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CAPODISTRIA

LA SLOVENIA, GLI SLOVENI E LA LINGUA SLOVENA

Ivo Andrić ha avuto stretti contatti con gli sloveni e la Slovenia. Il suo interesse per la cultura slovena iniziò al liceo, quando conobbe i poeti Oton Župančič e Josip Murn e iniziò a tradurre le loro poesie.

Durante la Prima guerra mondiale fu rinchiuso a Maribor; durante il servizio al consolato a Trieste fu testimone dell'oppressione italiana nei confronti degli sloveni. Nel periodo tra le due guerre e dopo la liberazione visitò spesso la Slovenia, viaggiò per tutto il paese e, in qualità di presidente di lunga data dell'Associazione degli scrittori della Jugoslavia, conobbe molti scrittori sloveni. Le sue opere furono tradotte in sloveno ed ebbero un grande impatto sui lettori, ancor prima di ricevere il premio Nobel.

Nel suo saggio "Vacanze in Slovenia", Andrić sottolinea la bellezza della natura, la freschezza delle acque montane e la cordialità della gente. Scrive che la Slovenia è un paese dove si può lavorare e riposare bene e ammirare le numerose strade e sentieri che ci ricordano di trovarsi tra persone laboriose e vivaci. Il rapporto di Andrić con la Slovenia fu ricco e pluriforme, segnato da interesse letterario, contatti personali e ammirazione per la sua cultura e natura.

IL RICORDO DI TRIESTE

da dicembre 1922 a inizio febbraio 1923

A Trieste, dove lavorava al consolato del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, il trentenne Andrić si sentiva molto male. Aveva iniziato a lavorare in inverno e per giunta malato. Dopo un mese e mezzo scrisse a un conoscente: "Da tanto tempo desideravo scriverti e avrei dovuto farlo. Ma anche l’inchiostro si è congelato con questa bora e il mio cattivo umore. Ho lavorato duramente questi due mesi. Il medico mi ha consigliato di lasciare Trieste immediatamente. Fortunatamente, mi hanno appena trasferito a Graz. Sarò lì intorno al 1° febbraio, non so se per andare al consolato o al sanatorio."

VACANZE SLOVENE Portorose 1973

Andrić approfittò della pausa invernale per visitare l'Istria slovena. Così soggiornò per quattordici giorni all'Hotel Metropol di Portorose da dove fece passeggiate ed escursioni giornaliere. Ammirava la vista dal famoso punto panoramico di Croce Bianca. Da lì si apre una splendida vista sull'intero golfo di Pirano con la penisola di Salvore sullo

sfondo, il golfo di Trieste e i monti Nanos, Čaven e in lontananza le Alpi Giulie e le Dolomiti. La costa slovena lo incantò con la sua bellezza naturale e storico-culturale.

Oltre alla bellezza della natura e dell'architettura gli piaceva anche il clima, poiché in Slovenia si sentiva sereno e rilassato, anche se a volte era ancora sopraffatto dalla malinconia ricordando la moglie Milica, recentemente scomparsa.

Gli piacevano anche le persone: la gente del posto, con cui amava parlare, dal personale dell'hotel ai giornalisti. Questi compresero il suo desiderio di passare una vacanza tranquilla, rispettando la sua privacy e non parlarono della sua permanenza a Portorose fino al suo ritorno a Belgrado.

LA MOSTRA NELLA BIBLIOTECA DI CAPODISTRIA

dal 24 dicembre 1972 al 31 gennaio 1973

In collaborazione con la Biblioteca nazionale e universitaria e la Biblioteca slava di Lubiana, nonché con le biblioteche di Fiume e Pola, le bibliotecarie capodistriane Branka Vilhar e Borica Arko allestirono una mostra su Ivo Andrić in occasione del suo 80° compleanno. Andrić si presentò alla mostra a condizione di farlo di nascosto dal pubblico.

Venne a conoscenza della mostra grazie alla bibliotecaria Miša Šalamun, amica di Ivan Bratko, guida slovena di Andrić, scrittore e pubblicista, nonché direttore della Casa editrice statale della Slovenia (DZS). Lo scrittore elogiò il prezioso lavoro dei

bibliotecari. Parlava lentamente e ponderatamente, la sua visita lasciò una forte impressione sui presenti. La sua visita lasciò un segno indelebile.

“Qui in questo angolo, proprio all’estremità del paese, c’è una mostra del genere!” raccontò a Bratko dopo la visita. "Sarebbe stato un peccato non venire!"

ANDRIĆ, VILHAR E LE PRIMORSKE NOVICE

Dopo la visita alla biblioteca, Srečko Vilhar, all’epoca direttore e fondatore della biblioteca di Capodistria, raccontò dettagliatamente la visita di Andrić al giornalista Vlado Rotar, l'autore dell'articolo sul giornale locale Primorske novice. Non capita tutti i giorni che un premio Nobel trascorra le vacanze in una località e visiti una mostra a lui dedicata! Ad Andrić, tuttavia, non piacque che si parlasse tanto della sua visita. Tornò a Belgrado con l'amaro in bocca.

NEL GENNAIO DEL 1973 CAPODISTRIA VANTAVA UNA NUOVA

ITINERANTE!

Srečko Vilhar:

» Con la biblioteca itinerante dimostreremo che sono passati i tempi in cui la nostra gente viveva in grande isolamento in villaggi remoti. La biblioteca itinerante non solo fornirà istruzione, ma creerà anche buonumore e gioia nel villaggio. Parlando con gli abitanti di diverse località, abbiamo scoperto che attendono con ansia la biblioteca itinerante, in quanto presagio di una vita più piacevole.«

TRAVNIK

Il primo panello:

„Vi è mai capitato che vi portino via tutto, ma cosa non si può portare via a una persona? - e che vi pongano una mano pesante e disgustosa sull’anima per togliervi la gioia e l'allegria di uno spirito libero; e l'animosità che rimane come ultimo disperato dono del destino, vi sia porata via per rendervi uno schiavo muto e silenzioso?"

I. Andrić, Ex Ponto – Nemiri, 1975.

"Capisco e comprendo la logica invisibile di tutti gli eventi nella vita di una persona."

Non solo con le parole o con i pensieri, ma con tutto il profondo del mio essere, avverto il meraviglioso e inesorabile equilibrio che regna in tutte le nostre relazioni.

Esiste una formula sconosciuta che determina la relazione tra la gioia e il dolore nelle nostre vite. La sofferenza e il peccato si completano come uno stampo e il suo getto.

"La vita ci restituisce solo ciò che diamo agli altri."

I.Andrić, Ex Ponto e Nemiri, 1975.

"Spesso siedo per ore e osservo i freddi colori autunnali. La pace di un destino che non può più essere cambiato mi gela l'anima e il viso.

Tutto dentro di me è morto; Mi sento bene così.

Non sento più alcun suono, la mia vista è morta. Tutto è rimasto dietro il grande cancello che si è chiuso silenziosamente alle mie spalle. Ho perso tutto e non sono più un uomo ma un pensiero inquieto e insonne che è sprofondato e indugia nel profondo, e sopra di me opache masse verdi di acqua, pace, distanza e oblio.

I.Andrić, Ex Ponto e Nemiri, 1975.

Il secondo panello:

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Džemal Bijedić, Presidente del Consiglio esecutivo federale e patrono del "Mese del libro" con Ivo Andrić

(2)

Ivo Andrić passeggiando per la città (Plava voda)

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Ivo Andrić svela la targa commemorativa nel luogo in cui nel 1706 Elči hadži Ibrahimpaša fondò la prima biblioteca pubblica in Bosnia

(4)

Cerimonia a Travnik in occasione del "Mese del libro", alla presenza di Džemal Bijedić, Hamdija Pozderac, Đuro Pucar, Mićo Rakić e altri ospiti importanti

(5)

Ivo Andrić pianta uno degli otto pecci di Serbia

(6)

Džemal Bijedić, Ivo Andrić e Ivica Blažević all'inaugurazione della Biblioteca per Ragazzi (7)

Cerimonia della campagna jugoslava "Il Mese del libro" davanti alla Biblioteca nazionale

(9)

Da sinistra verso destra: Džemal Bijedić, Ivo Andrić e Ivica Blažević (10)

Ivo Andrić firma un libro

ZAGREB

Il primo pannello: ANDRIĆ E ZAGABRIA

1912 – 1913

Inizia gli studi come borsista della Società culturale ed educativa croata Napredak presso la Facoltà di filosofia di Zagabria. Incontra Matoš, frequenta Čerin e la cerchia di giovani intellettuali che lo circondano. In seguito, continua gli studi a Vienna e a Cracovia.

1914

Pubblica sei poesie nella rivista di poesia Hrvatska mlada lirika. Viene a conoscenza dell'assassinio di Francesco Ferdinando e si reca a Zagabria, poi a Fiume e Spalato. Viene arrestato a Spalato in quanto membro del movimento giovanile nazionalrivoluzionario Mlada Bosna e trasferito nelle prigioni di Sebenico e poi di Maribor.

1915 – 1917

Viene internato a Ovčarevo, vicino a Travnik, dove incontra i francescani bosniaci. Nel 1916 viene trasferito a Zenica e l'anno successivo graziato. Si ammala e viene curato all'Ospedale delle Suore della Carità di Zagabria, dove incontra Ivo Vojnović. Intensifica il lavoro letterario.

Che anima poetica nobile e raffinata! – dice Vojnović di Andrić

1918

Il 1° gennaio, insieme a Niko Bartulović, Branko Mašić e Vladimir Ćorović, lancia la rivista Književni jug. Pubblica il suo primo libro, Ex Ponto. Frequenta Krleža e Jerolim Miše.

“Ivo Andrić, come afferma egli stesso, è venuto al mondo già un po' stanco. Attribuisce questo fatto all'atavismo. ...dolce e debole del corpo, con occhi sognanti e pensierosi, sembra davvero sentire nel corpo la fatica di molte generazioni. Del resto, non vi sono

altre tracce dell'ambiente bosniaco, motivo per cui ritiene che tutta l'eredità si sia concentrata in questa tradizionale tendenza bosniaca alla malinconia…”

Niko Bartulović nella prefazione dell'Ex Ponto.

Il secondo pannello: KRLEŽA E ANDRIĆ

Secondo quanto detto da Krleža a Enes Čengić, Krleža e Andrić si sono incontrati nel

1917 a Zagabria. Profondamente consapevole delle differenze di sensibilità, di orientamenti letterari e di visione del mondo, Krleža osserva: “Andrić e io siamo intrecciati fin da quando esistiamo ma non siamo legati per niente: due mondi completamente separati.”

La breve recensione Ivo Andrić: Ex Ponto, così come i successivi numerosi ricordi su Andrić nelle conversazioni Razgovori s Krležom di Čengić, testimoniano che Krleža apprezzava l'abilità letteraria di Andrić.

Andrić ha parlato di Krleža in diversi luoghi e in diverse occasioni, sempre in modo corretto e con rispetto. ” È sgradevole e mi dà fastidio che i lettori e perfino i critici letterari discutano su chi sia uno scrittore più grande: Krleža o Andrić? ... A nostro avviso, qui si discute poco di questioni letterarie... ciò che è in gioco, lasciatemelo ripetere ancora una volta, sono i meri desideri dell'intellighenzia piccolo-borghese. ... Perché solo uno di noi, perché non entrambi?... Lasciamo che ognuno pensi quello che vuole di noi due ma invece di Krleža o Andrić è meglio dire Krleža e Andrić.”

Ben presto la critica ha incominciato a paragonare Krleža e Andrić come degli antipodi e spesso i paragoni erano sfavorevoli per Krleža. Questa forma di paragone è stata ispirata dal testo Među časopisima di Dragutin Prohaska, in cui critica la menzogna letteraria croata come un'impresa nichilista che contrappone Andrić a Krleža. “Krleža era il mio poeta preferito prima che incontrassi Ivo Andrić. Oggi il mio amore e rispetto per entrambi è diviso Entrambi sono grandi talenti ma con una grande differenza: Andrić detesta gridare e accatastare parole inutili, mentre Krleža batte i tamburi e compone intere orchestre solo per dire un pensiero o due.”

Simili paragoni, che hanno accompagnato i due scrittori fino alla loro morte, hanno irritarono Krleža contribuendo al raffreddamento del loro rapporto.

Nell'elogio funebre di Andrić, Krleža afferma che con il suo premio Nobel, Andrić ha attirato l'attenzione della stampa internazionale non solo sulla sua opera ma anche sulla nostra narrativa contemporanea in generale e nel suo complesso e ha svolto il ruolo di degno rappresentante di una letteratura più o meno sconosciuta di cui, a partire dalla

Hasanaginica di Fortis (...), il mondo occidentale non aveva idea. Come sua più grande qualità indica lo stile e ribadisce che dovrebbe essere pubblicato uno studio sulle peculiarità dello stile di Andrić: come il suo adagio mite e timoroso fluisca ritmicamente in un andante più vivace, solo per calmarsi poco dopo, in una cantilena lirica di solitudine disperata. Si troverà una penna che libererà questo simbolista classico dal folclore decorativo e lo illuminerà con la luce della poesia pura con cui ha strumentato i suoi temi romanzeschi?

BELGRADO

Il primo pannello: ANDRIC. BELGRADO. LETTERATURA.

Non ho nulla da dire sulla mia opera letteraria che non sia già stato detto e noto.

Certamente, in essa predomina la Bosnia, la sua vita e la sua storia. Belgrado occupa un posto considerevole nelle mie opere. Ad esempio, nel romanzo Gospođica e in molti racconti più lunghi la cui azione si svolge interamente nell'area di Belgrado. E non c'è dubbio che sia la storia che la vita di Belgrado siano ricche di grandi temi letterari molto gratificanti.

Belgrado è stata, quindi, almeno in parte, l’oggetto diretto del mio lavoro letterario. Ed è certo che i molti anni trascorsi a Belgrado hanno influenzato il mio lavoro non solo in termini formali, ma anche nel contenuto. Quanto grande e quale sia questa influenza non saprei dirlo, e non spetta a me misurarla o determinarla, ma che esista è sicuro. Sono rimasto saldamente e indissolubilmente legato al mio paese d'origine, la Bosnia, ma il luogo della mia vita e del mio lavoro è stato Belgrado. (Questi due ambienti non si escludevano a vicenda in me, ma, al contrario, si completavano!) Si può dire che ho trascorso la maggior parte della mia vita cosciente a Belgrado; In ogni caso, è lì che ho scritto la maggior parte delle mie opere letterarie.

Ivo Andrić, Beogradske novine, 1954

“Era un grande jugoslavo. Durante la guerra si intrufolava nel suo studio in via Prizrenska e scriveva. Gli ho chiesto cosa stesse facendo e lui ha detto: "Aralica mio, quando siamo crocifissi, è difficile fare qualsiasi cosa".

Stojan Aralica (Foto)

“In particolare, subito dopo la liberazione di Belgrado, Roćko, Zogović e altri cominciarono a convincermi a pubblicare i libri che ero riuscito a scrivere durante l'occupazione. Ero un po' spaventato e insicuro. Io, tra l'altro, non ho mai avuto pace o sicurezza. Tuttavia, accettai di regalare ciò che avevo nella borsa: la Cronaca di Travnik, come vi ho detto, la diedi a Marko Ristić, a Radovan Zogović, che all'epoca era il direttore della "Prosveta" a Belgrado, il manoscritto di Il ponte sulla Drina, mentre il manoscritto del terzo libro, intitolato Gospođica, lo diedi a Marko Marković, il direttore di "Svjetlost" di Sarajevo. È questo il mio rapporto ... ”

Ljubo Jandrić, con Ivo Andrić: 1968-1975 (Foto)

Josip Broz si congratulò con Andrić per il premio Nobel solo tramite telegramma e non lo ricevette di persona prima di un anno dopo. Ritenendo che il "malumore" di Tito nei confronti di Andrić potesse essere politicamente dannoso, Dobrica Ćosić organizzò un incontro tra Tito e Andrić. Nei suoi appunti, Ćosić ricorda le parole di Broz: "Come diavolo posso fare?" Krleža si offenderà. Il premio Nobel avrebbe dovuto vincerlo lui, non Andrić. "E ora dovrei congratularmi con Ivo Andrić."... L'incontro durò un'ora, dalle undici a mezzogiorno, solo caffè e limonata, senza invito a pranzo. "Questo Andrić è un uomo molto modesto", riassunse Tito le sue impressioni a Ćosić alla fine del ricevimento.

Žaneta Đukić Perišić, Il cielo sopra Belgrado

(Foto)

L'ultima apparizione pubblica di Andrić, il 13 ottobre 1974 al Teatro Nazionale di Belgrado, quando lesse un estratto dal racconto "Zeko" durante una matinée letteraria insieme a Crnjanski, Selimović, Matić, Vuča, Ćopić, Popa, Raičković e Dždažić.

(Foto)

Il cielo sopra Belgrado è vasto e alto, mutevole ma sempre bello; nelle chiarezze invernali con il loro freddo splendore; durante i temporali estivi, quando tutto si trasforma in un'unica nuvola cupa che, spinta da un vento impazzito, porta con sé pioggia mista alla polvere della pianura pannonica; in primavera quando sembra fiorire con la terra; in autunno, quando il cielo diventa più denso e le stelle autunnali si riuniscono in sciami. Sempre bello e ricco, come un risarcimento per tutto ciò di cui questa strana città ha bisogno e come consolazione per tutto ciò che non dovrebbe avere.

Ivo Andrić, Gospođica

Il secondo pannello: ANDRIĆ. BELGRADO. VITA.

Sono quasi un vecchio belgradese... Sono arrivato a Belgrado per la prima volta prima della Prima guerra mondiale, come studente, quasi illegalmente. E ricordo anche Belgrado nei primi mesi del dopoguerra. Vi si accedeva passando per Zemun... E da Zemun in barca fino a Belgrado. Non c'erano ponti, quindi viaggiavamo quasi come l'arciprete Matija Nenadović.

Ivo Andrić

L'amore di Andrić per Belgrado è stato, pare, amore a prima vista. E amore per tutta la vita. Dopo i difficili giorni di prigionia a Maribor, la reclusione a Zenica e Ovčarevo e il soggiorno nell'Ospedale delle Suore della Misericordia a Zagabria, nei primi giorni di ottobre del 1919 il giovane scrittore si ritrovò in una città che sarebbe diventata una roccaforte sicura per gli anni della maturità, un luogo in cui avrebbe realizzato pienamente la sua personalità artistica, costruito forti legami sociali e formulato e consolidato la sua parallela carriera diplomatica.

Žaneta Đukić Perišić

Penso che non sia una coincidenza che Andrić sia diventato un vero belgradese. Ci sono persone che qui sono nate ma non sono appassionatamente legate a questa città.

Tuttavia, scelse Belgrado proprio nel momento in cui questa città era in rovina e desolata, subito dopo la Prima guerra mondiale.

Dušan Matić

Qualche tempo dopo la Prima guerra mondiale, a Belgrado, in una giurisdizione, mentre ero ancora studente, vidi e incontrai Ivo Andrić. In qualche ufficio, credo. E la mia prima impressione fu: che bell'uomo! Dignitoso. Mi è sembrato molto severo. Oggi lo definirei –ritirato.

—Desanka Maksimović

Amava immensamente la Bosnia. Ma lui stesso ha detto più volte: "Amo Belgrado, è la mia città".

Rodoljub Čolaković

I RECAPITI BELGRADESI DI ANDRIĆ

Andrić giunse a Belgrado nel 1919 e, fatta eccezione per una lunga pausa durante la quale fu all'estero come diplomatico, vi rimase per il resto della vita. Per anni visse come inquilino in vari indirizzi e per un periodo anche nell'Hotel Excelsior; solo all'età di 66 anni ottenne un appartamento tutto suo.

Dopo l’arrivo a Belgrado, visse a Terazije. "Mi sono sistemato qui e non mi sento bene." Sono un po' debole e raffreddato a causa del viaggio. La vita è molto rumorosa, il clima è rigido e i costi sono indescrivibili. Ma si può vivere. "Per ora il lavoro non mi preoccupa", scriveva all'amica Zdenka Marković a Zagabria.

A metà febbraio del 1920, iniziò a lavorare presso l'ambasciata del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni presso il Vaticano, per poi trasferirsi a Trieste, Bucarest e infine a Graz, dove rimase dal 1923 al 1924. Dopo il ritorno da Graz, lo scrittore visse a Belgrado per i successivi due anni, in un appartamento al numero 44 di via Kralj Milan.

Dalla metà degli anni Trenta alla metà degli anni Quaranta, Andrić visse come diplomatico in diverse città europee e durante i suoi brevi soggiorni a Belgrado soggiornò all'Hotel Excelsior. Dopo il suo ritorno dall'ambasciata nel 1934 e fino all'aprile del 1939, quando partì per Berlino, cambiò diversi indirizzi di residenza: Ulica kraljice Natalije 56, Čubrina 21a, Ulica Miloša Velikog 52 e Deligradska 30.

Dopo essere tornato a Belgrado nel 1941, visse come inquilino con il suo amico Brane Milenković, in via Prizrenska, numero 9/I. Vi rimase fino alla fine del 1958, quando, dopo aver sposato Milica Babić, si trasferì finalmente in un appartamento tutto suo, in via Proleterskih brigada 2a (oggi Andrićev venac 8). Questo fu il suo indirizzo di Belgrado per il resto della vita.

Marija Crnobori

Andrić amava molto il teatro. Probabilmente aveva portato con sé questa dedizione al teatro fin dalla giovinezza trascorsa a Zagabria. Assisteva soprattutto alle prove generali, meno spesso alle prime rappresentazioni. Il Teatro drammatico jugoslavo aveva un orientamento verso i classici, metteva in sena una selezione antologica di opere e lui sosteneva con tutto il cuore questa politica, questo orientamento programmatico della casa.

Velibor Gligorić

“Sì, mi piace lo sport. Di solito la domenica, o quando ho tempo, vado a vedere le partite dei piccoli club di Belgrado e osservo... Che ambiente! Penso che lo sport abbia catturato nelle sue tele l'anima dell'uomo moderno ed è di questo che bisogna scrivere.”

Ivo Andrić

L'autore fu un tifoso della Crvena zvezda e socio delle omonime squadre di basket e di calcio con tessera n. 4 e dal 1952 anche presidente onorario del club di pallacanestro. Assisteva spesso alle partite di calcio e alle partite delle squadre di basket maschile e femminile. Fu anche membro prebellico del club di canottaggio "Beograd", che dopo la guerra si sarebbe chiamato Club di canottaggio "Crvena zvezda".

Žaneta Đukić Perišić

Non potremo mai apprezzare abbastanza la preziosità di quegli edifici, nelle nostre circostanze spesso modesti, chiamati biblioteche...

Ivo Andrić

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