A cura di Rosalisa Lancia - Legislazione Tecnica Area Consulenza
Anticorruzione: rotazione straordinaria e rinvio a giudizio per fattispecie diversa
Trasparenza: società in controllo pubblico: trasparenza dei dati reddituali di amministratori e dirigenti
• Premio Poroton® 2025: (Consorzio Poroton)
• Progettazione e verifica delle connessioni in acciaio con il software Nexus (ACCA)
• Castello Gonzaghesco (MN): intervento di consolidamento del terreno di fondazione (Geosec)
• Cosa sono i contratti continuativi di cooperazione (Pronext)
• Pitagora: la rivoluzione del software per computi metrici e contabilità (Blumatica)
• 8 criteri per il successo nella ristrutturazione edilizia (Allplan)
Quaderni di Legislazione Tecnica
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Quaderni di Legislazione Tecnica
Bimestrale per il Professionista tecnico e l’Amministrazione
CONTROCORRENTE
a cura di Roberto Gallia
Con l’inizio del nuovo anno ha, indubbiamente, suscitato maggiore attenzione l’attività del MIT per la predisposizione di una nuova disciplina edilizia, che aggiorni e sostituisca quanto disposto dal TU dell’edilizia, risalente ad oltre venti anni addietro e ormai disarticolato nella propria coerenza procedimentale.
Per indirizzare la partecipazione, il MIT ha individuato 20 temi prioritari, sui quali ha invitato segnalare le relative criticità, evidenziando i principali aspetti problematici riscontrati in sede operativa, e ad indicare la possibile soluzione, proponendo le linee di indirizzo normativo finalizzate a superare le criticità evidenziate.
L’invito è stato rivolto (solo) agli organismi partecipanti al Tavolo Piano Casa, che hanno già prodotto le linee guida interpretative per l’attuazione del D.L. Salva Casa; le cui segnalazioni, inoltrate al MIT (entro il mese di febbraio, non sono ancora note nel momento in cui si scrive, salvo alcune indiscrezioni di stampa.
Come abbiamo già anticipato con i post pubblicati sulla bacheca di «Edilizia & Costruzioni», alcuni punti risultano di dubbia interpretazione, mentre altri indicano il prevalere di una attenzione sui procedimenti amministrativi piuttosto che sulle qualità prestazionali del costruito.
Inoltre, vengono colpevolmente ignorate le reali condizioni che consentano di attribuire, legittimamente, ai professionisti e alle imprese la responsabilità di parti significative del processo costruttivo. Si ricorda, ancora una volta, che non possono essere attribuite responsabilità in materie non disciplinate da una specifica regola tecnica. Solo nei provvedimenti di prevenzione incendi, da oltre un decennio, per i progetti relativi ad attività disciplinate da una specifica regola tecnica verticale, i procedimenti di autorizzazione e di verifica sono sostituiti dalle dichiarazioni rese dai professionisti abilitati. Al contrario, per l’inadeguatezza della regolamentazione tecnica in edilizia, l’autorizzazione sismica è ancora un titolo esplicito rilasciato dalla PA, anche se, in questo caso, non esercita un potere discrezionale, ma ha solo il compito di accertare la corretta applicazione delle NTC; mentre, per altri aspetti tecnici (impianti interni, requisiti igienico-sanitari, requisiti acustici attivi e passivi, efficienza energetica, ecc.) le responsabilità sono state trasferite ai professionisti e alle imprese installatrici in assenza dell’approvazione di specifiche regole di obbligatoria e certa applicazione.
CONTROCORRENTE
In questo numero si parla del correttivo del Codice dei contratti. Inevitabile ricordare i problemi che non sono stati affrontati. In questo periodo si è nuovamente parlato dei ritardi nella spesa del PNRR; fra l’altro il MIT ha minacciato la revoca dei finanziamenti ai Comuni in ritardo nell’attuazione dei PINQUA, cioè dei programmi urbani. Impossibile non insistere nel ricordare che non solo è stato annullato ogni procedimento di verifica dell’utilità, della procedibilità e della localizzazione della spesa pubblica in infrastrutture (pur previsto nel precedente Codice, D. Lg.vo 50/2016); ma, soprattutto, non si parla più di infrastrutture, bensì – separatamente – di lavori pubblici e di servizi. Come se una scuola o un ospedale possano risultare efficienti solo per la struttura edilizia (realizzata al giusto costo e nei tempi previsti), e non per gli insegnanti/bidelli o medici/infermieri che la fanno funzionare e la rendono utile.
Di seguito, per quanto riguarda l’attualità normativa, oltre all’aggiornamento di alcune norme di funzionamento della PA, vengono richiamati e illustrati i provvedimenti di proroga della validità dei titoli autorizzativi di procedimenti edilizi e urbanistici, e di proroga dei termini di adeguamento antincendio per scuole ed alberghi.
Queste vicende, concentrate in un breve lasso di tempo, mi portano nuovamente a chiedere (a me e a voi) quando pensiamo di diventare un Paese normale, dove l’attività professionale e d’impresa può essere svolta con la sicurezza di operare in un quadro normativo logico, adeguato e di certa applicazione, aggiornato e innovato quando necessario, che ci consenta non solo di ottenere un giusto compenso, ma anche di contribuire a migliorare le condizioni delle città e del territorio dove viviamo, che dovremo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Roberto Gallia (1951), architetto, docente, saggista. info@robertogallia.it
ANALISI DELLE MODIFICHE DEL CORRETTIVO AL CODICE APPALTI
Il D. Leg.vo 31/12/2024, n. 209 (Correttivo al Codice appalti), in vigore dal 31/12/2024, reca disposizioni integrative e correttive al D. Leg.vo 31/03/2023, n. 36 (Codice appalti).
Di seguito l’analisi di alcune delle novità e modifiche di rilievo.
A cura di Emanuela Greco
Redazione giuridica di Legislazione Tecnica
ONLINE
Scarica il testo completo e aggiornato del CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
IDENTIFICAZIONE E EQUIVALENZA DEI CONTRATTI COLLETTIVI APPLICABILI
L’art. 2 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 11 del D. Leg.vo 36/2023 (recante Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti) e introdotto l’Allegato I.01 al D. Leg.vo 36/2023, al fine di disciplinare
i criteri e le modalità per l’individuazione, nei bandi, negli inviti e nella decisione di contrarre, del CCNL applicabile al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, nonché per la presentazione e verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele. Di seguito, la sintesi delle disposizioni modificate e introdotte.
Indicazione del CCNL nei documenti di gara L’art. 11, comma 2, del D. Leg.vo 36/2023 prevede ora che nei documenti iniziali di gara e nella decisione di contrarre le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, in conformità all’art. 11, comma 1, del D. Leg.vo 36/2023 e all’allegato I.01.
Prestazioni scorporabili
Ai sensi dell’art. 11, comma 2-bis, del D. Leg.vo 36/2023 (inserito dal Correttivo al Codice appalti), in presenza di prestazioni scorporabili, secondarie, accessorie o sussidiarie, qualora le relative attività siano differenti da quelle prevalenti oggetto dell’appalto o della concessione e si riferiscano, per una soglia pari o superiore al 30%, alla medesima categoria omogenea di attività, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano altresì nei documenti di cui al comma 2 il CCNL applicabile al personale impiegato in tali prestazioni.
Identificazione del contratto collettivo applicabile
In sintesi, l’art. 2 dell’Allegato I.01 inserito dal Correttivo al Codice appalti stabilisce che:
• le stazioni appaltanti e gli enti concedenti individuano il contratto collettivo nazionale o territoriale di lavoro applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione previa valutazione della stretta connessione dell’ambito di applicazione del contratto collettivo rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione, da eseguire anche in maniera prevalente e del criterio della maggiore rappresentatività comparativa sul piano nazionale delle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro;
• le stazioni appaltanti e gli enti concedenti fanno riferimento ai CCNL presi a riferimento dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella redazione delle tabelle
per la determinazione del costo medio del lavoro. In assenza di tali tabelle, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti richiedono al medesimo Ministero di indicare, sulla base delle informazioni disponibili, il CCNL applicabile alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione;
• le stazioni appaltanti non possono imporre, a pena di esclusione, nel bando di gara o nell’invito l’applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione.
Presunzione di equivalenza
L’art. 3 dell’Allegato I.01, statuisce che, ai fini della dichiarazione (di equivalenza delle tutele) di cui all’art. 11, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023 e della conseguente verifica, si considerano equivalenti le tutele garantite da CCNL:
• sottoscritti congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del CCNL indicato dalla stazione appaltante;
• attinenti al medesimo sottosettore;
• a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa.
Per gli appalti relativi al settore dell’edilizia, si considerano equivalenti, nei limiti di quanto sopra, i CCNL classificati mediante codice unico alfanumerico CNEL/INPES F012, F015, F018.
Indicazione da parte dell’o.e. di un diverso contratto collettivo nazionale di lavoro Ai sensi dell’art. 4 dell’Allegato I.01, quando, al di fuori delle ipotesi di cui al suddetto art. 3, l’o.e. indica nell’offerta un diverso CCNL, si considerano, ai fini della valutazione di equivalenza, le tutele economiche e le tutele normative.
La valutazione di equivalenza economica dei contratti è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua,
costituite dalle voci indicate dall’art. 4, comma 2, dell’Allegato I.01.
La valutazione di equivalenza delle tutele normative è effettuata sulla base dei parametri indicati dall’art. 4, comma 3 dell’Allegato I.01.
Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri per la valutazione di equivalenza delle tutele normative sono marginali.
Verifica della dichiarazione di equivalenza
L’art. 5 dell’Allegato I.01 prevede che, per consentire alle stazioni appaltanti ed enti concedenti di verificare l’anomalia dell’offerta, ai sensi dell’art. 110 del D. Leg.vo 36/2023, gli operatori economici trasmettono la dichiarazione di equivalenza delle tutele in sede di presentazione dell’offerta.
Prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, la stazione appaltante o l’ente concedente verifica la dichiarazione di equivalenza presentata dall’operatore economico individuato.
NOMINA E ATTIVITÀ RUP
L’art. 4 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 15 del D. Leg.vo 36/2023, relativo al responsabile unico del progetto (RUP).
Nomina del RUP
In particolare, nell’art. 15, comma 2, del D. Leg. vo 36/2023, è stato aggiunto un periodo con il quale si specifica che le stazioni appaltanti hanno in ogni caso la possibilità di nominare il RUP tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, nel caso di accertata carenza nel proprio organico di personale in possesso dei requisiti di cui all’allegato I.2 al Codice.
Attività del RUP
Inoltre, l’art. 75 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’allegato I.2 al Codice, relativo all’attività del RUP.
In particolare, l’art. 2, comma 1, dell’allegato I.2, relativo alle modalità di individuazione del RUP, precisa che, oltre al RUP, anche i responsabili di fase svolgono i propri compiti con il supporto dei dipendenti della stazione appaltante.
Si aggiunge poi che il RUP può delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore lo svolgimento di mere operazioni esecutive, esclusa ogni attività di verifica e di valutazione, nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di approvvigionamento digitale e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC.
Tra i compiti specifici del RUP per la fase dell’esecuzione, è aggiunto poi che quest’ultimo rilascia il certificato di esecuzione dei lavori entro 30 giorni dalla richiesta dell’esecutore.
Si rinvia infine all’art. 32, dell’allegato II.14 al Codice appalti per i casi in cui il direttore dell’esecuzione è soggetto diverso dal RUP, eliminando il riferimento alle prestazioni di importo superiore alle soglie comunitarie.
A sua volta, l’art. 32, comma 2, dell’allegato II.14 (anch’esso modificato dal Correttivo al Codice appalti) fa ora riferimento, per i servizi, anche agli interventi di importo superiore a 500.000 euro; mentre ai sensi dell’art. 32, comma 3, sono considerate forniture di particolare importanza le prestazioni di importo superiore a 500.000 euro, nonché quelle che presentino le medesime caratteristiche di cui al comma 2.
VERIFICA PREVENTIVA DELL’INTERESSE ARCHEOLOGICO
Gli artt. 14 e 79 del D. Leg.vo 209/2024 hanno modificato l’art. 41, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023 e l’allegato I.8 al medesimo Codice appalti, relativi alla verifica preventiva dell’interesse archeologico.
In particolare, il nuovo art. 41, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023 specifica che per i contratti pubblici di lavori ricadenti in aree di interesse archeologico la verifica preventiva dell’interesse archeologico, si svolge con le modalità procedurali di cui all’allegato I.8.
Con la modifica all’allegato I.8, si indica che la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico si svolge in due fasi distinte. La prima fase si svolge secondo quanto previsto dall’art. 1, commi da 2 a 6, dell’allegato I.8. L’eventuale seconda fase della procedura, i cui oneri sono a carico della stazione appaltante, è realizzata previa stesura di un progetto per le indagini archeologiche dettagliato, in conformità con quanto previsto dall’articolo 16 dell’allegato II.18 (relativo alla progettazione dello scavo archeologico e anch’esso modificato dal Correttivo al Codice appalti), e consiste nel compimento delle indagini indicate e nella redazione dei documenti integrativi del progetto di fattibilità.
Tale eventuale seconda fase della procedura si conclude entro il termine perentorio di 90 giorni dall’avvio delle indagini con la redazione della relazione archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente.
LIVELLI E CONTENUTI DELLA PROGETTAZIONE
L’art. 14 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 41 del D. Leg.vo 36/2023 relativo ai livelli e contenuti della progettazione. Sono stati inoltre modificati l’art. 43 del D. Leg.vo 36/2023 e l’allegato I.7 al D. Leg.vo 36/2023.
In particolare, viene aggiunto il comma 5-bis all’art. 41 del D. Leg.vo 36/2023, il quale prevede una disciplina semplificata per alcune tipologie di contratti di lavori.
Infatti, i contratti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria - ad eccezione degli interventi di manutenzione straordinaria che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti
strutturali delle opere o di impianti - possono essere affidati, nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sulla base del progetto di fattibilità tecnico-economica costituito almeno dagli elaborati di cui all’articolo 6, comma 8-bis dell’allegato I.7 al D. Leg.vo 36/2023 (comma aggiunto dal Correttivo al Codice appalti). L’esecuzione dei predetti lavori può prescindere dall’avvenuta redazione e approvazione del progetto esecutivo.
Tale disposizione si applica in alternativa all’art. 41, comma 5, del D. Leg.vo 36/2023, ai sensi del quale, per gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria può essere omesso il primo livello di progettazione a condizione che il progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso.
Con riferimento ai metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (i.e. BIM - building information modeling) ed al progetto di fattibilità tecnico-economica, si aggiunge che quest’ultimo nei casi di adozione di tale metodi e strumenti, recepisce i requisiti informativi sviluppati per il perseguimento degli obiettivi di livello progettuale e definiti nel capitolato informativo allegato al documento di indirizzo della progettazione.
Viene inoltre inserito il comma 8-bis all’art. 41 del D. Leg.vo 36/2023, il quale precisa che, in caso di affidamento esterno di uno o più livelli di progettazione, i contratti di progettazione stipulati da stazioni appaltanti ed enti concedenti devono prevedere in clausole espresse le prestazioni reintegrative a cui è tenuto il progettista esterno, per rimediare in forma specifica a errori o omissioni nella progettazione, che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione. Si prevede altresì la nullità di ogni patto che esclude o limita la responsabilità del progettista esterno per i suddetti errori o omissioni.
L’art. 15 del D. Leg.vo 209/2024 modifica l’art. 43 del D. Leg.vo 36/2023, relativo ai metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (BIM), innalzando la soglia per
l’adozione obbligatoria di tali metodi e strumenti per i lavori con stima del costo presunto di importo superiore a 2 milioni di euro (invece di 1 milione di euro) per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti.
In caso di interventi su edifici tutelati come beni culturali, si prende invece in considerazione la soglia di rilevanza europea.
L’art. 78 del D. Leg.vo 209/2024 apporta varie modifiche all’allegato I.7 del D. Leg.vo 36/2023, recante contenuti minimi del quadro esigenziale, del documento di fattibilità delle alternative progettuali, del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo.
MODIFICHE IN TEMA DI COMPENSO PER SIA
Il correttivo al Codice appalti ha affrontato, tra le altre, la questione dell’equo compenso per servizi di ingegneria e architettura.
In particolare, il D. Leg.vo 209/2024 ha apportato modifiche all’art. 41 del D. Leg.vo 36/2023, anche con particolare riferimento ai corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura.
Viene modificato l’art. 41, comma 15, del D. Leg.vo 36/2023 e aggiunti i commi 15-bis, 15ter e 15-quater al citato art. 41. Il nuovo comma 15-bis, nel richiamare il rispetto dei principi sulla concorrenza e sull’equo compenso, prevede che le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei contratti di cui alla lett. b) dell’art. 108, comma 2, del D. Leg.vo 36/2023 (i.e. i contratti relativi all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura e altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro) sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo nel rispetto dei seguenti criteri:
IL CORRETTIVO HA
INTRODOTTO DEI CRITERI
PER DISCIPLINARE LA RIBASSABILITÀ DEL CORRISPETTIVO DEGLI AFFIDAMENTI DEI SERVIZI
DI ARCHITETTURA E INGEGNERIA.
• per il 65% dell’importo, l’elemento relativo al prezzo assume la forma di un prezzo fisso;
• il 35% dell’importo può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione delle offerte. Inoltre, la stazione appaltante definisce il punteggio relativo all’offerta economica secondo i metodi di calcolo di cui all’art. 2-bis dell’allegato I.13 (anch’esso modificato) e stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30%.
Il comma 15-ter, richiama le disposizioni in materia di esclusione automatica delle offerte anomale; mentre il comma 15-quater dispone che per i contratti dei servizi di ingegneria e di architettura affidati ai sensi della lett. b), dell’art. 50, comma 1, del D. Leg.vo 36/2023 (con affidamento diretto per importi inferiori a 140.000 euro) i corrispettivi determinati secondo le modalità dell’allegato I.13 possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20%. Inoltre, viene modificato l’art. 8, comma 2, del D. Leg.vo 36/2023, il quale ora prevede che la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso secondo le modalità previste dall’art. 41, commi 15-bis, 15-ter e 15-quater, del D. Leg.vo 36/2023 medesimo. Sul tema, si veda la risorsa online AR1867.
INCENTIVI PER FUNZIONI TECNICHE
ANCHE AI DIRIGENTI
Il correttivo al Codice appalti elimina l’inapplicabilità della disciplina degli incentivi per le funzioni tecniche ai dirigenti.
In particolare, l’art. 45 del D. Leg.vo 36/2023 disciplina il meccanismo della corresponsione di incentivi ai dipendenti delle stazioni appaltanti per lo svolgimento di determinate funzioni tecniche, elencate nell’Allegato I.10 al Codice appalti.
L’art. 45, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023 prevedeva che gli incentivi non venissero corrisposti al personale con qualifica dirigenziale. Con la sostituzione del comma 4 dell’art. 45 del D. Leg.vo 36/2023, viene eliminata l’esclusione del personale con qualifica dirigenziale dalla platea dei beneficiari degli incentivi per le funzioni tecniche.
A seguito delle modifiche all’art. 45, ci si riferisce inoltre al “personale” della stazione appaltante, invece che ai “dipendenti”, quali beneficiari degli incentivi.
Con riferimento al testo previgente del Codice appalti, si segnala che, come evidenziato dal MIT, l’art. 8 del D.L. 13/2023, comma 5, prevede la possibilità per gli enti locali e gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale di erogare anche ai dirigenti gli incentivi per lo svolgimento delle funzioni tecniche per i progetti PNRR e PNC e limitatamente al periodo 20232026, purché i criteri di riparto siano oggetto di accordo in sede di contrattazione decentrata e poi trasfusi in un regolamento (Parere del MIT 2059/2023).
Si segnala inoltre che l’ANAC aveva invece escluso la possibilità di riconoscere l’incentivo per funzioni tecniche, oltre che per i dirigenti (come espressamente previsto dall’art. 45, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023), anche per i componenti degli organi di amministrazione delle stazioni appaltanti, in via generale non assimilabili al personale dipendente dell’ente/ società pubblica (Parere ANAC 16/2024).
DEROGA AL PRINCIPIO DI ROTAZIONE DEGLI AFFIDAMENTI
L’art. 17 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 49 del D. Leg.vo 36/2023, relativo al principio di rotazione degli affidamenti.
Deroghe al principio di rotazione
In particolare, nell’art. 49 del D. Leg.vo 36/2023, che consente di derogare al principio di rotazione, è stato sostituito il comma 4, il quale ora prevede che il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto in casi motivati, con riferimento:
• alla struttura del mercato e
• alla effettiva assenza di alternative e previa verifica:
• dell’accurata esecuzione del precedente contratto
• nonché della qualità della prestazione resa.
Il contraente uscente può essere reinvitato o risultare affidatario diretto laddove sussistano contemporaneamente tutti i suddetti requisiti, da intendersi, pertanto, come concorrenti e non alternativi tra loro, i quali devono essere specificamente rappresentati negli atti della procedura.
È onere della stazione appaltante fornire adeguata, puntuale e rigorosa motivazione in ordine alle ragioni della possibile deroga al principio di rotazione.
Ai sensi dell’art. 49, comma 6 del D. Leg.vo 36/2023, è comunque consentito derogare all’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro.
ACCORDI QUADRO E EQUILIBRIO CONTRATTUALE
L’art. 22 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 59 del D. Leg.vo 36/2023, relativo agli accordi quadro.
In particolare, nell’art. 59, comma 1, del D. Leg. vo 36/2023, è stato aggiunto che la decisione a contrarre relativa agli accordi quadro deve
indicare le esigenze di programmazione sulla base di una ricognizione dei fabbisogni di ricorso al mercato per l’affidamento di lavori, servizi e forniture.
Inoltre, nei casi di cui alla lett. a) dell’art. 59, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023 (i.e. nei c.d. accordi chiusi, che contengono tutti i termini che disciplinano la prestazione dei lavori, dei servizi e delle forniture, nonché le condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici parti dell’accordo quadro effettuerà la prestazione), la decisione a contrarre indica altresì le percentuali di affidamento ai diversi operatori economici, al fine di assicurare condizioni di effettiva remuneratività dei singoli contratti attuativi.
L’art. 59, comma 5-bis, del D. Leg.vo 36/2023 (introdotto dall’art. 22 del D. Leg.vo 209/2024) contiene invece disposizioni tese a rimediare ad eventuali alterazioni dell’equilibrio contrattuale sopravvenute all’aggiudicazione dell’accordo quadro e nelle more della stipula o esecuzione dei contratti attuativi.
In particolare, quando in fase di stipula dei contratti attuativi dell’accordo non sia possibile preservare l’equilibrio contrattuale e non risulti possibile ripristinarlo mediante una rinegoziazione secondo oggettiva buona fede (secondo le disposizioni del Codice civile), l’operatore economico o la stazione appaltante hanno la facoltà di non procedere alla stipula. Quando invece in fase di esecuzione dei singo-
VIENE ELIMINATA
L’ESCLUSIONE DEL PERSONALE CON QUALIFICA DIRIGENZIALE
DALLA PLATEA DEI
BENEFICIARI DEGLI
INCENTIVI PER LE
FUNZIONI TECNICHE.
li contratti attuativi dell’accordo non sia possibile preservare l’equilibrio contrattuale e non risulti possibile ripristinarlo mediante una rinegoziazione secondo oggettiva buona fede, la stazione appaltante o l’appaltatore hanno la facoltà di invocarne la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, fermo restando quanto previsto dall’art. 122, comma 5, del D. Leg. vo 36/2023 (ai sensi del quale l’appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti).
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLA REVISIONE DEI PREZZI
L’art. 23 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 60 del D. Leg.vo 36/2023 e l’art. 86 D. Leg. vo 209/2024 ha inserito l’allegato II.2-bis, entrambi relativi alla disciplina della revisione dei prezzi.
In particolare, l’art. 60 del D. Leg.vo 36/2023 prevede che nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi riferite alle prestazioni oggetto del contratto. Tali clausole:
• non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro;
• si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva.
Contratti di lavori
Per i contratti di lavori, la revisione dei prezzi si applica ai lavori di nuova costruzione, nonché ai lavori di manutenzione straordinaria e ordinaria.
Per tali contratti, le particolari condizioni di natura oggettiva, devono determinare una variazione del costo dell’opera, in aumento o in diminuzione, superiore al 3% dell’importo complessivo e operano nella misura del 90% del valore eccedente la variazione del 3% applicata alle prestazioni da eseguire.
Ai fini della determinazione della variazione
dei costi e dei prezzi, si utilizzano i gli indici sintetici individuati ai sensi dell’art. 60, comma 4-quater, del D. Leg.vo 36/2023.
Contratti di servizi e forniture
Per i contratti di forniture e servizi, la revisione prezzi si applica ai contratti di durata, il cui oggetto non consiste in una prestazione ad esecuzione istantanea.
Per tali contratti, le particolari condizioni di natura oggettiva, devono determinare una variazione del costo della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5% dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80% del valore eccedente la variazione del 5% applicata alle prestazioni da eseguire.
Ai fini della determinazione della variazione dei costi e dei prezzi si utilizzano gli indici, anche disaggregati, dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie.
In relazione agli appalti di servizi e forniture che, in ragione dei settori di riferimento, dispongono di specifici indici di determinazione della variazione del prezzo, resta ferma la possibilità di fare riferimento ai medesimi indici.
Per gli appalti il cui prezzo è determinato sulla base di una indicizzazione, non è obbligatorio l’inserimento di clausole di revisione prezzi.
Per gli appalti di servizi e forniture, inoltre, resta ferma la facoltà di inserire nel contratto, oltre alle clausole di revisione prezzi, meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto all’indice inflattivo convenzionalmente individuato tra le parti (in questa ipotesi, l’incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo non è considerato nel calcolo della variazione del costo del servizio o della fornitura rilevante, ai fini dell’attivazione delle clausole di revisione prezzi).
Allegato II.2-bis - Modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi
Con provvedimento adottato dal MIT, sentito l’ISTAT, sono adottati i singoli indici di costo del-
le lavorazioni, sulla base delle tipologie omogenee di lavorazioni (TOL) di cui alla tabella A dell’allegato II.2-bis al D. Leg.vo 36/2023, per la determinazione degli indici sintetici individuati ai sensi dell’art. 60, comma 4-quater, del D. Leg.vo 36/2023.
Tale comma prevede che l’allegato II.2-bis al Codice appalti (introdotto dall’art. 86, comma 1, del D. Leg.vo 31/12/2024, n. 209) disciplina le modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi, tenuto conto della natura e del settore merceologico dell’appalto, e degli indici disponibili e ne specifica le modalità di corresponsione, anche in considerazione dell’eventuale ricorso al subappalto.
L’allegato II.2-bis prevede che le stazioni appaltanti monitorano l’andamento degli indici con la frequenza indicata nei documenti di gara iniziali, comunque non superiore a quella di aggiornamento degli indici revisionali applicati all’appalto, al fine di valutare se sussistono le condizioni per l’attivazione delle clausole di revisione prezzi, le quali sono attivate automaticamente dalla stazione appaltante, anche in assenza di istanza di parte, quando la variazione dell’indice sintetico, supera, in aumento o diminuzione, rispettivamente la soglia del 3% (per i lavori) e la soglia del 5% (per servizi e forniture) dell’importo del contratto quale risultante dal provvedimento di aggiudicazione.
La sezione II dell’allegato II.2-bis individua l’indice sintetico revisionale per i contratti di lavori.
La sezione III dell’allegato II.2-bis individua gli indici revisionali applicabili ai contratti di servizi e forniture.
Nelle tabelle sono indicate inoltre le formule per il calcolo dell’importo dello stato di avanzamento dei lavori revisionale.
Quando l’applicazione dell’art. 60 del D. Leg. vo 36/2023 non garantisce il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale e non è possibile garantire il medesimo principio mediante rinegoziazione secondo buona fede, è sempre fatta salva la possibilità per la stazione appaltante o l’appaltatore di invocare la riso-
luzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto.
INTRODOTTO L’ACCORDO DI COLLABORAZIONE
Il Correttivo al Codice appalti ha introdotto la possibilità per le stazioni appaltanti di inserire tra i documenti di gara lo schema di un accordo di collaborazione.
In particolare, l’art. 29 del D. Leg.vo 209/2024 ha introdotto l’art. 82-bis nel Libro II, Parte V (svolgimento delle procedure), Titolo I (gli atti preparatori), del D. Leg.vo 36/2023. Tale articolo, unitamente al nuovo allegato II.6-bis, disciplina l’accordo di collaborazione.
La nuova disposizione prevede che le stazioni appaltanti possono inserire nei documenti di gara di cui all’art. 82 del D. Leg.vo 36/2023 lo schema di un accordo di collaborazione.
Si precisa che l’accordo di collaborazione non sostituisce il contratto principale e gli altri contratti ad esso collegati e non ne integra i contenuti.
Definizione e fini dell’accordo
L’accordo di collaborazione è definito dall’art. 1 dell’allegato II.6-bis come l’accordo plurilaterale con il quale le parti coinvolte in misura significativa nella fase di esecuzione di un contratto di lavori, servizi o forniture, disciplinano le forme, le modalità e gli obiettivi della reciproca collaborazione al fine di perseguire il principio del risultato, mediante la definizione di meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti finalizzati alla prevenzione e riduzione dei rischi e alla risoluzione delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione dell’accordo.
Le parti collaborano secondo buona fede e correttezza al perseguimento degli obiettivi dell’accordo di collaborazione, individuando misure volte a prevenire e individuare tempestivamente eventuali criticità della fase di esecuzione, nonché a favorire il confronto sulle possibili soluzioni.
Parti dell’accordo
All’esito dell’aggiudicazione, la stazione appaltante sottopone l’accordo di collaborazione alla sottoscrizione dell’appaltatore e delle altre parti coinvolte in misura significativa, individuate in considerazione dell’oggetto e degli obiettivi dell’accordo.
Sono parti dell’accordo:
• la stazione appaltante, il R.U.P. e, ove previsto in relazione all’oggetto del contratto principale, il Direttore dei lavori, il Coordinatore per la sicurezza, il Direttore dell’esecuzione, e il progettista per le opere realizzate mediante metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni;
• l’appaltatore;
• i sub-appaltatori, i sub-contraenti e i fornitori che, su accordo della stazione appaltante e dell’appaltatore, sono coinvolti in misura significativa nella fase di esecuzione, tenuto conto dell’oggetto e del valore del subappalto, del sub-contratto o della fornitura, e della rilevanza delle prestazioni al fine del raggiungimento del risultato perseguito con il contratto principale.
L’accordo è aperto all’adesione di altri soggetti alle condizioni stabilite nello stesso accordo di collaborazione, in conformità con le disposizioni dell’art. 2, comma 3, dell’allegato II.6-bis.
L’accordo disciplina altresì le modalità di adesione degli ulteriori operatori economici coinvolti nella fase dell’esecuzione in un momento successivo alla sottoscrizione del medesimo.
Contenuti dell’accordo
Lo schema di accordo è redatto in coerenza con l’allegato II-6-bis e definisce, in considerazione dell’oggetto del contratto principale, gli obiettivi principali e collaterali della collaborazione, nel rispetto del principio della fiducia, indicando, altresì, le eventuali premialità previste per la realizzazione dei medesimi obiettivi.
In particolare, l’accordo individua:
• l’oggetto, le attività finalizzate al raggiungimento degli obiettivi principali e collaterali, e i corrispondenti impegni delle parti;
• le modalità di verifica degli obiettivi di collaborazione;
• i meccanismi di prevenzione e riduzione dei rischi e di risoluzione delle possibili controversie relative all’esecuzione dell’accordo;
• il sistema di allerta finalizzato a prevenire eventuali criticità che potrebbero compromettere la corretta esecuzione dell’accordo e a fornire tempestivi rimedi, in coerenza con il principio del risultato;
• le responsabilità per l’esecuzione dell’accordo, determinate in ragione delle attività e dei compiti conferiti a ciascuna parte;
• le eventuali premialità relative al raggiungimento degli obiettivi dell’accordo e i relativi meccanismi di operatività;
• le funzioni e le attività delle parti e dei soggetti della collaborazione;
• le ipotesi e modalità di scioglimento dell’accordo.
Sistema di risoluzione alternativa delle controversie
L’accordo di collaborazione impegna le parti a risolvere in buona fede, con gli strumenti collaborativi previsti dall’accordo medesimo, eventuali controversie sorte in sede di esecuzione dell’accordo.
Se non è possibile risolvere in forma collaborativa la controversia, l’accordo individua, in coerenza con il contratto di appalto e con i contratti al medesimo collegati, il ricorso preferenziale agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie di cui al Titolo II della Parte I del Libro V del Codice appalti.
In caso di costituzione di un collegio consultivo tecnico ai sensi degli artt. 215 o 218 del D. Leg.vo 36/2023, le parti dell’accordo di collaborazione sono tenute ad osservare i pareri e le determinazioni del collegio, ove incidenti su aspetti da esso regolati. ***
Si segnala che il Consiglio di Stato, con il parere 1463/2024 allo schema di Correttivo, aveva consigliato di non introdurre lo strumento
È STATA INTRODOTTA
LA POSSIBILITÀ PER LE
STAZIONI APPALTANTI
DI INSERIRE TRA I
DOCUMENTI DI GARA LO
SCHEMA DI UN ACCORDO
DI COLLABORAZIONE.
dell’accordo di collaborazione, quantomeno nella forma e nello stato di elaborazione attuali, sollevando dubbi sulla sua adeguatezza nell’apportare un quid migliorativo nella gestione esecutiva dei contratti, a causa dell’oggettiva complessità e conseguente inevitabile onerosità di elaborazione e gestione di un tale accordo. Secondo il Consiglio di Stato, lo strumento sembra, prima facie, avere l’attitudine ad aggravare l’area degli oneri e degli adempimenti gestionali della fase esecutiva, oltretutto duplicando, nei suoi stessi contenuti tipizzati, istituti e meccanismi già regolati in forma auto-applicativa nel Codice appalti.
DISCIPLINA
DEL COLLAUDO DEI LAVORI
L’art. 40 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 116 del D. Leg.vo 36/2023 relativo al collaudo ed alla verifica di conformità.
Come noto, al fine di certificare il rispetto delle caratteristiche tecniche, economiche e qualitative dei lavori e delle prestazioni, nonché degli obiettivi e dei tempi, in conformità delle previsioni e pattuizioni contrattuali, i contratti, sono soggetti a:
• collaudo per i lavori
• verifica di conformità per i servizi e per le forniture.
Collaudo dei lavori
L’art. 116, comma 4, del D. Leg.vo 36/2023, è
stato sostituito e stabilisce ora che per effettuare le attività di collaudo dei lavori:
• le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che sono amministrazioni pubbliche nominano da 1 a 3 collaudatori scelti tra il proprio personale o tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, con qualificazione rapportata alla tipologia e caratteristica del contratto, in possesso dei requisiti di moralità, competenza e professionalità. I collaudatori dipendenti della stessa amministrazione appartengono a strutture funzionalmente indipendenti;
• le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che non sono amministrazioni pubbliche nominano da 1 a 3 collaudatori di cui almeno uno deve essere individuato tra il personale di amministrazioni pubbliche. Tutti i collaudatori devono possedere qualificazione rapportata alla tipologia e alle caratteristiche del contratto e requisiti di moralità, competenza e professionalità.
Sempre con riferimento ai lavori, viene introdotto il comma 4-bis, dell’art. 116 del D. Leg. vo 36/2023, il quale prevede che tra le unità di personale della stazione appaltante o di altre amministrazioni pubbliche è individuato anche il collaudatore delle strutture per la redazione del collaudo statico. Si prevedono anche le modalità di affidamento dell’incarico di collaudatore (a dipendenti di altre P.A. o esterni) in caso di accertata carenza nell’organico della stazione appaltante, o nei casi di particolare complessità tecnica.
Per quanto riguarda il compenso per l’attività di collaudo, si specifica che esso:
• per il personale della stessa amministrazione, è contenuto nell’ambito dell’incentivo per funzioni tecniche, di cui all’art. 45 del D. Leg.vo 36/2023;
• per il personale di altre amministrazioni pubbliche è determinato ai sensi dell’art. 29, comma 1, dell’allegato II.14 al Codice. Tale disposizione (sostituita dal Corretti-
vo al Codice appalti) prevede che il compenso spettante per l’attività di collaudo è determinato ai sensi del D. Min. Giustizia 17/06/2016 e nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 61, comma 9, del D.L. 25/06/2008, n. 112.
Con il nuovo comma 4-ter, dell’art. 116 del D. Leg.vo 36/2023, in caso di lavori di particolare complessità, si introduce la possibilità per il collaudatore o la commissione di collaudo di avvalersi, previa adeguata motivazione, di una segreteria tecnico-amministrativa in possesso di specifiche competenze per le attività istruttorie e di supporto organizzativo.
Gli oneri della segreteria sono a carico del collaudatore o dei membri della commissione di collaudo e vengono liquidati con le modalità di cui al nuovo art. 29-bis dell’allegato II.14 al Codice appalti, il quale prevede un compenso fino ad un massimo del 5% a valere sui compensi spettanti al collaudatore o alla commissione di collaudo.
Collaudo e verifica di conformità
L’art. 40 del D. Leg.vo 209/2023 interviene anche sui casi di incompatibilità relativi all’incarico di collaudo e di verifica di conformità.
Il comma 11, dell’art. 116 del D. Leg.vo 36/2023 è modificato con riferimento alle spese relative alle verifiche tecniche obbligatorie.
Allegato II.14 al Codice appalti - Esecuzione dei contratti di lavori
Il Correttivo al Codice appalti è intervenuto anche sull’allegato II.14, nella parte relativa all’esecuzione dei contratti di lavori, con particolare riferimento:
• all’utilizzo di programmi di contabilità digitale per l’effettuazione della contabilità dei lavori;
• alla compilazione dei libretti delle misure, la quale deve essere effettuata attraverso la registrazione delle misure rilevate direttamente in cantiere dal personale incaricato in apposito verbale e in contraddittorio con l’esecutore;
• alla possibilità di tenere una contabilità semplificata per i lavori di importo inferiore a 40.000 euro, previa verifica da parte del direttore dei lavori della corrispondenza del lavoro svolto con quanto fatturato, tenendo conto dei lavori effettivamente eseguiti. In questi casi, il certificato di regolare esecuzione può essere sostituito con l’apposizione del visto del direttore dei lavori sulle fatture di spesa;
• ai compensi e rimborsi spese spettanti ai collaudatori, anche (vedi supra) nel caso di commissione di collaudo.
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA
DEL SUBAPPALTO
L’art. 41 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 119 del D. Leg.vo 36/2023, relativo alla disciplina del subappalto.
Piccole e medie imprese
In particolare, nell’art. 119, comma 2, del D. Leg.vo 36/2023, è stato aggiunto che i contratti di subappalto sono stipulati, in misura non inferiore al 20% delle prestazioni subappaltabili, con piccole e medie imprese.
Gli operatori economici possono comunque indicare nella propria offerta una diversa soglia di affidamento delle prestazioni che si intende subappaltare alle piccole e medie imprese per ragioni legate all’oggetto o alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento.
Clausole di revisione prezzi
Inoltre, è stato aggiunto il comma 2-bis dell’art. 119 del D. Leg.vo 36/2023, ai sensi del quale nei contratti di subappalto o nei subcontratti comunicati alla stazione appaltante è obbligatorio l’inserimento di clausole di revisione prezzi riferite alle prestazioni o lavorazioni oggetto del subappalto o del subcontratto.
CCNL applicabile
Nel comma 12 dell’art. 119 del D. Leg.vo 36/2023 è specificato che il subappaltatore, per
le prestazioni affidate in subappalto, è tenuto ad applicare il medesimo CCNL del contraente principale, ovvero un differente contratto collettivo, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele economiche e normative di quello applicato dall’appaltatore, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le prestazioni relative alla categoria prevalente.
Subappalto a cascata
Nel comma 17 dell’art. 119 del D. Leg.vo 36/2023 si precisa che, nel caso in cui l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto sia oggetto di ulteriore subappalto (c.d. subappalto a cascata), si applicano a quest’ultimo le disposizioni previste dal medesimo art. 119 del D. Leg.vo 36/2023 e da altri articoli del Codice in tema di subappalto.
Certificati per qualificazione
Al comma 20 dell’art. 119 del D. Leg.vo 36/2023 è reso esplicito che i certificati richiesti dai subappaltatori relativi alle prestazioni oggetto di appalto eseguite possono essere utilizzati per ottenere o rinnovare l’attestazione di qualificazione soltanto da parte dei subappaltatori.
MODIFICA DEI CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE
L’art. 42 del D. Leg.vo 209/2024 ha integrato l’art. 120 del D. Leg.vo 36/2023, relativo alla modifica dei contratti in corso di esecuzione. L’art. 120, comma 1, del D. Leg.vo 36/2023 dispone che i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi ivi specificati, sempre che, in determinate ipotesi (di cui alle lettere a) e c) del medesimo comma), nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate.
Tra i casi previsti rientrano le varianti in corso d’opera (di cui alla lett. c) dell’art. 120, comma
1, del D. Leg.vo 36/2023), da intendersi come modifiche resesi necessarie in corso di esecuzione dell’appalto per effetto di circostanze imprevedibili da parte della stazione appaltante, fatti salvi gli ulteriori casi previsti nella legislazione di settore.
Il Correttivo al Codice appalti ha sostituito la lett. c) dell’art. 120, comma 1, del D. Leg.vo 36/2023, inserendo tra le circostanze imprevedibili, oltre alle esigenze derivanti da nuove disposizioni legislative o regolamentari o da provvedimenti sopravvenuti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti:
• gli eventi naturali straordinari e imprevedibili e i casi di forza maggiore che incidono sui beni oggetto dell’intervento;
• i rinvenimenti, imprevisti o non prevedibili con la dovuta diligenza nella fase di progettazione;
• le difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non prevedibili dalle parti in base alle conoscenze tecnico-scientifiche consolidate al momento della progettazione.
Il Correttivo al Codice appalti ha inoltre modificato l’art. 120, comma 7, del D. Leg.vo 36/2023 il quale stabilisce che non sono considerate sostanziali (e dunque sono consentite ai sensi dell’art. 120, comma 5, del D. Leg.vo 36/2023) le modifiche al progetto o al contratto con le quali, nel rispetto della funzionalità dell’opera:
• si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni;
• si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell’opera, ivi compresa la sopravvenuta possibilità di utilizzo di materiali, componenti o tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza incremento dei costi, significativi miglioramenti nella qualità dell’opera o di parte di essa, o riduzione dei tempi di ultimazione;
• gli interventi imposti dal direttore dei la-
vori per la soluzione di questioni tecniche emerse nell’esecuzione dei lavori che possano essere finanziati con le risorse iscritte nel quadro economico dell’opera.
All’art. 120 del D. Leg.vo 36/2023 viene infine aggiunto il comma 15-bis, ai sensi del qualefermo restando quanto previsto dall’articolo 41, comma 8-bis, del D. Leg.vo 36/2023, relativo alla responsabilità del progettista esterno - le stazioni appaltanti verificano in contraddittorio con il progettista e l’appaltatore errori o omissioni nella progettazione esecutiva che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione e individuano tempestivamente soluzioni di progettazione esecutiva coerenti con il principio del risultato.
ANTICIPAZIONE DEL PREZZO DEL CONTRATTO
L’art. 44 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 125 del D. Leg.vo 36/2023 relativo all’anticipazione, modalità e termini di pagamento del corrispettivo del contratto di appalto. In particolare, viene modificato l’art. 125, comma 1, del D. Leg.vo 36/2023 e specificato che:
• sul valore del contratto di appalto è calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo pari al 20% (percentuale invariata);
• nei documenti di gara può essere previsto un incremento dell’anticipazione del prezzo fino al 30% (percentuale invariata);
• nel caso di appalti di lavori, l’anticipazione, calcolata sull’importo dell’intero contratto, è corrisposta all’appaltatore entro 15 giorni dall’effettivo inizio della prestazione, corrispondente alla consegna dei lavori - anche nel caso di avvio dell’esecuzione in via d’urgenza;
• per i contratti di importo superiore a 500 milioni di euro, l’anticipazione è corrisposta all’appaltatore, in deroga a quanto sopra, nel rispetto delle scadenze definite nel contratto, tenuto conto del cronoprogramma delle attività;
• in caso di ricorso all’appalto integrato, l’anticipazione del prezzo è calcolata e
corrisposta distintamente per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori;
• tali disposizioni non si applicano ai contratti di forniture e servizi indicati nell’allegato II.14 al Codice appalti;
• per i contratti pluriennali di servizi e forniture l’importo dell’anticipazione deve essere calcolato sul valore delle prestazioni di ciascuna annualità contabile, stabilita nel cronoprogramma dei pagamenti, ed è corrisposto entro 15 giorni dall’effettivo inizio della prima prestazione utile relativa a ciascuna annualità, secondo il cronoprogramma delle prestazioni.
PENALI AUMENTATE E PREMI DI ACCELERAZIONE OBBLIGATORI
Il Correttivo al Codice appalti ha aumentato l’importo delle penali e reso obbligatoria la previsione di premi di accelerazione per l’esecuzione dei lavori.
In particolare, l’art. 45 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’art. 126 del D. Leg.vo 36/2023 relativo alle penali ed ai premi di accelerazione nell’esecuzione dei contratti.
Penali
Per quanto riguarda le penali, l’art. 126, comma 1, del D. Leg.vo 36/2023 prevede che i contratti di appalto prevedono penali per il ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell’appaltatore commisurate ai giorni di ritardo e proporzionali rispetto all’importo del contratto o delle prestazioni contrattuali.
Il Correttivo al Codice appalti ha innalzato la misura delle penali per il ritardato adempimento, stabilendo le percentuali per il loro calcolo giornaliero nella misura compresa tra 0,5 e 1,5 per mille (invece della precedente misura compresa tra 0,3 e 1 per mille) dell’ammontare netto contrattuale, da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo. Le penali non possono comunque superare, complessivamente, il 10% dell’ammontare netto contrattuale.
Premi di accelerazione
Con riferimento ai premi di accelerazione, è stato sostituito il comma 2 dell’art. 126, del D. Leg.vo 36/2023, ai sensi del quale, per gli appalti di lavori:
• la stazione appaltante ha l’obbligo (e non più la facoltà) di prevedere nel bando o nell’avviso di indizione della gara che, se l’ultimazione dei lavori avviene in anticipo rispetto al termine fissato contrattualmente, sia riconosciuto un premio di accelerazione per ogni giorno di anticipo;
• l’ammontare del premio è commisurato (e non più determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti per il calcolo delle penali) ai giorni di anticipo ed in proporzione all’importo del contratto o delle prestazioni contrattuali, in conformità ai criteri definiti nei documenti di gara e secondo scaglioni temporali e soglie prestazionali progressive;
IL D.LEG.VO 209/2024 HA
AUMENTATO L’IMPORTO
DELLE PENALI E RESO
OBBLIGATORIA LA PREVISIONE DI PREMI DI ACCELERAZIONE PER L’ESECUZIONE DEI LAVORI.
• la stazione appaltante riconosce un premio di accelerazione anche nel caso in cui il termine contrattuale sia legittimamente prorogato, qualora l’ultimazione dei lavori avvenga in anticipo rispetto al termine prorogato;
• il premio è corrisposto a seguito della conclusione delle operazioni di collaudo, sempre che l’esecuzione dei lavori sia conforme alle obbligazioni assunte e che siano garantite le condizioni di sicurezza a tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione.
In precedenza i premi di accelerazione erano
previsti solo per i contratti di lavori. Il Correttivo al Codice appalti ha aggiunto il comma 2-bis dell’art. 126 del D. Leg.vo 36/2023, il quale prevede che, anche in caso di appalti di servizi e forniture, le stazioni appaltanti possono prevedere nel bando o nell’avviso di indizione della gara il riconoscimento di premialità, ove compatibile con l’oggetto dell’appalto.
In tal caso, la stazione appaltante determina, nel bando o nell’avviso di indizione della gara, i criteri per il riconoscimento del premio di accelerazione e per la determinazione del relativo ammontare.
REQUISITI PARTECIPAZIONE PER SERVIZI DI ARCHITETTURA E INGEGNERIA
L’art. 91 del D. Leg.vo 209/2024 ha modificato l’allegato II.12 del D. Leg.vo 36/2023 relativo al sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori e per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura.
In particolare, è stato aggiunto il comma 1-bis, all’art. 40 dell’allegato II.12, il quale prevede che,
nei servizi di architettura e ingegneria e negli altri servizi tecnici, i requisiti economico-finanziari sono dimostrati, alternativamente:
• tramite una copertura assicurativa con massimale pari al 10% dell’importo delle opere o
• da un fatturato globale maturato nei migliori 3 esercizi degli ultimi 5 anni antecedenti la pubblicazione del bando e non superiore al valore stimato dell’appalto. Per i requisiti di capacità tecnica e professionale, le stazioni appaltanti possono richiedere di aver eseguito, nei precedenti 10 anni dalla data di indizione della procedura di gara, contratti analoghi a quelli in affidamento, sia a favore di soggetti pubblici che di quelli privati. Inoltre, è stato aggiunto il comma 2-bis all’art. 25 (relativo alla direzione tecnica dei lavori) dell’allegato II.12, il quale stabilisce che i soggetti che alla data del 01/07/2023 (data in cui le disposizioni del D. Leg.vo 36/2023 hanno acquistato efficacia) ricoprivano l’incarico di direttore tecnico risultante da un attestato in corso di validità possono continuare a svolgere tali funzioni.
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Invia il titolo della tua proposta di contributo con un breve abstract, gli obiettivi e i destinatari, insieme al tuo CV, a: redazione@legislazionetecnica.it
BONUS FISCALI PER GLI ACQUISTI IMMOBILIARI
Panoramica operativa aggiornata sulle detrazioni fiscali per gli acquisti di unità immobiliari e pertinenze, dopo le novità introdotte dalla luce della Legge di bilancio 2025.
PREMESSA
Ing. Francesco Guzzo
Ingegnere civile, esperto di catasto e di estimo civile immobiliare, pianificazione territoriale e governo del territorio, mobilità sostenibile e sicurezza stradale, Curatore scientifico e Coordinatore Territori di Area vasta del Centro Provinciale di Studi Urbanistici (CePSU) di Cosenza1 Ing. Giuseppe Funaro
Ingegnere civile, esperto del Tribunale di Cosenza in materia urbanistico-edilizia nonché estimativa,esperto di progettazione di opere civili con il supporto di metodologie BIM.
1 Aderente al Centro Nazionale di Studi Urbanistici (CeNSU) del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI).
La Legge 30 dicembre 2024 n. 207 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2024 (Legge di bilancio per il 2025) ha introdotto modifiche significative alle condizioni e alle modalità di accesso ai bonus fiscali destinati alla riqualificazione del patrimonio edilizio.
In particolare, i “Bonus Acquisti” si applicano allorquando si stipula un atto di compravendita immobiliare e risultano distinguibili in:
01) Bonus Acquisti di unità in edifici totalmente ristrutturati;
02) Bonus Acquisti per box auto e parcheggi;
03) Bonus Acquisti di unità in edifici oggetto di interventi di riduzione del rischio sismico (noto anche come “Sisma Bonus Acquisti”).
01. BONUS ACQUISTI DI UNITÀ IN EDIFICI TOTALMENTE RISTRUTTURATI
Introduzione
Il Bonus Acquisti per Edifici Ristrutturati è regolato dall’art. 16-bis, comma 3, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico sulle Imposte dei Redditi; i.e TUIR) e non ha termini di scadenza, in quanto agevolazione di natura strutturale
Tale Bonus è applicabile tenendo presenti specifiche condizioni e circostanze e limitazioni.
Condizioni legate alla particolare tipologia di bonus
Il bonus è fruibile se:
• l’unità immobiliare ceduta o assegnata fa parte di un edificio sul quale sono stati eseguiti interventi di restauro e di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia a norma di quanto disposto dalle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico dell’Edilizia; i.e. TUE), da parte di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare o da cooperative edilizie;
• i lavori riguardano l’intero fabbricato e non la singola unità oggetto di compravendita;
• l’acquisto o l’assegnazione dell’unità abitativa avviene entro diciotto mesi dalla data di termine dei lavori
• Importo di riferimento ai fini fiscali e misura della detrazione
• La detrazione va calcolata su di un ammontare forfettario pari al 25% del prezzo di vendita o del valore di assegnazione dell’immobile, risultante dall’atto di acquisto o di assegnazione;
il prezzo su cui calcolare la detrazione comprende anche l’IVA, trattandosi di un onere addebitato all’acquirente unitamente al corrispettivo così come specificato dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 7/E del 4 aprile 2017.
AMPLIAMENTI: qualora l’intervento edilizio avvenga con AMPLIAMENTO, anche sfruttando il “Piano Casa” (Risoluzione Agenzia delle entrate n. 4 del 4 gennaio 2011), l’Agenzia delle entrate ha precisato che si può usufruire della detrazione solo per le spese relative alla parte esistente dell’immobile. L’ampliamento, infatti, si configura come una “nuova costruzione”. A tal fine, il contribuente è tenuto a distinguere le spese relative alle due tipologie di intervento tramite una fatturazione separata oppure a disporre di un’attestazione specifica, rilasciata dall’impresa di costruzione o ristrutturazione sotto la propria responsabilità, che indichi gli importi riferiti a ciascun tipo di intervento, utilizzando criteri oggettivi.
Limitazioni di fruibilità (applicazione e fattispecie escluse)
Il bonus evidenzia i seguenti requisiti di applicabilità ai fini della deduzione riconoscibile:
• il limite massimo di spesa si applica separatamente a ciascun immobile qualora nello stesso atto si comprano due immobili ad uso residenziale (Cfr. Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 24 del 10 giugno 2004, risposta 1.3);
• la detrazione potrà essere fruita solo dall’anno di imposta in cui i lavori di ristrutturazione, per come precedentemente definiti, saranno ultimati per tutto il fabbricato (Cfr. Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 7/E del 4 aprile 2017), qualora il rogito sia stato stipulato prima della fine dei lavori.
• gli interventi edilizi realizzati sulle pertinenze non godono di un limite di spesa autonomo, ma rientrano nel tetto complessivo previsto per l’unità abitativa di cui le pertinenze costituiscono parte integrante (Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E del 4 aprile 2017); pertanto l’ammontare massimo di spesa ammessa alla detrazione deve essere considerato con riferimento all’unità abitativa e alle relative pertinenze, intese come un insieme unitario, anche se accatastate separatamente.
Fruitori
• la detrazione può essere fruita anche dal nudo proprietario e dal titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile (uso, usufrutto, abitazione) in maniera proporzionale al valore dei diritti reali, per esempio acquisto contestuale di nuda proprietà e usufrutto (Cfr. Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 24 del 10 giugno 2004, risposta 1.5).
Modalità di pagamento
Il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 9 maggio 2002, n. 153 esclude la necessità di effettuare i pagamenti mediante “bonifico bancario parlante”, previsto in via generale per la fruizione dei Bonus disciplinati dall’art. 16-bis TUIR.
ACCONTI: per poter fruire della detrazione IRPEF per importi versati in acconto è necessario che, alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, siano stati registrati il preliminare di acquisto o il rogito (Cfr. Risoluzione Agenzia delle entrate n. 38/E dell’8 febbraio 2008).
Compatibilità tra bonus
Il bonus è compatibile con altri bonus fruibili dall’impresa che realizza gli interventi.
• L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 437 del 24 giugno 2021, chiarisce la compatibilità tra la detrazione ai fini IRES, in materia di efficientamento energetico (Eco-Bonus) e di misure antisismiche (Sisma-Bonus) di cui agli artt. 14 e 16, D.L. n. 63/2013 convertito con L. 3 agosto 2013, n. 90, dei quali ha beneficiato la società cedente per i lavori di ristrutturazione (che ha ristrutturato l’intero edificio di cui fa parte l’unità abitativa oggetto di cessione), e la detrazione IRPEF di cui all’art. 16-bis, comma 3, TUIR, della quale beneficerà l’acquirente di un immobile ristrutturato. “La risoluzione n. 34/E del 25 giugno 2020 dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che le detrazioni in materia di riqualificazione energetica (c.d. eco-bonus), spettano ai titolari di reddito d’impresa che effettuano gli interventi su immobili da essi posseduti o detenuti, a prescindere dalla qualificazione di detti immobili come “strumentali”, “beni merce” o “patrimoniali”. Nello stesso documento di prassi, l’amministrazione finanziaria ha precisato che analogo riconoscimento deve essere operato, per ragioni di coerenza sistematica, agli interventi antisismici eseguiti su immobili da parte di titolari di reddito di impresa, ai fini della detrazione di cui all’articolo 16, comma 1-bis e ss., del decreto-legge n. 63 del 2013 (cd. “sisma bonus”)”.
L’Agenzia delle entrate conferma, pertanto, che l’acquirente può fruire della detrazione per l’acquisto di unità in edificio ristrutturato per il quale l’impresa cedente ha usufruito della detrazione IRES per i lavori di ristrutturazione (Cfr. risposta dell’Agenzia delle entrate a interpello n. 433 del 23 giugno 2021) perché:
• a prescindere dal valore degli interventi eseguiti, l’acquirente calcola la detrazione sulla base di un importo forfettario rappresentato dal 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’immobile, come risultante dall’atto di acquisto o di assegnazione. Tale detrazione, quindi, è calcolata sul prezzo di vendita dell’immobile. Tale prezzo, oltre che dal costo di costruzione, è influenzato anche e soprattutto da altri valori (luogo di ubicazione, andamento del mercato, misura e tipologia dell’immobile, ecc.);
• la detrazione, ex artt. 14 e 16, D.L. 4 giugno 2013. n. 63, convertito con L. 3 agosto 2013, n. 90, fruita dall’impresa cedente, invece, viene, calcolata su componenti diversi dal prezzo globale. Essa è parametrata al costo sostenuto (per interventi di risparmio energetico e antisismici) determinato analiticamente sulla base dei materiali e delle prestazioni di servizi utilizzati.
FOCUS PUNTI PRINCIPALI
Norma di riferimento
Tipologia di lavori
Imprese realizzatrici
Pertinenze
Decorrenza
Soggetti beneficiari
Bonus anche per l’impresa realizzatrice
Art. 16-bis, comma 3, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
I lavori devono interessare tutto il fabbrciato.
I lavori devono essere realizzati da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare o da cooperative edilizie.
Le pertinenze non hanno un limite di spesa autonomo.
Se ne può usufruire solo dall’anno di imposta in cui i lavori sono terminati per tutto il fabbricato.
Possono usufruirne i titolari di diritti reali.
Compatibile con la detrazione ai fini IRES sfruttata dall’impresa cedente.
L’impresa che realizza i lavori può usufruire dell’Eco-Bonus.
L’impresa che realizza i lavori può usufruire dell’Sisma-Bonus.
02. BONUS ACQUISTI DI UNITÀ IN EDIFICI TOTALMENTE RISTRUTTURATI
Introduzione
Il bonus, in termini di detrazione, riguarda gli acquirenti di box e parcheggi pertinenziali, e si riferisce alle spese relative alla loro realizzazione (art. 16-bis, comma 1, lett. d, TUIR), quindi riferita ad interventi di nuova costruzione (Cfr. Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 13/E del 31 maggio 2019).
Condizioni legate alla particolare tipologia di bonus
Il bonus è fruibile se:
• il box o il parcheggio sono pertinenza di un immobile residenziale;
• le spese relative alla realizzazione dei box o parcheggi acquistati, compreso l’IVA sostenuta, devono essere comprovate da un’apposita attestazione rilasciata dal venditore
Importo di riferimento ai fini fiscali e misura della detrazione
La detrazione riguarda l’importo delle spese imputabili alla realizzazione del posto/box auto risultante dalla apposita attestazione rilasciata dalla ditta venditrice, fino ad un limite di € 96.000,00 per ciascuna unità immobiliare.
Limitazioni di fruibilità (applicazione e fattispecie escluse)
A tale tipo di detrazione non accede il contribuente che acquista il box auto venduto dall’impresa proprietaria di un edificio che ha effettuato l’intervento di ristrutturazione dell’immobile a uso abitativo con cambio di destinazione d’uso (Circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 13/E del 31 maggio 2019).
RAPPORTO PERTINENZIALE: il rapporto pertinenziale tra il box/posto auto, per il quale il contribuente richiede il bonus, e l’abitazione deve emergere espressamente da un atto avente data certa, anteriore alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale il contribuente si avvale della detrazione
Modalità di pagamento
Per poter usufruire del bonus è necessario che:
• i pagamenti devono essere effettuati con bonifico bancario o postale tale che:
* risulti la causale del versamento (da integrare con il riferimento al beneficio della detrazione ex art. 16-bis TUIR);
* il codice fiscale del soggetto che intende beneficiare della detrazione;
* il codice fiscale o la partiva IVA del beneficiario del pagamento. In alternativa l’Agenzia delle entrate consente la detrazione, anche se il pagamento non avviene mediante bonifico bancario/postale; in tal caso il contribuente deve richiedere al venditore, oltre alla apposita certificazione circa il costo di realizzo del box/parcheggio, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (che può essere inclusa nell’atto stesso di cessione del box auto) che attesti che i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati inclusi nella contabilità dell’impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione del reddito del percipiente (Circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 43/E del 18 novembre 2016).
ACCONTI: L’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 43/E del 18 novembre 2016 ha chiarito che “il beneficio fiscale possa essere riconosciuto anche per i pagamenti effettuati prima ancora dell’atto notarile o in assenza di un preliminare d’acquisto registrato che indichino il vincolo pertinenziale, ma a condizione che tale vincolo risulti costituito e riportato nel contratto prima della presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale il contribuente si avvale della detrazione”.
Pertanto:
• non è necessario che i pagamenti non siano precedenti ad atto avente data certa (preliminare o rogito definitivo) dal quale risulti l’effettiva sussistenza del vincolo pertinenziale;
• non è necessario che i pagamenti vengano effettuati dopo o quantomeno contestualmente all’atto avente data certa. È necessario che il rogito o il preliminare, dai quali risulti attestato il vincolo pertinenziale, venga registrato prima della data di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Interventi
Destinazione d’uso
Importo
FOCUS PUNTI PRINCIPALI
Solo per interventi di nuova costruzione
Solo per pertinenze di immobili residenziali.
Fino a € 96.000,00 per unità immobiliare.
Modalità di pagamento Si può pagare anche con altra forma di pagamento oltre il bonifico.
Tempi del rogito
Acconti
Necessario che il rogito o il preliminare, dai quali risulti attestato il vincolo pertinenziale, venga registrato prima della data di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Il beneficio fiscale può essere riconosciuto anche per i pagamenti effettuati prima ancora dell’atto notarile o in assenza di un preliminare d’acquisto.
03. SISMA BONUS ACQUISTI
Introduzione
Il contribuente può usufruire del Sisma -Bonus Acquisti nel caso in cui l’acquisto riguardi un immobile in un fabbricato realizzato per gli interventi di riduzione del rischio sismico mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici siti in zone classificate a “rischio sismico 1-2-3” secondo quanto previsto dall’art. 16, comma 1-septies, D.L. 4 giugno 2013, n. 63 convertito con L. 3 agosto 2013, n. 90. L’agevolazione non è strutturale e, salvo proroghe, sarà applicabile solo negli anni di imposta 2025, 2026 e 2027.
Condizioni legate alla particolare tipologia di bonus
Questo tipo di bonus è fruibile se:
• gli interventi sono riferiti a costruzioni adibite ad abitazione e ad attività produttive su edifici ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 ovvero come determinate dalla Regione di appartenenza (con apposita delibera di Giunta regionale);
• gli interventi di demolizione e ricostruzione, anche con aumento di volumetria in rispetto delle norme urbanistiche, riguardano interi edifici e siano avvenuti dopo il 1° gennaio 2017 ovvero di interventi le cui relative procedure autorizzatorie siano iniziate o per i quali sia stato rilasciato il titolo edilizio dopo il 1° gennaio 2017;
• l’alienazione dell’immobile, da parte di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, deve avvenire entro 30 mesi dalla data di conclusione dei lavori (Cfr. art. 33-bis, comma 1, lett. c, D.L. 31 maggio 2021, n. 77 convertito con L. 29 luglio 2021, n. 108).
Importo di riferimento ai fini fiscali e misura della detrazione L’ammontare massimo di spesa ammessa alla detrazione va riferito all’unità abitativa e alle sue pertinenze unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente, nel limite di 96.000,00 euro per ogni unità immobiliare. Nel caso in cui l’unità immobiliare costi meno di 96.000,00 euro la percentuale di detrazione è riferita all’intero prezzo della compravendita. L’art. 4-bis del D.L. 29 marzo 2024, n. 39 convertito con L. 23 maggio 2024, n. 67 stabilisce che la rateizzazione della detrazione, a partire dal 1° Gennaio 2024, venga ripartita in 10 quote annuali di pari importo
IMMOBILI STRUMENTALI: La Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 34/2020 del 25 giugno 2020 chiarisce che i benefici in questione spettano ai titolari di reddito di impresa a prescindere dalla qualificazione degli immobili sui quali sono stati eseguiti gli interventi , siano essi, cioè, “immobili strumentali” o “beni merce” oppure “beni patrimoniali”.
FOCUS PUNTI PRINCIPALI
Norma di riferimento
Tipologia di lavori
Qualificazione dell’intervento
Tempi di acquisto
Bonus per l’impresa
Art. 16, comma 1-septies, D.L. 4 giugno 2013, n. 63 convertito con L. 3 agosto 2013, n. 90.
Demolizione e ricostruzione di interi edifici anche con aumento di volumetria.
Ristrutturazione (art. 3, comma 1, lett. d, TUE) o nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. e, TUE).
L’alienazione dell’immobile deve avvenire entro 30 mesi dalla data di conclusione dei lavori.
Ammessa la compatibilità tra EcoBonus fruito dall’impresa costruttrice e Sisma Bonus Acquisti a favore dell’acquirente.
Delocalizzazione dei volumi Il sisma bonus acquisti è applicabile anche quando vi è delocalizzazione del volume.
Immobile non ultimato È possibile usufruire del Sisma-Bonus acquisti anche nel caso in cui i lavori per l’intero immobile non siano ancora ultimati.
Cessione di tutte le unità
Termine ultimo rogito
Non è subordinato alla cessione o assegnazione di tutte le unità immobiliari costituenti l’intero fabbricato emolizione e ricostruzione di interi edifici anche con aumento di volumetria.
Rogito entro 31/12/2027.
Limitazioni di fruibilità (applicazione e fattispecie escluse)
I contribuenti possono usufruire del Bonus acquisti a condizione che:
• secondo l’art. 16, comma 1-septies, D.L. n. 63/2013, il Sisma-Bonus Acquisti riguarda ogni intervento realizzato mediante “demolizione e ricostruzione di interi edifici allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all’edificio preesistente, ove le norme urbanistiche lo consentano” e quindi a prescindere dalla qualificazione dell’intervento di demolizione-ricostruzione posto in essere in termini di ristrutturazione (art. 3, comma 1, lett. d, TUE) o di nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. e, TUE). L’Agenzia delle entrate si è espressa in tal senso con risposta a interpello n. 97 dell’11 febbraio 2021 e risposta a interpello n. 364 del 24 maggio 2021. Il sisma bonus acquisti è applicabile anche quando vi è delocalizzazione del volume su terreno situato nello stesso Comune (Cfr. Agenzia delle entrate, risposta a interpello n. 478 del 15 luglio 2021).
Compatibilità tra bonus
In relazione alla cumulabilità e compatibilità con altri bonus:
• l’Agenzia delle entrate con la risposta a interpello n. 19 dell’8 gennaio 2021 ha chiarito che la persona fisica che acquista usufruendo del Bonus acquisti non può usufruire anche della detrazione d’imposta per l’acquisto delle case oggetto di ristrutturazione di cui all’art. 16-bis, comma 3, TUIR, in quanto trattasi di due agevolazioni alternative tra loro; l’Agenzia delle entrate con la risposta a interpello n. 191 del 18 marzo 2021 ha chiarito che il Bonus Acquisti Posti Auto non può essere cumulato col Sisma-Bonus Acquisti, ritenendo le due detrazioni alternative tra di loro, in quanto riconducibili alla medesima norma ossia all’art. 16-bis TUIR
CUMULO: è ammessa la compatibilità tra Eco-Bonus fruito dall’impresa costruttrice e Sisma-Bonus Acquisti a favore dell’acquirente a condizione, peraltro, che sia possibile identificare le spese riferibili ai diversi interventi (Cfr. Agenzia delle entrate, risposta a interpello n. 70 del 2 febbraio 2021 e risposta a interpello n. 556 del 25 agosto 2021).
In situazione di fabbricato non ultimato
L’Agenzia delle entrate con:
• Risoluzione 14/E dell’8 marzo 2024: “considerato che ai fini della detrazione di cui al citato art. 16, comma 1septies, D.L. 63/2013, è necessario che siano rilasciate le attestazioni comprovanti la riduzione di una o due classi di rischio sismico dell’edificio e che tali attestazioni sono rilasciate “all’atto dell’ultimazione dei lavori strutturali e del collaudo”, non rileva l’eventuale completamento dei lavori di finitura delle unità immobiliari e degli edifici oggetto dell’intervento di demolizione e ricostruzione e la circostanza che all’atto della vendita le unità immobiliari siano classificate in una categoria catastale fittizia.”
• Risposta a interpello n. 557 del 23 novembre 2020: “ciò che rileva ai fini della possibilità di beneficiare della detrazione (cd. sisma-bonus acquisti) è la stipula dell’atto di acquisto (entro il termine di scadenza delle agevolazioni - ora 31/12/2027) degli immobili oggetto dei lavori che, ovviamente devono avere tutte le caratteristiche idonee per essere commercializzati”
chiarisce che è possibile usufruire del Sisma-Bonus acquisti anche nel caso di cessione di immobili non ancora ultimati nelle finiture e non ancora dichiarati agibili a condizione che:
• dette unità siano idonee alla commercializzazione e quindi risultino denunciate al catasto dei Fabbricati con attribuzione alla categoria fittizia F/3 o F/4;
• siano stati completati i lavori strutturali con collaudo e rilascio da parte del Direttore Lavori e del Collaudatore statico delle prescritte asseverazioni (rispettivamente modello allegato B1 e B2).
A seguito di interrogazione alla Camera dei Deputati, anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze risponde chiarendo che è sufficiente che il rogito arrivi entro il termine di legge, fatte salve le due condizioni sopra indicate.
ATTENZIONE: Il Sisma-Bonus Acquisti non è subordinato alla cessione o assegnazione di tutte le unità immobiliari costituenti l’intero fabbricato poiché ciascun acquirente può usufruire della detrazione in relazione al proprio atto di acquisto secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate con risposta a interpello n. 688/2021 dell’8 ottobre 2021
Polizza assicurativa obbligatoria dei professionisti
Per tutte le attestazioni e le asseverazioni prodotte dai professionisti è richiesta apposita polizza assicurativa, ma bisogna specificare che la predetta modulistica standardizzata, sia per l’ottenimento della detrazione in versione super che per quella ordinaria, prevede che i tecnici abilitati asseverino “di essere in possesso della polizza assicurativa, allegata alla presente, di cui all’articolo 119 comma 14 del decreto-legge 19 maggio 2020, n.34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020 n. 77”. Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel parere n. 8047 del 21 ottobre 2020 chiarisce che il dichiarante professionista dovrà “cassare e/o non compilare le parti delle asseverazioni che non attengono alla specificità del regime fiscale adottato”. Dunque, la polizza specifica è obbligatoria solo nel caso di Superbonus.
Modalità di attestazione da parte dei professionisti
Il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017 stabilisce le modalità per l’attestazione, da parte dei professionisti abilitati, dell’efficacia dell’intervento di riduzione del rischio sismico. In particolare, l’art. 3 recita:
• comma 1: l’efficacia degli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico è asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, direzione dei lavori delle strutture e collaudo statico secondo le rispettive competenze professionali, e iscritti ai relativi Ordini o Collegi professionali di appartenenza;
• comma 2: il progettista dell’intervento strutturale, ad integrazione di quanto già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dal citato decreto 14 gennaio 2008, assevera, secondo i contenuti delle allegate linee guida, la classe di rischio dell’edificio precedente l’intervento e quella conseguibile a seguito dell’esecuzione dell’intervento progettato;
• comma 3: il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione di cui al comma 2 devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico per l’edilizia competente tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori;
• comma 4: il Direttore dei lavori e il collaudatore statico, ove nominato per legge, all’atto dell’ultimazione dei lavori strutturali e del collaudo, attestano, per quanto di rispettiva competenza, la conformità degli interventi eseguiti al progetto depositato, come asseverato dal progettista;
• comma 5: l’asseverazione di cui al comma 2 e le attestazioni di cui al comma 4 sono depositato presso il suddetto sportello unico e consegnate in copia al committente, per l’ottenimento dei benefici fiscali di cui all’art. 16, comma 1-quater, del citato decreto-legge, n.63 del 2013, convertito in L. 3 agosto 2013, n.90;
• comma 6: l’asseverazione di cui al comma 2 è effettuata secondo il modello contenuto nell’allegato B che è parte integrante e sostanziale del decreto.
ALIQUOTE E LIMITI
DI DETRAZIONE
Vedi il focus specifico sul n. 1/2025 dei Quaderni
VERSO UNA NUOVA DISCIPLINA
DELL’EDILIZIA E DELLE COSTRUZIONI?
A febbraio 2025 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato una consultazione per il riordino e la semplificazione della disciplina in materia di edilizia e costruzioni, riservata agli organismi partecipanti al Tavolo Piano Casa.
A cura di Roberto Gallia
Architetto; membro esterno del Comitato regionale per il territorio (CRpT) del Lazio (dal 2020); ha lavorato in diverse strutture della PA (dal 1978 al 2010); ha insegnato presso il Dipartimento di Architettura di Roma Tre (dal 2012 al 2016) e presso la Facoltà di Architettura “L. Quaroni” della Sapienza di Roma (dal 2006 al 2011).
Foto dell’Autore e di adelier49.
Il riordino delle norme del settore delle costruzioni, dopo la confusione prodotta dalla pletora di provvedimenti adottati nel nome di una presunta semplificazione edilizia, è più che auspicabile; ma un vero riordino do-
vrebbe trovare fondamento nella prevalente attenzione ai contenuti tecnici e prestazionali degli interventi costruttivi, nuovi e/o di recupero, piuttosto che nei procedimenti amministrativi.
PREMESSA
A febbraio 2025 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha avviato una consultazione per il riordino e la semplificazione della disciplina in materia di edilizia e costruzioni (Casa: al via la consultazione per la semplificazione in materia di edilizia e costruzioni), riservata agli organismi partecipanti al Tavolo Piano Casa (Prima riunione al Mit sul “Piano Casa”), che hanno già prodotto le linee guida interpretative di ausilio all’attuazione del DL Salva Casa, «come supporto agli enti territoriali» (Casa, tavolo al MIT sulle novità taglia-burocrazia).
Per indirizzare la partecipazione, il MIT ha individuato 20 temi prioritari (vedi riquadro in
basso), quali base di partenza per l’elaborazione del progetto di legge-delega per la revisione del Dpr 380/2001 «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia».
Di ogni argomento, i partecipanti al Tavolo sono stati invitati a segnalare le relative criticità, evidenziando i principali aspetti problematici riscontrati in sede operativa, e ad indicare la possibile soluzione, proponendo le linee di indirizzo normativo finalizzate a superare le criticità evidenziate.
Nel momento in cui si scrive, non sono ancora note le segnalazioni inoltrate al MIT, e i relativi contenuti, salvo alcune indiscrezioni di stampa.
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Temi prioritari per la consultazione sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di edilizia e costruzioni
1. Inquadramento dei vincoli derivanti dalla disciplina statale in rapporto alle competenze regionali alla luce della riforma del titolo V;
2. Semplificazione normativa tra normativa primaria, secondaria e regionale;
3. Riordino e revisione delle tipologie di intervento edilizio (edilizia libera, manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica);
4. Revisione della disciplina della demo-ricostruzione tra la disciplina edilizia e urbanistica;
5. Razionalizzazione dei titoli abilitativi relativi a ciascuna delle tipologie di intervento edilizio;
6. Semplificazioni procedurali per il rilascio o la formazione dei titoli abilitativi (coordinamento tra diverse amministrazioni competenti, tempi del procedimento, esito del procedimento in relazione anche al silenzio assenso);
7. Definizione delle diverse tipologie di difformità (assenza titolo, totale difformità variazione essenziale parziale difformità e tolleranze);
8. Distinzione tra procedure e titoli abilitanti l’intervento ovvero in sanatoria;
9. Semplificazione della disciplina in materia di cambi di destinazione d’uso (fattispecie e procedimento) in relazione alle diverse tipologie di immobili e zone territoriali omogenee;
10. Stato legittimo immobiliare e relativi titoli legittimanti;
11. Individuazione di strutture di supporto ai Comuni nell’ambito dello svolgimento delle funzioni in materia edilizia;
12. Normative tecniche delle costruzioni;
13. Aggiornamento della disciplina in materia di costruzioni e coordinamento con la disciplina edilizia;
14. Coordinamento della disciplina edilizia e urbanistica;
15. Digitalizzazione delle procedure, istituzione dell’anagrafe e del fascicolo digitale delle costruzioni e interoperabilità delle banche dati;
16. Rigenerazione urbana;
17. Razionalizzazione della disciplina relativa alla gestione di immobili abusivi;
18. Semplificazione della disciplina delle sanzioni;
19. Razionalizzazione delle agevolazioni tributarie in caso di interventi abusivi;
20. Coordinamento normativo della disciplina del Testo unico con la disciplina secondaria sulle definizioni
ALCUNE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
Gli invitati al Tavolo Piano Casa rappresentano una parte importante dei professionisti e delle imprese operanti nel settore dell’edilizia, ma non certo l’universo mondo delle costruzioni; che, di fatto, è stato escluso dalla possibilità di fornire un proprio contributo. Inoltre, dei venti punti prioritari indicati dal MIT, senza alcuna spiegazione e/o relazione di accompagno, alcuni propongono temi che non risultano né chiari né immediatamente comprensibili.
Ci riferiamo, in particolare, a:
• Punto 11 «Individuazione di strutture di supporto ai Comuni». Argomento nuovo e mai trattato in precedenza, la cui interpretazione potrebbe essere riferita ad una ipotesi (non prevista dall’ordinamento della PA) di esternalizzare i servizi comunali in materia edilizia.
• Punto 13 «Aggiornamento della disciplina in materia di costruzioni e coordinamento con la disciplina edilizia».
Si è più volte discusso sulla opportunità di sostituire il Dpr 380/2001 TU edilizia con un Codice delle costruzioni; tuttavia, poiché il titolo esatto della consultazione fa riferimento alla “semplificazione in materia di edilizia e costruzioni”, appare logico chiedersi quale distinzione di finalità e di contenuti si intenda attribuire alla “materia delle costruzioni” e alla “disciplina edilizia”.
• Punto 20 «Coordinamento normativo della disciplina del Testo unico con la disciplina secondaria sulle definizioni».
La “disciplina secondaria” riguarda le norme di rango regolamentare, adottate con un provvedimento di natura amministrativa in attuazione delle disposizioni di legge. Attualmente, il Regolamento edilizio tipo (RET), approvato con l’Intesa 20 ottobre 2016 n. 125 (NN15535), contiene il «Quadro delle definizioni uniformi applicabili in edilizia e in urbanistica»; il D. Lg.vo 25 novembre 2016 n. 222 (NN15571), contiene gli elenchi delle attività produttive, edilizie e ambientali, e i relativi regimi ammi-
nistrativi applicabili; il decreto MIT 2 marzo 2018 (NN16510) ha approvato il glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera. Come si vede sono elenchi di differente natura e finalità; ovvio chiedersi a quali definizioni si voglia fare riferimento.
INTERVENTI EDILIZI E TITOLI ABILITATIVI
Interventi edilizi e titoli abilitativi sono richiamati, separatamente, in due distinti punti dei 20 temi prioritari, indicati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).
• Punto 3 «Riordino e revisione delle tipologie di intervento edilizio (edilizia libera, manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica)».
• Punto 5 «Razionalizzazione dei titoli abilitativi relativi a ciascuna delle tipologie di intervento edilizio».
Innanzi tutto, è necessario ricordare che gli interventi edilizi, attualmente, non sono suddivisi con riferimento all’attività costruttiva che si vuole avviare a realizzazione, e che le defi-
nizioni degli interventi edilizi, dettate dall’articolo 3 del Dpr 380/2001, non collimano precisamente con gli elenchi delle attività edilizie allegati al D. Lg.vo 222/2016.
La manutenzione straordinaria comprende l’accorpamento e la suddivisione di unità immobiliari, attività propria della ristrutturazione edilizia. La ristrutturazione edilizia comprende la demolizione e ricostruzione e/o nuova costruzione di un fabbricato (prevista al punto 4 dell’elenco ministeriale, che tratteremo più oltre), che consentirebbe anche (il condizionale è d’obbligo, pensando a Milano) la realizzazione di edifici che, oltre la volumetria, nulla richiamano del precedente edificato. In realtà, la definizione delle diverse tipologie edilizie è stata assunta non per delimitare la specifica attività costruttiva, bensì per attribuire il relativo titolo abilitativo applicabile. Criterio che ha determinato le innumerevoli (e spesso cervellotiche) modifiche apportate al Dpr 380/2001; criterio adottato nella precedente proposta ministeriale, del 2020, con la quale si intendeva sostituire il TU edilizia con un Codice delle costruzioni (AR1777).
In maniera più appropriata, quando si parla di titoli abilitativi occorre riferirsi ai procedimenti amministrativi.
Innanzitutto, occorre ricordare la logica del DPR 380/2001 TU edilizia, il cui impianto originario prevedeva una tripartizione tra i titoli abilitativi, suddivisi in:
• edilizia libera, riferita ad alcune tipologie di opere ritenute di nessun impatto sull’assetto del territorio e - come tali - non soggette ad alcun titolo abilitativo;
• un titolo edilizio a formazione tacita (Dia), al quale la giurisprudenza ha riconosciuto la natura di atto privato in forza del quale il soggetto è abilitato a intraprendere e svolgere l’attività consentita direttamente dalla legge;
• un titolo edilizio espresso (permesso di costruire), riferito a tutti gli interventi che incidono sull’assetto del territorio e richiedono quindi un esame discrezionale da
parte della PA, tramite un procedimento che si concluda con il rilascio di un titolo preventivo ed espresso.
Questo impianto logico è stato scardinato, a partire dall’estensione alla attività edilizia del procedimento della DIA amministrativa, definita dall’articolo 19 della legge 241/1990 in materia di procedimento amministrativo, in spregio (e nella generale indifferenza) alla norma generale che vuole che le materie oggetto di testi unici siano innovate, modificate o abrogate all’interno del medesimo testo unico (articoli 13-bis “Chiarezza dei testi normativi” e 17-bis “Testi unici compilativi” della legge 400/1988). Le modifiche, e le innovazioni successive, hanno gettato nel kaos il settore delle costruzioni, determinando situazioni incresciose, che non si è ancora capaci di risolvere (con esplicito riferimento al cd salva milano).
Per ridare una base logica all’organizzazione dei titoli abilitativi edilizi non serve ricorrere a norme speciali o - peggio – derogatorie. Basterebbe applicare (con competenza e buon senso) quanto già disposto dalla legge 124/2015 per la riorganizzazione della pubblica amministrazione, che suddivide i procedimenti amministrativi (articolo 5) sulla base di una «precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività
o di silenzio assenso, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché di quelli per i quali è necessaria l’autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva». Questi criteri possono, e devono, trovare applicazione anche nei procedimenti riferibili alla materia dell’edilizia e al settore delle costruzioni.
Partendo dal principio che una reale semplificazione dei procedimenti può essere ottenuta, solo ed esclusivamente, tramite un appropriato riferimento alla finalità da conseguire e dalla chiarezza dei contenuti e degli adempimenti, le tre fattispecie dei procedimenti amministrativi possono trovare applicazione in edilizia, adottando una tripartizione definita da: a) la comunicazione preventiva, da utilizzare a fini fiscali e civilistici, limitata alle attività di edilizia libera non soggette a procedure di autorizzazione, con riferimento alle opere realizzabili con una normale perizia e diligenza (esempio: sostituzione di pavimentazioni e rivestimenti) ovvero in base alle specifiche tecniche fornite dal produttore (esempio: sostituzione di un apparecchio individuale per la produzione di ACS e/o di calore), per realizzare interventi che non presentano
alcuna incidenza sul territorio e non risultano soggetti ad ulteriori autorizzazioni settoriali, la cui realizzazione non produca modifiche né alla consistenza catastale né alle condizioni di agibilità dell’unità immobiliare;
b) la segnalazione certificata di inizio attività (che, sarebbe meglio, nominare più propriamente “dichiarazione”), quale unico procedimento dichiarativo che deve inglobare totalmente la pluralità degli attuali titoli di analoga finalità (non solo la CILA e la SCIA, ma anche la SCIA sostitutiva del permesso di costruire e la tipologia di permesso di costruire validabile tramite silenzio-assenso), che deve costituire la modalità ordinaria per intraprendere un’attività edilizia; al riguardo, per evitare ulteriori confusioni, si rende necessario separare la Scia edilizia dalla Scia amministrativa (di cui all’articolo 19 della legge 241/1990), e ricordare l’opportuna attuazione delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale in merito all’adozione di procedimenti che non risultino inutilmente gravosi (sentenza 303/2003) e che risultino strutturati secondo un modello ad efficacia legittimante, immediata o differita (sentenza 164/2012);
c) Il permesso di costruire, quale autorizzazione espressa non soggetta a silenzio-assenso, la cui certezza dei tempi di definizione sia affidata ad una corretta applicazione delle norme sui poteri sostitutivi delle eventuali inadempienze e sulle conseguenze per la ritardata conclusione del procedimento; alla quale ricorrere in via residuale per l’attività edilizia che richieda la verifica sia delle condizioni di compatibilità urbanistica nelle aree non disciplinate da precise disposizioni urbanistiche, sia - soprattutto - della compatibilità con le tutele degli ulteriori interessi pubblici coinvolti.
Per attuare questa architettura procedurale occorre responsabilizzare i professionisti,
non solo nella redazione dei progetti soggetti a SCIA e a permesso di costruire, ma anche per certificare le opere da eseguirsi tramite semplice comunicazione, non solo nei requisiti fiscali (consistenza catastale) e tecnici (condizioni di agibilità), ma anche nelle condizioni di esecuzione, cioè se risulti necessaria o meno la presenza di un direttore dei lavori (ora escluso per gli interventi definiti quali “semplici lavorazioni”, nelle quali la presenza di un tecnico responsabile potrebbe sembrare un inutile aggravio, ma chi ha esperienza di cantiere sa che non è così).
L’AGIBILITÀ NEL PROCEDIMENTO
EDILIZIO
L’agibilità, quale titolo abilitante all’uso di una costruzione, non è stata presa in considerazione (e neanche citata) nelle 20 materie indicate dal MIT; né le problematiche connesse, già analizzate in precedenza (AR1819, AR1352), hanno ricevuto la dovuta attenzione nelle varie innovazioni apportate ai procedimenti edilizi.
Come già detto, l’agibilità, sia quale titolo esplicito sia quando dichiarata, non attesta i medesimi requisiti per tutti gli immobili; poiché, a causa delle molte innovazioni che si sono suc-
cedute, per ogni immobile riconosce solo gli adempimenti richiesti nel periodo nel quale la costruzione è stata realizzata. Inoltre, spesso l’agibilità non risulta presente, non tanto e non solo per omissione di chi avrebbe dovuto provvedere, ma anche per ostacoli posti da incongruenze normative, che nessuno si è preoccupato di superare.
Per la narrazione dell’evoluzione della natura e dei contenuti dell’istituto dell’agibilità, si rimanda ai precedenti interventi. Occorre invece ricordare che fino al 2013 l’abitabilità/ agibilità era riferita solo ed esclusivamente ad un intero edificio. Successivamente, il cd “decreto del fare” (D.L. 69/2013, convertito dalla legge 98/2013, che detta misure urgenti per il rilancio dell’economia), prendendo spunto dalle innovazioni apportate da alcune legislazioni regionali, ha introdotto l’istituto della agibilità parziale, riferita a «singoli edifici o singole porzioni della costruzione» e a «singole unità immobiliari» (articolo 30).
Tuttavia il provvedimento, nell’istituire l’agibilità parziale, ha creato contestualmente un vuoto normativo, in quanto non ne ha disciplinato l’accesso da parte delle singole unità immobiliari che hanno eseguito gli interventi prima di tale data.
La situazione di stallo non si è sbloccata neanche con la disposizione che consente la facoltà (non l’obbligo) di presentare una segnalazione certificata di agibilità «in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità» (comma 7-bis dell’articolo 24 TUE, aggiunto dal comma 8 dell’articolo 10
D.L. 76/2020, convertito dalla legge 120/2020, che detta misure urgenti di semplificazione); in quanto l’attuazione di questa disposizione risulta subordinata alla presenza di «requisiti» che avrebbero dovuto essere definiti da un decreto interministeriale «da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione», termine inutilmente decorso nella generale indifferenza.
Inoltre, è opportuno ricordare che per rende-
re operativa l’agibilità parziale in edifici condominiali, anche per gli interventi realizzati dopo il 2013, è indispensabile chiarire quali condizioni vanno attestate dal proprietario per la propria unità immobiliare, e quali condizioni vanno attestate dal condominio per gli spazi e gli impianti comuni (ad esempio: il terrazzo e/o l’ascensore e/o l’impianto elettrico condominiali).
Si rende quindi necessaria una specifica norma transitoria.
Oltre a tutto, rimane da risolvere il problema dell’aver attribuito all’istituto della agibilità, oltre il compito di attestare le condizioni di igiene e salubrità, di sicurezza statica e di sicurezza degli impianti, anche la responsabilità di dichiarare la conformità al progetto approvato, cioè il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Solo dal 1993 è stato reso obbligatorio inserire, nella domanda/dichiarazione di agibilità, l’attestazione della conformità edilizia e urbanistica dell’immobile (articolo 4 D.L. 398/1993, convertito dalla legge 493/1993, in
materia di accelerazione degli investimenti e semplificazione edilizia); quindi questo requisito risulta assente nelle abitabilità/agibilità rilasciate precedentemente. Al riguardo, occorre inoltre ricordare il confermato orientamento della giurisprudenza amministrativa, che non riconosce all’agibilità la capacità di attestare lo stato legittimo di un immobile, in quanto non costituisce titolo «finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche» (da ultimo, CdS 10340/2022).
Poiché si parla di introdurre il “Fascicolo digitale delle costruzioni”, del quale si dice più oltre, che dovrebbe registrare la storia di ogni singola costruzione, appare possibile ed opportuno prevedere un procedimento edilizio incardinato in due sole fasi, inscindibili:
• il progetto, al quale affidare il compito di presentare i requisiti prestazionali da conseguire con l’attività edilizia che si intende intraprendere, e di dichiarare la conformità edilizia e urbanistica dei lavori da eseguirsi;
• la dichiarazione di fine lavori, alla quale affidare la responsabilità di dichiarare l’attuazione di quanto previsto in progetto, attestando (asseverando?) i requisiti prestazionali conseguiti e la conformità dell’opera al progetto presentato.
Facendo confluire il tutto nel preannunciato Fascicolo digitale delle costruzioni, risulterebbe logico e plausibile eliminare del tutto l’istituto dell’agibilità.
INTERVENTI DI DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE, E RIGENERAZIONE URBANA
Trattiamo gli interventi di demolizione e ricostruzione delle costruzioni esistenti insieme con gli interventi di rigenerazione urbana, perché attualmente, entrambi, vengono finalizzati ad incentivare la densificazione edilizia, in abbinamento o meno con i cambi di destinazioni d’uso, ed entrambi necessitano del coordinamento della disciplina edilizia all’interno della disciplina urbanistica.
Tra i 20 temi prioritari definiti dal MIT, questi argomenti sono indicati separatamente, ai punti:
• Punto 4 «Revisione della disciplina della demo-ricostruzione tra la disciplina edilizia e urbanistica»,
• Punto 9 «Semplificazione della disciplina in materia di cambi di destinazione d’uso (fattispecie e procedimento) in relazione alle diverse tipologie di immobili e zone territoriali omogenee»,
• Punto 14 «Coordinamento della disciplina edilizia e urbanistica»,
• Punto 16 «Rigenerazione urbana». Preliminarmente occorre ricordare che la demolizione e ricostruzione di un immobile, con o senza cambio di destinazioni d’uso, deve essere più propriamente classificata come “sostituzione” edilizia, termine che esiste da tempo nel glossario tecnico, anche se non ancora indicato da una nozione univoca.
La ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, allegata al D. Lg. vo 222/2016, specifica cosa si intenda per “ampliamenti fuori sagoma” (voce 12), mentre gli interventi di demolizione e ricostruzione sono ricompresi negli interventi di ristrutturazione edilizia (voce 7).
In precedenza la Regione Toscana, nella propria legge sul governo del territorio (L.R. 65/2014), aveva distino gli interventi di demolizione e ricostruzione (articolo 134) in “ristrutturazione edilizia conservativa o ricostruttiva” (lettera h), “ripristino di edifici, o parti di essi, crollati o demoliti” (lettera i) e “sostituzione edilizia” (lettera l).
Le lunghe vicende per l’inserimento degli interventi di demolizione e ricostruzione nella tipologia della ristrutturazione edilizia, e la confusione che ne è derivata, sono ben illustrate nell’articolo «Ristrutturazione o nuova costruzione, come distinguere tra le due casistiche», pubblicato sul numero 1 del 2025 dei Quaderni di Legislazione Tecnica, al quale si rimanda.
Non si è voluto utilizzare il termine “sostituzio-
ne edilizia”, o altro specifico termine, per definire, in maniera appropriata e pertinente, gli interventi di demolizione e ricostruzione. Pur di non utilizzarlo si è violentata la lingua italiana, introducendo l’orrendo termine di “demo-ricostruzione”, il cui significato letterale dovrebbe essere interpretato quale “ricostruzione democratica”.
Con l’analfabetismo al potere, nessuno ha ritenuto opportuno mettersi di traverso, alla faccia del “prima l’italiano”.
In sostanza, si è voluto attribuire un automatismo alla sostituzione di cubature esistenti
(o dirute), cercando di eliminare qualsivoglia potere di indirizzo e di controllo da parte del Comune, piuttosto che pretendere un corretto esercizio della responsabilità di governo del territorio, attivando le varie formule della pianificazione urbanistica o ricorrendo al Permesso di costruire convenzionato, che – di fatto – rappresenta una variante urbanistica puntuale; come palesemente manifestato nelle varie proposte del cosiddetto “salva Milano”, bloccate e delle quali non si vede esito.
Finalità pervicacemente reiterata con il cd “salva casa”, che ha allargato il campo opera-
tivo della Scia sostitutiva del PdC anche ai casi in cui sussistano tutele ambientali, storiche e paesaggistiche (non a caso, è stata annunciata l’intenzione di eliminare i pareri delle Soprintendenze), e nelle disposizioni relative ai cambi di destinazione d’uso, di fatto totalmente liberalizzate.
Dopo il cd “salva casa”, i cambi di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti, con il passaggio dell’immobile ad una diversa categoria funzionale, non sono soggetti né alla disponibilità di parcheggi pertinenziali ad uso privato (articolo 41-sexies Legge 1150/1949) né all’obbligo dell’eventuale adeguamento degli standard urbanistici (D.M. 1444/1968), in quanto nelle aree edificate (zone A, B e C) il mutamento avviene tendenzialmente in un contesto «ove l’incremento del carico urbanistico si presume compensato o ridimensionato». Ai cambi di destinazione d’uso i Comuni possono porre limiti, imponendo “specifiche condizioni” che «devono essere oggettive e non discriminatorie»; alle Regioni è demandato il compito di disciplinare i mutamenti di destinazioni d’uso delle unità immobiliari seminterrate o poste al primo piano f.t. (come definito alla voce n. 20 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo). Nulla si dice sui rapporti civilistici; anche se, come sa bene chi vive in condomini con la presenza di unità dedicate ad alloggi turistici, non possono essere attribuiti ai relativi proprietari gli incrementi dei costi condominiali (pulizie, ascensore, energia, guardiania) dovuti alla loro attività, come invece è dovuto dalle altre unità adibite ad attività non residenziali (in particolare, uffici e studi professionali). Ribadendo la costante contrarietà alla liberalizzazione selvaggia, più volte espressa in passato, occorre chiedersi quale sarà la qualità della vita che verrà garantita in una città futura, e come potranno essere sollecitati gli interessi e attivati gli investimenti su un territorio, se l’amministrazione pubblica non è in grado di delineare il futuro, anche fisico e spaziale, della comunità che ha la responsabilità di governare.
Si è già avuto modo di osservare come, anche prima del cd “salva casa”, le situazioni più complesse sarebbero state comunque risolvibili, affrontando seriamente il ricorso al permesso di costruire convenzionato. Non solo perché questo titolo abilitativo è soggetto al voto del consiglio comunale, quanto piuttosto perché ogni amministrazione comunale si dovrebbe preliminarmente dotare di una convenzione tipo, nella quale siano individuati obiettivi, modalità e condizioni per attuare, anche, gli interventi di sostituzione edilizia.
A legislazione vigente, gli interventi di sostituzione edilizia, di un immobile o di una parte di esso, con o senza cambio delle destinazioni d’uso, potrebbero essere autorizzati anche con un titolo dichiarativo, quando esista uno strumento urbanistico idoneo e/o una convenzione tipo, che definiscano modalità e condizioni per rendere i progetti ammissibili, nel rispetto della tutela degli interessi pubblici differenziati (ambientali, storici, paesaggistici, ecc.).
Analoghe considerazioni valgono per la rigenerazione urbana.
Chi ha memoria, oltre che l’età giusta, si dovrebbe ricordare l’esperienza dei cd “programmi complessi”, avviati a cavallo dei due secoli, per il riuso delle aree industriali e/o ferrovia-
rie dismesse. Alcune iniziative sono andate a buon fine (pur nella differenziazione di obiettivi e interessi), altre hanno evidenziato limiti pesantissimi (si pensi, ad esempio, al quartiere Le Albere di Trento, dove, accanto ad un gettonatissimo museo della scienza, sorge un quartiere residenziale di alto livello che il mercato immobiliare non ha premiato).
Oggi la situazione appare più evoluta. Occorre superare l’ottica della mera valorizzazione immobiliare (sempre più complessa e sempre più difficile, non sempre premiata da un positivo risultato economico-finanziario) e rivedere il concetto di spazio pubblico, da abbinare ai servizi effettivamente presenti e disponibili per le famiglie e le imprese.
Sono già oggi, e lo saranno sempre più nell’immediato futuro, i servizi effettivamente erogati (nella loro diversa natura: sociale, culturale, ecosistemica, ecc.) a creare l’attrattività di un’area urbana, sia dal punto di vista della residenzialità (per la qualità della vita che determinano), sia dal punto di vista dell’insediamento e lo sviluppo delle attività economiche (per i fattori incentivanti che producono).
Appare sempre più indispensabile recuperare la nozione di infrastruttura quale inscindibile unione del servizio da erogare e della costruzione ad esso dedicata.
A tal fine, sarà necessario riflettere sulle conseguenze di aver affidato al Consiglio di Stato la redazione dell’attuale Codice dei contratti; finalizzato prioritariamente al controllo dei procedimenti di spesa piuttosto che alla pianificazione degli investimenti e alla verifica dei risultati da conseguire. Non solo è stato annullato ogni procedimento di verifica dell’utilità, della procedibilità e della localizzazione della spesa pubblica in infrastrutture (pur previsto nel precedente Codice, D. Lg.vo 50/2016); ma, soprattutto, non si parla più di infrastrutture, bensì – separatamente – di lavori pubblici e di servizi. Come se una scuola o un ospedale possano risultare efficienti solo per la struttura edilizia (realizzata al giusto costo e nei tempi previsti), e non per gli insegnanti/bidelli o
medici/infermieri che la fanno funzionare e la rendono utile.
Come detto più volte, esiste una definizione normativa di infrastruttura, dettata dal D. MEF 26 novembre 2010 (NN10582), di attuazione della perequazione infrastrutturale (articolo 22 delle legge 42/2009 in materia di federalismo fiscale), che recita:
«per infrastrutture si intendono i beni strumentali dotati della prevalente finalità di fornitura di servizi collettivi, a domanda individuale o aggregata rivolti alle famiglie e alle imprese, …, indipendentemente dalla natura proprietaria dei soggetti titolari dei diritti reali su tali beni».
Ricorrendo a questa nozione di infrastruttura, disattesa ma non abrogata, si recupera anche la nozione di servizio pubblico e/o di pubblico interesse, non più ancorata alla demanialità dell’immobile dedicato, bensì definita con riferimento agli utenti finali dei servizi erogati. In tal modo si renderebbe più chiaro, e più efficace, il ricorso alle formule di partenariato pubblico privato nella costruzione e gestione dei servizi di interesse pubblico.
Superando sia la privatizzazione sia la esternalizzazione, i servizi potrebbero anche essere realizzati ed erogati dai privati, sulla base degli indirizzi, delle decisioni e delle verifiche operate dalla pubblica amministrazione, con una ripartizione dei rischi e delle responsabilità; che è una cosa ben diversa (e molto più concreta) della attribuzione degli utili finanziari presumibilmente prodotti dalla rendita (o valorizzazione immobiliare, che dir si voglia).
NORMATIVE TECNICHE DELLE COSTRUZIONI
Tra i 20 temi prioritari indicati dal MIT, è ricompreso anche il Punto 12 «Normative tecniche delle costruzioni».
Normalmente, quando si parla di norme tecniche delle costruzioni, si fa riferimento o ai progetti delle strutture o agli impianti interni agli edifici; dimenticando o tralasciando le norme in materia di requisiti igienico-sanitari, di ab-
battimento delle barriere architettoniche, di requisiti acustici, di efficienza energetica, ecc. Se abbiniamo questi aspetti tecnici ai procedimenti amministrativi, ci troviamo in una pluralità di situazioni, del tutto illogica.
I progetti strutturali devono essere depositati e, se ricadenti in zona sismica, devono conseguire (obbligatoriamente) l’autorizzazione sismica.
L’autorizzazione sanitaria è stata eliminata; la relativa responsabilità è stata trasferita ai progettisti (pur in assenza del regolamento sui requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici, prescritto dall’articolo 20, comma 1-bis del Dpr 380/2001 TUE).
L’efficienza energetica deve essere dichiarata (facoltativamente in sede di progetto e obbligatoriamente con la dichiarazione di fine lavori)
allegando al progetto un Attestato di qualificazione energetica (AQE), e confermata allegando alla segnalazione di agibilità un Attestato di prestazione energetica (APE).
Tenendo conto di una pluralità di riferimenti normativi, vanno dichiarati sia l’abbattimento delle barriere architettoniche sia i requisiti acustici attivi e passivi.
Gli impianti interni agli edifici vivono nel limbo dell’incertezza procedimentale, anche se disciplinati da uno specifico regolamento (DM 37/2008), che risulta di “provvisoria applicazione”, in quanto entro il 31/12/2008 (termine disposto dall’articolo 35 del D.L. 112/2008) avrebbe dovuto essere aggiornato e integrato per provvedere al riordino ed alla semplificazione delle disposizioni in materia.
Inoltre, l’attuazione del DM 37/2008 risulta inefficace - di fatto - avendo disposto che i progetti devono essere elaborati (articolo 5, comma 3) secondo la “regola dell’arte”, definita quale «conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione». Il ricorso alla locuzione “regola dell’arte”, legata alla riconosciuta abilità a fare secondo gli usi e le consuetudini, oltre che obsoleto risulta improprio e contrario alla legge 317/1986, di attuazione della disciplina europea nel settore delle regolamentazioni tecniche.
La legge 21 giugno 1986 n.317 (NN3510), più volte aggiornata e integrata, prescrive l’applicazione di specifiche tecniche (articolo 1, lettera c) per definire i requisiti prestazionali e di sicurezza dei prodotti, dei processi e dei servizi; distinguendo le regole tecniche (articolo 1, lettera f), la cui osservanza è obbligatoria, dalle norme tecniche (richiamato articolo 2 Regolamento UE 1025/2012), che forniscono indicazioni alle quali non è obbligatorio conformarsi.
L’accertamento di conformità di un progetto alla disciplina edilizia deve riguardare anche il rispetto delle normative tecniche (al plurale), cioè la verifica dei requisiti prestazionali delle costruzioni.
Aspetti, questi ultimi, che spesso e volentieri vengono ignorati o, comunque, intesi come una attività residuale.
La distinzione tra regole e norme dovrebbe essere richiamata ed applicata obbligatoriamente da tutte le norme, primarie e secondarie, che disciplinano materie a prevalente contenuto tecnico. In tal senso il regolamento sugli impianti, adottato con il DM 37/2008, oltre che di provvisoria applicazione risulta anche di dubbia legittimità, in quanto un provvedimento regolamentare non può né eludere né modificare disposizioni dettate da una legge. Occorre ricordare che la regolamentazione tecnica, come disciplinata dalla legge 317/1986, risulta applicata in maniera corrente (e coerente) solo nei provvedimenti di prevenzione incendi; nei quali, per i progetti relativi ad attività disciplinate da una specifica regola tecnica verticale, i procedimenti di autorizzazione e di verifica sono sostituiti dalle dichiarazioni rese dai professionisti abilitati.
La corretta applicazione della legge 317/1986 avrebbe da tempo risolto l’annosa questione dell’autorizzazione sismica.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.MIT 17 gennaio 2018), a dispetto del titolo erroneo, costituiscono la regola tecnica per progettare, realizzare e verificare la parte strutturale delle costruzioni, anche in zona sismica. Poiché in questo caso la PA non esercita un potere discrezionale, ma ha solo il compito di accertare la corretta applicazione delle NTC, sarebbe corretto sostituire l’autorizzazione esplicita con la dichiarazione dei professionisti abilitati, che assumono la responsabilità di asseverare i requisiti prestazionali e di sicurezza delle strutture, sia complesse sia semplici, in attuazione di quanto disposto dalle NTC. Rimarrebbe, eventualmente, l’autorizzazione sismica quale titolo esplicito, qualora il progetto fosse redatto e/o verificato in riferimento a normative diverse, non adottate quali regole tecniche, come, ad esempio, gli eurocodici.
Da questa sintetica panoramica, risulta l’enorme confusione che (non) disciplina i requisiti
prestazionali delle costruzioni e la regolamentazione delle specifiche tecniche; confusione che, per essere superata, richiederebbe la definizione di un coerente quadro normativo che regoli gli aspetti tecnici e tecnologici delle costruzioni, correttamente ripartito fra:
• le norme nazionali di rango legislativo, che stabiliscano principi e procedimenti (con riferimento a quanto disposto dalla legge 317/1986 e smi);
• le norme nazionali di rango regolamentare, che individuino le materie soggette all’applicazione di una specifica normativa tecnica, e che predispongano e adottino adeguate regole tecniche, da aggiornare costantemente sulla base delle acquisizioni delle migliori tecniche disponibili (MTD);
• la regolamentazione regionale dei procedimenti amministrativi e delle relative verifiche.
GESTIONE DEI PROCEDIMENTI E DELLE BANCHE DATI
Tra i 20 temi prioritari, indicati dal MIT, è ricompreso anche il Punto 15 «Digitalizzazione
delle procedure, istituzione dell’anagrafe e del fascicolo digitale delle costruzioni e interoperabilità delle banche dati», al quale è collegato – di fatto – il Punto 10 «Stato legittimo immobiliare e relativi titoli legittimanti».
L’accertamento dello stato legittimo non è semplice, né – allo stato attuale – produttivo di certezze inconfutabili per la stragrande maggioranza dei casi.
La giurisprudenza amministrativa ha ormai consolidato l’orientamento (da ultimo, CdS 9877/2024) secondo il quale:
• grava sul privato l’onere di dimostrare la legittimità di un immobile, per il principio della vicinanza della prova;
• il precedente rilascio di titoli edilizi, per altri interventi su un immobile, non implica una sanatoria tacita per la parte priva di legittimazione, qualora non risulti che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi.
Compiti e adempimenti che risultano gravosi sia per il privato sia per l’amministrazione, che devono confrontarsi anche con l’incertezza dei pregressi riferimenti normativi.
In particolare, per gli interventi realizzati prima del 1° settembre 1967 (entrata in vigore della legge “ponte” 6 agosto 1967, n 765; che con l’articolo 10 ha reso obbligatoria la licenza edilizia per qualsivoglia intervento sull’intero territorio comunale), non è vero che molte costruzioni (fuori dei centri abitati) si potessero realizzare senza alcun titolo abilitativo, in quanto:
• il titolo abilitativo edilizio, obbligatorio sull’intero territorio nazionale, è stato introdotto nel 1935 (l’articolo 4 del RDL 640/1935 prescrive che «Coloro che intendano fare nuove costruzioni, ovvero modificare od ampliare quelle esistenti debbano chiedere al Podestà apposita autorizzazione, obbligandosi ad osservare le norme particolari dei regolamenti di edilizia e d’igiene comunali»);
• i regolamenti edilizi comunali, anche pri-
ma del 1935, avrebbero potuto prescrivere una autorizzazione edilizia;
• la preventiva autorizzazione sanitaria degli interventi edilizi, quale titolo abilitativo, già prescrivibile nei regolamenti comunali di igiene, è stata esplicitamente definita dalla circolare del Ministero dell’Interno, Direzione della sanità pubblica, 20 giugno 1896 «Istruzioni ministeriali sull’igiene del suolo e dell’abitato» (NN4241), con riferimento sia agli aggregati urbani (articolo 35 “Concessione di costrurre [così nel testo] e vigilanza sanitaria relativa”) sia all’assetto rurale (articolo 114 “Della vigilanza sulla costruzione e abitabilità delle case rurali”), ed è rimasta obbligatoria fino alla promulgazione del Dpr 380/2001 TU edilizia.
Bisogna inoltre ricordare che in tempi diversi, anche distanti tra loro, sono stati introdotti specifici obblighi e/o modifiche ai procedimenti edilizi (accatastamento, varianti in corso d’opera, opere interne, sopralluogo preliminare al rilascio dell’agibilità, ecc.).
Per cui, la digitalizzazione delle pratiche edilizie non dovrebbe essere limitata solo ai procedimenti in corso, ma dovrebbe riguardare anche gli archivi storici e i documenti comunali inerenti la gestione della città e del territorio (a partire dai regolamenti di edilità, igiene e polizia); realizzando contestualmente una banca dati alla quale ricorrere per verificare le condizioni e la qualità del costruito, e un formidabile strumento di indagine e conoscenza del territorio nel quale viviamo.
Inoltre, potrebbe risultare una attività attuabile in tempi rapidi e in modalità non particolarmente onerosa, qualora fosse realizzata in convenzione con le università, da finanziare sotto forma di borse di studio da concedere ai laureandi/specializzandi non solo in architettura ed ingegneria, ma anche in altre materie (archivistica, storia, geografia, informatica, ecc.), ottenendo contestualmente una significativa formazione per le nuove leve professionali.
Infine, la realizzazione del “Fascicolo digitale delle costruzioni” risulta sicuramente utile ed opportuna; purché si ricordi che la Corte costituzionale, in una pluralità di pronunce (315/2003 e 200, 202 e 312 de 2010) relative all’analogo “fascicolo del fabbricato” (introdotto da alcune leggi regionali), ha specificato che la competenza deve rimanere in capo alla PA e non attribuita ai privati, in quanto «le specifiche modalità di predisposizione e tenuta del registro [risultano] contrarie al generale canone di ragionevolezza, a cagione della eccessiva gravosità degli obblighi imposti ai proprietari e dei conseguenti oneri economici, nonché al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, data la ritenuta intima contraddittorietà della imposta necessità di richiedere ad una pluralità di tecnici privati informazioni già in possesso delle competenti amministrazioni».
Senza dimenticare che, in un non più recente passato, il Ministero dell’economia e delle finanze ha istituito il “Fascicolo immobiliare dei fabbricati pubblici”, rendendone obbligatoria la redazione per gli Enti pubblici non territoriali (al riguardo, si veda BLT 9/2010, pagg. 1-3).
COSA MANCA?
La poca chiarezza sulle responsabilità attribuite ai professionisti nel dichiarare fatti e condizioni, già evidenziata in passato (AR1030, AR1121), non viene richiamata nelle 20 materie indicate dal MIT.
Tuttavia, risulta indispensabile chiarire se risultino coincidenti ovvero distinte, le nozioni e la natura giuridica (e le relative responsabilità e conseguenze) attribuite alle dichiarazioni e/o attestazioni e/o asseverazioni e/o perizie giurate, che i professionisti sono attualmente chiamati a rilasciare per attivare e/o definire i procedimenti edilizi. Al riguardo, occorre ricordare - ad esempio - che, per i professionisti operanti in ambito fiscale e tributario, la legge ha provveduto a distinguere fra «asseverazione» (articolo 35 D. Leg.vo 241/1997) e «attestazione» (articolo 10, comma 3-ter, legge
146/1998).
Risulterebbe inoltre opportuna una riflessione sulla ricognizione dei procedimenti operata dal D. Leg.vo 222/2016, che ha accomunato i procedimenti edilizi (DPR 380/2001 TUE) ed i procedimenti per l’avvio dell’attività di impresa (DPR 160/2010 SUAP); con una scelta che non appare congrua rispetto all’obiettivo di semplificazione da conseguire, non tanto per gli aspetti formali quanto piuttosto per gli aspetti pratici e sostanziali.
L’autorizzazione edilizia si riferisce alla realizzazione di una costruzione, la cui idoneità all’uso è attestata dal certificato/segnalazione di agibilità, che, nel caso dell’edilizia non residenziale, prescinde dalle attività alle quali verrà adibito l’immobile e per le quali verrà utilizzato.
Il procedimento che autorizza l’esercizio di impresa si riferisce ad una specifica tipologia di attività, individuata secondo la classificazione ATECO, ed è caratterizzato quale “procedimen-
to unico” in quanto attiva e riunifica la pluralità dei provvedimenti di settore che sovrintendono all’esercizio delle attività commerciali e produttive, compresi quelli edilizi (che, in questo caso, risultano endoprocedimentali). Inoltre, è bene ricordare che, al fine di governare la complessità di questo specifico procedimento, lo Statuto delle Imprese (legge 180/2011) ha stabilito che con cadenza annuale si sarebbe dovuto procedere all’aggiornamento delle norme e dei requisiti minimi per l’esercizio di ciascuna tipologia di attività d’impresa.
IN CONCLUSIONE
Alcuni argomenti, quali abusi, difformità e tolleranze, non sono state trattati, nella convinzione che, affrontati con un po’ di buonsenso oltre che con una adeguata competenza, possano essere puntualizzati.
Rimane, tuttavia, la convinzione che la confusione nella quale giace la regolamentazione edilizia, e più in generale l’apparato normativo che sovrintende al governo dell’assetto del territorio (che coinvolge non solo l’urbanistica e la programmazione dei servizi ai cittadini e alle imprese, ma anche la tutela degli interessi diffusi), non può trovare soluzione se non si supera l’obsoleto paradigma che contrappone la valorizzazione immobiliare alla disponibilità di spazi pubblici, con tutti i vari e fallaci tentativi di “catturare” parte della rendita edilizia, da attribuire ad usi pubblici.
Un nuovo paradigma, legato alla disponibilità di servizi da erogare alle famiglie e alle imprese, non si è ancora affermato in una visione
ARTICOLI RICHIAMATI
L’agibilità dimenticata, QLT n. 1/2023
(Fast Find AR1819)
L’edilizia insostenibile, QLT n. 1/2021
(Fast Find AR1777)
Manutenzione, riqualificazione, cambi d’uso: facciamo il punto, QLT n.3/2017
(Fast Find AR1427)
L’agibilità delle costruzioni: attestarla non è semplice, QLT n.2/2017
(Fast Find AR1352)
Il Regolamento Edilizio Comunale è uno strumento ancora attuale?, QLT n. 4/2016
(Fast Find AR1335)
Modelli unici e modifiche ai procedimenti in edilizia: è vera semplificazione?, QLT n.3/2015 (Fast Find AR1121)
La Normazione Tecnica: fonti giuridiche, significato e valenza, QLT n.1/2015
(Fast Find AR1051)
Il necessario riordino della disciplina edilizia, QLT n.4/2014 (Fast Find AR1030)
certa e condivisa del futuro delle città; futuro che richiede di operare al fine di garantire ed adeguare i livelli dei servizi erogati, che migliorino la qualità della vita del luogo in cui si risiede, e che – contestualmente – siano in grado di sollecitare gli interessi imprenditoriali e attivare gli investimenti su quel territorio.
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Come si fa e quanto costa? SISTEMA DI RISCALDAMENTO
E RAFFRESCAMENTO RADIANTE
A PAVIMENTO
Il riscaldamento radiante a pavimento è una tecnologia che prevede l’installazione di tubazioni o cavi elettrici, a seconda della tecnologia utilizzata, sotto la superficie del pavimento per riscaldare in modo uniforme l’ambiente. È una delle soluzioni più efficienti dal punto di vista energetico, in quanto sfrutta il calore che viene distribuito in modo omogeneo e senza dispersioni.
PREMESSA
I CODICI DEI PRODOTTI E DELLE
OPERE COMPIUTE FANNO
RIFERIMENTO AI PREZZARI NAZIONALI
EDITI DA LEGISLAZIONE TECNICA
Il riscaldamento radiante a pavimento è una tecnologia che prevede l’installazione di tubazioni o cavi elettrici sotto la superficie del pavimento per riscaldare in modo uniforme l’intera stanza. È una delle soluzioni più efficienti dal punto di vista energetico, in quanto sfrutta il calore che viene distribuito in modo omogeneo e senza dispersioni. Esistono due principali tipologie di impianto:
1. Sistema idronico (utilizza l’acqua come fluido termoconvettore): impiega una rete di tubi in plastica (spesso in PEX) attraverso i quali circola acqua calda. L’acqua è riscaldata da una caldaia o una pompa di calore e poi distribuita attraverso il pavimento. È particolarmente efficiente quando si utilizza una pompa di calore, poiché il sistema funziona a temperature relativamente basse.
2. Sistema elettrico: Si basa sull’integrazione di cavi riscaldanti o resistenze elettriche direttamente nel pavimento. Questi cavi si riscaldano quando passa corrente elettrica, diffondendo calore nell’ambiente. Il sistema elettrico è generalmente più facile da installare, ma può risultare meno economico rispetto a quello a acqua, soprattutto se alimentato con energia elettrica da fonti non rinnovabili.
Comfort termico: il calore proviene dal pavimento, l’ambiente si riscalda in modo più uniforme e naturale, senza le correnti d’aria secche tipiche dei radiatori.
Estetica: non sono necessari radiatori a vista, permettendo una maggiore libertà nella progettazione degli interni.
Efficienza energetica: il sistema radiante lavora a basse temperature (rispetto ai radiatori), riducendo i consumi energetici, specialmente se abbinato a fonti di energia rinnovabili come le pompe di calore.
Silenziosità: a differenza di molti altri impianti di riscaldamento, non produce rumori durante il funzionamento.
Costi iniziali elevati: l’installazione di un pavimento radiante richiede un investimento iniziale più alto rispetto ai radiatori tradizionali, e può essere più complicato da realizzare in una ristrutturazione.
Tempi di riscaldamento: l’impianto radiante richiede più tempo per riscaldare un ambiente, in quanto l’intero pavimento deve raggiungere la temperatura desiderata.
Riparazioni e manutenzione: le riparazioni possono essere più complesse, specialmente se l’impianto è installato sotto il pavimento, il che richiede interventi invasivi in caso di danni ai tubi o ai cavi.
Vantaggi e svantaggi del pavimento radiante.
RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO A PAVIMENTO:
LA SCELTA DELLA TIPOLOGIA DI SISTEMA
Per la progettazione si può optare su tutte e due i sistemi radianti a pavimento idronico (ad acqua) o elettrico, ma il sistema idronico è generalmente più adatto per superfici più ampie.
Ecco un confronto rapido:
• Sistema idronico (ad acqua): più efficiente su ampie superfici, soprattutto quando combinato con una pompa di calore o una caldaia a bassa temperatura.
• Sistema elettrico: potrebbe essere meno conveniente dal punto di vista energetico su grandi superfici, a meno che non si tratti di un’area piccola o di un utilizzo specifico, come stanze da bagno o ristrutturazioni rapide.
Un aspetto da tener in considerazione è il calcolo del fabbisogno energetico che per un pavimento radiante dipende da vari fattori, tra cui:
• Isolamento termico dell’edificio
• Tipo di pavimento (ad esempio, piastrelle, parquet, ecc.), che influisce sulla capacità di trasmissione del calore.
• Posizione geografica e clima, che determinano la quantità di calore necessaria. In generale, per un impianto radiante, si stima un fabbisogno energetico di circa 50-70 W/m² per
VANTAGGI
SVANTAGGI
ambienti ben isolati. Per un alloggio di 90 m², per esempio, ciò significa un fabbisogno totale di:
• Basso fabbisogno energetico (50 W/m²): 90 m² * 50 W = 4500 W (4,5 kW).
• Fabbisogno energetico medio (60 W/m²): 90 m² * 60 W = 5400 W (5,4 kW).
• Alto fabbisogno energetico (70 W/m²): 90 m * 70 W = 6300 W (6,3 kW).
Le componenti principali del sistema:
• Tubi (per sistema idronico): i tubi vengono posati sotto il pavimento, solitamente con uno schema a serpentina o a doppio serpente. La distanza tra i tubi varia da 10 a 30 cm, a seconda della potenza richiesta.
• Centralina di controllo e valvole: la centralina gestisce la temperatura e il flusso di acqua nei tubi.
• Pompa di calore o caldaia: per il sistema idronico, è necessario avere una caldaia a bassa temperatura o una pompa di calore che possa mantenere l’acqua a temperature relativamente basse, tra i 35-45°C.
• Pavimentazione: è importante scegliere un pavimento che trasmetta bene il calore, come piastrelle, marmo, o alcuni tipi di parquet. L’uso di pavimenti troppo spessi o isolanti potrebbe ridurre l’efficienza del sistema.
Fasi di installazione:
• Preparazione del sottofondo: prima di installare il sistema radiante, è necessario preparare la base del pavimento, assicurandosi che sia pianeggiante e isolata correttamente (l’isolamento è fondamentale per evitare dispersioni termiche).
• Posa dei tubi o cavi: se si sceglie un sistema idronico, i tubi vengono posati secondo un disegno prestabilito. Se si opta per un sistema elettrico, i cavi vengono distribuiti sotto il pavimento.
• Collegamento al sistema di riscaldamento: i tubi idronici vengono poi collegati alla caldaia o alla pompa di calore, mentre i cavi elettrici vengono collegati al quadro elettrico.
• Pavimentazione: una volta che il sistema è posato e testato, si può procedere con la posa del pavimento finale.
Consumo energetico:
In generale, i sistemi radianti sono più efficienti rispetto ai radiatori tradizionali. A seconda della temperatura esterna e delle abitudini di utilizzo, il consumo energetico sarà in linea con i calcoli di fabbisogno energetico. Tuttavia, un sistema ben progettato in un edificio ben isolato avrà un consumo relativamente basso rispetto ad altri metodi di riscaldamento.
LA NORMA UNI EN 1264 PER IL DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPIANTI RADIANTI
La UNI EN 1264 è una norma europea che riguarda i sistemi di riscaldamento a pavimento e i sistemi di raffreddamento a pavimento, definendo i requisiti, i criteri di progettazione, le modalità di installazione e i test necessari per garantire un funzionamento sicuro ed efficiente di questi impianti. È divisa in diverse parti, ognuna delle quali copre aspetti specifici dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento radiante.
Di seguito le principali sezioni della UNI EN 1264: 1. UNI EN 1264-1: “Riscaldamento a pavimento. Parte 1: Definizioni e criteri di progettazione”. Definisce i criteri di progettazione per i sistemi di riscaldamento a pavimento. Include anche le spe-
cifiche relative al dimensionamento del sistema, alla distribuzione del calore e alle condizioni di installazione, con lo scopo di garantire un’efficienza ottimale e una distribuzione uniforme del calore.
2. UNI EN 1264-2: “Riscaldamento a pavimento. Parte 2: Materiali e componenti”. In questa sezione si trattano i materiali utilizzati per i sistemi di riscaldamento a pavimento, come tubi, collettori, valvole, e accessori. Ogni componente deve rispettare determinati requisiti di resistenza e durata, sia rispetto alle sollecitazioni termiche che meccaniche. La parte stabilisce anche le modalità di test per verificare la resistenza dei materiali e delle componenti a lungo termine.
3. UNI EN 1264-3: “Riscaldamento a pavimento. Parte 3: Installazione”. Si concentra sulle procedure di installazione dei sistemi di riscaldamento a pavimento. Include istruzioni su come posizionare i tubi (per il sistema idraulico) o i pannelli (per il sistema elettrico), garantendo che il sistema funzioni correttamente e che i componenti siano montati in modo sicuro.
4. UNI EN 1264-4: “Riscaldamento a pavimento. Parte 4: Verifica e collaudo”. Sono specificati i test di verifica e collaudo che devono essere eseguiti sui sistemi di riscaldamento a pavimento. Questo include il test di tenuta (per verificare che non ci siano perdite nei tubi), la verifica della temperatura di esercizio e la verifica dell’uniformità della distribuzione del calore.
5. UNI EN 1264-5: “Riscaldamento a pavimento. Parte 5: Prestazioni energetiche”. Fornisce i criteri per determinare l’efficienza energetica dei sistemi di riscaldamento a pavimento. Si analizzano le modalità per il calcolo della resa termica e si stabiliscono i requisiti minimi per un funzionamento ottimale, in modo che l’impianto non comporti un dispendio energetico eccessivo.
6. UNI EN 1264-6: “Riscaldamento a pavimento. Parte 6: Applicazione per il raffreddamento a pavimento”. Sezione dedicata ai sistemi di raffreddamento a pavimento, che possono essere usati in combinazione con il riscaldamento. I principi di progettazione e le tecnologie sono simili a quelli del riscaldamento, ma vengono affrontate anche le problematiche specifiche del raffreddamento (come la gestione della condensa e la riduzione del rischio di formazione di muffa).
RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO A PAVIMENTO: I COMPONENTI DEL SISTEMA
La UNI EN 1264-2 nello specifico riguarda i materiali e i componenti dei sistemi di riscaldamento a pavimento, ed è una parte fondamentale della norma europea per garantire che i materiali utilizzati siano adatti, sicuri e performanti. In particolare, questa sezione stabilisce i requisiti che devono essere rispettati per i vari componenti del sistema, come i tubi, i collettori, le valvole, i termostati e altri accessori, fornendo una guida dettagliata sulla qualità e le prestazioni dei materiali e dei componenti che costituiscono un impianto di riscaldamento a pavimento. Nel caso dei sistemi a pannelli radianti (come quelli elettrici o con fluidi termovettori), la UNI EN 1264-2 stabilisce che i pannelli devono essere costruiti con materiali ad alta conducibilità termica, che consentano un buon trasferimento del calore verso la superficie del pavimento. Questi pannelli potrebbero essere dotati di:
• Resistori elettrici (per i sistemi a pannelli elettrici): materiali resistivi in grado di riscaldare efficacemente il pavimento;
• Pannelli prefabbricati: costruiti con materiali come polistirene o materiali compositi che sono leggeri e facili da posare, ma che offrono un buon isolamento e una distribuzione uniforme del calore.
PR.T71
PR.T71.A10
ECOfloor G CAM
PRODOTTI PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO UM PREZZO
Pannello isolante preformato in polistirene espanso in grafite sinterizzato a celle chiuse idoneo a sistemi radianti a pavimento per riscaldamento e raffrescamento secondo UNI EN 1264. Conforme ai Criteri Ambientali Minimi (CAM) richiesti dal D.M. 23/06/2022 n° 256. Classe EPS 150 conforme alla norma UNI EN 13163, Marchio CE. Privo di CFC e HCFC. Superficie calpestabile rivestita con guscio preformato di protezione in polistirene laminato ad alta densità con funzione di barriera umidità sec. UNI EN 1264. Dotato di speciali incastri che permettono una agevole posa del tubo bloccandolo ed evitandone la fuoriuscita. Resistenza a compressione CS(10) 150 kPa sec. EN 826. Conduttività termica 0,030 W/MK secondo la UNI EN 12939. Nessun assorbimento acqua per diffusione secondo la UNI EN 12088. Euroclasse E resistenza fuoco secondo UNI EN 12088. Sistema di giunzione dei pannelli con accoppiamento M/F idoneo anche per massetti liquidi.
PR.T71.A10.010 dimensioni 1400x800 mm, spessore 60 mm
Dati tecnici
Pannelli in EPS 150. Pannelli certificati PSV (plastica Seconda Vita) secondo nuovi requisiti CAM 2022.
Resistenza termica RD m² K/W
Spessore base isolante conforme alla UNI EN 1264:2021. Profilo presagomato con bugne dentate. 10% più isolante rispetto ai tradizionali pannelli EPS. Con un robusto strato di protezione in polistirene antiurto HIPS. Giunzioni dei pannelli Maschio/Femmina.
Possibilità di passo variabile.
Bloccaggio efficace del tubo.
Dimensioni: 1400x800.
€ 24,00
Per i sistemi di riscaldamento a pavimento idraulici, la UNI EN 1264-2 stabilisce i requisiti per i materiali principali, tra cui:
• Tubi per riscaldamento a pavimento: devono essere realizzati con materiali resistenti alla temperatura e alla pressione del sistema. I tubi più comuni sono quelli in polietilene reticolato (PEX), polipropilene (PP), multistrato (combinazione di materiali come l’alluminio e il polietilene), che devono rispettare requisiti di resistenza alle alte temperature (fino a 90°C) e pressioni (fino a 6 bar);
• Rivestimenti protettivi dei tubi: i tubi devono essere protetti per evitare danni durante l’installazione e il funzionamento, per esempio mediante una guaina esterna resistente;
• Accessori di connessione: la norma stabilisce che i raccordi, collettori, valvole e accessori devono essere in grado di garantire una connessione sicura e resistente, con specifiche che evitano perdite e garantiscono la durabilità nel tempo;
• Fissaggio dei tubi: i tubi devono essere fissati in modo sicuro alla base del pavimento utilizzando clip o una rete di supporto per evitare movimenti indesiderati.
PR.T71.B10
Tubo flessibile composito a 5 strati in PE-RT 63 (PE-RT tipo 0) secondo DIN 16937 / ISO 24003 e ISO 21003. Barriera all’ossigeno in EVOH conforme alla norma DIN 4726. Sorveglianza del prodotto da parte di SKZ secondo HR 3.16, conformità A398. Produzione e sorveglianza del prodotto da parte di KIWA secondo BRL 5602, conformità KOMO K 23905/06. Il tubo è conforme alla norma ISO 10508 classe 4 (riscaldamento a pavimento, 6 bar). Durata prevista >50 anni.
PR.T71.B10.005 Spessore 17 mm m € 1,80
Tubo flessibile composito a 5 strati in PE-RT 63
Diametro esterno 17 mm
Diametro interno 13 mm
Contenuto d’acqua 0,133 l/m
Raggio curvatura min. 5xØ
Temperatura max. esercizio: 70 °C
Pressione max. esercizio: 6 bar
PR.T71
PR.T71.G10
PRODOTTI PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO
Nastro perimetrale in PE espanso per la desolidarizzazione e la dilatazione termica dei massetti riscaldati secondo UNI EN 1264. Altezza 150 mm, spessore 8 mm.
PR.T71.G10.020 altezza 150 mm, spessore 8 mm
PR.T71
PR.T71.C10
Dati tecnici
Altezza 150 mm
Spessore 8 mm
Densità 30 kg/m³
Conduttività 0,035 W/mK
Lunghezza rotolo 25 m
PRODOTTI PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO
Collettore di mandata completo di flussimetri, valvola sfogo aria manuale e valvola a sfera completa di rubinetto di carico/ scarico impianto e termometro. Collettore di ritorno completo di valvole di intercettazione predisposte per termoattuatori con filo da 30x1,5 mm, valvola sfogo aria manuale e valvola a sfera completa di rubinetto di carico/scarico impianto e termometro. Staffe in materiale plastico per alloggiamento collettore in cassetta o fissaggio a muro.
PR.T71.C10.005 in materiale plastico a 2 vie
Dati tecnici
Numero derivazioni: 2
Scala di misurazione flussimetro: 0÷5 l/min
Pressione di esercizio: 3,0 bar
Pressione max. di esercizio: 6 bar
Intervallo temperatura di esercizio: 4÷70 °C
Dimensione collegamenti principali: RP 1”
Dimensione derivazioni: 3/4” Eurocono
Interasse derivazioni: 45 mm
PR.T71 PRODOTTI PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO UM
PR.T71.G11
Cassetta ad incasso per l’alloggiamento dei collettori di distribuzione. Corpo in lamiera zincata. Piedini regolabili in altezza. Frontalino anteriore smontabile. Porta smontabile colore bianco con serratura ad intaglio piatto. Cornice con bordo piano regolabile in profondità verniciata colore bianco. Rete porta intonaco per le parti intonacabili. Completa di binari guida per il fissaggio dei collettori e della ferramenta necessaria per il completo assemblaggio. Dimensione collettore: 3+3 attacchi.
PR.T71.G11.010 Dimensione 630x 400 mm Cad € 135,20
PR.T71
PR.T71.N10
Dati tecnici
Altezza 630 mm
Lunghezza 400 mm
Profondità 110 mm
PRODOTTI PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
Valvola a sfera a squadra passaggio totale, con attacchi filettati femmina-maschio a bocchettone. Idonea per acqua per impianti di riscaldamento/raffrescamento, gas non pericolosi e idrocarburi liquidi. In ottone UNI EN 12165 CW617N cromato. Passaggio totale. Maniglia a farfalla in alluminio verniciato di colore rosso o blu. Asta di comando con doppio O-Ring di tenuta. Dado con rivestimento anticorrosione, sigillo di garanzia ed ologramma.
PR.T71.N10.001 da 1” maschio/femmina, maniglia farfalla rossa
PR.T71.N10.002 da 1” maschio/femmina, maniglia farfalla blu
Dati tecnici
Campo di temperatura con idrocarburi liquidi -20÷60 °C
Campo di temperatura: -20÷120 °C (-20 °C con soluzioni glicolate al 50 %)
Pressione massima di esercizio a 20 °C con acqua e gas non pericolosi: 1,6 MPa (16 bar)
Campo di temperatura con idrocarburi liquidi: -20÷60 °C
Pressione massima di esercizio a 20 °C con idrocarburi liquidi: 1,2 MPa (12 bar)
Cad € 22,45
Cad € 22,45
Stratigrafia intervento: posa a regola d’arte in caso di passaggio attraverso pareti o giunti strutturali
LEGENDA STRATIGRAFIA INTERVENTO
1 Muratura interna in forati di laterizio 2
3
4
5
6
Intonaco a base calce
Battiscopa in legno
Stuccatura con materiale elastico
Nastro perimetrale in PE espanso per la desolidarizzazione e la dilatazione termica dei massetti
Massetto premiscelato fibrorinforzato con sughero (granulometria 0-3 mm), argilla, polveri diatomeiche e legante idraulico, per interni ed esterni, per la realizzazione di massetti termici ecologici pronti alleggeriti, per isolamento termico di ambienti che necessitano di essere isolati rispetto ai locali sottostanti o su solai di copertura piana per l’isolamento termico del solaio dell’ultimo piano, come massetto di allettamento a spessore, per inglobare gli impianti a pavimento. Avente le seguenti caratteristiche tecnico-fisiche: conducibilità termica lambda = 0,060 W/ mK, fattore di resistenza al vapore acqueo µ = 4, valore di resistenza a compressione > 5,0 N/mm², resistenza a flessione > 2 N/mm², indice di isolamento acustico al calpestio L’nw = 58 dB
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Pannello isolante preformato in polistirene espanso in grafite sinterizzato a celle chiuse idoneo a sistemi radianti a pavimento per riscaldamento e raffrescamento secondo UNI EN 1264. Conforme ai Criteri Ambientali Minimi (CAM) richiesti dal D.M. 23/06/2022 n° 256. Classe EPS 150 conforme alla norma UNI EN 13163, Marchio CE. Privo di CFC e HCFC. Superficie calpestabile rivestita con guscio preformato di protezione in polistirene laminato ad alta densità con funzione di barriera umidità sec. UNI EN 1264. Dotato di speciali incastri che permettono una agevole posa del tubo bloccandolo ed evitandone la fuoriuscita. Resistenza a compressione CS(10) 150 kPa sec. EN 826. Conduttività termica 0,030 W/ MK secondo la UNI EN 12939. Nessun assorbimento acqua per diffusione secondo la UNI EN 12088. Euroclasse E resistenza fuoco secondo UNI EN 12088. Sistema di giunzione dei pannelli con accoppiamento M/F idoneo anche per massetti liquidi
8 Rete elettrosaldata ad aderenza migliorata ad alta duttilità, conforme alla norma UNI EN 10080:2005, formato mm 2.000x3.000 : diametro 6 mm, maglia 100x100 mm
9 Tubo flessibile composito a 5 strati in PE-RT 63 (PE-RT tipo 0) secondo DIN 16937 / ISO 24003 e ISO 21003. Barriera all’ossigeno in EVOH conforme alla norma DIN 4726. Sorveglianza del prodotto da parte di SKZ secondo HR 3.16, conformità A398
10 Sottofondo portante livellato
11 Pavimento in gres porcellanato
12 Schiuma poliuretanica a chiusura dei giunti
13 Giunto di dilatazione in polietilene espanso da 6÷8 mm o in lana minerale da 8÷10 mm, poste in opera lungo le pareti e i vari elementi costruttivi
14 Giunto di contrazione o di frazionamento
03.T60.D15 IMPIANTI A PAVIMENTO, SOFFITTO E PARETE UM PREZZO %AT %PR %RU
03.T60.D15 Fornitura e posa di impianto di riscaldamento e raffrescamento radiante a pavimento, composto da: pannello isolante preformato in polistirene espanso in grafite sinterizzato a celle chiuse, densità 150 kg/m³, spessore mm 60, completo di striscia isolante di bordo in polietilene, opportunamente sagomato per inserimento tubazioni; rete elettrosaldata zincata filo 2 mm, maglia mm 100x100, con carico di rottura a trazione pari a 900 N/mm²; tubazione speciale in polietilene ad alta densità, reticolato ad alta pressione in triplo strato, completo di giunti di raccordo tipo pressfitting, diametro mm 17x2; additivo speciale per calcestruzzo, per massetto di copertura pannelli; fibre propileniche di tipo speciale da additivare al massetto per migliorare l’elasticità e la resistenza; sistema di fissaggio delle tubazioni, composto da rete metallica di supporto, clips di fissaggio tubazione e fissarete in acciaio plastificato; collettori compatti di distribuzione, completi di materiale di fissaggio alla parete e di valvole di mandata con regolazione micrometrica, detentori di ritorno, termometro di mandata collettore, termometri di ritorno per singoli circuiti, valvoline manuali di sfogo aria, valvole a sfera di intercettazione manuale, curve guida tubi, raccordi di collegamento in ottone ai tubi in polietilene; cassetta di contenimento per collettori in lamiera d’acciaio verniciata, completa di slitta di ancoraggio staffa collettore e quant’altro occorrente. Esclusa la pompa di calore.
Descrizione lavorazione opera compiuta
RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO A PAVIMENTO: LE NORME DI POSA SECONDO LA NORMA UNI EN 1264-3
La UNI EN 1264-3 riguarda la posa in opera dei sistemi di riscaldamento a pavimento e, in particolare, si concentra sulle modalità di installazione dei componenti, sia per i sistemi idraulici che per quelli elettrici. La corretta posa in opera è fondamentale per garantire che il sistema di riscaldamento a pavimento funzioni in modo sicuro, efficiente e duraturo. Questa parte della norma definisce le procedure da seguire per l’installazione e le linee guida relative alla sicurezza, al dimensionamento, alla protezione e ai test di collaudo.
Preparazione del supporto per l’installazione
• Verifica del substrato: prima di iniziare l’installazione, è necessario eseguire una valutazione della superficie su cui il sistema verrà posato. Il pavimento deve essere pulito, asciutto, privo di polvere, e ben livellato. Eventuali irregolarità potrebbero compromettere l’efficienza del riscaldamento a pavimento;
• Isolamento termico: prima di posare il sistema radiante, è necessario applicare uno strato di materiale isolante (come il polistirene espanso o altri materiali simili) sul pavimento per evitare dispersioni termiche verso il basso e ottimizzare l’efficienza del sistema.
Posizionamento dei tubi (per i sistemi idraulici)
• Schema di posa dei tubi: la norma definisce le modalità di posizionamento dei tubi in PEX o multistrato (materiale comune per i sistemi idraulici). I tubi devono essere disposti secondo uno schema che garantisca una distribuzione uniforme del calore, come il sistema a serpentina o a spirale;
• Distanza tra i tubi: la distanza tra i tubi dipende dal tipo di sistema e dalla potenza necessaria per il riscaldamento della stanza. La norma suggerisce una distanza che generalmente varia tra 10 e 30 cm, a seconda delle necessità progettuali;
• Fissaggio dei tubi: i tubi devono essere fissati correttamente per evitare che si spostino durante l’installazione del massetto. Solitamente, i tubi sono fissati a una rete di supporto o a clip che li mantengono fermi alla base.
Installazione dei pannelli radianti (per i sistemi elettrici)
• Posa dei pannelli radianti: per i sistemi elettrici a pannelli radianti o cavi elettrici, la norma fornisce le linee guida per la corretta disposizione dei pannelli. I pannelli devono essere posati in modo da coprire uniformemente l’area del pavimento e garantire una distribuzione omogenea del calore.
• Collegamento e isolamento: I pannelli devono essere correttamente collegati al sistema di alimentazione elettrica. Inoltre, bisogna assicurarsi che il sistema elettrico sia ben protetto da eventuali cortocircuiti o danni meccanici. È anche necessario isolare correttamente i fili e i collegamenti elettrici.
Posizionamento del massetto
• Spessore del massetto: una volta che i tubi o i pannelli sono posizionati e fissati, viene steso il massetto (di solito in cemento o in un altro materiale idoneo), che serve a fissare definitivamente il sistema e ad aiutare nella distribuzione del calore.
• Spessore minimo: il massetto deve avere uno spessore sufficiente per garantire un buon trasferimento del calore, di solito tra i 4 e gli 8 cm. La norma specifica che il massetto deve essere steso in modo uniforme e deve coprire completamente i tubi o i pannelli per assicurare una buona conduzione del calore.
• Asciugatura del massetto: dopo la posa del massetto, è importante rispettare i tempi di asciugatura e indurimento (che possono variare da 7 a 28 giorni), prima di procedere con la posa del pavimento finale.
Posa del nastro perimetrale di dilatazione
Prima della posa dei pannelli isolanti, dopo aver preparato il fondo, la prima operazione da realizzare è la posa del nastro perimetrale, avente la funzione di assorbire le dilatazioni termiche del massetto. Il nastro perimetrale, provvisto di una superficie adesiva, deve essere fissato lungo tutte le superfici verticali (pareti, colonne, rampe scale ecc.), e di una bandella in PE che deve sormontare il pannello, necessaria per neutralizzare le dilatazioni termiche del pavimento e separare strutturalmente, termicamente e acusticamente il pavimento dalle strutture. Il nastro va appoggiato alla base del supporto, oltre l’altezza del pavimento , va fissata saldamente per mezzo dello strato adesivo posto sul retro, onde evitare che possa muoversi con il getto del massetto.
Posa dei pannelli isolanti
I pannelli isolanti vanno posati su tutta la superficie del pavimento, in modo che formino uno strato continuo senza interruzioni. La posa deve essere effettuata con grande attenzione per evitare spazi vuoti che potrebbero ridurre l’efficienza del sistema. I pannelli devono essere accostati senza fessure, ma non sovrapposti. In genere, l’orientamento dei pannelli segue una disposizione uniforme (in modo orizzontale o longitudinale), a seconda delle specifiche del produttore. Le giunture tra i pannelli isolanti devono essere sigillate correttamente, utilizzando nastro adesivo speciale o colla, per evitare dispersioni di calore attraverso le fessure. Questo è un passaggio critico per migliorare l’efficienza energetica del sistema. Dopo la posa dei pannelli, è importante verificare la planarità della superficie. Un pavimento troppo irregolare potrebbe compromettere la distribuzione uniforme del calore.
Posa delle tubazioni
Una volta posati i pannelli isolanti, il sistema di tubazioni per il riscaldamento radiante può
essere installato sopra l’isolamento. I tubi (in genere in PE-X o PERT), che trasportano l’acqua calda, vengono posati in una distribuzione a serpentina o a spirale sopra i pannelli isolanti. È fondamentale che la posa delle tubazioni sia eseguita seguendo la corretta distanza tra i tubi, per garantire una distribuzione uniforme del calore.
La posa dei tubi deve essere eseguita in conformità al progetto, seguendo il passo di posa indicato e la lunghezza del circuito. Bisogna evitare tassativamente accavallamenti e giunture sui circuiti. L’attraversamento di eventuali giunti strutturali deve avvenire in un unico punto e solo per il passaggio dei tubi di connessione, i quali devono essere necessariamente ricoperti da una guaina corrugata di materiale plastico avente lunghezza minima di 30 cm da entrambe le parti del giunto e diametro doppio rispetto a quello esterno del tubo. Dopo aver installato l’isolante e le tubazioni, si dovrebbe fare un test di pressione dell’impianto per verificare che non ci siano perdite e che l’intero sistema funzioni correttamente.
Esistono vari sistemi di posa del tubo, quello più classico ed usato è detto “a spirale”. Se si utilizza questo metodo, bisogna di lasciare una distanza doppia del passo di posa mentre costruisci la chiocciola per creare lo spazio necessario per il tubo di ritorno al collettore (es.: se il passo di posa è di 10 cm la distanza tra le spire che si svolgono verso il centro deve essere pari a 20 cm).
Esempio schema di posa dei tubi e schema di curvatura tubi e rapporto tra passo di posa e quantità di tubo.
La distribuzione dei circuiti deve essere realizzata a spirale, a serpentina o mista: tuttavia la posa da preferirsi è quella a spirale in quanto diffonde il calore in maniera più uniforme. Il raggio di curvatura dei tubi non deve essere inferiore a 5 volte il diametro.
Schema di curvatura tubi e rapporto tra passo di posa e quantità di tubo
Posa dei giunti di dilatazione
Al fine di preservare l’integrità del pavimento è necessario inserire i giunti di dilatazione, avendo lo scopo di compensare le dilatazioni/contrazioni dimensionali del massetto in calcestruzzo riscaldato. Senza giunti di questo tipo, non è consigliabile realizzare pavimenti con superfici che superano i 40 m², oppure con un lato superiore a 8 m. Nei locali con sviluppo ad L, la superficie massima realizzabile può essere estesa fino a 80 m².
I giunti di dilatazione non devono mai attraversare l’intero circuito di riscaldamento ma solo i tubi di connessione che arrivano fino al punto di svolgimento del circuito. In questo caso i tubi di connessione devono essere protetti da una guaina corrugata di almeno 30 cm onde proteggere il tubo dalle sollecitazioni. I giunti devono arrivare fino al termine del massetto e il tratto interessato dal rivestimento riempito con speciali mastici edilizi o coprigiunti elastici (vedi figura a pagina seguente).
La posa dei giunti di dilatazione nei pavimenti radianti è un aspetto molto importante per garantire la durata e il corretto funzionamento del sistema che, essendo sottoposti a variazioni di temperatura, tendono ad espandersi e contrarsi, motivo per cui i giunti di dilatazione sono necessari per prevenire deformazioni o danni nel materiale.
Devono essere posizionati nei punti in cui si prevede che ci sia la maggiore sollecitazione da dilatazione, come ad esempio lungo i bordi delle stanze, attorno a colonne, pareti e in prossimità di cambi di direzione del pavimento. Inoltre, è importante posizionarli in modo tale da non ostacolare il flusso del sistema radiante. Esistono diverse tipologie di giunti, ma i più comuni per i pavimenti radianti sono quelli elastici, che permettono il movimento senza compromettere l’integrità della superficie. I giunti in materiale elastico o in schiuma vengono solitamente utilizzati per compensare le variazioni di temperatura del pavimento.
Prima di procedere con la posa del pavimento, è fondamentale predisporre un piano di posa adeguato. I tubi del riscaldamento radiante devono essere installati prima dei giunti di dilatazione, e devono essere inseriti prima di stendere il materiale di finitura (come ceramica, parquet o marmo), in modo che possano essere facilmente integrati senza compromettere il sistema radiante.
Generalmente, si consiglia di posizionare i giunti ogni 6-8 metri lineari in ambienti di medie dimensioni, ma questa distanza può variare in base alle specifiche del progetto.
QLT | OSSERVATORIO PREZZI
Tecnica di posa: Prima di procedere con la posa del pavimento, è fondamentale predisporre un piano di posa adeguato. I tubi del riscaldamento radiante devono essere installati prima dei giunti di dilatazione. I giunti devono essere inseriti prima di stendere il materiale di finitura (come ceramica, parquet o marmo), in modo che possano essere facilmente integrati senza compromettere il sistema radiante.
Se il pavimento è in ceramica o gres porcellanato, il giunto di dilatazione va inserito in corrispondenza delle fughe tra le piastrelle. Se invece il pavimento è in legno o parquet, i giunti devono essere posizionati in modo tale da non interferire con la naturale espansione e contrazione del materiale.
Considerazioni sul tipo di pavimentazione: Se il pavimento è in ceramica o gres porcellanato, il giunto di dilatazione va inserito in corrispondenza delle fughe tra le piastrelle. Se invece il pavimento è in legno o parquet, i giunti devono essere posizionati in modo tale da non interferire con la naturale espansione e contrazione del materiale.
Nei giunti di dilatazione, è importante utilizzare materiali elastici e resistenti al calore e umidità, come sigillanti in silicone o poliuretano, che possano accogliere i movimenti senza deteriorarsi.
Materiale di riempimento: Nei giunti di dilatazione, è importante utilizzare materiali elastici e resistenti al calore e umidità, come sigillanti in silicone o poliuretano, che possano accogliere i movimenti senza deteriorarsi.
Stratigrafia intervento: Posa a regola d’arte in caso di passaggio attraverso il giunto strutturale
Stratigrafia intervento: Posa a regola d’arte in caso di passaggio attraverso il giunto strutturale.
Quando una superficie da piastrellare assume dimensioni abbastanza grandi, parliamo di circa 25 m² per l’interno e 9 m² per l’esterno, allora è necessario creare dei frazionamenti nel massetto, circa 1/3 del suo spessore, che poi dovranno essere riportati anche nel rivestimento utilizzando gli appositi profili, che assolvono alla funzione di dilatazione e che in questo caso vengono definiti di frazionamento. Per cui è importante sapere con anticipo che tipo di pavimentazione si andrà ad usare per evitare di andare a creare queste rotture in punti poco estetici, meglio farlo dove cadrebbe la fuga fra una piastrella e l’altra senza andare a tagliare appositamente il rivestimento. La larghezza del profilo non dovrà essere inferiore alla larghezza della frattura nel massetto.
Di seguito l’analisi Prezzo del sistema di riscaldamento e raffrescamento radiante a pavimento.
03.T60.D15.001
T60 IMPIANTI A PAVIMENTO, SOFFITTO E PARETE
CODICE
NOLI E ATTREZZATURE (AT)
PRODOTTI DA COSTRUZIONE (PR)
CODICE DESCRIZIONE
PR.T71.A10.010
PR.T71.B10.005
PR.T71.G10.002
PR.P02.A30.001
Pannello isolante preformato in polistirene espanso in grafite sinterizzato a celle chiuse idoneo a sistemi radianti a pavimento per riscaldamento e raffrescamento secondo UNI EN 1264. Conforme ai Criteri Ambientali Minimi (CAM) richiesti dal D.M. 23/06/2022 n° 256. Classe EPS 150 conforme alla norma UNI EN 13163, Marchio CE. Privo di CFC e HCFC. Superficie calpestabile rivestita con guscio preformato di protezione in polistirene laminato ad alta densità con funzione di barriera umidità sec. UNI EN 1264. Dotato di speciali incastri che permettono una agevole posa del tubo bloccandolo ed evitandone la fuoriuscita. Resistenza a compressione CS(10) 150 kPa sec. EN 826. Conduttività termica 0,030 W/MK secondo la UNI EN 12939. Nessun assorbimento acqua per diffusione secondo la UNI EN 12088. Euroclasse E resistenza fuoco secondo UNI EN 12088. Sistema di giunzione dei pannelli con accoppiamento M/F idoneo anche per massetti liquidi: dimensioni 1400x800 mm, spessore 60 mm
Tubo flessibile composito a 5 strati in PE-RT 63 (PE-RT tipo 0) secondo DIN 16937 / ISO 24003 e ISO 21003. Barriera all’ossigeno in EVOH conforme alla norma DIN 4726. Sorveglianza del prodotto da parte di SKZ secondo HR 3.16, conformità A398. Produzione e sorveglianza del prodotto da parte di KIWA secondo BRL 5602, conformità KOMO K 23905/06. Il tubo è conforme alla norma ISO 10508 classe 4 (riscaldamento a pavimento, 6 bar). Durata prevista >50 anni
Nastro perimetrale in PE espanso per la desolidarizzazione e la dilatazione termica dei massetti riscaldati secondo. UNI EN 1264: altezza 150 mm, spessore 8 mm
Massetto premiscelato fibrorinforzato con sughero (granulometria 0-3 mm), argilla, polveri diatomeiche e legante idraulico, per interni ed esterni, per la realizzazione di massetti termici ecologici pronti alleggeriti, per isolamento termico di ambienti che necessitano di essere isolati rispetto ai locali sottostanti o su solai di copertura piana per l’isolamento termico del solaio dell’ultimo piano, come massetto di allettamento a spessore, per inglobare gli impianti a pavimento. Avente le seguenti caratteristiche tecnico-fisiche: conducibilità termica lambda = 0,060 W/mK, fattore di resistenza al vapore acqueo µ = 4, valore di resistenza a compressione > 5,0 N/mm², resistenza a flessione > 2 N/mm², indice di isolamento acustico al calpestio L’nw = 58 dB
Fornitura e posa di impianto di riscaldamento e raffrescamento radiante a pavimento, composto da: pannello isolante preformato in polistirene espanso in grafite sinterizzato a celle chiuse, densità 150 kg/m³, spessore mm 60, completo di striscia isolante di bordo in polietilene, opportunamente sagomato per inserimento tubazioni; rete elettrosaldata zincata filo 2 mm, maglia mm 100x100, con carico di rottura a trazione pari a 900 N/mm²; tubazione speciale in polietilene ad alta densità, reticolato ad alta pressione in triplo strato, completo di giunti di raccordo tipo pressfitting, diametro mm 17x2; additivo speciale per calcestruzzo, per massetto di copertura pannelli; fibre propileniche di tipo speciale da additivare al massetto per migliorare l’elasticità e la resistenza; sistema di fissaggio delle tubazioni, composto da rete metallica di supporto, clips di fissaggio tubazione e fissarete in acciaio plastificato; collettori compatti di distribuzione, completi di materiale di fissaggio alla parete e di valvole di mandata con regolazione micrometrica, detentori di ritorno, termometro di mandata collettore, termometri di ritorno per singoli circuiti, valvoline manuali di sfogo aria, valvole a sfera di intercettazione manuale, curve guida tubi, raccordi di collegamento in ottone ai tubi in polietilene; cassetta di contenimento per collettori in lamiera d’acciaio verniciata, completa di slitta di ancoraggio staffa collettore e quant’altro occorrente. Esclusa la pompa di calore
DESCRIZIONE UM Q PREZZO PARZIALE
AT.N02.001.004 Autocarri e motocarri: autocarro ribaltabile 13 q - giornaliero h 0,04 62,61 € 2,50 € Totale Lavorazioni Di Base 2,50 €
2 2,50 € 5,00 €
PR.P06.A02.004
PR.T71.N10.001
PR.T71.N10.002
Rete elettrosaldata ad aderenza migliorata ad alta duttilità, conforme alla norma UNI EN 10080:2005, formato mm 2.000x3.000 : diametro 6 mm, maglia 100x100 mm
Valvola a sfera a squadra passaggio totale, con attacchi filettati femmina-maschio a bocchettone. Idonea per acqua per impianti di riscaldamento/raffrescamento, gas non pericolosi e idrocarburi liquidi. In ottone UNI EN 12165 CW617N cromato. Passaggio totale. Maniglia a farfalla in alluminio verniciato di colore rosso o blu. Asta di comando con doppio O-Ring di tenuta. Dado con rivestimento anticorrosione, sigillo di garanzia ed ologramma. Maniglia farfalla rossa
Valvola a sfera a squadra passaggio totale, con attacchi filettati femmina-maschio a bocchettone. Idonea per acqua per impianti di riscaldamento/raffrescamento, gas non pericolosi e idrocarburi liquidi. In ottone UNI EN 12165 CW617N cromato. Passaggio totale. Maniglia a farfalla in alluminio verniciato di colore rosso o blu. Asta di comando con doppio O-Ring di tenuta. Dado con rivestimento anticorrosione, sigillo di garanzia ed ologramma. Maniglia farfalla blu cad 0,006 22,45 0,13 €
PR.T71.C10.005
PR.T71.G11.010
Collettore di mandata completo di flussimetri, valvola sfogo aria manuale e valvola a sfera completa di rubinetto di carico/scarico impianto e termometro. Collettore di ritorno completo di valvole di intercettazione predisposte per termoattuatori con filo da 30x1,5 mm, valvola sfogo aria manuale e valvola a sfera completa di rubinetto di carico/scarico impianto e termometro. Staffe in materiale plastico per alloggiamento collettore in cassetta o fissaggio a muro.
Cassetta ad incasso per l’alloggiamento dei collettori di distribuzione. Corpo in lamiera zincata. Piedini regolabili in altezza. Frontalino anteriore smontabile. Porta smontabile colore bianco con serratura ad intaglio piatto. Cornice con bordo piano regolabile in profondità verniciata colore bianco. Rete portaintonaco per le parti intonacabili. Completa di binari guida per il fissaggio dei collettori e della ferramenta necessaria per il completo assemblaggio. Dimensione collettore: 3+3 attacchi
cad 0,007 148,8 1,04 €
metalmeccanico impiantistico - Tabelle ministeriali - Media
Operaio edile - Tabelle ministeriali - Media Nazionale - II livello
Parziale (LAV + AT + PR + RU)
PROROGA PERMESSI DI COSTRUIRE, SCIA E AUTORIZZAZIONI
IN SCADENZA
Proroga di 36 mesi (ulteriori 6 mesi rispetto ai 30 già previsti) dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31/12/2024, nonché del termine di validità e dei termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione formatesi entro la stessa data.
L’art. 7, comma 2, del D.L. 202/2024 (c.d. Decreto Milleproroghe 2025), ha previsto una estensione della proroga dei termini di inizio e ultimazione dei lavori dei permessi di costruire e delle convenzioni di lottizzazione, già disposta dall’art. 10-septies del D.L. 21/03/2022, n. 21 (conv. L. 20/05/2022, n. 51).
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PROROGA TERMINI PERMESSI DI COSTRUIRE
L’art. 7, comma 2, del D.L. 202/2024 aumenta da 30 a 36 mesi la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, di cui all’art. 15 del D.P.R. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia), relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31/12/2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla precedente previsione del 30/06/2024).
La proroga opera a condizione che i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato di volersi avvalere della proroga stessa, e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione del soggetto medesimo, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del D. Leg.vo 42/2004 (Codice dei beni culturali).
È utile ricordare che la proroga - ai sensi del secondo periodo della lettera a), art. 10-septies del D.L. 21/2022 - si applica anche alla SCIA, all’autorizzazione paesaggistica e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate e - nel caso di permesso di costruire o di SCIA - anche nel caso in cui sia stata già accordata una proroga ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 380/2001, comma 2, o anche ai sensi dell’art. 103 del D.L. 18/2020, comma 2, e dell’art. 10 del D.L. 76/2020, comma 4 (purché ovviamente siano ancora in corso di validità al momento della richiesta di ulteriore proroga).
PROROGA TERMINI CONVENZIONI DI LOTTIZZAZIONE
L’art. 7, comma 2, del D.L. 202/2024, inoltre, estende da 30 a 36 mesi la proroga del termine di validità nonché dei termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lot-
tizzazione di cui all’art. 28 della L. 1150/1942 formatesi fino al 31/12/2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 30/06/2024).
La proroga si estende anche agli accordi similari, comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché ai termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, purché non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del D. Leg.vo 42/2004.
Anche qui, è utile ricordare che la proroga - ai sensi del secondo periodo della lettera b), art. 10-septies del D.L. 21/2022 - si applica anche ai diversi termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. 1150/1942, o agli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché ai relativi piani attuativi che abbiano usufruito della proroga di tre anni di cui all’art. 30 del D.L. 69/2013, comma 3-bis, e della analoga proroga di tre anni di cui all’art. 10 del D.L. 76/2020, comma 4-bis (purché ovviamente siano ancora in corso di validità al momento della richiesta di ulteriore proroga).
Modalità pratiche
Dalla lettura della norma, e come chiaramente sopra indicato, l’applicazione delle proroghe in discussione non richiede una esplicita istanza all’Amministrazione da parte del titolare, bensì una semplice “comunicazione dell’interessato di volersi avvalere della presente proroga”. Non vi è pertanto, in presenza delle condizioni stabilite, alcuna discrezionalità da parte dell’Amministrazione ricevente la proroga, né la necessità di una risposta o tantomeno di un provvedimento espresso.
>> LA NORMA << Art. 10-septies del D.L. 21/03/2022, n. 21 (conv. L. 20/05/2022, n. 51)
1. In considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficoltà di approvvigionamento dei materiali nonché dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi, sono prorogati di trentasei mesi: a) i termini di inizio e di ultimazione dei lavori, di cui all’articolo 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31 dicembre 2024, purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato di volersi avvalere della presente proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione del soggetto medesimo, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La disposizione di cui al periodo
precedente si applica anche ai termini relativi alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), nonché delle autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate. Le medesime disposizioni si applicano anche ai permessi di costruire e alle SCIA per i quali l’amministrazione competente abbia accordato una proroga ai sensi dell’articolo 15, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, o ai sensi dell’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, e dell’articolo 103, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
b) il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o
dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché i termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi fino al 31 dicembre 2024, purché non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. La presente disposizione si applica anche ai diversi termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o agli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché ai relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di cui all’articolo 30, comma 3-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e della proroga di cui all’articolo 10, comma 4-bis, del citato decreto-legge n. 76 del 2020.
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PROROGHE TERMINI ANTINCENDIO SCUOLE E STRUTTURE RICETTIVE
Nuova proroga introdotta dal D.L. 202/2024
(c.d. “Milleproroghe”), concernente il completamento dell’adeguamento alla normativa antincendio degli alberghi ed in generale delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto, nonché dei rifugi alpini e delle strutture adibite a scuole e asili nido.
ALBERGHI E STRUTTURE RICETTIVE
L’art. 2 del D.L. 27/12/2024, n. 202 (c.d. decreto “Milleproroghe”, convertito in legge dalla L. 21/02/2025, n. 15), al comma 6-bis reca disposizioni in materia di adeguamento alla normativa antincendio degli alberghi ed in generale delle attività ricettive turistico alberghiere con oltre 25 posti letto, nonché dei rifugi alpini.
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Il provvedimento agisce sul comma 1122, lettera i), dell’art. 1 della L. 205/2017 (Legge di bilancio per il 2018), provvedimento che aveva disposto la proroga dei termini in questione già poi oggetto di varie ulteriori proroghe. Seguono i dettagli.
Strutture ricettive con oltre 25 posti letto
Viene posticipato al 31/12/2026, a determinate condizioni, il termine per il completamento dell’adeguamento alla normativa antincendio degli alberghi ed in generale delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto:
* esistenti alla data di entrata in vigore del D. Min. Interno 09/04/1994 che ha approvato la regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere;
* in possesso dei requisiti per l’ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con D. Min. Interno 16/03/2012.
Si prevede inoltre la previa presentazione al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, entro il 31/12/2025, della SCIA parziale, attestante il rispetto di almeno otto delle seguenti prescrizioni come disciplinate dalle specifiche regole tecniche:
* resistenza al fuoco delle strutture;
* reazione al fuoco dei materiali;
* compartimentazioni;
* corridoi;
* scale;
* ascensori e montacarichi;
* impianti idrici antincendio;
* vie d’uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali;
* vie d’uscita ad uso promiscuo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali;
* locali adibiti a deposito.
Rifugi alpini
Inoltre, l’art. 2 del D.L. 202/2024 proroga ulteriormente la disposizione già introdotta
dall’art. 3 del D.L. 162/2019 nel menzionato comma 1122, lettera i), dell’art. 1 della L. 205/2017. Detta disposizione prevede ora una ulteriore proroga - limitatamente ai rifugi alpini - al 31/12/2025 del termine (previsto dall’art. 38 del D.L. 69/2013, comma 2) per la presentazione, ai fini del rispetto della normativa antincendio:
* dell’istanza preliminare per l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 151/2011);
* della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) sostitutiva dell’istanza per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi (ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 151/2011).
Scuole e asili nido
L’art. 4-bis del D.L. 28/06/2019, n. 59, convertito in legge dalla L. 08/08/2019, n. 81, prevede che, al fine di garantire la sicurezza nelle scuole, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è definito un piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico.
Nelle more dell’attuazione del suddetto piano straordinario di interventi, l’art. 5 del D.L. 27/12/2024, n. 202 (c.d. decreto “Milleproroghe”, convertito in legge dalla L. 21/02/2025, n. 15), al comma 4-ter, ha modificato l’art. 4 del D.L. 30/12/2016, n. 244, commi 2, 2-bis e 2-ter, prorogando:
* dal 31/12/2024 al 31/12/2027 il termine di adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola, nonché per le strutture nell’ambito delle quali sono erogati percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) e di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), per i quali non si sia ancora provveduto al predetto adeguamento;
* dal 31/12/2024 al 31/12/2027, il termine per l’adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido, per i quali non si sia ancora provveduto all’adeguamento antincendio
indicato dall’articolo 6, comma 1, lettera a), del D. Min. Interno 16/07/2014;
* dal 31/12/2024 al 31/12/2027, il termine di adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici, i locali e le strutture delle università e delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché dei locali e delle strutture ove si svolgono i percorsi erogati dalle Fondazioni ITS Academy.
Non vi è pertanto, in presenza delle condizioni stabilite, alcuna discrezionalità da parte dell’Amministrazione ricevente la proroga, né la necessità di una risposta o tantomeno di un provvedimento espresso.
>> LA NORMA
<<
Art. 10-septies del D.L. 21/03/2022, n. 21 (conv. L. 20/05/2022, n. 51)
1. In considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficoltà di approvvigionamento dei materiali nonché dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi, sono prorogati di trentasei mesi:
a) i termini di inizio e di ultimazione dei lavori, di cui all’articolo 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31 dicembre 2024, purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato di volersi avvalere della presente proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione del soggetto medesimo, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La disposizione
di cui al periodo precedente si applica anche ai termini relativi alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), nonché delle autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate. Le medesime disposizioni si applicano anche ai permessi di costruire e alle SCIA per i quali l’amministrazione competente abbia accordato una proroga ai sensi dell’articolo 15, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, o ai sensi dell’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, e dell’articolo 103, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27; b) il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o
dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché i termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi fino al 31 dicembre 2024, purché non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.
La presente disposizione si applica anche ai diversi termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o agli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché ai relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di cui all’articolo 30, comma 3-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e della proroga di cui all’articolo 10, comma 4-bis, del citato decreto-legge n. 76 del 2020.
Privacy
LA COMUNICAZIONE E LA PUBBLICAZIONE DEI DATI PERSONALI DEL SEGNALANTE È ILLECITA
Con provvedimento del 23 maggio 2024, il Garante Privacy, in esito ad un reclamo, ha sanzionato un Ordine professionale che in sede di procedimento disciplinare ha reso noto il nominativo del segnalante sia al professionista incolpato, sia potenzialmente a tutti gli iscritti all’Ordine; nel primo caso, infatti, l’Ordine ha confermato la ricezione della segnalazione al segnalante e in tale conferma ha messo in copia il segnalato, nel secondo caso ha inserito per esteso il nominativo del segnalante nei verbali prodromici al procedimento disciplinare poi
pubblicati, cosicché il nome avrebbe potuto essere visibile a chiunque.
A seguito di istruttoria il Garante ha avuto conferma che:
• l’Ordine ha portato a conoscenza del segnalato il nome, il cognome e gli indirizzi di posta elettronica ordinaria e certificata del segnalante; a riguardo si rammenta che anche gli indirizzi di posta costituiscono dati personali, attratti nella sfera di applicazione della normativa di privacy;
• per un certo periodo, l’Ordine ha pubblicato
sul proprio sito web istituzionale il verbale del Consiglio dell’Ordine, contenente dati personali relativi sia al professionista segnalato (titolo, nome e cognome; vicenda segnalata) sia ad un soggetto omonimo del segnalante che era stato indicato erroneamente come segnalante stesso, pur essendo in realtà del tutto estraneo alla vicenda;
• i dati di contatto del DPO dell’Ordine erano stati pubblicati tardivamente. Dall’istruttoria, pertanto, è de-
rivato che:
• l’Ordine non ha provato la sussistenza dei presupposti normativi che giustificano il trattamento dei dati del segnalante; in particolare né è stata citata una normativa né una regolamentazione interna né un atto amministrativo che legittimano la comunicazione dei dati personali del segnalante al segnalato; altrettanto non è stata citata una normativa che ne legittima la pubblicazione all’interno di un verbale; la mancanza di tali presupposti equivale a mancanza di base giuridica, e tale mancanza si traduce in una violazione;
• la comunicazione dei dati personali del segnalante al segnato non risulta necessaria; ed infatti l’Ordine avrebbe potuto inviare due distinte comunicazioni – ovvero una al professionista segnalato e un’altra al segnalante – al fine di rendere edotti gli stessi delle attività disciplinari che ne sarebbero scaturite; l’Ordine invece ha optato per una sola comunicazione al segnalante, mettendo in copia il segnalato;
• non ha nessun pregio difensivo la riflessione dell’Ordine rispetto alla possibilità del segnalato di conoscere i dati del segnalante a mezzo di ac-
cesso agli atti poiché, di fatto, non vi è stato nessuna richiesta di accesso agli atti da parte del segnalato;
• la pubblicazione di dati personali di un soggetto diverso, omonimo del segnalante, ma assolutamente estraneo alla vicenda non può considerarsi “un mero refuso” ma costituisce una violazione, in particolare del principio di esattezza dei dati personali, in violazione dell’art. 5, par. 1, lett. d), del GDPR.
Il Garante ha conseguentemente rilevato l’illiceità della condotta dell’Ordine, per aver agito in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e d), 6 e 37, par. 7, del GDPR nonché 2-ter del Codice.
La violazione delle predette disposizioni ha avuto luogo in conseguenza di tre distinte condotte quali la comunicazione di dati personali del segnalante, la diffusione di dati personali mediante pubblicazione del verbale, anche in violazione del principio di esattezza e la comunicazione dei dati di contatto del RPD).
Il Garante ha pertanto sanzionato l’Ordine per il primo profilo – relativo all’illecita comunicazione dei dati personali – con una sanzione pari a € 1.500,00 mentre per il secondo profilo – relativo alla diffusione dei dati sul sito web in violazione del principio di esattezza – con una sanzione
pari a € 2.000,00.
Rispetto alle violazioni accertate, l’Autorità ha valutato le condotte come violazione minore alla luce delle seguenti circostanze attenuanti:
• l’Ordine è un ente di piccole dimensioni, dotato di limitate risorse organizzative;
• non risultano pervenuti reclami o segnalazioni inerenti all’omessa comunicazione dei dati di contatto del RPD;
• non risultano precedenti violazioni nella medesima materia;
• la violazione ha riguardato un solo interessato e non ha riguardato dati personali relativi a categorie particolari o a condanne penali e reati;
• la condotta dell’Ordine ha natura colposa.
Rispetto, invece, alla tardiva pubblicazione dei dati del DPO, il Garante ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b) del Regolamento, ha ammonito l’Ordine per aver violato l’art. 37, par. 7, del GDPR.
ONLINE
Scarica il testo del Provvedimento Garante Privacy n. 10030785 del 23 maggio 2024
Anticorruzione
ROTAZIONE STRAORDINARIA E RINVIO A GIUDIZIO PER FATTISPECIE DIVERSA
DAI REATI DI NATURA CORRUTTIVA
Con parere del 14 gennaio u.s., ANAC si è espressa su una richiesta avente ad oggetto la presunta violazione del dovere di comunicare l’avvio di procedimento penale per condotte di natura corruttiva e l’applicabilità della misura della rotazione straordinaria ad un dirigente rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 356 c.p. (Frode nelle pubbliche forniture).
ANAC ha valutato la questione sottoposta sia sotto il profilo della L. 97/2001, sia sotto
il profilo degli artt. 16 e 35bis del Testo Unico sul Pubblico Impiego (D.Lgs. 165/2001), pervenendo a due diverse conclusioni.
In particolare, ANAC ha chiarito che il reato per il quale il dirigente è stato rinviato a giudizio non rientra tra quelli espressamente previsti dall’art. 7 della L. 69/2015 con conseguente inapplicabilità della L. n. 97/2001. L’art. 3 della L. 97/2001 (Trasferimento a seguito di rinvio a giudizio), infatti, collega la misura pre-
ventiva del trasferimento del dipendente al rinvio a giudizio per fattispecie penalistiche tassative tra le quali non è incluso il delitto di frode nelle pubbliche forniture.
Rispetto invece all’applicazione della misura della rotazione straordinaria (artt. 16 e 35 bis del D.Lgs. 165/2001), benché la condotta di frode in pubbliche forniture non sia ricompresa né nell’elenco di cui all’art. 7 della L.. n. 69/2015 né tra i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, ANAC raccomanda all’ente l’adozione di un provvedimento motivato in cui si valuti se la posizione attualmente rivestita dal dirigente destinatario dell’avvio di giudizio penale possa arrecare un danno all’immagine di imparzialità dell’ente stesso; solo laddove tale valutazione giunga a considerare l’avvio del procedimento penale come motivo di lesione alla propria reputazione, l’ente potrà disporre la rotazione straordinaria ovvero l’adozione di misure alternative. La posizione assunta da ANAC rispetto alla rotazione straordinaria deriva proprio dalla
ratio sottostante a tale istituto, ovvero la necessità di tutelare l’immagine dell’ente da un pregiudizio potenzialmente derivante dalla permanenza negli uffici a più elevato rischio corruttivo di funzionari coinvolti in procedimenti penali per i reati di cui al capo I, titolo II del libro secondo del Codice penale o in procedimenti disciplinari per condotte di natura corruttiva.
ANAC ha poi riepilogato i punti salienti della propria Delibera n. 215/2019 che detta una disciplina organica sulla rotazione straordinaria, ribadendo che presupposti per l’attivazione della misura preventiva sono:
• avvio di un procedimento penale per la commissione di reati contro la PA; in questo caso l’avvio del procedimento è coincidente con l’iscrizione nel registro negli indagati (cfr. art. 335 c.p.p.)
• apertura di un procedimento disciplinare per le condotte che possono
integrare delitti analoghi a quelli del punto precedente.
Pertanto, ANAC ha chiarito che prima del rinvio a giudizio (e quindi nella fase di sola iscrizione nel registro degli indagati) l’ente è soltanto tenuto a verificare, secondo prudente apprezzamento, se la condotta incriminata (rientrante nelle fattispecie di cui all’art.
7 L. 69/2015) sia idonea ad arrecare un pregiudizio all’immagine dell’ente collegato alla permanenza del dipendente nell’incarico. Ha anche chiarito che tale verifica potrebbe condurre a ritenere che non sia necessario procedere ad attivare la rotazione straordinaria.
Rispetto poi all’efficace attuazione della rotazione straordinaria, ANAC ha ribadito la necessità di inserire nei codici di comportamento delle amministrazioni uno specifico dovere di segnalazione tempestiva di avvio di procedimenti penali in capo al singolo dipendente; tuttavia ANAC ha
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Non perdere i prossimi numeri dei Quaderni e tutti gli aggiornamenti di Legislazione Tecnica in tema di Opere e lavori privati e pubblici, Edilizia e urbanistica, Professioni tecniche.
sottolineato che spetta, in ogni caso, all’ente declinare tale regola di condotta, specificando gli elementi minimi della comunicazione (ad esempio, reato per il quale si procede, data della commissione del fatto, stato del procedimento, ecc.) ritenuti necessari a vagliare l’effettiva sussistenza di un rischio di pregiudizio per la propria immagine. Solo in questo modo l’omessa segnalazione di avvio di procedimenti può generare una responsabilità in capo al dipendente, in quanto il dovere di segnalazione risulta meglio conosciuto o conoscibile.
ONLINE
Scarica il testo del Parere anticorruzione del 14 gennaio 2025, fasc. 5481.2024
Trasparenza
SOCIETÀ IN CONTROLLO PUBBLICO: TRASPARENZA DEI DATI REDDITUALI
DI AMMINISTRATORI E DIRIGENTI
Con parere del 12 febbraio u.s. ANAC è tornata sugli obblighi di trasparenza delle società in controllo pubblico, con particolare riferimento ai compensi e alle spese di missione degli amministratori e dei dirigenti. In via preliminare, l’Autorità ha ribadito che le società in controllo pubblico sono soggette agli obblighi di trasparenza in virtù del disposto di cui all’art. 2-bis, co. 2, lett. b) D.lgs. 33/2013, così come già chiarito dalla Delibera n. 1134/2017 (recante “Nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”) che specificatamente ha sottolineato che le società in controllo pubblico sono tenute a pubblicare i dati e le informazioni relativi all’organizzazione e all’attività di pubblico interesse svolta nonché ad assicurare l’accesso civico semplice e generalizzato, secondo gli adeguamenti indicati nell’Allegato 1 alla citata delibera.
Stante la generale sottoposizione agli obblighi di trasparenza, le società in controllo pubblico sono tenute ad adeguarsi anche agli obblighi di cui all’art. 14 D.lgs. 33/2013 (Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali), nelle modalità di seguito indicato da ANAC.
Modalità di assolvimento degli obblighi di cui all’art. 14 D.lgs. 33/2013 per gli amministratori
L’Autorità ha evidenziato che nelle società in controllo pubblico, per titolari di amministrazione si intendono il Presidente ed il C.d.A. poiché titolari di poteri di indirizzo generale; questi sono tenuti a pubblicare, nella sezione “Società trasparente”, sottosezione “Organizzazione” del sito istituzionale, i dati di cui all’art. 14, co. 1, lett. da a) ad f) D.lgs. 33/2013 ovvero: atto di nomina, cv, compensi, dati relativi all’assunzione di altre cariche presso enti pubblici o privati e relativi compensi, altri eventuali incarichi con
oneri a carico della finanza pubblica e le dichiarazioni reddituali e patrimoniali di cui all’art. 2 L. 441/1982. Rispetto ai predetti dati l’Autorità ha precisato che, lo svolgimento a titolo gratuito di tali incarichi, esonera l’ente dalla relativa pubblicazione; tuttavia, tale deroga trova applicazione solo se la gratuità sia espressamente prevista da disposizioni normative e statutarie che regolano l’organizzazione e l’attività dell’amministrazione ovvero da deliberazioni aventi carattere generale che siano pubblicate sul sito della società nella sezione “Società trasparente” sottosezione “Atti generali” a cui la sottosezione “Titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo” rinvia con apposito link.
L’ANAC ha ribadito poi che l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione, la parziale o incompleta pubblicazione nonché il rifiuto, differimento e la limitazione all’accesso civico costituiscono elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale ed eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione; tali condotte sono valutate ai fini della corresponsione della
retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. Il responsabile è esente qualora l’inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile (art. 46 D.lgs. 33/2013).
Modalità di assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 14 D.lgs. 33/2013 per i dirigenti
Per quanto concerne gli obblighi di pubblicazione dei dati di cui all’art. 14 citato per i dirigenti, l’Autorità evidenzia che la disciplina specifica è oggetto di revisione da parte del legislatore e che ancora si attende l’emanazione di un Regolamento ad hoc che individui precisamente ed in modo univoco gli obblighi di trasparenza per i titolari di incarichi dirigenziali diversi da quelli di cui all’art. 19, co. 3 e 4, D.lgs. 165/2001. Ciò premesso, nelle more dell’emanazione del regolamento che disponga per la pubblicazione dei dati, l’Autorità ha comunque ritenuto applicabile ai titolari di incarichi dirigenziali l’obbligo di comunicare tutti i dati di cui all’art. 14 D.lgs. 33/2013, nonché l’obbligo di presentare una dichiarazione, all’atto
dell’assunzione dell’incarico e da rinnovare annualmente, contenente tutti i dati reddituali e patrimoniali percepiti annualmente dal dirigente, oltre a quelli a carico della finanza pubblica.
In esito al parere e rispetto alla natura di società “collegate”, ANAC ha rammentato il distinguo nei regimi di trasparenza tra:
• le società in house, che in virtù del peculiare rapporto di controllo esercitato dalle amministrazioni, sono tenute all’applicazione dei medesimi obblighi di pubblicazione previsti per le pubbliche amministrazioni dal d.lgs. 33/2013, in quanto compatibili, con riferimento sia all’organizzazione sia all’attività svolta;
• le società indirettamente controllate, dove sarà invece la capogruppo ad assicurare che le stesse adottino le misure di trasparenza adeguate.
ONLINE
Scarica il testo del Parere trasparenza del 12 febbraio 2025, fasc. 262.2025
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PREMIO POROTON ® 2025: AL VIA LA III EDIZIONE CON UN
MONTEPREMI DI 10.000 EURO
Il Premio POROTON® 2025 è ufficialmente aperto alle candidature! Giunto alla sua terza edizione, il concorso promosso dal Consorzio POROTON® Italia si propone di valorizzare e divulgare le migliori pratiche nell’architettura in laterizio, premiando progetti di qualità che uniscono efficienza, durabilità, salubrità e sicurezza.
Il Premio POROTON® 2025 è ufficialmente aperto alle candidature! Giunto alla sua terza edizione, il concorso promosso dal Consorzio POROTON® Italia si propone di valorizzare e divulgare le migliori pratiche nell’architettura in laterizio, premiando progetti di qualità che uniscono efficienza, durabilità, salubrità e sicurezza.
PROGETTI AMMESSI E REQUISITI
Il concorso è aperto a progettisti singoli, studi tecnici e gruppi di professionisti che abbiano realizzato interventi di nuova costruzione o ristrutturazione/demoricostruzioni negli ultimi cinque anni (dal 1° gennaio 2020 in poi). Sono ammessi edifici privati e pubblici, senza limitazioni di tipologia costruttiva o destinazione d’uso. Tuttavia, un requisito fondamentale per la partecipazione è l’utilizzo di blocchi in laterizio porizzato prodotti dalle aziende aderenti al Consorzio POROTON® Italia. Le murature POROTON® devono avere un ruolo significativo all’interno del progetto, sia
che vengano impiegate per murature portanti che per tamponature
MONTEPREMI: 10.000 EURO
Una Giuria di professionisti ed esperti del settore valuterà i progetti tenendo conto anche dei seguenti criteri: qualità e originalità architettonica del progetto, modalità con cui le murature POROTON® sono state utilizzate per il conseguimento delle prestazioni tecniche ricercate. I tre progetti più meritevoli saranno premiati con un montepremi totale di € 10.000 così ripartiti:
Consorzio POROTON® Italia Via Franchetti, 4 - 37138 VERONA - Telefono 045.572697 - Fax 045.572430 www.poroton.it - info@poroton.it
- € 5.000 per il primo classificato;
- € 3.300 per il secondo classificato; - € 1.700 per il terzo classificato. Il Consorzio POROTON® Italia darà ampia visibilità a tutti i progetti ammessi al Concorso attraverso i suoi canali di comunicazione, promuovendoli anche sui social media e includendoli nel Catalogo ufficiale del Premio POROTON® 2025.
COME ISCRIVERSI
Per candidarsi, è necessario inviare una descrizione del progetto accompagnata da tavole tecniche e fotografie della costruzione, seguendo le modalità indicate nel Bando di Concorso
Scadenza per le iscrizioni: 31 maggio 2025
LE EDIZIONI PRECEDENTI
Le prime due edizioni del PREMIO POROTON® sono state segnate dall’entusiasmo dei partecipanti e dalla varietà e qualità dei progetti presentati, che ben rappresentano l’eccellenza dell’architettura contemporanea.
La prima edizione del Concorso ha premiato l’Edificio residenziale Rocca di Mezzo di Insu-
la Architettura e Ingegneria, mentre la scorsa edizione ha visto due primi posti ex aequo per i progetti firmati da Mario Cucinella Architects e da ifdesign, al terzo posto il progetto di ristrutturazione di Zupelli Design Architettura
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Invia il titolo della tua proposta di contributo con un breve abstract, gli obiettivi e i destinatari, insieme al tuo CV, a: redazione@legislazionetecnica.it
PROGETTAZIONE E VERIFICA DELLE CONNESSIONI IN ACCIAIO CON IL
SOFTWARE NEXUS
Nuove funzionalità per la progettazione e verifica delle connessioni in acciaio secondo le NTC 2018 e gli Eurocodici. Scopri i vantaggi di NeXus!
Nel settore della progettazione strutturale, la gestione accurata dei nodi in acciaio è fondamentale per il successo di qualsiasi progetto. Tuttavia, questa fase può presentare diverse difficoltà che, se non gestite correttamente, possono portare a errori dispendiosi, ritardi nelle tempistiche e, nei casi peggiori, compromettere la sicurezza dell’intera struttura.
Scopri come il software NeXus può migliorare la progettazione delle connessioni in acciaio, garantendo calcoli precisi, efficienza operativa e conformità alle normative, riducendo errori e costi nei progetti di costruzione.
ASPETTI DA CONSIDERARE NELLA
PROGETTAZIONE E VERIFICA DELLE
CONNESSIONI IN ACCIAIO
Nella progettazione e verifica delle connessioni in acciaio, è fondamentale prestare attenzione alla gestione dei calcoli strutturali. I metodi di calcolo tradizionali, che si basano spesso su semplificazioni, potrebbero non riuscire a tenere conto delle geometrie complesse o dei carichi multidirezionali, portando a stime imprecise.
Per ottenere valutazioni più accurate, occorre dunque utilizzare strumenti che consentano di considerare tutte le variabili della struttura.
Pertanto, l’utilizzo di software integrati e aggiornati è la soluzione per garantire efficienza
ACCA software S.p.A.
nel processo progettuale, evitando continui aggiustamenti che rallentano il lavoro.
Infine, è importante adottare procedure che minimizzino il rischio di errori, assicurando che i calcoli siano corretti e che la struttura rispetti i requisiti di sicurezza, senza generare sovradimensionamenti o insufficienze che possano compromettere i costi e la sicurezza del progetto.
LA SOLUZIONE AVANZATA: NEXUS
Per affrontare queste sfide, software di verifica di nodi di acciaio NeXus, progettato da ACCA software, si propone come una soluzione avanzata, capace di rivoluzionare il modo di progettare e verificare le connessioni in acciaio.
Grazie all’integrazione dell’analisi FEM e alla modellazione 3D/BIM, NeXus consente una
rappresentazione realistica delle tensioni e delle deformazioni nei nodi in acciaio, eliminando la necessità di approssimazioni.
La modellazione 3D parametrica di NeXus consente di progettare connessioni in modo estremamente flessibile, superando i limiti dei metodi tradizionali. Ogni modifica al progetto, anche se minima, viene gestita in tempo reale, garantendo un notevole aumento dell’efficienza operativa.
La meshatura automatica e la visualizzazione dinamica dei risultati permettono di adattare immediatamente il progetto a eventuali variazioni, sia nei carichi che nelle geometrie, senza compromettere la precisione.
Inoltre, l’integrazione con le normative più aggiornate, come gli Eurocodici e le NTC 2018, assicura che ogni progetto rispetti le normative locali in modo automatico, riducendo al minimo il rischio di errori.
LE NUOVE FUNZIONALITÀ DI NEXUS
Le ultime versioni di NeXus offrono funzionalità avanzate che rendono ancora più potente ed efficiente questo strumento.
Tra le novità principali troviamo:
• analisi non lineare avanzata: il software consente di eseguire calcoli agli elementi
finiti (FEM) direttamente sul modello 3D della connessione, analizzando il comportamento elasto-plastico degli elementi con maggiore precisione;
• supporto per gli Eurocodici: è ora possibile selezionare Eurocodici specifici per vari paesi, come l’Europa, Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Croazia, Slovenia, Singapore, con un supporto completo delle relative normative;
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Adottare un software avanzato come NeXus non è solo una scelta tecnologica, ma una vera e propria strategia per migliorare l’affidabilità e l’efficienza dei progetti di costruzione. Provalo gratuitamente per ottimizzare la progettazione delle connessioni in acciaio e affrontare le sfide della progettazione strutturale!
Risultati grafici 3D – software NeXus.
CASTELLO GONZAGHESCO (MN)
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO DEL TERRENO DI FONDAZIONE
GEOSEC ha eseguito un delicato intervento di consolidamento del terreno di fondazione a Gonzaga, in provincia di Mantova nel complesso che interessa la torre d’angolo situata in Piazza Castello. Si tratta di una struttura di grande rilevanza storica e costruttiva che, insieme al Mastio, rappresenta tutt’oggi ciò che resta dell’antico Castello Gonzaghesco, edificato nel 1370.
Questo intervento GEOSEC si colloca all’interno di un ambizioso ed importante progetto di consolidamento della torre d’angolo sia relativamente alle opere strutturali che al terreno di fondazione. Un intervento resosi per di più necessario soprattutto dopo i danni provocati dagli eventi sismici del maggio 2012. L’impresa affidataria principale dell’intero intervento di recupero è IMPREDIMA di Piacenza.
INDAGINI PRELIMINARI
Per valutare la capacità portante del terreno, sono state eseguite appropriate prove e indagini geologiche. Il contesto si presentava particolarmente complesso e articolato, poiché la struttura interessata sorgeva su un terreno prevalentemente di riporto e poco performan-
GEOSEC S.r.L.
te dal punto di vista geotecnico, originato e condizionato dalle attività storiche del fiume Po e di nuovo soggetto agli effetti dei cambiamenti climatici degli ultimi decenni.
FASI DELL’INTERVENTO
L’intervento adottato dallo staff di progettazione è stato volutamente di tipo mininvasivo, con diversi obiettivi, tra i quali, quello di ridurre al minimo l’impatto sull’opera esistente e sul contesto al contorno.
L’intervento GEOSEC di consolidamento del terreno di fondazione si è concentrato nel volume significativo al di sotto della fondazione strutturale con obiettivo di migliorare le performance geotecniche originarie al fine di contribuire ad una miglior stabilità dell’opera nel tempo. Per questo progetto sono state pianificate delle iniezioni mirate a pressione controllata di miscele cementizie espandenti.
In particolare, per la realizzazione delle iniezioni sono stati eseguiti 54 fori nel volume significativo passando la fondazione esistente con diametri di punte perforanti variabili tra 25 mm e 50 mm, disposti ad una distanza di interasse medio di 50 cm l’uno dall’altro e con
una profondità massima di 3,80 mt rispetto al piano di appoggio delle fondazioni. All’interno di questi fori sono stati poi inseriti tubi specificamente preparati per l’intervento e tali da favorire una adeguata iniezione della miscela cementizia espandente.
MONITORAGGIO DELL’INTERVENTO
L’intero intervento GEOSEC è stato inoltre monitorato attraverso l’indagine della Tomografia di Resistività Elettrica 3D, che ha consentito di perfezionare sia la fase di progettazione che successivamente quella di controllo post operam.
In particolare, l’indagine della Tomografia di Resistività Elettrica 3D fornisce un doppio supporto all’intervento di consolidamento del terreno. In primo luogo, consente di indentificare previamente i vuoti ed eventuali cavità oltre che la presenza di acqua nei terreni di fondazione, fornendo un’immagine tridimensionale dell’impronta sotto all’edificio più vantaggiosa senza necessità di scavi o demolizioni invasi-
ve. La sua caratteristica di ripetibilità dell’indagine garantisce poi analisi comparative in particolare considerazione degli effetti ottenuti dopo le iniezioni consolidanti.
Inoltre, la Tomografia di resistività 3D consente di supportare in modo mirato il progetto delle iniezioni e di rilevare almeno qualitativamente post operam, gli effetti conseguenti del trattamento.
CONCLUSIONI
L’intervento GEOSEC di consolidamento del terreno ha partecipato e partecipa al progetto per un pieno recupero funzionale dello stabile, garantendo adeguata stabilità alla costruzione e restituendo alla comunità locale un luogo simbolico e distintivo del territorio come l’antica Piazza Castello, punto di aggregazione e patrimonio storico del paese. Per consolidamenti delle fondazioni sicuri ed efficienti, supportati da indagini approfondite e soluzioni all’avanguardia, GEOSEC rappresenta una scelta affidabile e innovativa.
COSA SONO I CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE
La formula che permette ai soggetti affidatari di realizzare delle prestazioni senza ricorrere al subappalto
LA NORMATIVA
I contratti continuativi di cooperazione permettono ai soggetti affidatari di una gara di realizzare, anche per il tramite di soggetti terzi, delle prestazioni oggetto di un contratto di appalto pubblico senza ricorrere al subappalto e senza sottostare ai limiti previsti per quest’ultimo.
La stipula di un contratto di cooperazione continuativa deve comunque essere adeguatamente motivata e documentata.
Di solito sono contratti che il concorrente stipula con terzi allo scopo di procurarsi quanto necessario alla propria attività d’impresa. Nello specifico, si tratta di beni e servizi indi-
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spensabili all’esecuzione della prestazione in affidamento.
Lo scopo dei terzi non è eseguire la prestazione oggetto dell’appalto ma è procurare all’operatore economico aggiudicatario i mezzi per l’esecuzione dello stesso.
I contratti continuativi di cooperazione sono disciplinati all’articolo 119 c.3, lettera d), del D. Lgs36/2023
Tale articolo disciplina il subappalto e, per evitare fraintendimenti, specifica anche quali prestazioni non si possono configurare come attività affidate in subappalto. A tal proposito, il c3 lettera d stabilisce che non si configurano
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come attività affidate in subappalto (...) le prestazioni secondarie, accessorie o sussidiarie rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono trasmessi alla Stazione Appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto
I REQUISITI DEI CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE
• la continuità intesa quale stabile e generale cooperazione;
• l’anteriorità, cioè il fatto che tali contratti vengono sottoscritti in epoca anteriore all’indizione della procedura finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto. I contratti risultano pertinenti alla sola fase esecutiva dell’appalto giacché incidono sull’organizzazione delle attività contrattuali e dunque sulle modalità operative delle stesse, di modo che essi non possono essere finalizzati a sopperire la carenza di requisiti di qualificazione dell’operatore economico, i quali devono essere verificati e dimostrati in un momento precedente attinente alla fase di affidamento del medesimo contratto di appalto. In tal modo, si consente l’esonero di tali prestazioni all’assoggettamento ai limiti del subappalto;
• il deposito del contratto che avviene prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.
Inoltre, poiché il subap-
paltatore non è cooperatore continuativo, può prendere parte come singolo o come membro di un raggruppamento/consorzio alla stessa procedura di gara che veda come aggiudicatario finale l’appaltatore in questione.
Ad oggi, l’utilizzo di tale tipologia contrattuale non è molto diffusa a causa di vari dubbi interpretativi a cui né il legislatore né la dottrina hanno provveduto a dare riscontri rassicuranti.
VANTAGGI
• Flessibilità - consentono all’aggiudicatario di adattare le proprie risorse alle esigenze dell’appalto;
• Efficienza - permettono di ottimizzare i costi e i tempi di esecuzione;
• Specializzazione - consentono di avvalersi di competenze specifiche non presenti all’interno dell’azienda
ESEMPI
Un’impresa edile aggiudicataria di un appalto per la costruzione di un edificio può stipulare un contratto di cooperazione continuativa con un’azienda specializzata nella fornitura di calcestruzzo
Oppure un’azienda che si aggiudica un appalto per la gestione di un servizio di trasporto pubblico può stipulare un contratto di cooperazione continuativa con un’officina meccanica per la manutenzione dei veicoli.
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In conclusione, è importante saper distinguere correttamente i contratti di cooperazione continuativa dai contratti di subappalto per evitare possibili contestazioni.
PITAGORA: LA RIVOLUZIONE DEL SOFTWARE PER COMPUTI METRICI E CONTABILITÀ
Nel settore edile, l’accessibilità a software di qualità ha sempre rappresentato un fattore critico per i professionisti. La possibilità di utilizzare strumenti affidabili a costi contenuti, o addirittura gratuiti, ha cambiato profondamente il modo di operare nel campo
UN MERCATO DOMINATO DA POCHI
Anni fa, il mercato era dominato in particolare da due software, entrambi a pagamento, utilizzati dalla maggior parte dei professionisti. Tuttavia, a seguito di vicende societarie, una delle due aziende produttrici perse progressivamente quote di mercato, lasciando il campo libero all’altro. Questo ha portato a un regime quasi-monopolio nel settore, con un aumento dei prezzi e una sempre minore attenzione all’innovazione.
L’ARRIVO DI PITAGORA E IL CAMBIO DI PARADIGMA
Blumatica decise così di rompere questo schema, introducendo un software innovativo ed accessibile: Pitagora. Blumatica garantì l’accesso gratuito al modulo per la redazione dei computi metrici e mantenne, inizialmente, a pagamento la sola sezione dedicata alla contabilità dei lavori.
Questa scelta innescò un cambiamento profondo in tutto il settore. Pitagora iniziò a diffondersi rapidamente tra i professionisti, conquistando una fetta sempre più ampia di utenti. La concorrenza reagì così offrendo anch’essa versioni freeware dei propri software. L’intero mercato fu quindi trasformato da questa coraggiosa iniziativa.
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UN SOFTWARE COMPLETAMENTE GRATUITO
Blumatica non si è accontentata di questo risultato. Ha deciso successivamente di rendere l’intero software Pitagora gratuito, compresa la parte relativa alla contabilità e altre funzionalità avanzate:
• Computi metrici e contabilità lavori
• AL (Stato Avanzamento Lavori)
• Prezzari e listini sempre aggiornati
• Assistenza tecnica senza costi aggiuntivi Un cambiamento epocale.
Blumatica Pitagora non è solo un software gratuito, ma uno strumento professionale costantemente aggiornato e conforme alle più recenti normative. Offre piena compatibilità con i principali formati di computazione e consente una gestione integrata dell’iter contabile.
PERCHÉ PITAGORA È GRATUITO?
La mission di Blumatica è quella di contribuire alla creazione di un mercato più equo ed accessibile, permettendo a tutti l’utilizzo di strumenti professionali senza eccessive barriere di carattere economico. L’obiettivo è offrire qualità, innovazione e supporto continuo, creando valore per tutta la comunità professionale e con il fine anche di far conoscere la qualità dei software e dei servizi di Blumatica.
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