Loci Scriptorum - Profilo storico della letteratura latina

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4. Dall’età giulio-claudia all’età flavia Dalla res publica all’umanità

Tale speculazione viene portata a compimento nel De otio, specialmente laddove emerge l’idea che il saggio debba giovare alla res publica vere publica, cioè all’umanità, e non a una precisa realtà politica (De Otio 4 D La biblioteca dei classici, p. 431), il che riprende e amplia proprio il concetto del «mondo come patria»: si tratta – senza alcun dubbio – della sanzione del fatto che il civis non possa più praticare la libertas politica (come prescritto dal mos maiorum), ma solo quella interiore. La consapevolezza filosofico-politica che emerge da queste riflessioni contribuì dunque ad affrancare definitivamente Seneca dal ruolo di complice del potere, a originare i suoi ultimi capolavori letterari e a portarlo a quella morte esemplare – modellata sul suicidio di Socrate e Catone Uticense – che Tacito ci ha descritto. Si era così moralmente riscattato; d’altronde per un intellettuale romano, soprattutto se aristocratico, rapportarsi o compromettersi con il potere era pressoché necessario e, purtroppo per Seneca, al tempo in cui visse, il potere era rappresentato da Nerone.

Lingua e stile Tra filosofia e retorica

Lo stile della prosa di Seneca è il risultato della rielaborazione, molto personale e originale, di due componenti fondamentali della sua formazione culturale: quella retorica, influenzata dallo stile asiano, ricco ed elaborato, e quella filosofica, che segue l’impostazione didascalica propria della diatriba cinico-stoica.

Ricchezza e finalità dello stile Inconcinnitas, brevitas, drammaticità

La struttura sintattica della prosa senecana è basata sulla paratassi ed è caratterizzata da un andamento irregolare e asimmetrico (inconcinnitas). In tal modo viene dissolta la disposizione gerarchica delle proposizioni propria della tradizione ciceroniana; la coerenza logica e dottrinaria del discorso è quindi affidata, più che a nessi grammaticali, alla contrapposizione o all’accostamento di concetti e di immagini. Notevole è inoltre l’impiego dell’ellissi, specialmente del verbo, come pure l’accostamento di modi e tempi verbali continuamente diversi, o i rapidi mutamenti dall’attivo al passivo e dal discorso diretto al discorso indiretto. Lo stile di Seneca mira inoltre alla ricerca della brevitas, cioè dell’espressione sintetica del concetto che viene espresso con efficacia da frasi a effetto, le sententiae. Alcuni esempi: «Servi sunt». Immo homines («“Sono schiavi.” Sì, ma sono esseri umani», Epistulae 47); oppure la celebre espressione cotidie mori («morire ogni giorno», Epistulae 1,1 D TESTO 1) o l’ancor più famosa vita, si uti scias, longa est («la vita è lunga, se la sai utilizzare»; De brevitate vitae 2). Queste ben si adattano a veicolare al lettore consigli e norme con cui delineare un’arte del ben vivere, con un costante richiamo alla vita concreta, all’esperienza quotidiana. Seneca, inoltre, utilizza lo stile per scandagliare la vita interiore dell’uomo, a partire dalla sua dimensione privata, facendone emergere le pulsioni e i drammi interiori che danno alimento alle passioni: assai felicemente il critico Alfonso Traina ha parlato per Seneca di stile drammatico.

Artifici retorici e lessico Le figure retoriche

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Seneca fa ampio uso di figure retoriche di suono quali l’allitterazione, il poliptoto e l’assonanza. L’artificio retorico da lui prediletto è però la metafora, che allude a immagini della vita quotidiana, dell’esperienza militare, dell’ambito giuridico. Il riferimento all’esperienza militare, in particolare, si riconnette al topos stoico dell’impegno che il saggio deve porre nel perseguire la virtù, come un soldato che si impegna al massimo delle sue forze (vivere militare est, «La vita è una milizia», Epistulae 96,5). Al fine di meglio esplicare un concetto filosofico astratto, Seneca tende a correlarlo


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