Onstage magazine settembre/ottobre

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settembre ottobre 2014

Cremonini CESARE

«Vorrei che fosse il tour più bello del 2014 e magari anche del 2015. Il più bello della mia vita. Non potrei ambire a niente di meno». Cesare è pronto per un autunno da protagonista

Pharrell Williams

È uno degli uomini più felici della Terra. Vi spieghiamo perché

Elisa

Al diavolo le regole: «Faccio di testa mia, anche se dà fastidio a qualcuno»

+

MARLENE KUNTZ BLUVERTIGO PINO DANIELE VASCO ROSSI FABI SILVESTRI GAZZÈ

Kasabian

Il rock «futuristico» della band inglese raccontato da Sergio Pizzorno

Subsonica

Una nave in una foresta: l’ispirazione è quella dei giorni migliori

Alessandro Cattelan

X Factor è per i talenti. Tutto il resto, dice lui, sono chiacchiere







D

Editoriale Daniele Salomone

@DanieleSalomone

ico la mia sul polverone (?) alzato da Marinella Venegoni con il pezzo Promozione a senso unico che umilia il giornalismo, pubblicato il 31 agosto scorso sul sito de La Stampa. La firma del quotidiano torinese si toglie «uno scoglio dalla scarpa» denunciando la mancanza di par condicio nel modo con il quale uffici stampa di artisti ed etichette gestiscono la promozione di album e progetti musicali. Citando un’intervista di Ernesto Assante a Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri uscita su La Repubblica l’11 agosto, la giornalista si lamenta delle esclusive concesse ai colossi dell’informazione italiana. «E gli altri? Gli altri si accomoderanno quando sarà l'ora, quando Lorsignori i re della promozione decideranno il giorno della presentazione. Usciranno un mese dopo. Succede così ogni volta che c'è un'uscita importante, è un metodo che è diventato legge. Una volta Repubblica, una volta il Corriere della Sera, d'intesa con uffici marketing, siti, radio e tv collegate e quant'altro». Dopo aver persino citato «i siti musicali che sono tantissimi e coprono tutto il territorio italiano» tra le realtà penalizzate da questa abitudine, Venegoni chiude con un post scriptum che sposta il discorso sulla differenza tra giornalismo e comunicazione. «Mi rendo perfettamente conto che una qualche differenza comunque c'è, tra pubblicità e informazione. Finché questa differenza riusciamo a farla sopravvivere, vivaddio, il nostro mestiere una ragione la conserva ancora». Premettendo che nell’anno domini 2014 delle interviste esclusive frega poco a pochissimi - i signori giornalisti dovrebbero ormai essersi accorti che siamo in una nuova era -, mi piacerebbe sapere quante volte la redazione spettacoli de La Stampa e la Venegoni stessa hanno rifiutato un’intervista esclusiva o un qualunque “privilegio” in nome della par condicio. A Marine’, non è che stai a rosica’? Ma non voglio fare polemica. Mi interessa piuttosto chiarire un punto importante, anzi due. Il primo. È legittimo che un ufficio stampa scelga una

radio, un quotidiano, un sito o un canale Tv come primo trampolino per lanciare il progetto del quale si sta occupando. Ci sono mille buone ragioni: banalmente, il numero di lettori/utenti e la qualità del giornalista al quale viene concessa l’esclusiva (metti che Assante sia più bravo di Venegoni…). È la concorrenza, bellezza, e bisogna farsene una ragione. Per nostra esperienza, e non siamo Repubblica ma nemmeno La Stampa, se il media è serio e credibile difficilmente gli viene negato di lavorare. In attesa che l’intervista ti venga concessa, ci sono infiniti tipi di contenuti da scrivere e pubblicare, tanto più interessanti per i lettori quanto più lontani dalle logiche del ventesimo secolo. Il secondo. È fondamentale capire cosa viene chiesto in cambio per l’esclusiva o per qualunque cosa un artista possa concederti. Vista dal lato dei media, cosa sei disposto a fare per ottenere un’esclusiva. Esempio concreto. Onstage è partner del tour di Cesare Cremonini, perché crede nell’artista e lo considera in target in termini di pubblico. Quindi gli offre promozione in cambio di contenuti esclusivi. Tutto bene. Sarebbe un problema solo se lo staff del bolognese pretendesse che fossimo benevolenti a tutti i costi. Leggerete a pagina 36 un’intervista che esalta le qualità di Cesare, ma è sincera, trasparente. Non ci tireremo indietro dal criticarlo qualora ce ne fosse il motivo, per esempio se non ci piacessero i suoi prossimi concerti. E lui lo sa. Un altro esempio, di segno opposto. Recentemente ci sono stati negati due accrediti dallo stesso promoter perché ci siamo rifiutati di “spingere” i suoi concerti. È un fatto gravissimo. Il diritto di cronaca è appunto un diritto e non dobbiamo concedere nulla per esercitarlo. In entrambi i casi non abbiamo accordato lo scambio, perché la scorrettezza del promoter non lo meritava. Onstage copre 250 concerti all’anno, immaginate se dovessimo “spingerli” tutti. Diventeremmo noi stessi un ufficio stampa! Morale della favola: le esclusive sono normali e non hanno nulla di malvagio, a patto che non diventino marchette e nessuno degli attori coinvolti abusi della propria posizione. Quindi benissimo Venegoni quando sottolinea la differenza tra giornalismo e comunicazione, che stanno pericolosamente cominciando ad assomigliarsi, malissimo quando rosica. Facciamoci tutti un bell’esamino di coscienza.

onstage settembre

- ottobre 07


INDICE

SETTEMBRE/OTTOBRE N°74

32

36

ELISA

CESARE CREMONINI

Aveva voglia di vuotare il sacco su alcuni temi che le stanno a cuore. L’ha fatto e noi siamo con lei.

È sempre piacevole incontrare Cesare. Almeno quanto ascoltare la sua musica. Intervistona pre-tour.

42

PHARRELL WILLIAMS Il prezzemolino del pop arriva in Italia: un motivo in più per sorridere di una vita entusiasmante.

style

48

KASABIAN Se la tirano? Proprio no. In attesa di vederli in Italia, Mr Pizzorno ci offre tutt’altra immagine del gruppo.

08 onstage settembre - ottobre

54

ALESSANDRO CATTELAN L’importanza di X Factor cresce ogni anno. E quindi aumentano le critiche. Ale dice la sua su #XF8.

58

RUN, BABY, RUN Tornati dalle vacanze, per smaltire qualche chilo di troppo, è bene darsi una mossa con i giusti accessori.


San Isidro


INDICE

FACE TO FACE

JUKEBOX

24

17 18 22 23 24

PINO DANIELE

BLUVERTIGO MORRISSEY HIP HOP TV BDAY DEAR JACK

WHAT’S NEW

65 68 70 72

26

16

CINEMA GAMES TECH

VASCO

CELEBRATION SERGIO CASTELLITTO

MUSICA

The Unforgettable Fire

COMING SOON

74

PAOLO NUTINI

ONSTAGEWEB.COM ONSTAGE LIVE UNPLUGGED: SI RIPARTE Dopo la pausa estiva, Onstage riparte da dove aveva “finito”. Report e foto di tutti i concerti più importanti della Penisola, oltre alle interviste esclusive con i migliori artisti italiani e internazionali. Per non parlare del fatto che ricominceremo a regalarvi i biglietti per assistere agli show di cui sopra. Ma la vera chicca di settembre e ottobre sono le

live session acustiche in redazione: dopo aver ospitato, tra gli altri, gli Afterhours, avremo il grande piacere di mostrarvi le performance unplugged di Marlene Kuntz, Marianne Mirage, Cristina Donà e poi ancora Subsonica e i canadesi The Once. Si esibiranno tutti rigorosamente senza spina. Solo pr noi, solo per voi. E scusate se è poco.

foto di Tommaso Riva

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10 onstage settembre - ottobre

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OSPITI SETT/OTT 2014

Alessio Pizzicannella

Luca Cattoretti

Charlie Gray

Già collaboratore della rivista NME, è dal 2004 fotografo ufficiale dei Negrita e ha lavorato anche con Ligabue e Francesco Renga. Gli scatti di Cesare Cremonini di questo numero di Onstage sono suoi.

Moda, ma anche finanza. Industria, ma anche spettacolo. È fotografo tra i più ricercati in Italia, dove ha collaborato con tutte le grandi riviste. Anche Alessandro Cattelan è finito dietro alla sua lente.

Fotografo con sede a Londra, dove collabora con le più importanti riviste di moda, cinema e musica. Uno stile molto riconoscibile che spicca nelle foto cha ha scattato alla band dei Kasabian.

Roberto Panucci

Francesco Prandoni

Stefano Verderi

Romano, classe 1965, si appassiona alla fotografia in terza media. Collabora con le più importanti testate giornalistiche in ambito musicale. Ha scattato per Onstage le foto di Elisa, Bluvertigo e Pino Daniele.

Classe 1970, specializzato in spettacolo e musica, nella sua carriera ha potuto scattare fotografie ad alcuni dei più grandi artisti italiani e internazionali. Collabora con Onstage sin dal primo numero.

“The Wizard” è il chitarrista dei Santa Margaret (e delle Vibrazioni). Ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò, senza dimenticare il presente.

Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007 Direttore responsabile Emanuele Vescovo Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com Art director Giulia Vidali g.vidali@onstageweb.com Redazione Alvise Losi (caporedattore) a.losi@onstageweb.com Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com Jacopo Casati j.casati@onstageweb.com Laura Ritagliati l.ritagliati@onstageweb.com

12 onstage settembre - ottobre

Hanno collaborato Guido Amari, Blueglue, Antonio Bracco, Luca Garrò, Stefano Gilardino, Massimo Longoni, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Elena Rebecca Odelli, Marco Rigamonti.

Ufficio commerciale Raffaele Bellan r.bellan@onstageweb.com Marta Grasso m.grasso@onstageweb.com Mattia Cristoforetti m.cristoforetti@onstageweb.com

Direttore marketing Luca Seminerio l.seminerio@onstageweb.com

Eventi Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Mattia Sbriziolo m.sbriziolo@onstageweb.com

Direttore commerciale Marianna Maino m.maino@onstageweb.com Direttore amministrativo Mario Vescovo m.vescovo@onstageweb.com

Distribuzione e logistica Laura Cassetti l.cassetti@onstageweb.com

Filiale di Roma Paola Marullo p.marullo@onstageweb.com Pubblicità Triveneto Everest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD) tommaso.perandin@everlastadv.it Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI) Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Ripamonti 137 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it



30 anni fa

usciva The Unforgettable Fire. Era l’1 ottobre 1984 e quell’album proiettava definitivamente gli U2 nell’Olimpo dei grandi del rock. Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. sfornano il primo capolavoro della loro carriera, con brani come Pride e Bad - quest'ultimo in particolare li renderà tra i protagonisti di Live Aid un anno dopo. Da questo momento ogni nuova pubblicazione della band irlandese sarà un successo seguito da tour sempre più stupefacenti. E 30 anni dopo la storia sta per ripetersi. 14 onstage settembre - ottobre


onstage settembre

- ottobre 15


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JUKEBOX a cura di Francesca Vuotto

PERCHÉ I BLUVERTIGO SONO TORNATI A SUONARE INSIEME CON L’IDEA DI DIVERTIRSI E DIVERTIRE. NESSUN PROGETTO IN CANTIERE PER L’IMMEDIATO FUTURO, CONTA «LA GIOIA DI RITROVARSI SUL PALCO». PAROLA DI ANDY. di Massimo Longoni - foto di Roberto Panucci

N

egli ultimi anni è stato Morgan e (quasi) solo Morgan. Il giudice-stella di X Factor, l’artista estroso e problematico, gli scandali per la droga e le esclusioni da Sanremo e dalla tv. Ma c’è stato un tempo nel quale Marco Castoldi era solo «Morgan dei Bluvertigo». Uno dei gruppi più rappresentativi di un periodo particolarmente fertile per la musica italiana, quello a cavallo tra anni Novanta e i primi Duemila, quando molte realtà indie sono emerse ritagliandosi uno spazio a suon di creatività e scelte divergenti dalla tradizione pop nostrana. Che le luci sul Morgan televisivo non abbiano offuscato il ricordo dei Bluvertigo lo ha dimostrato il concerto del Carroponte a Milano, a luglio, affollato di gente entusiasta. E così nel frattempo sono state fissate altre quattro date per settembre, con partenza come headliner nella splendida cornice dell’Home Festival di Treviso, dove hanno portato 11mila spettatori. I primi semi di un ritorno in grande stile? Andy (al secolo Andrea Fumagalli), che con Morgan è sempre stato la mente della band, getta subito acqua sul fuoco. «Per adesso c’è la gioia di ritrovarsi sul palco, condividere emozioni che avevamo perduto e portare le nostre canzoni a una generazione che non ha fatto in tempo a vederci», spiega. «Ma non c’è una vera progettualità, la regola è: “Non si sa mai cosa succede e come va”. Anche perché non c’è una struttura di prove vera e propria». I Bluvertigo hanno vissuto una condizione anomala, quella di un gruppo che non si è mai

sciolto ufficialmente ma è stato messo in ghiacciaia in maniera silente, salvo poi essere tirato fuori in occasioni particolari. Una di queste si è presentata a marzo di quest’anno. «Ci siamo ritrovati al Velvet di Rimini per una serata omaggio in ricordo di Thomas Balsamini, che del locale è stato il fondatore e proprietario». dice Andy. «Quel club per noi ha rappresentato molto: ci abbiamo fatto esibizioni particolari e lo abbiamo utilizzato per le prove dei tour». Un concerto evento che ha risvegliato l’interesse dei fan e riacceso l’entusiasmo nel gruppo. «Ci siamo resi conto di quanta gente ha piacere a cercarci ancora e sono arrivate un po' di richieste. Così ci siamo detti "perché no?". La data del Carroponte poi è stata particolarmente entusiasmante: non abbiamo nuove uscite, non facciamo ospitate televisive, eppure era strapieno di gente, anche giovanissima». Adesso c’è l’occasione di recuperare, con la band in una versione allargata al polistrumentista Megahertz e al primo chitarrista Marco Pancaldi. Guardandosi indietro Andy vede l’era d’oro dei Bluvertigo come una sorta di avventura irripetibile perché nata per una serie di coincidenze in un momento nel quale la discografia non era ancora entrata nella crisi che

l’attanaglia da anni. «Noi siamo stati premiati da due fattori», racconta il tastierista e sassofonista. «Innanzitutto l'appoggio di un discografico, Maurizio Intra, che ci ha permesso di sviluppare all'interno di una multinazionale un progetto a lungo termine. Poi la nascita di Mtv Italia, che ci ha visti

«C’è la gioia di ritrovarsi sul palco, condividere emozioni che avevamo perduto e portare le nostre canzoni a una generazione che non ha fatto in tempo a vederci» protagonisti in varie forme. Si sono uniti quindi l’aspetto mediatico e quello sul territorio con i concerti. Oggi siamo in un'epoca di fuochi d'artificio dove spesso le carriere si sviluppano in un mese di tv. È tutto più caotico». Sarà anche per questo che non c’è in vista un ritorno in piena regola, con tanto di disco nuovo? «In realtà abbiamo tutti molti impegni» spiega Andy. «Morgan ha X Factor, io i Fluon che è un progetto al quale tengo molto. Ora c’è questa serie di concerti e mi sembra già molto riuscire a farla». Una serie che si potrebbe allungare? «Speriamo!».

onstage settembre

- ottobre 17


JUKEBOX

IL RITORNO DI MORRISSEY IN ITALIA, CON UN VERO E PROPRIO TOUR, COINCIDE CON L’ENNESIMO INCIDENTE DI PERCORSO DI UNA CARRIERA CHE NON È MAI CORSA SU BINARI TRANQUILLI. di Stefano Gilardino

N

on deve essere facile essere Morrissey, ci tocca ammetterlo, soprattutto se si pensa ai guai accumulati nel corso dell’ultimo anno e mezzo, quando l’ex Smiths ha dovuto interrompere a più riprese il suo tour mondiale per problemi di salute. Gastrite, mal di stomaco, febbre, esaurimento nervoso: pareva quasi che ogni patologia fosse buona per rovinare i piani del cantante e, soprattutto, dei suoi fan, capaci però di prove di sopportazione ben più ardue. Ora, alla vigilia del suo ennesimo ritorno trionfale sulle scene e, per quello che ci riguarda, sui palchi italiani, tocca incrociare le dita e sperare che tutto scorra liscio, almeno dal punto di vista dei bollettini medici. I concerti si preannunciano sold-out un po’ ovunque e l’attesa per il materiale tratto da World Peace Is None Of Your Business è altissima. Già, il suo famoso ultimo album, licenziato originariamente dalla Harvest - scelta per il suo illustre passato - rischia però di diventare un pezzo da collezione prima del tempo perché proprio la label inglese ha annunciato di aver risolto il contratto con Morrissey e ha prontamente ritirato gli mp3 dagli store virtuali e smesso di stampare cd e vinili. Che è successo? Stando alle dichiarazioni dell’artista, l’etichetta ha dimostrato di non credere alle potenzialità del suo album, rifiutandosi di investire denaro in un videoclip del singolo Istanbul e cercando strade alternative (e, soprattutto, gratuite, come

*

CALENDARIO CONCERTI

A.A.A. ETICHETTA CERCASI

alcune clip caricate su YouTube) per promuoverlo. La rottura, infine, è arrivata dopo un confronto piuttosto animato tra Moz e il capo dell’etichetta, Steve Barnett. In una lunga lettera pubblicata online su un sito/fanzine dedicato all’artista, True To You, si legge: «Subito dopo la firma del contratto, la Harvest ci aveva spediti in Francia a registrare l’album, con il massimo supporto, almeno a parole. Sembrava troppo bello per essere vero e infatti non lo era. Dopo avere pressato la label «Continuo a credere che al mondo esi-

sta un’etichetta degna di tal nome, che voglia impegnarsi a promuovere con il dovuto rispetto il mio disco»

per un video promozionale di Istanbul che anticipasse l’uscita del disco - un pezzo che aveva ricevuto 55 passaggi radio negli USA in una sola settimana -, ho constatato un totale disinteresse per la promozione dell’album, anche in Inghilterra dove è stato cancellato persino uno spot televisivo. Nonostante tutto, continuo a credere che al mondo esista una casa discografica degna di tal nome, che voglia impegnarsi a promuovere con il dovuto rispetto il mio disco». Mentre Morrissey cerca una nuova etichetta, prepariamoci per le sue date in Italia: a Roma il 13 e 14 ottobre, a Milano il 16, a Bologna il 17, a Pescara il 19, a Firenze il 21 e a Padova il 22.

ottobre

Anastacia 27/10 Milano 29/10 Roma 31/10 Firenze

Cesare Cremonini 25/10 Livorno 28/10 Milano 29/10 Milano 31/10 Rimini Claudio Baglioni 22/10 Cuneo 24/10 Pavia 25/10 Novara 29/10 Pesaro Damien Rice 23/10 Milano Dear Jack 04/10 Forlì 05/10 Bologna 11/10 Roma 12/10 Perugia 18/10 Napoli 19/10 Eboli (SA) 25/10 Milano Marianne Faithful 27/10 Milano Gotthard 15/10 Roma 16/10 Milano In Flames 2/10 Trezzo sull’Adda (MI) Kaiser Chiefs 14/10 Roma 15/10 Milano 16/10 Firenze 18/10 Padova

18 onstage settembre - ottobre

Kid Ink 01/10 Milano Marlene Kuntz 04/10 Livorno 10/10 Taneto (RE) 11/10 Rimini 17/10 Brescia 18/10 Brescia 24/10 Caselle di Sommacampagna (VR) 25/10 Torino 31/10 Senigallia (AN) Morrissey 13/10 Roma 14/10 Roma 16/10 Milano 17/10 Bologna 19/10 Pescara 21/10 Firenze 22/10 Padova Mr. Big 21/10 Trezzo sull’Adda (MI) Patty Pravo 17/10 Milano 18/10 Milano Francesco Renga 12/10 Bologna 14/10 Varese 16/10 Mantova 17/10 Bergamo 18/10 Brescia 20/10 Milano 21/10 Genova 23/10 Bergamo 25/10 Padova 27/10 Bergamo 28/10 Mantova Tiromancino 4/10 Cupramontana (AN) 24/10 Milano 25/10 Milano



JUKEBOX

TUTTI INSIEME, APPASSIONATAMENTE

IL RAP ITALIANO CELEBRA IL SESTO COMPLEANNO DI HIP HOP TV. APPUNTAMENTO AL FORUM DI ASSAGO A FINE SETTEMBRE. foto di Francesco Prandoni

È

oramai diventata la notte più attesa da fan, musicisti e addetti ai lavori del rap italiano: l’Hip Hop TV B-Day Party 2014 è fissato per il 23 settembre al Mediolanum Forum di Assago, in quella che si annuncia come una vera e propria parata di stelle appartenenti alla scena più attiva del momento. Il rap italiano è definitivamente diventato un fenomeno mainstream da almeno due anni: accanto ai recenti successi discografici di Emis Killa e Fedez, basta ricordare la vittoria a Sanremo Giovani del campano Rocco Hunt e l’indimenticabile serata di luglio all’Arena di Verona (con tanto di orchestra ad accompagnare J-Ax e compagni). Così l’appuntamento del Forum è il momento per festeggiare non solo l’emittente satellitare che scommise su rime e flow tricolori quando nessun’altro lo

La Fabrique della musica APRE IL NUOVO RIFERIMENTO MILANESE PER CONCERTI, DJ SET ED EVENTI DI ARTE, MODA E CULTURA.

È

fissata per il 18 settembre l'inaugurazione del Fabrique, nuovo club di Milano (via Fantoli 9) destinato a diventare il centro musicale del capoluogo lombardo. Daniele Orlando (nella foto), imprenditore milanese di 39 anni già direttore artistico del Rolling Stone e fondatore/gestore dei Magazzini Generali, spiega così la scelta di investire ancora sull'entertainment del capoluogo lombardo: «In un momento di oggettiva staticità imprenditoriale del nostro Paese, ho agito come ho sempre fatto, rilanciando d'istinto, spero con intelligenza». Il Fabrique sarà «un locale moderno sia nelle sue caratteristiche tecniche, con un palco alto 135 cm dal suolo, suono e illuminotecnica di ultimissima generazione, sia nel concept di utilizzo modulare, che consente di passare da una capienza massima di 2950 persone a un minimo di 800-1000 persone». Club Dogo (19/9), Kaiser Chiefs

20 onstage settembre - ottobre

(15/10) e Anastacia (27/10) i primi big attesi a settembre e ottobre, a novembre poi toccherà all’icona punk Billy Idol (23/11). Ma è solo l’inizio. J.C.

avrebbe fatto, ma la scena tutta. Il cast è di prim’ordine e vede tra gli altri la presenza di pesi massimi come Club Dogo (freschi di pubblicazione del nuovo album), Baby K, Fedez (neo giudice di X Factor 8, attesissimo talent di Sky Uno), Dargen D’Amico, Emis Killa, Salmo, Tormento e Vacca. Non mancheranno le nuove leve, ben rappresentate da Rocco Hunt, Caneda, Denny Lahome, Nitro e la temibile Machete Crew, Two Fingerz, Vincenzo da Via Anfossi e Weedo. J.C.

HOT LIST I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO NEGRITA UN GIORNO DI ORDINARIA MAGIA (Déjà Vu, 2013) CARIBOU I CAN’T DO WITHOUT YOU (Our Love, 2014) MARLENE KUNTZ SOTTO LA LUNA (Pansonica, 2014) DEPECHE MODE POLICY OF TRUTH (Violator, 1990) U2 DO YOU FEEL LOVED (Pop, 1997) THE ONCE WE ARE ALL RUNNING (Departures, 2014) LEONARD COHEN DID I EVER LOVE YOU (Popular Problems, 2014) ALI FARKA TOURE' SOUKORA (Talking Timbuktu, 1994) DEREK AND THE DOMINOS LAYLA (Layla and Other Assorted Love Songs, 1970) FABRIZIO DE ANDRE' GIUGNO '73 (Volume 8, 1975)


BOY BAND A CHI? I DEAR JACK SONO USCITI A MAGGIO DA AMICI COL PREMIO DELLA CRITICA IN TASCA E GIÀ A INIZIO OTTOBRE PARTONO PER IL LORO PRIMO TOUR: 19 DATE NEI MAGGIORI PALAZZETTI ITALIANI. SE VI PARE POCO… di Jacopo Casati

L

ai vertici della scena italiana dei ' ascesa Dear Jack è fuori dal tempo: record di

vendite col disco d'esordio, due concerti dal vivo nei principali stadi italiani (hanno aperto per i Modà), un tour indoor nei palazzetti. Il tutto a poco meno di quattro mesi dal debutto. Roba da capogiro, da delirio d'onnipotenza. «A dire il vero non ci crediamo ancora nemmeno noi. Tutto ciò che è successo in questi mesi è incredibile e meraviglioso - spiega Alessio Bernabei, cantante del quintetto - ma stiamo gestendo la pressione e le emozioni nel modo giusto. Si tratta di volare alto ma con i piedi ben piantati in terra». Domani è un altro film (prima parte) è stato un successo travolgente: pur essendo uscito a maggio, ha già venduto a oggi oltre centomila copie, un risultato pazzesco considerando il momento di crisi che attraversa l'industria discografica: «I musicisti oramai si concentrano solo su concerti e promozione, fare dischi è diventato qualcosa di accessorio. Nonostante questo i riscontri del nostro esordio sono stati sorprendenti. Siamo già al lavoro sul sequel, che speriamo possa replicare i risultati del primo capitolo». E non è difficile pensare che le legioni di fan che seguono i Dear Jack risponderanno alla chiamata di Alessio: «I giovani e le ragazze che ci seguono rappresentano tutto per noi, senza di loro non esisterebbero i Dear Jack». Tuttavia gestire un esercito di giovanissime può essere molto complicato: «Lo è parecchio, sarò costretto a cambiare numero di telefono perché qualcuno lo ha messo in giro e, come dire, la mia linea è sempre piuttosto calda». Problemi da boy band insomma, anche se ad Alessio questa definizione non piace molto: «Boy band nel senso che siamo tutti ancora abbastanza giovani e siamo una band? Ok allora mi sta bene. Tuttavia noi siamo un gruppo vero e proprio. Suoniamo. Io stesso dal vivo imbraccerò uno strumento oltre a cantare. Di solito le boy band propriamente dette si dimenticano di attaccare il jack all'amplificatore e al limite fingono di suonare. Noi abbiamo studiato anni e sappiamo bene cosa vuol dire

avere una chitarra in mano». Alessio e Francesco Pierozzi, nucleo originario dei Dear Jack dal 2012, con gli strumenti erano abituati a suonare emocore, genere totalmente diverso rispetto al pop rock che propongono oggi. Secondo molti questo cambiamento è figlio della collaborazione con Kekko dei Modà: «Sarò schietto. Noi ammiriamo tantissimo Kekko come musicista e anche come uomo. Non ha mai mollato ed è riuscito a raggiungere grandi risultati facendo la musica che amava. Personalmente l'esperienza di Amici mi ha aperto gli occhi. Prima di entrarci non volevo nemmeno saperne della musica italiana, poi sono maturato e ho capito che l'emozione non ha genere». Una conversione troppo repentina per alcuni, che non perdonano ai Dear Jack di suonare in modo troppo semplice e scontato. «Vengano a vederci dal vivo prima di giudicare come e

cosa suoniamo. Sul palco il nostro impatto è diametralmente opposto rispetto a quanto si sente su disco, la distorsione aumenta e i pezzi

«Siamo un gruppo vero e proprio. Suoniamo. Abbiamo studiato anni e sappiamo bene cosa vuol dire avere una chitarra in mano»

ne guadagnano in potenza. Stiamo mettendo a punto uno stage grandioso, con pedane laterali e un mega schermo a led dietro. Il successo non arriva per caso, siamo determinati a mantenerlo e a crescere anno dopo anno. Il nostro obiettivo non è avere fama e notorietà, bensì lavorare nella musica e suonare le canzoni che amiamo».

onstage settembre

- ottobre 21


JUKEBOX

*

RETROMANIE

IL (NUOVO) GRANDE RITORNO

NON È MAI SPARITO, MA DOPO IL TRIONFALE LIVE KOM 014 SI SENTIVA IL BISOGNO DI UN NUOVO ALBUM DI INEDITI DI VASCO. SONO SERVITI PIÙ DI TRE ANNI E MEZZO, MA L’ATTESA È FINITA. di Alvise Losi

S

egnatevi questa data: 4 novembre. È il giorno di uscita del nuovo album di Vasco Rossi. Senza dubbio uno dei più attesi dell’anno. Ma per i veri fan del Blasco il giorno da appuntare in agenda è il venerdì precedente: il 30 ottobre il Kom in persona sarà a Bari per presentare la sua ultima fatica, anticipata già qualche mese fa dal singolo Dannate nuvole. L’occasione è garantita da Medimex, il Salone dell’innovazione musicale promosso da Puglia Sounds, che si svolgerà nel capoluogo pugliese da giovedì 30 ottobre a sabato 1 novembre. Non è un caso che Vasco abbia deciso di presentare proprio a Bari il nuovo disco: la Puglia, ormai da alcuni anni, è il suo buen retiro, il luogo dove ricaricare le batterie prima di partire per i tour negli stadi. E, a proposito di live, si può già fare il conto alla rovescia per la prossima estate, quando il rocker di Zocca dovrebbe tornare nei più grandi impianti italiani per ripetere il successo di quest’anno. Restano da capire

22 onstage settembre - ottobre

alcune cose: Vasco non era tanto in forma da tempo e sarà curioso scoprire se vorrà replicare la formula degli ultimi due anni (più date in due sole città), per quelli che lui stesso ha definito concerti-evento, oppure se si imbarcherà in un tour vero e proprio, con più tappe in tutta Italia. Le voci su Internet tra i forum dedicati al Blasco, si rincorrono e non ci sarebbe da stupirsi se proprio in occasione dell’uscita dell’album il cantante decidesse di dare qualche informazione in più su quello che sta preparando per il 2015, che tra l’altro sarà il quarantesimo anniversario del suo ingresso nel mondo della musica con la fondazione di Punto Radio a Zocca. Il Medimex di Bari sarà anche l’occasione per poter assistere a incontri e presentazioni con numerosi altri artisti del panorama nazionale, da Manuel Agnelli degli Afterhours al nuovo trio composto da Niccolò Fabi Daniele Silvestri e Max Gazzè, da Ivano Fossati a Giorgia, da J-Ax a Paolo Fresu.

di Stefano Verderi

È COLPA NOSTRA «L a verità è che abbiamo paura del presente. Ci sentiamo talmente in colpa nei confronti di quello che abbiamo fatto nel corso degli anni alla Natura che l’uccisione di un orso bruno diventa una notizia molto triste, e deludente per una regione che s’interessa del proprio patrimonio naturale, o forse più del proprio richiamo turistico, cioè dei soldi. Più l’uomo si distacca dalla natura e più perde anche l’equilibrio con se stesso e con gli altri. Se fossimo in armonia con l’ambiente che ci circonda forse l’uccisione di un animale non sarebbe tanto tragica. Non era così qualche millennio fa? E invece abbiamo paura di quello che abbiamo fatto, come Adamo quando Eva colse la mela, e temeva la punizione divina. Tutti abbiamo dei timori, nella sfera pubblica e in quella privata. Conosciamo, per esempio, i rischi e i pericoli del nostro lavoro, e spesso temiamo l’errore e il fallimento. Viviamo in un’epoca nella quale anche un gruppo come gli U2 ha paura di non vendere più dischi. Loro che con il “flop” dell’ultimo album hanno venduto 5 milioni di copie in tutto il mondo! Se un qualunque artista Italiano vendesse solo un decimo di quel numero, l’etichetta stapperebbe bottiglie di champagne per mesi. Certo, è tutto in proporzione, direte voi. Eppure, chi vendeva 100 milioni di dischi ed è sceso a 5 ha la stessa paura di chi vendeva 100 copie e ora non arriva 10. E in entrambi i casi si cerca di risolvere il problema trovando nuovi metodi di diffusione della propria musica. E che cosa vi aspettavate che facessero gli U2? Hanno giustamente fatto l’operazione di marketing più grande possibile. Ovvio. E di che cosa ci lamentiamo ora? Inorridiamo se il nostro “grande fratello” Apple è entrato senza permesso nei nostri account e ci ha regalato un disco, imponendocelo? Siamo noi che abbiamo voluto che (prima o poi) accadesse una cosa del genere. Perchè dovrebbe essere normale uscire di casa, andare al negozio di dischi e comprarsi un album, possederlo. E ascoltarlo perchè ci piace e l’abbiamo scelto noi. Non è così, ed è colpa nostra se siamo arrivati a questo punto.



FACE TO FACE

PINO daniele Il cantautore napoletano ha ristampato il suo storico album Nero a metà. Ma, giura, non è un’operazione nostalgia. Anche se in tanti anni sono cambiate molte cose, lo spirito è lo stesso. E anche i capelli di James Senese. di Alvise Losi foto di Roberto Panucci

I

«

o sono una persona che si mette sempre in discussione, ma devo dire che questo disco è rimasto». Pino Daniele è contento di poter parlare di Nero a metà, l’album che nel 1980 lo consacrò definitivamente, e del mini tour con il quale a dicembre tornerà nei palazzetti. Dove nasce l’idea di ristampare Nero a metà e metterlo al centro di un concerto evento a Verona e poi di altri cinque show nelle più importanti città italiane?

Il progetto mi è sembrato subito interessante perché abbiamo visto che anche all’estero queste cose funzionano. Così il tutto è nato un po’ come un esperimento che doveva essere una serata unica all’Arena, ma visto il successo abbiamo deciso di portare Nero a metà anche a Bari, Roma, Napoli per due date e Milano (rispettivamente 11, 13, 16/17 e 22 dicembre, ndr). Quindi non è la classica operazione nostalgia? Non si tratta di una serata celebrativa per me stesso, anche perché non sono per nulla istrione o showman. È piuttosto celebrativa per la canzone napoletana, che è molto cambiata rispetto a 30 anni fa, quando uscì Nero a metà. Si tratta di un concerto emozionale, non certo di un progetto nostalgico. Cosa in particolare ti ha convinto a buttarti in questa serie di concerti? Non avere un disco in uscita. È bello non dover promuovere nulla, ma poter portare in giro un’idea: Napoli, la nostra musica e il nostro modo di essere. Poi è anche vero che un po’ ci gratifichiamo per una cosa bella e storica. Cosa è cambiato nella musica rispetto a quando uscì Nero a metà? Credo che la differenza principale sia nel modo di lavorare e creare musica: cominciammo a realizzare Nero a metà suonando un po’ così, tutti insieme in sala di registrazione. Oggi non si

potrebbe nemmeno immaginare una situazione del genere. Per questo hai recuperato i compagni di viaggio di un tempo per i concerti? Volevo che ci fossero i ragazzi perché l’album era stato fatto davvero da tutti. Le canzoni da me certo, ma il disco da tutti. E ci tenevo particolarmente che ci fosse James Senese (il grande sassofonista napoletano, ndr), con il quale abbiamo una lunga storia di amicizia e collaborazione. Se oggi credo ancora in quello che facciamo è proprio grazie a James. Lui potrà fare quello che vuole sul palco. Entrare, uscire, suonare, sedersi, improvvisare. Che differenze ci sono nel suonare oggi un album tanto importante per la tua storia (e quella della canzone italiana) rispetto agli anni Ottanta? Intanto oggi abbiamo tutti i capelli bianchi, a parte James Senese, ma lui usa qualche trucco per mantenerli così neri (ride, ndr). Diciamo che oggi lo viviamo e interpretiamo in modo diverso, con più esperienza, ma sempre con quella malattia di fondo che è la musica e l’improvvisazione.

«È bello non dover promuovere nulla, ma poter portare in giro un’idea: Napoli, la nostra musica e il nostro modo di essere» Ci sono stati e ci saranno ospiti importanti sul tuo palco. Come li hai scelti? Ho invitato molti colleghi e non tutti potevano esserci per i vari impegni di ciascuno. Mi ha fatto molto piacere poter ospitare Mario Biondi che è come un fratello. Ci tenevo anche che ci fossero artisti giovani. E poi c’è Fiorella Mannoia per la storia che ci lega da anni. Che idea ti sei fatto del rap, genere che negli ultimi anni sta ottenendo sempre più attenzione? Il rap mi sembra sia il nuovo linguaggio che i giovani hanno assimilato per denunciare i propri problemi. Adoro J-Ax, Rocco Hunt, Clementino. Scrivono cose interessanti. Fino a che punto si può spingere la musica nel denunciare cosa non va? L’importante è che non sfoci nella politica: quando la musica è troppo politicizzata diventa un problema. Una cosa è la denuncia sociale della musica, che è importante, un’altra cosa è politicizzarla.


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FACE TO FACE

sergio castellitto Il grande attore romano ci parla del nuovo film di Daniele Ciprì, La buca (nei cinema dal 25 settembre), dove recita con Rocco Papaleo. Un ritorno alle origini della commedia all’italiana. di Antonio Bracco

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con questa commedia è ' impatto quasi anacronistico rispetto alle al-

tre che popolano le sale. Si respira piacevolmente l’atmosfera di un cinema che non si fa più. Sì, è una commedia paradossale, raccontata con un alto gusto cinematografico che allo stesso tempo cerca di raccogliere la grande esperienza della commedia all’italiana. È divertente, ma in qualche misura “mostruosa”. Insieme a Rocco Papaleo abbiamo creato

personaggi che sono figli dei grandi attori del passato, come Gassman, Tognazzi, Manfredi e Sordi, riciclati e ridisegnati da Daniele Ciprì e dal suo gusto cinefilo… E cinofilo, perché c’è anche un cane nella storia. Tu, Papaleo e Ciprì, tre registi sul set. Non vi siete mai incornati? Rocco ed io siamo attori abituati a dipendere dalla visione del regista con il quale lavoriamo. Sappiamo discernere quando la parola spetta a noi. Abbiamo avuto una grande fiducia in Daniele e lui stesso ha capito subito che gli stavamo creando delle buone maschere, quindi ci ha lasciato molto liberi di inventare. Devo ammettere peraltro che erano anni che non avevo un incontro così piacevole umanamente e artisticamente. C’è stata tra tutti un’intesa immediata. È così bello andare d’accordo quando si fa un film. Ci siamo molto, molto divertiti. Il tuo personaggio è un imbroglione che si abbiglia con giacche a quadrettoni. Ha uno stile tutto suo. Assolutamente. È stato splendido raccontare questo avvocato un po’ tronfio che si veste con un abito che sembra più un costume, andando sopra le righe anche esteticamente con un cappotto di cammello, giacca quadrettata, scarpe e calzini ricercati. Ma dietro questa apparente signorilità c’è un millantatore. È un affettuoso coglione, io lo definisco così.

Papaleo interpreta un uomo mesto che ha scontato ingiustamente trent’anni di carcere. Il tuo avvocato trova in lui uno spiraglio per intentare una causa milionaria ai danni dello Stato. Sulla carta si può dire che ci siamo scambiati un po’ i ruoli. Paradossalmente lui fa più un personaggio malinconico e io più un personaggio tragicomico. Abbiamo mescolato le carte, in un certo senso. E poi c’è Valeria Bruni Tedeschi che è stata un amore d’attrice, piena di gusto, di simpatia italiana e di eleganza francese. È una storia costruita tra guazzabuglio emotivo e complicità cinematografica.

«Siamo abituati a vivere in un mondo in cui chi frega è furbo e chi è fregato è coglione. Abbiamo un senso della giustizia che è molto… italiano, ecco»

L’aggettivo con cui siamo maggiormente definiti noi italiani, e con il quale più ci piace definirci, è “furbi” nel senso truffaldino del termine. Siamo abituati a vivere in un mondo in cui chi frega è furbo e chi è fregato è coglione. Abbiamo un senso della giustizia che è molto… italiano, ecco. E nel film c’è proprio la retorica del millantato, ma in fin dei conti il truffaldino si rivela molto più ingenuo e l’ingenuo si rivela molto più furbo di quanto si potesse immaginare. Tu e Rocco date vita, di fatto, a una coppia comica: vi siete ispirati a qualcuno? Ci siamo divertiti a citare La strana coppia con Jack Lemmon e Walter Matthau, dove quest’ultimo fa la parte del cattivo, dello spietato e l’altro è invece il frignone, l’ingenuo. Ma abbiamo parlato di loro come di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, passando per chissà quante altre coppie. In questo senso penso che il nostro duo sia molto ben assortito. Ti sei mai sentito truffato nel mondo dello spettacolo, che certo non eccelle per limpidezza? Sì certo, chiunque di noi si è sentito truffato, ma l’importante è non sentirsi truffatori. E comunque l’umanità in generale si può dividere tra fregatori e fregati, tra defraudatori e defraudati, tra vampiri e vampirizzati.





STORIE

Marlene Kuntz

RIAPRIRE CASSETTI CHIUSI DA 20 ANNI Ăˆ un bel compleanno quello di Catartica, esordio dei Marlene Kuntz uscito nel 1994. Un disco che ha decisamente cambiato la geografia di quello che solitamente definiamo rock cantato in italiano. Il gruppo piemontese ha scelto di festeggiarlo in un modo piuttosto particolare. Ci racconta tutto Cristiano Godano. di Stefano Gilardino - foto di Alex Astegiano

TUTTA L'ITALIA. Il tour dei Marlene Kuntz comincia il 4 ottobre da Livorno e prosegue fino al 20 dicembre con il concerto di Siena. Oltre 25 date per attraversare in lungo e in largo l’Italia, isole comprese.

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anto per cominciare - come ormai è prassi comunque - i Marlene partiranno a breve per un tour nazionale che riproporrà in maniera fedele i brani di Catartica, accompagnati però da una bella novità che si chiama Pansonica, un mini album di inediti pubblicato da pochi giorni e nel quale hanno trovato spazio sette pezzi composti nello stesso periodo e risuonati ora. Ci racconta Cristiano Godano: «Il termine tecnico, almeno così dicono, è “operazione nostalgia”, anche se a noi proprio non piace. Sarà una festa di compleanno, alla quale speriamo partecipino tantissimi amici, l’occasione per risentire i pezzi del nostro primo periodo di vita artistica, compresi quelli che abbiamo inciso nuovamente ora. È stato bello ritirare fuori i vecchi nastri, anche piuttosto emozionante perché non ci ricordavano proprio tutto».

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L’idea di base, dunque, era quella di riportare alla luce materiale importante per la fase iniziale dell’avventura MK, canzoni che non avevano trovato spazio su Catartica - anche a malincuore, come ricorda Cristiano. «Avremmo potuto inserirne ancora altri, avevamo ben tre demo di pezzi dai quali attingere, ma ci piaceva l’idea di selezionare solo quelli che avessero un senso compiuto anche nel 2014 e all’interno della nostra discografia. Uno in particolare, però, che all’epoca chiamavamo La divina, si trasformò, almeno a livello di testo, in Cenere, proprio perché non sopportavo l’idea di non poterlo utilizzare in nessun disco. In ogni caso abbiamo scelto di non includerla in Pansonica per evitare troppa confusione. Mi piace invece ricordare Parti - che qui ritorna alla luce - perché non uscì mai neppure dalla nostra sala prove, è stata una sorpresa magnifica riascoltarla e risuonarla». Insomma, se siete fan della band di Godano, Tesio e Bergia e, in special modo, di quel periodo creativo che va dalla pubblicazione dell’esordio fino a Il vile, qui troverete di che gioire, soprattutto perché la qualità dei sette inediti è davvero molto alta.

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Viene da chiedersi come sia stato possibile che materiale così interessante non abbia trovato

mai la strada della pubblicazione definitiva… «Pensa che molti di quei pezzi non li suonammo neppure dal vivo o quasi. Mi ricordo un paio di versioni di Oblio, certamente alcuni altri finirono nelle scalette live dell’epoca preCatartica, ma devi tenere conto che a quei tempi eravamo degli illustri sconosciuti, con un piccolo pubblico di fedelissimi. Quindi per la maggior parte dei nostri fan, sarà sorprendente ascoltare Pansonica, sia su disco che dal vivo. Per quanto riguarda la tua domanda su come sia stato possibile lasciarli fuori da Catartica, beh… posso risponderti dicendo che eravamo fondamentalmente inesperti. Termini come “produzione” o “scelta dei pezzi” non rientravano nel nostro vocabolario e quindi ci affidammo alle mani di Marco Lega che scelse il materiale per lui adatto al disco. Fu doloroso non includere La divina, il brano del quale parlavo prima, per noi era un tentativo riuscito di coniugare la musica rock con gli stilemi di quella che sarebbe diventata la house. Stiamo parlando dell’inizio degli anni Novanta, quan-

anche cose successive, come Sotto la luna, che abbiamo scritto nel periodo a metà tra il primo e il secondo album ed è uno dei primi esperimenti con le chitarre accordate in maniera differente, un po’ alla Sonic Youth. Credo sia rimasta fuori per quel suo incedere quasi pop, mentre Il vile era un disco decisamente poco solare. Assieme a Oblio, è una di quelle canzoni che abbiamo tentato sempre di infilare in uno dei nostri album, ma che per un motivo o un altro sono sempre rimaste nel cassetto. Ora finalmente ci siamo riusciti (risate, ndr)».

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E se, dal punto di vista musicale, gli arrangiamenti e la scelta dei suoni hanno subito il necessario restyling, i testi non hanno avuto bisogno di particolari ritocchi. «È vero, sono contento di aver mantenuto quasi inalterata la scrittura di allora. Mi sono limitato a limare qua e là, a sostituire due o tre parole che davvero non funzionavano, ma poca cosa. Era giusto

«Nel 1994 eravamo certamente più snob e manichei, per noi c’erano cose giuste e altre sbagliate, senza troppe sfumature. Forse non piaceremmo troppo alle nostre versioni giovani» do di elettronica ancora neppure si parlava. Insomma, a me pareva che Marco non capisse niente (ride, ndr), ma col senno di poi non mi sembra una decisione così scandalosa».

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A stupire, comunque, è la scelta di non pubblicare le versioni originali - quelle dei Marlene acerbi anche dal punto di vista strumentale oltre che compositivo -, ma di risuonarle, seppure con uno spirito fedele all’originale. «Non avrebbe avuto un grande senso ripubblicarli così com’erano, suonavano male, con un sound approssimativo. Diciamo che erano potenzialmente dei buoni o ottimi pezzi, ma mancavano di arrangiamenti adeguati e registrazioni all’altezza della situazione. Eravamo molto ingenui, ma bisogna tenere conto che si tratta di cose che risalgono all’inizio degli anni Novanta, se non prima: Capello lungo era il riff che suonavano Luca e Riccardo, con un bassista, quando arrivai per la prima volta in sala prove. Ci sono

conservare il sapore originale, il senso di questa operazione era proprio quello, riportare alla luce i Marlene Kuntz del 1994, circa». I quali, chissà che avrebbero pensato dei Marlene del 2014… «Eravamo certamente più snob e manichei, per noi c’erano cose giuste e altre sbagliate, senza troppe sfumature, forse non piaceremmo troppo alle nostre versioni giovani. Però mi preme dire che, molto spesso, durante la nostra carriera, ci sono stati dei fraintendimenti: ogni volta che abbiamo ricercato la melodia o abbiamo deciso di gestire le distorsioni delle chitarre in maniera meno cruenta, è stato per una precisa scelta stilistica e personale, per assecondare i nostri desideri, non certo per una volontà commerciale, un’accusa che ciclicamente ci colpisce. Ci hanno tacciati di aver ammorbidito il nostro sound per vendere più dischi ma, a ben vedere, il nostro best seller resta Catartica, l’album più duro e rumoroso dei Marlene Kuntz. Forse dovremmo ritornare a quel tipo di suono per scalare le classifiche (ride, ndr)».

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elisa la ribelle

L'emozione di suonare in un'Arena di Verona sold out da settimane, il calore di un pubblico che per primo ha capito quanto la sua proposta fosse impossibile da catalogare secondo le regole imposte dal mercato e la curiosità come spinta creativa perenne: ecco chi è oggi Elisa. In una chiacchierata fuori dalle righe e dalle regole, l'artista più eclettica del panorama italiano si è aperta molto onestamente e senza peli sulla lingua. di Luca Garrò

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foto di Roberto Panucci



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on il tour di supporto a L'Anima Vola sei stata una delle protagoniste assolute dell'anno: non poteva esserci chiusura migliore che un sold out all'Arena di Verona. Cosa dobbiamo aspettarci dallo show? Posso dirti che non assomiglierà alla tranche estiva del tour, quella appena conclusasi, ma torneremo alla formula utilizzata in inverno nei palasport, che ci sembrava più congeniale per un evento come questo. Mi emozionava l’idea di quel palco in grado di arrivare fino al centro dell’Arena, in mezzo al pubblico. In pratica la struttura è la stessa usata nei palazzetti, con alcune modifiche strutturali dovute alla conformazione dell’Arena stessa. Per esempio non abbiamo potuto ricreare quella buca dove sparivano gli strumenti, ma lo show non sarà meno intenso e soprattutto non mancherà la parte della richiesta del pubblico, che amo alla follia. Tre ore di durata e richieste del pubblico, hai preso spunto da Springsteen? Ah sì, sarà un bel concertone che metterà alla prova i fan e mi farà capire se mi vogliono davvero bene (ride, ndr)! Comunque ci hai preso in pieno: se non fosse per Springsteen non avrei mai pensato ad uno show di questo tipo, soprattutto per quanto riguarda le canzoni a richiesta. È stato uno dei momenti più intensi della prima parte del tour e sono emozionata già all’idea di riproporlo a Verona.

«Cambiare significa alzare l’asticella e costringere gli altri a fare qualcosa di nuovo per stupire il pubblico. Si diventa dei guastafeste, che obbligano gli altri a lavorare di più. Ma io me ne frego» Idee di questo tipo spesso sono etichettate come paracule e populiste. Non temi di essere tacciata delle stesse cose? Posso essere sincera? Non c’è cosa di cui mi possa fregare di meno, ma sul serio. M’interessa così poco che mi viene solo da ridere al pensiero di poter essere definita in questo modo. Ogni volta che leggo certi commenti penso ad un paragone che mi fa sempre sorridere: è come se tu andassi al ristorante, allo stesso prezzo ti portassero delle portate più grandi del solito e tu dicessi di portare via tutto perché è di più di quello che hai pagato: follia pura. E dire ai camerieri che sono dei paraculi (ride, ndr). In effetti sembra che fare qualcosa in più rispetto al compitino sia un fatto negativo e non un valore aggiunto. È inspiegabile. Te lo spiego io il perché di questo meccanismo perverso: se qualcuno fa qualcosa in più rispetto alla media scombussola gli schemi che regnano 34 onstage settembre - ottobre

da sempre. E spesso in questo settore gli schemi servono a tutti. Cambiare qualcosa, fare un passo in più significa alzare un po’ l’asticella e costringere gli altri a inventarsi qualcosa di nuovo per stupire il proprio pubblico. Per questo si rischia di essere visti come dei guastafeste, che obbligano gli altri a lavorare di più. Puoi proprio scriverlo apertamente: io non mi creo problemi di questo tipo, me ne fotto, anzi me ne strafotto. Scrivilo in modo che si legga bene (ride, ndr)! Tornando alle canzoni a richiesta, serve una preparazione notevole e servono anche un po’ di palle. Forse sì, ma ci tengo a precisare che il grado di preparazione che può impiegare una band come quella di Springsteen non è paragonabile alla mia e lo sottolineo proprio per dimostrare la mia assoluta mancanza di paracullagine. Lì una band intera fatta di oltre dieci musicisti conosce a memoria un canzoniere infinito e ha dei tempi di elaborazione di pochissimi secondi - cosa che mi sconvolge ogni volta che vado a vederli. Noi invece ci limitiamo a qualcosa di molto più semplice: invito la gente a venire con dei cartelli e chiaramente cerco di suonare sempre i brani che leggo, però le suono in acustico accompagnata da due o tre musicisti e dalle coriste. E anche se ciò vuol dire che devo essere molto preparata su ogni brano, si tratta di un'esecuzione più da spiaggia che altro. Diciamo che l’Arena sarà forse la spiaggia migliore su cui potrai suonarle allora. È un momento che piace tantissimo e che la gente apprezza davvero, ben oltre quello che immaginassi. Il fatto poi che sia acustico diventa un valore aggiunto: mi trovo a suonare brani nati con altri arrangiamenti e che canto magari per la prima volta in quella veste. Il pubblico resta in assoluto silenzio ed è molto emozionante perché si ottiene un grande momento dedicato alla voce, corale e in grado di unirci. All’Arena poi non saremo in un palasport di cemento, in cui suonare dà sempre un’adrenalina incredibile, ma dal punto di vista acustico lascia molto a desiderare. Quanto è diverso anche a livello tecnico uno show all’aperto da uno in un palasport? Premetto che non essendo un Ligabue o un Jovanotti, i palazzetti per me rappresentano la più grande occasione di trovarmi di fronte ad un certo numero di persone. Non posso fare gli stadi, dunque suonare in un luogo come il Forum d’Assago, per esempio, è sempre un’emozione che mi toglie il fiato. Il problema, come ti dicevo, sono i limiti acustici che queste location presentano: è il motivo per il quale - purtroppo - nei palazzetti si tende a mettere in piedi spettacoli piuttosto che concerti tout court. Si curano molto di più le luci, i colori e le scenografie rispetto alla parte musicale. E questo dispiace un po', perché in realtà la musica dovrebbe essere sempre in primo piano, invece si è quasi costretti a imbellettare lo spettacolo per distrarre la gente dal fatto che l’acustica sia limitata. I concerti indoor sono esperienze multisensoriali perché l’udito è penalizzato. E qui si arriva a uno dei grandi paradossi del nostro Paese: costruiamo palazzetti per sport che rendiamo minori perché non ci investiamo e poi riutilizziamo queste strutture per fare musica senza che la cosa sia stata pensata al momento della realizzazione. Un capolavoro... È un grande peccato, anche se luoghi come quelli progettati da Renzo Piano mi fanno sperare che le cose non vadano sempre in quella direzione. È un problema che andrebbe affrontato alla radice, ma credo che non ci sia l’interesse per farlo. In ogni caso devo spezzare una lancia a nostro favore, perché mi è capitato di assistere a concerti in arene americane dove dal punto di vista acustico


«Sette sono i peccati capitali, sette sonoferma, le meraviglie del «Nonmondo riesco aestare non ilsono capace: io sono nato sette sono sia curiosa che Potevamo insicura, quindi non sono febbraio! scegliere un’altra cifra per gli eventi unici mai una cosa sola, ma tantissime. Non ho ancora di quest’anno?»

capito se sia un bene o un male»

TRE STAGIONI. Elisa ha iniziato a girare l’Italia in primavera con la prima parte del tour de L’anima vola, numerose date anche in estate per l’artista friulana per poi chiudere in autunno con il live all’Arena di Verona. Manca solo l’inverno…

ho dovuto immaginare quello che stava succedendo più che sentirlo. Certo, parliamo di strutture di vecchia concezione: poi hanno capito che per costruire impianti adatti alla musica servivano altri canoni, ai quali si sono attenuti. Noi invece non impariamo mai dal passato. Ed è buffo pensare che tra gli architetti di maggior prestigio mondiale primeggino diversi italiani. Ci puoi dire se hai già messo mano a qualcosa di nuovo? Hai in mente un altro album completamente in italiano? Sto lavorando da un po’ di tempo a nuovo materiale, ma con molta, molta calma. Ma non sarà composto da sole canzoni in italiano: l'avevo detto ai tempi dell’uscita de L’anima vola, ma in pochi mi avevano creduto. Mi piace parlare con i fatti e anche in questo caso è confermato che non dico cose tanto per dire. Non ho mai amato le formule, credo che ormai sia chiaro: scrivere solo in italiano è una cosa che non

mi appartiene fino in fondo In effetti, un filo ti lega alla tradizione del bel canto, ma allo stesso tempo hai un animo cantautoriale puro. Prima usavi solo l’inglese e ora la gente si stupisce se abbandoni l’italiano. Insomma, fatti etichettare! Questa è la storia della mia vita. Devo dire che a questo punto della mia carriera ho abbastanza strada dietro di me perché si possa capire. Il solco è quello e non puoi sbagliare ma in principio è stato molto doloroso: puoi immaginare quanto fosse difficile non essere come gli altri, non sapevano mai dove mettermi e appena mi etichettavano io scombussolavo tutto e si ripartiva da capo. Ed era così anche all'estero. Non riesco a stare ferma, non sono capace: sono sia curiosa che insicura, quindi non sono mai una cosa sola, ma tantissime. Non ho ancora capito se sia un bene o un male. l

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È #LOGICO CHE CESARE CREMONINI ABBIA SUCCESSO Non solo perché scrive bellissime canzoni, come Logico #1, per tutta l’estate il pezzo più suonato dalle radio. Non solo perché i suoi album, come Logico, suonano come quelli di una volta, con grande cura di ogni dettaglio. Non solo perché dal vivo, come ampiamente mostrato dagli ultimi tour, dà il meglio di se stesso. È logico che Cesare Cremonini abbia successo perché ha uno spessore umano non comune. Ne rimangono folgorati tutti, compreso chi lo ha intervistato in vista della tournée autunnale. di Stefano Gilardino - foto di Alessio Pizzicannella



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all’epopea Lùnapop a Logico: raramente, in Italia, si è assistito a una maturazione come quella che ha caratterizzato la tua carriera solista. È un fatto riconducibile alla tua naturale crescita umana oppure c’è qualcosa in particolare che ti ha stimolato? I Lùnapop sono nati sui banchi di scuola. Frequentavo il liceo scientifico, ma le materie che preferivo in quegli anni erano la musica e l’italiano. Scrivevo i testi delle mie prime canzoni ovunque, riempivo di rime improvvisate i quaderni degli appunti, i banchi deteriorati della mia classe, l’interno degli armadietti della palestra... Avevo 16 anni appena compiuti e davanti a me intravedevo un sogno da mettere ancora a fuoco: diventare un cantante. Quando nel giro di tre anni, durante l’estate della maturità, mi ritrovai primo in classifica ero maggiorenne da 3 mesi. In quell’istante ricordo che pensai: “Verranno giorni più difficili!”. E fu una giusta intuizione, perché mi spinse a cercare di migliorarmi ogni giorno affinché ciò non accadesse. Credo che tu sia uno dei pochissimi esempi di musica pop in Italia. Nel senso migliore possibile, ovviamente, quello di musica “popolare”, che arrivi a tutti e che, con la leggerezza che le compete, riesca a far divertire e riflettere. Ma forse, oggi, classificare la musica in base al genere è davvero anacronistico... Ho l’impressione che ormai tutti parlino di tutto, ma in pochissimi sappiano realmente di cosa parlano, anche quando si cerca di argomentare un tema così vasto come la musica. Non esistono generi migliori o peggiori, anzi, col tempo e l’esperienza ho capito in modo molto profondo che dalla musica, di qualsiasi genere si tratti, c’è sempre da imparare. Lo dimostrano anche i più grandi esponenti della canzone italiana e non, che si sono distinti per avere mantenuto grande apertura mentale nei confronti delle diversità di stili e di generi. Esistono invece, ma questo dipende da molti fattori, canzoni magari con temi brutti e meno brutti. Insiemi di note indimenticabili o prevedibili. Ho invece la sensazione che, per quanto mi riguarda, il meglio debba ancora venire. O forse sta venendo ora. In ogni caso siamo a un secondo inizio. E poi di una cosa sono particolarmente orgoglioso: sta per cominciare un mio nuovo tour con due date piene zeppe al Forum di Assago, a Milano. Dopo 15 anni di carriera non è per nulla scontato.

vero però che non ho mai creduto a quelli che si vantano di parlare a poche persone o di raggiungere il pubblico ma non essere capiti. Queste però sono valutazioni piuttosto incerte da parte mia. Quando ero un ragazzino desideravo riempire gli stadi, dopo tanti anni desidero la stessa cosa, ma ho imparato a godere di soddisfazioni più intime o anche dalle molteplici sfumature che questo mestiere mi regala. Non sono mai stato uno che alla domanda “Cos’è la musica per te?” ha risposto “la musica è tutto!”. La musica è una magia tra le più belle della vita, ma ce ne sono tante altre che mi piacciono altrettanto. È il mio lavoro perché cercare quella magia è ancora il mio piacere più grande. Il pubblico, il successo, alla fine, vengono dopo (sempre che vengano), sebbene siano fondamentali. In una vecchia intervista proprio a Onstage, dicevi che quando pubblichi un disco è perché hai deciso di farlo e non perché devi. Un pensiero molto “logico”, tanto per stare in tema con il nuovo lavoro, che denota un grande rispetto per la creatività, ancora di più in un mondo che ormai corre velocissimo e riserva alla musica

LA CINQUINA DI CESARE A dirla tutta, gli album scritti da Cremonini sono sei, perché il primo e unico lavoro dei Lunapop (… Squérez?, del 1999) è attribuibile alla sua “penna”. Ma volendo essere rigorosi, l’artista bolognese in carriera ha firmato cinque dischi solisti in dodici anni, dal 2002 al 2014. Non sono tanti, ma lui e il suo staff hanno sempre scelto di prendersi il tempo necessario per lavorare al meglio delle proprie possibilità - anche sulle copertine, che vi mostriamo qui sotto. E hanno fatto bene.

BAGUS (2002)

MAGGESE «Ho la sensazione che, per quanto mi riguarda, il meglio debba ancora venire. O forse sta venendo ora. In ogni caso siamo a un secondo inizio» Spesso, le interviste mi regalano bellissime coincidenze. Riflettendo sulla popolarità della tua musica, sono incappato in una frase di Elio Petri: “Il cinema non è per un'élite, ma per le masse. Parlare a un’élite di intellettuali è come non parlare a nessuno. Non credo si possa fare una rivoluzione col cinema. Io credo in un processo dialettico che debba cominciare tra le grandi masse, attraverso i film e ogni altro mezzo possibile”. Credi che valga lo stesso discorso anche per la musica? Argomento difficile! (ride, ndr) Non ricordo chi, ma qualcuno poco tempo fa mi disse: “Spesso un artista che vuole avere successo è solo un uomo che vuole avere successo”. Essere un artista è un’altra cosa. È 38 onstage settembre - ottobre

(2005)

IL PRIMO BACIO SULLA LUNA (2008) LA TEORIA DEI COLORI (2012) LOGICO (2014)


cicli di vita molto brevi. Come si fa a camminare con calma quando il resto attorno viaggia a una velocità diversa? In realtà mi sembra di correre a velocità supersonica! Io vorrei andare con molta più calma di quella che ostento. Però le sfide quando ti entrano dentro e si accendono nei tuoi neuroni ti comandano. Sono loro a decidere i tuoi tempi, quando ti alzi per fare una cosa o quando vai a dormire. Purtroppo (o per fortuna) mi arrivano continuamente proposte e mi nascono continuamente idee in testa. Quando il mio produttore Walter Mameli le condivide con me, da quell’istante, è davvero difficile che mi tiri indietro. Sempre a proposito di creatività, in passato hai intitolato un album Maggese: un concetto che potrebbe essere applicato anche alla composizione, no? Ogni tanto serve lasciare riposare il talento e il cervello per poter tornare al massimo della forma? Hai mai avuto momenti di blocco creativo? Io sono in perenne blocco creativo, ma come tutti. L’ispirazione non è di nostra proprietà, è un vento leggero che viene e va. Certo puoi farti trovare pronto quando bussa alla tua finestra. Questo è già molto. Maggese era un disco di grande rottura con il mio passato, perché portava nella mia discografia influenze folk e cantautorali che onestamente ricordo di aver sposato solo in quel periodo. Quel tipo di canzoni hanno bisogno di spazi larghi, di strade polverose, di quartieri luridi di

New York, dove ho vissuto per qualche mese mentre le scrivevo, e di tempo. Altre canzoni hanno bisogno di tutt'altro.

«Sono in perenne blocco creativo, ma come tutti. L’ispirazione non è di nostra proprietà, è un vento leggero che viene e va. Certo puoi farti trovare pronto quando bussa alla tua finestra» Io e Anna è un rispettoso omaggio a Anna e Marco di Lucio Dalla. Mi piace l’idea di qualcuno che, idealmente, prosegue la storia di una canzone cercando di capire cosa sia successo dopo la fine della stessa. Ti faccio due domande: è arrivata prima l'idea o dopo aver composto la canzone hai riflettuto sulla cosa? Di quale tua canzone vorresti che qualcuno immaginasse un nuovo capitolo e chi lo potrebbe fare? Ci ho pensato prima. Ero davvero curioso di sapere anche io come fosse finita tra loro! Per quanto riguarda me sarebbe bello che i Guns N’ Roses si riunissero per scrivere la continuazione de La nuova stella di Broadway, ma la vedo abbastanza difficile... A differenza di molti tuoi colleghi, ancora una volta hai scelto di

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lasciar passare diversi mesi tra la pubblicazione del disco e il primo concerto. Perché? Perché a differenza di quei miei colleghi io sono tornato a suonare nei grandi palasport “da soli due dischi” e voglio fare le cose una per volta, con umiltà e senza fare il passo più lungo della gamba, se possibile. Detto che oggi anche Vasco annuncia le sue date negli stadi con larghissimo anticipo, probabilmente anche come forma di rispetto per il pubblico affinché possa pianificare e gestire il tempo... e le finanze.

«Vorrei che fosse il tour più bello del 2014, e magari anche del 2015. Vorrei che fosse il più bello della mia vita e che il pubblico ne rimanesse folgorato. Non potrei ambire a niente di meno» So che siete ancora in fase di progettazione del Logico Tour: qual è la tua ambizione artistica? Che cosa guiderà le scelte tue e del tuo team? Vorrei fosse il più bello spettacolo del 2014, e magari anche del 2015. Vorrei che fosse il più bel tour della mia vita. Vorrei che il pubblico ne rimanesse folgorato. Innamorato. Non posso ambire a meno di questo, altrimenti farei un altro mestiere. Ad ogni tour aumentano sempre più le presenze ai tuoi show e la grandezza dei posti dove suoni. È difficile continuare a mantenere

un contatto privilegiato con chi ti viene a sentire? Oppure non dipende dalla capienza dei locali? No, non dipende da questo. Non per me almeno. Più gente viene e più mi sento all’altezza di fare quello che faccio. È più facile trascinare il pubblico in mondi che condividiamo, si crea un immenso “mind game” a cui partecipano tutti, e a cui tutti sono invitati. Dei posti piccoli non mi colpisce l’intimità ma l’acustica, che è nettamente migliore! Hai dichiarato di vendere più biglietti che dischi ormai e che, comunque, questa è un'ottima dimensione del tuo successo. Vedi quindi il disco come concetto subordinato al concerto live? Molto più semplice. È tutto importantissimo e do tutto me stesso in ogni campo del mio mestiere, dalla scrittura, alla registrazione, fino all’esperienza live. Ma un concerto lo puoi vedere solo una volta e in quel posto preciso, perché è un evento impossibile da replicare: in altri termini, o ci sei o non ci sei. La musica può essere ormai ascoltata in mille modi diversi e come si preferisce. Il disco, di per sé, è ormai un oggetto destinato ai fan più legati all’artista, addirittura ai collezionisti. Non lo dico io, lo dice la realtà. Penso che da qui a poco le classifiche musicali terranno conto di quanto la musica circoli, venga percepita o utilizzata, indipendentemente dalla forma o dal canale utilizzati. E quella sarà una delle grandi rivoluzioni dell’industria musicale. Per chiudere l'intervista e restare in tema col tuo disco: meglio L’illogica allegria di Giorgio Gaber o The Logical Song dei Supertramp? Oppure, se hai una terza opzione… Mi piacciono entrambe. Anche se può sembrare... illogico! l

A GRANDE RICHIESTA. Il tour di Cesare comincia con la data zero di Livorno il 25 ottobre. Poi due volte Milano (28, sold out, e 29), quindi Rimini (31), Conegliano (2 novembre), Bologna (6), Bari (9), Roma (11), Napoli (14), Acireale (16), Perugia (18), Firenze (19), Mantova (21), Torino (22), Trento (25) e gran finale il 27 novembre a Padova.

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VOGLIO E POSSO. OGNI MARTEDÌ IN EDICOLA

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UNO DEGLI UOMINI PIÙ

FELICI DELLA TERRA FINALMENTE ABBIAMO ANCHE IN ITALIA L’OCCASIONE DI VEDERE DAL VIVO UNO DEGLI ARTISTI PIÙ CELEBRATI E VINCENTI DEGLI ULTIMI 15 ANNI. PHARRELL CALCHERÀ PER LA PRIMA VOLTA NELLA SUA VITA UN PALCO ITALIANO E AVRÀ UN MOTIVO IN PIÙ PER ESSERE Happy. E SE L’ASSOCIAZIONE CON LA SUA HIT 2014 VI SEMBRA SCONTATA E BANALE, NON AVETE IDEA DI QUANTI MOTIVI ABBIA MR WILLIAMS PER ESSERE ESTREMAMENTE FELICE. di Marco Rigamonti - foto Sony Music

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hiedetegli se è felice: a lui per tutta risposta basterà rispondere con un link di YouTube che ha recentemente superato 400 milioni di visualizzazioni. Un fenomeno virale enorme, scimmiottato in tutte le salse. Ma Happy non è altro che la punta dell’iceberg, perché Pharrell Williams ha ben più di un motivo per dichiararsi felice. La sua carriera. Le sue attività in continua evoluzione. La sua famiglia. In una parola, la sua vita. Quindici anni fa - un lasso temporale immenso quando si parla di musica pop - Pharrell Williams si nascondeva insieme al compagno

di scuola Chad Hugo dietro lo pseudonimo di The Neptunes e muoveva i primi passi nel music business lavorando quasi esclusivamente tra le confortevoli pareti del suo studio. Oggi è diventato un’icona dai contorni quasi mitici, il simbolo del produttore/rapper/cantante/compositore/fashion designer con una marcia in più, capace di trasformare in oro a 24 carati tutto quello che sfiora. È arrivato lassù con il suo talento, ma anche con abnegazione e - aspetto da non sottovalutare - grandissima coerenza. Ascoltare nel 2014 il primo album di Kelis (l’intra-

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montabile Kaleidoscope) o un colpo di genio come Drop It Like It’s Hot (con Snoop Dogg) evidenzia quanto il gusto di Pharrell sia sempre stato al di sopra delle regole imposte dal mercato: nei pezzi in cui ha messo mano i suoni sono ultra-curati, gli arrangiamenti perfettamente calibrati (minimalisti solo in apparenza, perché all’ascolto attento emerge tutto il lavoro nascosto) e le melodie inattaccabili. La lista degli artisti che si sono accorti del suo potenziale e hanno voluto usufruire del suo tocco magico è infinita, ma sarebbe un delitto non menzionare re e reginette del pop come Madonna, Britney Spears, Jay-Z, P. Diddy, Alicia Keys, Beyoncè, Justin Timberlake e Mariah Carey.

POLIEDRICO È POCO Prendendo in esame i brani che l’hanno visto protagonista negli ultimi due anni, il primo pensiero va dritto al funk: Get Lucky (Daft Punk), Blurred Lines (Robin Thicke), Liar Liar (Chris Cab) e Sing (Ed Sheeran) sono pezzi killer, che non hanno incontrato nessuna difficoltà ad arrampicarsi per le classifiche del mondo intero grazie a ritmo e leggerezza pop. Dal suo secondo disco (G I R L, uscito a marzo 2014) traspare un evidente amore per il soul, mentre tornando indietro di qualche tempo (era il 2010) Williams cantava One sui suoni elettronici firmati dagli Swedish House Mafia, lanciando ufficialmente il trio di dj verso il firmamento delle superstar della EDM. Riavvolgendo ulteriormente il nastro, le collaborazioni di Pharrell sono molto più orientate verso il mondo hip-hop; infine, quando non produce e non si presta a featuring, si dedica al progetto N*E*R*D, una bastardata rock/rap/funk francamente difficile da categorizzare. A fronte di questo sbrigativo riepilogo, associare la figura di Pharrell al funk puro diventa riduttivo: lui è un artista che definire poliedrico è poco. Lui dice di essersi sempre rifiutato di suddividere la musica in generi. Stevie Wonder, Marvin Gaye e Donny Hathaway vanno a braccetto con Q-Tip e J Dilla nella chart degli artisti che più stima. Naturalmente nell’elenco compare anche il nome di Michael Jackson, con il quale non è riuscito a collaborare per un pelo: 8 brani scritti per lui furono rifiutati dall’entourage di Jacko e 44 onstage settembre - ottobre

finirono a Justin Timberlake. Ecco, se si dovesse trovare un motivo per cui il nostro non potrà mai sentirsi realizzato al 100% potrebbe proprio essere la mancata opportunità di fare musica insieme al Re del Pop. Alla base del Pharrell-pensiero non c’è solo eclettismo, ma anche quell’indefinibile formula magica che mischia intuito e furbizia. Scrivere canzoni per Jennifer Lopez e Madonna e poi apparire al fianco di Uffie (artista americana che milita nel circuito electro underground) o di Major Lazer (il nome in codice del lato più dancehall di Diplo) per lui è perfettamente normale: da una parte il suo nome viene associato all’immaginario pop, dall’altro viene accostato a un mondo più alternativo, facendo tutti contenti. Duettare con Pitbull e poi comporre a quattro mani con Hans Zimmer la colonna sonora degli Academy Awards è del tutto naturale, per quanto lontani possano sembrare gli ambiti lavorativi. Il vero mistero è dove riesca a trovare il tempo per l’incredibile mole di produzioni, progetti e collaborazioni ai quali prende parte: spulciando Discogs, uno dei più grandi database musicali esistenti in rete, si scopre che la voce “Crediti” di Williams supera le 1400 voci. Tutto ciò fa capire che l’unica frase in grado di descrivere il metodo lavorativo di Pharrell è la seguente: non importa chi tu sia e che tipo di musica tu faccia, perché se è interessante e la fai bene lui la renderà ancora migliore - e nella maggior parte dei casi ti farà vendere molto di più.

IO SONO ALTRO Come se non passasse abbastanza tempo in studio e sui palchi in giro per il pianeta, nel 2012 Pharrell ha creato una società/etichetta multimediale che oltre a occuparsi di musica include attività legate alla moda e alla cultura. Le linee di abbigliamento Billionaire Boys Club e Ice Cream (fondate insieme all’amico Nigo) propongono street wear di lusso: i capi, prodotti in quantità limitate, vengono venduti online a prezzi il più delle volte proibitivi. Il Pharrel stilista (votato “Best Dressed Man In The World” dall’influente magazine Americano Esquire nel 2005) ha disegnato per Louis Vuitton e Moncler; attualmente collabora in pianta stabile con Adidas, ha prestato il suo gusto alla enorme compagnia Giappo-

nese Uniqlo e ha annunciato una joint-venture tra la sua fabbrica tessile Bionic Yard e la G-Star, che punta su una collezione realizzata con plastica riciclata recuperata dal fondo degli oceani. Il canale I Am Other nasce invece da un’iniziativa di YouTube supportata da Google, con l’obiettivo di uploadare contenuti originali sulla piattaforma. Al suo interno ospita una serie di successo, una trasmissione di interviste a personaggi hip-hop, un format che si concentra sul sociale, documentari artistici e gli immancabili approfondimenti su tutto ciò che è legato a moda e stile. Proprio come quando parla della sua musica, Pharrell descrive il suo canale in maniera semplice e geniale: «Un movimento culturale dedicato ai Pensatori, agli Innovatori e ai Reietti». Un po’ come dire a tutti e a nessuno, ma soprattutto ai nessuno. A completare il suo coinvolgimento a 360° nella cultura moderna va menzionata anche l’organizzazione no-profit From One Hand To AnOTHER, che punta a modernizzare il concetto di comunità incoraggiando i ragazzini ad esprimersi attraverso nuove tecnologie e avvicinandoli all’arte, affinché diventi una fonte di motivazione in più. Il progetto si sta concretizzando attraverso la costruzione di un “doposcuola” da 35 milioni di dollari nella sua città natale, Virginia Beach. Per fare felici le nuove generazioni, perché i “nessuno” abbiano la possibilità di manifestare il proprio talento.

TUTTO QUELLO CHE VORREBBE Potrebbe sembrare strano, ma nonostante il video di Blurred Lines e la posizione occupata nella sfera della musica (producer di successo hip-hop = bellissime ragazze pronte a tutto per una notte di follie), Pharrell è felicemente sposato con Helen Lasichanh, che è stata la sua fidanzata per lungo tempo e dalla quale ha avuto un figlio 6 anni fa. Ogni tentativo di strappargli qualche confidenza piccante è fallito; i supposti flirt affibbiatigli in passato dalla stampa non troveranno mai una conferma, perché lui non si sbottona. D’altra parte per seguire tutte le faccende sopra elencate da qualche parte si dovrà pur partire: la stabilità di una famiglia aiuta a non perdersi in notti brave e pensieri devianti. E


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proprio il concetto di famiglia sta molto a cuore a Pharrell: ama i suoi genitori, la maestra e il tuttofare che l’hanno educato al rigore e alla disciplina, senza però mai fargli mancare l’affetto. Oggi il loro figlio sostiene di passare un numero impressionante di ore in studio tutti i giorni (molte domeniche comprese) e

di approfittare di ogni attimo libero per stare con la sua famiglia. Mr. e Mrs. Williams, i vostri insegnamenti sono stati tramandati con successo: Pharrell lavora sodo, si tiene stretti i suoi cari ed è tutto quello che vorrebbe dalla vita. P.S. Per la prima volta dal 2006, Pharrell si

imbarcherà in un tour come solista in giro per l’Europa e il Nord America. Come molti sanno, il nostro turno verrà il 20 settembre al Forum di Assago (Milano): ottima occasione per battere le mani a ritmo e prodigarsi in danze improvvisate insieme a uno degli uomini più felici sulla faccia della Terra. l

«Suonare a San Siro e all’Olimpico è come giocare una finale dei Mondiali con la Nazionale. Sono cose che nella vita uno non si può aspettare, al massimo può augurarsele»

SONO ANCHE MIE. Nei concerti che l’hanno visto protagonista nella prima parte del 2014, Pharrell ha proposto una scaletta zeppa di successi. I suoi, come Happy, e quelli dei suoi N.E.R.D., ma anche quelli degli artisti a cui ha dato una mano, da Get Lucky dei Duft Punk a Drop It Like It’s Hot di Snoop Dog passando per Blurred Lines di Robin Thicke. Furbacchione…

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POP IT UP!

Pharrell Style Chiedete in giro cosa s’intenda con la parola “pop”. Avrete le più disparate risposte. La verità è che oggi tutto ciò che si lascia contaminare è pop. Lo sa bene quel geniaccio di Pharrell, che nelle sue produzioni mischia sound diversi ottenendo risultati sorprendenti. È il suo stile, riconoscibile anche nell’abbigliamento: contaminare è la parola chiave.

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KASABIAN

NON VOGLIAMO ESSERE

FAMOSI Negramaro


I Kasabian tornano in Italia dopo il successo dell’album 48:13. Li attende un nuovo bagno di folla e il meritato affetto del pubblico italiano, cresciuto a dismisura negli ultimi anni. Con la serenità di chi è consapevole dei propri mezzi, Sergio Pizzorno racconta se stesso e la band tra notorietà, colore rosa, musica punk e certi funghetti di Alvise Losi foto di Charlie Gray


I l quinto album dei Kasabian, 48:13, è uscito a dieci anni di distanza dal primo. Un arco temporale nel quale il gruppo di Leicester ha cercato di diventare la band di riferimento del nuovo rock britannico, senza però fare patti col Diavolo. Non hanno mai cercato di vivere come delle star, concentrandosi piuttosto sulla propria ispirazione e sulla volontà di rinnovarsi. Un’attitudine riscontrabile nel nuovo disco, come ci ha raccontato Sergio Pizzorno, chitarrista e autore dei Kasabian, con il quale ho chiacchierato in vista dei due attesissimi concerti italiani della band (il 31 ottobre a Roma e l’1 novembre a Milano). Quando lo incontro è provato da due giorni piuttosto intensi di promozione, ma il sorriso è aperto e sincero. Per rompere il ghiaccio inizio chiedendogli di descrivermi l’album in cinque parole. Non ci pensa su più di tanto: «Rosa, diretto, futuristico, essenziale, potente». Mi spieghi perché il rosa? Molti percepiscono i Kasabian come una band molto virile, potente e anche allarmante in un certo senso. Quello che in fondo dovrebbe essere una rock band. Ma utilizzando il colore rosa per la copertina e per la promozione abbiamo voluto ribaltare completamente la prospettiva. Un po’ quello che è successo con la musica punk. È l’opposto di quello che ti aspetti e con questa immagine speriamo che anche l’album sia ascoltato con un altro sguardo e orecchio.

«I funghi allucinogeni ti aprono la mente e ti mostrano il mondo in maniera diversa e molto sorprendente. Sono esperienze passate, ma io posso scrivere solo di quello che conosco»

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Cos’aveva la musica punk che oggi non si trova più? C’è un’energia unica nella musica punk che deriva dal suo essere onesta e diretta. A loro davvero non gliene fregava nulla e questo da un punto di vista artistico era splendido. Che alla gente piacesse o no, loro facevano quello che volevano ed è proprio questo che ha fatto sì che tante voci si siano unite. Questa attitudine ci ha influenzato molto. I punk si ribellavano a un sistema di valori e regole che la società di quegli anni considerava intoccabili. Oggi c’è un sistema contro il quale ribellarsi? Per come la vedo io è una cosa molto semplice: riguarda capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. È un aspetto che ha a che fare con ogni essere umano. Quello che accade con i politici per esempio non sempre è evidente a tutti e così a volte bisogna essere capaci di indicare cosa sia


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solo di quello che conosco. Come funziona il vostro processo creativo quando lavorate a un album? Il mio obiettivo è riuscire a fare un rock‘n’roll futuristico. È sempre stato quello il nostro modo di lavorare. Credo che l’unico modo per creare un nuovo sound sia riconoscere e distinguere i vari elementi che compongono la musica. In 48:13 ci sono hip hop, elettronica e, naturalmente, rock. Se si prende una parte di ognuno di questi generi e poi lo si arrangia in un ordine diverso allora si inizia a creare qualcosa che sia riconoscibile ma allo stesso tempo innovativo. Un nuovo linguaggio. È sempre stata la nostra idea dagli inizi: cercare di realizzare questo passaggio a livello musicale. A proposito di creatività, Bono parlando del nuovo album degli U2 ha dichiarato che non lo avrebbe fatto uscire prima di sapere che fosse perfetto. Considerando che ci sono voluti cinque anni, la sua creatività non deve essere più quella di un tempo. Tu come riesci a mantenerla viva? Bono ha ragione. È molto difficile. Bisogna sempre dare il massimo di se stessi e far uscire un album solo quando si è certi di averlo fatto al meglio delle proprie possibilità e dopo che sia davvero finito. Non so se ci sia una ricetta. Il mio modo è continuare a vivere nel mondo, guardarmi intorno, essere curioso e non smettere mai di indagare. Andare a una mostra d’arte ed essere colpito da un quadro, ascoltare un nuovo cantante e trarne ispirazione, leggere un libro. Cercare continuamente cose nuove, questo è il mio modo di mantenere viva la creatività.

«Il mio obiettivo è riuscire a fare un rock‘n’roll futuristico. Un nuovo linguaggio. È sempre stata la nostra idea dagli inizi: cercare di realizzare questo passaggio a livello musicale»

giusto e cosa sia sbagliato. E noi proviamo a farlo. Cantate anche di droghe in questo album, un’accoppiata naturale con il r’n’r… Era quasi uno stereotipo, che però negli ultimi tempi è andato un po’ perso, come se il rock oggi fosse più buono e pulito. Avete voluto parlarne per dare connessione alla realtà? È un modo di essere onesti. In tutti e cinque i nostri album abbiamo sempre affrontato argomenti che conosciamo. Quella canzone in particolare parla di funghi allucinogeni. Si riferisce a quando ero più giovane e mi era capitato di provarne: in quel momento pensavo a quanto il mondo sia meraviglioso, a quanto la vita possa essere normale e a quante volte ci dimentichiamo della sua bellezza. Quei funghi hanno la capacità di aprire la tua mente e farti vedere il mondo in maniera diversa e molto sorprendente. Sono esperienze passate, ma io posso scrivere

Immagino che prima del 2004, quando uscì il vostro primo album, fosse più semplice trarre ispirazione dal mondo. Potevate andare in strada e non essere riconosciuti da nessuno. Ora invece è diverso. Come convivi con la popolarità? Noi siamo rimasti a vivere a Leicester, nella nostra città natale, e non ci siamo voluti trasferire a Londra. E questo sicuramente fa una differenza enorme. Non ci siamo calati nella parte di quelli famosi. Può sembrare paradossale, ma questo aspetto è in fondo una piccola parte dell’essere famosi: se non vuoi essere riconosciuto, puoi evitare di essere riconosciuto. Il primo singolo Eez-Eh è un estremo dell’album, che invece è costituito anche di pezzi molto diversi. Volevate disorientare i vostri fan? Credo che l’arte possa essere considerata grande quando riesca a sorprendere le persone e non dare loro cose facili, che si aspettano, nelle quali possano sentirsi a proprio agio. Per come la penso io non sarebbe eccitante o stimolante: non ci sarebbe alcun rischio. E non si può sperare di andare avanti se si replicano le stesse mosse che si sono sempre fatte. È questo il punto: io voglio che quando una persona ascolti ogni nostro nuovo album si chieda “che succede? cos’è questa roba? da dove viene?”. E la risposta può essere di ogni tipo: lo amo, lo odio, non so cosa dire. Poi, certo, mi piacerebbe che dopo un po’ di ascolti lo apprezzassero. Con Eez-Eh l’idea era quella: dopo essersi abituati al singolo i

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fan hanno potuto ascoltare l’album e capire che quello era solo un elemento che dava significato a un qualcosa di più complesso. La speranza è che possano aver detto “ah, ora ha tutto molto più senso”. Le nuove canzoni hanno un impatto molto potente, che certamente darà la possibilità al pubblico di scatenarsi. Da dove nasce questo sound? Penso che si debba sempre tornare alle radici: il primo strumento che io abbia mai avuto era un campionatore Atari. Nello scrivere le nuove canzoni ho avuto la sensazione di aver rivisitato quel periodo della mia vita, combinando il classico suono della chitarra rock con l’innovazione della musica elettronica. Per tutto l’album si può sentire questa dinamica di dialogo. Ascoltando l’album ho avuto l’impressione che sia talmente forte e organico da poter essere suonato dal vivo per intero e nello stesso ordine, dalla prima all’ultima canzone. Sarebbe fantastico. Mi piacerebbe davvero molto suonarlo dalla prima all’ultima nota di seguito. Ma questo dipenderà anche dal fatto che l’album sia apprezzato dal pubblico. Se così fosse sarebbe bellissimo riuscire a fare metà concerto con il set del disco e l’altra metà con i nostri successi più vecchi. Il risultato potrebbe essere davvero potente.

«L’arte è grande solo se riesce a sorprendere le persone e non dare loro cose facili, che si aspettano, nelle quali possano sentirsi a proprio agio. Bisogna prendersi dei rischi» Chiudiamo con la classica domanda sull’Italia, viste le tue origini. Facendo finta di non essere per metà italiano, e quindi di valutare con obiettività, è vero quello che dicono tutti, e cioè che il pubblico italiano sia il migliore? Nella mia esperienza i concerti in Italia sono stati come dei ritorni a casa. Ci sono un’energia e una connessione emotiva folli. E sono sicuro che sia così anche per molti altri artisti. Il pubblico emana un misto di rispetto e di empatia davvero enormi. Noi in particolare lo abbiamo provato dopo la pubblicazione dell’album precedente. E anche la nostra musica quando la suoniamo dal vivo in Italia sembra brillare ancora di più ed essere più forte. l

LA SCALETTA IDEALE

© Neil Bedford

Con un gruppo come i Kasabian nulla è scontato: probabile dunque qualche cambio in scaletta tra le serate di Roma e Milano, anche se alcuni punti fermi non possono mancare dalla scaletta ideale che di solito si attesta intorno alle 20 canzoni. L’attacco degli show di questo tour è sempre stato con Shiva e Bumblebeee, subito seguiti da Shoot The Runner e Underdog. Poi spazio alle variazioni, senza rinunciare però ad alcuni classici e ai brani più apprezzati del nuovo album: da Days Are Forgotten a Eez-Eh, da Processed Beats a Stevie, da Club Foot a Bow. I bis invece dipendono dal momento (e da cosa è già stato suonato prima): lecito attendersi brani come L.S.F., Vlad The Impaler e Fire.

QUATTRO MOSCHETTIERI. Oltre a Sergio Pizzorno, fanno parte dei Kasabian sin dagli esordi anche il cantante Tom Meighan (con lui in questa pagina) e il bassista Chris Edwards (a sinistra nella foto nella pagina precedente). Quarto componente della band è Ian Matthews (a destra nella pagina precedente), entrato ufficialmente nel gruppo nel 2005.

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Kasabian Style

PUNK IS (NOT)

DEAD

La regola è non avere regole. Così il punk è diventato un riferimento musicale e stilistico per almeno tre generazioni (per ora). Come dice Sergio Pizzorno, la chiave di tutto era «ribaltare la prospettiva». Anche nell’abbigliamento, i punk si allontanavano anni luce dalle rockstar anni Settanta. Uno look inconfondibile, che band come i Kasabian portano sul palco ancora oggi.

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Alessandro Cattelan

L'X FACTOR di

X FACTOR PARTE IL 18 SETTEMBRE LA NUOVA EDIZIONE (L’OTTAVA) DI X FACTOR. ANCORA UNA VOLTA SU SKY UNO E ANCORA UNA VOLTA CON ALESSANDRO CATTELAN ALLA CONDUZIONE. E PROPRIO CON ALE, UNO DEI PUNTI DI FORZA DELLO SHOW,

ABBIAMO PARLATO DELLE QUALITÀ DEL FORMAT, CON I NUOVI GIUDICI E UN LIVELLO DI SPETTACOLO SEMPRE PIÙ ALTO. MA SOPRATTUTTO ABBIAMO MESSO A FUOCO IL CENTRO DI GRAVITÀ DEL TALENT: I TALENTI, APPUNTO. TUTTO IL RESTO, DICE LUI, SONO CHIACCHIERE. di Daniele Salomone - foto di Luca Cattoretti


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ltre ai nuovi giudici, dei quali parleremo tra un attimo, qual è la novità più interessante dell’ottava edizione? C’è qualcosa che credi entusiasmerà il pubblico? Ci saranno molte novità, soprattutto nelle selezioni che saranno più avvincenti. Non ti anticipo nulla perché, come tutti gli anni, lasceremo che il pubblico le scopra strada facendo. Ma io sono un purista, credo che l’attenzione vada spostata sui ragazzi che partecipano al programma: sono sempre loro la parte entusiasmante di X Factor e credo che anche quest’anno ci siano molti talenti in grado di far appassionare il pubblico. E poi i due giudici, naturalmente. Cosa ti aspetti da Fedez? È alla sua prima esperienza importante in televisione. È quello che mi ha colpito maggiormente durante le selezioni. È un ragazzo giovane e soprattutto “contemporaneo”: sa esattamente quello che funziona adesso nella musica e sta gestendo la sua carriera in prima persona, con un team scelto da lui. Ha il controllo totale del suo lavoro e quindi credo sarà un ottimo giudice: anche perché oltre a essere un rapper di successo è già un talent scout, nonostante abbia solo 25 anni. Chi sostiene che sia “troppo giovane” non sa di cosa sta parlando. Credo che le sue opinioni dovranno essere prese con grande serietà. Anche perché non è il tipo che le manda a dire. Ma questa, a dire la verità, è una caratteristica di tutti giudici. Basti pensare a Morgan. O Mika stesso, che venne scelto perché anche da ospite aveva dato giudizi pertinenti, prendendosi dei rischi. E sono certo che sarà così anche per Victoria. Cosa hai pensato quando Morgan ha annunciato che non avrebbe più continuato? Non lo so, tendo sempre a valutare i fatti quando accadono. Lo dice tutti gli anni… era una provocazione probabilmente. Credi che i talent stiano cambiando il ruolo del presentatore televisivo? In fondo gli spazi per il conduttore sono ridotti rispetto al varietà classico. Non credo sia il programma, ma piuttosto una mia scelta. Cerco semplicemente di essere realista e mettere a fuoco il contesto nel quale lavoro. Altri presentatori di questo genere di show si prendono più spazio, ma io

«Fedez sarà un ottimo giudice. È giovane e “contemporaneo”: sa esattamente quello che funziona adesso e ha il controllo totale della sua carriera. E poi è già un talent scout»

credo non serva. Non è l’Alessandro Cattelan Show, è X Factor, un talent show. È fatto per i talenti che devono mostrare le proprie qualità, non per i conduttori. Il passaggio dalla Rai a Sky ha sicuramente aumentato la spettacolarizzazione del format e migliorato la comunicazione - motivo per il quale l’attesa cresce ogni anno sempre più. Ti viene in mente qualcos’altro? Condivido e mi ritengo fortunato a far parte di un programma prodotto dai migliori professionisti in circolazione. Lo dicevo anche l’anno scorso, tra gli scongiuri di tutti: in un programma complicato e difficile da realizzare come X Factor, non ho mai dovuto tappare un buco o rimediare a un errore


di qualcuno. Funziona sempre tutto ed è una cosa rara. C’è grande attenzione per i particolari, che fanno la differenza. Tra le critiche più frequenti che si rivolgono ai talent, ce ne sono tre in particolare. La prima: trattandosi di un format Tv, X Factor regala una grande popolarità televisiva ai partecipanti salvo poi lasciarli “soli” una volta terminato il programma. Che ne pensi? Io credo che vada valutata la bravura dei ragazzi che cantano, chissenefrega della popolarità che raggiungono durante il programma. Quando escono da lì, se sono bravi e piacciono al pubblico avranno una carriera e altra popolarità. Ci sono tanti cantanti di X Factor che non hanno ancora trovato la propria strada e molti altri che invece ce l’hanno fatta. È solo un’opportunità in più in un Paese dove ci sono tantissimi talenti. Il resto mi sembrano chiacchiere di chi non conosce come funziona. È come nel calcio quando si dice “ah bisogna far giocare di più i giovani italiani”. Se uno è giovane, italiano e forte gioca, altrimenti no. Allo stesso modo chi canta bene e ha belle canzoni vende dischi e fa concerti, gli altri no.

«Chi pensa sia tutto facile non passa neanche le selezioni, chi invece arriva in fondo è perché sopporta un lavoro e una pressione enormi per tre mesi che valgono 10 anni di gavetta»

La seconda critica: i giovani che vogliono fare della musica il proprio mestiere non comprendono più il significato della gavetta e vedono nei talent l’unica strada possibile verso la carriera musicale. Lo dice chi non conosce X Factor, o i talent in generale, e non ha idea del mazzo che si fanno i ragazzi che partecipano a questi show. I concorrenti che pensano sia tutto facile non passano neanche le selezioni, chi invece arriva in fondo è perché sopporta un carico di lavoro e una pressione enormi: tre mesi stressanti che valgono 10 anni di gavetta. Diciamo che chi entra in un talent è già bravo, ma poi deve imparare un lavoro nel quale ci si impegna 12 ore al giorno anche solo per una canzone. Fare i cantanti è gioia, ma è anche fatica e i ragazzi lo imparano sulla propria pelle. Così quando escono dal programma sono pronti. La terza critica: c’è chi sostiene che sia tutto stabilito a tavolino, perché essendo uno show Tv ci sono degli autori che scrivono il programma e dunque intervengono anche sulla gara. Mah. Ognuno può dire ciò che vuole. Ma X Factor non è un reality. I ragazzi litigano, s’innamorano, diventano amici, ma non mostriamo nulla di ciò che accade che non sia l’aspetto lavorativo. Certo ci sono degli autori, ma servono per decidere aspetti come la scaletta musicale, non per taroccare il televoto o inventarsi storie che aumentino l’audience. Anche perché chi guarda i talent è interessato alle performance dei concorrenti. Ho ancora una volta il sospetto che queste critiche vengano da chi non ha mai visto il programma. Suspense (la gara) e spettacolo (la musica): in fondo la formula dei talent è semplice. Vero, però ci sono state stagioni durante le quali la gara praticamente non esisteva. Per esempio l’edizione che ha vinto Chiara, nel 2012. In quel caso non esisteva competizione, lei era nettamente più brava di tutti, la vincitrice annunciata praticamente dai casting. Come del resto l’anno di Marco Megnoni, nettamente sopra alla media. Eppure il pubblico ha guardato lo stesso il programma perché le prestazioni dei 56 onstage settembre - ottobre


ragazzi sono di altissimo livello ed è uno show bello da vedere. Il segreto di X Factor sono le performance. A proposito di pubblico, i programmi televisivi si valutano sempre in termini di share. Puoi fare il miglior spettacolo del mondo, ma se la gente non ti premia non conta nulla. È un aspetto sul quale ti concentri? Lo share è importante per chi si occupa dell’azienda, non per me. E sarà così finché non intaccherà il mio lavoro. Fortunatamente non mi sono mai dovuto occupare dei numeri perché ho sempre lavorato in programmi ben accolti dal pubblico. In ogni caso, se una puntata è andata bene o male lo so già quando finisce, non devo aspettare la mattina successiva e i dati sull’audience. Immagino che anche quest’anno ci saranno grandi ospiti. Se potessi sceglierne uno tu, chi vorresti presentare? Ogni edizione di X Factor ha ospitato due/tre nomi oggettivamente grossi e poi artisti forti in quel momento. Sarà così anche quest’anno. Se poi venisse Paul McCartney sarei l’uomo più felice del mondo…

«Bisogna valutare la bravura dei cantanti, non la popolarità che raggiungono durante il programma. Se sono bravi e piacciono al pubblico avranno una carriera, altrimenti no»

Ah be’, hai detto niente. Me lo hai chiesto tu! Scherzi a parte, credo che X Factor abbia avuto il coraggio di ospitare band che nella televisione italiana non avrebbero altrimenti avuto spazio. Quando abbiamo avuto i Kasabian erano ancora un gruppo di nicchia. E l’anno scorso abbiamo ospitato gli Editors, che pur avendo un seguito rilevante in Italia non sono certo delle star. Temo che in altre situazioni sarebbero stati scartati, ma fortunatamente Sky è molto attenta a questo genere di band. l

FORMAT DI SUCCESSO. Partito in Rai, X Factor va in onda su Sky dal 2011 (quinta stagione). La pay tv ha rivitalizzato il programma anche per merito di Alessandro Cattelan. Morgan è l'unico giudice a non essere mai stato cambiato, mentre Mika è arrivato lo scorso anno per la settima edizione. Nuovi acquisti del 2014 sono Fedez e Victoria Cabello, che sostituiscono rispettivamente Elio e Simona Ventura. Il programma inizia il 18 settembre su Sky Uno in prima serata con le selezioni dei concorrenti.

onstage settembre

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STYLE

RUN,

BABY,

RUN

“L’estate sta finendo” cantavano i Righeira qualche anno fa. Settembre è ormai arrivato e le vacanze restano solo un ricordo. Lasciati lettini e ombrelloni, torniamo a casa dopo esserci concessi qualche sfizio in più, il che a volte implica portare con sé anche qualche chilo di troppo. Inizia così la corsa a iscriversi in palestra, per cercare l’attività sportiva che più ci si addica e che meno ci faccia sentire il peso della fa-

58 onstage settembre - ottobre


a cura di Laura Ritagliati

tica. Spesso si scappa dall’ufficio alla palestra, senza avere il tempo per passare da casa a cambiarsi. Diventa così fondamentale un aspetto: la praticità. Senza mai trascurare lo stile però. Diversi sono i brand che hanno cercato di portare lo sport nella quotidianità, rendendo capi che fino a qualche tempo fa erano prettamente legati all’attività sportiva dei veri e propri must, anche nella vita di tutti i giorni.

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STYLE / ABBIGLIAMENTO

MAUI JIM Occhiali da sole Maui Jim ideali per qualsiasi attività sportiva grazie alle lenti HT. 186 Euro

EXKITE Un po’ di mare anche in città con le giacche eXkite, realizzate con vele che hanno sfidato le onde. 350 Euro

PLINSKY Per chi attende l’inizio della stagione sciistica, il piumino zippato multicolor con cappuccio. 113 Euro

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HAPPY SOCKS Disponibili in diversi colori le nuove e divertenti calze rigate Happy Socks. 8 Euro

NIKE Comoda per fare sport ma anche per una serata informale la felpa Nike grigia con banda nera. 66 Euro

KAPPA T-shirt rigata della linea di Kappa dedicata allo sport più elegante di tutti: il golf. Prezzo su richiesta

MOMODESIGN Per la palestra o per un weekend, il borsone con tasche e tracolla della linea Garage. 145 Euro

DANIELE ALESSANDRINI x JACK &JONES. Guerriero wool jacket della Capsule Collection di Daniele Alessandrini per il brand danese. 129.95 Euro


PUMA Sembra fatta apposta per correre in mezzo al parco mimetizzandosi tra gli alberi. 40 Euro

TIRDY Felpa melange con borchie applicate di Tirdy per essere sportive senza tralasciare lo stile. 35 Euro

FRANKLIN & MARSHALL Per i patiti delle bici e non, la felpa bianca in cotone con cappuccio con stampa a bicicletta. 90 Euro

DISEGUAL Comodi e pratici i leggings in tessuto tecnico nero/viola della linea Sport di Disegual. 79 Euro

PEAK PERFORMANCE Piumino perfetto per la settimana bianca ma anche per proteggerci dall’inverno cittadino.285 Euro

DIADORA B.Elite L Camo in pelle di canguro con logo camouflage , backtab dorato e logo ricamato. 160 Euro

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STYLE / PRODOTTI

SHOOT - CANESTRO PER CESTINO É vero che stiamo diventando sempre più sportivi, ma non tutti siamo allo stesso livello. Se fino ad oggi siete stati degli scansafatiche potreste iniziare da qui: un canestro da cestino. Vedrete che piano piano migliorerete.19,50 Euro

ADIDAS - MICOACH SMART BALL Sì, è vero, a guardarlo distrattamente pare un pallone da calcio qualunque. Nello specifico però è un pallone superdotato: grazie a particolari sensori vi dirà esattamente potenza, traiettoria e precisione di ogni vostro tiro. 299,95 Euro

ATYPICAL SKATE Ormai è diventata una moda, ma di sicuro usare lo skateboard ci tiene in movimento e ci fa fare attività sportiva. Se ci abbinate l’abbigliamento giusto ed uno sguardo da rubacuori vi permetterà anche di fare colpo! 79 Euro

TOMTOM - CARDIO MULTISPORT Basta inserire pochi dati: peso, altezza, età e sesso. A questo punto TomTom Cardio Multisport è in grado di capire ogni reazione che ha il nostro corpo in relazione al tipo di attività fisica che gli stiamo facendo fare. Eccellente! 299 Euro

SENNHEISER - MOMENTUM In Ear Ormai non possiamo farne più a meno: sia che ci servano per parlare al telefono sia per ascoltare la musica, anche durante l’attività sportiva dobbiamo portarle sempre con noi. Queste di Sennheiser sono super! 99 Euro

NEW ERA - POLKA SPACE Esistono i cappellini con visiera ed esistono i New Era. Nati in America come cappelli da baseball oggi sono diventati una vera e propria icona di stile, adatti sia per l'attività sportiva sia per la vita di tutti i giorni. 38 Euro

GO PRO - HERO3 C’è una strana legge che regola il cosmo: quando riusciamo a compiere un’impresa eccezionale stanno guardando tutti da un’altra parte... Ma state pure tranquilli. adesso c’è l’auto cam VIRB di Garvin a farci da testimone. 349 Euro

KEY PETITE A chi è appassionato di arrampicata piacerà sicuramente: Key Petite è un portachiavi originale e divertente. Attraverso una calamita potrete attaccare le vostre chiavi alla mano di questa piccola bambolina. Può sostenere fino a 30 chiavi. 39,95 Euro

SIGG - VIVA SCREW TOP Non esiste attività sportiva che non richieda una buona idratazione. D’altronde siamo costituiti principalmente di acqua. A rendere tutto più semplice ci pensa SIGG con una borraccia versatile e completamente riciclabile.15,95 Euro

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a cura di Giulia Vidali

JERKA PROJECT Ogni secondo che passa una bici viene rubata. Ma noi dobbiamo opporci e finanziare questo progetto che per il momento rimane un prototipo. Jerka è una bicicletta intelligente: basta che ci sia un albero o un palo a disposizione ed il gioco è fatto. Il sellino si stacca e si riaggancia in modo da assicurare che la bici sia agganciata al palo. Per poterla rubare un ladro sarebbe costretto a rompere in parte la bici rendendola quindi inutilizzabile.

CARRERA - FOLDABLE HELMET Lo sport fa bene ed è divertente. Bisogna però prenderlo sul serio perchè altrimenti può risultare anche pericoloso. Carrera firma un elegantissio casco da bici. Teconologicamente avanzato ed esteticamente bello! Da 80 Euro

PELEG DESIGN - YOLKFISH Se siete tra quelli che fanno davvero sul serio, abbiamo l’oggetto che fa per voi: un pesciolino utilissimo che vi permetterà di dividere l’albume (bianco) dal tuorlo (rosso). Via libera quindi a beveroni d’altri tempi!Energetico! 10 Euro

DECATHLON - COPPA C9 Ci avete provato ma i risultati sono stati deludenti? Potete sempre barare e tappezzare la parete di casa di coppe e riconoscimenti. Lo sport insegna proprio l’inverso ma se per un giorno volete darvi un tono... A voi la scelta! 7,99 Euro

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LA BUONA MUSICA NON ENTRA SEMPRE NELLE CLASSIFICHE SCOPRILA SU MUZU.TV MUZU.TV è il portale per i veri appassionati di musica. Lavoriamo con le migliori etichette per lanciare i migliori artisti emergenti – anche se non sono in classifica. Su MUZU.TV puoi scoprire gli ultimi video musicali dei tuoi artisti preferiti, le nostre interviste esclusive e i dietro le quinte dei loro videoclip.

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WHAT’S NEW a cura di Alvise Losi

L’ISPIRAZIONE

DEI GIORNI

MIGLIORI

TRE ANNI DOPO EDEN, I PIEMONTESI PUBBLICANO IL SETTIMO ALBUM DELLA LORO CARRIERA. LA LUNGA (PER GLI STANDARD ODIERNI) PAUSA HA GIOVATO AI SUBSONICA, CHE SONO TORNATI AI LIVELLI CHE GLI COMPETONO. di Stefano Gilardino -/ foto di Chiara Mirelli

N

umeri. Una nave in una foresta è il settimo album in studio dei Subsonica a diciassette anni di distanza dal debutto, è composto da dieci inediti e dura circa 43 minuti, un particolare che lo fa assomigliare molto - con grande soddisfazione del recensore - a un ellepì in vinile. I tre brani licenziati come singoli sono finiti a occupare le prime tre posizioni nella classifica di vendita, così come l’album, entrato immediatamente al posto d’onore. Nulla che garantisca sulla bontà del disco, certo, ma quantomeno a livello di popolarità, riconferma il quintetto torinese come uno dei gruppi più amati e vincenti della penisola. Con buona pace di chi li aveva prematuramente dati per morti dopo il mezzo passo falso di Eden, in cui si avvertivano soprattutto stanchezza e confusione. A questi numeri, vanno aggiunti quelli dei biglietti venduti in prevendita e che, siamo certi, renderanno l’imminente tour un grandissimo successo. Come dicono loro stessi in Ritmo Abarth, inno scritto apposta per esaltarsi dal vivo, “siamo i re del sabato sera, lo scorpione sulla lamiera”. E viene davvero da credergli, almeno ascoltando questa nuova fatica in studio, fisica quanto basta per immaginarsela coi cinque che saltano sul palco e ventimila mani che si alzano in platea. Tre anni di pausa, quindi, sono quelli che ci sono voluti per ricaricare le pile e ritornare a confrontarsi con il proprio pubblico, tre anni che sono volati velocissimi tra Deproducers,

Motel Connection, dj set un po’ ovunque, collaborazioni, produzioni, riposo, scrittura, vita. E se, dopo una carriera così lunga e nella quale si è sperimentato molto col formato canzone, non si avverte più l’esigenza di scoprire nuovi Subsonica a ogni disco e a tutti i costi, è obbligatorio almeno sperare che l’ispirazione regali momenti degni di un passato bello anche se necessariamente ingombrante. Una nave in una foresta, per nostra e vostra fortuna, immortala i cinque in un ottimo stato di forma, e mantiene l’ispirazione dei giorni migliori per buona parte degli episodi, con punte davvero pregevoli. A svettare in senso assoluto è il singolo Di domenica, sicuramente il loro brano migliore da anni a questa parte, sospeso tra delicatezza pop e echi new wave alla Gary Numan, al quale fa da contraltare l’altro brano apripista, Lazzaro, classicamente Subsonica, ma che finisce davvero per assomigliare a troppi episodi del loro repertorio - come andamento del pezzo, il primo che mi viene in mente è Abitudine. Nulla di male, perché il resto dell’album regala parecchi motivi per schiacciare repeat alla fine del primo ascolto.

La title track e Tra le labbra spingono sull’acceleratore, tra suggestioni elettroniche/dance e ritornelli scintillanti che agganciano al primo ascolto, Lazzaro e Attacca il panico sono i momenti più convulsi, tra ritmi drum’n’bass ed energia rock. Di Di domenica abbiamo già detto in precedenza, I cerchi degli alberi scorre senza troppi sussulti, Specchio potrebbe essere la nuova Discolabirinto, con cassa in quattro e melodia facile, e Ritmo Abarth azzarda un paragone tra la band e un vecchio modello di una nota casa automobilistica torinese. Il finale merita di nuovo elogi: i ritmi si abbassano e la doppietta Licantropia e Il terzo paradiso ci riconsegna quei Subsonica malinconici che non sempre vengono considerati, ma che difficilmente sbagliano il senso della misura.

SUBSONICA Una nave in una foresta (Universal)

onstage settembre

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MUSICA

UN NUOVO

ARTISTA

NICCOLÒ FABI, MAX GAZZÈ, DANIELE SILVESTRI INSIEME IN UN PROGETTO PIÙ UNICO CHE RARO PER L’ITALIA. IL PADRONE DELLA FESTA È UNA SORPRESA PERCHÉ CI REGALA MOLTO PIÙ DEL MEGLIO DI TRE GRANDI CANTAUTORI. di Alvise Losi - foto di Simone Cecchetti

S

cordatevi Life Is Sweet, che è un gran bel pezzo, ma allo stesso tempo è quello che più ci si poteva aspettare dal trio composto da Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè. Il primo singolo è un mix perfetto degli autori che già conosciamo. Ma il meglio viene dopo. Bisogna immergersi nell’ascolto de Il padrone della festa per scoprire un album immaginifico e immaginato, sognante e sognato, ma profondamente vero e concreto nel mettere in luce l’anima di tre cantautori amici che hanno fatto quello che (quasi) nessuno finora aveva fatto in Italia. Forse solo Volume 8 di Fabrizio De Andrè (con Francesco De Gregori) era riuscito nello stesso risultato di essere un lavoro di tanto sincera collaborazione tra due artisti. Il padrone della festa è un album da ascoltare e riascoltare per coglierne a fondo l’intensità e l’intimità. Il primo ascolto incuriosisce quanto serve per farlo ripartire dall’inizio con la voglia di ripercorrerlo dalla prima all’ultima nota: non c’è una canzone che svetti sulle

altre rubando tutta l’attenzione. Non ci sono tormentoni come Capelli, Salirò o Una musica può fare. Ma tante Ecco, tante Mi persi, tante Mentre dormi. Tutte gemme che brillano e continueranno a brillare. Forse nessuna rimane in testa da subito, ma ognuna resta nel cuore perché il livello è davvero molto alto. Si tratta di un disco che racchiude molti generi, ma riesce a essere uniforme e ben amalgamato. E in realtà il vero, grande merito de Il padrone della festa è proprio questo: regalarci non il meglio di tre grandi cantautori, ma un artista altro, differente. Non dunque la somma delle parti (e già sarebbe stata gran cosa), ma qualcosa di nuovo e diverso: ogni volta che sembra di intuire il contributo di ciascuno al brano in una nota o in un arrangiamento, subito il pez-

zo cambia e non si capisce da chi e come sia stato rielaborato. Perché dentro si sono uniti tutti i pregi di ciascuno, dall’inizio onirico di Alzo le mani, splendido brano che ci porta a svegliarci in un sogno, fino alla chiusura della bella title track che sembra quasi non voler finire, come se la collaborazione di questi tre amici non volesse concludersi.

FABI, SILVESTRI, GAZZÈ Il padrone della festa (Universal/Columbia/ Sony Music) di Massimo Longoni

Micro-reviews LEONARD COHEN Popular Problems (Columbia)

Il padre di tutti i cantautori torna a 80 anni con un album di incredibile intensità. Ennesimo #capolavoro di una carriera ineguagliabile. Nove canzoni che scorrono con grande freschezza.

66 onstage settembre - ottobre

MARIO VENUTI Il tramonto dell’Occidente (Microclima-M&S /Believe Digital)

Il singolo Ventre della città è solo il primo di un album che contiene molti bei pezzi. Il cantautore siciliano sforna un disco sincero e diretto che va dritto a segno. #musicaperlamente

THE ONCE Departures (Nettwerk Music Group/Self)

Dieci canzoni una migliore dell’altra. Uno dei migliori album di folk rock degli ultimi anni. Il piccolo grande #gioiello di un gruppo che dal Canada è pronto a conquistare il mondo.

GIANLUCA GRIGNANI A volte esagero (Sony Music)

Un album che segna la #rinascita del rocker milanese. Un po’ di autobiografia, molta autoironia e la giusta dose di energia per un artista che ha ancora molto da dire. Sorprendente.


G

uardando la copertina del nuovo album di “Magic” Lenny sembra che il tempo si sia fermato. Inseparabili occhiali scuri, posa da pop star, giacca nera sopra un invidiabile petto nudo in evidenza. Questo ragazzino cresciuto in realtà ha spento recentemente una torta con 50 candeline, ma l’aspetto e il piglio scanzonato rendono Kravitz un Peter Pan del rock, che nonostante il passare degli anni mostra ancora un’energia compositiva contagiosa e invidiabile. A dimostrarlo è questo nuovo lavoro, fresco e divertente, lanciato dal tormentone estivo The Chamber, un perfetto singolo piacione che racchiude l’attuale attitudine dell’artista statunitense. Come di consueto il poliedrico musicista conserva l’anima ruvida degli esordi contaminando la sua furia rockettara con abbondanti inserti musicali dal sapore

L

mainstream, riuscendo complessivamente a convincere sia da un punto di vista compositivo sia in quanto ad arrangiamenti. Ormai abituato a suonare praticamente tutti i principali strumenti, Lenny questa volta ha chiamato a corte un super produttore, Bob Clearmountain, navigato maghetto del suono, che esalta anche le canzoni meno accattivanti, dando al lavoro il giusto gusto, fra ritmi incalzanti ed easy listening radiofonico. Sensuale Strut (pezzo che dà il titolo al lavoro), esplicito il messaggio di Sex, in sensibile atmosfera amarcord la riedizione accorata di Ooo Baby di Smokey Robinson. Un ritorno in buon spolvero quindi che porterà il menestrello newyorchese a iniziare un lungo tour mondiale che toccherà l’Italia in autunno inoltrato: siamo curiosi di vedere live il segreto della sua eterna giovinezza.

di saper sfornare un album accattivante. ' arte Il nuovo lavoro dei Maroon 5 è sicuramente

MAROON 5 V (Universal)

di Elena Rebecca Odelli

I

un disco pop. All’epoca di Payphone furono accusati di aver dimenticato il sound smielato di Sunday Morning. A tale onta si aggiunse la partecipazione di Adam Levine come coach a The Voice USA. Oggi si può solo ammettere che i Maroon 5 hanno intrapreso quella strada razionalmente, in vista di un successo mondiale ottenuto in poco tempo. Il quinto album della band si intitola semplicemente V (il 5 latino?) ed è un lavoro dai rapporti stretti. L’amore è la strada maestra per circa 41 minuti senza virate inaspettate nelle scelte testuali. Levine e soci sviscerano cuore e passione al punto che E.L. James potrebbe trovare qualche spunto per il secondo atto di Cinquanta sfumature di grigio , ascoltando la hot Animals.

l rock è morto. Lo dicono un po' tutti. Band mainstream affermate, gruppi che cercano di giustificare svolte commerciali patetiche, addetti ai lavori naif, hipster e indie-alternativi a ogni costo. Poi arriva World On Fire e questo statement sparisce non appena si preme play. Il terzo album di Slash ft. Myles Kennedy & The Conspirators è un concentrato di hard & heavy che non fa prigionieri, fondendo il classico stile dell’ex G N’ R con la modernità e le linee melodiche avvolgenti alle quali il buon Kennedy ci ha abituato. Ora la band è davvero una band: le canzoni hanno spunti nuovi e riescono a intrattenere e coinvolgere. I ritmi sono quasi sempre elevati, l’impatto è frontale. Non per nulla il mixing di un certo Elvis Baskette (vedere alla voce Incubus e Alter Bridge

LENNY KRAVITZ Strut (Roxie Record/Kobalt Music)

di Claudio Morsenchio

V è un disco ammiccante. Levine è diventato maestro nella torsione delle parole e la sua voce è stirata al massimo. La produzione Monsters & Strangerz di It Was Always You aggiunge vibrazioni electro-eighties al brano. Orma presente anche in Feelings, molto Jamiroquai style se vogliamo essere onesti. Degno di nota il duetto con Gwen Stefani in My Heart is Open, dove le voci dei due trainer di The Voice non entrano mai in collisione. Un album radio friendly e immediato, seppur ogni scelta artistica sia stata messa sotto microscopio e meticolosamente analizzata. I Maroon 5 conoscono le tendenze musicali e Sugar, con un mixing che strizza l’occhio a Birthday di Katy Perry, ne è l’esempio. V non entrerà negli annali di musica, ma è sicuramente un lavoro commerciale dalle vendite assicurate.

per dettagli) riesce a far esplodere nelle casse ogni assolo della tuba più famosa del rock e le armonie vocali create, insieme a Myles, dal bravissimo e versatile Todd Kerns. È rimasto abbastanza poco del sound grezzo e selvaggio del periodo Snakepit, se escludiamo qualche riff vecchia scuola (Wicked Stone, Stone Blind e Dirty Girl) e la strumentale (e superflua a dirla tutta) Safari Inn. Poco male: di fronte a canzoni potenti come la titletrack, Shadow Life, 30 Years To Life, Beneath The Savage Sun e la conclusiva The Unholy possiamo promuovere quasi a pieni voti World On Fire. Con 11 pezzi avremmo avuto il disco hard & heavy dell’anno. Peccato che Slash e soci siano stati troppo prolissi e ridondanti, lasciandosi andare nel finale, inserendo qualche riempitivo di troppo.

SLASH World On Fire (Roadrunner/Warner)

di Jacopo Casati onstage settembre

- ottobre 67


CINEMA

a cura di Antonio Bracco

GUARDIANI DELLA

GALASSIA di James Gunn

USA, 2014, 121 min. IL CAST: Chris Pratt, Zoe Saldana, Bradley Cooper (voce originale di Rocket Raccoon), Vin Diesel (voce originale di Groot), Dave Bautista, Benicio Del Toro, John C. Reilly, Djimon Hounsou, Glenn Close, Michael Rooker

CRITICA PUBBLICO

I

Guardiani della Galassia sono apparsi per la prima volta nei fumetti Marvel nel 1969. Non essendo tra i più noti personaggi del mondo dei Comics, la Marvel non ha avuto problemi a dare maggior libertà al regista e sceneggiatore James Gunn, sapendo che non si sarebbero sollevate orde di contestatori tra i fan se si fosse cambiato qualcosa. Questo ha permesso di realizzare un film diverso dai supereroi visti finora, in cui lo humour la fa da padrone e c’è una certa disinvoltura nel linguaggio (il film ha il divieto ai minori di 13 anni negli USA mentre gli altri, da Thor a Captain America, da Iron Man agli Avengers, sono classificati “film per tutti”). Andando molto oltre le attese, Guardiani della Galassia è diventato il maggior incasso dell’anno superando sul

territorio americano altri blockbuster come Transformers 4 e l’ultimo X-Men. Non solo, anche i critici sono rimasti positivamente colpiti, tanto da definirlo «il migliore film Marvel fino ad oggi». Il regista ha tentato di spiegare le ragioni del successo sulla sua pagina Facebook: «Credo che la gente abbia capito che a noi del film ce ne sbatteva qualcosa. Voi per noi non siete numeri, avete diritto di avere qualcosa in cui gli autori credono, e questo va oltre un primo weekend di grandi incassi. Amo i miei personaggi, m'interessa

la qualità del film, e la Marvel è stata abbastanza forte da consentirci di prendere qualche rischio». Mescolando azione, commedia e science-fiction, il film racconta la storia di Peter Quill, un esploratore inseguito da cacciatori di taglie per aver rubato una misteriosa sfera ambita dal malvagio Ronan. Per salvare se stesso e l’universo, Quill è costretto a una scomoda alleanza con quattro improbabili personaggi: un procione armato, un albero umanoide, una donna verde e letale e un energumeno distruttore.

Micro-reviews ITALY IN A DAY

di G. Salvatores (ITALIA, 2014) Versione nostrana dell’esperimento fatto da Ridley Scott. Di 44mila video girati e inviati dagli italiani nella loro quotidianità, ne sono finiti nel film circa 600. Un #socialmovie che ritrae quello che siamo.

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LA TRATTATIVA

di S.Guzzanti (ITALIA, 2014) Un gruppo di attori mette in scena la vicenda nota come trattativa #stato-mafia, impersonando mafiosi, agenti dei servizi segreti, ecc. Uno dei momenti più intricati della nostra storia in forma narrata.

THE EQUALIZER

di A. Fuqua (USA, 2014) Denzel Washington interpreta un ex agente segreto che #fingelasuamorte per trascorrere una vita tranquilla in campagna. La pace finisce quando una giovane prostituta è minacciata dai suoi sfruttatori.

TUTTO MOLTO BELLO di P.Ruffini (ITALIA, 2014) Due giovani (Ruffini e Matano) caratterialmente agli antipodi e #futuripadri, si incontrano in ospedale e decidono di andarsi a mangiare una pizza, ma il destino rende loro arduo il ritorno dalle mogli.


FRATELLI UNICI

di Alessio Maria Federici, ITALIA, 2014

Pietro (Bova) è un uomo affermato che non sa più come si ama, Francesco (Argentero) è un eterno ragazzino che non ha mai amato. I due sono fratelli, ma hanno passato tutta la vita a desiderare di essere figli unici. A causa di un incidente Pietro perde la memoria e ha bisogno che qualcuno si occupi di lui. La sua ex moglie Giulia (Crescentini) sta per risposarsi e non ne vuole sapere, così Francesco è costretto a portarselo a casa e, per la prima volta, a fare la parte dell’adulto. Inizia una convivenza fraterna con punte tragicomiche di cui è testimone la giovane vicina di casa Sofia (Leone), irritata dalla superficialità di maschio alfa con la quale Francesco cerca di rieducare il fratello. Un giorno Pietro incontra lo sguardo di una ragazza che gli provoca un sussulto al cuore e gli riattiva la memoria, riportando in superficie lontani ricordi. CRITICA PUBBLICO

IL CAST: Raoul Bova, Luca Argentero, Carolina Crescentini, Miriam Leone

BOYHOOD

di Richard Linklater, USA, 2014

39 giorni di riprese diluiti in un arco di tempo di 12 anni. Più che di un film si tratta di una vera esperienza di vita cinematografica, assolutamente unica e innovativa. L’immersione nella storia del giovane protagonista, seguito sporadicamente dal 2002 al 2013, è totale. Conosciamo Mason insieme alla sorella Samantha all’età di cinque anni quando stanno per intraprendere un viaggio emozionante e trascendente attraverso gli anni che vanno dall'infanzia alla maturità. La madre e il padre, interpretati da Patricia Arquette e Ethan Hawke (anche loro si sono resi disponibili per recitare e invecchiare in tutto questo tempo), sono separati e devono confrontarsi con le difficoltà dell'essere genitori in un contesto in continua evoluzione. Nostalgico e celebrativo, ma soprattutto con un impatto emotivo senza eguali. IL CAST: Ethan Hawke, Patricia Arquette, Ellar Coltrane, Lorelei Linklater, Tamara Jolaine, Evie Thompson

CRITICA PUBBLICO

L’AMORE BUGIARDO - GONE GIRL di David Fincher, USA, 2014

Nick Dunne è un quarantenne sposato in cerca di qualcosa che gli manca. Decide di tornare nella città dove è nato per aprire un bar. Poco tempo dopo, nel giorno del quinto anniversario del loro matrimonio, sua moglie scompare misteriosamente. Si rivolge immediatamente alla polizia che mette sotto torchio qualunque persona sospettata, a cominciare proprio da lui. Sotto pressione per gli interrogatori e la frenesia dei media che non gli dà tregua, Nick si rivela essere meno sincero riguardo al ritratto della sua vita coniugale e alcune bugie iniziano a venire a galla. La domanda che tutti si pongono è: Nick Dunne ha ucciso sua moglie? Gillian Flynn, autrice del romanzo da cui è tratto il film, ha scritto la sceneggiatura cambiando il finale rispetto al libro per dare nuova suspense alla stessa storia. CRITICA PUBBLICO

IL CAST: Ben Affleck, Rosamund Pike, Missi Pyle, Neil Patrick Harris, Tyler Perry

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GAMES

THE WALKING

DEAD: STAGIONE 2 CAMMINANO (ANCORA) TRA NOI I RISVOLTI PSICOLOGICI DELL’INVASIONE DEI MORTI VIVENTI - PARTE SECONDA

Produttore: Telltale Games Genere: Avventura Grafica Disponibile per: Xbox 360 – PS3 – PsVita

N

ove mesi fa - quando sugli scaffali virtuali dei digital store è apparso il primo episodio della seconda serie di The Walking Dead - una nube di dubbi invadeva i pensieri di chi aveva vissuto in prima persona le avventure di Lee Everett, il professore universitario protagonista delle vicende splendidamente narrate da Telltale Games. La minaccia della legge del mercato che impone di spremere fino all’osso un titolo di successo proiettava nelle teste degli appassionati incubi di trame forzate, caratterizzazioni dei personaggi abbozzate e un lento trascinarsi di eventi già visti. Tali preoccupazioni erano del tutto legittime; ma ora che Settembre porta con sé il quinto e ultimo episodio della seconda serie è giusto fare un bilancio finale oggettivo, mettendo da parte previsioni e sensazioni. Si rende necessario un piccolo spoiler (che chi frequenta la rete

a cura di Blueglue

non considererà neanche tale, vista l’abbondanza di trailer e teaser in circolazione): il protagonista non è più Lee. Ma questo non significa che si riparta da zero: per apprezzare a pieno il percorso del nuovo attore principale è strettamente necessario sapere cosa sia successo nella stagione precedente. Le meccaniche di azione restano invariate: si passa da semplici enigmi ai famigerati Quick Time Events (brevi istanti in cui vengono messi alla prova i riflessi del giocatore che deve premere i tasti richiesti con tempismo), fino ad arrivare a quello che è il cuore del gioco, ovvero le

scelte di dialogo (incalzate da un countdown che spesso pare severo). Considerando che ripetere un esordio da urlo è la cosa più difficile che esista, il lavoro dei ragazzi di Telltale è da elogiare: la narrazione coinvolge dall’inizio alla fine, e riesce a mantenere un impatto emotivo sopra le righe. Ovvio, tra fumetti, serie-tv e videogiochi i déjà vu sono all’ordine del giorno; ma certe svolte - benché ampiamente pronosticabili - lasciano un segno nell’anima. E fino a quando vinceranno le emozioni, ben vengano le serie sugli zombie.

Micro-reviews DIABLO III: ULTIMATE EVIL EDITION (PS3 - PS4 - XBOX 360 – XBOX ONE).Contiene la campagna originale, un atto extra (Reaper Of Souls), una classe aggiuntiva (il Crociato) e nuove modalità; chi ha pazientato finora può finalmente godersi l’esperienza definitiva. #mietitoridianime

70 onstage settembre - ottobre

THE SWAPPER

(PS4) I cloni di noi stessi (forgiati da una diavoleria tecnologica) saranno i nostri unici compagni di viaggio; puzzle intelligenti e un’ambientazione da brividi fanno di The Swapper una gemma imprescindibile. #spaceoddity

DANGANRONPA 2: GOODYBYE DESPAIR (PSVITA).Gli sviluppatori av-

visano: questa è una Visual Graphic Novel. Tra processi, investigazioni e minigiochi, la straniante avventura firmata Spike Chunsoft impressiona per inventiva e atmosfera. #folliamanga

ODDWORLD: ABE’S ODDYSEE - ALF’S ESCAPE

(PS3 - PS4 - PSVITA - XBOX ONE - WII-U). L’amico Alf è rimasto intrappolato nella sua birreria; il compito di rischiare la pellaccia per raggiungerlo e portarlo fuori dal mattatoio sano e salvo spetta ovviamente al mitico Abe. #mudokonneiguai



TECH

Sonos Play 1

Mp3 e dispositivi portatili hanno reso comoda e immediata la pratica dell’ascolto, ma spesso a rimetterci è la qualità. Grazie a tecnologie oramai sdoganate (vedi wi-fi), ora possiamo trasformare casa nostra in un paradiso per audiofili. di Marco Rigamonti

I

l modo in cui ascoltiamo musica è cambiato nel tempo, e non sempre in positivo (anzi). Senza avventurarsi nell’intricato dibattito “analogico vs. digitale”, oggi c’è chi non fa caso alle differenze tra un brano codificato a 96k e una traccia in qualità cd. Una bestemmia per chi storce il naso quando è costretto ad ascolti mediocri in stile aeroporto e ascensori. È qui che entra in scena il sistema di diffusione multiroom. Immaginiamo di posizionare delle sorgenti audio - qualitativamente eccelse e esteticamente gradevoli - in diverse stanze del nostro appartamento, collegandole in rete. Senza grovigli di cavi tra i piedi, possiamo decidere di trasmettere la stessa musica ovunque (in perfetta sincronia), oppure di differenziare le playlist della camera da letto e del soggiorno. I tempi della radiolina FM sotto la doccia e dello stereo portatile in cucina sono un miraggio: la fonte (computer o altri dispositivi) rimane fissa, ma le onde sonore si propagano dove vogliamo noi.

Il sistema Sonos è pensato per un utilizzo flessibile: la scelta del numero dei diffusori cambia in relazione alle nostre esigenze. Se tutto ciò che ci serve è un buon ascolto stereo concentrato in un punto bastano due pezzi, se puntiamo a una distribuzione capillare saranno necessarie molte più casse. La musica viene divulgata in wireless attraverso un componente denominato Bridge, che all’occorrenza svolge anche la funzione di vero e proprio “ponte” per potenziare l’estensione del segnale; è ovviamente possibile differenziare il volume delle singole sorgenti oppure mantenere un’uniformità totale, e il bello è che anche a volumi sostenuti di distorsioni neanche l’ombra. Inoltre - aspetto da non sottovalutare - l’installazione e l’utilizzo sono semplicissimi: chi si blocca di fronte allo spettro di eventuali procedure contorte può dunque stare tranquillo. Play 1 - come gran parte dei prodotti hi-tech odierni - non è indispensabile; ma i drogati di musica che cercano un modo per non farne mai senza rispettando criteri qualitativi ed estetici hanno trovato la soluzione definitiva.

Micro-reviews ARCHOS SMART HOME (ANDROID / IOS)

Monitorare casa (anche a distanza) a un prezzo onesto di questi tempi è possibile; il tablet fa da unità centrale, comunicando con mini-cam e sensori di temperatura, umidità e movimento. #controllototale

72 onstage settembre - ottobre

PARLA E TRADUCI (IOS)

Potere usufruire di una traduzione istantanea in 72 lingue diverse (sia in modalità testo che a voce) è una bella comodità; per di più, Parla E Traduci è un’applicazione gratuita. #fraseologiaintasca

IGNORE NO MORE (ANDROID)

Una volta installata questa app, l’adolescente ribelle ci penserà due volte prima di fingere di non vedere una chiamata dei genitori; potrebbe trovarsi il telefono bloccato! #childcontrol #autoritàparentale

HYPERLAPSE (IOS)

La tecnica del time-lapse consiste nella riproduzione velocizzata dei fotogrammi acquisiti da una ripresa video. Tale effetto è ora semplicemente replicabile: bastano un iPhone e Hyperlapse. #coolvideos


VA NUO IONE Z U D PRO UDE LA A INCL RATTA D T ICA MUS UTTI I 14 I T E UM D ALB LOYD F K N I P

28 OTTOBRE 29 OTTOBRE

PADOVA

GRAN TEATRO GEOX

THE WORLD’S GREATEST PINK FLOYD SHOW

MILANO FABRIQUE

info 0253006501


COMING SOON Paolo Nutini

finalmente il

forum di Alvise Losi foto di Shamil Tanner

C

i sono voluti un po’ di anni, ma alla fine Paolo Nutini ha conquistato il Mediolanum Forum di Milano. Che non sarà il Madison Square Garden di New York, ma rimane la location per concerti al coperto più importante in Italia. Anche se, con onestà, bisognerebbe dire che è il Forum ad avere la fortuna di poter ospitare il cantautore scozzese, uno dei migliori artisti in circolazione oggi. Dopo un tour estivo esaltante con tappe nei festival a Genova, Padova e Roma, non poteva mancare un’esibizione a Milano, soprattutto considerando l’uscita di un lavoro come Caustic Love. L’album della svolta per certi versi. Non perché il giovane artista non avesse scritto brani eccellenti in precedenza, ma perché Better Man, Someone Like You, One Day e la magnifica Iron Sky sono pezzi da brividi.

Canzoni che ridefiniscono le gerarchie del cantautorato britannico e ne proiettano l’autore ai vertici (se non al vertice) come miglior autore in questo momento. Nutini suonerà nel capoluogo lombardo sabato 15 novembre per uno dei live più attesi dell’autunno. In scaletta è facile immaginare che l’ultimo album troverà ampio spazio, senza naturalmente dimenticarsi dei grandi successi dei primi due lavori, da Candy a Jenny Don’t Be Hasty passando per Last Request. Il concerto sarà dunque un concentrato di pura energia tra groove funky e melodie più pop, ma sempre all’insegna di quella voce profonda e roca che è il marchio di fabbrica del 27enne di Paisley (Glasgow). Le sonorità Motown presenti nell’album inonderanno un Forum sold out (mentre scriviamo sono disponibili gli ultimissimi biglietti su Ticketone, ma finiranno). E c’è da scommettere che il pubblico, specialmente quello femminile, sarà entusiasta per un cantante apprezzato molto per la sua musica e almeno altrettanto (non si può far finta che non sia così) per la sua presenza scenica.

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CALENDARIO CONCERTI novembre

Biagio Antonacci 08/11 Roma 11/11 Eboli (SA) 12/11 Caserta 14/11 Acireale (CT) 16/11 Bari 19/11 Ancona 20/11 Pescara 22/11 Forlì 25/11 Firenze 26/11 Genova 28/11 Varese 29/11 Mantova

Franco Battiato 01/11 Senigallia (AN) 03/11 Milano 07/11 Torino 11/11 Roma Michael Bublé 08/11 Bologna Emma 08/11 Acireale (CT) 10/11 Bari 14/11 Roma 18/11 Firenze 21/11 Rimini 24/11 Torino 25/11 Milano George Ezra 21/11 Milano 22/11 Firenze Fabi Silvestri Gazzè 14/11 Rimini 15/11 Pescara 18/11 Roma 19/11 Roma 21/11 Modena 22/11 Padova 24/11 Milano 28/11 Napoli

74 onstage settembre - ottobre

29/11 Bari Peter Gabriel 20/11 Torino 21/11 Bologna Billy Idol 23/11 Milano Joan As Police Woman 11/11 Bologna 12/11 Milano 13/11 Torino Lenny Kravitz 10/11 Milano John Legend 11/11 Roma 12/11 Padova Paolo Nutini 15/11 Milano One Republic 17/11 Milano Slash 16/11 Torino 17/11 Firenze Cat Stevens 11/11 Milano Subsonica 01/11 Pesaro 07/11 Napoli 08/11 Bari 13/11 Torino 15/11 Verona 21/11 Roma 27/11 Bologna 28/11 Firenze 29/11 Genova


CESARE

CREMONINI 2014

LOGICO

TOUR

OTTOBRE 25 LIVORNO 28 MILANO 29 MILANO 31 RIMINI

DATA ZERO

SOLD-OUT

MODIGLIANI FORUM MEDIOLANUM FORUM MEDIOLANUM FORUM 105 STADIUM

NOVEMBRE 2 CONEGLIANO 6 BOLOGNA 9 BARI 11 ROMA 14 NAPOLI 16 ACIREALE 18 PERUGIA 19 FIRENZE 21 MANTOVA 22 TORINO 25 TRENTO 27 PADOVA

L’ALBUM LOGICO DISPONIBILE ORA

ZOPPAS ARENA UNIPOL ARENA PALAFLORIO PALALOTTOMATICA PALAPARTENOPE PALASPORT PALAEVANGELISTI MANDELA FORUM PALABAM PALAOLIMPICO PALATRENTO GRAN TEATRO GEOX



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