CAPITOLO 1
L’idea di una filosofia della rivelazione Alcuni anni fa, il celebre assiriologo Hugo Winckler dichiarò con risolutezza che «nell’intera evoluzione storica dell’umanità ci sono solo due visioni generali del mondo che si distinguano: quella antica, babilonese, e quella moderna, empiricoscientifica. […] La seconda – aggiungeva – è ancora in fase di sviluppo»1. Ciò implicava che la religione e la civiltà di tutti i popoli avessero avuto origine nella terra dei Sumeri e degli Accadi e, in particolare, che la religione biblica, nella forma del Nuovo e dell’Antico Testamento, avessero derivato il proprio materiale da quella fonte. Questo modello storico “panbabilonese” ha giustamente suscitato, a causa della sua natura sincretistica ed uniformante, un serio dissenso. Ma nell’affermazione secondo cui la visione religiosa del mondo soprannaturalistica sarebbe prevalsa universalmente tra tutti i popoli e in tutte le epoche fino ad oggi, e che soltanto negli ultimi centocinquant’anni questa avrebbe ceduto il passo, in alcuni ambienti, a quella empiricoscientifica, c’è indubbiamente un elemento di verità, se tale dichiarazione può essere presa in senso lato. L’umanità nel suo complesso è sempre stata, intimamente, soprannaturalistica. Né nel pensiero né nella vita gli uomini sono stati capaci di accontentarsi delle cose di questo mondo; hanno sempre concepito un “cielo” sopra la terra e, 1
HUGO WINCKLER, Himmels-und Weltenbild der Babylonier, Leipzig, 1903, p. 9.
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