Ubi Care

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Polo di innovazione ICT Proposta progettuale

Tecnologie per la Teleassistenza di Soggetti con Difficoltà Cognitive

Ubiquitous Caregiver (UbiCare) Elementi introduttivi e motivazionali Perché le malattie neurodegenerative e in particolare l’Alzheimer? - Peculiarità della malattia L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa che colpisce circa il 10% della popolazione oltre i 65 anni d’età, causando la progressiva perdita delle funzioni cognitive legate alla memoria, all’orientamento e alle capacità verbali. I cambiamenti che i familiari devono adottare di fronte all'evento malattia sono molti: entrano in gioco cambiamenti organizzativi riguardo al tempo da dedicare alla sorveglianza, alla cura, alla conciliazione con gli altri impegni lavorativi e relazionali; cambia la gestione dei rapporti sociali extra familiari, per cui spesso vi è una tormentosa preoccupazione riguardo cosa potrebbe dire la gente dei comportamenti del malato, vi è il disagio di come gestirlo qualora si agiti negli spazi aperti o troppo affollati. La suddivisione del decorso della malattia in fasi ha lo scopo unicamente di orientare chi si occupa del malato sulle caratteristiche evolutive della malattia al fine di consentirgli un'adeguata pianificazione dell'assistenza e una maggior consapevolezza di quanto potrà accadere e come affrontarlo. Il decorso della malattia varia infatti da persona a persona. Possiamo comunque individuare 3 principali fasi di malattia.

 1. Demenza lieve (durata media 2-4 anni):
è caratterizzata da disturbi di memoria, come dimenticare i nomi e i numeri di telefono, ma, data la natura non grave di questi segni, possono passare inosservati o essere giustificati come conseguenze naturali dell'età. La perdita progressiva della memoria, soprattutto quella recente, può interferire con il normale svolgimento degli impegni quotidiani. Il soggetto ha difficoltà ad orientarsi nello spazio e nel tempo, per esempio può avere problemi a ritrovare la strada di casa. Anche il linguaggio comincia a essere compromesso: compaiono difficoltà a produrre frasi adeguate a supportare il pensiero, vengono utilizzate pause frequenti per incapacità a "trovare la parola giusta". L’umore diviene più depresso a seguito della consapevolezza della propria progressiva disabilità, oppure la reazione può essere caratterizzata da manifestazioni aggressive e ansiose. 2. Demenza moderata (durata media 2-10 anni):
è la fase temporalmente più duratura in genere, ed è caratterizzata da un aggravamento dei sintomi presentati nella fase precedente. Le dimenticanze sono sempre più significative; aumenta l’incapacità di ricordare i nomi dei familiari con la possibilità di confonderli, cosi come aumenta il disorientamento topografico, spaziale e temporale. In questo stadio la necessità di supervisione e assistenza nelle attività quotidiane si fa più urgente, il paziente tende a trascurare il proprio aspetto, la propria dieta e le attività quotidiane; le turbe dell'umore e del comportamento divengono più rilevanti. 3. Demenza grave (durata media 3 anni):
è la fase terminale della malattia durante la quale la persona malata è completamente dipendente e richiede assistenza continua e totale per mantenersi in vita. E' caratterizzata da una perdita totale della capacità di parlare e capire, può però essere mantenuta fino a questa fase la capacità di esprimere emozioni attraverso il viso. Il soggetto diviene totalmente incapace di riconoscere i propri familiari, di compiere gli atti quotidiani della vita come vestirsi, mangiare, lavarsi, riconoscere i propri oggetti personali e la propria casa. Il movimento è ormai totalmente compromesso fino all'allettamento.


I problemi più frequenti La malattia colpisce la memoria e le funzioni mentali: si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spaziotemporale. Di seguito sono descritti i problemi più frequenti che si incontrano nel decorso della malattia. Disturbi del linguaggio: con l'aggravarsi della malattia il linguaggio si impoverisce e la capacità di intrattenere attivamente una conversazione viene meno, soprattutto per la difficoltà a tenere a mente ciò che è stato detto e comprendere il senso anche di semplici frasi. 
 I sintomi autoriferiti:
il paziente che inizia a prendere coscienza della riduzione delle sua capacità di memoria e di quanto ciò influisca sulla sua normale efficienza nel gestirsi la vita, può avere reazioni emotive diverse. 
 Deliri: 
uno degli eventi più comuni ai pazienti che sono nelle fasi iniziali della demenza è dimenticare dove sono state messe le cose e non riuscire a trovarle al momento del bisogno. La negazione: 
una delle modalità più tipiche adottate nei confronti della condizione di malattia dai pazienti che iniziano a soffrire di demenza è la negazione dei loro deficit. 
 Attaccamento patologico: 
il senso di insicurezza che si accompagna all'aggressione della malattia può portare il paziente alla sensazione di una totale incapacità a gestire la propria vita e questo può indurlo a una totale dipendenza dai familiari, anche per le cose più semplici che ha sempre fatto e che ancora saprebbe fare autonomamente. 
 Problemi gestionali: 
 anche se la persona malata ha la necessità di essere accudita attraverso un’assistenza esterna, molto spesso oppone forte resistenza ad accettare che degli estranei invadano il suo spazio fisico gestito da anni in modo indipendente. L’attività fisica e la capacità di deambulare è un elemento essenziale per contrastare l’evoluzione della malattia. Nel momento in cui si perde questa capacità, che in genere si mantiene ben oltre la perdita delle capacità relazionali, si ha un rapido peggioramento delle condizioni e una accelerazione dell’evoluzione della malattia. Risulta pertanto importantissimo consentire un buon esercizio deambulatorio (almeno un’ora di passeggiata al giorno).

Dimensione del problema In Italia settecentomila persone hanno la malattia di Alzheimer, oltre un milione soffrono di demenza. Ottantamila quelle che ogni anno ne manifestano i sintomi per la prima volta. Un dato destinato a raddoppiare nei prossimi due decenni, avverte il Rapporto Alzheimer 2010 presentato in occasione della XVII Giornata mondiale dell’Alzheimer, promossa dalla Federazione Internazionale Adi, celebrata il 21 settembre 2010 in tutto il mondo. Questo perché sia la demenza sia la malattia di Alzheimer sono strettamente legate all’aumento dell’età media della vita delle persone. Nel 2010, registra il rapporto, a livello mondiale soffriranno di demenza più di 35 milioni di persone, ma nel 2030 saranno 67,5 milioni e tra quarant’anni, nel 2050, ben 115,4 milioni. A livello europeo i numeri sono preoccupanti. Il fatto è che l’età è il maggiore
fattore di rischio e l’Europa è in una fase di sviluppo demografico che vede la popolazione diventare sempre più anziana e quindi sempre più a rischio di demenza.
I malati con demenza in Europa sono 7,3 milioni e recenti stime
indicano che questo numero aumenterà del 43% nel 2020 e del 100% nel 2040. Sapendo che la demenza di Alzheimer rappresenta il 50-60% di tutte le forme di demenza si può pensare che il numero dei malati di Alzheimer in Europa sia oggi pari a 4.400.000. I numeri forniti dal Rapporto mondiale Alzheimer confermano che la demenza è un’emergenza sanitaria e sociale che non può essere ignorata dai governi nazionali. Se non sarà tenuta sotto controllo, avverte il Rapporto, comporterà oneri enormi per le persone, le famiglie, le strutture sanitarie e per l’economia globale.


Ogni nazione deve predisporre interventi per migliorare e sostenere i servizi di cura e assistenza ai malati, anche attraverso gli investimenti nella ricerca. Per quanto riguarda i costi della malattia a livello mondiale le cifre spaventano. Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2010 ci dice che i costi sociali ed economici della malattia a livello mondiale assommano a 604 miliardi di dollari, cifra che rappresenta circa l’1% del prodotto mondiale lordo. Se la cura della demenza a fosse una nazione, sarebbe la 18 nazione al mondo per valore economico. È vero – ammetteva nell’ultimo rapporto stilato dal Censis nel 2005 – che in Italia sul fronte dei servizi, rispetto al “quasi deserto” rilevato nel 1999, la situazione è per molti versi migliorata, grazie alla presenza delle Unità di Valutazione Alzheimer (UVA), l’accesso ormai gratuito a farmaci specifici per l’Alzheimer come gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, la maggiore disponibilità di servizi importanti come i Centri diurni e l’Assistenza domiciliare. Ma si tratta di un quadro solo parzialmente migliorato, con un’assistenza ancora molto limitata e con profonde differenziazioni territoriali che impatta solo marginalmente sul sovraccarico assistenziale di chi si occupa del malato di Alzheimer e della famiglia, che si mantiene elevatissimo. Tanto alto da lasciare segni profondi sia da un punto di vista economico sia sulla salute. Secondo il Rapporto 2010 sulla non autosufficienza pubblicato dal Ministero della Salute – redatto senza coinvolgere associazioni e sindacati impegnati ogni giorno in questo settore – in Italia il maggior carico assistenziale ricade sulla famiglia perché in Italia, rispetto all’Europa, sono meno diffusi i servizi di assistenza domiciliare (4,9% rispetto al 13% dell’Europa) e residenziale (3% rispetto al 6-8% dell’Europa) e il peso economico dell’assistenza ricade quasi per intero sulle famiglie. Le statistiche del Censis evidenziano che il 40-75% delle persone che si occupano dei malati con demenza soffrono di disturbi psicologici come risultato del loro lavoro di assistenza e che il 15-32% soffre di depressione. Come già evidenziato, la demenza ha costi economici molto elevati: in Italia quello medio annuo per paziente è di circa 60.000€. I costi diretti (acquisto di beni e di servizi) rappresentano il 25%, quelli indiretti (ad esempio, il familiare costretto a rinunciare al lavoro per assistere il familiare ammalato) il 75%. Sempre il Censis, nell’ultimo rapporto, ha tracciato un profilo dei malati di Alzheimer. Hanno un’età media di 78 anni; il 68% è costituito da donne. La metà sono coniugati e l’altra metà vedovi. Oltre l’80% di loro vive nella propria abitazione, curati da figli (64%) e parenti, soprattutto donne (il 76%). Quanto ai servizi, un paziente su cinque usufruisce dell’assistenza Domiciliare, socio assistenziale, integrata o di entrambe (il 18,5%, contro il 6,1% del 1999). Le ore di assistenza settimanali ricevute dai pazienti che possono contare su questo servizio sono mediamente 7,6, ripartite su una media di 3,3 giorni a settimana. Il servizio di Adi, o la prestazione socio assistenziale domiciliare, prevede per altro un costo per il 36,5% di quanti ne usufruiscono. Frequenta i Centri diurni il 24,9% dei malati anche se con grandi differenziazioni territoriali (30,0% nelle regioni del Nord Italia, 25,1% al Centro e 10,7% al Sud e nelle Isole). I pazienti che usufruiscono del Centro diurno vi si recano mediamente per quattro giorni a settimana, e per un numero medio di ore settimanali pari a poco meno di trenta. La quasi totalità delle famiglie che usufruisce del Centro Diurno (l’81%) deve sostenere i costi, in media circa 330€ al mese. Meno diffuso è il ricorso ai ricoveri. Se consideriamo l’attuale andamento demografico e il conseguente invecchiamento della popolazione, avvisa il Censis, possiamo prevedere che nel 2020 in Italia i nuovi casi di demenza saliranno a 213.000 l'anno, di cui 113.000 attribuibili all'Alzheimer. I dati del gruppo di lavoro dell’European Collaboration on Dementia (EuroCoDe) sull’impatto socioeconomico della demenza in Europa sono stati pubblicati sull’International Journal of Geriatric Psychiatry. Il costo totale della demenza in Europa nel 2008 è stato stimato in 177 miliardi di euro: nel nord Europa incidono di più i costi diretti mentre nell’Europa del sud sono maggiori i costi indiretti per l’assistenza fornita dai familiari.

Gli obiettivi specifici L’obiettivo principale della presente proposta riguarda la realizzazione di un servizio di monitoraggio della posizione, della postura e di altri parametri di una persona con difficoltà cognitive. In prima istanza ci si concentrerà su soggetti affetti dalla malattia di Alzheimer senza però perdere mai di vista la possibilità di estendere all’intera sfera delle difficoltà cognitive il servizio realizzato. Particolare attenzione sarà rivolta ai seguenti aspetti: • • • •

sicurezza del malato e supporto ai caregivers; supporto all’indipendenza nelle attività quotidiane; identificazione dei momenti di lucidità; riservatezza.

Scendendo maggiormente nei dettagli della proposta, si intende porre in essere le seguenti macro attività:


Individuazione/personalizzazione/realizzazione di un dispositivo indossabile equipaggiato con ricevitore GPS, sensore accelerometrico, interfaccia semplificata per la richiesta di soccorso e che sia caratterizzato da consumi e dimensioni massimamente ridotti e da un design che ne renda accettabile l’indossabilità e l’utilizzo. Realizzazione di un’applicazione web-based mediante la quale sia possibile gestire uno o più dispositivi, definire i percorsi e le aree safe per ogni soggetto da monitorare, accedere a uno storico di informazioni che consenta di monitorare le abitudini del soggetto per attuare possibili azioni correttive (ad esempio sul tema della deambulazione che dovrebbe essere quotidiana e di adeguata entità). Definizione di un’architettura generale di sistema che preveda, oltre agli elementi sopra indicati, un centro di monitoraggio/ascolto che si occupi di prendere in carico le situazioni di potenziale criticità e di tentare di portarle a soluzione senza necessariamente interessare la famiglia o i tutori della persona interessata. Realizzazione di un’esperienza pilota che dimostri la fattibilità e l’efficacia del sistema proposto.

Esistono oggi soluzioni tecnologiche simili a quella che qui viene proposta ma tutte sembrano essere troppo focalizzate sulla componente tecnologica e poco nella direzione dello sviluppo di un servizio che sia di reale utilità per le persone affette da difficoltà cognitive e per le loro famiglie. Proprio in virtù di queste difficoltà incontrate da iniziative simili poste in essere anche da grandi aziende con competenze pregresse nel settore, in questo progetto si intende coinvolgere massimamente la comunità dei familiari delle persone affette da difficoltà cognitive e quella degli operatori medici preposti alle attività riabilitative per questo tipo di patologie. Soltanto mediante una serrata collaborazione multidisciplinare sarà possibile mettere a punto una soluzione di reale efficacia nella quale la tecnologia sia al servizio della sicurezza, della presa di coscienza delle proprie, reali abilità, del mantenimento di stili di vita capaci di ritardare il decorso della malattia e del mantenimento di un ruolo sociale del malato il più al lungo possibile attivo.

Le competenze necessarie A una prima analisi, oltre alle competenze degli esperti del settore medicale di cui sopra, risultano necessarie per lo sviluppo del progetto competenze tecnologiche nei seguenti ambiti: • • • • • •

Sviluppo di sistemi HW/SW dedicati Realizzazione e montaggio/saldatura componenti per PCB Sviluppo di applicazioni SW per piattaforme web e mobile Fornitura di servizi di tele assistenza Progettazione grafica 3D per concept view del device Realizzazione di package per il dispositivo e assemblaggio meccanico dei componenti

Resta inteso che c’è completa apertura per l’integrazione di altre competenze che dovessero rivelarsi importanti per la buona riuscita dell’iniziativa.

Primo mercato di accesso abilitante per altri mercati Lo sviluppo di servizi di tele assistenza basati su componenti tecnologiche avanzate per i soggetti con patologie cognitive consente di poter disporre di una competenza e di una sensibilità facilmente indirizzabile verso un contesto applicativo non necessariamente caratterizzato da una patologia ma in continua espansione, il mondo degli anziani. In particolare, esiste un’analogia significativa tra le disabilità cognitive in fase iniziale e le difficoltà cognitive tipiche dei soggetti in età avanzata. Anche per questi ultimi è molto importante limitare al massimo la dipendenza dai familiari in modo tale da consentire loro una vita socialmente attiva, ritardando al massimo la fase in cui le necessarie cure e attenzioni da parte della famiglia creino in quest’ultima una situazione di grande difficoltà nella gestione delle attività quotidiane. Si ritiene inoltre che un test sul campo della soluzione proposta che ne dimostri l’affidabilità potrebbe essere un elemento importante per poter sensibilizzare gli operatori medici che, spesso a ragione, non ripongono fiducia nelle soluzioni basate su tecnologie innovative in quanto poco affidabili.


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