Loci scriptorum

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PERCORSI ANTOLOGICI

1.15

L’ultimo discorso di Catilina ai suoi soldati (De coniuratione Catilinae 58,1-17) Paragonato al primo discorso pronunciato davanti ai congiurati in Roma (D TESTO 1.7), questo secondo e ultimo discorso di Catilina potrebbe risultare, a prima vista, più istintivo e immediato, dettato com’è dalla situazione ormai disperata in cui versano lui e i suoi uomini. Deciso a raggiungere la Gallia dopo la fuga da Roma, ma impedito nei suoi piani dall’ingenuità di Lentulo (D TESTO 1.14), Catilina si trova intrappolato fra l’esercito di Quinto Metello Celere a nord e quello di Antonio a sud, pronti a distruggerlo. L’unica possibilità di salvezza, dice ai compagni riuniti, è combattere fino alla morte: perché nessuno, se non il vincitore, può decidere di mutare la guerra in pace (nemo nisi victor pace bellum mutavit). A una lettura più attenta, tuttavia, il discorso di Catilina tradisce un’abilità retorica che non ci si aspetterebbe da un uomo destinato a morte certa. L’uso di parallelismi per sottolineare il destino comune per sé e i suoi uomini (Compertum ego habeo, milites … Scitis equidem, milites); le ripetizioni insistite sul tema dell’audacia; il ricorso a figure di suono in chiave patetica (pugnare pro potentia paucorum): tutto lascia intendere la sdegnosa determinazione e la consapevolezza del personaggio. Nel momento estremo della decisione, Sallustio sceglie per il suo protagonista gli attributi del tragico. Battetevi da uomini, dice Catilina al termine del suo discorso, lasciate ai nemici una vittoria luttuosa piuttosto che farvi catturare e sgozzare come bestie.

1. Compertum ego habeo, milites, verba virtutem non addere neque ex ignavo strenuum neque fortem ex timido exercitum oratione imperatoris fieri. 2. Quanta cuiusque animo audacia natura aut moribus inest, tanta in bello patere solet. Quem neque gloria neque pericula excitant, nequiquam hortere: timor animi auribus officit. 3. Sed ego vos, quo pauca monerem, advocavi, simul uti causam mei consili aperirem. 4. Scitis equidem, milites, socordia atque ignavia Lentuli quantam ipsi nobisque cladem attulerit

1. Compertum … habeo: «So bene»; regge le due infinitive seguenti verba … non addere e ex ignavo … fieri. – verba … fieri: probabile citazione dalla Ciropedia di Senofonte, là dove si dice che non bastano le parole a rendere coraggioso chi non lo è (3,3,50). Ma il discorso di Catilina ha precisamente lo scopo di infondere coraggio e infiammare gli animi dei pochi che lo hanno seguito (nota l’allitterazione verba virtutem e il chiasmo ex ignavo strenuum … fortem ex timido), anche in questo sta la grandezza del suo personaggio. – oratione imperatoris: il discorso del comandante, cioè appunto il discorso di Catilina. 2. Quanta … tanta: «Quanta audacia c’è per natura o per educazione nell’animo di ciascuno, tanta…»; natura e moribus sono due ablativi di causa. – patere solet: «suole manifestarsi». – Quem … hortere: costruisci Nequiquam hortere quem neque gloria neque pericula excitant; hortere = horteris, congiuntivo potenziale; il «tu» generico ha valore impersonale. – timor animi: «la paura dell’animo»; dunque la codardia, che è altra cosa rispetto alla paura legittima di trovarsi accerchiati dal nemico, come Catilina ammetterà subito dopo. – auribus officit: officio regge il dativo nel significato di «ottundere, ostacolare». 3. quo … monerem: proposizione finale retta da advocavi, come la successiva uti … aperirem, coordinata da simul; nota la

variatio nella costruzione e il fitto gioco delle allitterazioni di v, c e m: vos … pauca … advocavi … causam mei consili aperirem. 4. Scitis … milites: riprende, variandolo, l’attacco del discorso, creando di fatto un parallelismo tra due argomenti «ben noti»: tra le righe, Catilina mostra di prendere atto della situazione senza lasciarsene sopraffare. Sa che le parole non bastano, e tuttavia ha convocato i suoi per incoraggiarli e farli partecipi della sua decisione. I soldati, da parte loro, sanno quali sono le circostanze in cui si trovano dopo l’errore di Lentulo, e devono contare solo sulle proprie forze. Tra loro e il comandante viene così a profilarsi un rapporto di parità, un destino comune. – socordia … attulerit: interrogativa indiretta dipendente da Scitis, come la successiva quoque … nequiverim; socordia atque ignavia: «l’inerzia e la viltà». Lentulo aveva ingenuamente svelato i piani della congiura a una delegazione di Allobrogi, una popolazione gallica sottomessa che mal sopportava le angherie del dominio romano, nel tentativo di trovare un sostegno esterno alla rivolta. Cicerone, informato preventivamente sulle intenzioni dei congiurati, aveva sfruttato l’occasione per promettere salvezza alla delegazione in cambio del tradimento: gli ambasciatori degli Allobrogi avrebbero dovuto fingere di collaborare per farsi dare

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