Facebook ne ha separati di più che la seconda Guerra mondiale, ma stiamo parlando di una realtà virtuale! Ciao ragazze, sono Gianluca. Dalla scorsa primavera ho cominciato a frequentare una ragazza molto carina con la quale ho molti interessi in comune. Non mi sento di dire che siamo una coppia nonostante io veda solo lei più volte a settimana. Poco tempo fa mi ha confessato il suo amore e che vorrebbe qualche sicurezza in più da parte mia. Però ho paura che la monogamia non faccia davvero per me: sono spesso tentato da altre situazioni quando esco con i miei amici anche se fino ad ora non sono mai andato oltre semplici flirt. Non so se ho voglia di avviare una relazione seria con una persona quando potrei fare ancora altre esperienze. Vorrei parlarle di tutto questo prima che accada l’irreparabile, ma non credo voglia una relazione aperta.
Davvero? E cosa te lo fa pensare che non la prenderebbe bene? Il fatto che ti abbia detto che è innamorata di te? Credo che se la frequenti dalla scorsa primavera, ti sarai pur fatto un’idea se vuoi starci o meno. Se non è la monogamia che vuoi perché hai paura di cadere in altre tentazioni, sii chiaro. Se non merita fedeltà, merita comunque il tuo rispetto.
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NIENTE PANICO
di tommaso ciuffoletti
NOI SIAMO I GIOVANI
N
on sono giorni facili e non c’è un cazzo da aggiungere. Quindi parleremo d’altro. Di disimpegno, di surf, di isole Canarie, di bionde olandesi, bionde svedesi, bionde norvegesi, milanesi, torinesi, siamo venute qua perché vorremmo lavorare con i surfisti, ora lo chiamano lavorare. Cocktail, birre, papas arrugadas, vinho verde, sbornie, sbornie moleste, barbecue, feste in piscina, ciao come stai, hola cómo estás, hi how are you, insomma ti va di scopare? La banalità del banale. Quando sei là fuori siete solo tu e la tua onda. Essere in un tubo è la sensazione più bella del mondo. Tutto si ferma e per un attimo ti sembra che Dio si sia fatto liquido intorno a te. Spero che quel Dio liquido ti punisca per quello che hai detto. Ehi, ciao ho i capelli biondi bruciati dal sole, la pelle abbronzata bruciata dal sole, gli occhi azzurri bruciati dal mare ed è come un’uniforme. Voglio bruciarmi anch’io. Ma niente evoca, dalle profondità recondite dell’abisso, il mio stakanovismo. Niente quanto l’adesivo go surfing work sucks, che da questa parti va parecchio di moda. Tatuaggi, tatuaggi maori, tatuaggi simbolici, mistici, fallici, esoterici, esotici, asiatici, ridicoli, questo l’ho fatto per mio figlio. Spero che tuo figlio ne sia orgoglioso. Il suo nome sul tuo bicipite
LA SCIABOLATA
destro che potrà mostrare ai propri figli quando sarà grande. Guardate bambini, qua tra queste rughe è dove il nonno si tatuò il mio nome: Aloha. Chiamare un figlio Aloha e mantenerne la patria potestà. E tatuaggi di donne che perdono di vista il punto. Banalmente il punto è che i tatuaggi femminili sono stati sdoganati dal porno. Perché nell’era del bisturi degli anni Ottanta e Novanta, che tutto omologava, le pornostar, tra labbra gonfie, tette rifatte e zigomi piallati, avevano il problema di farsi riconoscere dai propri fan. E considerate che spesso non venivano esattamente inquadrate in viso. Così il tatuaggio in luoghi strategici serviva per renderle riconoscibili. Sul pube, sulla chiappa, sopra il culo, sulle caviglie strette tra le mani dell’attore di turno. La funzione del tatuaggio, insomma, è la stessa in nome della quale si è sempre marchiato il bestiame, identificare. In quel caso per sapere chi fosse il padrone. Mi dispiace per voi donne emancipate con il tatuaggio sulla caviglia, farfalline pubiche, ma a farvi scuola sono state le attrici porno. E a far scuola a loro sono stati i capi di bestiame. Amen. Siamo l’esercito del surf. Combatteremo per voi. Buon Natale.
di riccardo morandi
SAVE THE GIFT
J
ingle Bells, suonano le campane. Last Christmas, l’ultimo Natale, che alla fine sembra un film di Lars Von Trier. Tu scendi dalle stelle, l’inno perfetto per una setta di contattisti che aspettano astronavi da Nibiru. Astro del ciel, in pratica il contendente italiano a Goldrake. Ci siamo signori: allacciamo le cinture e torniamo bambini. Anche se quei bambini che credevano a Babbo Natale, quel signore che somiglia nell’aspetto a Karl Marx e nel carattere a Pierluigi Bersani, sono cresciuti in fretta. La letterina, che un tempo era una sorta di lista di prescrizione come il diktat dell’Unione Europea alla Grecia di Tsipras, è sparita. Siamo arrivati all’estremo opposto. Il regalo diventa una forma di redenzione: con lo stesso paradosso con cui stiamo attenti a non sprecare un goccio d’acqua, nonostante la Terra sia composta al 70% da H2O, la frenesia del riuso ha contagiato anche il nostro status, facendo del regalo a sua volta uno spreco. La fine della Prima Repubblica, quando si acquistavano le auto nuove, piccole ma nuove, e l’avvento delle compagnie aeree low-cost e dell’Erasmus hanno imposto non solo il dramma della cannella in tutte le torte di mele, ma hanno condotto a un abomi-
nio ideologico. Peggiore del gustare una fetta di pandoro con dello Champagne. Peggiore di un menù di Capodanno del 1985 con le crepes affogate e infiammate nel Mandarinetto Isolabella (che poi non si è mai capito che liquore sia). Sono arrivati i regali riciclati. Un’orgia di agende delle più disparate banche italiane ha distrutto le nostre feste, esplose insieme a penne stilografiche Aurora (nel migliore dei casi), candele o candelabri di un gusto tale che nemmeno a casa Memphis, quella di Ricky Memphis, avrebbero potuto essere sfoggiate. Dovevano dircelo prima, magari al telegiornale. Il 20 dicembre 1998 sarebbe dovuto essere varato un decreto legge per la liberalizzazione dei regali riciclati; almeno avremmo capito che stavamo oltrepassando il limite. Avrebbero dovuto avvisarci che dopo il giro subdolo dei vini itineranti di cena in cena, responsabili di situazioni in cui abbiamo aperto esterrefatti bottiglie di Chianti 1976, il livello era salito fino ai regali di Natale. E tralasciamo la versione metafisica del regalo riciclato, ossia quella della “pesca di Natale”, in cui il dono non solo non ha un acquirente definito, ma nemmeno un destinatario. Follia. Il regalo riciclato non è un risparmio e farne uno
nuovo non è uno spreco. Nemmeno se regalate il cofanetto di Elvis, anche se gli interessati l’avevano già in casa, per ascoltare solamente Blue Suede Shoes. Andiamo a prelevare e acquistiamo qualcosa, seppur piccola. Almeno quel regalo sarà nostro. Evitando, magari, calzini a scacchi impossibili da indossare a meno che non si suoni con Björk. Buon Santo Natale.
STELLE
di faolo pox - disegni di aldo giannotti
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La fine dell’anno ti rende nervoso, tra ottobre e novembre hai accumulato qualche fastidio di troppo che rischi di sfogare a dicembre per colpa di un piccolissimo screzio o di una spiegazione data male. Spero che tu riesca a evitare l’esplosione e la successiva crisi del “oddio cos’ho fatto?”. NUMERO 10 DEL MESE: Roberto Mancini
Fuggi dai bilanci come un gatto fugge dall’acqua, a prescindere dai risultati. Sono proprio i bilanci che a volte ti infastidiscono e che non reputi molto importanti. Ma questa volta il bilancio è positivo su quasi tutta la linea. È stato un anno del quale puoi essere fiero, torello. Sfotti gli avversari e goditi la fascia da capitano. NUMERO 10 DEL MESE: Francesco Totti
Che dire del tuo anno gemelli? Una stagione dove hai segnato delle punizioni dal limite pennellate al 7, ma dove hai anche sparato qualche rigore addosso al portiere. Per i tuoi detrattori sarà l’anno “no”, per altri invece l’anno della maturità. Analizza le tue prestazioni volta per volta e fai tesoro della tua altalena nel 2015. L’anno è finito. NUMERO 10 DEL MESE: Dejan Savicevic
L’aria da disturbatore che hai addosso si è mostrata in modo maturo per tutto l’anno e a dicembre ti accorgerai dei frutti – buoni – che hai seminato. Perché potrebbe essere l’anno in cui hai capito che la tua natura va espressa e non repressa, e per ogni cartellino rosso ci sarà sempre qualche tifoso in più che stimerà la tua eclettica polemica. NUMERO 10 DEL MESE: Carlos Valderrama
È stato un anno in cui hai dovuto fare a tratti il fantasista che inventa, e a tratti il realizzatore, quello che la butta sempre dentro anche di rimbalzo, senza troppi gesti estetici. Questo ti ha portato a vedere solo la porta, ma meno chi ti fa i cross, gli allenatori, il fisioterapista o semplicemente chi ti passa la palla. Si gioca in undici, significa che per fortuna non sei da solo, leoncino. NUMERO 10 DEL MESE: Romario (de Souza Faria)
Il tuo tratto schivo e sempre dentro le righe ti fa godere in modo pacato ed esultare in modo rabbioso, ma mai fastidioso. È un tuo tratto positivo, una gara sempre con te stesso intervallata solo da qualche confronto esterno. Ma fai bene a metterti alla prova, a riflettere e a cercare sempre il modo più tuo di tirare i calci piazzati che la vita ti offre. NUMERO 10 DEL MESE: Roberto Baggio
È questo tratto incompleto che risulta in tutto il 2015 e anche a dicembre dirà la sua. Potresti essere un campione, ma sembri esserlo solo per i pochi estimatori che ti vivono quasi come un mito, quindi distante dal modo in cui ti vedi. Datti alle cose semplici bilancia, e sfrutta le occasioni scegliendo la cosa migliore per te adesso e per il futuro. NUMERO 10 DEL MESE: Zico (Arthur Antunes Coimbra)
Incredibile il tuo fine anno. Sarà un dicembre pazzesco, forza fisica, visione di gioco, simpatia, brillantezza, gioco di squadra, sei il giocatore che tutti vorrebbero, sei attraente, porti il risultato e fai divertire. Credi che sia un caso? Secondo me no, è frutto del talento che sai di avere e dell’allenamento che troppe volte hai sottovalutato. NUMERO 10 DEL MESE: Ruud Gullit
Se sei stanco di tutti quegli allenatori che non hanno mai saputo valorizzare le tue qualità, se sei stufo di giocare fuori ruolo, allora effettua delle scelte radicali, scendi di livello e gioca partite meno impegnative, perché Saturno ti metterà in crisi con un attacco travolgente e una difesa marmorea e tu dovrai trovare mille soluzioni per segnare. NUMERO 10 DEL MESE: Gheorghe Hagi
Tenere insieme la squadra, non farsi influenzare da voci che provengono da fuori dello spogliatoio, cercare di dire poche parole e rappresentare un punto di riferimento mantenendo un profilo basso, ma concreto. Questa è la ricetta per chiudere l’anno bene e affrontare un 2016 che porterà sudore, tanto sudore, ma anche trofei. NUMERO 10 DEL MESE: Lothar Matthaus
Bisogna scegliere con il cuore e anche con il portafoglio, capire quando un ciclo è finito e andarsene con stile alla ricerca di nuovi stimoli senza mai dimenticare chi ti ha permesso di essere quello che sei. Ma meno sentimentalismi e più sentimenti. Cose concrete, verticalizzazioni, assist e finte in mezzo al campo che allargano la visuale. NUMERO 10 DEL MESE: Manuel Rui Costa
Sottovalutato da chi ti opprime e basta, esaltato da chi ti lascerà spazio e campo libero e ti farà sentire un oggetto prezioso. La stabilità che stai cercando è un po’ questa, trovare un posto dove fermarti e magari mettere delle radici facendo i conti anche con le tue paure. Perché alla fine fa piacere fermarsi un po’. NUMERO 10 DEL MESE: Dennis Bergkamp
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PAROLE
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di gabriele ametrano
ATLANTE DELLE MICRONAZIONI di Graziano Graziani Quodlibet - pp. 378
È il sogno più comune avere un nostro spazio. Un luogo in cui possiamo decidere regole che non appartengono agli altri, inventare diritti e allontanare i doveri. Da bambini cominciamo con un tappeto, poi l’armadio, per giungere da grandi allo spazio della famiglia, la casa. Ma oggi possiamo dirlo: i nostri sogni e le nostre isole felici sono state ben superate da coloro che hanno pensato in grande. Non un cassetto, una stanza, una villa; al mondo ci sono uomini che hanno sognato nazioni e sono riusciti nel loro intento (e almeno in parte lo hanno realizzato). Atlante delle micronazioni è uno di quei volumi che ti capitano in mano gironzolando tra gli scaffali della libreria. Si guarda il titolo, si pensa a qualche buffa combinazione tra piccolissime nazioni, fantasie dell’autore e una impossibile cartina. Poi invece lo sfogli e capisci che Graziano Graziani ha dedicato del tempo a raccogliere dati, storie e costituzioni di nazioni esistenti, non riconosciute ma reali. Edito dalla Quodlibet, questo atlante racconta stati che hanno chiesto la propria indipendenza, ma il cui diniego è stato chiarito legittimamente. Le micronazioni hanno una popolazione ristretta (620 cittadini come l’Isola di Shark, 320 come il Principato di Seborrea o zero come nel Regno di Redonda), una superficie limitata o idealmente illimitata (Celestia, Nazione dello Spazio Celeste non ha confini) e una formazione che naturalmente risulta piuttosto eccentrica. Non hanno validità giudica, non hanno esercito né riconoscimento, ma vivono nella testa dei propri abitanti che spesso scrivono costituzioni e seguono le regole. La Costituzione di Užupis recita “Tutti hanno il diritto di morire, ma non è un obbligo” (art. 3) o “Un cane ha diritto di essere un cane” (art. 12). Riflettendo su questi dettami, stabiliti dagli abitanti di un paese di mezzo chilometro quadrato posizionato nei Paesi Baltici e fondato da Frank Zappa, possiamo giustamente capire che la questione delle micronazioni è seriamente divertente. Se però leggiamo l’articolo 16 la voglia di attraversare i confini è impellente: “Tutti hanno il diritto a essere felici”. Siete pronti anche voi a cambiare nazione?
LA FIGLIA di Clara Usón Sellerio - pp. 496
Ci andiamo in vacanza, ci meravigliamo della bellezza delle coste e dell’entroterra. La Jugoslavia era un unico stato fino a poco più di vent’anni fa. Oggi sei stati dividono un territorio che ha combattuto per l’indipendenza e che ancora trova ferite aperte. Troppi silenzi e contraddizioni hanno celato la verità su cosa stesse realmente accadendo: la follia umana ha troppe maschere per farci comprendere subito le sue fattezze. La figlia di Clara Usón (Sellerio Editore) è uno di quei libri da leggere con calma, cercando di entrare nel gran polverone di una guerra che non ha avuto vincitori, ma solo lutti. Protagonista è Ana, figlia di quello che verrà considerato “il boia dei Balcani”, Ratko Mladić. Quello che per lei è un padre affettuoso e un eroe della nazione serba per la storia è l’uomo dell’assedio di Sarajevo, del massacro di Srebrenica, della pulizia etnica. Un viaggio a Mosca strapperà il velo dai suoi occhi. Perderà l’innocenza che credeva avere e con lei tutti quelli che non hanno voluto vedere la realtà.
IDENTITÀ LETTERARIE Nome: Paolo
Cognome: Giordano
Anni: 32
Altezza: 1,83 m
Peso (lordo, con i vestiti): 84 kg Città in cui risiedi: Torino Città in cui vorresti vivere: Los Angeles Segno zodiacale: Sagittario Tatuaggi: No Orecchini e/o piercing: No Ultimo libro pubblicato: Il nero e l’argento(Einaudi) Prima lettura nella vita: Un libro su tre bambini-
esploratori dello spazio, credo. Ricordo le immagini, ma non il titolo. Se lo scovate ve ne sarò grato a vita.
Un libro che hai cominciato ma non hai mai finito di leggere: Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand
Céline, che amo enormemente, ma che mi sovrasta e schiaccia. Un film che non ti stancheresti mai di rivedere:
Marie Antoinette di Sofia Coppola La vacanza più bella finora fatta: L’Islanda, sempre. La citazione che più ami: «E l’anima lenta gli svanì nel sonno mentre udiva la neve cadere lieve su tutto l’universo, lieve come la discesa della loro ultima fine su tutti i vivi, su tutti i morti» ( J. Joyce, I morti)
ESERCIZI DI STILE / gabrieleametrano.com
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SUONI
di gianluca danti
TOP 2015
Tropic of Cancer Stop Suffering Blackest Ever Black Tropic of Cancer, il progetto della californiana Camella Lobo, fa il suo ritorno nella scuderia di Blackest Ever Black (Prurient, Raime, Vatican Shadow) con un EP dal titolo Stop Suffering che fa da preview al prossimo full length in uscita nel 2016. La titletrack, come tutti i precedenti lavori dell’artista di Los Angeles, è una sequenza tra ritmi minimali e lugubri, synth nebulosi e voci cariche di eco e reverberi che mantengono quel mood malinconico e affascinante che si evocava anche in Restless Idylls. Se le sonorità rimangono ben riconoscibili, anche i testi restano in possesso di quell’animo fatalista anche se sembrano voler comunicare un nuovo modo di vivere la sofferenza, non più in modo arrendevole, ma come pretesto per la nascita di una nuova felicità. Difficile, straziante e bellissimo.
I 20 DISCHI dell’anno
1.
2.
3.
Sufjan Stevens Carrie & Lowell Asthmatic Kitty
Jamie XX In Colour Young Turks
Björk Vulnicura One Little Indian
4. Panda Bear Panda Bear Meets the Grim Reaper (Domino) 5. Julia Holter Have You In My Wilderness (Domino) 6. Florence + The Machine How Big How Blue How Beautiful (Island Rec) 7. Chelsea Wolfe Abyss (Sargent House) 8. Beach House Depression Cherry (SubPop/Bella Union) 9. Sleater Kinney No Cities To Love (SubPop) 10. Mount Eerie Sauna (P.W. Elverum & Sun) 11. Thee Oh Sees Mutilator Defeated at Last (Castle Face Records) 12. G odspeed You! Black Emperor Asunder, Sweet and Other Distress (Constellation) 13. Deerhunter Fading Frontier (4AD) 14. Sexwitch Sexwitch (Parlophone) 15. Holly Herndon Platform (4AD) 16. Viet Cong Viet Cong (Jagjaguwar) 17. Low Ones and Sixes (SubPop) 18. Torres Sprinter (Partisan) 19. Soko My Dreams Dictate My Reality 20. East India Youth Culture of Volume (XL Recordings)
Lanterns on The Lake Beings Bella Union Fuori per Bella Union (grandiosa label di Beach House, Wild Nothing, The Flaming Lips) i Lanterns on The Lake vengono da Newcastle e sono una delle più solide band della scena dreampop britannica e che si è guadagnata molta attenzione dopo un lungo tour tra Europa e Nord America. Beings rafforza quanto di buono già fatto con il precedente Until the Colours Run. Certo, dall’Inghilterra negli ultimi anni sono uscite centinaia di band con questo stampo e cadere nel banale è sempre molto facile. I Lanterns on The Lake però, con le loro combinazioni di chitarre in crescendo tipicamente post rock e l’inquietudine degli accordi di pianoforte (onnipresente in tutta la tracklist), svelano un’armonia e una profondità che vi stuzzicheranno l’ascolto. We Are the City Above Club Sinnbus I canadesi We are The City sono la prova che esiste ancora un modo di scrivere dischi indie–pop senza risultare prevedibili e tradizionalisti. Dopo il precedente Violent che riusciva a condensare l’indie di impronta Grizzly Bear con melodie vocali apertamente pop, tornano con Above Club, che esce ancora per la tedesca Sinnbus e attesta l’assoluto valore della band di Vancouver, capace di esaltare la voce danzante di Cayne McKenzie (Keep on Dancing) con inserti elettronici (Club Music) prendendo spunto anche dal prog–rock (Cheque Room). Il tutto retto da un songwriting imponente ed esclusivo. Non hanno paura di osare questi tre canadesi che meriterebbero molta più considerazione anche in Italia. Tempo al tempo, noi ci scommettiamo.
suoni@lungarnofirenze.it
CLASSIQUE C’EST CHIC My Bloody Valentine - Loveless (1991 - Creation Records)
Quello dei My Bloody Valentine, nel febbraio del 2013, fu uno dei ritorni alle scene più esaltanti di sempre, seguito dalla realizzazione di un nuovo album di inediti M B V (PickPocket Rec), ventun anni dopo Loveless vera e leggendaria pietra miliare dello shoegaze. Quello di Kevin Shields fu indubbiamente il progetto musicale più innovativo a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Una fantastico ibrido tra art-punk, noise pop e psichedelia che portò alla pubblicazione prima di Isn’t Anything (1988 via Creation) poi nel 1991 di Loveless: un album allucinato e rarefatto, frutto di una sperimentazione sonora che avrebbe successivamente influenzato una band celebre come i Radiohead. La rivoluzione sonora parte proprio da Loveless, un disco trascendentale concepito per trainare l’ascoltatore verso un contesto diverso da quello reale e che ancora oggi non ha perso la sua grandezza e il suo fascino. Un patrimonio da tramandare.
Dio esiste e vive a Bruxelles