Confronto luglio 2018

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Anno 45 N°1 luglio 2018

Napoli:

un’ esplosione di culture e di vita

Arte e Natura:

mostre e itinerari naturalistici della Campania

Cultura:

Napoli – Cefalù: un ponte di dialogo teso e sotteso


Patria e nazionalismo che sono in molti a non capire che praticare il Nazionalismo mascherato da patriottismo, come sta facendo, e con successo, il governo in carica, significa ripetere gli errori che hanno portato Nazione contro Nazione e Uomo contro Uomo. E’ un pericoloso errore culturale che già ha causato milioni di morti durante la guerra 1915-1918. La spinta nazionalista e falso patriottica portò, dopo il 1918, alla instaurazione del

stanno cogliendo ingenui e abbondanti consensi, visto che anche tanti Paesi europei si stanno dirigendo nella direzione del più pericoloso Nazionalismo. Anche il “socialista” Mussolini fece percorrere questa via agli Italiani e trasformò il patriottismo in Nazionalismo. Noi dobbiamo saper tradurre in linguaggio popolare la necessità di tenere uniti il concetto di LIBERTA’ e quello di PATRIA. LIBERTA’ è il diritto di riconoscere che

Fascismo e del Nazismo in Europa, e a conseguenze ancora più gravi. Solo poche personalità si accorsero, in tempo, dell’errore culturale e filosofico che si commise distruggendo l’inscindibilità tra il concetto di Patria e quindo Nazione, dal concetto di Libertà. Quando questi due concetti fondamentali si professano separati e indifferenti l’uno all’altro, come sta avvenendo in Europa oggi, si arriva a quel nazionalismo miope e indifferente al profondo senso di Umanità che permea tutti gli uomini, chi con più coscienza e chi con meno coscienza. Allora ci furono forti personalità, dotate di quella cultura e quella sensibilità sociale che oggi vediamo assolutamente latitanti- e ci riferiamo al sinceramente liberale Giovanni Amendola, a Gaetano Salvemini, a Pietro Nenni,e ancora prima ,ai fratelli Rosselli, a Matteotti- che videro l’intera parabola che il Paese avrebbe percorso con il treno del Nazionalismo. Oggi, come allora, stanno coniugando il Nazionalismo truccato da Patriottismo e

ciascun individuo è limitato solo dai pari diritti degli altri, nel comune intento di perseguire la pacifica convivenza di individui e nazioni e sulla base di una necessaria organizzazione democratica dello Stato e del mondo. PATRIA E NAZIONE indicano, invece, i valori che appartengono a comunità omogenee, meno estese territorialmente, da coltivare e preservare come specifici prodotti di un certo percorso storico comune, quali la lingua , le tradizioni, gli usi e i costumi e quant’altro da consegnare a tutta l’Umanità: sono gli strumenti per riconoscere più facilmente, negli altri individui e nelle altre Patrie, come in noi, la nostra stessa Umanità e la nostra stessa aspirazione alla pace e alla solidarietà tra uomini e nazioni.

Sta

circolando in Italia un’aria di Nazionalismo fortemente truccato di forme di Patriottismo ma che di patriottismo ha solo l’ odore, teso, com’è, a coinvolgere emotivamente, a creare “l’altro da te”, il nemico da combattere, “il mostro”, “il pericolo” per farti entrare nel mondo dei “fortissimi deboli”, dei faziosi e degli isolati dalla realtà e dal mondo di giustizia e libertà, a cui tutti, con maggior coscienza o con minor coscienza, aspiriamo. Questa, purtroppo è la tendenza prevalente, ma noi non abbiamo la necessità di inserirci in questo sentire della maggioranza del mondo che ci circonda. Abbiamo il dovere di guardare a quello che può portare questa tendenza e a prospettare una più corretta interpretazione delle vere aspirazioni di ciascun membro della società umana.. Non possiamo non dolerci tutti di certi atteggiamenti di chiusura che altri Paesi europei stanno assumendo davanti a certi

fenomeni sociali, ma ci preoccupiamo

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SE VUOI LA PACE, ADOPERATI AD AFFERMARE LA PACE. Elio Notarbartolo


E’ ancora un valore l’italianità di Alitalia? Tutela

dell’Italianità, recupero della managerialità,protezione della mobilità nazionale, moralizzazione della gestione, riequilibrio dei conti, ripristino del ruolo trainante dell’economia (l’assetto orografico del Paese consente di affermare che esistono potenzialità di crescita ancora inespresse). Obiettivi difficili- ma con l’avvento della gestione commissariale erano state individuate molte aree di extracosti ed errori che funestavano la gestione, tra i quali: a) l’acquisto del carburante, compromesso da contratti “derivati di fuel hedging” che hanno annullato gli effetti della caduta del prezzo del greggio; b) la flotta di proprietà, ridotta da 118 a soli 15 aerei con massiccio ricorso al costoso leasing; c) i 12000 dipendenti che, quando erano in 20000,costituivano la primaria risorsa della compagnia e ora appaiono fardelli ostativi per una gestione equilibrata; d) la manutenzione degli aerei che costituiva elemento di prestigio e di sicurezza del volo: ora gli hangar sono vuoti a fronte di onerosi contratti con terzi; e) la svendita degli slot su Heathrow (riferisce l’Economist che Air France ha venduto un solo slot a Oman Air per 75 milioni di dollari, mentre Alitalia ne ha venduti ben 5 ad Etihad- l’azionista di riferimento che ha aggravato il dissestoper soli 60 milioni di euro). Eravamo, pertanto, in presenza di enormi aree di extracosti ( frutto anche

di conflitti di interessi e tutele clientelari) il cui recupero, pur complesso, avrebbe potuto riportare la gestione di Alitalia a livelli più competitivi. E, invece, è stata decisa la vendita della Società: essa potrebbe costituire un tragico shock per i lavoratori di settore,

per il mercato e per tutto il Paese L’Alitalia necessita di professionalità avanzate e indipendenti dalla “politica” che l’affranchino dal grigiore della gestione degli ultimi 20 anni. Venderla al miglioc offerente al “giusto prezzo”, nelle condizioni in cui è stata colpevolmente ridotta? L’Economia nazionale sta faticosamente ricominciando a salire. Non basta sapere che la liberalizzazione del trasporto aereo consente di offrire servizi a prescindere dalla bandiera del vettore per giustificare la definitiva colonizzazione: bisogna anche tener conto delle gravi conseguenze economico sociali, bisogna anche proteggere le aree

aereonauticamente emarginate che, senza l’intervento dello Stato, verranno abbandonate alla sola logica del profitto. Necessita un governo che sia in grado di proteggere le istanze legittime dei cittadini, che senta il dovere di valutare ogni possibile soluzione- ivi incluso il rafforzamento della partecipazione

pubblica Le responsabilità della “politica” sono gravissime (dal caso Malpensa alle successive iniziative, quasi sempre assunte con scarsa professionalità e senza etica). Prima di ripetere gli errori del passato,bisogna rivedere la decisione di vendere quel che resta di Alitalia. Le indicazioni di altissime personalità anche europee del settore e , forse, le esperienze vissute, possono consentire di fornire sommessi contributi, quali: il potenziamento degli Hub nazionali per il raggiungimento della cosiddetta “ massa critica” e il recupero del traffico che attualmente alimenta altri hub per voli intercontinentali (molti miliardi che vengono sottratti all’economia di settore); obiettivo raggiungibile anche con accordi con vettori low cost per il necessario fideraggio; la parziale rinazionalixzzazione di Alitalia a condizione di far riferimento a professionalità avanzate di settore,escludendo interessi clientelari; il recupero della dignità negoziale che abolisca le rendite parassitarie; il rilancio della partecipazione azionaria tra i dipendenti e criteri gestionali ispirati a scrupolosa meritocrazia; la trasparenza delle strategie economiche ( l’ultimo bilancio risale al 2015). In sintonia con le tante personalità che già si sono espresse allo stesso modo, affermiamo, in definitiva, che E’ GIUSTO NON ESSERE AVVERSI ALL’OTTIMISMO. Vincenzo Caratozzolo

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Le manifestazioni della settimana santa a Procida

Così,

anche quest’anno a Procida si è potuto assistere ai consueti riti della Settimana santa. Riti, nei quali l’intreccio

Viceversa, devo intrattenermi – e non poco – sulla processione del Venerdì santo – quella del Cristo morto e dei

fra religione ufficiale e pietà popolare è particolarmente intenso, a dispetto di quanti li avversano, soprattutto negli ambienti del clero, auspicandone magari l’estinzione. Non mi soffermo tanto sul corteo degli “Apostoli” – quello del giovedì sera –, che ha mantenuto una sostanziale identità a sé stesso, dopo la ripresa seguita alla sospensione di qualche decennio fa. Semmai, qualcosa da osservare può esserci sulla cena, che s’inframmezza al suo svolgimento, la quale ha perso il carattere penitenziale di un tempo (zuppa di lenticchie, cefalo grigliato, insalata).

Misteri –, che, per la sua impronta più marcatamente caratteristica, è quella che risulta più “indigesta” per il clero locale. Innanzitutto, il commissariamento della Confraternita dei Turchini, disposto nel settembre scorso, aveva fatto temere un passo indietro da parte dei gruppi che solitamente allestiscono i Misteri. Viceversa, quasi a voler sfidare il pesante intervento ufficiale della Curia, il numero delle “macchine” che hanno partecipato alla processione e la loro qualità non sono stati inferiori a quelli degli anni precedenti. Di cattivo gusto, semmai, si è rivelata la scelta di far sfilare, in luogo del Governo, ormai non più in carica,

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un gruppo di confratelli anziani per età – anziché per epoca d’iscrizione, come suggerito, con saggezza, dai commissari arcivescovili –. Parimenti, gl’interventi del Padre spirituale al microfono hanno disturbato non poco la tradizionale “chiamata” dell’ordine di sfilata dei Misteri, facendosi udire fino a oltre la sede della Confraternita, a un buon chilometro di distanza. Da ultimo, va stigmatizzata la difficoltà per la stampa di ottenere l’accredito per seguire le manifestazioni: chi scrive queste righe, al pari di altri colleghi, pur avendolo chiesto la sera precedente, ha potuto ottenere il contrassegno soltanto pochi minuti prima della partenza della processione dall’Abbazia, dai commissari, i quali ignoravano che ne fosse stata fatta richiesta. Né, altrettanto, può essere ritenuta accettabile la pretesa di preventiva autorizzazione, da parte della Confraternita, alla pubblicazione delle foto della processione, contenuta nel regolamento della manifestazione: si tratta, infatti, d’immagini realizzate nel corso dello svolgimento della stessa in luogo pubblico (o, magari, aperto al pubblico) e, dunque, liberamente pubblicabili. Per quelle che illustrano queste righe, dunque, non abbiamo chiesto alcuna autorizzazione. Ma tutto ciò, in definitiva, non importa: ciò che interessa è che questi riti di pietà popolare – che altrove hanno luogo senza la frapposizione di ostacoli – continuino ad avere svolgimento: è il segno, questo, che “c’è ancora tradizione”. Sergio Zazzera


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Registrazione n° 2427 Trib. di Napoli del 27/09/1973 Casa Editrice Ge.DAT. s.r.l. Via Boezio, 33 Napoli Attività di natura non commerciale ai sensi del DPR 26/10/1972 n° 633 e successive Stampa: AGN s.r.l. via Vicinale Paradiso 7 80126 Napoli

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Arte e storia L’artista

A Piet Mondrian il MA Movimento Aperto ha dedicato una mostra di diciannove artisti

Ilia Tufano nel suo Spazio in via Duomo, ha recentemente reso omaggio a Piet Mondrian con una folta Collettiva e con la presentazione del libro di Luigi Paolo Finizio “Piet Mondrian, Il Chiaroveggente” edito da Europa Edizioni nel 2016, destando curiosità e interesse negli storici dell’arte e in tutti i numerosi presenti. I diciannove artisti in mostra si sono lasciati ispirare, nelle opere presenti, a Piet Mondrian, e al suo movimento De Stijl che nel 2017 ha compiuto i cento anni, il famoso movimento artistico olandese di cui Mondrian fu il coofondatore con Theo van Doesburg, Bart van der Leck e Gerrit Rietveld . I diciannove artisti in mostra al MA, (Raffaele Boemio, Ugo Cordasco, Maria Pia Daidone, Edoardo Ferrigno, Aldo Fulchignoni, Antonio Izzo, Mario Lanzione, Nicola Liberatore, Enea. Mancino, Vincenzo Mascia, Enza Monetti, Carmen Novaco, Antonio Perrottelli, Marta Pilone, Simone Ricciardiello, Gianni Rossi, Ernesto Terlizzi, Ilia Tufano, Luigi Vollaro) hanno infatti seguito secondo la propria ispirazione e la propria tendenza i modi dell’arte di Mondrian, nel suo evolversi fino a

giungere all’astrattismo, dall’espressività della forma dei suoi numerosi alberi e nelle sue sagome ovali (ispirati in parte a Van Goog e all’Art Nouveau), alle sue “Composizioni con griglia”, lavori diffusi sia in Olanda che in Svizzera e in Svezia negli anni venti, conservati nella rivista “De Stijl”, oltre che nei suoi Taccuini, alle Composizioni con rosso e nero del 1929 create fin dai primi anni dieci del secolo. Il libro dello storico dell’Arte Luigi Paolo Finizio, di cui

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ho potuto leggere anche il Catalogo della mostra Madi, “Avanguardia a Napoli”, febbraio-aprile 2017, esposta alla Galleria San Carlo, esamina approfonditamente l’opera di Mondrian ma anche tutta la produzione dei primi quarant’anni del Novecento, sia in Europa che in America e degli interessanti percorsi artistici postimpressionisti in stretto contatto evolutivo fra loro. Mentre in Italia e in Francia, cubismo e futurismo erano ancora legati all’oggetto, alla natura, intendendo rendere il volume, mentre si evolveva, trionfando, l’espressionismo tedesco-belga- francese, con Munch e Kubin, Kandinsky, soprattutto quando si aggiunse al gruppo

Klee, inserendo con la sua levità espressiva, l’elemento temporale cui già avevano accennato i futuristi e i cubisti sentiti più vicini da Mondrian, Van Doesburg, Vantongerloo, che si protendevano verso la neoplastica, la concretezza astratta, bidimensionale, non desiderando creare le loro opere ispirandosi al mondo esterno, ma andando alla ricerca di forme pure, primordiali, concrete. Lo storico dell’arte ricostruisce per il lettore sia l’evoluzione di quegli anni sia il

percorso dell’artista che creò inizialmente alberi argentati e composizioni ovali, a Domburg in Olanda, prima di recarsi nel 1912 a Parigi dove conobbe il primo cubismo; tornato in Belgio più tardi manifestò la sua arte con “Composizioni con linee” e “Composizioni con piani di colore” (1917), espresse ancora nella rivista “De Stijl”, poi con “Composizioni con rosso, giallo, blu” dal 1921, definendo sempre i colori linearmente, in opere razionali. Negli anni della sua permanenza a Parigi, certamente ebbe contatti con Larionov, Malevic, Seuphor, Vasarely e Calder. Lasciò la città nel 1938 per recarsi a Londra e poi a New York dove le sue superfici razionalmente dipinte si frantumarono; si ampliò la gamma dei colori e il quadro apparve maggiormente dinamico come riscontriamo nelle opere degli artisti al MA, ispirati a quel periodo: Aldo Fulchignoni, Antonio Izzo, Enza Monetti, Antonio Perottelli, Simone Ricciardiello. Alle opere più attuali, degli anni in cui Mondrian visse tra Parigi e New York (1937-43) creando opere come “Composizione con giallo blu e rosso”attraversate da molte linee nere o anche colorate, sembrano ispirarsi ancora Aldo Fulchignoni, Antonio Perrottelli, Enea Mancino, Simone Ricciardiello. Alle opere dalle linee più morbide mi sembrano ispirate le plastiche di Luigi Vollaro, Antonio Izzo, Nicola Liberatore, Marta Pilone. In genere guardando le illustrazioni del libro, le varie Composizioni, note per essere state esposte in illustri Musei, sembrano aver offerto agli artisti in mostra gli spunti per le loro creazioni come a Maria Pia Daidone che sembra ispirata ad una Composizione con solo un piccolo accenno al rosso ed Ilia Tufano che si è certamente ispirata alla Composizione Fox Trot, a losanga del 1929, lasciando


come base un suo personalissimo fondo. Contemporaneamente a Monndrian il Chiaroveggente si diffondevano in Europa ed anche in Italia incalzanti ricerche: Gli anni quaranta furono anche gli anni della nascita, tra Milano e Como, de il MAC cui aderì il “Gruppo Sud “ nato a Napoli attorno a Pasqale Prunas (diviso tra gli astrattisti Barisani, De Fusco, Tatafiore e Venditti e i neorealisti De Stefano, Florio, Lippi, Montefusco e Tarchetti) e in Puglia dove lo stesso Prunas fondò la rivista “Sud”che sostenne il gruppo. Molto lontano, poco più tardi sarebbe nato un nuovo movimento il “Madi” (Materialismo Dialettico), nel 1946, a Buenos Aires, per opera dell’artista uruguaiano Carmelo Arden Quin che aveva studiato il concretismo astratto e il costruttivismo partendo dall’astrattismo geometrico di Kandinsky e di Mondrian, con il desiderio di creare un oggetto autonomo “vero in sé” che conducesse alla cooperazione di tutte le arti convergenti nella architettura. I principi del Movimento furono espressi nella unica edizione della Rivista “Arturo” fondata da Arden Quin, Torres Garsia, Gyula Cosice: in cui venivano rifiutati il

primitivismo, il realismo, il simbolismo. Il movimento si diffuse in Europa quando Arden Quin si trasferì a Parigi nel 1948. Nel 1953 il gruppo occupò già una Sala alla Sorbona con la conferenza introduttrice di Arden Quin che subito dopo ritornò in Brasile con una mostra al Museo di Arte Moderna di San Paulo. Il Madi Italia venne invece fondato nel 1984 a Genova da Salvador Presta dopo molti anni da una esposizione Madi a Firenze nel 1955. Gli artisti Madi sostituiscono al piano tradizionale della tela il coplanal, ossia la contemporaneità dei piani in cui Rosario Pinto, curatore del Catalogo della mostra “Al Blu di Prussia” del 2009, mise in evidenza come la prospettiva madi a tutto tondo, rispetto alla dimensione “planista” dimostrasse l’aspirazione alla costruzione di un’opera d’arte totale. La recente mostra, di febbraio-aprile,“Avanguardia a Napolidalla Galleria San Carlo all’Internazionale Madi” illustrata in Catalogo da Luigi Paolo Finizio, che espone gli artisti Alberto Lombardi, Enea Mancino, (in mostra anche al MA con un’opera vicina a quelle di Fulchignoni, Novaco e Rossi ispirati alle “Composizioni con piani di colore”), Renato Milo, Antonio

Perrottelli, ci chiarisce il movimento, già apparso a Napoli nel 2009 con numerosi artisti in mostra “Al Blu di Prussia” e al Maschio Angioino evidenziandone la propensione geometrica. I contatti di Mondrian, come abbiamo potuto constatare non erano stati pochi ed avevano influito sulle riflessioni e l’arte dei numerosi artisti operanti nei primi anni quaranta, si conclusero a New York con la sua creazione “Victory Boogie Woogie”, incompiuta, conservata in una collezione privata, realizzata dopo che l’artista ebbe frequentato proprio a New York il circolo artistico di Peggy Guggenheim e vi ebbe osservato le opere di Jackson Pollock che lo colpirono. Le creazioni degli artisti in mostra al MA, riferite al percorso mondriano, de Stijl riflettono dunque l’evolversi dell’arte nei primi quarant’anni del Novecento alludendo ai numerosi contatti che consentirono il crescere delle idee senza escludere alcun movimento. L’Arte “mondriana” è ancor oggi molto seguita, a mio avviso, soprattutto nelle linee geometriche e nei colori decisi, anche nelle attuali formule pubblicitarie televisive. Maria Carla Tartarone

Arte: “Nel nome della madre” mostra di Adele Ceraudo al Pan di Napoli Accurata

studiosa del corpo umano, ridato attraverso un disegno attento e valorizzato da un sapientissimo impiego del chiaroscuro, Adele Ceraudo, nella mostra al PAN, curata da Daniela Wollmann, esprime sensazioni e sentimenti, specialmente del mondo femminile, rivendicando, per esso, antiche usurpazioni ereditate, dall’uomo anche contemporaneo, dalla profonda cultura , preistorica e storica, oltre che dal linguaggio di tante religioni che deformano la visione del mondo, della società, e dell’individuo, ancora oggi. Con i suoi strumenti grafici, la Ceraudo restituisce, con schiettezza, al mondo la sua ambigua, doppia sensualità esaltando i richiami omo ed eterosessuali di cui è ricco il corpo femminile. La sua arte non si sottrae,però, anche al dialogo psicologico con tanti personaggi che inverano una interessante galleria di artiste, scienziate, scrittrici e, specialmente, donne più o meno illustri a ricordare il forte contributo di autocoscienza che le donne hanno donato all’umanità. Per la stessa ragione, ella ritorna a rivendicare la capacità vivificatrice della

donna che Michelangelo aveva affidato ad un Dio maschile, e il diritto all’altra metà del cielo, che Leonardo aveva fatto occupare tutto, dall’uomo vitruviano. E’ essenziale il linguaggio della Ceraudo nelle sue proiezioni artistiche che, deliberatamente, rinuncia alle tentazioni naturali dell’arcobaleno, per affidarsi, quasi totalmente, ad alcuni toni di rosso e al molto, moltissimo chiaroscuro. Con essi, solo con essi, ella riesce a trasmettere tanto, tentando, addirittura, di incollare in una immagine stereografica, l’estasi sessuale, il desiderio del piacere, o il mistero dell’amore.

E’, ella stessa, il personaggio interessante, che sa di essere un artista non banale, che sa emozionarsi e sa trasmettere e indurre emozione. Grazie anche alle attente cure espositive e organizzative di Daniela Wollmann, Napoli, può, perciò, ben sentirsi onorata di aver ospitato, al PAN, la mostra “NEL NOME DELLA MADRE”, un vero e proprio evento sono sul linguaggio artistico “antico/modernissimo” che la Ceraudo ha fatto già conoscere in altre parti, non solo d’Italia. eNNe

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Storie

Passeggiare per Napoli: curiosità storiche

Quando da piazza Trieste e Trento si

accede alla Piazza del Plebiscito ci si trova davanti ad un imponente e maestoso palazzo che domina la piazza. E’ il palazzo reale che fu realizzato nel 1600 per volere del vicerè Fernando Ruiz de Castro. Fu progettato dall’architetto Domenico Fontana e poi rifinito da Luigi Vanvitelli e da Gaetano Genovese. Lungo la facciata esterna si possono osservare otto maestose statue dei sovrani che regnarono a Napoli, collocate all’interno di altrettante nicchie nel 1888, su ordine di Umberto I di Savoia. Le statue sono posizionate in ordine cronologico. Si possono ammirare, da sinistra verso destra, le statue di Ruggiero il Normanno, primo vero re di Napoli, Federico di Svevia, Carlo I d’Angiò, Alfonso V d’Aragona, Carlo V d’Asburgo, Carlo III di Spagna, il francese Gioacchino Murat ed infine Vittorio Emanuele II che non fu mai re di Napoli ma d’Italia. E tutti i re della dinastia borbonica? Bisognava cancellarli in modo che i Napoletani li dimenticassero. Ma poteva il popolo dimenticare le tante realizzazioni fatte, i tanti primati conseguiti sotto quei re? Queste scelte, insieme a tante altre, è solo la voglia savoiarda di infognare la memoria a tutti i costi. Tra le altre cose disoneste che essi fecero fu quando fecero apporre alcune grosse lapidi sullo scalone del palazzo reale a raccontare un storia bugiarda allo scopo

di dare una versione ufficiale congrua alle loro volontà di invasori. E a nascondere le vere intenzioni dei Piemontesi e di Cavour. Fu un atto criminale nei confronti della cultura e della verità storica. I Piemontesi

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invasero, non vennero a liberare i Napoletani dalle sofferenze il popolo meridionale, anzi le aumentarono. E non è nemmeno, poi, tanto vero che la classe dirigente napoletana fosse stata insensibile alla cultura e al progresso: lo attestano tante iniziative come quella di riunire, nel reale museo archeologico , in un unico edificio l’Università, il museo e la biblioteca. Fu una grandiosa e illuminata intuizione dello stesso Federico IV che ordinò la ristrutturazione dell’edificio, unico nel

proteste di papa Pio VI. Si deve, quindi, a Ferdinando IV di Borbone l’arricchimento del patrimonio archeologico del museo nazionale di Napoli, ove oggi si può visionare lo stupendo, mitico Ercole Farnese, dal fisico possente, che nasconde i frutti nella mano destra. La collezione rinvenuta nelle terme di Caracalla: in un primo momento, andò ad arricchire la collezione di Paolo III Farnese per poi essere trasportati da Campo dei fiori a Napoli, prima attraverso il Tevere, poi con la

suo genere in Europa, per destinarlo integralmente alla cultura. All’apertura del reale museo, Ferdinando IV, ad onta di quanto fu detto in seguito, dimostrò tutto il suo attaccamento alla città di Napoli rinunciando alla proprietà privata dell’eredità Farnese e trasferendo al museo la collezione di dipinti, camei e

nave fino a Mergellina e poi, con carri trainati da buoi, fino al Museo. Museo che divenne ancora più importante quando accolse i rinvenimenti più prestigiosi di Ercolano e Pompei. La memoria dei Borbone potè, forse, essere attenuata , ma non si poterono occultare i risultati di una forte politica antimeridionalista, lontana dalla realtà. Quella storia ha determinato la denigrazione del Sud d’Italia, ancora oggi passa per tutte le scuole della penisola e solo alcuni storici hanno avuto ed hanno il coraggio di correggerla. Ancora oggi quelle informazioni distorte vengono lette in chiave di inferiorità etnica. Nasce così la teoria delle due Italie: l’ operosa, celtica gente del Nord che si attesta da Roma in su, contrapposta alla barbara, sudicia, ignorante gente del Sud che troviamo, tuttora, persistente. La verità? Ce la dice Antonio Gramsci: “ Lo Stato estorce alle regioni meridionali una somma di imposte che non restituisce in alcun modo. Somma che lo Stato usa poi per dare una base al capitalismo settentrionale. Raffaele Bocchetti

tesori vari che suo padre custodiva nella residenza reale di Capodimonte. Ma l’azione più intelligente la compì quando, con raffinata abilità, mise a segno un colpo magistrale: riuscì a strappare alla tutela di Roma, la collezione Farnese e a trasportarla a Napoli, nonostante le


Il carrubo e la invenzione dei “carati” Le carrube vengono date per alimentazione ai cavalli e agli asini. Sono parecchi anche gli uomini che trovano gustosi i baccelli disseccati di questo albero: hanno un sapore zuccherino, un po’ vicino a quello della cioccolata di cui condividono il colore. Incredibilmente, i semi contenuti nel baccello del carrubo ,che esso sia cresciuto poco, che esso sia cresciuto fino a 20 centimetri, sono tutti uguali tra loro, avengo peso, grandezza e forma identici. Per questa ragione, essi furono usati, in passato, come unità di peso nel commercio dell’oro e delle pietre preziose. Il seme di carrubo veniva chiamato “Keration” dagli antichi Greci, e, dal suo nome greco, venne chiamato carato anche in Italia. Il carato, oggi ,sta ad indicare il “titolo” dell’oro, cioè il numero di parti di oro contenuti in 24 parti di lega di oro ( oro

climi caldi: perciò è molto diffuso nel Mezzogiorno d’Italia. Il suo frutto è un baccello di lunghezza fino a 20 cm che, da verde, diventa color marrone nella maturazione: è impiegato come foraggio per cavalli e, in farmacopea , è usato come antidiarroico e contro le infezioni intestinali.

e impurità dell’oro). Infatti, l’oro non si trova puro in natura. Se, quindi, sentite parlare di di “oro a 24 carati” significa che tutte le parti del pezzetto di oro che state acquistando, è fatto solo di oro purissimo Il carrubo è un albero che ama i

Animali, mosche e madonne

Nella nostra storia e nel nostro processo

di civilizzazione, gli animali hanno avuto sempre un importantissimo ruolo. Onnipresenti, sin dalla preistoria: nei i miti e nelle divinazioni, nell’’arte e nella filosofia, fino a giungere al Medioevo, dove la natura è considerata solo opera, gloria e onnipotenza di Dio. Nella società prevalentemente pagana, ma impregnata di Ebraismo da Vecchio Testamento, vigevano ancora leggi che vietavano la venerazione delle immagini sacre. La Chiesa dovette, allora, adottare il sistema del simbolismo per l’identificazione della propria religione. Simbolismo astratto con disegni di: croce (amore di Dio), pesce (un animale che non annega simbolo di Cristo, che può entrare nella morte restando vivo). o figurato con gli animali (solo i volatili identificati nell’immagine di Cristo) “colomba” segno di pace, “pavone” la Resurrezione, “ pellicano” a rappresentare Cristo; la iena, la scimmia, il lupo, la volpe, la balena, il drago, erano simboli del demonio e dei suoi derivati. Un vero universo di simboli divini. Per poterli interpretare, decodificare e ricostruirne il significato delle immagini, nacquero testi di carattere allegoricomorale i Bestiari, con descrizione di animali reali ed immaginari, con loro

caratteristiche fisiche, comportamentali: Il cane fedele, la volpe cacciatrice, la lepre veloce, l’asino pigro e testardo, il coccodrillo ‘immagine d’ipocrisia, le sirene creature malvagie e infide. L’immaginario medievale, fu profondamente impressionato dal mondo naturale, dal cielo, dai fenomeni atmosferici, dagli animali. Ognuno di loro comunicava un messaggio relativo alla morale cristiana ed era in grado di indicare all’uomo i giusti comportamenti da seguire e le cattive abitudini da abbandonare. Punire gli animali per aver violato la legge, rientrava nelle norme comportamentali medioevali che si attenevano alle usanze antiche bibliche. Non furono soltanto i quadrupedi a trovarsi in difficoltà con la legge. Nella categoria dei rei, rientrarono: mosche, locuste, maggiolini, bruchi, talpe, topi, maiali. I tribunali di varie nazioni :Francia, Italia, Svizzera processarono e condannarono maiali, cani, ratti, cavallette e lumache. Questi processi erano di due tipi: “secolari” riguardanti animali colpevoli di aver mutilato o ucciso esseri umani; e “ecclesiastici” riguardanti animali come topi e locuste scomunicati per aver devastato o compromesso raccolti. Con il mandato di arresto, il carcere

preventivo, la traduzione in giudizio, l’escussione delle prove e la requisitoria, con il coinvolgimento di veri giudici, veri boia e vere esecuzioni, si concludevano i processi agli animali. La pena capitale, poi, rappresentava non solo un carattere simbolico, magico, rituale, ma veniva considerato, anche, un ripristino dell’ordine cosmico alterato. Nel periodo dell’Inquisizione, anche gli animali, come le streghe, servirono da capro espiatorio per placare una situazione strutturale di insicurezza. Nel 1587 un gruppo di scarafaggi fu portato in tribunale con l’accusa di aver

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rovinato un vigneto. Il processo si svolse con tutti gli onori del caso: furono presentate prove e testimonianze da entrambi le fazioni. Poi assolti per insufficienza di prove in quanto insetti volevano solo nutrirsi. In tutta l’Europa fino ad arrivare al 1750. A Napoli la costante reazione anticlericale vide uniti, come mai prima, popolo, nobili e ceto togato, che impedì addirittura alla Inquisizione di operare in città. In quel periodo Napoli subì una grossa

invasione di grosse mosche provenienti dalle paludi napoletane al Pascone che devastarono tutti i campi. Il popolo, devoto e superstizioso, si rivolse alla Vergine di Costantinopoli, per ottenere la grazia. Avvenne il miracolo: le mosche abbandonarono i campi. Ottenuta la grazia, il popolo si adoperò per tramandare il prodigio ai posteri con un dipinto della Madonna, che venne chiamata delle Mosche, alias S. Maria di Costantinopoli .

Ancora oggi, questa Madonna è molto venerata a Napoli, particolarmente il martedì dopo la Pentecoste. Nel dipinto, la Madonna è mostrata come Regina degli Angeli e dei Santi ed, in mezzo al gruppo, si trovano dipinte 9 mosche, alcune sulla nuvoletta che sorregge il trono ed altre nel cielo oscurato dalla nebbia. Silvana D’Andrea

Un bizzarro “napoletano” di tanto tempo fa Lucullo: papiri, pesci, e percoche Lucio Licinio Lucullo è famoso per i

suoi banchetti, che facevano morire di invidia i suoi contemporanei di 70 anni prima di Cristo. Noi lo vogliamo ricordare per tanti altri meriti: specialmente per i libri che era andato raccogliendo in Asia, in Grecia e a Roma e che aveva, poi, portato, a Napoli per aprirvi una ricchissima biblioteca di papiri, tanto da costringere i suoi contemporanei dell’ultimo periodo repubblicano a riconoscere Napoli come “Docta Parthenope”. Questo merito gli è dovuto nel momento che, oggi, Napoli ha espresso la volontà di ridiventare una capitale del Libro, dopo il successo del Salone dedicato al libro e organizzato nel convento della chiesa di S. Domenico. E a Lucullo dobbiamo il fatto che Napoli fu il punto di Europa dove per prima fiorirono ciliegi e percoche.

Dove infatti attecchi la “praecox” la percoca se non nei magnifici giardini di

Pizzofalcone? Ancora oggi,la percoca è un monumento della vita popolare a Napoli, dove, con solennità e allegria, ogni estate viene sposata al vinello fresco. Di lui, dell’importatore raffinato di frutta esotica, nessuno si ricorda più. Si ricordano di due cose: che fu un grande condottiero ( e più di tutti, se ne ricorda il povero Mitridate re del Ponto) e che fu un formidabile imbanditore di banchetti ricchissimi e raffinati. Per Napoli, è stato di più: tra le altre cose, anche un eccellente urbanista. A lui i Napoletani devono una parte di via Chiaia ( l’altra parte la devono ai

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virulenti torrenti che scendevano dal Vomero dopo i temporali, attraverso quelli che, oggi, sono i gradoni di Chiaia e via S.Caterina da Siena, per riversare la loro acqua nella zona portuale che, allora era l’area dell’attuale palazzo reale e del Maschio Angioino. Che fece il nostro concittadino? Tagliò la roccia di tufo e creò un canale che deviasse l’acqua dei torrenti e la collegasse al mare in modo da portare anche l’acqua marina fino alle piscine da lui scavate sotto quello che oggi conosciamo come Palazzo Cellammare. Qualcuno che legge, si ricorda del cinema Metropolitan? Che belle “piscinae”,dovevano essere, al tempo dei Romani quei locali sotterranei. Quanti pesci, murene, saraghi e orate si allevarono comodamente lì dentro, con il ricambio di acqua marina che si poteva facilmente fare ogni giorno. Lucullo si costruì due ville a Napoli: il Lucullano Maggiore sulla collina di Pizzofalcone, e il Lucullano Minore dove oggi e castel dell’Ovo. “Docta Parthenope” gridò per questo esimio concittadino e per la sua biblioteca, l’intero mondo greco e latino. “Docta Parthenope “ ripetiamo noi dopo che i Napoletani hanno voluto celebrare la apertura di un nuovo Salone del Libro a Napoli. eNNe


Massa Lubrense, la Campanella e Mirichicchiu Sono

infiniti gli esempi storici del cambio di destinazione da antichissimi templi pagani in chiese cristiane. Tempietto, in Latino si dice anche “Delubrum” e la chiesa che sorse sopra il tempietto dedicato a Minerva fu dedicata a Maria della Lobra. La punta estrema della costa sorrentina gli antichi Greci l’avevano dedicata ad Athena, e i Romani alla stessa dea che,però, loro chiamavano Minerva. I Longobardi favorivano la nascita di piccoli villaggi decentrati rispetto alle città: per loro, si creava una “Mansa”. Mansa divenne col tempo Massa e, in quanto prossima alla chiesa di Maria della Lobra, si ebbe Massa Lubrense. Sorgeva in un punto strategico per l’osservazione del golfo di Napoli e di quello di Salerno e, proprio alla punta della costa sorrentina, gli uomini del Medioevo vi misero una campanella di segnalazione degli accostamenti di navi sospette di pirateria Re Roberto d’Angiò vi fece costruire la torre Minerva nel 1335

che fu potenziata nel 1566, il secolo delle razzie turche su Ischia, Procida, Sorrento, e le Calabrie. I Saraceni avevano già saccheggiato

Sorrento nel 1558, pochi anni prima,e , arroganti come erano, avevano smontato la campana della chiesa di S. Antonino e se la erano issata a bordo, pesante come era.

la allibrarono ( allibrare , in termini marittimi, significa gettare a mare). E’ così che, ogni tanto, dalla costa del monte San Costanzo, si sente, di tanto in tanto, il suono di una campana provenire

Giunti alla punta della Campanella, il vento calò di botto, e la feluca che portava il pesante fardello si fermò del tutto. Le altre feluche si allontanavano e, dalla costa si vedeva che i Sorrentini armavano una loro nave per dare addosso alla feluca

dal mare! Ma monte San Costanzo è noto anche per un altro rumore, che compare e scompare di notte: c’è un fantasma, lo chiamano Mirichicchiu( piccolo medico in vernacolo). Lo hanno visto con una lanterna in mano alla ricerca delle sue ossa. Lui era il medico dei duchi di Sorrento e partecipò ad una congiura contro i suoi signori. La congiura fallì, il merichicchu fu decapitato e le sue ossa , essendo stato lui un traditore, furono sparse sul monte San Costanzo Merichicchiu si stanca spesso e va a rifocillarsi nelle case che incontra: se non trova il desinare di suo gusto sporca tutto e butta all’aria i mobili. Gli è rimasta la paura del suono delle campane. Se avete necessità di andare di notte su monte San Costanzo, portatevi una campanella.

ferma. Anche i Saraceni avevano riflessi pronti: unica cosa da fare per loro era liberarsi della campana, e, a malincuore,

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Libri Arriva in libreria “Diario di un bastardo su Tinder” L’intrigante,

dico, è già domani. E tu stai andando via”.

erotico, godibilissimo libro di Ciro Zecca, pubblicato da Marlin Editorearriva in libreria. Ci sono letture estive capaci di scaldare ancora di più una calda estate. Libri dalla scrittura fresca e accattivante che non si fanno mollare finché non li hai goduti fino in fondo, una volta che li hai portati con te sotto l’ombrellone. È il caso di “Diario di un bastardo su Tinder” recentemente pubblicato da Ciro Zecca per Marlin Editore. Eccitante, ironico, erotico, dal piglio veloce come la comunicazione moderna impone, il libro racconta gli incontri amorosi di un giovane uomo detentore di ciò che più intriga una donna: la capacità di desiderarla. E nulla come questo scatena, a sua volta, il desiderio in lei. E qui entra in gioco l’altra e fondamentale capacità dell’io narrante: quella di appagare questo desiderio. Come, dove, e quando avviene tutto questo? In un virtuale che si fa subito reale, quello di Tinder, un’applicazione per incontri online collegata a Facebook. Appuntamenti, volti, corpi, storie, paure, orgasmi: un vortice travolgente, intrigante, a volte pericoloso, sempre adrenalinico. La scelta e il gioco di dare

L’autore Ciro Zecca, di Sondrio, vive a Roma. E` sceneggiatore cinematografico di Quel bravo ragazzo (Medusa film) e Ci vuole ico (Rai Cinema).

corpo al corpo; il timore, l’autodifesa, di non dare mai corpo ai sentimenti. Tutto in uno stile compiuto e disinvolto, evocativo e semplice. L’amore? L’amore è un’altra storia. E va bene così. Scrive Zecca: “Ci mangiamo, per scomparire insieme, per inglobare le nostre inquietudini, lottiamo l’uno dentro l’altra confondendo le nostre paure, approfittiamo di questo viaggio gratis nel corpo di un altro guerriero disarmato. Peccato che domani vai via. Anzi, cosa

Ciro Zecca “Diario di un bastardo su tinder” Marlin editore, pp 158- € 13,90 Disponibile anche su amazon e su www.marlineditore.it/

Musica JazzinLaurino, XVI Edizione 10-14 agosto 2018

JazzinLaurino, il festival & workshop nel

cuore del Parco del Cilento, si svolgera’ quest’anno dal 10 al 14 agosto. La manifestazione curata dall’Associazione Culturale Liberi Suoni, giunta alla XVI Edizione, trasformerà per cinque giorni Laurino, come ormai consueto, nella cittadella del jazz con workshops, concerti ed eventi dedicati alla musica creativa. Grande protagonista della XVI Edizione sarà il concerto “Red in Blue, Le canzoni della nostra vita” di Red Canzian, diretto da Stefano Fonzi con 30 professori d’orchestra e trio jazz composto da Phil Mer (batteria e percussioni), Andrea Lombardini (basso elettrico), Claudio Filippini (pianoforte) e guest star Chiara Canzian. Il concerto si svolgerá nella

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suggestiva Piazza Santa Sofia a Laurino lunedí 13 agosto alle ore 21,30 e sará a pagamento (30 Euro) con prevendite online su www.jazzinlaurino.it oppure presso tutti gli sportelli BCC Montepruno di Roscigno e Laurino. La banca BCC è, infatti, il partner, insieme al Comune di Laurino, di questo evento straordinario. L’apertura del festival, venerdí 10 agosto,

alle ore 22 (ingresso gratuito) in Piazza A.Magliani, vedrà protagonisti i musicisti del liceo musicale Alfano I di Salerno diretti dal Maestro Giuseppe Esposito con il loro ensemble e la partecipazione straordinaria del duo Dual-mente con Fabio Schiavo che accompagnerá al pianoforte la bellissima voce di Maria Teresa Petrosino che presenteranno il loro CD.


Personaggi illustri del Vomero

Alighiero Noschese

Fu

Leopoldo Fregoli (1867-1936) che riportò in auge un’intera tradizione di Teatro popolare a Napoli. Attore di varietà dal sorprendente trasformismo con gli inimitabili successi, peculiarità unica di macchiette del soggetto di turno, dettò una particolare scuola teatrale dalla quale nacquero ed attinsero generazioni di mimi ed attori tra i quali il nostro Alighiero Noschese. Questi, sin dalla tenera età manifestò esclusiva vocazione di teatrante esibizionista nel riprodurre in senso grottesco chiunque colpisse la sua fantasia. A scuola irrideva i compagni dalle caratteristiche anomale, e alcuni insegnanti che con celata accondiscendenza, mal sopportavano le sue esilaranti esibizioni. Nato al Vomero, a 10 anni la famiglia si trasferì a S. Giorgio a Cremano dove, durante alcuni esami universitari (diritto ecclesiastico e filosofia del diritto), imitò alla perfezione Totò ed Amedeo Nazzari, riscuotendo la ilare approvazione dei docenti, che lo incoraggiarono alla carriera giornalistica che però ebbe modesti esiti. Fu notato ed apprezzato da funzionari dalla RAI che lo accolse nella Compagnia di prosa, quando espresse la sua verve di attore in trasmissioni di successo con la squadra di Billi e Riva, e Tino Scotti, in spettacoli come “Scanzonatissimo”, “Doppia Coppia” e altri varietà. Nel 1969 Alighiero Noschese potette imitare alla perfezione personaggi politici, che accolsero positivamente le

performances, come quella magistrale dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, suo ex docente di giurisprudenza che lo spinse a proseguire nella sua vera vocazione di artista.

Ciò costituì il viatico nella proposizione artistica di personaggi più disparati che, dato l’enorme successo pubblicitario del mezzo televisivo, addirittura sollecitavano l’artista a segnalarli in siffatte esibizioni per ovvie considerazioni di notorietà. Egli ne decantava manie e comportamenti in senso comico, satirico, mai volgare, speci nei toni vocali. Con i testi di Dino Verde, anch’egli napoletano, imitava ottimamente annunciatrici, Gabriella Farinon, A.M.

Gambineri, Nicoletta Orsomando, Mariolina Cannuli ed annunciatori, Tito Stagno, Ruggero Orlando, Ugo Zatterin, Mike Buongiorno, e attori, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello e politici, Pannella, La Malfa, Andreotti, Moro, Craxi, Fanfani. Abitava al Vomero in via Palizzi, e lo si incontrava sorridente per via Scarlatti mentre studiava qualche ennesimo personaggio da porre nella sua satira. Nel 1963 sposò Edda De Bellis, con i figli Antonello e Chiara, questa anch’ella affermata attrice, subì un duro colpo dal divorzio: fu questo che gli procurò forse la depressione che contribuì all’ allontanamento dalla RAI e dallo spettacolo. Sporadicamente frequentava tv private e, dopo 4 anni, con Raffaella Carrà registrò alla RAI “Ma che sera” che non potette essere trasmessa poiché coincise con il rapimento Moro. La depressione lo portò ad un punto di non ritorno che lo condusse inesorabilmente al suicidio con un colpo di pistola. Lo sconcerto fu unanime per il contrasto con le sue battute, e con l’allegria, e la sofferenza, secondo alcune versioni, fu determinata dall’insorgenza di un male incurabile. Era il 3 dicembre 1979. I funerali furono celebrati a Roma in S. Maria delle Grazie ed a Napoli nella chiesa del Carmine in Piazza Mercato, tra la folla sbigottita, smarrita da questa immatura dipartita, a 48 anni. Il suo illimitato repertorio lo induceva ad applicarsi in una particolare tecnica fisica e psicologica: studiava anomalie, gesti e intonazioni vocali, facendosi aiutare da mezzi tecnici, registrazioni, filmati e supporti materiali di trucco, parrucche, elementi facciali ed anatomici completati dalla potenziale maestria di artista dagli insostituibili segreti personali. Tutt’oggi ricordato con affetto, al Vomero, a Napoli, in Italia. Mimmo Piscopo

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Napoli – Cefalù: un ponte di dialogo teso e sotteso Una nuova formula, quella della XXXII

edizione del Premio Elsa Morante. Innanzitutto la nuova forma, che ha unito la sezione principale del Premio con quella dedicata ai “Ragazzi”. Io, sinceramente, ero molto scettica, preoccupata direi, e invece….le due sezioni si sono subito legate e collegate in un´armonia di linguaggi, in una felice sintesi di prodotti diversi trovando unità e compostezza in una forma di dialogo sotteso e impensato. Ma è stata proprio Elsa, dietro le quinte dello splendido e gremitissimo Auditorium Rai di Napoli, a guidare ancora una volta il suo “Gioco segreto”. Un gioco fatto di continui rimandi e collegamenti, una gara di fantasia e sapere, una specie di rimpiattino dove ci si cercava per scoprire cosa facesse l´altro, non dove fosse. Un gioco di comunicazione che ha mandato continui messaggi, come quello di Paola Cortellesi, che ha ritirato il Premio per il libro “Every child is my child” e che, all´occasione, ha interpretato un sapiente brano sull´aspetto semantico di certi termini che, se declinati al femminile, assumono subito il significato di “mignotte” e, nel migliore dei casi, di “zoccole”. Abbiamo tutti riso e sorriso … insomma, almeno, abbiamo il Guinness dei primati in qualcosa, noi donne!...ed è giá tanto….. E poi, Aldo Cazzullo, “Metti via quel

comunque, un filo d´Arianna. Lei, Elsa, ha sempre girato le scene presentandoci, per la Sezione Cinema, Luciano Stella con la sua produzione de “La gatta Cenerentola” e, per il Premio Musica , i Foja . E poi, per la sezione Teatro, “Dare voce a Elsa Morante”, ha

questa “finestra” dell´Elsa Morante il 19 giugno con Catena Fiorello e il suo libro “Picciridda”. Abbiamo visto una sala più che gremita il 19 di Giugno, che ha contenuto a stento tutte le persone che si sono accalcate anche sui gradini della grande balconata della

messo il dito su David Gramiccioli; mentre, per la sezione “Morantiano”, ha indicato René De Ceccatty ; per il Premio Nisida, Gianluca Guida; per la saggistica, La coltissima e avvincente Gabriella Turnaturi con “Non resta che l´amore” . Ma la carta vincente Elsa l´ha girata

storica sala Di Francesca risalente ai primi del Novecento. Un pubblico interessato e interessante, incalzante con domande varie e una Catena Fiorello scatenata nella sua teatralità e spettacolarità di donna che ama la scrittura ma che sa uscire dalla pagina scritta per entrare in un gioco di semantisti, lessemi e fonemi, di linguaggi sottesi. Un libro, “Picciridda” che apre uno spaccato sulla realtà storica, sociale, culturale, ambientale della Sicilia degli anni ´60 con particolare riferimento alle politiche dell´emigrazione e dell´emarginazione, ai problemi della donna e del vivere quotidiano.

ph. Umberto Amicucci

cellulare”, e Catena Fiorello con il suo “Picciridda”. Tutta una teatralità, tutto un gioco, quello di Elsa, lei che ha amato giocare sino all´ultimo, lei che amava i ragazzi e i ragazzini, che correva dietro ai gatti, che lanciava sempre un filo di lana che diventava spesso, sempre, e

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allorché mi ha suggerito, anzi, mi ha imposto, di aprire una “finestra culturale” del Premio qua a Cefalú, dove di solito vivo quando anch´io non sono raminga per il mondo. E´stata una voce che si è insinuata in me, così, pian piano. E così, pian piano, ho obbedito, inaugurando

ph Umberto Amicucci


Una scrittura snella, composita, musicale, quella della Fiorello, dove crasi linguistiche, forme varie di sinestesia culturale, cromatismi e poesia, lessemi e fonemi si fondono e si confondono in una sinfonia di linguaggi e dove, al di sopra di tutto, rimangono le nostre donne e la loro caparbia volontà di lottare. “D´un ventri di ´na fimmina nascii; fimmina puru iu, e mi ni vantu…” Con questa poesia, posta a epigrafe del libro, la scrittrice lancia un messaggio e

noi, il 19 di giugno u.s, abbiamo accolto Catena qua, a Cefalù, nella storica sala del Di Francesca, dove ancora risuona, alta e appassionata, colta e incisiva, la voce di Angela Diana Di Francesca, una nostra concittadina che amava profondamente Elsa Morante con la quale aveva certe affinità anche riguardo a forme di versatilità e poliedricitá “fimmina puru iu…” La manifestazione è stata posta sotto l´egida di “Palermo Capitale Italiana

della cultura 2018” che l´ha inserita nella sua programmazione culturale. Un ponte di dialogo tra Napoli, Palermo e Cefalú. Una “finestra” che abbiamo il dovere di tenere aperta. Ciao, Napoli; ciao Cefalú, a presto Teresa Triscari

Vele d’Epoca a Napoli, l’edizione 2018 parla straniero Vincono gli inglesi di Kelpie e i francesi di Sagittarius

Parla straniero l’edizione 2018 di Vele d’Epoca a Napoli, la manifestazione organizzata dal Circolo Savoia che si è conclusa oggi dopo quattro giorni di regate. Sedici storiche imbarcazioni in legno, tutte con anno di varo anteriore al 1976, si sono fronteggiate nelle acque del golfo di Napoli per una 15^ edizione che verrà ricordata per la qualità degli scafi presenti. Al termine delle quattro prove disputate, dunque, a vincere nella classe Yacht d’Epoca è Kelpie, lo scafo inglese costruito nel 1903, tra i più antichi mai iscritti alla rassegna velica napoletana. Il cutter aurico di 17 metri, di cui esistono 8 esemplari in tutto il mondo, ha centrato due vittorie e due secondi posti di giornata, superando sul filo di lana Cippino II, che ha difeso i colori dell’Argentina. Al terzo posto Comet (Inghilterra). Nella classe Yacht Classici, invece, successo dei francesi di Sagittarius, con tre primi e un secondo posto di giornata. Sagittarius è uno sloop marconi che appartiene alla famiglia Laffitte di Nizza. Secondo in classifica generale Namib (Italia), terzo Ojalà (Olanda). Questa mattina la regata è stata anticipata da una Parata di eleganza: tutte le imbarcazioni hanno sfilato all’uscita del porticciolo di Santa Lucia, salutando la giuria ed i cittadini presenti sul lungomare. A vincere il premio come imbarcazione più elegante è stata ancora Kelpie. “Chiudiamo un’edizione più che positiva”, commenta Carlo Campobasso, presidente del Circolo Savoia. “Abbiamo aperto il nostro circolo ai velisti, permettendo loro di partecipare anche a numerosi eventi collaterali. Ma la soddisfazione maggiore riguarda la qualità delle imbarcazioni arrivate nel golfo di Napoli da tutto il mondo. Abbiamo ammirato autentici

gioielli come Kelpie, Cippino II, Marga, Don Chisciotte, Argyll, Italia, vere e proprie signore del mare che hanno incantato tutti. Mandiamo in archivio con soddisfazione questa manifestazione e ci accingiamo, il prossimo 15 luglio, a festeggiare il 125 esimo compleanno di questo inossidabile Circolo”.

Mediterraneo”. Tra gli sponsor della manifestazione, per la prima volta presente il marchio d’orologeria francese “Michel Herbelin”, che ha messo in palio due orologi per i velisti. Gli altri partner sono Ferrarelle, Chiaja Hotel, La Scala, Geos, Banca di Credito Popolare, Agrimontana, Blanco Raya Sport, Cbl Grafiche, Cantiere Navale

Per il presidente Aive (Associazione Italiana Vele d’Epoca), Pier Maria Giusteschi Conti, “la manifestazione è andata nel migliore dei modi. Il numero

Postiglione, La Scolca e il Presidente Benemerito della Fiv, Carlo Rolandi.

di barche è stato in linea con gli altri raduni italiani. Quella del Circolo Savoia resta una delle banchine più ambite del

Nelle foto di Rosario Caramiello: Kelpie e Sagittarius.

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Italia In Campania: Procida Avellino Serino Caserta Pozzuoli In Sicilia: Cefalù Palermo In Abruzzo: Vasto

Alcuni punti di distribuzione

Estero

A Napoli:

In Inghilterra:

Edicola Porto di Napoli Molo Beverello

Cambridge European Cultural Centre La Dante

Edicola P.zza Vanvitelli Edicola P.zza Medaglie D’oro Edicola via Tino da Camaino Edicola viale Augusto Fuorigrotta Libreria Colonnese via San Pietro a Maiella 32 Libreria Pisanti c.so Umberto I 38/40 Caffè dell’Epoca Via Costantinopoli, 81 Libreria Ubik vai B. Croce 28 Libreria Libri e Professioni via Santa Brigida 22 Edicola via Napoli Pozzuoli Bar De Falco Via M. Renato Imbriani, 81 Edicola P.zza Borsa


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