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N°4
Un magazine con cui vi racconteremo di noi, dei nostri studi e delle nostre passioni



Un magazine con cui vi racconteremo di noi, dei nostri studi e delle nostre passioni
Carissime studentesse e carissimi studenti, anche quest’anno colgo l’occasione dell’editoriale del nostro giornalino per rinnovarvi l’invito già rivoltovi in occasione dell’inaugurazione di quest’anno scolastico, di trovare tra le mura della nostra scuola lo spazio di condivisione di esperienze, di crescita e consapevolezza della propria identità e di quella altrui, di formazione alla cittadinanza nel rispetto di sé e degli altri. Qui stiamo trascorrendo insieme: dirigente, docenti, alunni e personale tutto, un altro anno delle nostre vite, imparando a conoscerci meglio e a conoscere passato e presente, con lo sguardo rivolto al futuro per costruirlo con competenza e creatività.
Imparando la sapienza che ci viene dallo studio delle lingue classiche e coniugandole con i linguaggi attuali, con le competenze scientifiche e tecnologiche che la nostra scuola promuove e favorisce, saprete guardare in voi stessi per scoprire le vostre potenzialità; saprete guardare agli altri sperimentando dinamiche relazionali di popoli e culture per sviluppare la capacità di condivisione; saprete comunicare in forme nuove e creative il vostro pensiero libero e originale, capace di assenso ma anche di dissenso verso la realtà e le sue molteplici espressioni.
Lo studio, la conoscenza, il piacere di scoprire nuove nozioni o di approfondire tematiche che ci stanno particolarmente a cuore rappresentano i mezzi più efficaci a nostra disposizione per interpretare la realtà, per aprire orizzonti inediti, per sviluppare i propri talenti e la propria sensibilità, per realizzarsi pienamente, non solo dal punto di vista professionale.
La scuola non è solo il luogo delle lezioni o delle interrogazioni, ma è il luogo in cui il futuro prende forma, giorno dopo giorno, con le sue occasioni e le sue opportunità. È anche un luogo la cui missione educativa non si ferma alla mera didattica, ma insegna la bellezza dell’inclusione e della solidarietà, che ci fa tendere sempre una mano ai compagni che rischiano di restare indietro o sono in difficoltà
Con tenacia, impegno e perseveranza, vivete questo tempo di esperienze e di sapere, affrontate le sfide e gli obiettivi da raggiungere, insieme, come una grande comunità che cammina unita.
Vivete la nostra realtà scolastica e cogliete tutte le opportunità che essa vi offre con generosità e che fin dai primi giorni di scuola si stanno realizzando, una dopo l’altra, spaziando in ambiti diversi, dallo sport, all’ambiente, ai viaggi, al territorio, all’arte, al teatro, all’ascolto, alla creatività, alla lettura, alla scrittura. Un vivaio di iniziative rivolte allo sviluppo dell’eccellenza ma anche al recupero di eventuali conoscenze
e competenze.
Il bagaglio di conoscenze, competenze, relazioni che realizzerete a scuola, vi aiuterà a combattere l’incertezza di quest’epoca, alimentando, invece, la certezza di realizzare il vostro personale progetto di vita.
goQui, nella relazione quotidiana accrescete le vostre conoscenze, sviluppate competenze e abilità, ma soprattutto imparate a collaborare assieme per realizzare nuove conquiste, accettando le differenze che ci contraddistinguono, come fonte di ricchezza che rende l’uno necessario all’altro.
Insieme a vostri docenti, che animati dalla passione educativa, svolgono un compito spesso faticoso e difficile, lasciatevi condurre alla scoperta di cose nuove che aprono la vostra mente alle domande importanti e al confronto con la diversità, per costruire insieme un’umanità migliore.
Condividere l’esperienza scolastica quotidiana con i compagni, costruire relazioni di amicizia con loro, è l’aspetto forse più stimolante di tutti, è qualcosa che rimarrà per sempre dentro di voi, di cui vi ricorderete nel tempo.
Abbiamo bisogno di guardare al futuro con speranza, nonostante dal mondo in cui viviamo ci giungono segnali di ignoranza, pregiudizio, violenza e guerra. Siate perciò protagonisti del vostro presente e costruttori del vostro futuro. Apprendete e divertitevi affinché possiate crescere con entusiasmo e speranza.
Il liceo classico, come ben sappiamo, apre molteplici strade per il futuro: una di queste è sicuramente la via per la facoltà universitaria di medicina, garantita dal recente indirizzo biomedico che quest’anno ha presentato la prima annualità del triennio 2022-2025 inerente il percorso di orientamento “Biologia con curvatura biomedica”.
Questo indirizzo è stato avviato nella nostra scuola, nell’anno scolastico 2017/2020, insieme ad altri 130 licei classici e scientifici di tutt’ Italia, avendo come obiettivo quello di orientare i ragazzi su ciò che vorranno fare in futuro e soprattutto se vogliono intraprendere il percorso di studi in ambito chimico-biologico e sanitario.
Si tratta di un totale di 150 ore aggiuntive triennali (50 all’anno), venti delle quali sono tenute dai docenti di scienze, altre venti dai medici e dieci presso strutture sanitarie: ospedali e laboratori (PCTO). Quest’ultime garantiscono ai ragazzi di apprendere direttamente sul campo, facendo comprendere cosa succede in un reale contesto medico. Il corso biomedico possiede annualmente quattro nuclei tematici e alla fine di ognuno di esso si deve sostenere un test sulla piattaforma nazionale. Una bella opportunità per noi studenti e per il nostro territorio. Ma, passiamo ad altro! Anche quest’anno, come quelli precedenti e come accade in tutti gli istituti superiori d’ Italia, noi studenti del Liceo Classico-Artistico F. Fiorentino siamo stati chiamati alle urne, per rinnovare i consigli di classe, il consiglio d’istituto e la consulta provinciale di Catanzaro. Sarebbero stati in molti, secondo le voci che sono circolate prima che si avviasse la campagna elettorale e che si deponessero in segreteria le candidature ufficiali, coloro che avrebbero voluto presentarsi. Alla fine, invece, sono stati cinque i candidati al Consiglio d’Istituto e soltanto uno il candidato alla consulta provinciale, di durata annuale
per surroga del componente. Simone Saladino, infatti, ha corso in solitudine per quest’ ultimo organo, affiancato, per quanto riguarda la rappresentanza d’istituto, dagli eletti Alessandro Miceli e Lorenza Morello. La lista n.2 era capeggiata, diversamente da quella che ha espresso i candidati eletti, da Salvatore Viola, che è risultato anch’egli democraticamente eletto, e da Valeria De Grazia, che per uno scarto di 5 voti non ha superato il suo alleato. Si è classificato ultimo, infine, prendendo 107 voti di preferenza, pur candidandosi senza nessuna compagnia e pur svolgendo una propaganda alla pari dei suoi competitor, Marco Benincasa. Il team dei rappresentanti da subito all’opera, tra le tante proposte ha organizzato la prima assemblea d’istituto, in occasione della “Giornata Internazionale contro la violenza sule donne, coinvolgendo la dott.ssa Gaetana Ventriglia, Commissario di Polizia di Stato presso il Commissariato di Lamezia Terme, la criminologa forense dott.ssa Valentina Falvo e alcune rappresentanti del movimento “Non una di meno”. Noi studenti siamo intervenuti soprattutto ponendo domande agli ospiti, ma soprattutto abbiamo avuto un momento di riflessione su un fenomeno purtroppo molto attuale.
“Un po' di noi”
di Antonio Conte, Paola D'Amico, Federica Pia Vaccaro
Il 4 Novembre 2022 la nostra scuola è stata scelta tra tutte le scuole della Calabria dall’Ufficio Scolastico Regionale per la consegna di un’onorificenza molto importante in occasione della Giornata Internazionale delle forze armate. Io, in quanto rappresentante della Consulta Provinciale e Lorenza Morello in quanto rappresentante di Istituto siamo andate a Catanzaro insieme al Dirigente Scolastico Nicolantonio Cutuli accolti dalla Dott.ssa Franca Falduto, che si occupa delle consulte di tutta la provincia di Catanzaro. La cerimonia si è aperta con il tradizionale alzabandiera e la deposizione da parte del prefetto di Catanzaro di una corona di fiori ai piedi della statua ai caduti, in ricordo delle vittime della Prima guerra mondiale. In seguito, il prefetto ci ha consegnato la bandiera italiana da esporre all’interno della nostra scuola come riconoscimento per le numerose e interessanti attività didattiche e formative, svolte nel corso degli anni.
È stato un bel momento, perché anch’io mi sono impegnata ad organizzare attività dalle quali noi studenti potessimo trarre arricchimento, anche gli altri rappresentanti e gli insegnanti negli anni hanno sempre profuso impegno e attenzione realizzando attività scolastiche ed
extrascolastiche interessanti e formative.
Siamo una scuola piccola, ma paradossalmente questo è un punto a nostro favore. Grazie a questa caratteristica, è molto più semplice organizzare attività che siano direttamente legate al vissuto di ogni singolo studente, è possibile cogliere i bisogni di ognuno e rispondere ad essi in modo adeguato, attraverso sempre nuove esperienze.
Mi vengono in mente moltissime attività bellissime svolte durante gli anni, a partire dai corsi di sci fatti a Palumbo Sila nel 2019 e ad altre attività sportive, all’esperienza di alternanza scuola-lavoro in Biblioteca svolta l’anno scorso, durante la quale abbiamo imparato la catalogazione dei libri, alle assemblee d’istituto, al giornalino in cui scrivo e scriviamo di noi e della scuola, ecc. ecc.
A quanto pare, tutte queste le bellissime esperienze che abbiamo accumulato durante gli anni sono state notate, ed è per questo che sono stata molto contenta di ricevere quest’onorificenza. Spero tanto che l’anno prossimo, quando io me ne andrò, la scuola possa continuare ad essere un luogo di crescita per le nuove generazioni come lo è stata per me.
“Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate” di Caterina CarnevaleL’incontro cui hanno partecipato alcune classi del nostro Liceo, che ci ha visti accostare con argomenti solitamente poco trattati durante il percorso di studi nelle scuole superiori, ha lasciato tutti a bocca aperta. La chiarezza espositiva, il carisma del dottor Aceti hanno reso facili da comprendere dinamiche assai complesse su cui si basa la psicologia dell’età evolutiva. È facile, alla nostra età, sentire il peso del mondo addosso, come se la sopravvivenza della società intera dipendesse dalle azioni da noi compiute. Ai giovani si richiedono performance scolastiche e comportamenti morali sempre impeccabili dal mondo degli adulti che, talvolta, non è in grado di coglie-
re la nostra necessità più grande: essere amati e apprezzati, nonostante le fragilità e i fallimenti. In questo particolare periodo della mia adolescenza, sento più che mai la necessità di un appoggio, di una figura adulta tanto matura e integerrima che possa essermi da sostegno quando sto per cadere o che mi dia consigli su come rialzarmi e andare avanti. Vorrei che qualcuno mi dicesse con assoluta sincerità gli errori che compio, per via della mia fragilità, è proprio questa tanto agognata sincerità che ho trovato nelle parole dello psicologo Aceti. Se fossi stata sola ad ascoltarlo, alcuni passaggi del suo discorso mi avrebbero persino fatto scendere qualche lacrima. Quando si sentono delle parole tanto vere, tanto cariche, tanto forti, tanto sentite, non è facile rimanere freddi, soprattutto se quelle stesse frasi pronunciate sembrano essere estrapolate dal libro della nostra storia, della mia vita, di cui ancora non ne conosco lo svolgimento, né tantomeno il finale. Credo di aver sviluppato nel corso degli anni, grazie alla famiglia, alla scuola e al mio rapporto con la religione, un carattere forte nell’affrontare le sfide, sempre pronta a mettermi in gioco, nonostante la tristezza e le difficoltà. Sono consapevole
“Libertà e amore” di Mariagrazia Fragale
del fatto che la vita sia un turbinio di emozioni e che bisogna imparare, come ha evidenziato il dottor Aceti, ad affrontare gli errori inevitabili con un sorriso, ma quanto è difficile? Saranno i social, sarà la società, svuotata e oppressa, saranno le tragedie a cui assistiamo, ma ogni giorno sembra un’utopia riuscire a combattere tutto quello che di cattivo, brutto e ingiusto sopravvive all’esterno e all’interno di noi. Un passaggio dell’argomentazione proposta, che mi ha fatto riflettere attentamente, è stato quello secondo cui l’umanità, progredita tecnologicamente, quella stessa umanità che ha raggiunto traguardi importantissimi, che va nello spazio, che è in grado di
deviare gli asteroidi con satelliti artificiali, continui a rimanere “barbara” nell’educare. E la scuola italiana ne è un tipico esempio: necessita di una boccata d’aria fresca sia nei metodi che nei programmi di studio. Occorre di certo che essa dia priorità alla conoscenza degli argomenti didattici, ma che ne dia altrettanta alla natura e ai sentimenti degli studenti, che prima di essere discenti sono esseri umani in crescita. E, in quest’ottica, Rousseau non si sbagliava nel dire che il progresso incontrollato ha portato l’umanità a regredire, più che a progredire. Sentir dire da una persona adulta, colta e istruita, quanto alla nostra età sia bello provare sentimenti, sentire le farfalle nello stomaco, vivere di emozioni, è stato come se le corde più intime del cuore di tutti i presenti venissero carezzate da un lieve soffio di vento primaverile. Servono dosi ingenti di rinascita, speranza e amore per ridare colore a paesaggi ingrigiti, a volti spenti, a sorrisi accennati. Il dottor Aceti ci ha ricordato anche di quanto sia bella l’amicizia, al di là di dissapori e incomprensioni, e di quanto sia necessario capire che “non esiste un brutto carattere, esiste il nostro carattere”. Quando ho ripensato a tutto quello che ho provato, sentito e imparato, mi sono chiesta come fare a metterlo in pratica e lì ho capito che la vera difficoltà sta nel perseverare nel bene, pur essendo immersi nel male. Tutto si educa, anche l’amore, anche la felicità, anche la speranza. Da parte mia, mi impegnerò a cercare di maturare, durante la mia vita, tutto ciò che di bello ho appreso affinché tutte queste idee diventino concretezza di agire e di pensare. Spero di avere la possibilità di insegnare anche ai miei figli le tre vie da percorrere per essere LIBERI: amare tutti, amare sempre, amare per primi.
L’undici novembre si è svolta la cerimonia di premiazione del concorso indetto dalla Caritas Diocesana in collaborazione con l’Ufficio Scuola della Diocesi di Lamezia Terme, rivolto agli studenti degli istituti superiori lametini, chiamati a riflettere sulla frase del Vangelo “Gesù Cristo si è fatto povero per voi”, tema del messaggio di Papa Francesco per la VI giornata mondiale dei poveri.
Il direttore della Caritas diocesana don Fabio Stanizzo ha introdotto l’evento al quale hanno preso parte il sindaco Paolo Mascaro, l’assessore alle politiche sociali Teresa Bambara e il presidente del consiglio comunale Giancarlo Nicotera. Don Marco Pagniello, direttore della Caritas Italiana, intervenuto alla cerimonia ha parlato a noi studenti presenti ricordandoci il motto di don Lorenzo Milani, “I care”, esortandoci a “interessarsi all’altro, a ciò che vi circonda, perché solo avere a cuore gli altri ci consente di combattere la cultura dello scarto”, spiegandoci che la causa di ogni povertà è l’ingiustizia. Dal vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi, l’invito ad avere verso il povero la stessa responsabilità che si ha quando si è innamorati, con il cuore sempre in fibrillazione.
Anche quest’anno il Liceo “Fiorentino” è stato presente, partecipando al concorso attraverso la forma artistica e quella letteraria e con soddisfazione noi studenti siamo stati premiati.
I Classificata Alina Costantino (Classe V A Artistico) con l’opera: “Il Tempo è
lotta” Un disegno che vuole incoraggiare le persone ad affrontare le proprie paure; le costanti guerre che l’uomo affronta per se e per gli altri. Il disegno raffigura un uomo che ha affrontato e sta affrontando un’altra guerra e tutto ciò che ne deriva. Il teschio umano rappresenta soprattutto la storia. La storia di come il mondo è cambiato attraverso guerre, malattie, catastrofi. L’uomo ormai vecchio vive la costante paura di non sopravvivere. Il teschio indica che l’uomo non sempre esce vincitore dalle guerre e che molte persone sono disposte a lasciare la propria vita per la libertà. La determinazione di queste persone è riportata nello sguardo dell’uomo, pronto a lottare finché la sua vita non gli verrà strappata. A.C.
“Premiazione Concorso «Gesù Cristo si è fatto povero per voi di Lorenzo Karol Palmieri ”
Il disegno è incentrato sui primi istanti e sulle prime immagini che ci sono state fornite agli inizi della guerra in Ucraina. Donne, bambini, anziani e persino gli animali domestici scappavano dal fuoco nemico attraverso ogni mezzo di trasporto possibile, oppure a piedi, rischiando la vita per non essere trovati dai soldati russi che erano arrivati fin dentro le loro case. Il disegno rappresenta un bambino, che cerca di scappare da solo, con le sue sole forze dalla guerra che si trova dietro le sue spalle. Nessun altro che lo accompagna, trascina i suoi passi con le lacrime e la sensazione di essere perso. Ciò che non sa è che non è solo, poiché lo sta accompagnando un soldato, che potrebbe essere un padre, un fratello: un angelo custode, che lo tiene per mano, stretto vicino a lui per evitare che si perda o che non perda la strada. Il soldato è raffigurato come un personaggio sbiadito, privo di colore, uno spirito che chiede aiuto per cercare di svolgere un ultimo compito, guidare quel bambino per tro-
vare un luogo sicuro. La scelta di non inserire nessun particolare all’interno dello sfondo è che volevo fare diverse interpretazione del vuoto che hanno davanti i due personaggi: possiamo intuire cosa potrà accadere al bambino quando raggiungerà il suo fine di arrivare in un posto sicuro, lontano dalla guerra e dalla sofferenza e, dall’altra parte, il soldato dopo che avrà portato a compimento la sua ultima missione, sarà finalmente libero dal suo peso e dovere morale di fare la cosa giusta per un’innocente. N.M.
III Classificato Lorenzo Karol Palmieri (Classe III B Classico) con la poesia: “Povertà, solidarietà, felicità”
“La guerra, le migrazioni e tutte le forme di povertà, la differenza che c’è tra i verbi “curare” e “prendersi cura” stanno alla base del discorso principale sulla solidarietà”
Povertà, solidarietà, felicità
La piaga peggiore della società, a molti toglie la libertà, questa si chiama povertà. Un nemico difficile da scongiurare, una battaglia dura da affrontare, un argomento scomodo da trattare. Impedisce a molti di vivere felici, alle volte si possiedono solo gli amici, a tanti impedisce di vivere i sogni, rovinando la vita di ogni. L’aiuto alle volte sembra scontato, ma non da tutti è messo a disposizione, vedendo sul ciglio della strada un malato, ad aiutare a vivere meglio
basterebbe solo un’azione. Per aggiungere un pò di felicità, basterebbe praticare un pò di solidarietà.
“Premiazione Concorso «Gesù Cristo si è fatto povero per voi” di Lorenzo KarolPalmieri
Nella mattinata di venerdì 07 ottobre 2022, tutta la classe 4 A del Liceo Classico-Artistico “Francesco Fiorentino”, si è recata presso “Casa del Libro Antico”, sita all’interno della Biblioteca Comunale di Lamezia Terme (CZ), collocata nel Palazzo Nicotera.
La visita mirava a consolidare le nozioni apprese durante le ore scolastiche sulla vita, le opere e il pensiero di Tommaso Campanella, il filosofo calabrese vissuto nel XVII secolo.
Per prima cosa, la responsabile della sezione ha mostrato alla classe alcuni libri studiati dal filosofo Campanella: in modo particolare, in uno di essi vi sono alcune sue postille scritte a penna, mentre in un altro vi è il suo autografo, specificando la provenienza da Squillo, ovvero Squillace, in quanto appartenente alla diocesi omonima.
All’interno della medesima stanza, un globo celeste Greuter del 1695, restaurato a Firenze. Attorno ad esso, vi è una simpatica leggenda secondo cui i monaci che ne erano in possesso erano soliti usarlo per giocare a palla.
Altro tesoro interessante è la presenza di antiche carte, provenienti dai conventi di San Domenico (domenicani) e Sant’Antonio (cappuccini) a Nicastro e di San Francesco di Paola (padri minimi) a Sambiase, per le quali veniva adoperata una peculiare tecnica di stampa e diffusione.
Altre opere di particolare rilievo sono uno scritto di Fra’ Giacinto da Zangarona e un libro di antifone gregoriane con tanto di note musicali disegnate. Suddette note musicali sono disegnate a forma quadrata ed esistono delle teorie a riguardo:
• la penna non imprimeva la forma tonda
• alludevano alla teoria della terra piatta. Ogni stanza della “Casa del Libro Antico” è dedicata all’esposizione di libri appartenenti ad epoche differenti (rispettivamente 1600, 1700 e 1800). Avanzando per le diverse stanze, si può notare che aumenta gradualmente il numero
dei libri esposti, a testimonianza del fatto che la cultura, con il passare degli anni, abbia acquistato sempre maggiore importanza grazie al prezioso lavoro di filosofi, letterati e studiosi.
Esposto in teca un Bullarium Capucinorum, proveniente da Soriano Calabro (VV), con una raffinata incisione raffigurante Sant’Antonio di Padova col Bambino Gesù.
Troviamo custodita, per di più, un’edizione del 1711 dell’Index librorum prohibitorum (Indice dei libri proibiti) e, accanto ad esso, in quanto libro “proibito”, una restaurata Metamorfosi di Ovidio del 1536.
Abbiamo continuato il nostro percorso spostandoci verso la biblioteca, dove sono esposti più di 30.000 volumi, per poi addentrarci nella viva bellezza delle stanze del palazzo Nicotera, rappresentata dalle tele incollate sui soffitti, in particolare uno, dipinto dal cortalese Andrea Cefaly, in cui sono riportate le varie innovazioni dell’800 e del ‘900: la mongolfiera, il palo della luce, il treno, la fotocamera. Alle estremità, scene di vita contadina.
L’uscita in questione ci ha fatti addentrare in modo più efficace nella conoscenza della persona di Tommaso Campanella, quasi toccandolo con mano, alla vista delle opere dalle quali ha preso spunto, su cui ha studiato e formulato il suo intero pensiero.
Il libro con a lato gli appunti di Tommaso Campanella
“PressoLibro di Mariagrazia Fragale, Raffaella Pallaria, Miriam Conidi, Fabiola Canale, Federica Turtoro
Giorno 25 ottobre 2022 le classi 4A, 4B e 4BA del Liceo sono state accompagnate a Stilo (RC), paese natio del filosofo, poeta e metafisico Tommaso Campanella e al borgo di Gerace. Arrivati a Stilo, ci ha accolti il prof. Stillitano, che ha raccontato la vita e alcuni aneddoti popolari del filosofo il quale, si dice, possedesse una memoria prodigiosa: secondo una leggenda, la sua prodigiosa memoria si deve alla cosiddetta “erba della sapienza” della quale il filosofo si cibava mentre pascolava le pecore sul monte Consolino. La sua opera più importante, “La città del sole”, è stata pensata proprio sul monte Consolino. La prima sosta è stata la chiesa di San Francesco: l’edificio risale al XVI secolo ed è annesso al convento dei Francescani. Al suo interno custodisce un pregiato altare ligneo, alto 9,50 mt e ornato di fregi, costruito per ospitare la tavola della Madonna del Borgo di Salvo d’Antonio, nipote prediletto di Antonello da Messina. Dopo aver visitato il Duomo, ci siamo recati alla chiesa di San Domenico (annessa al convento nel quale Campanella fece i suoi studi) e all’eremo della Pastorella, per salire fino alla Cattolica, uno dei simboli della regione Calabria, chiesa bizantina del X secolo ornata all’interno da affreschi raffiguranti le vite di Maria e Gesù.
La casa di Tommaso Campanella è situata nella parte alta del borgo, in uno stretto vicolo. La targa posta sulla parete ricorda la sua nascita, domenica 5 settembre 1568 alle ore sei pomeridiane.
Giunti a Gerace, uno dei borghi più belli d’Italia, il prof. Cataldo ha presentato il borgo e offerto alcuni cenni storici. Tommaso Campanella ha subito il primo processo a Gerace, precisamente nel Castello. Gerace affonda le sue origini nella Preistoria: abbiamo testimonianze di spelonche risalenti al Neolitico e reperti dell’epoca dei Greci. Nella necropoli della città sono stati rinvenuti bracciali in avorio e ceramiche che fanno pensare a un legame con il mondo orientale. La città vera e propria nasce grazie ai Normanni, capitale
di Lorenzo Colistra
dei quali era Mileto, in provincia di Vibo Valentia. Lasciata la piazza “delle Tre Chiese”, la successiva tappa è stata la Cattedrale, della quale è titolare la Beata Vergine Assunta, divisa in tre zone: la cripta, il museo diocesano (che ospita i vari tesori della diocesi tra tele, statue, suppellettili e paramenti sacri) e la chiesa vera e propria a tre navate, costruita tra il 1080 e il 1120. La navata di destra è quella dedicata al Santissimo Sacramento, mentre quella di sinistra è dedicata alla Beata Vergine Immacolata, patrona della città insieme a Santa Veneranda e Sant’Antonio del Castello: la statua risale al 1917 e sostituisce una scultura seicentesca che nello stesso anno fu folgorata da un fulmine. Sull’originale statua della Madonna Immacolata vi è una particolare storia, rappresentata anche su un bassorilievo presente nell’abside: lo scultore, ogni volta che ritornava alla lavorazione della scultura, la trovava con una spalla abbassata. Una suora geracese, morta in onore di santità, Suor Maddalena, sognò la Vergine che portava Gerace sulla sua spalla. La statua, allora, rimase con la spalla china. L’Immacolata ha protetto Gerace anche nel 1943, l’anno dell’armistizio tra Italia e Americani: la miccia che avrebbe fatto esplodere Gerace si spegne miracolosamente. E’ l’unica cattedrale al mondo ad avere due braccia sullo stesso piano.
Le classi nel duomo di GeraceIl più fulgido esempio di arte calabrese lo individuiamo nell’artista Mattia Preti (1613-1699) e per entrare maggiormente nella sua personalità artistica le classi Quarte del Liceo Classico-Artistico, insieme ad alcune classi della scuola media “Pitagora”, accompagnate dai propri docenti sono andtate a Taverna, il paese natio del pittore calabrese. Situato nei pressi della Sila, è un vero e proprio borgo in cui l’arte si respira in ogni stretto vicolo. Il Museo Civico di Taverna ha sede nei locali dell’ex convento dei Domenicani, al quale è annessa la Chiesa che porta il nome di San Domenico. Una sezione del Museo è dedicata a opere di arte contemporanea con artisti quali Carnevale di Lamezia Terme (CZ), i fratelli Savelli di Pizzo Calabro (VV), Ercole e Lia Drei, Francesco Guerrieri e Carmelo Savelli Nel Museo non si trovano soltanto opere del Preti, ma anche tele di altri suoi contemporanei dell’ambito calabrese e napoletano, ad esempio Luca Giordano, con la sua “Circoncisione di Cristo”, e Antonio e Giovanni Sarnelli. Il valore e lo stile pretiano si appaiano al Caravaggio. Alcune pregiate opere di Mattia Preti sono situate anche presso gli altari dell’annessa Chiesa di San Domenico: per citarne alcune, “San Francesco di Paola”, “La Predicazione del Battista” (in quest’ultima vi è un autoritratto del pittore) e la “Visione di San Domenico”, meglio conosciuta come “Cristo fulminante”, che è la tela collocata nell’abside.
L’uscita in questione ci ha fatti approfondire ancor di più la figura dell’illustre artista e soprattutto ci ha resi più consapevoli della preziosità delle opere uscite dalle sue mani e, in generale, dell’arte calabrese, gloriosa, espressiva, poetica, capace di interloquire col suo ammiratore.
Il viaggio a Catania con Erasmus Theatre del 25 novembre è stata un’esperienza entusiasmante. Abbiamo avuto l’occasione di assistere al musical Blues Brothers totalmente in lingua inglese, vivendo momenti di divertimento e coinvolgimento. A fine spettacolo, si è data la possibilità a noi ragazzi di salire sul palcoscenico con il cast degli attori inglesi e porre loro domande, un colloquio in lingua veramente entusiasmante. Usciti dal teatro, abbiamo visitato la bellissima città di Catania, in particolare la via Etnea, piena di vita, con palazzi settecenteschi dai dettagli barocchi e negozi di ogni tipo. Affascinante la visita guidata al duomo di Sant’Agata, una cattedrale che conserva diversi stili architettonici, colma di dettagli all’esterno e con un’atmosfera solenne e ieratica all’interno.
Durante la visita non potevamo farci mancare i prodotti tipici siciliani: arancini squisiti, dai gusti più vari, dolci fatti con i frutti della terra siciliana e, in particolare, i famosi cannoli. Queste tipicità sono state così tanto apprezzate che tutti hanno voluto portarle a casa, per poterle condividere con la famiglia e gustarle ancora. Questa giornata ci ha permesso anche di riscoprire i magnifici posti che abbiamo in Italia e di conoscerla un po’ di più.
L’esperienza del debate “la prima pedana di lancio per il mando del lavoro”
Da un po' di anni a questa parte le metodologie didattiche sono progredite e alle solite forme di insegnamento si sono sostituite delle nuove che hanno come obiettivo principale la partecipazione attiva degli studenti. Tra le tecniche che hanno riscontrato maggiore successo c’è sicuramente quella del Debate, definito come vero e proprio dialogo democratico in cui due squadre avversarie si scontrano argomentando a favore delle proprie tesi e conquistando il voto dei giudici con evidence a conferma di quanto riportato nei propri discorsi.
Lo scorso anno io ed alcune compagne di classe abbiamo avuto la possibilità di sperimentare in maniera diretta questa tecnica partecipando alle Olimpiadi Regionali del Debate. Le difficoltà riscontrate, nonostante il supporto dei tutor, non sono state poche, in parte perché era la nostra prima esperienza da debaters e soprattutto, dovendo esporre i nostri discorsi davanti ad un ‘audience sconosciuta, abbiamo dovuto imparare a gestire quella miriade di emozioni che solitamente ci assalgono prima di parlare in pubblico.
Quanti ragazzi, infatti, hanno timore di esporsi in pubblico?
Ci sentiamo improvvisamente in balia degli eventi, il battito inizia ad accelerare, la bocca diventa pastosa ed il fiato sempre più corto. E proprio in un contesto particolarmente importante, come poteva essere per noi questa competizione regionale, tutte le sensazioni elencate precedentemente iniziavano a manifestare i loro primi sintomi. Questo turbinio di stress ed eccitazione non era decisamente ciò che ci avrebbe consentito di conseguire un buon risultato e una volta presa coscienza di questa cosa, come capita spesso in una situazione di tensione, la nostra testa iniziava a formulare domande non proprio rassicuranti:
E se improvvisamente ci fossimo dimenticate il nostro discorso? O se non fossimo riuscite a mantenere alta la soglia dell’attenzione conquistando il punto dei giudici?
Eppure, superate le esitazioni iniziali ed una volta presa confidenza con il ruolo che stavamo interpretando, quel peso sullo stomaco iniziava a diminuire e con lui tutte le angosce e le paure. Ci sentivamo sempre più parte integrante di un tribunale giudiziario in cui si discuteva a favore o contro il topic proposto. Man mano che superavamo le sfide iniziamo ad avere maggiore sicurezza di noi stesse e, oltre a conseguire un miglior risultato a livello del punteggio, eravamo anche in grado di apprezzare meglio il nostro lavoro e sentirci più gratificate. È stata un’esperienza per noi importantissima che ci ha dato la possibilità di migliorare le nostre capacità espositive, fornendoci tutti le tecniche essenziali per fare ciò, ma soprattutto ci ha consentito una rilevante crescita personale. Il debate ci ha concesso una maggiore sicurezza in noi stesse e ovviamente ci ha fatto comprendere quanto le nostre paure siano vincolanti perché, credendo di non essere all’altezza di certe situazioni, spesso tendiamo a porre dei limiti vani. Questa nuova tecnica, che sta prendendo piede sempre di più in Italia, è sicuramente un ottimo allenamento per cercare di superare una volta per tutte la paura di esporsi in pubblico!
Il termine cura trae origine dal latino "cura" e significa interessamento, attenzione e riguardo Viene considerato un termine estremamente duraturo e longevo in quanto, nonostante i continui cambiamenti linguistici, nei secoli è riuscito a mantenere intatto il suo significato semantico. Oggi, tuttavia, molto spesso l’espressione “prendersi cura” viene utilizzata in modo improprio e così il verbo “curare”, ci riporta all’idea di assistere o sanare esclusivamente il nostro corpo: l’errore, allora, consiste proprio nella convinzione che sia unicamente il corpo ad essere il problema! In realtà vi è qualcosa di più profondo, ovvero la nostra anima, che trova dimora nel nostro corpo materiale. Secondo il filosofo greco Socrate, padre del pensiero filosofico d’Occidente, l’anima è in qualche modo connessa al corpo ed è il principio della vita. Socrate approfondisce il concetto di aretè (aρετh) dell’anima e di verità profonde e accuratamente celate proprio all’interno dell’anima stessa. Il sé interiore si potrà raggiungere soltanto attraverso l’arte della maieutica [dal greco μaιευτικh (τεχνh) ‘arte ostetrica’] che, grazie al dialogo, farà emergere le conoscenze nascoste. Il dialogo, infatti, è considerato da Socrate (e lo sarà anche dal suo discepolo Platone) come un momento di confronto e incontro, nel quale si possono condividere le proprie opinioni per dar poi voce alle verità. In altri termini diventa fondamentale assistere l’interiorità di ognuno, giacché curare il corpo non basta: la cura del sé è innanzitutto cura dell’anima prima di essere cura del corpo ma, attenzione, non certamente dell’anima senza il corpo! La maieutica, inoltre, non si limita solo a far affiorare le conoscenze ma comporta anche una modifica esistenziale all’interno dell’anima: la nascita, in altri ter-
mini, di una vita consapevole, razionale, filosofica. Le riflessioni della filosofia antica, che si è interrogata sulla physis e sulla creazione, sul destino e sullo scopo dell’uomo diventa così importante da essere ritenuta la chiave di tutto. L’azione della filosofia diventa in tal modo fondamentale e necessaria e persino Socrate, che utilizza il “conosci te stesso” (γνwθι σaυτoν) come ammonimento, si domanda come potrebbe essere la vita senza la filosofia, concludendo che vivere senza quest’ultima è impossibile.
A ben guardare nella storia del pensiero moderno e contemporaneo, emerge che oggi accanto al ruolo guida che può svolgere la filosofia nel condurre l’uomo attraverso il labirinto della propria anima, si pongono sicuramente altre scienze, altre figure professionali, altri esperti che, per utilizzare un’espressione del grande psichiatra, psicoanalista e filosofo francese Jacques Lacan, ci forniscono strumenti e conoscenza di noi stessi, offrendoci la possibilità di far ripartire la nostra vita, da un punto di vista nuovo e più autentico. Una di queste figure potrebbe essere, per esempio lo psicoterapeuta, a cui ultimamente si fa sempre più spesso ricorso per ritrovarsi e quindi in fondo per prendersi cura di sé: nella dimensione psicoterapeutica la medicina incontra la necessità di umanizzare le cure, ponendo al centro l’uomo e tutto il suo mondo. Ecco allora che attraverso un percorso terapeutico, si giunge alla conoscenza di sé come la comprensione dei propri modelli di pensiero e dei propri sentimenti, raggiungendo un grado di autostima che, naturalmente, consolida la percezione del proprio valore, allontanando ogni possibilità di ruminazione, intesa come pensiero teso alla svalutazione di se stessi.
Curare, insomma, è un sentire empatico dell’altro che soffre, una capacità totalmente umana che, nell’ambito della psicoterapia, pone la cura come l’attenzione per la singolarità irriducibile del paziente. A giuste ragioni lo stesso Sigmund Freud collocava lo psicoterapeuta fra i tre mestieri più difficili, accanto all’insegnante e al genitore! Non si tratta di promettere guarigioni impossibili o accanimenti terapeutici, bensì ci si rivolge alla cura per quella parte profondamente indifesa di chi soffre, preservando sempre, a tutti i costi, la dignità del soggetto, con la convinzione che ogni vita è una, singolare e insostituibile e che, come ci ricorda l’autorevole filosofo Emanuele Severino, è fondamentale aver cura della verità, la nostra innanzitutto!
Giorno 15 c.m. , nei locali del Liceo Fiorentino di Lamezia Terme, è stata inaugurata la mostra fotografica Natura Innaturata dell’artista Arcangelo Fazio, alla presenza del Dirigente Scolastico, Prof. Nicolantonio Cutuli, dell’assessore alla cultura del Comune di Lamezia Terme, dei rappresentanti dell'associazione culturale Aleph Arte, dell'associazione Sezione Aurea, ma soprattutto degli alunni del triennio del liceo classico-artistico F. Fiorentino.
Il Dirigente ha posto l’accento sulla necessità di proiettare la scuola verso il territorio attraverso esperienze di Service Learning, e iniziative come questa, aiutano a creare opportunità per ampliare le competenze professionali degli alunni.
Arcangelo Fazio, fotografo pubblicitario, coadiuvato dal grafico Gianluca Muraca, ha presentato il suo lavoro professionale e, attraverso la sua lectio brevis, i ragazzi hanno potuto rendersi conto del metodo di lavoro utilizzato, che è molto simile alla composizione artistica: tutte le sue fotografie sono costruite come se fossero appunto dei dipinti, nei quali anche la luce è costruita, come ci appare costruita in un dipinto di Caravaggio. L'immagine finale, pertanto, è molto simile a quello che appare su una tela, frutto di una studiata composizione. Interessante è vedere all’opera un artista che ha saputo fare della sua arte un’opportunità di
lavoro, così come ha giustamente evidenziato l’assessore alla pubblica istruzione e cultura del comune di Lamezia Terme, prof.ssa Giorgia Gargano.
ll tema della mostra pone l’accento sull'uso indiscriminato della plastica, che ormai ci sommerge: le figure bellissime rappresentate, sono in qualche modo costrette, chiuse in questi limiti innaturali. E’ proprio un rimando alla natura naturata, la sostanza espressa negli attributi e nei modi di Spinoza - così come ci ricorda il prof. Raffaele Gaetano - che diventa, nell'uso indiscriminato della plastica, una natura senza natura. La plastica, il nero, la luce, le ombre, questi gli ingredienti, il risultato: una realtà ovattata e sospesa.
La prof.ssa Giuliana De Fazio riferisce inoltre che questa mostra si inserisce nelle attività che ogni anno il liceo artistico promuove con le realtà artistico-produttive del territorio, attraverso mostre collettive, stages, dal titolo Arte_ficio, lavorare con l’arte. E aggiunge che queste fotografie di donne bellissime, spesso senza volto, evocano un’atmosfera di violenza: donne che diventano soggetti ambigui di rappresentazione.
La mostra, allestita nell’atrio della scuola, resterà visitabile fino al 5 dicembre tutti i giorni dalle ore 11,00 alle ore 14,00, il martedì e il giovedì anche nel pomeriggio, dalle 15,00 alle 18,00.
Hugo Cabret è un film del 2011 diretto dal maestro newyorchese Martin Scorsese, tratto dal romanzo The Invention of Hugo Cabret di Brian Selznick del 2007. Il film vanta un cast di ottimi attori come Ben Kingsley, Asa Butterfield, Chloë Grace Moretz, Jude Law, Sacha Baron Cohen, Christopher Lee e nel 2021 ha vinto cinque premi Oscar nelle categorie “tecniche” segno della grande bravura di Scorsese e dei suoi collaboratori. (Spoiler!) La storia è ambientata a Parigi nel primo dopoguerra e la trama racconta di un orfano dodicenne, Hugo Cabret per l’appunto, che dopo la morte del padre, orologiaio e inventore, è costretto a seguire lo zio Claude e andare a vivere nei meandri di una stazione di Parigi. Quando lo zio scompare, Hugo decide di continuare a vivere da solo, tenendo cura dei giganteschi ingranaggi degli orologi della stazione, stando però attendo a non farsi scoprire perché verrebbe rinchiuso in un orfanotrofio. L’incontro con un anziano proprietario di un negozio di giocattoli e con la sua figlia adottiva Isabelle cambierà la sua vita e, per uno strano “effetto farfalla”, anche quella degli altri protagonisti secondari. L’amicizia che nasce tra Hugo e Isabelle e la loro ostinazione
nel cercare un modo per far funzionare un vecchio automaton che già il padre di Hugo stava riparando, li porterà a svelare vari misteri e a scoprire che “papà Georges” non è altri che il grande regista Georges Méliès, uno dei grandi padri del cinema, da tutti creduto morto durante la Grande Guerra.
Il film, come una piccola enciclopedia, rimanda ad eventi storici come l’invenzione del cinematografo e l’incidente ferroviario nella stazione di Paris Montparnasse del 1895 o la battaglia di Verdun del 1916 ma anche a personaggi storici che direttamente o indirettamente incrociano le vite dei personaggi, come per esempio i Fratelli Lumière, Robert-Houdin, Buster Keaton, James Joyce, Salvador Dalí, Django Reinhardt, senza dimenticare le citazioni letterarie (Jules Verne, Charles Dickens, Christina Rossetti).
Tra i temi che il film propone bisogna sottolineare innanzitutto la grande determinazione con cui Hugo Cabret, nonostante avesse perso tutto, continui ancora a perseguire il suo obiettivo, cioè quello di costruire l’automa e far luce sui misteri che aleggiano intorno ad esso. La sua scaltrezza nel continuare a vivere nei labirinti nascosti della stazione per non finire in orfanotrofio e la sua resilienza derivano da una forza d’animo rara in un ragazzino della sua età.
Fondamentale nel suo percorso di crescita è l’incontro con Isabelle che lo aiuta anche contro il volere dei suoi genitori adottivi. Lei nel film confessa di farlo per il suo enorme spirito di avventura e per il desiderio di viverne una al di fuori dei suoi amati libri, però ben presto il lega-
“Hugo di Alessia Mauro, Giuseppe Antonio Mungo, Cristina Posa, Alberto Rocco Sabatino, Ludovica Scarfò, Francesco Serratore, Matteo Tai Sesto, Francesca Pia Torcasio, Annarita Torchia I Quadriennaleme con Hugo diventa un’amicizia vera ed entrambi si sostengono a vicenda riuscendo a cambiare anche l’atteggiamento contrario degli altri protagonisti (i coniugi Méliès, il crudele ma buffo ispettore ferroviario Gustav, l’impassibile libraio Labisse).
La dinamicità dei colpi di scena crea anche una dinamicità nella costruzione dei personaggi che da macchiette appena abbozzate assumono contorni e sfaccettature tali da formare un grande mosaico che sembra funzionare solo con la presenza di tutti, protagonisti e comprimari. Altro tema centrale è quello della famiglia che va al di là del legame sanguineo (Hugo, Isabelle e Gustav sono tutti orfani) e si valorizza il concetto di comunità dove individui solitari o asociali, privati dagli affetti e colpiti duramente dalla vita e dall’atrocità della guerra, si ritrovano e si riconoscono come persone in grado di dare ancora tanto gli uni gli altri, fino a
costituire un’entità più ampia, accogliente e solidale, come si evince nel gioioso piano-sequenza finale. Scorsese e Selznick sono riusciti a restituire questi grandi sentimenti seguendo anche il loro grande amore per la narrazione e per il cinema, il sogno di poter vivere e rivivere i propri sogni mille e più volte (“L'invenzione dei sogni” è il titolo del libro che aiuterà Hugo e Isabelle a svelare il mistero sulla vita di Méliès). Il tutto mescolando realtà e finzione, verità storica e verosimiglianza narrativa, grazie a scene in interni ricostruite con dovizia di particolari e a un abbondante uso di effetti speciali nelle sequenze oniriche e nelle grandi riprese in digitale di una Parigi talmente finta da sembrare vera. Scorsese non entra nella “grande Storia” ma racconta una grande storia descrivendo la quotidianità di personaggi realmente esistiti o frutto della fantasia degli autori.
a cura della classe III C
Erroneamente, si pensa che al Liceo Classico ci si dedichi soltanto ad attività relative allo studio umanistico e teorico.
La realtà è ben diversa! Infatti, come asseriva Giovenale nelle sue Satire, bisogna curare sia la mente che il corpo, non trascurando nessuno dei due aspetti in favore dell’altro. Tutte le classi dell’istituto, a partire dalla prima, sono periodicamente coinvolte in attività sportive per dare l’opportunità di partecipare a momenti di condivisione e apprendimento.
Un esempio pratico è l’avventura di rafting, svolta in data 12 ottobre, che ha coinvolto le classi terze del nostro liceo, accompagnate dai docenti di Scienze motorie. In tarda mattinata gli alunni hanno raggiunto il Pollino, più precisamente l’Associazione sportiva “Pollino Rafting”. I ragazzi hanno avuto l’occasione di vivere un’esperienza di crescita immersi nella natura, ma anche di avere nuove possibilità di condivisione con altri coetanei. Questa iniziativa ha creato i presupposti per una nuova rinascita dopo l’interruzione delle relazioni interpersonali causata dall’emergenza pandemica. Inoltre, remare insieme ha determinato l’abbattimento del non plus ultra, cioè del limite segnato dalla paura e dalla timidezza che si provano nel collaborare con persone sconosciute e nel doversi mettere in gioco.
“Sincronizzarsi era d’obbligo per non arenarsi, completare il percorso e vincere la
giocosa gara” ha affermato più di qualche alunno.
Durante il viaggio d’andata, l’estenuante attesa è stata smorzata pian piano da risate, canzoni e chiacchiere sull’imminente avventura. C’era chi aveva paura, chi non vedeva l’ora e chi era travolto da sensazioni contrastanti.
Una volta arrivati sulle rive del fiume Lao, gli alunni sono stati divisi in due gruppi: uno avrebbe svolto l’attività in mattinata, mentre l’altro nel pomeriggio. Dopo essersi muniti di caschetto e giubbotto salvagente, e dopo aver ascoltato le prime istruzioni di base, ha avuto inizio l’avventura. “Pagaia giù! Pagaia su! Lato sinistro! Lato destro!’’: erano alcuni dei comandi dati dal professionista ai ragazzi. Finito il tragitto - tra rapide e contemplazione del paesaggio, che ancora offriva degli scorci d’estate -, gli alunni sono riusciti a superare la paura iniziale, che è stata sostituita dal divertimento e dalla spensieratezza.
Una volta saliti sul pullman, con la stessa spensieratezza e un po’ di stanchezza che intanto era sopraggiunta, i ragazzi hanno iniziato a scambiarsi opinioni e impressioni sulla giornata trascorsa, in particolare sulle aspettative e su ciò che l’attività svolta ha lasciato loro in termini di emozioni e sentimenti provati.
Quest’esperienza è la prova che una mente sana debba coesistere in un corpo sano!
Entrando nel vivo della discussione, nei calendari illustrati di una volta al posto delle modelle o dei tronisti c’erano i contadini: altri tempi, potremmo dire, già! Questo è uno, ad esempio, e lo riesumo da un codice miniato del IX secolo, proveniente da Salisburgo, oggi a Vienna. Probabilmente è il più antico, non avendo più completato nel merito questa catalogazione documentaria. Rapportandolo ad oggi, con un presente storico voluto, mi colpisce l’indicazione delle diverse attività che l’agricoltore ha necessità di svolgere nei diversi periodi dell’anno. A gennaio ci si riscalda al fuoco, febbraio e marzo sono adatti a cacciare i volatili. Aprile è il mese del risveglio della natura, maggio dei fiori e dei primi ortaggi. A giugno si ara per la semina, a luglio si falcia l’erba, ad agosto si miete il grano. Settembre è il mese per la trebbiatura, ottobre quello della vendemmia, a novembre e a dicembre si uccide e poi si lavora il maiale. Allo stato attuale, non vogliatemene male, le filastrocche scolastiche, benché paesaggistiche, hanno sottratto l’anima rurale della nostra anima sociale, condannando quel bel suo fascinoso «locus amoenus» ai margini di una società più industriosa ed industrializzata. Un esempio!? Seguitemi, senza alcun morso di polemica: preferisco metterlo in chiaro da subito:
scuola è ora di studiare / Viene Ottobre con l’uva e con il vino / Cadono foglie nel bosco e nel giardino / Ecco Novembre la pioggia tutto bagna / Funghi e lumache si trovano in campagna / Torna Dicembre con luci, doni e canti / Viene Natale auguri a tutti quanti/ Viene Natale auguri a tutti quanti».
Per quanto mi riguarda, sempre più penso che le nostri radici rimandino ad un’identità, che è maggiore prospettiva di slancio solo in un atto di fede al suo passato. La memoria, a mio avviso, apparentemente smemorata per una sorta di Alzheimer sociale, sa consolare, fino a portare a galla con il principio fisico della spinta archimedea, perle straordinarie di saggezza popolare. Ad ogni modo la voce dei nostri avi, al pari dei sogni, non si lascia soltanto nel cassetto. Ecco perché la ripropongo, per farne spazio in comunità, dal momento che, come cosa comune, ci accomuna tutti.
Gennaio: «’a nivi ’i jinnaru ti linchi lu granaru» («la neve di gennaio ti riempie il granaio») e «Jinnaru siccu, massaru riccu».
Febbraio: «Frivaru sparti gualu» («il giorno è uguale alla notte») e «Frivaru curtu e amaru».
Marzo: «Marzu, marzicchiu nu pocu chiovi e nu pocu m’assulicchiu».
Aprile: «Aprili l’acqua tili tili», «4 aprilanti juarni 40», «Si s’adira aprili fa brushari i circhi di varrili» (se si arrabbia aprile fa bruciare i cerchi dei barili per il freddo»).
Maggio - Giugno: «a maju un mutari saiu», «a giugnu muta ntundu» («a maggio non cambiare vestito, a giugno puoi cambiare tutto che ormai fa caldo»).
Luglio:«si chiovi tra lugliu e agustu, chiovi meli,uagliu e mustu», «l’acqua di S Anna è ’na manna» (25 luglio).
«Viene Gennaio le nuvole nel cielo / Ecco l’inverno col freddo e con il gelo / Poi c’è Febbraio ed ogni scherzo vale / Tanta allegria evviva il Carnevale / Marzo burlone sorride pazzerello / Fuori c’è il sole ma portati l'ombrello / Reca l’Aprile con sé la primavera / Primule, rondini e brezza più leggera / Maggio ed il prato diventa tutto rosso / Rose e papaveri vedi a più non posso / Giugno saluta l’estate e il suo tesoro / Festa nei campi matura il grano d’oro / Luglio che caldo è ora di partire / Mare o montagna vacanze a non finire / Tempo d’Agosto brucia il sol leone / Metti la crema sei sotto l'ombrellone / Poi c’è Settembre l’autunno vuol tornare / Apre la
Agosto-Settembre: «Agustu porta littiri e Sittembri si leji, priparati i zimbili ca’u viarnu si ndi vinni» («agosto fa il postino per avvertire che l’estate volge al termine e arriva Settembre con i primi freddi, preparati i vestiti pesanti»).
Ottobre: «Ottobri piuvusu, campu pruspirusu», «Ottobri coci l’ova» (spesso fa un gran caldo»).
Novembre: «ppi tutti i Santi a nivi ppi li canti», «ppi san Martinu ogni mustu è vinu».
Dicembre: «allu 6 Nicola / alli 8 Maria /alli 13 Lucia / allu 25 ’u veru Missia».
“Filastrocca
di Lorenzo Colistra
It is known that the best way to learn is to visit the most significant places in our country, which have played an important role in Italian history and culture. The IVA and IVB classes on 17th, 18th, 19th November had the opportunity to visit the capital of Italy, one of the most important and fascinating cities in the world: Rome.
Our journey to discover the city started from “Piazza di Spagna”: even if it is not a real monument, is definitely one of the main tourist attractions. It was already almost sunset, when, crossing “Via Condotti”, a very luxurious way, we reached “Fontana di Trevi” where we tried “the coin toss”. According to the classic Roman tradition, all those who throw a coin into the central basin of the fountain, will
certainly return to the “Caput Mundi”. We, then, moved towards "Piazza Venezia" that impressed us with its size and magnificence, more than any other place. It’s here that the “Altare della Patria” stands. Built to celebrate the first king of Italy, its architectural structure represents an ideal ascending path that rises up to the bronze quadrigas, allegories of the Unity of the Homeland and Freedom. We continued walking up to the “Fori Imperiali”: the center of political activity in ancient Rome, built over a period of more than hundred years. It is an architectural complex unique in the world, made up of a series of buildings and monumental squares. If you are visiting the capital of Italy, you can’t miss the “Colosseum”, symbol of Rome's strength. It was commissioned by the Emperor Titus Flavius Vespasian and was meant for fights, gladiatorial games, hunting simulations for wild and exotic animals and naval battles. Another fundamental stage of our cultural journey was the “Vatican City”, the smallest country in the world. Located inside the capital of Italy, it is considered
Institutions,history, artand culture: The story of our trip to Rome di Flavio Gallo, Fabiola Canale, Federica Turtoro, Miriam Conidi, Raffaella Pallaria, Mariagrazia Fragale
“Live life with no excuses, travel with no regret” (Oscar Wilde)
“Wherever you go, go with all your heart” (Confucio)
the center of the Catholic Christianity. One of the most magnificent buildings in the entire area is the “Basilica di San Pietro”. Crossing the Holy Door, we had the opportunity to admire up close, not only the tombs of some of the most influential Popes of all time, but also the "Pietà" by Michelangelo. The whole basilica has been able to take us back in time, in an almost dreamlike dimension. In front of it, the massive Egyptian Obelisk, brought in by the Emperor Caligula, dominates the central square. A visit to the “Pantheon”, the best-preserved building among the oldest in Rome, was inevitable. We savored the beauty of the temple and observed a large hole in its dome, called oculus, which is the only source of light in the building. The most exciting and interesting part of our journey was surely the institutional visit of “Palazzo Madama”, seat of the Senate of the Italian Republic. The palace was built around the 15th century by the Florentine Medici family and its name derives from the appellation “Madame of Austria”, with which everyone used to call Margherita of Habsburg, daughter of Charles V, who lived in that place after the death of her husband. After feeling a great emotion, entering the Main Hall of the Senate, where the sessions of Parliamentarians are held, we had the chance to walk around the other rooms of the palace, full of art and history. We admired the “Sala dello Struzzo” with its 16th century coffered ceiling and the “Sala Maccari” that contains important paintings concerning the history of the Roman Senate. The whole visit, which lasted about an hour, was able to capture our attention and make us understand the importance of democracy in our Country, in a world where so
many people live oppressed by totalitarian regimes.
This experience has been a source of richness for each of us from many points of view. It has made us rediscover and appreciate the beauty of being together without the fear, which has characterized these last two years, that contact with the other is a danger for us. It made us well understand the importance of socialization in the name of culture. In addition to the visit of the wonderful Rome and its immense treasures, the trip let us approach the political reality of our country and was useful for an outgoing orientation for those who intend to undertake political or legal careers in the future.
In the name of civic education, we tried our hand at the role of “Ciceroni”. This was surely a way for making us active and responsible citizens and aware of our social role.
Gianni: In che modo è stato possibile tramandare il valore delle traduzioni antiche fino alla società contemporanea?
Prof. Polopoli: Per la stessa ragione sallustiana o tucididea per cui una narrazione è tanto più incisiva quanto attuale nei nostri tempi: il Classico, grazie al potere traduttivo, riesce ad illuminare i problemi del presente, intersecando trasversalmente qualunque sapere. Intanto, la traslazione di idee e concetti non è apprensione, ma apprendimento: anzi, un ventaglio di educazioni per il futuro! Uno spazio intertestuale che agisce da lente di rilettura, nel mezzo di una congerie di indizi da perfetto atto investigativo: sarebbe criminoso non incoraggiarla, a questo punto! Eccone delle motivazioni; o meglio, delle argomentazioni a giustifica, che la giustifica, nella penna modesta di un innamorato dell’Antico, ancora oggi!
• È un’operazione chirurgica che ha per paziente un Dizionario di idee e per mani quelle di un Ippocrate delle parole. Se, da un lato, infatti, l’attività del traduttore si esercita su un patrimonio culturale e linguistico differente, mai malato, dall’altro, impone in maniera cogente la creazione di strutture lessicali idonee a ripensare l’originale. Indicazioni terapeutiche: si raddoppiano le competenze espressive all’indietro, sanando quanto di morente è solo nella nostra lingua materna, già approssimativa, tra le altre cose! Effetti collaterali: nessuno.
• La traduzione è un saggio da ingegneria meccanica: uno sguardo sulle articolazioni nell’ingegno consapevole dei costrutti. È anche un esercizio da ingegneria elettronica: una serie di collegamenti elettrici, che fanno da input al pensiero; ma è pure una prova da ingegneria civile: l’allestimento di
una struttura portante come garanzia di solidità in una cittadinanza.
• È confine permeabile tra culture, come la membrana di una cellula: una benefica possibilità di arricchimento e di crescita che possono così fecondarsi ed evolversi.
• Una palestra logico-motoria, nell’intuizione di un adagio classico che oggi è paremiologico: Mens sana in corpore sano.
• Un laboratorio chimico del Verbo: una combinazione di elementi nella logica di un composto da realizzare.
• Un atto di fede: una ierofania storica, uno stargate per accedere alla bellezza eterna, che mai si stanca di fare da magnete, vita natural durante, in un ablativo assoluto all’italiana.
Penso che possa bastare, satis est!
Ginevra: Tenendo in considerazione quanto le traduzioni antiche possano influire direttamente sul “tessuto sociale” contemporaneo, quali dovrebbero essere le premesse per una traduzione che riesca a mantenere viva la traccia dell’autore, non rischiando dunque di cadere nell’assoluta interpretazione libera?
Prof. Polopoli: La regola principe è familiarizzare coi testi, percepirne la struttura, senza navigare a vista. La migliore interpretazione (la poniamo a memento d’ora in avanti!) si pone sempre sul selciato delle norme: è norma-le che la ricostruzione diventi più precisa, se si è maggiormente conoscitori degli strumenti. La versione, metaforicamente parlando, è un’educazione alla vita, mi si consenta di dirlo! Le competenze sono conoscenze agite, questa è vera la strada maestra. Il resto, cari ragazzi, è selva oscura…in mezzo a fiere e a non pochi bruti.
di Gianni Schicchi e Ginevra ScicchitanoUna grande festa diffusa e collettiva che per una settimana ha coinvolto alunni e docenti del Liceo Classico e Artistico “F. Fiorentino” e che per il IX anno consecutivo torna a mettere in primo piano la lettura ad alta voce. La campagna nazionale rivolta alle scuole di ogni ordine e grado, dall’infanzia alle superiori, in Italia e all’estero, si è svolta dal 14 al 19 novembre 2022 con iniziative di lettura a voce alta, sia in presenza che online.
Quando Zeus decise di distruggere l’umanità, gli uomini morirono travolti dalle acque del diluvio universale, tranne Deucalione e Pirra, gli unici onesti e virtuosi che tra le rovine e la desolazione, consultato l’oracolo di Temi, ne ricevettero la risposta: “Uscite dal Tempio e gettate dietro le vostre spalle le ossa della Gran madre”. Quando capirono che la Gran Madre era la terra e le ossa erano le pietre, le gettarono e divennero uomini e donne nuovi.
“Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.”
Il celebre carme LXXXV di Catullo è famoso per il gioco intellettualistico e raffinato della semplice antitesi “odi et amo…” ovvero, quasi banalmente, odio e amo: il poeta odia e disprezza Lesbia, la sua amata, ma al tempo stesso l’ama con il più forte ardore dei sensi. Questo concetto di amore al di là della logica è comune anche a Teognide, poeta greco il cui aforisma “non posso né odiarti né amarti” sembra possa esser stato fonte di ispirazione per Catullo; il poeta ha infatti più volte espresso la difficoltà di vivere un amore tanto travagliato e sofferto quanto inebriante ed estasiante: il carme LXXV infatti recita “... il cervello mi è impazzito a tal punto ed è così venuto meno ai suoi doveri, che non gli riesce più di volerti bene né di cessare di amarti…”; in questa poesia, appunto, troviamo il migliore esempio di contraddizione interiore che afflisse il poeta, la sensazione di impotenza dinanzi ad un amore senza briglie, impossibile da dominare e sottomettere. Da sempre e per sempre l’uomo sarà succube di Eros, lo disse Anacreonte con “Amo. Non amo - Son folle. Non son folle” e lo ripropose Petrarca con il sonetto 134 del Canzoniere, meravigliosa composizione in cui ogni verso rappresenta un’antitesi che dimostra quanto l’uomo sia vittima della passione:
“... Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido; et bramo di perir, et cheggio aita; et ò in odio me stesso, et amo altrui. Pascomi di dolor, piangendo rido;...”.
Partecipe al comune tema dello strazio amoroso è anche Pablo Neruda che scrisse
“Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco: t’amo come si amano certe cose oscure, segretamente, tra l’ombra e l’anima. …”, ennesima testimonianza del fatto che l’amore non giunge mai solo ma sempre accompagnato da qualche sprazzo di energia negativa e l’uomo, sebbene ne riconosca l’essere inconveniente e vorrebbe evitare la cecità che questo sentimento porta, non riesce a sfuggirne. L’esistenza del mondo è chiaramente dovuta dall’alternarsi e il coesistere delle due forze opposte: l’Amore e l’Odio;
su questo concetto si basa la teoria filosofica di Empedocle, il filosofo di Agrigento concepì infatti un ciclo cosmico inesauribile e infinito formato dall’unione dell’amare e dell’odiare, necessariamente destinati a giungere insieme infatti, l’assenza di uno o dell’altro, crea una condizione dove è impossibile generare la vita, il mondo degli umani è un continuo alternarsi di esperienze coronate da entrambe le forze.
“...You won’t forget her And in her eyes, you see nothing No sign of love behind the tears Cried for no one A love that should have lasted years…”
cantano i Beatles, l’amore non si scorda e tormenta;
“... Oh so long, Marianne, it’s time that we began to laugh and cry and cry and laugh about it all again.
Your letters they all say that you’re beside me now.
Then why do I feel alone?...”
scrisse invece Leonard Cohen, “Le tue lettere dicono sempre che mi sei accanto ora. Perché allora mi sento solo?”, perchè l’uomo, sebbene sia deluso e rancoroso, disilluso e distrutto dall’ardente amore, non riesce a discostarsene? Forse perché in fondo non si può mangiare pesce senza badare alle lische ma d’altronde “...io, amore, proprio non riesco ad odiarti…”
M: Buonasera Presidente, la ringraziamo per l’opportunità che ci ha offerto
P: E’ un piacere M & G: Piacere anche nostro
G: Partendo dalle origini della sua carriera, quale pensa sia stata la scintilla che ha fatto infiammare in lei l’interesse per il suo mestiere?
P: Dopo l’Università avevo due strade per utilizzare la Laurea in Giurisprudenza conseguita nel 1975, l’avvocatura o la magistratura. Delle due mi ha sempre entusiasmato di più la seconda. Probabilmente avere conosciuto dei magistrati dell’epoca ha favorito questa scelta e rafforzato la mia convinzione. Questo lavoro affascinante è uno dei lavori più importanti per la società, assieme all’insegnamento e alla cura della salute. C’era davanti a me un percorso molto difficile per il quale bisognava avere molta forza di volontà. Ho cominciato a studiare e ci sono voluti due anni.
Non è una missione, quella la fanno i religiosi, i sacerdoti, le suore; non bisogna partire con questo presupposto, semplicemente essere un cittadino che, dopo aver studiato
dà il suo piccolo contributo al bene comune e alla giustizia e quindi ad una società più ordinata. Non avevo idea della branca da seguire (civile, penale), è stata la vita a scegliere per me.
G: Quindi l’interesse maggiore è scaturito da magistrati dell’epoca?
P: Erano anni difficili, sono entrato in magistratura nel 1979, all’epoca c’era il fenomeno delle brigate rosse e quindi, i magistrati e le forze dell’ordine cercavano di contrastare questo fenomeno così grave. Non avevo la pretesa di diventare, appena entrato, un magistrato antiterrorismo. Mi hanno insegnato i colleghi a essere sereno e distaccato nei confronti delle cose, perché un giudice non deve mai partire da un preconcetto e tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge. Le proprie idee sociali, economiche, politiche devono rimanere fuori dalla professione e dal contesto lavorativo. Siamo in un periodo storico dove questo dogma è messo in discussione.
M: Come ha fatto a trovare un equilibrio tra il suo lavoro, sicuramente non poco impegnativo e la sua famiglia?
P: Mi sono sposato nel 1978 e dopo pochi mesi mi sono dovuto trasferire a Genova. All’inizio i giudici non si scelgono la sede, ma vengono mandati nelle sedi in ordine di graduatoria. Mia moglie ha capito subito
Intervista all’ex Presidente del Tribunale Dottor Bruno Brattoli, che ha rivestito questo ruolo a Lamezia Terme dal 2012 al 2020 di Marco Benincasa (M) e Giulia Fragale (G)che c’erano dei sacrifici da fare e dopo diversi anni è arrivato nostro figlio. Conciliare la vita familiare con il lavoro di magistrato non è stato semplice, ma ho avuto sempre la comprensione familiare e il sacrificio è stato reciproco.
G: Come ha fatto ad ambientarsi e a svolgere il suo compito nel contesto lametino?
P: Per rispondere alla domanda devo fare un salto di quasi quarant’anni, nel corso dei quali non ho avuto incarichi solo giurisdizionali, ma ho avuto la fortuna di ricoprire ruoli importanti anche di altra natura, sono stato Capo Dipartimento per le pari opportunità a Palazzo Chigi, Capo della giustizia minorile al Ministero della Giustizia. Questi incarichi mi hanno insegnato molto e mi hanno portato a capire tante dinamiche che mi hanno aiutato ad affrontare più consapevolmente il contesto lametino. Esiste sicuramente da affrontare una criminalità molto agguerrita, ma la stragrande maggioranza dei cittadini lametini sono delle bravissime persone tanto che io sono rimasto a Lamezia dopo la pensione nonostante avrei potuto fare ritorno a Roma, mia città d’origine. Per svolgere appieno il proprio compito è fondamentale avere dei collaboratori amministrativi di prim’ordine e il rapporto con le forze dell’ordine è stato molto bello, così come quello con gli avvocati lametini è stato di reciproca stima e fiducia. Lamezia con l’hinterland conta 130.000 abitanti circa, non è tanto piccola e le risorse intellettuali e i fermenti sociali e culturali sono superiori a quanto si pensi nel resto d’Italia. Le esperienze che ho citato e i collaboratori di prim’ordine mi hanno aiutato ad organizzare il lavoro.
M: Quindi le esperienze passate l’hanno aiutata molto nello svolgimento dell’incarico al Tribunale di Lamezia?
P: Dirigere uffici così importanti mi ha aiutato ad avere una visuale completa e non si finisce mai di imparare, bisogna mettersi sempre in discussione senza avere mai preconcetti. Senza la bravura di chi mi è stato attorno non sarei andato da nessuna parte
perché, e non è una frase fatta, soli non si va da nessuna parte e io, nel mio incarico sono stato fortunato.
G: Se lei dovesse dare dei consigli ad un nostro coetaneo che sta per intraprendere gli studi universitari e vuole fare la sua stessa carriera, che consiglio darebbe?
P: Ciascuno di noi parte in maniera diversa e un buon consiglio che valga per tutti credo non esista. Per intraprendere la carriera di magistrato si deve riflettere sul fatto e sulla consapevolezza che non è agevole e che bisogna mettere in preventivo anni di studio e di sacrificio intensissimo. Io all’epoca lavoravo e ho dovuto studiare intensamente anche la notte. Bisogna mettere in preventivo anche momenti di scoramento e delusione, ma bisogna fermamente credere che con tanto sacrificio l’obiettivo possa sempre essere raggiunto. Bisogna leggere tante sentenze, tanti testi giuridici e non mollare mai nei momenti difficili.
M: Noi giovani vorremmo che la scuola sia un luogo di crescita in molteplici ambiti ed è la scuola che forma i cittadini del domani. Che ruolo pensa che la scuola debba avere nell’educare i giovani alla legalità. Lei pensa che la scuola abbia fatto e stia facendo abbastanza per educare i giovani alla legalità?
P: Ai tempi in cui ero studente c’era l’ora di educazione civica che veniva considerata da noi studenti quasi come un’ora di vacanza. Penso che debba essere fatto qualcosa in più per implementare questa materia in modo da far conoscere meglio le regole della civile convivenza vigenti in Italia. Parole chiave sono tolleranza e rispetto e bisogna applicare uno stile di vita che deve far coniugare la socialità con la legalità. Credo molto in questo concetto che ho appena espresso.
M & G: Ci crediamo anche noi e speriamo che la scuola aumenti i percorsi formativi di legalità. La ringraziamo per la sua disponibilità.
P: Grazie a voi per avere pensato alla mia persona.