Onstage 80 | novembre-dicembre

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#CHEBELLISSIMO DANIELE SALOMONE

@DanieleSalomone

R

ibellione, passione, auto determinazione, follia, istinto, ostinazione, bellezza. Il rock è sempre stato questo. Dal 19 luglio 1954, quando Elvis pubblicò il suo primo singolo

That's All Right (Mama) – è comunemente considerato il momento in cui nacque il rock’n’roll, semplificazione estrema ma necessaria – fino al 3 novembre 2015, il giorno del concerto dei Foo Fighters a Cesena. Un evento epocale, una rivoluzione, la massima espressione del concetto stesso di rock, un’idea che un genere musicale ha saputo interpretare trasmettendone l’ispirazione meglio di ogni altra forma artistica, ma che è molto più di un modo di suonare. Per chi fosse vissuto sulla Luna negli ultimi tempi, le cose sono andate così. Circa un anno fa, Fabio Zaffagnini, allora sconosciuto fan romagnolo dei Foo Fighters, lancia un’iniziativa folle, talmente folle che attira l’attenzione di molti media, compreso Onstage, anche stranieri. Con un fundraising online vuole raccogliere i soldi necessari a organizzare la più grande cover collettiva di sempre: mille musicisti che suonano insieme Learn To Fly (la più celebre hit dei FF). Obiettivo: convincere il Signor Grohl a riportare la sua band a Cesena, dove non si esibisce dal lontano 1997. Il problema è che nei quasi 20 anni trascorsi da quel concerto, i Foos sono diventati uno dei più importanti gruppi rock

al mondo, riempiono stadi e arene e girano con un carrozzone che non è facile fermare in una cittadina che è tutto tranne che una piazza adatta a certi concerti. Sembra, appunto, una follia. Eppure ci credono tutti, noi di Onstage compresi. Perché Dave non è una rockstar come le altre. Anzi, Dave è davvero una rockstar. Con lui tutto è possibile, soprattutto le cose più impensabili, come finire un concerto dopo essersi rotto tibia e perone cadendo dal palco o andare in tour con una gamba ingessata. Zaffagnini e gli altri di Rockin'1000 lavorano come matti per racimolare i 40.000 euro necessari all’impresa. Raggiungono la cifra solo il 30 maggio. Meno di due mesi dopo, il 26 luglio, mille musicisti equamente divisi tra chitarristi, cantanti, bassisti e batteristi si radunano al Parco Ippodromo di Cesena. Diretti da Marco Sabiu, lo fanno davvero. Suonano Learn To Fly tutti insieme. Anche tecnicamente è un fatto straordinario. Emotivamente, molto di più. Il 30 luglio il video è online e nel giro di poche ore ottiene milioni di visualizzazioni. Ne parlano tutti, all’estero persino i telegiornali. Un botto così non se l’aspettava nessuno. Passano meno di 24 ore e Dave Grohl in persona risponde. Gira un video con il suo smartphone e lo posta sui profili social dei Foo Fighters. In italiano, con quella sua irresistibile mimica facciale, l’uomo che è stato

il batterista dei Nirvana e oggi guida uno dei gruppi più importanti del mondo accetta l’invito. «Ciao Cesena, sono Davide. Questo video, ma che bello, che bellissimo. Grazie mille. Stiamo arrivando, lo prometto. Ci vediamo presto». BOOOM! Pochi giorni dopo, i Mumford&Sons (!!) invitano lo staff di Rockin'1000 al Gentlemen of the Road Stopover Festival affinchè incontrino i Foo Fighters. Baci, abbracci, lacrime, sorrisi, tutto documentato dalle immancabili foto per i social. A fine ottobre, l’annuncio: Dave Grohl, Taylor Hawkins, Pat Smear, Chris Shiflett e Nate Mendel suoneranno a Cesena il 3 novembre, prima dei due concerti in Italia già fissati da mesi e prima di tutti gli altri previsti in Europa. La ribellione di chi non si rassegna agli schemi dell’industria musicale. La passione di chi ama la musica a tal punto da metterla sopra ogni cosa e attraverso di essa autodetermina la propria esistenza. La follia di chi ha pensato di poter interferire con dinamiche complesse e infinite volte più grandi di quelle in cui è coinvolto. L’istinto di chi si è buttato in una missione impossibile con l’ostinazione di chi invece, sotto sotto, l’ha sempre considerata possibile. La bellezza di una storia che ha riempito tutti i contenitori possibili, dai new media alle nostre vene. Questo, e solo questo, è il rock. Il bellissimo, fottutissimo rock.

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INDICE

JUKEBOX

19. Foo Fighters 20. Il Teatro degli Orrori 21. Lo Stato Sociale 22. Peanuts 23. Ryan Adams FACE TO FACE

26. Stefano Sollima 28. Ascanio Celestini DC SHOES PULSE!

30. X Ambassadors

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La Regina del Pop è ancora lei, ma non è nata principessa: la storia dei primissimi anni di carriera di Lady Ciccone

Dan Auerbach ci ha detto da dove viene e dove va la (sua) musica. Intervista esclusiva con il leader dei Black Keys

Il segreto della band? Ce lo ha svelato Giuliano, insieme ad altre chicche su La rivoluzione sta arrivando e sul nuovo tour

50.

54.

62.

più bello dell’anno e i suoi concerti sono oltre la musica. Perché Florence è una Diva

Il 2015 è stato l’anno della sua consacrazione. Il tour negli stadi ha sorpreso lui per primo. E adesso ci ha preso gusto

Hanno fatto in tempo a godere degli anni Ottanta e a cadere nell’oblio dei Novanta, per poi tornare a essere grandi

MADONNA

FLORENCE + THE MACHINE Ha sfornato l’album

THE ARCS

TIZIANO FERRO

NEGRAMARO

SIMPLE MINDS



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66

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INDICE

66.

70.

Dopo i palazzetti e un’estate all’aperto, ora tocca ai club. Dove stupiranno tutti con una scaletta folle

Il cinema è arrivato per caso e lei lo affronta con spirito libero. Chi ha detto che è la strada giusta?

74.

87/96.

SUBSONICA

TIROLO Le montagne sono come in Italia. Ma è diverso lo spirito. E sembra che il Natale abbia un altro sapore

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MATILDE GIOLI

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98.

SKUNK ANANSIE L’amore tra la band di Skin e il nostro Paese non ha paragoni: è il momento del ritorno in Italia

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ONSTAGEWEB.COM CONCERTI, BIGLIETTI E... ONSTAGE AWARDS Onstage vive intensamente la stagione di concerti, seguendo tutti i grandi eventi. Gli ultimi due mesi del 2015 vedono molti importanti artisti italiani in tour, dai Negramaro a Cesare Cremonini, da Jovanotti a Tiziano Ferro. Gli ultimi due, dopo essersi esibiti quest'estate all'interno dei maggiori stadi italiani, torneranno in scena nei palazzetti tra novembre e 10 onstage novembre

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dicembre. Seguiremo inoltre i concerti di Negramaro e Cesare Cremonini, artisti protagonisti di contest e iniziative speciali che saranno pubblicate sulle pagine del nostro sito. Infine, non dimenticatevi che tra poco scoccherà nuovamente l'ora degli Onstage Awards. Gli Oscar della musica live torneranno a breve protagonisti sul nostro network...


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CONTRIBUTOR

CHIARA MIRELLI

Fotografa specializzata nel settore musicale, classe ’76, Chiara lavora con le più note testate italiane, da Vanity Fair a Il Sole 24 Ore a D – La Repubblica. Le foto dei Subsonica in questo numero sono sue.

TOM BEARD

STEFANO GUINDANI

Noto come fotografo di spettacolo, in realtà la sua arte spazia anche in altri contesti. Ma è nella musica che tutti lo cercano per il suo particolare tocco estetico. Anche Florence Welch ha voluto essere ripresa dalla sua lente.

Ha scattato le foto ai Negramaro in questo numero, ma oltre a spettacolo e moda si occupa spesso di reportage sociali, sia in Italia sia all’estero, dal terremoto di Haiti all’emergenza profughi nel Mediterraneo.

ROBERTO PANUCCI

FRANCESCO PRANDONI

Romano, classe 1965, si appassiona alla fotografia in terza media. Collabora con le più importanti testate giornalistiche in ambito musicale. È fotografo di riferimento di Onstage per Roma e il centro-sud dal 2011.

Classe 1970, specializzato in spettacolo e musica, nella sua carriera ha potuto scattare fotografie ai più grandi artisti italiani e internazionali, tra i quali Tiziano Ferro. Collabora con Onstage sin dal primo numero.

RINGO STARR

Batterista dei Beatles, l’ultimo dei Fab Four a entrare nella R‘n’R Hall Of Fame, da sempre considerato il vero collante della band più importante della musica pop-rock. Ma anche fotografo: suo lo scatto dei Foo Fighters.

12 onstage novembre

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coccinelle.com


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VERONA

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Mondadori Bookstore Via del Pellegrino Mondadori Multicenter Cola di Rienzo Hudson News - Aeroporto Fiumicino Hudson News - Stazione Termini



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A N N I

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usciva My Generation. Una delle canzoni più importanti nella storia del Rock. Fu il brano che lanciò gli Who ed è considerato uno dei primi inni generazionali (nomen omen). Non a caso è anche una delle canzoni che vanta il maggior numero di cover di sempre: in studio o dal vivo l’hanno

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ricantata praticamente tutti, da Patti Smith ai Green Day, dagli Iron Maiden agli Oasis, da Bruce Springsteen ai Pearl Jam. Il motivo di questo successo? Se My Generation è una canzone che ha rivoluzionato la musica rock ci sono numerosi perché. Innanzitutto il testo, sovversivo e attuale, che incarnava perfettamente il sentimento di ribellione degli adolescenti, degli anni Sessanta come di oggi. People


try to put us down / Just because we get around anticipava gli anni delle contestazioni. E arrivava poi quel verso (paradossalmente) immortale: I hope I die before I get old. Ma c’è molto altro: il modo di cantare, un po’ balbettante, quasi una presa in giro, di Roger Daltrey. Così come l’assolo di basso di John Entwistle, che cambiò la storia dello strumento perché, oltre a essere difficile, era anche uno dei

primi soli di basso contenuti in una canzone rock. Per non parlare del ritmo della chitarra di Pete Townshend e della batteria di Keith Moon. Il 5 novembre di quel 1965 usciva il singolo My Generation, anticipando l’omonimo album pubblicato il 3 dicembre. Gli Who avrebbero inciso decine di altri successi. Ma senza quella canzone la storia della band, e del Rock, non sarebbe stata la stessa. [A.L.]

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JUKEBOX

SI FA SUL SERIO I FOO FIGHTERS TORNANO FINALMENTE IN ITALIA DOPO TRE ANNI DI ASSENZA. ECCO COSA ASPETTARSI DAI CONCERTI DI BOLOGNA E TORINO. SENZA DIMENTICARSI DELLA PROMESSA (MANTENUTA) A CESENA.

Testo di JACOPO CASATI Foto di RINGO STARR

P

arliamoci chiaro. Prima del 2015, il rapporto tra i Foo Fighters e l'Italia era sempre stato un po’ timido, come una frequentazione mai sbocciata in una storia d’amore. Certo, nel 2011 e nel 2012 si erano mosse decine di migliaia di persone per seguirli a Rock In IdRho e a Codroipo. Tuttavia i numeri della band di Dave Grohl nel nostro Paese non erano minimamente paragonabili, per esempio, a quelli ottenuti dai Muse nello stesso periodo, dal 2010 a oggi. I Foos avevano all’attivo (in Italia) solamente otto concerti in vent'anni di storia, con un unico autentico bagno di folla registrato nel già citato show alla Fiera di Rho, a Milano. Che l'ora dei Foos fosse però arrivata anche nel nostro Paese, si era capito quando un anno fa iniziarono a circolare le più disparate voci su un loro concerto estivo, da svolgersi in un grande spazio all'aperto. La delusione per la mancata inclusione dell'Italia nella schedule open-air del 2015 della band statunitense è stata presto mitigata dalla gioia per l'annuncio degli show previsti a Bologna (Unipol Arena di Casalecchio di Reno) e Torino (Pala Alpitour) il 13 e 14 novembre. Biglietti spazzati via in poche ore e un doppio sold-out che porta inevitabilmente a pensare che, anche se con notevole ritardo rispetto al resto d'Europa, i Foo Fighters siano diventati un gruppo da stadio anche in Italia. La bella impresa di Rockin'1000 è stata la classica ciliegina sulla torta: il tour indoor europeo della band parte il 3 novembre, in

un piccolo palasport di Cesena. Una sorta di clamorosa data zero annunciata meno di due settimane prima dall'effettivo svolgimento e andata esaurita in un paio di minuti. Ulteriore dimostrazione di come i fan tricolori dei Foos siano tra i più appassionati e devoti. La curiosità di tutti è però rivolta al palco: dopo l'infortunio alla gamba di giugno, che ha costretto la band ad annullare parecchi concerti (tra i quali Glastonbury), Dave Grohl sarà in grado di reggere almeno metà concerto in piedi? Oppure vedremo anche in Italia l'ormai famoso trono di chitarre che ha permesso al frontman di portare a termine un tour americano intensissimo con una gamba ingessata? Di sicuro non mancherà quell'impatto frontale, senza fronzoli e tutto cuore, che ha permesso alla band di diventare una delle più amate realtà della scena musicale contemporanea. La maratona rock che i Foo Fighters stanno preparando è di quelle che i presenti ricorderanno negli anni a venire (e gli assenti invidieranno ancora di più). Se Grohl e compagni manterranno l'impianto della scaletta portata in giro per il mondo fino a questo momento, la durata dei concerti dif-

ficilmente sarà inferiore alle due ore e mezza. Naturalmente ci saranno tutte le hit. E i Foo Fighters ne hanno scritte davvero tante. Pochi altri gruppi possono vantare al proprio arco le frecce che la band di Seattle ha scagliato negli ultimi 20 anni. I brani che non possono mancare in un loro show sono almeno dieci: Everlong, Best Of You, The Pretender, My Hero, Monkey Wrench, All My Life, Learn To Fly, Times Like These, Breakout e This Is A Call. Accanto all'ideale best of dovrebbe esserci spazio anche per qualche cover di grandi classici del rock. Negli Stati Uniti, i Foos hanno proposto pezzi famosissimi di Queen (Under Pressure) e Pink Floyd (In The Flesh). E a volte hanno suonato anche canzoni di Van Halen, AC/DC e Rush. Le speranze dei fan di vecchia data sono invece rivolte al recupero in scaletta di autentiche perle come In Your Honor e No Way Back, piuttosto che al ritorno della preistorica Wattershed. Un tour che già si annuncia strepitoso potrebbe diventare indimenticabile grazie ad aggiunte che garantirebbero la giusta dose di movimento sotto palco (leggi “pogo”) che qualsiasi concerto rock propriamente detto esige. onstage novembre - dicembre 19


JUKEBOX

NON BISOGNA ESSERE SIMPATICI A TUTTI Se c’è una band che non ha problemi a sentirsi odiata è il Teatro degli Orrori, che torna sui palchi italiani dopo aver pubblicato l’ultimo disco di inediti. Un’ottima scusa per parlarne con i diretti interessati. Testo di STEFANO GILARDINO - Foto di EDWARD SMITH

D

opo un paio di imprevisti, riesco a rag- l’arte deve rappresentare ciò che la circonda, giungere telefonicamente Giulio Ragno allora il ritratto di questa Italia e del mondo Favero, bassista della band, durante una pausa in generale non è dei migliori». Di sicuro è serale, prima che il Teatro degli Orrori rico- un disco che farà discutere, come ogni mossa minci le prove in vista del tour imminente – e della band, amata da moltissimi fan, ma, al durante la chiacchierata si aggiungeranno per tempo stesso, detestata e quasi odiata da paun breve saluto Pierpaolo Capovilla e Gionata recchi altri. Quasi un unicum, nel nostro PaeMirai. «Abbiamo raggiunto un’ottima intesa se. «Hai ragione, scateniamo sentimenti forti, con la nuova formazione a sei, era la prima ma ci piace stare in questa posizione e devo volta che componedire che non ci prevamo il disco con occupa l’idea di stare «Non ci preoccupa stare sulle questa line-up, è fisulle palle a molta palle a molta gente: vuol dire gente», ci scherza su lato tutto liscio. Io che il nostro lavoro e le nostre il bassista. «Vuol dire sono anche riuscito che il nostro lavoro e a rompere meno le canzoni sono in grado di le nostre canzoni sono palle a tutti (risate, scuotere le persone» in grado di scuotere ndr)». le persone, in qualche L’aggiunta delle tastiere anche in fase di costruzione dei pezzi modo, e in ogni caso ci sono tantissimi ranon ha tolto nulla alla cattiveria e alla spigo- gazzi che ci seguono con grande affetto. Mi losità di un suono che in Italia ha pochi rivali. piacerebbe poter sapere ora come guarderemo «Lo credo anche io, anzi forse questo album a questa avventura tra vent’anni, per capire il omonimo è il più duro e spietato della nostra ruolo che può aver avuto un gruppo come Il discografia, io lo avrei addirittura voluto più Teatro degli Orrori. Infine, e parlo per me, cattivo ancora», aggiunge Giulio. «Pierpaolo io sono sicuramente antipatico, soprattutto dice che è un lavoro scuro e funereo, soprat- quando faccio il produttore. Tu non hai idea tutto a livello di testi aggiungerei io. Forse di quante band ho rimandato a casa perché non ci sono molte speranze e se è vero che facevano schifo… (ride, ndr)».

CALENDARIO CONCERTI NOVEMBRE/DICEMBRE

DAVE GAHAN & SOULSAVERS 04/11 MILANO FOO FIGHTERS 13/11 BOLOGNA - 14/11 TORINO IMAGINE DRAGONS 23/11 MILANO JOVANOTTI 19/11 RIMINI - 20/11 RIMINI 22/11 LIVORNO - 24/11 LIVORNO 27/11 MILANO - 28/11 MILANO 30/11 MILANO - 02/12 TORINO 03/12 TORINO - 05/12 TORINO 12/12 MONTICHIARI (BS) 13/12 MONTICHIARI (BS) - 15/12 PESARO 18/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 19/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 21/12 BOLOGNA -22/12 BOLOGNA 27/12 ROMA - 28/12 ROMA- 30/12 ROMA MADONNA 19/11 TORINO - 21/11 TORINO 22/11 TORINO MARILYN MANSON 09/11 FIRENZE MAX PEZZALI 01/11 TRIESTE - 06/11 MILANO 07/11 MILANO - 09/11 MONTICHIARI (BS) 12/11 CONEGLIANO (TV) - 15/11 PADOVA MÖTLEY CRÜE 10/11 MILANO NEGRAMARO 06/11 FIRENZE - 10/11 BOLOGNA 12/11 PADOVA - 15/11 ANCONA 18/11 PERUGIA - 21/11 BARI 22/11 BARI - 26/11 ROMA 27/11 ROMA - 02/12 ACIREALE (CT) 05/12 EBOLI (SA) - 08/12 CASERTA 14/12 MILANO - 15/12 MILANO 18/12 TORINO - 22/12 MONTICHIARI (BS) SCORPIONS 09/11 ROMA - 10/11 MILANO 13/11 TRIESTE TIZIANO FERRO 13/11 TORINO 16/11 MILANO - 17/11 MILANO 19/11 BOLOGNA 21/11 ROMA - 22/11 ROMA 24/11 EBOLI (SA) - 26/11 BARI 28/11 ACIREALE (CT) 29/11 ACIREALE (CT) 02/12 MONTICHIARI (BS) 03/12 MONTICHIARI (BS) 11/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 12/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 19/12 FIRENZE 20/12 FIRENZE

20 onstage novembre - dicembre


MOLTO PIÙ CHE UN DISCO DI COVER Molto più che un disco di cover, 1989 di Taylor Swift reinterpretato da Ryan Adams è il simbolo della grandezza degli Stati Uniti. E di quanto noi italiani siamo sempre troppo attenti a curare solo il nostro (piccolo) orticello. Testo di GAETANO PETRONIO - FOTO di J.BROKAW

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album 1989 ha segnato la svolta pop di Taylor Swift, che da cantante di successo si è trasformata in popstar internazionale (cosa che il suo country, genere “relegato” agli Stati Uniti, le avrebbe impedito). Ed è curioso che in meno di un anno, oltre a conquistare le classifiche di tutto il mondo, abbia anche ottenuto un primato: essere risuonato, ricantato, reinterpretato da uno degli artisti più interessanti della scena rock americana. Un omaggio, quello di Ryan Adams, che non è solo tale, ma aggiunge un ulteriore livello: Shake It Off, Bad Blood, Blank Space e via dicendo per Taylor Swift, hanno segnato il passaggio dal country al pop. Ryan Adams li ha traghettati dal pop all’alternative rock e quasi al folk. Potrebbe succederew anche da noi? Me lo sono chiesto a lungo mentre ascoltavo questo disco. E no, qui in Italia non sarebbe possibile. Credo che i motivi siano molteplici ma a me è parso di individuarne principalmente due. Primo, il nostro pop è già derivativo e si ciba di tutto ciò che succede all’estero e spesso noi non lo riconosciamo come forma artistica popolare ma come un’azione commerciale studiata dalle grandi multinazionali. Secondo, il nostro folk si è quasi estinto e per noi non esiste una musica tradizionale che abbia ambizioni popolari (come il country negli USA ma anche il flamenco in Spagna) e di conseguenza quei pochi artisti che guardano alla musica come espressione di tradizioni popolari non si abbasserebbero mai a riappropriarsi, per esempio, del nuovo disco di Laura Pausini attraverso i paradigmi secondo i quali si esprimono. Questo disco è molto più di un disco di cover (come le chiameremmo noi). Il cantautore americano non esegue, ma interpreta brani pop attraverso il suo linguaggio musicale e con questa operazione se ne riappropria e li restituisce al pubblico con altri colori e altre sfumature. Questo perché la canzoni sono di tutti e non c’è genere che tenga. Negli ultimi anni gli Americani hanno vissuto un periodo difficile per via della crisi del 2008,

come da noi d’altronde, ma la reazione è stata profondamente diversa e tutto il mondo della cultura ha testimoniato questo sforzo per far ripartire il proprio Paese puntando sulle proprie forze. Solo in questo scenario si può capire il valore di un disco folk-rock che reinterpreta un disco pop. Il messaggio è: il valore del nostro patrimonio culturale si può trovare ovunque ed ogni espressione è segno della qualità di ciò che siamo. Si parte con Welcome To New York, brano che viene completamente spogliato degli arrangiamenti elettro-pop per diventare una cavalcata springsteeniana. Il volume si abbassa per Blank Space, completamente stravolta e riarrangiata chitarra e voce. Il risultato è stupendo e l’atmosfera riporta la canzone al livello del miglior cantautorato. Si continua con la mid-tempo Style che con chitarre distorte e sapientemente intrecciate diventa un brano dal colore Seventies con un ritornello che si apre ricordando il mondo

degli U2. Out of the Woods subisce lo stesso destino di Blank Space e il risultato è altrettanto sorprendente. La ballad All You Had To Do Was To Stay, invece, viene stravolta e diventa un pezzo rock trainato dalla potenza delle vibrazioni del basso.La hit Shake It Off viene anch’essa stravolta, rallentata e diradata da qualsiasi suono che non sia riconducibile a chitarra, basso, batteria e voce. I Wish I Would non si discosta molto dall’originale mentre Bad Blood risulta addolcita con il nuovo arrangiamento. Wildest Dreams viene riportata in terreni rock con arpeggi distorti ed accordoni morbidi sulla chitarra acustica mentre How You Get The Girl diventa solenne con l’arrangiamento di viola sul ritornello. This Love viene riproposta al piano e, pur non differendo molto dall’originale, è piena di carica emotiva e la voce di Ryan Adams cambia completamente le carte in tavola. I Know Places e Clean chiudono elegantemente il disco con suoni raffinati e delicati. onstage novembre - dicembre 21


JUKEBOX

HOTLIST

65 ANNI DI DIVERTIMENTO L’ASTRONAVE IN ConCAMPAGNA il loro humor hanno fatto innamorare generazioni su generazioni di bimbi e adulti. Snoopy, Charlie, Linus e tutti i Peanuts tornano con un film e una mostra per festeggiare 65 anni. Testo di FRANCESCA VUOTTO

I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO ADELE HELLO (25, 2015) NEGRITA VOLA VIA CON ME (9, 2015) RYAN ADAMS SHAKE IT OFF (1989, 2015) FEIST ONE EVENING (Let It Die, 2004) MAX GAZZÈ LA VITA COM'È (Maximilian, 2015)

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ottobre i Peanuts hanno festeggiato 65 anni. Tanti ne sono passati da quando il loro autore Charles M. Schulz ha visto pubblicata la sua prima striscia su alcuni magazine americani. Per l’occasione Snoopy & co. si rifanno il trucco e sbarcano al cinema: dal 5 novembre debutta nelle sale la prima pellicola d’animazione dedicata alla compagnia di bambini più esilarante di sempre. Snoopy And Friends è stata realizzata dal regista Steve Martino (L’era glaciale 4) e scritta da Craig e Bryan Schulz, rispettivamente figlio e nipote del disegnatore. Il tema principale della colonna sonora invece è stato affidato a Meghan Trainor e alla sua Better When I’m Dancing: «Ero molto emozionata di poter vedere il film in anteprima per lasciarmi ispirare e scrivere una canzone che ne cogliesse lo spirito, l’energia e il senso di gioia». E se nel 2000, in occasione dei 50 anni, in Italia è stata Bologna a celebrare Schulz e i suoi personaggi, quest’anno tocca a Milano e al suo Museo del Fumetto WOW, dove si potrà visitare la mostra Il fantastico mondo dei Peanuts (fino al 10 gennaio). Tavole originali, installazioni multimediali, gadget, libri e riviste d’epoca, poster e memorabilia vari vi faranno immergere nel mondo di Snoopy: con lui o con uno degli altri personaggi potrete persino scattarvi una foto.

LA LEGGENDA IN MUSICA È uno dei primi videogiochi ad aver ottenuto un riscontro globale. Merito anche di una colonna sonora degna dei migliori film di Hollywood. Arriva in Italia il concerto evento sulle musiche di Zelda.

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opo oltre 80 tappe in tutto il mondo – tra le quali quella milanese della scorsa primavera – arriva anche a Roma il concertoevento The Legend Of Zelda: Symphony Of The Goddesses, che celebra le musiche della storica serie di videogame della Nintendo The Legend Of Zelda. Lo spettacolo nasce dalla sinergia che si crea tra le musiche che fanno da colonna sonora alle varie serie – suonate dal vivo da un’orchestra – e le immagini della saga che vengono proiettate su un mega schermo. Non pensate però che sia un appuntamento imperdibile solo per i fan: l’arrangiamento studiato 22 onstage novembre

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dal Maestro Koji Kondo, già autore dei brani di Super Mario Bros, in abbinamento alle suggestive immagini del gioco, rapisce a tal punto lo spettatore da non rendere necessaria alcuna esperienza o conoscenza della storia della principessa Zelda. L’appuntamento capitolino – il 15 novembre all’Auditorium Conciliazione – porta in scena i musicisti dell’Ensemble Symphony Orchestra di Massa Carrara, diretti dall’americana Amy Andersson: è lei che sta fisicamente portando in giro il concerto, trovandosi a dirigere, città dopo città, musicisti diversi. F.V.

FOO FIGHTERS IN YOUR HONOR (In Your Honor, 2005) TRIVIUM BREATHE IN THE FLAMES (Silence In The Snow, 2015) FRANCESCO DE GREGORI UN ANGIOLETTO COME TE (Amore e furto, 2015) PARKWAY DRIVE THE SOUND OF VIOLENCE (Ire, 2015) BRUCE SPRINGSTEEN I'M ON FIRE (Born in the USA, 1984)


NON PRENDIAMOCI TROPPO SUL SERIO Manca un solo concerto prima della lunga pausa annunciata da Lo Stato Sociale. Una buona occasione per fare il punto, col cantante e chitarrista “Lodo” Guenzi, su chi sia e dove stia andando la band bolognese. Testo di DANIELE SALOMONE - Foto di CRISTINA CHECCHETTO

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ologna, 21 novembre 2015. «Ultimo concerto prima di una lunga pausa». Lo ripetono da settimane, sui loro profili social. È promozione, certo, ma è anche un annuncio simbolico. Perché non si sono mai fermati da quando sono partiti e se hanno deciso di farlo ora è perchè sono giunti a un momento cruciale della loro carriera, dopo decine di concerti, numeri importanti online, il Concertone, eccetera. «Doveva capitare prima o poi. Faremo un disco nuovo e ci prenderemo tutto il tempo necessario, senza scadenze». Siamo a Medimex 2015, la fiera-evento di Bari che accoglie artisti, operatori e pubblico con una grande scritta: “La musica è lavoro”. E il lavoro che Lo Stato Sociale faranno dal 22 novembre in poi sarà inevitabilmente diverso da quello fatto fino a quel giorno. «Oltre ai pregi e difetti di ogni Autogrill italiano, in questi anni abbiamo imparato a gestire meglio le relazioni. Soprattutto nel gruppo: ci diciamo le cose in faccia senza litigare, anche se ogni tanto qualche scazzo c’è ancora. Probabilmente siamo più sereni, perché non stiamo discutendo di musica che conosciamo solo noi e dal quale dipende il nostro futuro nei prossimi due anni». E da cosa dipenderà il futuro? «Dalla capacità di reinventarci». Musicalmente? Oppure volete fare altro rispetto alla musica? «Entrambe le cose». Faccio notare loro che ormai hanno un seguito di fan piuttosto numeroso e i fan si spaventano di fronte ai cambiamenti. Vogliono essere rassicurati. Siete sicuri di volervi reinventare, proprio adesso? «Ai fan che vogliono essere rassicurati possiamo fare delle coccole». Si vabbè, ma è una cosa seria questa. «E allora seriamente ti dico che accontentare in quel modo i fan è scorretto, significa mancargli di rispetto. Noi siamo noi se facciamo come abbiamo sempre fatto, e cioè quello che ci viene spontaneo». Una cosa che sostengono tutti, prima. «Ma noi siamo diversi, siamo onesti». Lo dicono ridendo, e probabilmente mi stanno prendendo in giro. Sono rare le band come Lo

Stato Sociale, capaci di prendersi poco sul serio anche quando potrebbero menarsela un po’.

«Il successo in realtà ci ha ridimensionato. Pensavamo di affacciarci dalla finestra come il Papa e invece abbiamo solo riempito l’Alcatraz di Milano» «Certo che ci siano montati la testa! Anzi, no. Il successo in realtà ci ha ridimensionato. Pensavamo di affacciarci dalla finestra come il Papa e invece abbiamo solo riempito l’Alcatraz di Milano. Gli stadi non ci bastano, vogliamo di più, vogliamo il potere spirituale e anche quello temporale». Allora è la politica quel “altro” rispetto alla musica di cui sopra! «No perché è un potere poco spirituale». Di solito è chi fa le domande a condurre un’intervista. Con Lo Stato Socia-

le è il contrario, sono loro che ti portano nel cazzeggio e sono sempre loro che stimolano riflessioni serie. Te ne accorgi solo un attimo dopo che l’hanno fatto e non capisci come sia successo. È un po’ come con le canzoni. Ti arrivano e non sai bene perché. Loro stessi non si ritengono bravi musicisti, anche se ormai hanno accumulato una discreta esperienza. Mi domando se si siano mai interrogati sul perché del successo avuto in questi anni. «L’abbiamo fatto e pensiamo sia merito di un po’ di cose. Per esempio che si riconosce veramente un collettivo. Che non sai mai esattamente se stiamo facendo rock ‘n’ roll, commedia, villaggio turistico, politica o cos’altro. E il fatto che ci siano cinque personalità forti. È la sintesi di tutte queste e altre cose che arriva alla gente». La sintesi sono le canzoni. Canzoni che funzionano proprio perché sono come quel famoso teorema. Superiori alla somma delle singole parti. onstage novembre - dicembre 23




FACE TO FACE

STEFANO SOLLIMA

GLI AVVOCATI DIFENSORI DELLE PERSONE

È IL REGISTA ITALIANO PIÙ CORTEGGIATO DEL MOMENTO. HA SOLLEVATO UN BEL POLVERONE CON SUBURRA (A PROPOSITO, DOPO IL FILM SI FARÀ LA SERIE TV) E HA INCANTATO HOLLYWOOD CON LA PRIMA STAGIONE DI GOMORRA. IL SUO SEGRETO? LA RISCOPERTA DEL PIACERE DI RACCONTARE. SENZA PAURA NÉ PREGIUDIZI.

LEGAME COSÌ STRETTO CON LA CRONACA?

COINVOLTE IN MAFIA CAPITALE HANNO ATTACCATO SUBURRA. MA C'È DAVVERO QUESTO

Testo di LORENZO LAMPERTI Foto di FABIO LOVINO

S

TEFANO SOLLIMA, PRIMA SUBURRA, A BREVE LA SECONDA STAGIONE DI GO-

MORRA. TI STAI CONFERMANDO SEMPRE DI PIÙ COME IL NUOVO "EROE" DEL CINEMA ITALIANO DI GENERE. Addirittura? La verità è che

siamo ormai disabituati al genere. Nel corso degli anni abbiamo smesso di fare cinema di grande intrattenimento per farne uno autoreferenziale, piegato su se stesso. Anche nella tv abbiamo smesso di pensare al pubblico, specialmente quello internazionale. Ecco, secondo me va recuperato il piacere di raccontare semplicemente delle storie.

Io non parto mai dalla cronaca, parto dalle suggestioni che mi dà un certo mondo. Con Suburra volevo fare un gangster movie, mi sono guardato attorno e ho notato che Roma è forse l'unica grande metropoli al mondo dove coesistono tre poteri: politico, criminale ed ecclesiastico. Tutto ciò crea uno scenario unico e originale che ho voluto raccontare. Si tratta di una riflessione sullo stesso mondo già esplorato con Romanzo criminale aggiornato al giorno d'oggi.

ra non venisse più fuori il problema. La camorra in Italia esiste, non è una novità e di certo non l'abbiamo scoperta noi. Progetti come Gomorra fanno proprio il contrario che "metterci in cattiva luce all'estero": illuminano invece il lato industriale creativo dell'Italia. La qualità di Gomorra è stata riconosciuta anche al di fuori dei nostri confini e tutti quei progetti che riportano il sistema dell'industria audiovisiva italiana al posto che gli spetta andrebbero salutati con favore. QUELLO CHE COLPISCE DEI TUOI LAVORI È LO STILE DEL RACCONTO, SPOGLIATO DEL POLITICAMENTE CORRETTO E DEL MORALISMO DI FONDO CHE PERVADONO MOLTO CINEMA

«Il regista non deve dare giudizi morali, ma semplicemente raccontare una storia. Da spettatore amo essere intrattenuto e da regista è quello che cerco di fare» CI SONO STATE MOLTE POLEMICHE INTORNO ALLE RIPRESE DELLA SECONDA STAGIONE DI GOMORRA. MA È VERO CHE LA SERIE DÀ UNA BRUTTA IMMAGINE DELLA CAMPANIA E DELL'ITALIA? Sinceramente

speravo che dopo Romanzo criminale, Acab, Gomorra e Subur-

ITALIANO. Ti ringrazio, è proprio quello che cerco di fare. Credo che il regista o lo sceneggiatore non debbano dare giudizi morali, ma semplicemente raccontare una storia. Da spettatore amo essere intrattenuto e al cinema voglio godere di uno spettacolo. QUINDI IL COMPITO DEL CINEMA È SOLO QUELLO DI RACCONTARE E INTRATTENERE? Il

cinema può anche proporre una riflessione sul mondo che ci circonda, o far notare qualcosa che non conoscevi. Ma la cosa principale alla quale non deve mai rinunciare è l'intrattenimento. Il primo dovere per un regista è intrattenere, non fare una lezione pedagogica. OGGI IN ITALIA C'È PIÙ CORAGGIO E QUALITÀ NEL CINEMA O NELLA TV? La tv generalista ha un proprio pubblico di riferimento ed è chiaro che non può dare vita a produzioni aggressive come fa Sky. Comunque se confrontiamo la nostra produzione con quella per esempio americana è chiaro che dal punto di vista del coraggio siamo un po' indietro. Ma credo ci siano i talenti, e in parte le risorse, per ridurre il gap. MA ALL'ESTERO C'È ATTENZIONE VERSO LE

Sì e il caso di Gomorra lo dimostra. Spero vengano fuori tanti altri prodotti del genere. Non possiamo fare finta che il mercato internazionale non esista. PRODUZIONI ITALIANE?

NON È CHE PRIMA O POI SCAPPI ALL'ESTERO COME GARRONE E SORRENTINO? Non lo escludo (ride, ndr). Dipende sempre dal progetto. In ogni caso penso di continuare a lavorare qua perché nonostante tutto l'Italia è un Paese meraviglioso.

26 onstage novembre - dicembre


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FACE TO FACE

ASCANIO CELESTINI DAI TANTI RICONOSCIMENTI PER LE SUE OPERE TEATRALI AL SUCCESSO DELLE SUE APPARIZIONI IN TELEVISIONE. DALLA RADIO ALLA NARRATIVA, FINO AL CINEMA. INCONTRO CON ASCANIO CELESTINI, ARTISTA E INTELLETTUALE NON OMOLOGATO E NON OMOLOGABILE, APPENA TORNATO AL CINEMA CON IL SUO SECONDO FILM DA REGISTA, VIVA LA SPOSA… Testo di LORENZO LAMPERTI

A

SCANIO, CON VIVA LA SPOSA SEI TORNATO AL CINEMA A CINQUE ANNI DI DI-

STANZA DA LA PECORA NERA. COME MAI QUE-

Beh, questo è il mio secondo film. Non è che sono stato assente. In questi anni ho fatto altro, come scrivere una sceneggiatura e fare tre spettacoli a teatro. Per me scrivere prescinde dal mezzo. Non importa se stia scrivendo un film, un libro o uno spettacolo teatrale. L'importante è scrivere. Poi ci sono storie che sono fatte per essere messe in scena a teatro, altre per il cinema, come nel caso di Viva la sposa.

STA ASSENZA?

QUALI CARATTERISTICHE DEVE AVERE UNA STORIA PER FARTI DECIDERE DI PORTARLA AL CINEMA PIUTTOSTO CHE A TEATRO? Il mio è un teatro evocativo. Nei miei spettacoli non

si vedono le cose. Ci sono solo le parole e lo spettatore è chiamato a immaginare. Nel cinema lavoro in maniera opposta. Sono le immagini a far immaginare lo spettatore. QUANTO È IMPORTANTE PER TE IL LUOGO DI

Per scrivere questa storia mi sono messo seduto nei bar al Quadraro, a Ciampino, a Morena, i quartieri nei quali vivo. Lì ci si trova la gente che ho raccontato nel film: c'è chi faceva cinema negli anni '70 e ora dorme in negozio, chi vive in case occupate, chi finisce in galera. Sono quei luoghi dove a una certa ora, mentre tutto chiude, si radunano tutti quelli che non sanno dove portare la propria vita e la portano lì, mettendo a disposizione degli altri la propria storia. Da sempre Roma prova a nascondere la sua miseria richiudendola in certi posti. Accade così coi campi nomadi, dove c’è gente che resta chiusa da 30 anni. E li si chiama ancora nomadi. L'unica differenza tra noi e loro è che loro vivono in una casa di merda. UNA STORIA?

IL SINDACATO DI POLIZIA COISP HA DETTO CHE IL TUO FILM «FA CAGARE» PERCHÉ SUL CASO DI GIUSEPPE UVA «CONDANNA GLI AGENTI A

Non ho fatto un film contro la Polizia, non mi sarei mai sognato di farlo. E non è un film sulla morte di Giuseppe Uva, ma sulla sua vita. Ho voluto semplicemente raccontare un frammento del destino di questi personaggi e tra i destini possibili di queste persone c'è anche di finire come Uva. Se avessi voluto attaccare gli agen-

ti avrei fatto un documentario d'inchiesta, non un film di finzione. Penso che abbiano sfruttato il film per far parlare un pochino di loro. Hanno persino tirato in ballo a sproposito Pier Paolo Pasolini. Avrei voluto rispondergli: «Citate pure Pasolini, Moravia, Proust, Canetti. Ma almeno prima leggeteli».

«Oggi la visione del mondo è solo una. C'è il capitalismo, stop. Non c'è nessuna alternativa. Da qui nasce il fatalismo: dalla convinzione che il mondo sia questo e non si possa cambiare»

QUAL ERA LA COSA CHE TI INTERESSAVA DI PIÙ

Il fatalismo che pervade i personaggi del film. Non gli interessa cercare nulla, sono tutti in un modo o nell'altro colpevoli e tutti accettano questa colpa come se fosse una cosa naturale, predisposta a tavolino per la loro vita. RACCONTARE CON VIVA LA SPOSA?

PRIORI». CHE COSA RISPONDI?

IL FATALISMO RIGUARDA TUTTI? ED È UNA CARATTERISTICA DATA DALLA CONTEMPORANEI-

Ci riguarda tutti, solo che chi conduce una vita borghese lo può nascondere meglio sotto al lavoro, alla famiglia, alla casa… Chi oggi ha dai 40 anni in su proviene da una visione del mondo molto differente. Un mondo dove esistevano ancora Est, Ovest, le ideologie. Oggi la visione del mondo è solo una. C'è il capitalismo, stop. Non c'è nessuna alternativa. Leggiamo della crisi o di altri temi sempre nella stessa maniera. Ci viene offerta una sola interpretazione. Da qui nasce il fatalismo: dalla convinzione che il mondo sia questo e non si possa cambiare. TÀ?

Difficile saperlo. Io so che c'è una maggioranza molto silenziosa ma molto umana che è distratta, delusa. Nel mio film ho voluto mettere in scena quelle persone, quelle storie. Anche perché nel cinema italiano gli esclusi e gli emarginati non trovano quasi mai voce. Erri De Luca nel suo ultimo libro parla del vero compito degli intellettuali, quello di lavorare con le parole e metterle a disposizione anche di chi non le ha. Troppo spesso ci dimentichiamo di farlo. QUALE PUÒ ESSERE L'ANTIDOTO?

28 onstage novembre - dicembre


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NESSUNO SCANDALO Testo di LUCA GARRÒ

Prosegue l’iniziativa di Onstage Magazine: grazie alla collaborazione con DC Shoes, brand innovatore nel campo dello streetwear, vi proponiamo i migliori nuovi talenti del panorama internazionale. Onstage Pulse! si occupa in questo numero degli X Ambassadors, nuovo fenomeno della scena rock alternative statunitense. La band, dopo tre Ep, ha pubblicato il primo album VHS, che grazie al traino del singolo Renegades li ha proiettati all’attenzione del mondo intero.

30 onstage novembre - dicembre


DC SHOES presenta ONSTAGE PULSE!

VI TROVATE IN UNO DEI MOMENTI PIÙ DELICATI PER UNA GIOVANE BAND ESPLOSA GRAZIE AD UN BRANO: DIMOSTRARE LE INFINITE SFACCETTATURE DEL VOSTRO ANIMO. COME PENSATE DI RIUSCIRCI? Non è semplice e, onestamente, non credo nemmeno esista un libro che ce lo possa insegnare. Se esiste, in ogni caso, non lo possediamo. L'unica cosa che posso dirti è che chi ci ha supportato a livello discografico e umano, ci ha anche insegnato che l'unica cosa in grado di rimanere nel tempo sono le canzoni. Quindi abbiamo puntato tutto su quegli aspetti che possono rendere un brano gradevole, senza tuttavia perdere quella spontaneità necessaria affinché la gente non pensi di trovarsi di fronte a qualcosa di progettato a tavolino. Ogni icona è diventata tale anche per aspetti extra musicali, è inutile negarlo, ma senza la forma canzone non si va da nessuna parte anche quando di cognome facevi Hendrix o Cobain. EPPURE, PER MOLTI DI QUELLI CHE PARLANO DI VOI, L'ASPETTO PRINCIPALE USCITO DA UN BRANO COME RENEGADES È QUELLO DELL'ARGOMENTO TRATTATO E DELLE IMMAGINI DEL VIDEO… Invece credo che in questo senso tu ti stia sbagliando. O meglio, quello cui ti riferisci è solo uno degli aspetti dei quali si è parlato. Mettiamola così: l'argomento del brano è sicuramente d'impatto e il video è diventato virale in pochissime settimane, ma se il brano non possedesse certe caratteristiche, non l'avresti mai sentito in radio, nemmeno in quelle che si occupano di rock alternativo. Mi hanno spiegato che da voi il mondo delle radio

è un po' differente da quello americano e che, quindi, le possibilità di passaggio di brani sconosciuti è più difficile. Questo, se vogliamo, conferma che la strada sia quella giusta.

«

Ti sembra scandaloso portare in televisione un nostro pezzo grazie a una pubblicità? Siamo una band emergente e, immediatamente, abbiamo pensato che sarebbe stata una possibile svolta

«

D

i new best thing, negli ultimi anni, se ne sono viste diverse e altrettante si sono perse nella fitta nebbia di uscite discografiche continue e fagocitanti che, spesso, mettono in ombra ottimi prodotti. Saliti alla ribalta grazie al successo di un brano virale come Renegades, gli X Ambassadors si apprestano invece a conquistare il mondo a suon di ottime melodie, testi toccanti e grandi show. Ne abbiamo parlato con Noah Feldshuh, chitarrista della band statunitense.

JEEP HA UTILIZZATO LA VOSTRA CANZONE COME JINGLE PUBBLICITARIO DI UNA SUA VETTURA. UNA BAND COME I DOORS È FINITA IN TRIBUNALE PER UNA COSA DEL GENERE. NON AVETE PAURA DI VENDERE I VOSTRI SOGNI? Conosco la storia che racconti, quella legata alla possibilità di vendere Light My Fire per la pubblicità di un auto. Francamente, non vedo nulla di scandaloso nel fatto di finire in tutte le televisioni del Paese grazie a una cosa del genere. Siamo una band emergente, uno dei colossi del settore ha scelto un nostro brano e, immediatamente, abbiamo pensato che sarebbe stata una possibile svolta. L'obiettivo era che il pezzo arrivasse alla gente e diciamo che non ci è arrivato sponsorizzando armi o chissà che. Non sono uno da “il fine giustifica il mezzo”, ma credo che a volte le questioni di principio abbiano distrutto carriere. Inoltre, i Doors avevano un'età media di oltre 60 anni ed erano rimasti in tre, dunque uno di loro non poteva dare il proprio permesso. E poi credo non avessero il bisogno che avevamo noi di farci conoscere al mondo… FORSE LE NUOVE GENERAZIONI HANNO PERSO LA PARTE PIÙ STERILE DEGLI IDEALI CHE CARATTERIZZAVANO GLI ANNI SESSANTA, MANTENENDO GLI ASPETTI PIÙ PRATICI. PENSATE CHE LA MUSICA POSSA

CAMBIARE IL MONDO O LA RITENETE UNA FAVOLA HIPPIE? A dire il vero mi sembrano discorsi un po' fuori tempo massimo, perché quegli ideali erano probabilmente spinti da animi sinceri, ma poco collegati alla realtà. L'intento generale e generalizzato era quello di salvare il mondo, ma poi spesso tutto si traduceva in azioni individuali e, appunto, spesso sterili. Amo molte band di quel periodo, anche se di alcune oggi si comprende meglio quanto il contesto nel quale gravitavano abbia influito sulla loro musica, più che il contrario. Avere degli ideali è una cosa stupenda, farsi di acidi e dire salviamo il mondo un'altra (ride, ndr). I Doors, per esempio, appartenevano ad un'altra categoria di band eppure provenivano anch'essi dalla California. Mentre alcuni professavano come un mantra certe cose, altri capivano che il lato oscuro dell'animo poteva essere altrettanto radicato nella popolazione. UN BRANO COME SUPERPOWER, INVECE, METTE IN LUCE TUTTA UN'ALTRA SERIE DI INFLUENZE MUSICALI DELLA BAND. TI CONFESSO CHE L'ATTACCO MI AVEVA FATTO PENSARE AI BLACK SABBATH! In effetti, questo è un altro mito da sfatare quando si parla del gruppo! In quanto chitarrista, è chiaro che io sia forse quello maggiormente influenzato da un certo tipo di sonorità, tanto che a volte sono costretto a tenere certe idee per me per non sconvolgere i miei compagni (ride, ndr). A parte gli scherzi, uno degli aspetti che amo di più della band e del disco di debutto è proprio la varietà di stili dei singoli brani, anche se credo sia necessario un filo conduttore musicale per dare identità alla varietà stilistica. Quell'intro distorta sembra davvero l'inizio di un brano doom e immediatamente ho pensato di realizzare qualcosa di simile alla band di Tony Iommi. Questo per dire che non siamo certo una band new folk o qualcosa del genere, anche se Renegades potrebbe richiamare sonorità di un certo tipo. Una band che adoriamo, per esempio, sono i Nine Inch Nails: credo che Trent Reznor sia uno dei musicisti più influenti degli ultimi 30 anni. Speriamo di essere ancora qui fra 30 anni a parlare anche di noi.

onstage novembre - dicembre 31


Š Deborah Feingold


UN MARE DI

ambizione

Lady Ciccone torna in Italia per tre concerti a Torino, ma è a Bologna che si celebra il suo mito, con una mostra fotografica che ripercorre i primissimi anni della sua carriera, quando era ancora solo una ragazza di New York e non la popstar che in pochissimo tempo avrebbe conquistato il mondo. Testo di FRANCESCA VUOTTO

onstage novembre - dicembre 33


M

adonna come non l’avete mai vista. È come potrete vederla non a Torino – dove sarà in concerto il 19, 21 e 22 novembre – ma a Bologna, dove la galleria ONO Arte Contemporanea le dedicherà dal 19 novembre al 10 gennaio 2016 la mostra fotografica Madonna: The Rise Of A Star. Una collettiva che vuole indagare gli esordi della cantante italoamericana attraverso gli scatti che hanno realizzato tre famosi fotografi, quando non era ancora nessuno e solo una manciata di persone – la sua manager e qualche discografico – avevano intravisto tutte le potenzialità di questa ragazza poco più che

34 onstage novembre - dicembre

ventenne che Mick Jagger avrebbe descritto come «una goccia di talento in un mare di ambizione». Le 60 immagini selezionate dai curatori appartengono ai servizi realizzati da George DuBose, Peter Cunningham e Deborah Feingold in un periodo di tempo molto breve, e rendono evidente, anche agli occhi di un non intenditore, come il baco in breve si sia trasformato in farfalla. In un lasso di tempo ristretto Madonna ha visto crescere l’interesse del pubblico dei club dove cantava, e quello dell’entourage che la seguiva. Ha capito che quel quid che era consapevole di avere da sempre, quella «goccia di talento», era visibile anche agli altri. E poteva servirle per puntare in alto. «Fin da piccola ho

pensato che il mondo fosse mio, che stesse aspettando me. Pieno di opportunità. Ho sempre saputo che un giorno avrei fatto tutto quel che volevo», racconta in una delle sue biografie più famose, An Intimate Biography del giornalista J. Randy Taraborrelli. Proprio questo rende ancora più speciale lei e la sua storia. «Abbiamo dedicato diverse mostre ad artisti del suo calibro, come David Bowie o Bob Dylan, ma per nessuno siamo andati così indietro nel tempo», racconta Vittoria Mainoldi, una delle curatrici della rassegna. «Ono Arte Contemporanea si occupa di cultura popolare attraverso le grandi icone della musica, del cinema e dello spettacolo dagli Anni Cinquanta a oggi, e lei è l’unica ad aver avuto qualcosa da dire fin dagli inizi».


«È la nuova Marylin Monroe» Liz Rosenberg

Le foto di queste pagine sono tratte dal servizio realizzato da George DuBose all’Uncle Sam’s di New York nel 1981 - © George-DuBose.com

Forse in pochi ricordano che agli albori della sua carriera Madonna cantava in un gruppo, The Breakfast Club, con i quali esordì sulla scena musicale newyorkese degli Anni Ottanta. Un giorno, nel 1981, George DuBose, tra i fotografi più attivi del momento, riceve la chiamata di Camille Barbone della Gotham Sound, che gli chiede di fare qualche scatto durante il live che la band avrebbe tenuto all’Uncle Sam’s, uno dei club più in voga a New York. Avrebbe però dovuto concentrarsi solo sulla cantante, gli altri non interessavano a Barbone. «Mi è parso subito strano, ma poi ho capito», si legge sul sito del fotografo tedesco. «Per quel che ne so, quella è la prima esibizione in assoluto in pubblico di Madonna. Mi ricordo

che si era portata alcuni cambi d’abito e che alcuni erano decisamente spinti. Sul palco sembrava un po’ nervosa, così durante una pausa sono andato in camerino e le ho detto qualche parola di incoraggiamento, anche perché stava andando davvero bene.

«È una goccia di talento in un mare di ambizione» Mick Jagger

Quando poi sono rimasto solo con Camille, mi ha sgridato per essermi intromesso».

DuBose racconta che quegli scatti non sono mai stati pubblicati, il che fa sospettare che quella sera Miss Ciccone fosse sotto esame e che la manager stesse testando il personaggio Madonna. Nelle foto, sottolinea Mainoldi si intravedono «naturalezza, ma anche la volontà di studiare delle mosse accattivanti per il pubblico. E se guardiamo a come è vestita si capisce che anche il look è ancora in via di definizione». Niente a che vedere con la Madonna delle foto di Peter Cunningham. «In DuBose si vede che non ha ancora una sua identità come artista, un’identità che emerge invece incredibilmente precisa e decisa in Cunningham, che l’ha immortalata di lì a poco». Qualche mese dopo siamo già nel 1982 e

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Peter Cunningham ha fotografato Madonna nel 1982 nel suo studio e per le strade di New York, sono suoi gli scatti di queste due pagine,- © 2015 Peter Cunningham

Louise Veronica Ciccone è passata sotto l’ala protettrice di quella che sarà la sua manager per 39 anni, Liz Rosenberg, all’epoca pubblicista per la Warner Music. È lei che telefona a Peter Cunningham, fotografo canadese con studio nella Grande Mela, per organizzare in tempi rapidi un photo shoot con una sua nuova cliente. Madonna si presenta da sola, si trucca e si pettina, si sistema gli abiti prima di cominciare. Impugnata la macchina fotografica Cunningham capisce subito che Liz ha ragione. Madonna ci sa fare: a ogni cambio di vestiti si trasforma e diventa un’altra davanti all’obiettivo. È disinvolta, sicura di

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sé, si diverte. Tra i due c’è intesa e il servizio dura sei ore. Lui è talmente contento che decide di uscire dallo studio e proseguire il

«Ho sempre saputo che un giorno avrei fatto tutto quel che volevo» Madonna lavoro per le strade di Soho. Lei continua a trovarsi a suo agio, gioca con i passanti, si abbassa la zip dei pantaloni sui gradini di una chiesa, simula di essere crocifissa sulla staccionata di un giardinetto. «Le foto

sono tutte molto belle, comprese quelle che abbiamo dovuto scartare perché Madonna si vede in lontananza», racconta Mainoldi, che, tra l’altro, rivela di poter orgogliosamente mostrare scatti di questo servizio mai visti prima, in anteprima mondiale. «Per preparare la mostra abbiamo fatto un lungo lavoro di archivio con Cunningham, durante il quale ha ritrovato un rullino di quel giorno che credeva perduto. Una piacevolissima scoperta, per lui e per noi». Deborah Feingold e Madonna si sono invece incontrate per la prima volta nel 1983, quando hanno scattato quelle che sono conosciute come “The Lollipop Shots”:


le foto con il leccalecca - anche se non in tutte la giovanissima Miss Ciccone gioca con la caramella. Foto ben più note delle precedenti e che conosce anche chi non è un fan accanito della bionda di origini italiane. La fotografa americana ha raccontato di averci messo solo 20 minuti a scattarle, un tempo che oggi sembra incredibile ma che era abbastanza normale in quegli anni. «Allora si faceva così, soprattutto con gli artisti non ancora famosi», spiega la curatrice bolognese. «Bisognava lavorare velocemente per consegnare il prima possibile, non c’erano truccatori o stylist e spesso i soggetti restavano vestiti così come erano arrivati sul set. Quello tra loro e chi

scattava era un rapporto alla pari, perché i fotografi stessi non avevano assistenti o Photoshop per aggiustare la luminosità

«È la nuova Marilyn Monroe» Liz Rosenberg degli scatti o altre piccole imprecisioni. Questo dà un valore aggiunto a tutte le foto, ma ancor di più a quelle di Feingold, le prime dove si vede la Madonna che conosciamo oggi». Tutte le incertezze, lo sperimentalismo

e l’inesperienza che affiorano in DuBose e Cunningham sono spariti: Madonna non ha più paura di mettersi in mostra e, anzi, quasi aggredisce l’obiettivo. Lo confermano le parole della fotografa, che di quei momenti ricorda «il carisma, la disinvoltura, la netta sensazione di avere davanti una che avrebbe fatto strada più di tutti gli altri». Un’impressione che accomuna tutti e tre i fotografi e che non si può non ricevere visitando Madonna: The Rise Of A Star. E che non fa altro che confermare quanto ci avesse visto giusto Liz Rosenberg quando – parlando con Cunningham – definì Madonna come «la nuova Marilyn Monroe». l

onstage novembre - dicembre 37


IL DINOSAURO INNAMORATO Dan Auerbach, voce e chitarra dei Black Keys, arriva a Milano il 16 novembre per l’unica data italiana del suo progetto The Arcs. Un collettivo di musicisti che si ostina a fare musica per il solo piacere di suonare insieme. E, anche se questo potrà sembrare un po’ antiquato, Dan va avanti per la sua strada perché è l’unica cosa che potrebbe fare. Testo di MASSIMO LONGONI - Foto di NICH WALKER


Q

uando hai raggiunto una condizione tale che puoi permetterti di scherzare via Twitter con il presidente degli Stati Uniti, significa che nulla ti è precluso. I Black Keys lo hanno fatto pochi mesi fa. Ma Dan Auerbach, oltre che essere voce e chitarra della band che ha venduto 4 milioni di album e conquistato 7 Grammy dando un nuovo senso al garage rock, è uno cui piace sparigliare le carte, allergico com’è a etichette e formalità. È uno che è stato in grado di mettere insieme il punk con il blues del Delta, a far convivere il rap e la psichedelia, farsi produrre i dischi da Danger Mouse e diventare produttore a sua volta di Lana Del Rey. E così, mentre rispondeva ai complimenti di Barack Obama chiedendogli di poter usare l’Air Force One (con il risultato di ottenere in cambio un pubblico invito alla Casa Bianca), stava già pensando a qualcosa di lontano dai Black Keys. In attesa di vedere se il concerto alla Casa Bianca diventerà realtà («Adesso stiamo lavorando su alcune cose, vedremo…», ha detto lui lasciando un po’ di suspense), ecco quindi Yours, Dreamily, primo album dei The Arcs, uno dei progetti paralleli cui ci ha abituati Auerbach. Un disco dal gusto vintage, un manifesto di libertà stilistica dove si passa tranquillamente da atmosfere beatlesiane alle vocalità di una band mariachi tutta femminile. Un lavoro che si potrebbe definire realizzato tra amici, non fosse che tutti i componenti della band, da Leon Michels a Richard Swift, passando per Homer Steinweiss e Nick Movshon (senza contare Tchad Blake che ha curato il mixaggio), sono anche fior di musicisti.

cose alla gente lì fuori. Ci manca soltanto un nome!”. E così sono nati gli Arcs. POSSIAMO DIRE CHE YOURS, DREAMILY È IL FRUTTO DI UN PASSATEMPO TRA AMICI PARTICOLARMENTE ISPIRATO? Sì, senza dimenticare però che quelli che hanno lavorato con me in questo disco non sono semplicemente dei miei “amici”. Sono alcuni tra i musicisti che stimo e apprezzo di più. Questo è un progetto che va oltre una condivisione musicale in amicizia, è stata una vera e propria sfida che ha coinvolto ognuno di noi. Tutti noi facciamo dischi abitualmente, ognuno con il proprio gusto e stile, ma quando ci siamo trovati in studio ci siamo focalizzati su qualcosa che potesse piacere a tutti.

«Il mio obiettivo non era certo quello di fare elettronica o di suonare “diverso” a tutti i costi. Ho semplicemente cercato di esplorare più a fondo il sound che amo, e l’ho fatto con musicisti diversi» COSA È CAMBIATO DA QUANDO SIETE PASSATI DAL SUONARE INSIEME PER DIVERTIRVI AL VO-

Esserci posti un obiettivo ci ha dato un orizzonte di riferimento. Dal momento nel quale abbiamo deciso che si poteva fare sul serio e ci siamo quindi dati un’identità, ognuno di noi è sembrato essere più concentrato su ciò che stava facendo, e allo stesso tempo la coesione del gruppo è aumentata in maniera esponenziale. È come se tutte le idee che prima andavano in direzioni sparse, avessero trovato modo di concentrarsi in un punto preciso. LER FARE SUL SERIO?

PER QUANTO GLI ARCS SIANO UN GRUPPO,

Di fatto questo è un disco che è germogliato all’interno di un gruppo di persone con le quali faccio musica da anni, prima ancora che per me diventasse un lavoro. Negli ultimi 6 o 7 anni abbiamo registrato una quantità enorme di canzoni, che semplicemente non avevamo mai pubblicato. Quando ci siamo accorti che avevamo il computer zeppo di materiale, e parlo di quasi 80 brani, ci siamo detti: “Ehi, forse è il caso di far sentire queste COME È NATO IL PROGETTO THE ARCS?

NON C’È DUBBIO CHE LEON MICHELS ABBIA AVUTO UN RUOLO DECISIVO, VISTO CHE OLTRE A SCRIVERE I BRANI HA ANCHE CO-PRODOTTO

Leon è un talento straordinario. Definirlo semplicemente un sassofonista, come ho visto fare a volte, è fargli un torto. Lui è più che altro un produttore e un multistrumentista capace di fornire il suo apporto in molti modi: è un grandissimo chitarrista, suona benissimo il basso ed è un batterista davvero interessante. Ma l’eclettismo è L’ALBUM CON TE.

onstage novembre - dicembre 39


un aspetto fondamentale di questa band nel suo insieme. GUARDANDO I CREDITI DEL DISCO SI PUÒ DIRE CHE TU, MICHELS E RICHARD SWIFT ABBIATE

Tutti quelli coinvolti nel progetto The Arcs sono multistrumentisti. Questo ci ha aperto molte più soluzioni, in ogni momento era possibile scambiarci i ruoli, trovando vie alternative a quella che per ognuno di noi sarebbe stata la più naturale.

SUONATO DAVVERO UN PO’ DI TUTTO…

«Credo che questo album rappresenti un po’ tutti i posti nei quali è stato registrato. Quando lo ascolti, è come se magicamente ti trovassi di fronte a una collezione di dischi» COS’HA QUESTO DISCO DI UNICO E PERCHÉ NON SAREBBE STATO POSSIBILE REALIZZARLO ALL’INTERNO DELL’UNIVERSO BLACK KEYS?

Sono le persone che lo hanno realizzato che lo rendono unico! Il mio obiettivo non era certo quello di fare elettronica o di suonare “diverso” a tutti i costi. Ho semplicemente cercato di esplorare più a fondo il sound che amo, e l’ho fatto con musicisti diversi. Questo rende per forza di cose unico questo progetto. È l’interazione tra le persone che determina un sound. QUESTO DISCO DOVEVA INIZIALMENTE ESSERE UN TUO LAVORO SOLISTA, POI IN CORSO D’OPERA TUTTI I MUSICISTI SONO STATI COINVOLTI A PIENO TITOLO SINO A DIVENTARE UN GRUPPO VERO E PROPRIO. COLLABORARE CON ALTRI È UNA COMPONENTE IMPRESCINDIBILE DEL TUO ESSERE ARTISTA? La collaborazione con un altro musicista per me è il senso della musica. La cosa stupefacente del trovarsi con altre persone a creare nella stessa stanza, è il modo in cui queste riescano a tirare fuori da te idee e proposte che non avresti mai immaginato da solo. Questa è la cosa speciale: non puoi sapere cosa accadrà quando entri in uno studio. PIÙ VOLTE HAI DICHIARATO CHE I TUOI PUNTI DI RIFERIMENTO SONO I MAESTRI DEL BLUES COME ROBERT JOHNSON E SON HOUSE. UN ALBUM COME QUESTO COSA DEVE A QUEGLI ESEMPI?

Forse solo il gusto di costruire le

40 onstage novembre - dicembre

canzoni come una sovrapposizione di strati, in una crescita progressiva nel corso del tempo. Detto questo quando ho realizzato questo disco tutto avevo in testa tranne il blues. Amo il blues ma non ce l’ho necessariamente come riferimento quando scrivo della nuova musica. E in questo caso ognuno di noi ha provato a sperimentare in varie direzioni, tanto che ascoltando l’album ci troverai tanti stili diversi. Al punto che sarà difficile trovarne uno che li possa riassumere. LE REGISTRAZIONI DI YOURS, DREAMILY SONO DURATE SOLO DUE SETTIMANE. AVETE REGISTRATO TUTTO IN PRESA DIRETTA? Non c’è stata una regola. Alcune canzoni sono state registrate come se fossero in un concerto dal vivo, con tutti noi in una stanza, altre hanno la batteria registrata a New York, le chitarre in California e le voci a Nashville. Ci sono stati momenti nei quali abbiamo trovato grossi stimoli nello smanettare con i computer. Anche questo faceva parte della sperimentazione che pervade tutto il lavoro.

COME HAI DETTO L’ALBUM È STATO REGISTRATO IN VARIE LOCATION TRA NEW YORK, LOS ANGELES E NASHVILLE. QUESTO HA INFLUI-

Credo che questo album rappresenti un po’ tutti i posti nei quali è stato registrato. Quando lo ascolti, è come se magicamente ti trovassi di fronte a una collezione di dischi. Ci sono molti strati nelle pieghe dei quali puoi cogliere tanto i posti in cui questo album è stato confezionato quanto le nostre influenze musicali che, a loro volta, arrivano dai posti più disparati. Per una sorta di proprietà transitiva è come se avessimo registrato queste canzoni in giro per il mondo. TO SULLE SUE SONORITÀ?

TU HAI UN TUO STUDIO A NASHVILLE. QUELLA CITTÀ TRASMETTE DI SÉ L’IDEA DI UN POSTO MAGICO DOVE SI VIVE LA MUSICA COME IN NESSUN ALTRO LUOGO AL MONDO. È COSI?

Nashville è un posto incredibile, dove si respira musica ad ogni angolo. Allo stesso tempo però non senti pressioni, vivi la tua vita e nessuno viene a chiederti nulla. Non sarebbe


© Richard Swift

stato possibile per me vivere serenamente il mio ruolo di musicista se non mi fossi rifugiato lì e fossi stato in un centro come Los Angeles o New York. MA UN POSTO COSÌ È RIUSCITO ANCHE A RIMANERE AL RIPARO DALLA CRISI DEL MONDO DISCOGRAFICO? Considera

che con ogni probabilità quella della musica country americana è l’industria musicale che più vende al mondo. Non c’è nessuno che possa essere paragonato in termini di vendite ai 20 artisti country di maggior successo. Beh, Nashville è il cuore di tutto questo! E l’industria musicale lì, ancora oggi, è qualcosa di enorme.

che vedo da lontano e i miei punti di contatto con quella gente sono davvero minimi.

«Non ci sono dubbi che sia comodissimo avere la propria musica ovunque con sé, nel proprio smartphone o tablet. Ma sono convinto che la gente dovrebbe investire in veri album. Un po’ come per i libri»

COME VIVI IL MOMENTO DI CRISI PROFONDA

IN PASSATO CON I BLACK KEYS MA ANCHE DI

Faccio di tutto per non pensarci. Anche perché, per quanto io faccia parte dell’industria musicale, mi sono sempre sentito un estraneo al suo interno. Per me la musica è un’eredità di famiglia, una questione di sangue. Farei il musicista anche se non venissi pagato. L’industria è qualcosa

RECENTE CON GLI ARCS AVETE REALIZZATO

DELLA DISCOGRAFIA?

STAMPE SPECIALI IN VINILE. QUAL È IL SENSO IN UN’EPOCA DOMINATA DA STREAMING E DOWNLOAD? Non ci sono dubbi che sia comodissimo avere la propria musica ovunque con sé, nel proprio smartphone o tablet. Ma sono convinto che la gente dovrebbe inve-

stire in veri album. Un po’ come per i libri: è vero che ci sono gli ebook, ma non sostituiranno mai la carta, restano una piccola percentuale. È necessario avere un’esperienza concreta, con un oggetto da conservare e del quale avere cura. E il vinile ancora oggi è l’oggetto più bello e con la miglior qualità sonora. TU SEI CRESCIUTO LAVORANDO IN UN NEGOZIO DI DISCHI. ORA STANNO SCOMPARENDO. COME TI SENTI QUANDO TI CAPITA DI EN-

Io passo la vita nei negozi di dischi, sono tutt’ora il mio posto preferito dove andare. Saranno anche posti in via di estinzione, ma sarebbe nostro dovere fare qualcosa per preservarli. Sono consapevole che il concetto di “disco” sia ormai una cosa antiquata. I ragazzi oggi comprano una o due canzoni, non comprano più album. Ogni tanto mi sento come un dinosauro, persino a pensare di registrare un album. Ma amo ancora farlo e quindi vado avanti. l TRARE IN UNO DEI POCHI RIMASTI?

onstage novembre - dicembre 41


LA VOGLIA DI ESISTERE Testo di ALVISE LOSI - Foto di STEFANO GUINDANI e DANIELE CORICCIATI


Un album di inediti dopo quattro anni, un successo sperato ma non aspettato, un lunghissimo tour nei palazzetti di tutta l’Italia. La band salentina è tornata con una sola certezza: se si ha qualcosa da dire, allora si troveranno orecchie pronte ad ascoltare. Abbiamo chiaccherato con Giuliano Sangiorgi del nuovo album e dei live di novembre e dicembre, ma abbiamo finito per parlare dei grandi temi della vita, e anche di quelli piccoli. E di quale sia il segreto dei Negramaro.


C

he bella questa cosa che tu ci abbia riflettuto». Giuliano Sangiorgi è una persona raggiante. Il sole del Sud si unisce al successo riscontrato da La rivoluzione sta arrivando, l’ultimo album dei Negramaro. Non sembra che siano passati cinque anni da Casa 69, perché nel frattempo loro non si sono mai fermati, ma questo nuovo disco è il risultato di un lungo percorso e come tale ha comportato certamente una tensione, in parte anche positiva, che si è accumulata per mesi fino al momento della pubblicazione. Solo che invece di crollare, come quando si supera un esame, continua ad accumularsi, perché il nuovo debutto, con il tour nei palazzetti, è dietro l’angolo. Ecco allora che quella frase che mi dice mentre gli spiego che ho pensato molto al titolo dell’album è anche il sintomo che quello stato di tensione emotiva sia ancora tutto lì. I Negramaro sono artisti e immagino che per un artista riuscire a stimolare alla riflessione sia la cosa più bella. E tra riflessione e rivoluzione evidentemente non c’è solo un richiamo dovuto alla rima.

«

LA PAROLA “RIVOLUZIONE” HA DUE SIGNIFICATI: RIVOLUZIONE COME GIRO E RITOR-

promuovere oggi una rivoluzione culturale. Ed è fondamentale riuscire a dare un estremo e assoluto valore alla vita al centro di ogni discorso, dal politico al sociale, dal culturale al civile. La salvaguardia della vita umana è più importante di tutto, a prescindere dal colore, dalle bandiere, dalle istituzioni, dai confini, dalle città, da tutti i preconcetti che esistono e che fanno parlare e pensare a minacce. Le rivoluzioni partono dalle piccole cose, dal respirare l’aria tutti i giorni. Quindi le due rivoluzioni alle quali ti riferisci sono complementari. Per fare un cambiamento vero e profondo bisogna muoversi dalla sostanza e la sostanza siamo noi nel quotidiano: è soprattutto nel desiderio di collaborare che potremo tutti insieme mettere in atto una rivoluzione, un movimento, un moto vero e proprio che parta dall’anima e coinvolga tutto il resto.

«La salvaguardia della vita umana è più importante di tutto, a prescindere dal colore, dalle bandiere, dalle istituzioni, dai confini, dalle città, da tutti i preconcetti che esistono»

NO AL PUNTO DI PARTENZA (IL MOTO DI RIVOLUZIONE TERRESTRE), MA ANCHE COME CAMBIAMENTO E QUASI RIBALTAMENTO DI

LA SCELTA DI ESSERE ANCHE PRODUTTORI

UNA CONDIZIONE PRE-ESISTENTE. MEN-

DELL’ALBUM È FIGLIA DI QUEL MOTO DI RI-

TRE LA PRIMA È INEVITABILE, LA SECONDA

VOLUZIONE? DI UN’ESIGENZA DI INTIMITÀ,

VA COSTRUITA. QUALE DELLE DUE È PIÙ

DI TORNARE A VOI E TRA DI VOI? È FIGLIA

Quello in cui crediamo in questo disco, quello in cui crediamo in questa vita, è che la rivoluzione sia qualcosa di legato a quello che abbiamo perso e che va recuperato e messo al centro di tutto. Questo automaticamente può creare una rivoluzione che sia anche un cambiamento radicale. Quindi in un certo senso questa rivoluzione è un ritorno al passato, ma è anche un qualcosa che viviamo nel presente. C’è una ciclicità nel tutto e questa ciclicità ci aiuta a imparare, che è un aspetto fondamentale per

APPUNTO DI QUELL’ESIGENZA DI CAMBIA-

NECESSARIA?

44 onstage novembre

- dicembre

MENTO MA ANCHE DI RITORNO? Mi piace davvero molto questo punto di vista. Perché fa coincidere qualsiasi tipo di movimento naturale a un movimento invece più desiderato e cercato. Sono due moti: un giro su se stessi e una rivoluzione ed evoluzione. Quindi da una parte una ciclicità, ed è stato vero nel tornare produttori di noi stessi, ma dall’altra l’avere nuovi punti da raggiungere, per esempio registrare a Nashville. Sono proiezioni in avanti di quella rivoluzione. Cerchiamo


onstage novembre

- dicembre 45


con tutte le nostre forze di crescere senza dimenticarci di chi siamo.

eclatanti in una storia più grande. Oppure per me è inevitabile pensare ai noir di Paolo

PARLANDO DI MUSICA E NASHVILLE, MI VENGONO IN MENTE NOMI DI GIGANTI COME BOB DYLAN E JOHNNY CASH, E CE NE SONO MOLTI ALTRI, CHE SICURAMENTE SONO MUSICISTI CHE, IN QUALCHE MODO, VI AVRANNO INFLUENZATO. MA L’ISPIRAZIONE È FATTA DI TANTE COSE: DA UNA PASSEGGIATA A UN LIBRO A UN FILM. DA DOVE ARRIVA LA VO-

Naturalmente è fatta di tante cose: L’amore qui non passa per esempio ha un non so che di quella letteratura americana che si fonda sulla descrizione di alcuni stati d’animo precisi o di alcune macroscopie di piccoli avvenimenti, descrizioni di piccole cronache, piccole sensazioni, piccoli avvenimenti, cercando però di renderli quasi STRA?

46 onstage novembre

- dicembre

«Il successo per noi non è tanto una questione di numeri, ma capire che ci avevamo visto bene, che siamo riusciti a scrivere cose molto più profonde di quanto speravamo»

Sorrentino, del quale sono molto amico e con il quale abbiamo anche condiviso molto perché si è innamorato di questo brano mentre lo scrivevo. C’è sempre qualcosa che

influisce: un libro, un film. Tutto forma un bagaglio culturale che rientra in quello che fai e che però magari non riesci a distinguere perché gli dai una nuova forma, dove un singolo elemento è confuso insieme a molti altri. CI SONO TANTI “QUI” IN QUESTO ALBUM, A PARTIRE DAI TITOLI DI ALCUNI PEZZI. NON CREDO, PARLANDO DI INTIMITÀ, POSSA ESSERE SOLO UN CASO… HA A CHE FARE CON L’ESIGENZA DI PORTARE CHI VI ASCOLTA VICINO A VOI? C’è sicuramente questo bisogno, ma ogni “qui” è diverso. Ne Il posto dei santi c’è un “qui” che è legato al desiderio di conquista di felicità. In Se io ti tengo qui, quel “qui” è il posto dell’anima ed è un po’ registico perché c’è questo aspetto del salire e guardare dall’alto il “qui” terreno, che è invece


quello di Tutto qui accade, dove è appunto più legato alle cose di ogni giorno, ma che aspira al perfettibile. La conclusione non a caso è L’amore qui non passa, dove c’è la sintesi perfetta di tutto questo. Il passato, da una parte, ma anche la certezza che un amore così non passerà mai. NON VI SIETE FERMATI PER QUATTRO ANNI DOPO CASA 69, UNA SCELTA LEGATA ALLA

bilità di guardarsi intorno. Allora un po’ c’è stata questa scusa di girare. Anche se una delle cose più belle è stata lavorare in questa masseria in Puglia, nella nostra terra, che abbiamo riadattato a studio di registrazione. Era anche un modo per non chiudersi in un posto e così evitare l’isolamento e la solitudine. Montare uno studio in un luogo al quale siamo affezionati è un modo per tenere vivo il piacere di stare insieme.

VOSTRA NECESSITÀ DI STARE SUL PALCO E

queste sei persone poi decidono se abbia senso condividere e pubblicare quello che è stato scritto. Questo significa che poi si va a condividere con tutti coloro che ci ascoltano non solo la parte personale, ma quella parte personale che viene traslata in senso pubblico, cioè che diventerà pubblica automaticamente per l’argomento che tratta. Non c’è la necessità che io spieghi una canzone relativamente a un contesto. E anche se certamente una canzone come Il posto dei santi è riferita alla scomparsa di mio padre, sono tematiche che in realtà riguardano l’umanità in senso lato.

VIVERLO. COSA SI PROVA DOPO COSÌ TANTO

NELL’ALBUM

TEMPO SEMPRE IN VIAGGIO A TROVARSI DI

DALL’AMORE ALLA MORTE, ENTRAMBI SIMBO-

NUOVO SOLI (NONOSTANTE VOI SIATE BEN

LEGGIATI DAL LOGO IN COPERTINA. SPESSO SI

IN SEI) NEL CHIUSO DI UNO STUDIO? È PER

DÀ PER SCONTATO CHE UN ARTISTA METTA SE

QUESTO CHE AVETE SENTITO L’ESIGENZA DI

STESSO IN QUELLO CHE SCRIVE, MA QUAN-

GLI ALBUM SONO IL FRUTTO DI ANNI DI VITA,

REGISTRARE UN PO’ IN TUTTO IL MONDO? Sì,

TO È INEVITABILE SCRIVERE DELLA PROPRIA

MA IN QUALCHE MODO CHI LI ASCOLTA LI

in parte c’è questo. Ma in parte c’era anche l’idea di viaggiare davvero, perché quando siamo in giro per concerti non c’è la possi-

VITA NELLE CANZONI?

Noi siamo sei persone, quindi anche quando in un brano c’è qualcosa di riferito a un aspetto personale,

VEDE COME UN’ISTANTANEA, IL RISULTATO

AFFRONTATE

TANTI

TEMI:

DI ETERNO PRESENTE. ALLO STESSO TEMPO QUANDO CANTI UNA CANZONE PUÒ CAPITA-

onstage novembre

- dicembre 47


RE CHE TU STIA PARLANDO DI QUALCOSA CHE HAI VISSUTO O PENSATO MAGARI ANNI PRIMA.

Questo disco abbiamo iniziato a mixarlo nel settembre del 2014. E una delle domande che ci siamo fatti è stata proprio se quello che avevamo scritto e registrato fino a quel momento sarebbe stato in grado di reggere e mantenere il significato a un anno, un anno e mezzo di distanza, quando cioè lo avremmo pubblicato. E oggi i grandi risultati che ha avuto ci commuovono perché ci fa un immenso piacere che tutte le cose che abbiamo provato a tradurre in musica, pensieri e parole, magari molti mesi fa, abbiano attecchito su una realtà odierna. E questo significa che siamo riusciti da una parte a toccare corde profonde e in un certo senso immutabili nell’arco del tempo, dall’altra che siamo stati in grado di compiere una sorta di flash forward artistico e siamo riusciti a guardare in avanti nel tempo. Questo successo quindi per noi non è tanto una questione di numeri, ma di piacere nel capire che ci avevamo visto bene, che siamo riusciti a scrivere cose molto più profonde di quanto speravamo. Dai grandi produttori abbiamo imparato che più vuoi trasmettere meno devi mettere. Bisogna spogliare le cose, creare suoni non etichettabili alla moda del tempo, e per fare questo bisogna provare a scrivere belle canzoni. E fa piacere che ancora oggi dopo più di dieci anni brani come Estate o Nuvole e lenzuola suonino in radio. NON È STRANIANTE?

«La domanda che mi faccio sempre, quando penso ai social, è se ci consentano ancora di sognare a occhi aperti come si faceva un tempo. Ecco, mi sembra si stia un po’ perdendo l’elemento del sogno» PARECCHIO IL MONDO DELLA MUSICA, PENSO PERCHÉ NEGLI ANNI DELLO STREAMING E DEL

ANCHE AL RAPPORTO DEGLI ARTISTI CON IL

DIGITALE, QUANDO LE PERSONE ASCOLTANO

PUBBLICO, CHE GRAZIE AI SOCIAL NETWORK

SEMPRE MENO GLI ALBUM INTERI, AVETE PEN-

PUÒ ESSERE PIÙ DIRETTO. NON PENSI SIANO

SATO DI INSERIRE UNA GHOST TRACK IN LA RI-

UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO? DA UNA PARTE

È una cosa che abbiamo fatto sempre e che continuiamo a portarci dietro. Le nostre ghost track non sono mai brani minori. È il nostro modo per lasciare un seme per il futuro. Un po’ come dire “finisce qui, ma non finisce qui: per ora passo e chiudo ma la porta è ancora aperta”.

CREI UN CANALE DIRETTO, DALL’ALTRA SEI PIÙ

VOLUZIONE STA ARRIVANDO?

IL PROGRESSO TECNOLOGICO STA CAMBIANDO

48 onstage novembre

- dicembre

FACILMENTE SOGGETTO A CRITICHE, O PEGGIO OFFESE, GRATUITE… I

social sono un’arma formidabile per creare un contatto, ma è vero che questo contatto diretto è un po’ strano. Se penso a me stesso dalla parte del fan, credo che l’aura di rispetto e leggenda che avevo, ho sempre avuto e continuo ad avere nei confronti dei miei idoli fosse parte del loro

fascino e mistero. Si tratta di una distanza non dico necessaria, ma utile ad alimentare il sogno. E i social network è come se avessero abbattuto questo muro. Può darsi che sia un fatto generazionale, e che quindi io preferisca quella distanza per i miei miti con un pizzico di nostalgia. La domanda che mi faccio sempre, quando penso a queste nuove modalità di fruizione della musica, ma in generale al rapporto con i propri miti, a prescindere dal fatto che siano musicali, è se questa cosa, queste tecnologie, ci consentano ancora di sognare, di sognare a occhi aperti come si faceva un tempo. Ecco, mi sembra si stia un po’


VENTIDUE CONCERTI PER IL TOUR DELLA BAND SALENTINA. DOPO LA DATA ZERO DI MANTOVA (4 NOVEMBRE), I NEGRAMARO GIRANO TUTTA L’ITALIA A NOVEMBRE E DICEMBRE, CON TAPPE A BOLOGNA, PADOVA, ANCONA, PERUGIA, EBOLI, CASERTA, TORINO E BRESCIA. DUE I CONCERTI A FIRENZE (6 E 7 NOVEMBRE) E ACIREALE (2 E 3 DICEMBRE), MENTRE SONO BEN TRE GLI SHOW A BARI (21, 22 E 24 NOVEMBRE), ROMA (26, 27 E 29 NOVEMBRE) E MILANO (14, 15 E 16 DICEMBRE).

perdendo l’elemento del sogno. Sono un po’ combattuto: da un lato sono il primo a voler distruggere la distanza, ma allo stesso tempo, come utente, sono dispiaciuto del fatto che scompaia questo mistero. DAL VIVO INVECE LE BARRIERE SI ABBATTONO PER FORZA. COSA POSSIAMO ASPETTARCI DAI CONCERTI? IL CONCEPT GRAFICO DELL’ALBUM

Sicuramente. Tutte le grafiche di Ermanno sulle quali è basato anche l’album le abbiamo mantenute nel live. Abbiamo lavorato su questi grandi concetti di vita e morte e di iroLO PORTERETE ANCHE SUL PALCO?

nia ed Ermanno è riuscito a rendere leggero quello che poteva essere pesante e a rendere profondo quello che rischiava di sembrare troppo leggero. Le grafiche del disco diventeranno in alcuni casi delle vere e proprie animazioni. Ma senza esagerare perché deve essere una commistione con quello che poi è lo show di una band rock. I nostri concerti non devono né potranno mai essere qualcosa di televisivo. Il live sarà un mix di animazione e di libertà musicale. Abbiamo ricercato il giusto equilibrio. Mentre per quanto riguarda l’aspetto più puramente musicale, non voglio togliere la sorpresa e ti posso solo dare la

parola d’ordine che ci siamo dati: “mash-up”. E naturalmente suoneremo parecchie cose dal nuovo album. TORNANDO AL CONCETTO DI RIVOLUZIONE COME RITORNO AL PUNTO DI PARTENZA, SONO 12 ANNI CHE LA STORIA DEI NEGRAMARO PROSEGUE: STARE IN UNA BAND È UNA GRANDE STORIA DI AMORE E DI AMICIZIA E IN OGNI STORIA CI SI VUOLE BENE MA SI LITIGA ANCHE. QUAL È IL VOSTRO SEGRETO PER RESTARE INSIEME? Il

segreto sta nella differenza tra resistere ed esistere. Questa storia tra di noi esiste e non resiste. Ecco perché esiste l onstage novembre

- dicembre 49



LA DIVA Testo di ALVISE LOSI - Foto di TOM BEARD

C

ome fai a capire di trovarti di fronte a una Diva, con la D maiuscola? Come la distingui rispetto a tante altre? Quali sono i tratti distintivi che fanno sì che sia lei ad attirare l’attenzione su di sé? Non la tua e basta, perché quella è un’altra cosa e si chiama amore, ma quella di tutti, uomini e donne? Perché è questo che è in grado di fare Florence Welch, la rossa frontwoman di Florence + The Machine. Possiede quella caratteristica unica che chiamiamo “carisma”, una parola che ci arriva dal greco antico e che, non a caso, significava “grazia” o “dono”. È quel tipo di superiorità

che però non si tramuta in superbia. Un po’ come la distinzione tra autorevolezza e autorità. Un leggero discrimine che segna però la differenza tra grandezza e miseria. Un insieme di terreno e umano. Né troppo distante da noi, perché ce la renderebbe troppo lontana e quindi del tutto irraggiungibile e, in estrema conseguenza, antipatica, come una Carla Bruni qualsiasi, né troppo vicina e “sporca”, così da essere una che potresti trovare alla fermata dell’autobus, come una Amy Winehouse ripulita dalla droga (o anche no). Forse il paragone più adatto è quello con un personaggio che appartiene a un altro mondo, la Terra di Mezzo.

Florence Welch è una Dama Galadriel dai capelli rossi. O semplicemente una Cate Blanchett che si muove in un altro campo dell’arte. Florence è così. Non suscita sentimenti contrastanti. Non è una da “o la ami o la odi”. Florence non puoi né amarla né odiarla, puoi limitarti ad ammirarla. Te ne rendi conto quando si presenta in una trasmissione televisiva americana per suonare il singolo Ship to Wreck. Lo fa cantando in una mini piscina allestita nello studio con una spanna di acqua ai piedi: non è arroganza, non è atteggiarsi, Florence diventa un tutt’uno con quell’acqua. E lo stesso vale con il palcoscenico, dove

onstage novembre - dicembre 51


corre scalza come una menade danzante priva della caratteristica mania dionisiaca e orientata invece a una solare perfezione apollinea. Senza però voler rinunciare del tutto a quei tratti di ombra e follia tipici di Dioniso: Florence corre senza freni e quel suo andare a piedi nudi è un modo per essere libera di comunicare. Ecco perché il concerto di Florence + The Machine a Milano il 21 dicembre è andato sold out da mesi, il giorno stesso nel quale i biglietti sono stati messi in vendita. E con un successo del genere quasi ogni altro artista, anche tra i più grandi, avrebbe annunciato una seconda data. È accaduto anche con la Regina Madonna a

52 onstage novembre

- dicembre

Torino, dove i concerti sono diventati addirittura tre. Ma Florence no. Si concede il giusto. Anche se concedersi è un termine sbagliato, perché già presuppone un distacco che qui non è presente. Anzi il fulcro di tutto è proprio quel verbo che applichiamo al mutamento: diventare. Florence non diventa, Florence è. Prendere o lasciare. E noi non possiamo che prendere quell’essere etereo ma anche terreno che canta, danza, corre sul palco. Chiedendo in prestito un verso a Elio e le Storie Tese, Florence si muove «leggera come un gavettone di idrogeno». E un discorso analogo vale per i videoclip dei suoi singoli, nei


quali non si limita a cantare guardando in camera mentre si muove all’interno di situazioni più o meno realistiche. Anzi, non lo fa quasi mai. Florence diventa un’attrice in un vero e proprio minifilm. E non è un caso che ognuno di questi video accosti al titolo della canzone anche la dicitura The Odissey – Part… È un viaggio che la protagonista sta compiendo alla scoperta di se stessa non in quanto Florence, ma come essere umano. Come Odisseo appunto, che vive la grandezza degli uomini e degli dei, ma anche le loro meschinità. Lo fa per se stesso, ma in definitiva anche per noi, perché anche noi possiamo approdare alla cono-

scenza di qualcosa che altrimenti ci sarebbe precluso. Florence, novella Odisseo, persegue un’altra via, quella dell’arte. Che è quanto di meno tangibile esista. Uno stato dell’anima. E grazie a lei, che ci indica la strada, anche noi possiamo seguirla e arrivare a godere della bellezza. Così lei riesce a essere noi, mentre noi non potremo mai essere lei. Ed è proprio questo a rendere impossibile l’identificazione e obbligatoria l’ammirazione. Florence non è mai banale, mai scontata, ma anche mai atteggiata. Tornando a una distinzione linguistica, è la differenza tra divismo e Diva, tra fare la diva e essere diva. Florence è una Diva. l

onstage novembre

- dicembre 53


Tiziano Ferro

LA FESTA DI LAUREA Non è detto che sia l’anno più felice della sua carriera, ma certo il 2015 è l’anno nel quale Tiziano Ferro ha raggiunto i traguardi più importanti. Non tanto e non solo in termini numerici: il tour negli stadi ha dimostrato che dal vivo Tiziano ha il carisma dei più grandi. Così i diciassette concerti del tour nei Palasport hanno il sapore elettrizzante di un grande party, di quelli organizzati per festeggiare il conseguimento di un grande traguardo. Testo di LUCA GARRÒ - Foto di F. PRANDONI - R. PANUCCI



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N

onostante la classica invasione di concerti che caratterizza i mesi più caldi dell'anno, la scorsa estate verrà ricordata dagli appassionati di musica italiana come quella di Tiziano Ferro alla conquista degli stadi. Solo quindici anni fa, quando un giovanissimo Tiziano si presentava timidamente al pubblico con quelle sonorità così poco familiari alle orecchie della Penisola, in pochissimi avrebbero scommesso di ritrovarlo su quei palchi. E non perché non mostrasse già quel talento cristallino che l'avrebbe poi fatto diventare un punto di riferimento assoluto della nostra musica, ma perché quel suo non essere mai sopra le righe, il non voler apparire a ogni costo e in ogni dove facevano pensare ad un animo crepuscolare più adatto forse a scrivere e incidere canzoni piuttosto che a intrattenere arene stracolme di fan in delirio. Il tour indoor di novembre e dicembre, praticamente sold out in prevendita, ce lo confermerà, ma la sensazione è che l'esperienza negli stadi abbia dimostrato a tutti (e a lui in primis) che si possono intrattenere settantamila persone senza per forza possedere uno spirito animalesco. E che abbia anche dato a Tiziano quella consapevolezza di sé sul palco che forse ancora non aveva raggiunto. Come ci ha lui stesso confermato, oggi è un artista che ha imparato a gestire le proprie emozioni nel migliore dei modi anche in contesti diversi da quelli cui era abituato. E anche per questo motivo, i concerti indoor assomigliano alla festa di laurea di un artista che, dopo anni di esami superati con ottimi voti grazie a dedizione, umiltà e doti vocali fuori dal comune, è riuscito a raggiungere il gradino più importante. Con tanto di bacio accademico. Che fosse probabilmente il più grande autore della propria generazione l'avevamo capito. Che fosse anche uno dei migliori performer abbiamo imparato a riconoscerlo. 110 e lode. IL TOUR NEGLI STADI È STATO TRIONFALE. HAI ELABORATO LE EMOZIONI ESTIVE? CHE SEGNO HA LASCIATO QUELL’ESPERIENZA SULLA

La cosa che più mi ha sorpreso è stata la pace che avvertivo sul palco dello stadio. È stata un’esperienza che non riesco a spiegare e che non ho voluto assolutamente razionalizzare. Ciò che più mi spaventava inizialmente è diventato poi un viaggio bellissimo. Onestamente, non vedo l’ora di ripetere l’esperienza. Ho sentito TUA PELLE E NELLA TUA ANIMA?

le persone fortemente vicine a me, ho captato energie che non avevo mai sentito addosso prima, mi sono divertito e sinceramente commosso. Semplicemente bellissimo. HAI DETTO DI TEMERE CHE UNA COSA SIMILE POSSA NON RIPETERSI. SCARAMANZIA O COS’ALTRO? Non do nulla per scontato nella vita, tanto meno l’andamento della carriera di un artista. Mi godo semplicemente quello che ho oggi tra le mani. Mi dispiacerebbe non avere di nuovo la possibilità di cantare negli stadi, ma se non dovesse accadere più andrebbe comunque bene: mi godrei al massimo le esperienze del caso così come si presentano.

«La cosa che più mi ha sorpreso durante il tour negli stadi è stata la pace che avvertivo sul palco. È stata un’esperienza che non so spiegare e che non voglio razionalizzare»

TUTTA QUELLA GENTE NEGLI STADI E UN TOUR SOLD OUT IN PREVENDITA: CI SI ABITUA ALL’AFFETTO DELLA GENTE OPPURE RIESCI ANCORA A SORPRENDERTI? Io penso che non sia una questione di “essere sorpresi”, quanto di “connessione” con le persone. Tutta quella vicinanza e quel supporto sono gesti d’amore tutt’altro che scontati, e per questo sorprendenti di per sé. Mi sono goduto ogni giornata trascorsa tra uno stadio e l’altro, come fosse stato il mio primo tour. Anzi, di più che al mio primo tour! IMMAGINO CHE IL NUOVO TOUR PROPONGA UN CONCERTO IN QUALCHE MODO DIVERSO DA QUELLO NEGLI STADI, CONSIDERATE LE LOCATION INDOOR. CHE COSA VEDREMO DI DIFFERENTE E PERCHÉ? Non ci saranno differenze sostanziali. Abbiamo proposto lo spettacolo estivo solo in sei città e mi sembrava giusto portarlo in giro ed esibirlo per ciò che era, in modo che altri potessero assistervi. Non è tempo di cambiare idea, insomma. Questo è il tour della raccolta: tutti i singoli che ho pubblicato senza divagazioni sul tema. Ovviamente, ci saranno dei limiti scenografici dovuti agli spazi ridotti, quindi alcuni numeri saranno adattati o modificati. Insomma, qualche piccola sorpresina c’è rionstage novembre - dicembre 57


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spetto alla versione estiva. Ma in quanto sorpresa…

Non nascondo che, per qualche motivo a me ignoto, nel caso di un tour negli stadi questa realtà è ancora più evidente.

NONOSTANTE SCENOGRAFIE IMPONENTI, L'ULTIMO TOUR HA CONFERMATO NUOVAMENTE CHE IN UN CLUB COSÌ COME ALLO STADIO OLIMPICO, L'UNICA PROTAGONISTA RESTA LA TUA VOCE. QUANTO CAMBIA IL LAVORO VOCA-

C’è qualcosa del concerto in uno stadio che sfinisce la voce in maniera superiore rispetto al normale. Non saprei cosa. Forse il bisogno di raggiungere anche l’ultimo sedile della tribuna più lontana. È una condizione mentale. Fatto sta che durante il tour avevo bisogno di molto tempo per recuperare energie tra un concerto e l’altro. La voce è come un muscolo, segue l’andamento del corpo e ne asseconda le esigenze. Spesso si stanca, si affatica, risente delle esagerazioni, ha bisogno di cura e riposo. LE IN BASE ALLA LOCATION?

58 onstage novembre

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«Più che alla poesia, quello che faccio si avvicina alla psicanalisi, scritta e cantata. Mi interessa l’essere umano in ogni sua forma: è più forte di me, sono troppo curioso» ESISTE UN TIZIANO ARTISTA E UN TIZIANO UOMO E I CONCERTI COSTRINGONO A TROVARE UNA MEDIAZIONE TRA I DUE. COME CONVIVONO SUL PALCO LE TUE DIVERSE ANIME?

Diciamo che negli ultimi anni ho compreso che la separazione totale è quasi inutile. Dico quasi perché poi, quando si tratta di “vita

privata”, divento integerrimo e non consento nessun tipo di invasione. Ma quella è un’altra cosa. Ho messo a disposizione del pubblico troppi aspetti della mia vita intima per pensare di mantenere un “ruolo”. Il palco mi fa sentire a mio agio, spesso improvviso, mi butto, mi fido del pubblico. E quasi sempre questo modo di comportarmi si è rivelato la scelta migliore possibile. SI DICE CHE CERTA MUSICA, COMPRESA LA TUA, RICHIAMI LA POESIA. CHE NE PENSI?

Non saprei. Non sono mai stato affezionato alla poesia. È un tipo di espressione artistica che non ho mai compreso. Io ho bisogno di concretezza, di realtà, di quotidianità. Quello che faccio io si avvicina più alla psicanalisi direi, messa per iscritto e cantata. Mi interessa l’essere umano in ogni sua forma: è più forte di me, sono troppo curioso.


NESSUNA SCARAMANZIA per Tiziano Ferro, il cui tour italiano nei palazzetti conta 17 date e inizia venerdì 13 novembre da Torino. Tappa poi a Milano (16 e 11 novembre), Bologna (19), Roma (21 e 22), Eboli (24), Bari (26), Acireale (28 e 29), Brescia (2 e 3 dicembre), Treviso (11 e 12) e Firenze (19, 20 e 22).

IN ALCUNI CASI, CANTANTE E ARTISTA SEMBRANO AGGETTIVI ANTITETICI IN MUSICA. NEL TUO CASO, TUTTAVIA, ENTRAMBI DESCRIVONO ASPETTI COMPLEMENTARI DELLA TUA CARRIE-

A me piace cantare, ma un cantante non è necessariamente artista. Io rifuggo il ruolo di esecutore sopraffino. Non inseguo la tecnica e non mi accanisco a inseguirla all’esasperazione. Per me la cosa più importante è la comunicazione, la trasmissione delle informazioni. Mi metto al servizio di una canzone e parlo alle persone. Lo faccio col canto. Non so se questo vuol dire essere un’artista ma a me piace pensare di sì. RA. CHE NE PENSI?

sempre usato grande trasparenza nella scrittura, le canzoni sono un prodotto dell’esperienza personale ed emotiva di tutta la mia vita. È ovvio che un pezzo scritto a vent’anni non possa avere la stessa forza di rappresentazione del “me presente” rispetto a una scritta a trenta. Ma va bene così. Ogni percorso ha le sue tappe e mi piace ripercorrere le mie per ciò che sono state. Bisogna essere indulgenti con se stessi e capire che ogni pezzo di storia ha senso per ciò che è stato. Allora sì che diventa bello ricantare tutto, a volte è anche più emozionante.

la band. Adesso, onestamente, sono talmente sereno che lascio le cose vadano da sé. Dal pomeriggio inizio una sorta di routine molto semplice che è andata via via definendosi spontaneamente: faccio riscaldamento vocale, cena leggera, saluto qualche amico, un po’ di sonno o meditazione breve. Poi mi cambio e salgo sul palco. Non c’è stress in questo contingente, non più. FIN DAGLI ESORDI, SEI STATO UNO DEGLI ARTISTI MENO "ITALIANI" DEL NOSTRO PANORAMA MUSICALE, TANTO DA METTERE IN DIFFICOLTÀ CHI CERCAVA DI IMBRIGLIARTI IN UN GENERE

QUAL È LA COSA CUI PENSI PIÙ INTENSAMEN-

PRECISO. QUANTO TI SEI ITALIANIZZATO NEGLI

LE CANZONI TI HANNO SEMPRE RACCONTATO

TE PRIMA DI SALIRE SUL PALCOSCENICO?

ANNI E QUANTO HAI INFLUITO INVECE TU SUL

PIÙ DELLA BIOGRAFIA. SUL PALCO TI È MAI CA-

QUALCOSA CHE STEMPERI LA TENSIONE O TI

NOSTRO MODO DI CONCEPIRE LA MUSICA NO-

PITATO DI PENSARE CHE CERTE CANZONI NON

Qualche anno fa forse stemperavo la tensione tentando di distrarmi ridendo o scherzando con gli amici e

STRANA?

TI RAPPRESENTINO PIÙ COME QUANDO LE HAI SCRITTE?

Sarei ipocrita se ti dicessi di no. Ho

FOCALIZZI SUL QUI E ORA?

Ascolto da sempre tanta di quella musica che, onestamente, non me lo sono mai chiesto. Per me l’Italia, la Francia o l’A-

onstage novembre

- dicembre 59


merica non fanno differenza. Ascolto tutto e le cose più belle mi ispirano e mi motivano. Ho un approccio davvero poco razionale all’ascolto. Me ne frego delle etichette ed è sempre stato così. Quando voglio fare un disco o un brano in un certo modo o con una determinata influenza, lo faccio e basta. Senza pensare e senza chiedere permesso a nessuno. Mi diverte, mi libera, a volte funziona e a volte meno, ma questa deve necessariamente rimanere innanzitutto la mia più grande passione. E io la vivo così. SEI TRA I POCHISSIMI IN GRADO DI SCRIVERE BRANI PER ALTRI CHE SEMBRINO COMPOSTI DAGLI INTERPRETI STESSI. L'EMPATIA È IL SEGRETO? O SCRIVI SEMPRE E COMUNQUE PER TE? L’empatia e la consapevolezza sono i doni più belli che l’uomo possa ricevere in natura. Ma non sono del tutto miracoli: sono capacità sulle quali bisogna investire. A me piace ascoltare, ascoltare tanto e ascoltare tutti. Poi c’è qualcosa di particolarmente bello nello scrivere per altri artisti, qualcosa di oltremodo divertente. È come commettere un piccolo peccato con la mano di un altro. Anche se

60 onstage novembre

- dicembre

ci metti la firma senti di avere meno responsabilità. E lo trovo molto stimolante. CHIUDIAMO IN LEGGEREZZA: COSA CANTI UL-

È un anno che canto le canzoni di Ed Sheeran, che ha fatto uno dei dischi più belli degli ultimi tempi. Le canterei anche al karaoke, se non fossero un po’ troppo alte!

TIMAMENTE SOTTO LA DOCCIA?

«L’empatia e la consapevolezza sono i doni più belli che l’uomo possa ricevere in natura. Ma non sono del tutto miracoli: sono capacità sulle quali bisogna investire» I successi e i riconoscimenti ottenuti nel corso di questi quindici anni hanno dato a Tiziano Ferro quei rinforzi positivi che gli hanno consentito di osare sempre di più e trovare, al contempo, l'energia necessaria per andare oltre quelli che (si) credeva fossero i suoi limiti.

Se in studio il processo è stato veloce, dal vivo è accaduto passo dopo passo, concerto dopo concerto. Fino all’esperienza negli stadi, che sembra aver dato vita a un vero e proprio secondo tempo, che è facile immaginare più esaltante del primo – per lo meno per Ferro e i suoi fan. Lontano da competizioni con i colleghi e spinto solo dalla voglia di arrivare al cuore delle persone senza troppi fronzoli, Tiziano ha confermato che sono le cose semplici quelle che arrivano dirette, senza bisogno di mediazioni. Che si tratti di una canzone o di un concerto dal vivo. La sicurezza che oggi mostrano le sue dichiarazioni è certamente il frutto di un lunghissimo percorso personale, ma la sensazione è che questo viaggio sarebbe stato molto più complicato senza il supporto del suo pubblico, ideale spalla cui l'artista si è sempre potuto appoggiare ogni qual volta ne sentisse il bisogno. A ben vedere, è proprio in quel rapporto strettissimo, davvero al limite della simbiosi, che va ricercato il motivo di un successo che ad oggi, in ogni caso, sembra ancora lontano dal proprio zenit. Che la festa abbia inizio. l



SIMPLE MINDS

QUALE NOSTALGIA? La band di Jim Kerr torna per un unico concerto a Milano. È stata l’occasione per ripercorrere un po’ di storia degli anni Ottanta, ma anche per parlare del presente e del futuro della musica, tra live e talent show. E qualche ricordo dell’Italia, come quella volta che a Torino i fan di un altro artista lanciarono loro di tutto sul palco… Testo di MASSIMO LONGONI

62 onstage maggio

- giugno

G

li anni Ottanta sono stati tante cose. Futilità e capelli laccati, ma anche pop realizzato con grande professionalità e idee. Mtv e i videoclip, ma anche i grandi eventi live per cause sociali e politiche. I Simple Minds hanno attraversato tutte queste fasi: circondati d’oro nel video di Glittering Prize, colonna sonora di un film simbolo di quegli anni (The Breakfast Club) con Don’t You, impegnati politicamente con Mandela Day. Poi, come moltissimi di quel periodo, ha seguito una lunga fase di crisi. Ma l’anno scorso Jim Kerr e soci hanno pubblicato Big Music, un album che potrebbe fare da sussidiario per molti gruppi pop di oggi. E a certificarne il successo arriva il 21 novembre il concerto al Forum di Assago, venue che non visitavano da tempo, ormai abituati a dimensioni più ridotte. «Big Music ci ha dato grandi soddisfazioni», ci spiega Jim Kerr, rubizzo e cordiale come sempre. «Sia per le reazioni della critica e dei fan sia per come le canzoni sono cresciute suonan-


dole dal vivo. Ci ha dato un grande entusiasmo che ha fatto da carburante, tanto che stiamo già pensando a un nuovo album». QUALE DIREZIONE SEGUIRETE NEL PROSSIMO LAVORO? Siamo stati tutti d’accordo nel considerare Big Music il punto di partenza e un riferimento importante, perché suona ancora fresco e valido. Ma non vogliamo fare un Big Music 2: ci muoveremo verso qualcosa che ha un carattere originale.

praticamente scomparsa. Sarebbe stato facile essere negativi, lasciarsi andare. E invece ci siamo guardati e ci siamo chiesti: perché siamo entrati in questo mondo? Per essere artisti, per fare musica. Non ci interessa fare un disco ogni quattro anni cercando di tirar fuori a ogni costo una hit. Se arriva bene, ma se non arriva non c’è problema. La nostra deve essere una sfida con noi stessi. Così ci siamo focalizzati sul nostro lavoro. COME TI SPIEGHI IL FATTO CHE OGGI MOLTI

SE GUARDI INDIETRO A QUALCHE ANNO FA,

GRUPPI DI QUELL’EPOCA STIANO VIVENDO

QUANDO LA BAND HA ATTRAVERSATO IL SUO

UNA SECONDA GIOVINEZZA? È strettamente connesso ai motivi della crisi che hanno attraversato molti, come noi. Se escludiamo una o due eccezioni, chi era stato grande negli anni Ottanta è stato poi rifiutato dalla generazione successiva. Ne avevano abbastanza, non volevano ascoltare la musica dei loro fratelli maggiori, volevano la loro musica. Così è stata dura a prescindere. Inoltre, senza voler sembrare patetici, dopo la sbornia degli Eighties eravamo come spremuti,

Alla fine degli anni 90 eravamo in grande difficoltà. Mancava l’ispirazione e senza quella tutto si sgonfia. Non siamo mai stati così vicini alla fine del gruppo. Poi all’inizio del 2002 le cose hanno iniziato a girare di nuovo e gli ultimi dieci anni sono stati positivi.

MOMENTO PIÙ BUIO, COSA PENSI?

Negli ultimi anni l’industria musicale nella quale siamo cresciuti è COS’È CAMBIATO?

esauriti. Avevamo dato le nostre migliori idee, avevamo figli ai quali badare, le vite erano cambiate. Non eravamo nelle condizioni migliori. MENTRE OGGI SIETE CAMBIATI VOI E IL PUBBLICO... Se sopravvivi alla generazione che ti ha rifiutato, poi la strada è in discesa. I ragazzi di oggi ti ascoltano senza pregiudizi, ti scoprono… «Ehi, questi mi piacciono, li ho sentiti in Breakfast Club!». Senza contare che molte nuove band oggi rispolverano i suoni di allora e così noi e altri siamo passati dal ruolo di sorpassati a quello di riferimenti. CI SONO STATI PERÒ ALCUNI CHE NON SOLO SONO SOPRAVVISSUTI MA ANZI SONO DIVENTATI ANCORA PIÙ GRANDI, COME GLI U2...

Certo, ogni band ha la propria storia, anche se pochissime sono uscite da quel decennio restando ad alti livelli. Tu mi citi gli U2 ma loro, a parte essere dotati di un talento enorme, avevano alle spalle Brian Eno, Da-


niel Lanois… hanno avuto la bravura di aggiungere menti alla loro causa. Mentre altri gruppi hanno visto componenti andarsene, management squagliarsi al sole… Nei limiti del possibile. Il mio miglior amico di Glasgow ha una trasmissione radio dove mette tutte novità ed è lui a segnalarmi le cose che devo assolutamente ascoltare e tenere d’occhio. Mi piacciono i Chvrches, dei quali è appena uscito l’ultimo album e che hanno collaborato con noi in Big Music. E di recente sono andato al concerto dei Tame Impala con mio figlio, che ha 23 anni e impazzisce per loro. SEGUI LA SCENA POP ATTUALE?

« Facevamo tutto in casa per poi andare a suonare in club frequentati da metallari che erano pronti a ucciderci. Il nostro talent show è stato: essere uccisi oppure no!»

volta, nel tragitto dall’aeroporto all’albergo ho pensato ai momenti trascorsi in questa città, all’entusiasmo che c’era in un certo periodo. Pur non volendo sono stato preso dalla nostalgia. Ma una volta arrivato in hotel ho trovato in mail l’mp3 di un pezzo al quale stiamo lavorando. E subito mi sono tuffato nel presente: l’ho ascoltata e ci ho lavorato per mezz’ora. Quello è il futuro, il modo di dare senso alla mia esistenza.

Trent’anni fa era una componente fondamentale della vita dei giovani. Oggi è una delle tante, e nemmeno la più importante. COME PUÒ REGGERE LA MUSICA SENZA ESSE-

Oggi ti paga concedendoti il proprio tempo. Perché dovrebbero ascoltarmi? Mi stanno regalando tempo della loro vita, è la loro forma di pagamento. È ciò che fanno quando vengono a vederci dal vivo. RE PAGATA ADEGUATAMENTE?

DICI MP3 E PENSI AI NUOVI MODI DI FRUIRE DELLA MUSICA COME I SERVIZI DI STREA-

COME FA UN GRUPPO NATO E CRESCIUTO IN

MING. PENSI CHE POSSANO ESSERE UNA SO-

UN MONDO COMPLETAMENTE DIVERSO AD

LUZIONE ALLA CRISI DELLA DISCOGRAFIA?

ADEGUARSI A QUESTA SITUAZIONE?

No, credo solo che sia l’unico modo al momento, ma non certo il migliore. La realtà è che noi siamo stati fortunati perché abbiamo vissuto l’unica fase della storia nella quale si potevano fare soldi facendo musica. Perché all’inizio, all’epoca dei bluesman, quegli artisti non portavano a casa nulla. E oggi… Ma nel nostro periodo è nata MTV che ci ha portato in tutto il mondo.

Per noi è cambiato tutto: la tecnologia è stata rivoluzionata, i negozi di dischi sono scomparsi così come le riviste di musica. Ma se mi chiedi cosa facciamo… Io ti dico che fondamentalmente il nostro compito è cercare una melodia e un’atmosfera e combinarle in una canzone. Le stesse cose che facevamo trent’anni fa. CON LA STORIA CHE HANNO, I SIMPLE MIN-

Sì, ma annega in altre cose. I ragazzi hanno la vita piena di stimoli: giochi, smartphone, TV. Non hanno bisogno della nostra musica.

EPPURE OGGI LA MUSICA È OVUNQUE. TI CAPITA MAI DI RIMPIANGERE I VECCHI TEMPI, QUANDO TUTTO SEMBRAVA PIÙ FACILE?

Quando sono arrivato a Milano l’ultima

DS POTREBBERO VIVERE DI RENDITA E FARE SOLO TOUR CELEBRATIVI CON I PIÙ GRANDI SUCCESSI. PERCHÉ REALIZZARE NUOVI ALBUM, VISTO CHE NON C’È NEMMENO PIÙ L’IN-


Scrivere canzoni per noi è importante per sentirci ancora vivi. Non voglio sembrare pretenzioso e usare termini come “artista”, ma da quando abbiamo superato la quarantina, non ci siamo sentiamo bene se non stiamo lavorando su un’idea, creare è diventata un’esigenza. Se non riesci a tirar fuori qualcosa di degno subito può risultare frustrante, però in quel caso diventa esaltante il percorso, la sfida di trasformare qualcosa che non funziona in una bella canzone. E per fare questo serve impegno. CENTIVO COMMERCIALE?

COME FUNZIONA OGGI PER VOI IL PROCESSO CREATIVO? Sicuramente non aspettiamo che

l'ispirazione arrivi dalla finestra. Non è così che vanno le cose. È un lavoro, devi usare i muscoli, la testa e avere grande disciplina. Ti devi alzare al mattino e metterti all’opera.

e diventa una popstar affermata, ce ne sono tantissimi che avranno una grande carriera... sulle navi da crociera o ai matrimoni.

SE PER I NUOVI CI SONO I TALENT, PER MOLTI

I VOSTRI INIZI SONO STATI DI TUTT’ALTRO

Ci hanno offerto un sacco di soldi per partecipare a quelle cose. Ma abbiamo sempre detto di no... per ora. In primis perché siamo troppo orgogliosi e poi, grazie al cielo, non abbiamo bisogno di quei soldi... per ora! Intendiamoci, non credo che chi partecipa lo faccia solo per soldi, ma piuttosto perché non ha altro su cui puntare, è un modo per sentirsi ancora amati dal pubblico. Per fortuna noi abbiamo anche altre carte da giocare.

Noi non avevamo idea di cosa volesse dire “avere una carriera”. Non avevamo mentori o professori a insegnarci e guidarci. Facevamo tutto in casa per poi andare a suonare in pub osceni o in club frequentati da metallari che erano pronti a ucciderci. Il nostro talent show è stato: essere uccisi oppure no! Ma anche una volta famosi ci sono stati momenti difficili… TIPO. COSA RICORDI?

«Oggi il nostro compito è cercare una melodia e un’atmosfera e combinarle in una canzone. Le stesse cose che facevamo trent’anni fa»

TRA LE COSE CHE NON C’ERANO TRENT’ANNI FA CI SONO I TALENT. COME GIUDICHI QUESTO FENOMENO? Riguarda

più la televisione che la musica. Per qualche ragazzo che sogna una carriera può essere un’opportunità, anche una scorciatoia. Ma il vero problema è che puntano sugli interpreti penalizzando le band e gli autori. Così per uno che ce la fa

PER ESEMPIO? Una volta a Torino abbiamo suonato prima di Peter Gabriel e ci hanno tirato di tutto. Però sono state tutte esperienze utili per imparare a sopravvivere, per cementare la nostra unione, perché ci sentivamo noi contro il mondo. L’etica del punk, “fallo a modo tuo”, è sempre stata valida.

DEL PASSATO SI PUNTA SULL’EFFETTO REVIVAL. IN INGHILTERRA OGNI ANNO C’È L’80’S

FESTIVAL: CHE NE PENSI?

PASSARE ALLA STORIA DELLA MUSICA E NON ESSERE SOLO PARTE DELLA STORIA DI UN

Devi essere orgoglioso dei momenti che hai vissuto. Negli anni Ottanta sono emersi tantissimi gruppi fantastici e non erano solo gli anni dei capelli assurdi, ma anche quelli di New York di Lou Reed e dei primi lavori dei R.E.M. Ma se vado ad ascoltare gli Who… vedo una grande band, non vedo gli anni Sessanta, anche se sono emersi in quel decennio. E, anche se il fatto di non aver combinato molto negli anni Novanta non ci aiuta, è questo quello che vogliamo essere noi. l PERIODO…

onstage maggio - giugno 65


SUBSONICA

LA FORESTA NEI CLUB

66 onstage maggio

- giugno


Un tour autunnale nei palazzetti, innovativo e all’avanguardia. Un tour estivo per festival e location all’aperto. E ora un nuovo tour, ma nei club. Una nave in una foresta, l’ultimo album dei Subsonica, ha compiuto un anno e la band continua a portarlo in giro per l’Italia, ma in venue più piccole. Perché così c’è più gusto. Testo di STEFANO GILARDINO - Foto di CHIARA MIRELLI

L'

occasione per tornare a parlare dei (e coi) Subsonica è l’imminente tour del quintetto torinese che, al contrario del solito, farà tappa solamente nei club italiani, una dimensione ormai insolita per una delle band più amate e famose del panorama pop e rock italiano. Ma era giusto dare a Una nave in una foresta la possibilità di risuonare anche in locali più piccoli dei palazzetti e dei grandi spazi estivi. Anche se la scaletta sarà una grande sorpresa per tutti i fan, una specie di best of molto particolare. Abbiamo parlato di questo e molto altro con il chitarrista e produttore Max Casacci. PARTIAMO DALLA NOTIZIA VERA E PROPRIA, OSSIA DA QUESTO TOUR NEI CLUB A DIMEN-

Più che ridotte direi ravvicinate. Mi sembra il termine migliore per descrivere la nuova avventura dei Subsonica. Non ci capita spesso di suonare in situazioni diverse da quelle dei palazzetti ormai, se non quando siamo all’estero, ed è comunque una situazione che ci affascina ancora molto. Ad Amsterdam, per esempio, abbiamo suonato nella sala piccola del Melkweg, dove si esibirono anche gli Stones, tanto per dire, ed è molto appagante poter vedere la gente in faccia, sentire il calore dei fan assiepati sulle transenne a pochi centimetri da te. Vorremmo ritrovare quel gusto anche in Italia, è una soddisfazione che ci vogliamo regalare. SIONI RIDOTTE.

questo caso puoi concederti molte più sfumature e delle libertà che in certe situazioni non hai. Nell’ultimo club tour che abbiamo fatto, nel 2007, siamo riusciti a suonare dei brani inediti strumentali, quasi delle piccole sperimentazioni testate direttamente live per saggiarne l’effetto. In questo nuovo giro d’Italia, invece, proporremo una storia cronologica della carriera della band, suonando tre canzoni per ogni album pubblicato, dal più vecchio al più recente. Non è così semplice come può sembrare perché le nostre scalette live sono frutto di lunghissime prove e discussioni, vogliamo che l’onda sonora generata dai nostri pezzi sia perfetta, con pezzi

PRIMA MI PARLAVI DELLA SCELTA DI PROPORRE TRE BRANI PER OGNI DISCO PUBBLICATO. IMMAGINO NON SI TRATTI SOLO DEI SINGO-

«Il vero motore di questo tour è il piacere di suonare live, vogliamo che sia una festa molto particolare»

più dance e ritmati alternati a qualche pausa strategica. Insomma, di solito mettiamo in fila i pezzi che vogliamo suonare sul computer, li ascoltiamo tutti e cerchiamo di capire cosa funziona e cosa no, togliendo, spostando, ricostruendo… Ecco, se ci può essere una differenza è che i palazzetti hanno bisogno di una certa robustezza di suono di cui i club invece non necessitano, ma sono piccole sfumature. Il lungo lavoro di scelta e di sequenza dei brani resta lo stesso, in pratica.

COME SI PREPARA UN TOUR DEL GENERE? QUALI SONO, SE CI SONO, LE DIFFERENZE CON

E DAL PUNTO DI VISTA SCENOGRAFICO, INVE-

Si prepara quasi allo stesso modo, anche se in

CE? I VOSTRI ULTIMI CONCERTI ERANO MOLTO

I CONCERTI IN SPAZI MOLTO PIÙ GRANDI?

zetti il problema è quasi sempre lo stesso, si tratta di riempire un luogo vuoto con la tua scenografia e i tuoi effetti, mentre nei club è più difficile prevedere delle scenografie, a meno che non si tratti di cose modulari come abbiamo fatto in passato. Per cercare di mantenere una continuità con quanto è successo negli ultimi concerti, saremo equipaggiati solamente con un’illuminazione a led. Non sempre i club hanno una dotazione illuminotecnica sufficiente, quindi toccherà adattarsi di volta in volta.

IMPONENTI ANCHE IN QUEL SENSO. Nei palaz-

LI, GIUSTO? Assolutamente, sarebbe un po’ troppo scontato e non è il motivo per il quale abbiamo scelto una scaletta del genere. Ci interessa anche proporre canzoni che, nel corso degli anni, sono state un po’ abbandonate e che invece il nostro pubblico vorrebbe risentire dal vivo. Tenteremo di regalare una panoramica esauriente del nostro repertorio, proponendo i classici che non possono restare fuori, ma con un occhio di riguardo per certe cose meno conosciute. Il vero motore di questo tour è il piacere di suonare live, vogliamo che sia una festa molto particolare. È DIFFICILE METTERE D’ACCORDO I CINQUE SUBSONICA? Non troppo, veniamo da anni di live e sappiamo bene come costruire un concerto schiacciasassi, cosa funziona e cosa no, quali scelte fare quando ci prepariamo. Poi, certamente, si cerca di venire incontro alle esigenze di ognuno, ci sono brani che qualcuno non vuole più suonare o cantare, altri che non si amalgamano bene con il resto, ma in linea di massima siamo sempre

onstage novembre

- dicembre 67


tutti d’accordo sulle scelte. Dietro a una bella scaletta, comunque, ci sono giorni di lavoro e confronto, con la partecipazione più o meno di tutti. Diciamo che c’è chi ha voglia di smazzarsi la fatica e chi ne ha meno.

«Fa impressione pensarci ma l’anno prossimo compiamo 20 anni: per ora non ci sono celebrazioni già fissate, ma faremo certamente qualcosa»

TU DA CHE PARTE STAI? Io lo faccio spesso,

anche se magari non ne ho voglia (ride, ndr). In tutti i casi, stavolta, i paletti erano ancora maggiori, visto che dovevamo scegliere tre pezzi per ogni disco.

68 onstage novembre

- dicembre

AVETE PARLATO ANCHE DI QUALCHE SOR-

Cose molto semplici a dire il vero, suoneremo anche qualche pezzo meno conosciuto alla fine del concerto, ma è tutto ancora da decidere. Niente inediti, come la volta scorsa, non avremmo il tempo per prepararli a dovere. PRESA. DI CHE SI TRATTA?

i fan, ci penseremo a tempo debito. Diciamo che già questo tour finirà nell’anno del ventennale, quindi le celebrazioni possono anche iniziare nei club dove suoneremo. È SCONTATO CHIEDERTI CHE NE PENSI DI QUESTA RICORRENZA, MA LO FACCIO LO

Sono scontato anche io nel risponderti e dico che mai mi sarei immaginato di essere qui nel 2015 a parlare dei Subsonica. Almeno per i primi dieci anni, tutto è stato incredibile e ogni conquista ci è parsa un limite quasi insuperabile. Poi, abbiamo cominciato a pianificare meglio il nostro futuro e a gestire il successo e la carriera in maniera differente, ma pur sempre con meraviglia e senso di sorpresa. Non c’era un precedente, quando abbiamo iniziato: il nostro è stato un percorso quasi inedito, almeno per una rock band di un certo genere. Un grosso

STESSO… NEL 2016 CADRÀ IL VENTENNALE DEL GRUPPO, QUINDI QUESTO TOUR SARÀ UNA SPECIE DI ANTIPASTO PER QUALCOSA DI PIÙ SOSTANZIOSO. SBAGLIO? Non sbagli per niente, fa impressione pensarci ma l’anno prossimo compiamo 20 anni, quasi tutti passati con la stessa formazione, se si eccettua il cambio tra Pierfunk e Vicio, che comunque è con noi da oltre tre lustri. Ci abbiamo ovviamente pensato, anche se per ora non ci sono celebrazioni già fissate. Faremo certamente qualcosa, vogliamo festeggiare con tutti gli amici e


vantaggio per noi, è arrivato quando la televisione musicale, MTV su tutte, ha gettato lo scompiglio nella discografia. È stato un trampolino di lancio incredibile, si è creata una piattaforma di popolarità che prima non esisteva e ha permesso a una generazione di gruppi italiani di entrare nella vita di milioni di ragazzi. Un pubblico generalista composto soprattutto da chi non comprava le riviste musicali o non seguiva le varie scene in maniera precisa, ma che era pronto a recepire questo tipo di novità.

giorno d’oggi. MTV aveva molta necessità di materiale fresco di band locali con le quali comporre palinsesti e da alternare a quella che all’epoca veniva definita musica alternativa, quindi i nostri clip sono diventati una presenza fissa su quella rete,

«Oggi per una giovane band è difficile farsi notare e a pagarne le conseguenze sono bravi musicisti che meriterebbero più attenzione»

MTV HA PERCEPITO UN CERTO UMORE CHE LA DISCOGRAFIA TRADIZIONALE NON

Esatto, si è inceppato leggermente il meccanismo classico e prima che la cosiddetta musica pop si adeguasse a quel tipo di mezzo di espressione siamo passati noi, usufruendo di un’esposizione mediatica impensabile al RIUSCIVA A CAPTARE.

con una programmazione massiccia che ha aiutato noi e molti altri a entrare nelle case di migliaia di ragazzi. È durato poco, giusto qualche anno, ma è servito a regalarci uno zoccolo duro che ancora ci

segue e supporta dopo così tanto tempo. QUELLO CHE È MANCATO, A MIO AVVISO, È UN RICAMBIO GENERAZIONALE. CI SONO POCHI NUOVI SUBSONICA IN GIRO. I Verde-

na sono forse l’ultima band di quella generazione anni Novanta. Dopo, il mercato tradizionale ha ripreso pieno possesso di ogni mezzo mediatico, impedendo di fatto un ricambio, come lo chiami tu. Mi vengono in mente i Ministri e pochi altri, al giorno d’oggi, che hanno un successo di pubblico soddisfacente, e credo sia da imputare proprio a ciò di cui parlavo prima. Ora, complice anche un rumore di fondo quasi assordante, per una band è molto difficile farsi notare in mezzo al mucchio e a pagarne le conseguenze sono anche bravi musicisti che meriterebbero più attenzione. Probabilmente si dovrà aspettare un’altra congiuntura favorevole, un nuovo stargate come quello degli anni Novanta. l

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LA FILOSOFIA DI UN'ATTRICE 70 onstage maggio

- giugno


Babysitter, bartender, allenatrice di nuoto sincronizzato, cubista, studentessa di filosofia. E alla fine attrice (per caso). La 26enne Matilde Gioli ci racconta la sua storia: l'esordio fulminante con Il capitale umano, i suoi tre nuovi film, il suo amore per Milano, il suo block notes segreto. Con un sogno nel cassetto: diventare una neurofilosofa.

Testo di LORENZO LAMPERTI - Foto di JULIE ADAMS (abito Valentino)

U

n volantino può cambiarti la vita. O almeno così è successo a Matilde Gioli, che ha incantato tutti al suo esordio cinematografico ne ll capitale umano di Paolo Virzì. Può accadere che una 24enne (ora 26enne) milanese che si arrabatta tra mille lavoretti per pagarsi gli studi di filosofia si presenti per caso a un provino per fare la comparsa e si ritrovi di punto in bianco, senza aver mai nemmeno preso una lezione di recitazione, a interpretare uno dei personaggi principali nel film di uno dei maggiori registi italiani. Da lì in poi ha continuato a recitare e ora nel giro di poche settimane arrivano in sala tre "suoi" nuovi film. Ma Matilde non si è di certo montata la testa. Resta una ragazza (fuori dal) comune, che sul set porta la sua innata spontaneità e nel frattempo non molla l'università. Perché per lei fare l'attrice non è mai stata un'ossessione. MATILDE, MA È VERO CHE HAI COMINCIATO A FARE L'ATTRICE COMPLETAMENTE PER CASO?

Non è vero, è verissimo. Mia mamma ha trovato un volantino attaccatto a un semaforo, c'era scritto che cercavano comparse per un film di Virzì. In quel momento allenavo delle bambine in una squadra di nuoto sincronizzato e mi servivano dei soldi per pagarmi l'università e le mie cose. Allora ho deciso di provare, tanto pensavo che per fare la comparsa mica servisse recitare. Poi è andata come è andata: Virzì ha visto il mio video di presentazione e mi ha dato il ruolo. Mica troppo, essendo ai tempi un po' ignorante a proposito di cinema non avevo colto fino in fondo chi fosse Virzì e l'importanza di avere

WOW, SARAI STATA AL SETTIMO CIELO.

un ruolo in un suo film. Non mi era chiara la portata della cosa. Così mi sono ritrovata a fare Il capitale umano senza un minimo di preparazione. Lui ha voluto che arrivassi così com'ero sul set. È stato davvero un salto nel buio totale. E TU, COMPLETA NEOFITA, COME SEI STATA

IN POCO TEMPO ESCONO ALTRI TRE FILM NEI QUALI HAI RECITATO. È CAMBIATO QUALCOSA

Non molto. Non sono una grandissima studiosa di copioni. Non voglio dire che sia meglio arrivare sul set senza sapere una mazza, però il lato positivo, almeno per me, è non fissarsi alle cose scritte e mantenere la spontaneità.

NEL TUO MODO DI LAVORARE?

ACCOLTA DALL'AMBIENTE CINEMATOGRAFICO?

Benissimo, davvero. Mi sono ritrovata subito in mezzo ad attoroni mica male. Sono stati tutti affettuosi e premurosi, in particolare Valeria Golino. Magari ha rivisto in me qualcosa dei suoi inizi visto che ha avuto anche lei un percorso simile. Mi ha coccolato e insegnato tanto, soprattutto sul modo di stare sul set, come incanalare le energie e rimanere concentrati.

«Avevo milioni di sogni, ma tra questi non c'era mai stato quello di fare l'attrice. Vorrei tanto fare dei documentari su natura, scienza, filosofia e diventare una sorta di Alberto Angela donna»

Ero preoccupata sì... ma dal mio primo giorno sul set mi sono sentita a mio agio, come per magia. Sono sempre stata una persona che non si vergogna, a cui piace prendersi in giro e la dimensione del set mi ha conquistata subito. Ho dato tutto quello che potevo, senza inibizioni. Ed è filato tutto liscio. AVEVI PAURA DI NON ESSERE ADEGUATA?

ALTROCHÉ, HAI PURE VINTO IL PREMIO GUGLIELMO BIRAGHI AI NASTRI D'ARGENTO... ORA

COSÌ FACENDO IMMAGINO CHE SARAI COSTRETTA A DARE MOLTO DI TE AI PERSONAGGI

Assolutamente sì, do sempre tantissimo di me stessa. Certo, le cose si fanno più difficili quando interpreto personaggi molto diversi da me, lì ci vuole qualche passaggio in più. CHE INTERPRETI.

HAI COMINCIATO A STUDIARE RECITAZIONE DOPO IL CAPITALE UMANO? Ehm, no. Non escludo di farlo ma al momento non ne ho il tempo perché grazie a Dio lavoro molto. So che esistono anche dei corsi lampo di una settimana ma credo siano cose che funzionano quando hai già una base. IMMAGINO ALLORA CHE STARAI GUARDANDO

Dovrei farlo, ma continuo a guardarne pochi. Il mio interesse sta crescendo molto ma a causa della mia pigrizia continuo ad avere un campionario ridicolo di film visti. Però una cosa è cambiata: prima non mi sarebbe mai nemmeno venuto in mente di fare una lista di film da vedere, ora invece continuo ad appuntarmi decine di titoli su un bloc notes. Anche se per ora ne ho spuntati pochissimi... MOLTI FILM...

MA QUINDI DA PICCOLA NON AVEVI MAI SOGNATO DI FARE L'ATTRICE? No, non ci avevo mai pensato. Avevo milioni di sogni, ma tra questo non c'era mai stato quello di fare l'attrice. C'è stato il periodo della veterina

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visto che amo molto gli animali. Poi, prima di rompermi la schiena, volevo andare a cavallo. Ma la cosa che desideravo più di tutte è sempre stata quella di diventare un neurochirurgo. Mi sono sempre immaginata con il camice. In alternativa vorrei tanto fare dei documentari su natura, scienza, filosofia e diventare una sorta di Alberto Angela donna. A PROPOSITO DI FILOSOFIA, STAI ANDANDO

Sì, mi sono laureata alla triennale con una tesi sull'etica aristotelica. Ora sto facendo la specialistica in filosofia della scienza anche se è da un po' che non riesco a dare esami perché col lavoro che faccio le date cambiano in continuazione e non riesco a pianificare nulla. Però sicuramente proseguirò. AVANTI CON L'UNIVERSITÀ?

GLI STUDI CLASSICI HANNO QUALCHE UTILITÀ

Gli studi classici sono il bagaglio più importante che ho. Posso riapplicarli ogni volta in maniera diversa, anche sul set. I meccanismi che mi sono stati insegnati per tradurre una versione o approcciare un testo filosofico si possono tranquillamente riutilizzare per affrontare un copione. SUL SET?

PRIMA HAI PARLATO DI LAVORETTI PER PAGARTI GLI STUDI. CHE COSA HAI FATTO PRIMA

Ho esordito come baby sitter. Poi sono stata cameriera in un pub birreria dove ho imparato qualcosa sui cocktail, tanto che stavo per diventare bartender prima di cominciare a nuotare. Dopo di che ho fatto l'hostess di eventi, l'indossatrice di scarpe, la ballerina in discoteca al Club House. Insomma, ho fatto un po' di tutto. DI FARE L'ATTRICE?

Mi diverto molto, la cosa più bella è che se il lavoro viene fatto bene si fanno emozionare le persone. Hai la possibilità di far ridere, pianE ORA QUANTO TI PIACE FARE L'ATTRICE?

gere, arrabbiare. Penso che sia lo scambio più autentico che esista.

sento felicissima e fortunata nel poterlo fare ma, come diciamo a Milano, mantengo a proposito un approccio molto schiscio.

ED È PIÙ DIFFICILE FAR PIANGERE O FAR RIDERE, COME SI FA MOLTO IN BELLI DI PAPÀ? È molto più difficile far ridere. Penso però che in Belli di papà ci siamo riusciti. È stato bello interpretare una ragazza che ha un vero e proprio percorso catartico. Da viziatella nullafacente della Milano bene arriva ad apprezzare le cose davvero importanti nella vita. È una bella storia.

«Vediamo deliziose commedie francesi che vanno all'estero e fanno ottimi risultati. Noi invece addirittura le copiamo le commedie francesi. Dov'è la nostra cultura cinematografica?»

IL TUO SUCCESSO IMMEDIATO SIGNIFICA CHE ANCHE I GIOVANI POSSO FARCELA? TU COME VEDI LA TUA GENERAZIONE? Sento dire spesso

che i 20/30enni di oggi sono una generazione di bamboccioni. Ma basta andare un pochino più a fondo per vedere che c'è un grande fermento. Il problema è sempre lo stesso: la difficoltà di ricambio generazionale. Anche nel cinema ci sono un sacco di ragazzi che si fanno un mazzo così senza un minimo di finanziamento. Il materiale c'è, bisognerebbe solo dargli un po' più di appoggio. HAI MAI PENSATO, COME STANNO FACENDO IN TANTI GIOVANI ITALIANI, DI ANDARE ALL'E-

Non ancora. Sono troppo affezionata all'Italia e in particolare a Milano. Dopo che ho cominciato a recitare tutti mi hanno detto di andare a vivere a Roma, ma per ora resisto qui. STERO?

HAI DOVUTO RINUNCIARE A QUALCOSA PER

Ho dovuto rinunciare al nuoto e allo sport in generale e la mia pancetta lo testimonia. E poi non ho una vita regolare, non sono mai a casa. Si sacrificano anche i rapporti perché non ci sei mai e ti perdi le feste, le lauree, i matrimoni ma anche le uscite normali, le cene. E poi magari le rare volte che sei a casa gli altri giustamente lavorano. FARE CINEMA?

C'È UN'ATTRICE ALLA QUALE TI PIACEREBBE

Julianne Moore, lei è stupenda in tutto quello che fa.

SOMIGLIARE PIÙ CHE ALLE ALTRE?

E UN FILM NEL QUALE VORRESTI RECITARE?

Mi piacerebbe un fantasy o un film alla Blade Runner. Non ne ho idea. Potrei essere ancora un'attrice, non lo so. Dipende anche se troverò qualche proposta interessante dopo che avrò preso la laurea specialistica. Se mi avessi fatto questa domanda solo un paio di anni fa ti avrei risposto che sarei sicuramente diventata una neurofilosofa, ora non lo so. Ora ho imparato che è impossibile fare pronostici, perché da un momento all'altro la vita ti può sorprendere. COME VEDI IL TUO FUTURO?

C'È IL RISCHIO DI MONTARSI LA TESTA ENTRANDO NEL MONDO DEL CINEMA? Il rischio c'è e lo vedo con i miei occhi. Vieni investito da un'onda molto potente ed è facile perdere la brocca. Io credo però di non correre questo pericolo.

Perché recitare non è l'obiettivo della mia vita. Certo, è bellissimo e io mi

COME MAI?

BELLI DI PAPÀ di Guido Chiesa - Italia, 2015 - CAST: Diego Abatantuono, Matilde Gioli, Francesco Facchinetti CHI È MATILDE GIOLI

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Dopo aver vinto il premio Guglielmo Biraghi ai Nastri

studentessa universitaria per bene che diventa una

d'Argento 2014 per il suo esordio ne Il capitale umano,

mistress sadomasochista. Matilde ha un ruolo impor-

Matilde Gioli arriva al cinema con tre nuovi film. In Belli

tante anche in Un posto sicuro, il film di Francesco

di papà di Guido Chiesa (in uscita il 29 ottobre) è una

Ghiaccio con il divo di Gomorra, Marco D'Amore, sulla

dei figli viziati di Diego Abatantuono, il quale per far co-

vicenda Eternit. Nei prossimi mesi la vedremo anche in

minciare a lavorare i "pargoli" inscena il fallimento della

tv nella fiction Rai Di padre in figlia (scritta da Cristina

ditta di famiglia. In Solo per il weekend di Gianfranco

Comencini) al fianco di Alessio Boni, Stefania Rocca e

Gaioni (presentato al Festival di Roma) interpreta una

Cristiana Capotondi.


PAOLA TURCI IO SONO IN TOUR

immanuelcasto.com 27 Novembre 2015

ToriNo CAP 10100

paolaturci.it 5 DiCembre 2015

NAPoli Duel beat

28 Novembre 2015

rosĂ (vi) vinile

12 DiCembre 2015

PorDeNoNe il Deposito

2 DiCembre 2015

milANo Alcatraz

SPECIAL GUESTS: &

imotorhead.com

11 FebbrAio 2016

milANo Alcatraz

WW.IMOTORHEAD.COM

20 FebbrAio 2016

TreNTo

Palatrento

giuda.net

29 Novembre 2015

10 DiCembre 2015

27 Novembre 2015

15 geNNAio 2016

CHieTi Teatro supercinema

FireNze Teatro Puccini

romA orion live Club

PesCArA Qube Club

3 DiCembre 2015

17 DiCembre 2015

romA Teatro Quirinetta

bAssANo Del grAPPA (vi)

11 DiCembre 2015

16 geNNAio 2016

5 DiCembre 2015

22 DiCembre 2015

PerugiA urban Club

bologNA Covo Club

vezzANo (TN) Teatro valle dei laghi

milANo Teatro Franco Parenti

19 DiCembre 2015

23 geNNAio 2016

6 DiCembre 2015

2 geNNAio 2016

CH - belliNzoNA Teatro sociale

bArleTTA Teatro Curci

Teatro Da Ponte

moDeNA vibra

milANo ArCi biko

BRIAN MAY & KERRY ELLIS ONE VOICE THE TOUR

brianmay.com - kerryellis.com

Dom 21 FebbrAio 2016

gio 25 FebbrAio 2016

ANCoNA Teatro le muse

milANo Teatro degli Arcimboldi

luN 22 FebbrAio 2016

sAb 27 FebbrAio 2016

PADovA gran Teatro geox

mANTovA gran Teatro Palazzetto

mer 24 FebbrAio 2016

Dom 28 FebbrAio 2016

FireNze Teatro obiHall

romA

Auditorium Parco della musica

adamofficial.com

4 mAggio 2016

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TIROLO AUSTRIACO Testo di FRANCESCA VUOTTO


Ibiza

Š Andre Schoenherr


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© TVB Stubai Tirol/Schlick2000

© Andre Schoenherr

© Ötztal Tourismus/ Rudi Wyhlidal

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TIROLO AUSTRIACO

© Ötztal Tourismus

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© Renderwerk.at

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e state pensando a una vacanza invernale in stile tirolese non fermatevi ai confini italiani. Poco oltre, aggiungendo solo un’ora o poco più di viaggio, vi aspetta il Tirolo Austriaco con le sue splendide distese innevate, chilometri e chilometri di piste, centri benessere, baite, alberghi e ristoranti, che non vi faranno rimpiangere di aver scavallato i confini patrii. Il Tirolo Austriaco è da sempre all’avanguardia nell’accoglienza dei turisti, che si tratti di sportivi, giovani coppie o famiglie con bambini. Uno dei periodi migliori per visitarlo sono le settimane che precedono il Natale, quando quasi ogni cittadina e paesino si anima grazie alle bancarelle dei mercatini natalizi. Ci potete trovare addobbi originali e unici per la vostra casa, ma anche gustare leccornie come i biscotti speziati, il pan pepato, il vin brulé (o glühwein), le tipiche frittelle Kiachl dolci o salate. Se invece preferite coccolarvi regalandovi un’esperienza culinaria indimenticabile non avete che da scegliere tra i tanti ristoranti che offrono ambienti e atmosfere per tutti i gusti. Si va dal panoramico IceQ di Sölden – una struttura sospesa nel vuoto a 3000m, con una vista mozzafiato sulle vette, dove ha cenato persino James Bond nell’ultimo film Spectre – a una delle oltre 40 baite della Valle dello Stubai, per chi ama situazioni meno formali e più caserecce. Le strutture sono raggiungibili facilmente con piacevoli passeggiate, con gli sci, in auto oppure usufruendo degli shuttle dedicati agli ospiti. Se invece siete appassionati dello sport invernale per eccellenza avrete l’imbarazzo della scelta: per darvi un’idea, con l’inaugurazione della nuova funivia sul monte Reiterkogel gli sciatori avranno a disposizione un comprensorio sciistico con 240 chilometri di piste preparate e 30 chilometri di piste non battute. E questo è solo un assaggio. In queste pagine e nelle successive qualche foto che vi convincerà ancora di più a prenotare la vostra prossima vacanza nel Tirolo Austriaco.

In apertura e foto n.3: il comprensorio sciistico Schlick 2000. 1. Il ristorante IceQ di Sölden 2. Il ristorante Schaufelspitz a Eisgrat 4. Il complesso Top Mountain Cross Point 5. Veduta notturna di una pista per slittino nella Valle dello Stubai 6. Una delle suite del rifugio Sir Henry a Sölden

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AGENTE METROSEXUAL A cura di FRANCESCA VUOTTO - Testo di TOMMASO MAGRINI © 1962 Danjaq, LLC and United Artists Corporation. All rights reserved.

FOTO CREDIT

Da Sean Connery a Daniel Craig, la figura di James Bond si è evoluta molto ma è sempre rimasta il simbolo del "maschio alfa". Abile conquistatore di donne, con un occhio sempre attento al look e dai gusti raffinati. Anche se ultimamente al bicchiere di champagne preferisce il boccale di birra...

D

al fascino seducente alla bellezza statuaria. Dalla raffinatezza alla forza fisica. Dall'agente segreto al supereroe. Dal bicchiere di champagne al boccale di birra. È proprio vero che non esistono più i James Bond di una volta. Ma, nonostante tutto, l'agente più segreto del globo terracqueo resta sempre "l'uomo che tutti gli uomini vorrebbero essere e con il quale tutte le donne vorrebbero stare". LO STILE Da quando ha mosso il suo primo passo nel dorato mondo del cinema, il celeberrimo personaggio creato dallo scrittore britannico Ian Fleming è diventato un'icona. Un modello di uomo cui ispirarsi. La figura di James Bond si è sempre evoluta stando al passo coi tempi, spesso anticipandoli, e incarnando sempre e comunque il maschio alfa, l'uomo all'ennesima potenza. Un uomo che sa come sedurre una donna e come sconfiggere un nemico. Sa scegliere il vino o lo champagne giusto ma sa anche sporcarsi le mani quando serve. Uno che fa sempre la cosa giusta al momento giusto. Ma il Bond di Spectre, 24esimo titolo della saga più longeva della storia del cinema in uscita a novembre, è molto diverso da quello del primo Licenza di uccidere. Nel 1962 nei panni di 007 c'è Sean Connery. Figura alta e sottile, con un velo di abbronzatura, capello corto e curato tirato leggermente indietro, sopracciglia folte ma ben delineate. Immancabile lo smoking. Sean Connery, 32 80 onstage novembre

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anni all'epoca, è nell'immaginario di tutti il James Bond originale: non bellone ma affascinante, fortemente uomo ma raffinato nei modi e nelle scelte di stile. Una figura dalla grande eleganza, che per sconfiggere i propri nemici usa il cervello più che le mani. Arrivano gli anni Settanta ed è il turno di Roger Moore. Lo stile si adegua ai tempi. James Bond è sempre un uomo maturo e impeccabile, ma nasconde uno spirito un pochino più ribelle, tanto che in Vivi e lascia morire ogni tanto la camicia si sbottona lasciando intravedere il petto. Insomma, maturo sì ma vecchio no. Nel 1987 con Timothy Dalton si vira verso una bellezza alla Ridge Forrester di Beautiful: fossetta nel mento, capigliatura gonfia, mascella più prominente. E lo stile si fa molto più casual: talvolta Bond resta persino senza cravatta e senza papillon. I Nineties sono dominati da Pierce Brosnan. L'aria di James Bond si fa decisamente meno tenebrosa per lasciare posto ai prodromi del "fighettismo". Le donne gli ricordano quanto è bello e lui si fissa allo specchio compiaciuto nei suoi di nuovo eleganti completi. Nel 2006 la svolta supereroistica. Arriva Daniel Craig e James Bond guadagna muscoli e perde introspezione. Dal fisico alto e sottile si passa a una presenza più massiccia. Le tonalità mediterranee lasciano spazio a capelli biondi e occhi di ghiaccio. Se il James Bond del 1962 aveva sempre barba e riga dei capelli perfette, ora funziona meglio l'uomo "spettinato" ad arte e con un accenno di barba incolta. Ora lo 007 di Sua Maestà non disdegna per niente abiti informali o persino


Skyfall © 2012 Danjaq, United Artists, CPII. TM Danjaq, LLC. © 2013 MGM. All Rights Reserved.


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Roger Moore ha vestito i panni di 007 per sette volte dal 1973 al 1985. Qui è con Barbara Back in La spia che mi amava del 1977.

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tute mimetiche. È arrivata la palestra e si vede tutta, tanto che il classico smoking comincia stare un po' stretto.

bionda, ammainando tutto d'un colpo i suoi caratteristici gusti snob e ricercati in materia di alcolici.

AUTO, GADGET E ALCOL Tutto ciò che tocca James Bond diventa oro. Non desta di certo stupore la corsa dei grandi marchi ad accaparrarsi un posticino nelle pellicole di 007. Certo, ci sono alcune cose che non si toccano. La Aston Martin è una di queste, chiaramente ritoccata per le particolari esigenze di Bond. E così le auto diventano delle vere e proprie armi, dotate di mitragliatrici omnidirezionali, missili o propulsori a razzo. Per quanto riguarda i vestiti, l'ultima liaison è quella con Tom Ford, che dal 2008 fornisce i completi per Daniel Craig, compresi i sei che vedremo in Spectre. Dagli stivali agli orologi, dalle scarpe alle cravatte, ciò che indossa Bond diventa subito l'oggetto del desiderio per milioni di uomini in tutto il globo, uomini che però non sempre possono permettersi di acquistarli. Basti pensare che il vestito a due pezzi targato Tom Ford è in vendita a 2.240 sterline. Ma Bond è anche un uomo profondamente tecnologico. Nei suoi film maneggia sempre un'infinità di gadget. Spesso e volentieri sono armi hi-tech, ma non mancano anche oggetti più comuni come i telefoni cellulari. Una mail, svelata da Wikileaks lo scorso aprile, rivelava i dettagli di una presunta transazione da 5 milioni di sterline tra Sony e Daniel Craig per far riprendere l'attore con uno smartphone Xperia. Anche i gusti di Bond rispecchiano i tempi. Da sempre l'agente 007 ama accompagnarsi a spiriti come gin e vodka. Il suo cocktail più amato è da sempre il Vesper Martini ma il vero evergreen è il mitico champagne Bollinger. Insomma, gusti raffinati, da vero uomo di classe. Per questo ha suscitato molto stupore il recente abbandono dello champagne a favore della birra, bevanda che era sempre stata considerata troppo popolare per James Bond. E invece i film con Daniel Craig hanno sdoganato le pinte di

AGENTE DELLE NEVI E se è vero che ogni cosa che fa, usa o indossa James Bond diventa tendenza, non sono da meno i posti che frequenta. Per esempio, c'è da scommettere che quest'inverno ci sarà un boom di prenotazioni a Solden, la cittadina tra le Alpi austriache scelta da Eon Productions e dal regista Sam Mendes per girare le scene d'azione più avventurose di Spectre. E non è certo un caso isolato. Spesso e volentieri 007 agisce in scenari invernali. In Svizzera si lancia in inseguimenti mozzafiato con la sua Aston Mrtin DB5 sulle montagne intorno ad Andermatt in Missione Goldfinger. Sempre le Alpi svizzere sono lo scenario di Al servizio di sua maestà, con ambientazione in un rifugio spettacolare a 2970 metri di altezza e nel ristorante Piz Gloria di Murren, incastonato sulla vetta dello Schiltron. Vedute di Saint Moritz in La spia che mi amava e spazio all'Italia e a Cortina d'Ampezzo e Dobbiaco in Solo per i tuoi occhi. E spesso e volentieri le scene d'azione più spettacolari dell'intera saga avvengono proprio tra neve, montagne e l'immancabile cappotto nero in lana cachemere. LE BOND GIRL Non esisterebbe Bond senza Bond girl. Già, perché James è un innato seduttore. Tecniche e conquiste sono variate nel corso del tempo ma il successo è sempre garantito. Anche se le 4 donne finora baciate da Daniel Craig non sono nulla in confronto alle 20 di Roger Moore e alle 18 di Sean Connery. Anche qui la figura di Bond girl negli anni è molto cambiata. Se nei primi anni le donne avevano una funzione pressoché ornamentale e rappresentevano "l'altra missione" di 007 oltre a quella di risolvere il caso che gli era stato assegnato, successivamente sono diventate sempre più parte attiva fino a diventare delle aiutanti di pari grado rispetto a Bond oppure delle

BALMAIN X HM Giacca in velluto nero con tasche, revers in raso e bottoni dorati. 149 Euro

SILVIAN HEACH Elegante jumpsuit smanicata con pantalone palazzo e cintura in vita. 80 Euro

COLMAR Bomber reversibile in piuma, realizzato in eco pelliccia e tessuto ultraleggero. Prezzo su richiesta.

DOCKERS Pantaloni con vestibilità slim-fit che regala una silhouette slanciata e atletica. 100 Euro

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Š Julian Finney

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IN ALTO: Pierce Brosnan in La morte può attendere (2002), l'ultimo dei quattro film in cui ha recitato la parte di James Bond. IN BASSO: Sean Connery in Missione Goldfinger (1964), la prima pellicola dedicata a 007 ad essersi aggiudicata un Oscar.

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spietate rivali. L'immagine di Bond girl resta comunque difficilmente scindibile dal bikini bianco di Ursula Andress in Licenza di uccidere, un'apparizione che suscitò grande scalpore e che ancora oggi è uno dei momenti più celebri della filmografia bondiana. Tanto da meritarsi l'autocitazione con l'analogo loo sfoggiato da Halle Berry in La morte può attendere (2002). Proprio Halle Berry è la prima Bond girl di colore dopo un'interminabile serie di bionde e brune intervallate dall'orientale Mia Hama di Si vive solo due volte (1967). Da Michelle Yeoh a Teri Hatcher, da Denis Richards a Sophie Marceau, da Eva Green a Olga Kurylenko, ogni Bond girl che si rispetti deve essere una donna sicura di sé, determinata e ovviamente sexy. E in tempi più recenti la compagna di turno deve essere anche essere sempre pronta e incline all'azione. Fino alla giovane francese Léa Seydoux e alla bellezza cougar di Monica Bellucci, l'armadio delle Bond girl è pieno di abiti sensuali ma eleganti, che valorizzano il fisico senza mai svelare troppo. I colori possono variare, anche se il nero resta senza dubbio una scelta vincente, così come il rosso fuoco.

Immancabili i tacchi a spillo, armi non sempre solo di seduzione. IL FUTURO DI BOND In sintesi, James Bond si è trasformato da cadenzato e cervellotico agente segreto a un semi supereroe dai metodi spicci e dai gusti più variegati. Non solo snob, ma anche pop. Se una volta era furbo e scaltro, oggi è soprattutto forte e altetico. Il fisico da perfetto palestrato nasconde anche un'anima metrosexual che era impensabile fino a qualche tempo fa. Il machismo non è più così marcato, tanto che in Skyfall è stato persino accennato un passato bisexual. D'altra parte Bond segue, o anticipa, il modello di uomo che piace di più. Ed ecco allora lo 007 dalla virilità curata che strizza però anche l'occhio al soldato. Un Bond postmoderno, verrebbe quasi da dire. C'è chi sostiene che prossimamente possa diventare nero, o persino una donna. D'altronde James Bond non è Sean Connery, non è Roger Moore, non è Pierce Brosnan e non è Daniel Craig (con Spectre giunto forse alla sua ultima uscita da 007). James Bond è soprattutto un'idea.

LAMPERTI MILANO Décolleté Salvation bicolore rosa cipria e nero, in nappa e cavallino. 417,50 Euro

PASSION BLANCHE Scarpa elegant in pelle abrasivata color bordeaux e motivo a coda di rondine. 320 Euro

PER I VERI FAN Per prepararsi al meglio all’uscita della 24esima avventura di James Bond Spectre – in arrivo nei cinema il 6 novembre – Metro-Goldwyn-Mayer Studios (MGM) e Twentieth Century Fox Home Entertainment lanciano The Ultimate James Bond Collection, un cofanetto che raccoglie tutti e 23 i film dedicati allo 007 più famoso del mondo, in versione Blu-ray e DVD. Tra i contenuti speciali di cui si arricchisce il box, anche le interviste con gli autori, approfondimenti sui protagonisti e,

nella sola edizione deluxe, un bonus disc con uno speciale documentario di 90 minuti, un libretto tascabile con i poster realizzati in occasione dei 50 anni di James Bond e le locandine dei film più amati. Spectre sarà proiettato nei cinema proprio in concomitanza con la pubblicazione della raccolta, ma i fan più esigenti non devono preoccuparsi: nel cofanetto è stato calcolato uno spazio in cui, una volta che sarà uscito, potranno inserire il DVD dell’ultima pellicola con Daniel Craig.

GANT Cappotto sartoriale grigio scuro in misto lana con chiusura doppiopetto. 499 Euro

CASTAMUSA Enigmatica e sensuale, la borsa Gala ha forma trapezoidale ed è disponibile in altri colori. Prezzo su richiesta.

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WHAT’S NEW

GIÙ LA MASCHERA IL FRONTMAN DEI DEPECHE MODE TORNA CON UN ALBUM SOLISTA, SECONDA PROVA IN COLLABORAZIONE CON I SOULSAVERS. NE ESCE LO SPACCATO DI UN ARTISTA CAPACE DI MOSTRARE LE SUE DIVERSE ANIME, DALLE TENEBRE ALL'AMORE Testo di MASSIMO LONGONI Foto di STEVE GULLICK

DAVE GAHAN & SOULSAVERS Angels & Ghosts (Columbia)

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uova libera uscita dai Depeche Mode per Dave Gahan. Dal primo lavoro solista, Paper Monsters, datato 2003, questa è la quarta volta che il cantante prova a battere strade diverse da quelle ormai consolidate e stellari cui si è abituato al fianco di Martin Gore. E dopo The Light the Dead See, del 2012, ecco arrivare il secondo lavoro con i Soulsavers, ovvero il team di produttori composto da Rich Machin e Ian Glover. Angels & Ghosts è un lavoro che dimostra come con loro il cantante abbia trovato una solida comunione di intenti, appagante per lui e fruttuosa per chi ascolta: un album di alto livello, che in tempi di musica usa e getta conviene assaporare con calma per scoprirne le molteplici qualità. Un disco che vive di dicotomie e contrasti. A partire dal titolo, là dove gli angeli e i fantasmi si possono accomunare in quanto figure eteree ma poi distinguere nel loro essere fonte di conforto o di sgomento. Ma che si ritrovano anche nella forma e nei contenuti. Nella forma in quanto concepito come fosse un vinile, diviso in due “facciate” ideali. E nei temi, con la sua alter-

nanza tra luce e ombra, caduta e speranza, energia e profondità. Angels & Ghosts è un album che cammina sulle proprie gambe, non cerca di accalappiare fan dei Depeche con echi del loro sound, ma nemmeno vuole battere a tutti i costi vie alternative per rimarcare il distacco dal gruppo originale del cantante. Qui non c’è elettronica, gli arrangiamenti sono scarni e la voce più volte si adagia su un accompagnamento minimale (in Lately o One Thing), dove il pianoforte e gli archi sono l’asse portante quando non l’unico al quale appoggiarsi. Questo non significa che, anche in un lavoro intimamente rock, ruvido e diretto come nei passaggi più ritmati (il singolo All Of This And Nothing), i Depeche Mode non trovino modo di essere evocati. Non fosse altro perché la voce di Gahan è un marchio di fabbrica inconfondibile ma anche perché l’ultimo album del gruppo, Delta Machine, affondava le radici nello stesso terreno al quale si ancorano spesso i Soulsavers, ovvero quello del blues. Sì, perché le influenze blues e gospel, con le loro tinte brunite, emergono spesso, esaltando il peso delle liriche. E proprio su

questo terreno, per quanto oneri e onori siano divisi con i Soulsavers, Gahan mette la propria impronta decisiva sul disco ancora più che nel precedente. Lo fa con testi personali, nei quali si racconta senza troppe maschere e dove, ancora una volta, la duplicità è il filo rosso unificante i vari momenti. Perché c’è l’amore, visto come fuga dalle tenebre, come in You Owe Me, ma anche la disperazione di fronte alle stesse tenebre, che emergono prepotenti. «I testi parlano anche di un lato più scuro di me, che mi tormenta», ha spiegato lo stesso Gahan. «È come se fossi incerto tra queste due facce». Normale per una persona che ha veramente guardato negli occhi l’abisso, arrivando a un passo dall’autodistruzione, per poi riprendersi e aggrapparsi con le unghie alla vita. Con il risultato di essere qui a raccontare il proprio inferno e farlo con una padronanza interpretativa assoluta: sarà forse perché qui può mettere in gioco il proprio io più di quanto faccia con i Depeche (dove Gore la fa ancora da padrone), ma Gahan offre una prova di grande profondità e maturità. onstage novembre

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MUSICA

CHE BELLA LA VITA! Testo di ALVISE LOSI - Foto di BARBARA OIZMUD

MAX GAZZÈ Maximilian (Virgin / Universal)

ax Gazzè torna alla propria musica dopo la splendida e prolifica collaborazione con gli amici Niccolò Fabi e Daniele Silvestri. Reduce da due anni di attività frenetica, è questa la cifra umana del bassista cantautore romano, che arriva al suo decimo album solista in venti anni di carriera (il primo Contro un’onda del mare è del 1996). Ma proprio questa sua esuberanza e, quasi, incontinenza artistica è la grande cifra stilistica di Gazzè, che in Maximilian riprende il discorso da dove l’aveva lasciato con Sotto casa. Basti pensare a La vita com’è, primo singolo estratto dal nuovo album, che riprende le atmosfere del brano presentato a Sanremo quasi tre anni fa e le proietta in un nuovo progetto discografico quanto mai eterogeneo, ma allo stesso tempo molto coerente. Maximilian – personaggio – è l’alter ego di Max. Un io proiettato in un’altra dimensione, vestito in abiti elisabettiani, ma

M

in un’ambientazione postmoderna. Un po’ come Gazzè, sempre a metà tra atmosfere cantautorali ed elettroniche. E in questo senso Maximilian – album – è eterogeneo nell’includere al suo interno diverse sonorità, ma coerente rispetto al percorso artistico del suo (vero) autore. Maximilian propende per i sintetizzatori e l’elettronica (suonata), ma allo stesso tempo lascia libero Max di divertirsi e spaziare. La bellezza di questo album è proprio nella scelta di farlo uscire subito dopo la “fine” del progetto con Fabi e Silvestri. L’irrefrenabile voglia di fare musica è sintomo della volontà di non sfruttare l’onda lunga di quel successo. O meglio, in senso strettamente discografico, con una certa malizia, si potrebbe anche pensare sia così. Ma la realtà è che un autore come Gazzè sa bene che il suo tipo di pubblico non apprezzerebbe una scelta simile. E, a prescindere dalle scelte, lui per primo avrebbe evitato un passo “commerciale”.

Il risultato è un album in un certo senso grezzo, non privo di brani coinvolgenti e trascinanti, ma che segna la volontà di esplorare nuovi orizzonti. Gazzè, distintosi sin dall’inizio della sua carriera per un cantautorato fatto (anche) di arrangiamenti poco in linea con il panorama italiano – l’utilizzo dei sintetizzatori su tutto, che ha un illustre predecessore e maestro in Franco Battiato –, avrebbe potuto sedersi sugli allori di un presente che prevede ormai solo produzioni con un massiccio utilizzo di elettronica. La scelta invece è stata quella di sperimentare. Non mancano naturalmente gli episodi più in linea con il passato, come la già citata La vita com'è o Teresa, ma in Maximilian si può trovare veramente di tutto. Con la certezza di trovarsi di fronte a un disco vero, suonato e non costruito al computer, e soprattutto scritto con la volontà di lasciarsi andare. Una dote sempre più rara di questi tempi.

Micro-reviews BOY & BEAR Limit of Love (Nettwerk) Passare dal folk-rock ai #sintetizzatori e non perdere un briciolo di credibilità. La band australiana ha parecchio da dire e ha saputo trovare nuove strade per farsi ascoltare.

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PALLANTE Higher Then Here (Island Records) Ci sono voluti 4 anni perché il #cantautore si decidesse a produrre nuova musica. E il risultato è un’evoluzione verso suoni nuovi, ma senza perdere le caratteristiche che lo hanno reso grande.

ERIO Für El (La Tempesta) Un po’ Bjork, un po’ Tracy Chapman. Ma anche Bon Iver ed Elisa, Antony e i Sigur Rós. Un #esordio tutto italiano che non può lasciare indifferenti. Per i testi, per la voce e per le melodie.

MIMOSA La Terza Guerra (Gas Vintage Records) Un’attrice che è anche musicista. E che sa cantare e #interpretare testi molto importanti e intensi con grande credibilità. Non c’è nulla di scontato, né nelle parole né nella musica.


FRANCESCO DE GREGORI Testo di ALVISE LOSI

Amore e Furto (Caravan / Sony Music)

FRANCESCA MICHIELIN Testo di ALVISE LOSI

di20 (Sony Music)

C'

è tutto nel titolo di questo splendido album. Un lavoro che certifica la passione del cantautore romano per l’artista che forse più ha influenzato la sua carriera e, per inciso, rivoluzionato la musica degli ultimi 50 anni. Prima di Bob Dylan nessuno avrebbe pensato di portare il cantautorato in territori elettrici. Anche se sarebbe un errore limitare a questo l’apporto del Menestrello alla musica popolare. E da vero dylaniano De Gregori lo dimostra, pescando undici canzoni non scontate nel repertorio del suo ispiratore (suo e di chiunque abbia iniziato a fare musica dopo gli anni Sessanta), toccandole il meno possibile in quanto ad arrangiamento. C’è tutto nel titolo, si diceva. Perché Amore e Furto è la traduzione letterale del titolo di un album di Dylan, Love and Theft appunto. Ma è anche una dichiarazione fin troppo esplicita di Francesco su quello che è per lui questo lavoro. Si tratta di traduzioni letterali dei brani di Bob. Alcune peraltro già note ai fan di De Gregori, che le aveva incluse in precedenti lavori: Non dirle che non è così (If You See Her, Say Hello) in La valigia dell’attore, mentre Come il giorno (I Shall Be Relea-

F

rancesca è la Next Big Thing designata della musica italiana. Parrà strano a molti, perché in fondo Michielin ha vinto X Factor ormai quattro anni fa. E nel frattempo? Dopo l’album di debutto Riflessi di me sembrava sparita dai radar, a parte le apparizioni al fianco di Fedez nei singoli Cigno nero e Magnifico. È ingeneroso definire la sua collaborazione con il diversamente rapper solamente “apparizione”, perché c’è molto della giovane artista nel successo di quei due brani, ma è ciò che probabilmente pensa la maggior parte di chi con il pop italiano ha solo un rapporto occasionale. E invece su Francesca stanno investendo tutti molto, a partire dalla sua etichetta Sony, che ha fatto una cosa che non si fa più e che anche negli anni Settanta, quando giravano molti più soldi, si faceva solo con i grandi: l’ha aspettata. Tre anni sono tanti tra due dischi per un’artista alle prime armi, a maggior ragione se uscita da un talent show. Perché il ferro va battuto finché è caldo. Cioè fino a quando la labile memoria di spettatori televisivi sempre

sed) nell’album live Mix. C’è poi una nuova versione di Via della povertà, canzone che De Gregori aveva tradotto qualche decennio fa ed era poi finita nell’album Canzoni di Fabrizio De André. Le altre otto sono invece traduzioni nuove, o se non altro inedite. C’è un po’ di tutto, tra diverse epoche e diversi generi che il Menestrello ha affrontato. Il che permette di gustare l’evoluzione di Dylan negli anni. Ma anche di godere della sensibilità di De Gregori nell’approcciarsi a brani lontani come Acido seminterrato (Subterranean Homesick Blues) o Dignità (Dignity). Ognuno troverà in questo lavoro un diverso interesse e anche un diverso piacere. C’è chi si arrabbierà a prescindere, perché Dylan è Dylan e non si può toccare. Chi si appassionerà a prescindere, perché De Gregori è De Gregori e non si può toccare. E poi chi, con lo stesso spirito critico e la stessa passione per la scoperta suggeriti da De Gregori, si divertirà ad ascoltare e riascoltare le due versioni di ogni brano. Allora sì che a buon diritto ciascuno potrà dire cosa lo ha convinto di più e cosa di meno di un album che è quanto di più lontano esista da un’operazione commerciale.

meno attenti si ricorderà che quel nome va associato a quel volto che per un po’ di sere ha tenuto loro compagnia. A 16 anni (questa era l’età di Francesca quando vinse X Factor) si rischia di finire in un tritacarne. E anche a 20 a dire il vero, gli stessi che compaiono del titolo del disco. Ma, oltre alla considerazione sull’attesa temporale, basterebbe leggere i nomi che stanno dietro a questo album per capire quanto l’investimento Michielin sia importante. Uno su tutti Michele Canova, forse il più importante e quotato produttore italiano del momento. Resta la domanda: c’è arrosto o è solo fumo? La carne c’è, soprattutto nei testi, che in buona parte ha scritto la stessa Francesca. E probabilmente ce ne sarebbe ancora di più se ci si fosse concentrati a produrre un album senza appiattirsi tanto sulle sonorità che vanno tanto in voga oggi. La sensazione è che, spogliate di certi arrangiamenti e di tanta, troppa elettronica, molte canzoni avrebbero decisamente guadagnato. Anche se probabilmente l’album avrebbe venduto meno. onstage novembre

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CINEMA

STAR WARS A 360 GRADI Il 16 dicembre arriva nelle sale il settimo capitolo della saga più famosa della storia del cinema. Luke Skywalker, Han Solo e Chewbacca riprendono il loro posto 30 anni dopo. Si apre una nuova pagina per le loro avventure e anche per la stessa fruizione (cinematografica e non) delle immagini. Testo di TOMMASO MAGRINI

STAR WARS VII – IL RISVEGLIO DELLA FORZA di J. J. Abrams, USA, 2015 CAST: Harrison Ford, Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam Driver, Oscar Isaac

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MICRO-REVIEWS

A BIGGER SPLASH

L

a Forza si è risvegliata. Ci siamo. A dieci anni di distanza dalla vendetta dei Sith torna sui grandi schermi di tutto il mondo la saga cinematografica più amata, sognata, imitata di sempre: Star Wars, o Guerre stellari per dirla all’antica. Il settimo capitolo dell’epopea ideata negli anni Settanta da George Lucas, Star Wars: il risveglio della forza segna un importante punto di svolta sia per le avventure di Luke Skywalker & co. sia, da un punto di vista tecnico, per la fruibilità delle immagini. Andiamo per ordine. Innanzitutto il nuovo film, diretto da J.J. Abrams, “personaggetto” che nella sua carriera ha tra le oltre cose creato l’universo di Lost, lo show che ha aperto la strada all’invasione delle serie tv moderne, concretizza l’incredibile e unico disegno cronologico che lo stesso Lucas aveva immaginato 30 anni fa. Dopo i tre recenti prequel, la vicenda si ricollega infatti al sesto capitolo della saga, vale a dire Il ritorno dello Jedi, datato 1983. Uno strano cortocircuito temporale fa sì che tornino dunque i protagonisti di quella prima trilogia, invecchiati come gli attori che li interpretano (a eccezione, forse, di R2-D2 e C-3PO). Vediamo allora di nuovo Mark Hamill nei panni di Luke Skywalker, Carrie Fisher in quelli della principessa Leia, mentre Harrison Ford, col fido Chewbacca, sfreccia di nuovo nei cieli in qualità di Han Solo. Al loro fianco una schiera di nuovi personaggi. L’erede del mitologico Darth Vader è Kylo Ren, con Adam Driver nei panni del prossimo cattivone del secolo. In più pare proprio che la nuova trilogia avrà un’anima molto più femminile delle precedenti con il personaggio di Rey (impersonata dalla giovane britannica Daisy Ridley) che giocherà un ruolo chiave. Insomma, una vera e propria ripartenza, anzi risveglio per parafrasare il titolo, che (ri) lancia l’universo di Star Wars verso nuovi confini che saranno esplorati da qui al 2019 (data entro la quale usciranno l’ottavo e il nono capitolo della saga). Ma Il risveglio della forza segna un punto di svolta anche sotto altri aspetti. Facebook ha

infatti lanciato, proprio in vista dell’uscita del film, i nuovi video a 360 gradi. Si tratta di filmati nei quali lo spettatore ha la possibilità di cambiare prospettiva e dirigere lo sguardo in ogni direzione, semplicemente muovendo il cursore, le dita sullo schermo oppure inclinando il dispositivo a disposizione. Star Wars inaugura dunque una nuova realtà virtuale creata dal team di Mark Zuckerberg grazie alla collaborazione con Oculus Rift. E gli altri non stanno di certo a guardare. Google sta già investendo a riguardo e ha avviato una propria produzione di corti cinematografici a 360 gradi. Ma la novità travolgerà nel giro di qualche anno qualsiasi tipo di immagine. Come ha affermato lo stesso Zuckerberg, «in futuro guardare un video a 360 gradi della vacanza di un amico in un piccolo villaggio francese o in un festival brasiliano significherà essere in grado di guardarsi intorno senza dover utilizzare nessun cursore: sarà come trovarsi davvero lì». Insomma, da Han Solo alla spiaggia. Anche in questo caso Star Wars conferma di essere un fenomeno di portata globale. E a proposito di 360 gradi, il merchandising non si è fatto mancare nulla. In vista del 16 dicembre, sono in uscita più di 20 titoli tra libri ed e-book all’interno dell’iniziativa Journey to Star Wars. Senza contare ovviamente una vasta collezione di giochi, videogiochi, magliette e abbigliamento vario collegato al film. D’altra parte gli analisti prevedono che Il risveglio della forza segnerà numeri da record al botteghino. Lo schieramento di forze (ci risiamo) è mastodontico: dal 18 dicembre fino al 16 gennaio 2016 la totalità degli schermi IMAX negli Stati Uniti sarà occupata dalla pellicola di J.J. Abrams. Non per caso si stima che nel weekend d’esordio delle sale potrebbero essere raggiunti 540 milioni di dollari di incasso, sorpassando le cifre di Jurassic World. E, se tutto va bene, potrebbero addirittura essere superati i due miliardi di dollari totali, battendo tutti i record precedenti. Roba che tra qualche millennio qualcuno potrebbe guardare indietro e pronunciare le fatidiche parole: «Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana...».

di Luca Guadagnino (Italia/Francia, 2015) Un po' melodramma e un po' thriller. Un (bel) po' di fumo e un po' meno di arrosto. Con Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Dakota Johnson (senza #50sfumature). E con una comparsata di Corrado Guzzanti.

ROCK THE KASBAH

di Barry Levinson (Usa, 2015) Un manager musicale in disgrazia segue la sua ultima cliente per una tournée in #Afghanistan. Si ritroverà solo, senza soldi e senza documenti in giro per Kabul. Divertente commedia musicale con Bill Murray.

HUNGER GAMES. IL CANTO DELLA RIVOLTA PARTE II

di Francis Lawrence (Usa, 2015) Riuscirà la bella e ribelle Katniss ad avere la meglio sulla tirannia di Capitol City? A Jennifer Lawrence e Donald Sutherlad l'ardua sentenza. L'ultimo capitolo (in 3D) della saga #youngadult.

HEART OF THE SEA

di Ron Howard (Usa, 2015) Lo specialista in #blockbuster Ron Howard racconta la storia di #MobyDick e delle disavventure marittime della realmente esistita baleniera Essex. Spettacolo hollywoodiano all'ennesima potenza.

REGRESSION

di Alejandro Amenàbar (Spagna/ Usa, 2015) Torna il regista spagnolo con atmosfere da #thriller #horror. Ethan Hawke indaga sugli strani avvenimenti successi all'interno della casa nella quale viva una spaventata Emma Watson.

PAN di Joe Wright (Usa, 2015)

Dall'orfanotrofio all'#IsolaCheNonC'è con biglietto di sola andata. Fantasy visionario che racconta le origini del mito di Peter Pan tra pirati, guerrieri, fate, Hugh Jackman, Cara Delevingne, Amanda Seyfried e altre amenità.

IL PONTE DELLE SPIE

di Steven Spielberg (Usa, 2015) La coppia di fatto Tom Hanks-Steven Spielberg alle prese con la vera storia di un avvocato che si arruola nella #Cia durante la #GuerraFredda e rimane coinvolto in un complicato gioco di spie. Scritto dai fratelli Coen.

IRRATIONAL MAN

di Woody Allen (Usa, 2015) Un professore di filosofia in crisi esistenziale si trasferisce nel Rhode Island e si ritrova coinvolto in un singolare triangolo amoroso con una collega e una studentessa. #controcinepanettone

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SERIE TV

FILM DA 12 ORE Sono sempre di più i titoli cinematografici che ispirano serie tv, mentre un tempo era il contrario: serie televisive che si trasformavano in film. Da Minority Report a Fargo, storia di un fenomeno che cambierà per sempre cinema e televisione. Testo di TOMMASO MAGRINI

U

na volta nessuno voleva vedere La corazzata Potemkin perché, influenzati dal ragionier Ugo Fantozzi, si pensava che durasse un'eternità. E invece quei 70 minuti (già, il film di Ejzenstein dura solo un'ora e dieci) impallidirebbero di fronte a quello che accade al giorno d'oggi. Sì, perché ora i film possono durare anche 12 ore. Stiamo parlando, chiaramente, di quei film che diventano serie tv. Ed è una cosa che succede sempre più spesso. Sleepy Hollow, Fargo, Minority Report, Limitless. Prossimamente pure American Gigolò, Ghost, Grease, Terminator. Anche in Italia non mancano gli esempi, da Romanzo criminale a Gomorra. È persino stato annunciato che Suburra sarebbe diventata una serie ancora prima della sua uscita al cinema. Insomma, una vera e propria invasione. Fino a pochi anni fa succedeva l'esatto opposto. Una serie funzionava? Se ne traeva un film per monetizzare al massimo il suo successo. Basti pensare a Star Trek, Twin Peaks o X-Files, tra i tantissimi altri. Più in generale, era sempre stato il cinema a consacrare definitivamente un'opera in più parti. L'unico (il film) rendeva grande la serialità (lo show, il fumetto). Ora accade esattamente l'opposto. L'unico si moltiplica e diventa seriale, anche quando resta al cinema (vedi le interminabili saghe dei supereroi). Un fenomeno che spiega più di mille analisi il rapporto ormai rovesciato tra piccolo e grande schermo. Il vantaggio della serie è che si ha un tempo infinitamente maggiore per scandagliare le caratteristiche dei personaggi. I tempi sono

dilatati, le possibilità infinite. E così gli sceneggiatori si stanno scatenando su un materiale originario di successo per costruire delle più o meno riuscite variazioni sul tema. In queste settimane negli Usa sono partiti tre show tratti da film. Su Fox è cominciata la prima stagione di Minority Report, ambientata a dieci anni di distanza dagli eventi narrati nel film del 2002 di Steven Spielberg. I protagonisti sono tre precog, che nel frattempo sono sta-

ti dichiarati fuorilegge. Su Cbs va in onda Limitless che, come il film con Bradley Cooper (che torna anche nel cast della serie), racconta le gesta di un uomo che assume un farmaco in grado di far funzionare il 100% del suo cervello. Infine, su FX è partita la seconda stagione di Fargo, prequel della precedente e ottimo esempio delle potenzialità del passaggio da cinema a tv. Il risultato di tutto questo? Chiaro: divano di casa 1 – poltrona del cinema 0.

MICRO-REVIEWS

AMERICAN HORROR STORY 5° stagione in onda negli Usa dal 7 ottobre (Fx) In un hotel maledetto della California avvengono efferati omicidi. Un detective indaga per mettere fine ai massacri, ma deve vedersela coi vampiri guidati da #LadyGaga. Tanto #horror, tanto #sesso, infinite perversioni.

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WICKED CITY 1° stagione in onda negli Usa dal 27 ottobre (Abc) Nel 1982 poliziotti, giornalisti, informatori e persino spacciatori costituiscono una strana alleanza per dare la caccia a un #serialkiller che terrorizza il Sunset Strip. Uno degli esordi più importanti della stagione televisiva per #Abc.

JESSICA JONES 1° stagione in onda negli Usa dal 20 novembre (Netflix) Una ex supereroina che soffre di disturbo posttraumatico da stress apre un'agenzia investigativa. #JessicaJones è la seconda serie nata dalla collaborazione tra Netflix e #Marvel dopo Daredevil. Atmosfere #dark.

THE MAN IN THE HIGH CASTLE 1° stagione in onda negli Usa dal 20 novembre (Amazon)

#Distopia all'ennesima potenza in un universo storico alternativo dove il nazismo ha vinto la Seconda guerra mondiale e gli Usa non esistono più. La serie finora più ambiziosa messa a punto da Amazon.



GAMES

GUITAR HERO LIVE Restyling totale: il gioco del rock & roll di ultima generazione. Testo di MARCO RIGAMONTI

SVILUPPATORE:

FreeStyle Games /

GENERE:

Music

/

DISPONIBILE PER:

PS4 / PS3 / Xbox One / Xbox 360 / Wii-U

R

ivitalizzare i Music Rhythm Games nel 2015: una sfida di proporzioni titaniche. A pochi anni dall'esordio dei primi Guitar Hero e Rock Band, i tentativi di introdurre una chitarra più professionale (Rock Band 3, 2010) oppure una consolle (Dj Hero, 2009) non sono bastati per rallentare la caduta libera di un settore spremuto da troppe release forzate e talvolta inutili. La sensazione è che serva ripartire da zero (o quasi). Guitar Hero Live ci prova in tre modi. Il primo mi appare chiaro fin dal momento in cui scarto la confezione: il controller non presenta più i ben noti 5 tasti colorati, ma 6 tasti sistemati su due file orizzontali da 3. Questo significa che le corsie sul monitor si riducono (da 5 a 3), però le combinazioni possibili aumentano esponenzialmente. L'impressione di un discreto smanettatore come il sottoscritto è che imparare a padroneggiare il livello esperto richiederà molto tempo e dedizione. La seconda novità è estetica: i concerti vengono vissuti in prima persona attraverso un interessante Point Of View che si adatta all'esibizione. Quando suono bene il pubblico si infiamma e i compagni di palco si esaltano, quando non prendo una nota i fan protestano di brutto e la band esprime tutto il suo dissenso (o mi sprona a fare meglio). La terza innovazione è rappresentata dalla GHTV, una piattaforma streaming attiva 24 ore su 24 suddivisa per canali tematici che consente di suonare un ammontare pazzesco di brani accompagnati da relativi video mu-

sicali, rendendo di fatto obsoleto il sistema pacchetti DLC. Da grande appassionato della serie non posso che apprezzare lo sforzo di FreeStyle. Mi manca un pizzico di profondità nella carriera, ma le reazioni di pubblico e band mi mettono addosso una tensione quasi reale. Mi

lasciano perplesso anche certe scelte troppo poco “rock” nelle scalette, ma questa è una questione di gusti. Non tutte le rivoluzioni vengono col buco: intanto GH Live ci mette molto coraggio e riesce a riaccendere una scintilla nel desolato panorama dei videogiochi musicali. 3.5/5

MICRO-REVIEWS HALO 5: GUARDIANS (Xbox One)

Il Multiplayer (con la M maiuscola) che i possessori di Xbox One stavano aspettando: anche lo story-mode dopo le esitazioni di Halo 4 - torna a brillare, soprattutto se giocato in coop. #adrenhalina

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PROJECT ZERO V: MAIDEN OF BLACK WATER (Wii-U)

Il quinto capitolo della saga Tecmo ci fa riassaporare il gusto del survival horror d'annata; è un'esclusiva Wii-U, e i collezionisti potranno aggiudicarsi la Limited Edition solo qui in Europa. #cameraobscura

ASSASSIN'S CREED: SYNDICATE (Xbox One / PS4 / PC) In piena epoca Vittoriana, due fratelli (Jacob e Evie) si intrufolano nel sottosuolo criminale londinese per combattere l'egemonia templare tra inseguimenti, inflitrazioni, assassinii e rapimenti. #backto800

TALES OF ZESTIRIA (PS4)

Il ventesimo anniversario di Tales Of viene celebrato con un episodio solido e in parte innovativo, ma tecnicamente non eccelso; consigliato sia ai fan che ai neofiti dei JRPG per la semplicità. #20annidifavole



TECH

ARMATA ROSSA La più famosa piattaforma per vedere video online rivoluziona la propria modalità di fruizione e si muove finalmente nella direzione dei più agguerriti competitor sul mercato. Senza però rinunciare alla propria essenza. Almeno per ora. Testo di JACOPO CASATI

N

el numero 59 di Onstage (marzo 2013) intitolavamo L’era dello streaming un pezzo della nostra rubrica Numbers. Sfruttando come spunto lo sbarco di Spotify in Italia sostenevamo che, nel giro di pochi mesi, questa tecnologia sarebbe stata in grado di cambiare per sempre il nostro modo di ascoltare musica. Ci sembrava un processo irreversibile, positivo e soprattutto inevitabile. Il 28 ottobre 2015, due anni e mezzo dopo, negli Stati Uniti viene lanciato YouTube Red. Sarà possibile abbonarsi al popolarissimo servizio di video sharing pagando una quota mensile. Google, proprietario della piattaforma, ha inviato una mail ai propri utenti americani definendo la nuova versione come The ultimate YouTube experience, ossia la risposta definitiva alle richieste che da sempre il pubblico rivolgeva a YouTube stesso: guardare i video senza interruzioni pubblicitarie e supportare in misura maggiore i propri video maker preferiti. Con 9,99 dollari al mese, l’utente potrà eliminare la pubblicità e salvare i propri vi-

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deo preferiti in modalità offline, oltre ad ascoltare musica in background (tramite l’app YouTube Music in arrivo a breve) su qualsiasi device. Oltre a questo, abbonandosi a Red si sarà automaticamente iscritti anche a Google Play Music Unlimited senza ulteriori costi. Dal 2016 si aggiungeranno progressivamente contenuti speciali creati dagli Originals (ovvero gli YouTuber più famosi e affermati), dedicati solamente a chi usufruirà del servizio a pagamento. Si dice, anche se non viene specificata la modalità secondo la quale ciò dovrebbe accadere, che i creatori di contenuti stessi godranno di una remunerazione migliore rispetto a quella attuale, che si basa sulla vendita di pre-roll e messaggi pubblicitari interni ai video stessi. Che fine farà YouTube come lo conosciamo oggi? Google precisa che la versione con gli annunci pubblicitari rimarrà al proprio posto. Sarà possibile continuare a utilizzare YT come sempre fatto, incluse le app Kids, Gaming e Music. I contenuti attualmente presenti sulla piattaforma rimarranno quin-

di alla portata di tutti e gratuiti? A questa domanda non sono ancora arrivate risposte convincenti. Cosa potrà succedere se, progressivamente, i vari attori del mercato decideranno di spostarsi e di rendere disponibili sempre più contenuti solo per gli iscritti a Red? O, ancora, per quanto tempo YouTube stesso tollererà la non partecipazione di artisti e degli attori principali dell’industria dell’entertainment a Red? Quesiti cui troveremo risposta tra qualche tempo. Inevitabilmente gli annunci pubblicitari rimarranno ancora a lungo la fonte principale di introito per la piattaforma video (secondo eMarketer, tra l’altro, la raccolta di adv online frutterà a YouTube circa 9,5 miliardi di dollari nel solo 2015). Tuttavia il trend non è reversibile. Lo streaming si imporrà anche su questo settore esattamente come fatto con l’audio due anni fa. Prova ne è l’arrivo (e il successo) anche in Italia di Netflix, affermato servizio streaming on demand di film e serie tv, che metterà nel breve periodo in difficoltà sempre maggiore le pay tv tradizionali.


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COMING SOON

CALENDARIO CONCERTI

Skunk Anansie

SWEET HOME, MILANO

GEN/FEB/MAR 2016

Testo di JACOPO CASATI

I

n Italia sono sempre stati a casa. Gli Skunk Anansie tornano nel nostro Paese per un'unica data indoor a supporto del nuovo album Anarchytecture. Skin e compagni suoneranno a Milano il 17 febbraio 2016, all'interno di un Alcatraz andato esaurito in meno di ventiquattro ore. La febbre da Skunk non è una novità: se il quartetto ha avuto il massimo periodo di splendore a livello europeo nella seconda metà degli anni Novanta, in Italia la vera esplosione del gruppo è arrivata dal 2009 in poi. Dal momento della reunion i concerti del gruppo britannico sono stati seguiti da un numero di persone sempre maggiore (con sold out registrati a Milano al Forum di Assago, come successo nel 2011 e 2012, e all’ormai fu Palasharp nel 2009), mentre i loro nuovi album sono stati certificati col disco d’oro raggiungendo posizioni di rilievo nella chart nazionale. Successi anche superiori a quelli ottenuti con i primi tre album, che in piena epoca post-grunge aiutarono gli Skunk Anansie a diventare un gruppo di punta di quell’on-

data alternative rock che non voleva più distinguere ma inglobare. Pochi come loro sono riusciti a incidere ballate strappalacrime stupendamente pop accanto ad altrettanti brani hard rock che lambivano, per aggressività, il vecchio spirito punk, con partiture che richiamavano blues, funk e reggae. Trait d’union fondamentale è da sempre la voce di Skin, ugola sensazionale e versatile, in grado di adattarsi a qualsiasi genere. Dal vivo Deborah Dyer (vero nome della front-woman), Richard “Cass” Lewis, Martin “Ace” Kent e Mark Richardson rimangono una delle band più coinvolgenti ed esaltanti da vedere. Oltre a questo, gli Skunk Anansie sono tra i pochi gruppi veramente rock ad aver ottenuto un largo successo di massa tra il pubblico generalista, grazie a un’abilità esecutiva innegabile e, ovviamente, a successi come Charlie Big Potato, I Can Dream, Hedonism (Just Because You Feel Good), Weak, Secretly, Selling Jesus, You'll Follow Me Down, Yes It's Fucking Political e Little Baby Swastikkka.

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98 onstage novembre

- dicembre




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