I paesi grecofoni della provincia di Reggio Calabria

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euro 12,00 Associazione ASTAKI - Lucia Anita Nucera

ISBN 88-88867-13-9

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I paesi grecofoni della provincia di Reggio Calabria

Kaleidoneditrice

Associazione socio-culturale ASTAKI

collana editoriale

Lucia Anita Nucera



“In questa Terra infiltrata della cultura di parecchi secoli, e in cui tante nazioni si avvicendarono l’una dopo l’altra, ogni fiume, ogni pietra, ogni paesello annidato su di una rupe rappresenta qualche cosa piena di memorie storiche; e da tutta la superficie sua spira come un soffio di antico e venerabile tempo”. Gerhard Rohlfs

“Sce tuto Chorafi iomato an din cultura asce poddhà chrònia ce pu tossa nazioni eperasa mia doppu tin addhi, casa potamò, casa lisari, casa choriuci traclimeno apanu asce ena rumbuli dichi ticandì iomata asce pramata palea; ce asce ollo to chorafitu fisai ena paleo ce porcinimeno kerò”.


Associazione Socio-Culturale

ASTAKI

Scopo SocIale: Tutela e valorizzazione della storia, della cultura, e della lingua, dei Greci di Calabria. Valorizzazione del patrimonio culturale calabrese. Servizi culturali e turistici. Visite guidate nell'Area grecanica. Orientamento e formazione professionale. SedI: (legale) via ciccarello 19/B, 89132 Reggio calabria (amministrativa) via ciccarello II dir. 5, 89132 Reggio calabria (centro informazioni multimediale) via piazza Gallicianò, 89030 condofuri, Rc tel. 3938390392 fax 0965 594231 e-mail: info@astaki.it amministrazione@astaki.it poRTale InTeRneT: www.astaki.it Il sito dedicato prevalentemente alla storia, alla lingua, alla cultura, alle tradizioni, ed ai paesi dei Greci di calabria, ha come finalità la promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale calabrese. Troverete inoltre, informazioni, sui percorsi, sui siti architettonici, archeologici e naturalistici di particolare pregio, avvenimenti culturali, feste tradizionali, dove soggiornare, dove degustare la cucina tipica, e tante altre notizie, news dai comuni. puBBlIcazIonI: - documentario video “I Greci di calabria” - book fotografico “la valle dell'amendolea” - guida ai paesi con mini dVd del sito web astaki.it off-line - guida “Grecanica” - volume “I paesi grecofoni della provincia di Reggio calabria” - volume “Valorizzazione del centro storico di Gallicianò”


Associazione Socio-Culturale

ASTAKI

I paesi grecofoni della provincia di Reggio Calabria la lingua, la cultura, l'architettura, l'arte e le tradizioni

di Lucia Anita Nucera

Kaleidon


associazione Socio-culturale ASTAKI “Progetto di valorizzazione dell’Area Grecanica” cofinanziato dall’u.e. / por calabria 2000-2006

Coordinatore del progetto: demetrio Maisano Testo e traduzioni: lucia anita nucera Progetto grafico e videoimpaginazione: Kaleidon Fotografie: demetrio Maisano Foto capitolo 1: Kaleidon Si ringrazia Domenico Nucera per la concessione delle foto di pagine 74 e 85

© 2006

Kaleidon Casa editrice di cultura calabrese di Roberto Arillotta via Mili - Sant’Anna, 21 89128 Reggio Calabria, Italia telefax 0965 324211 www.kaleidoneditrice.it libro@kaleidoneditrice.it


Prefazione

ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è scientificamente certo e ciò che è fragile, ciò che è vivo e ciò che è morto nella storia dei Greci della Vallata dell’amendolea: è questo il motore rombante del saggio di lucia anita nucera. un motore di tutto rispetto, e di suono gradito, sol che si pensi al pullulare, senza destino, di opuscoli, libercoli, riviste sulla questione grecanica, che torna di moda proprio quando il popolo della Vallata dell’amendolea è senza più lingua. Figurarsi le popolazioni dell’area grecanica, nata per stiracchiamento dell’isola grecanica. come è facile avvedersi, enorme è il tempo che cade dentro la scrittura, sempre sapiente, sempre comunicativa, sempre senza fronzoli, della giovane e attenta ricercatrice, la quale, per non fare ostacolo al lettore, rinuncia, come Benedetto croce voleva, a camminare sulle stampelle della citazione pagina per pagina. ciò vuol dire che ha masticato bene, altrettanto bene ha digerito, ha, insomma, interiorizzato la bibliografia sull’argomento, di cui dà conto alla fine del volume, e ha inteso procedere con la sua testa alta e fiera con cammino autonomo: dicendoci non il pensiero degli altri sulla questione grecanica, ma il suo libero pensiero. e questo è il primo pregio del libro, arricchito da un piccolo glossario del greco di Gallicianò. di tutta utilità per uno studio comparativo tra le lingue grecaniche dei paesi della Vallata dell’amendolea. Ma pregio forte sta ancora nella capacità di sintesi – non mai sunto scontato – di una materia, che ha lo spazio risicato di una vallata, quella dell’amendolea, e il tempo smisurato di una storia, che prende avvio dalla conquista romana per adagiarsi fino ai nostri dì: senza concludersi, senza risolversi. Sempre a rischio di dissolversi. Questa è 5


l’anima vera del saggio: la storia come pathos. dunque, non libro di una ricostruzione irta e difficile, ma libro militante che da una storia gloriosa deriva l’imperativo di una lotta per fare presente il passato. Ma libro anche di taratura nuova. Sulle origini dei Greci di calabria, soprattutto sulla loro lingua, libri ve ne sono tanti. Ma lucia anita nucera non si limita a questo. Fa una storia antropologica dei paesi della Vallata dell’amendolea e delle sue popolazioni. ne ricostruisce la vita interiore attraverso gli usi, i costumi, le tradizioni, i canti, la cultura materiale. e in questa direzione ha camminato da sola, quasi isolata. ed è il pregio massimo e maggiore del libro, il suo segno distintivo. una epifania della quale le sono riconoscenti gl’intellettuali meridionalisti, che considerano la questione grecanica una speciale questione meridionale. da risolvere. Questo libro – lo dico senza enfasi e in grande sincerità – è di grande momento nella battaglia per la salvezza di una lingua, di una cultura, di una civiltà.

Pasquino Crupi

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Introduzione

oggi la Vallata dell’amendolea rappresenta l’area geografica in cui si è mantenuta la lingua greca di calabria. Sulle alture della valle, la cui base limita il corso dell’imponente e maestosa fiumara, si trovano gli antichi paesi dove ancora oggi sono vive le tradizioni, la cultura e la lingua greca. un mondo da scoprire per cogliere la più intima essenza dei

Greci di calabria, immergendosi nella loro vita quotidiana, basata sulla deferenza delle tradizioni e degli usi; sull’agricoltura e la pastorizia; sulle credenze e superstizioni; sulla danza ed i canti; sui lavori maschili e femminili: insomma una storia affascinante piena di riflessioni e curiosità. la fiumara, il cui percorso si aggroviglia attorno alla base dei monti aspri e selvaggi, rappresenta la maestosità della natura; il suo letto fatto di ciottoli bianchi, lucenti, illumina e rinvigorisce questa valle. 7


Sìmero i vasìa tis Amiddhalìa ene i merìa pu acomì platègusi tin glossa tis Calavrìa. Apànu stes noscìe tis vasìa, pu sta podia catevènni ton megàlo ce magno potamò, echome ta palèa chòria pu acomì sìmero ene zondarìa ta pramata palèa, i cultura ce i glossa greca. Ena cosmo ti echòme na canunìme otu emì mattènnome ta pramata ti i cristianì ecannusi ulle tes imere, ecini ecannasi ulla ta cunti; apanu stin agricoltura ce stin pastorizia; apanu ste pistimie ce to portammo; apanu to choro ce sta tragudia; apanu ste dulìe ton andrò ce ton ghinecò; mia storia magni ce iomati asce loia glicia. To potamò ti pai porpatonda mesa stas agrie noscie ene i maestà tu Theù, to crevattitu ene ienameno asce lisaria aspra ti cannu to iglio asce tuti vasìa.

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CaPItolo 1

Storia dei Greci di Calabria Dalle origini ai giorni nostri la SToRIa la cultura greca nella vallata sembra avere origini nel VIII secolo a.c., con la colonizzazione ellenica lungo le coste joniche della calabria (Sibari, crotone, Reggio e locri). la colonizzazione greca sulle coste dell’Italia meridionale costituisce uno dei fenomeni di maggiore importanza per la storia della civilizzazione umana e per la formazione della civiltà europea. l’arrivo dei Greci modificò subito la vita delle popolazioni esistenti, dando uno stimolo decisivo verso lo sviluppo economico e produttivo, raggiungendo così un altissimo grado di civiltà. a questa colonizzazione partecipano diverse stirpi greche. aprono la via genti ioniche, soprattutto di calcide nell’eubea, che fondano cuma sulle coste della campania e pitecusa (Ischia) e poi naxos, la prima delle colonie in Sicilia, cui seguono, dopo brevissimo tempo, leontini e catana (catania), zancle (detta poi Messana) e Rhegion (Reggio). I calcidesi si assicurano così il possesso delle più ricche zone agricole, come la fertilissima campania e la piana del Simeto (nella Sicilia orientale), e i punti di maggiore importanza strategica, come le due sponde dello Stretto di Messina. alle colonie greche dell’Italia meridionale fu dato, nell’insieme, verso il V secolo a.c., il nome di Magna Grecia, cioè di Grande Grecia: con tale appellativo non si voleva indicare una superiorità sulla madrepatria, bensì una superiorità su tutte le altre colonie. le colonie greche in Italia, nelle quali si svilupparono splendide forme artistiche e spirituali, offrirono un meraviglioso contributo alla storia dell’arte. le colonie costituirono, nel loro insieme, una vasta e fitta rete, attra9


verso la quale andò continuamente crescendo l’intensità del commercio marittimo greco, che un po’ alla volta riuscì a superare la concorrenza dei Fenici. effetto importante dell’espansione coloniale greca e dello sviluppo commerciale a cui essa dette impulso fu che di fronte all’aristocrazia formata dalla classe dei proprietari di terra, si andò consolidando un’altra classe di ricchi, quella dei mercanti e degli artigiani, la quale non si adattò a lasciare che la prima continuasse a tenere da sola il governo dello Stato. nacquero quindi lotte, che, attraverso vicende varie, posero in molti luoghi i germi di nuovi ordinamenti politici per i quali anche le classi popolari furono in grado, con l’andare del tempo, di partecipare alla vita pubblica. l’espansione coloniale molto giovò alla diffusione della cultura. dall’asia Minore e dalla Grecia l’attività poetica e filosofica si diffuse nelle colonie: pitagora di Samo fondò a crotone una grande scuola di filosofia; un’altra scuola filosofica fu creata da parmenide di colofone (città dell’asia Minore) nella città di elea, sul Tirreno. le colonie stesse arricchirono di originali contributi il pensiero greco dando vita a centri di cultura assai attivi, dai quali partì la diffusione della civiltà ellenica nel mondo mediterraneo. le testimonianze più importanti della civiltà greca nella provincia di Reggio calabria, si trovano a locri epizefiri, grazie all’abbondanza di siti archeologici e fonti documentarie nel 673 a.c. genti greche approdarono sulle coste del mar Jonio, e si stabilirono dapprima sul capo zefirio, oggi Bruzzano, spostandosi poi verso nord, ai piedi del colle dove sgorgava la chiara fonte locria. appena un decennio dopo l’arrivo, i locresi d’Italia furono costretti ad emanare un codice di leggi scritte, che è il più antico d’europa, per evitare le discordie, che facilmente nascevano dalla coesistenza di differenti diritti consuetudinari, trasmessi oralmente. la leggenda ricorda come autore di questo codice zaleuco; e se antichi e moderni dubitarono della sua esistenza, è sicuro invece che locri crebbe protetta da severa 10


giustizia ed ebbe fama di essere la città governata dalle leggi migliori. dopo secoli di splendori, prima, la spinta dei popoli dell’interno ne limitò l’espansione; poi, la città fu travolta nelle alterne vicende della guerra di pirro e, più tardi, di quella di annibale. eppure al tempo di cicerone locri era ancora annoverata tra le maggiori città dell’Italia Pinax locrese meridionale, e la dolcezza del suo clima invitava potenti e ricchi signori romani a stabilirvisi. Quando l’Impero romano, scosso dalle crisi interne e dalle invasioni dei barbari, iniziò il suo lento e inesorabile tramonto, il silenzio avvolse locri, soltanto interrotto dal ricordo di qualche martire cristiano. Infine, la popolazione abbandonò la piana, sotto le rinnovellatisi minacce saracene, per un rifugio più sicuro a Gerace. così scomparve l’antica locri, la città degli uomini “rapidi nel pugnare”, dei ricchi commerci, dell’arte fiorente, e per secoli visse solo la memoria della sua musica e della sua poesia. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce interi quartieri, separati da vie rette e parallele, con case più volte distrutte e riedificate e con complicati impianti per la raccolta e distribuzione dell’acqua. Si tratta di un complesso urbanistico organico, l’abitato centocamere, unico finora tra quelli scoperti nella Magna Grecia, del quale possiamo seguire la storia attraverso secoli perché lo strato più antico risale ad epoca molto remota. l’abitato era preceduto da un’ampia spianata oltre la quale, verso il mare, sorgeva un grande muro difensivo di blocchi squadrati (tecnica 11


impareggiabile dei tagliatori di pietra greci) e, in un punto, esso è impiantato su di una costruzione più antica, precedentemente distrutta. è possibile ammirare inoltre: il santuario dedicato a demetra madre di persefone, il santuario di Marasà, il casino Macrì, l’edificio di petrara, il teatro greco-romano, il Santuario di casa Marafioti, il santuario di persefone alla Mannella. nel museo archeologico di locri sono conservati parte dei materiali provenienti dagli scavi. Il resto è possibile ammirarlo a Reggio. Balsamario Il Museo della Magna Grecia di Reggio calabria, prezioso e documentatissimo informatore sull’antica civiltà greca in terra italica, possiede una delle più interessanti collezioni rimasteci di tavolette votive (pinakes) d’argilla, con mirabili figure a rilievo e a colori, di miti e riti. accanto a esse è una delle poche sculture in marmo trovate nella terra della Magna Grecia: una bellissima testa di apollo, la quale faceva parte di una statua del tempio dorico situato sul crimisa promontorium, nei pressi dell’attuale cittadina di cirò (in calabria) famosa anticamente, come del resto anche oggi, per i suoi vini. Quel tempio costituiva una delle più famose mete di pellegrinaggi della costa ionica. nello stesso Museo di Reggio calabria, una raccolta di cinquemila monete scandisce tutta intera la storia e la splendida vita della Magna Grecia. 12


la colonizzazione romana, iniziata nel II secolo a.c. determinò notevoli trasformazioni, prevalentemente in negativo. le questioni politiche e sociali della repubblica romana in quel periodo erano particolarmente ingarbugliate: con la distruzione di cartagine, la conquista della Grecia, della Macedonia e dei grandi imperi dell’asia Minore, le classi alte si erano enormemente arricchite, mentre i poveri erano diventati più poveri. lo stato romano aveva ampliato l’ager publicus, cedendolo in affitto ai ricchi a prezzi irrisori, mettendo così in crisi i piccoli proprietari. ciò aveva provocato la fuga dalle campagne e il trasferimento nei centri. diversi campi coltivati erano stati convertiti in pascoli e le colture affidate a manodopera servile. la mancanza di sicurezza nelle campagne impediva alle comunità rurali di continuare a realizzare le opere di drenaggio, perciò il mancato controllo del regime idraulico delle acque favoriva la formazione, accentuatasi nei secoli successivi, di aree paludose; ne derivò una degradazione funzionale degli insediamenti posti lungo la costa e una perdita di valore del suolo agrario. l’intervento dei romani determinò una fase di notevole involuzione storica, economica e culturale. difatti, scomparve la fitta rete di scambi commerciali, le coltivazioni si limitavano a piccoli appezzamenti situati alle pendici dei monti, e la popolazione fu sottomessa ad un regime di schiavitù fisica e culturale. Secondo il glottologo Rohlfs, che ha studiato a lungo la lingua grecanica, durante l’amministrazione romana, i gruppi etnici costretti ad abbandonare il litorale per insediarsi nelle aree interne montane, non sono stati colpiti dal processo di latinizzazione, a differenza delle famiglie di ceto medio-alto che tendevano a romanizzarsi parlando in latino. Questi piccoli ceppi, stremati dalla schiavitù e dalla malaria diffusasi su tutto il litorale, mantennero la lingua e la cultura popolare greca, tramandandola fino ai giorni nostri. nel periodo bizantino (VII-XI sec. d.c.) la nostra regione assunse il nome di calabria. Verso la fine del IX secolo, Reggio fu elevata a chiesa metropolitana con dodici diocesi suffraganee, divenendo l’epicentro spirituale di gran parte della calabria. la diffusione del rito greco reso 13


obbligatorio in tutte le diocesi, l’insediarsi di gruppi etnici greci ed orientali, l’arrivo di monaci dalla Siria, dalla palestina, dall’egitto, dalla Grecia contribuirono a completare quel processo di ellenizzazione. Questi monaci vagavano da una terra ad un’altra in zone impervie ed inaccessibili, alla ricerca di pace e tranquillità. le loro destinazioni preferite erano quelle zone dove viveva ancora la tradizione ellenica, in quanto rappresentavano un ambiente più familiare. Improntarono la loro opera sulla diffusione della fede, della carità e dell’amore verso il prossimo, impegnandosi fortemente in ogni genere di lavoro, dal disboscamento delle foreste, alle opere idrauliche, alla copiatura di manoscritti. dunque i monaci ebbero un notevole peso sulla vita economica e culturale della regione, rappresentando una luce di speranza per la povera gente, afflitta da invasioni, razzie e carestie. per queste loro peculiarità i monaci basiliani svolsero un ruolo fondamentale come elementi di aggregazione della popolazione in fuga dalla costa, favorendo lo sviluppo di centri interni, basati su una economia autosufficiente fondata sull’agricoltura e sull’artigianato. la più importante e redditizia coltivazione era il gelso. In questo periodo si sviluppa l’architettura religiosa attraverso la costruzione di piccole chiese, le proprietà fondiarie ecclesiastiche aumentarono in maniera considerevole come provato dal c.d. Brebion, un rotolo di pergamena datato intorno al 1050, che elenca i possedimenti dell’arcivescovado reggino con l’indicazione del numero dei gelsi, delle viti e degli ulivi. la dominazione bizantina rappresenta un’altra ipotesi sulle origini storiche dei greci di calabria. Infatti i sostenitori di tale teoria (domenico comparetti, cesare lombroso, Giuseppe Morosi) ritengono impossibile che le antiche colonie della Magna Grecia siano sopravvissute al profondo processo di latinizzazione del periodo romano. nel XI secolo si affermò il dominio dei normanni. Giunti inizialmente come milizie di ventura, guidate da Roberto il Guiscardo conquistarono a intervalli i distretti militari bizantini (temi). In seguito all’accordo con il papa niccolò II, il valoroso condottiero si fece riconoscere i territori 14


tabella bronzea del santuario di Zeus a locri

conquistati con l’impegno di togliere le terre agli infedeli ed eretici greci e di riportare sotto la potestà di Roma le diocesi e i monasteri. con la successiva occupazione della Sicilia nasceva il Regnum Siciliae che comprendeva nel suo seno elementi diversi per stirpe (arabi, greci, normanni, romano-longobardi, ebrei), per religione (cattolici, greci-ortodossi, musulmani), per passato politico e per condizioni economicosociali. la nuova monarchia riuscì, però, a tenere insieme elementi così disparati con una politica di tolleranza religiosa e di eguale trattamento giuridico per tutte le stirpi. nonostante l’esplicita richiesta della Santa Sede a riportare la chiesa latina, i normanni accettarono la convivenza con il sistema monastico-religioso greco, imponendo, però, ai vescovi l’ubbidienza al papa. nell’area grecanica coesisterono i due riti (ortodosso e latino), con la formazione di abbazie di rito greco (l’abbazia di Tridetti fondata nell’XI secolo e le chiesette a navata unica di amendolea e condofuri che sarebbero state costruite in epoca contemporanea a quella dei castelli normanni di amendolea e di condofuri). 15


Il matrimonio dello svevo enrico VI (figlio di Barbarossa), con l’unica erede al trono di Sicilia, costanza d’altavilla (figlia di Ruggero II), pose fine al regno normanno. Iniziava così la dominazione Sveva. ad enrico VI subentrò a soli tredici anni il figlio Federico II che, che in pochi anni, riuscì a ristabilire l’equilibrio interno al regno, attuando una politica abile ed ambiziosa capace di fondere elementi della cultura greca e latina, araba e bizantina, normanno e sveva, dando vita ad uno stato accentratore, cattolico ma tollerante verso musulmani ed ebrei, fieramente autonomo dalla chiesa di Roma. la lingua greca resistette, specie nel volgo, e sotto gli svevi fu scritto in greco il codice della costituzione della monarchia, ed anche molti atti pubblici e notarili. In seguito al trattato pontificio-angioino del 1263, carlo d’angiò conquistò tutto il Mezzogiorno. la chiesa aveva redatto tale trattato in modo da evitare che si potessero rinnovare i conflitti ed i pericoli corsi nell’Italia meridionale dall’epoca del regno normanno a Federico II; in cambio al Francese era stato offerto il regno di Sicilia. carlo d’angiò insediò nei territori conquistati i nobili provenzali che l’avevano seguito e avversò implacabilmente i nemici. Ma i contrasti tra le opposte fazioni continuavano, alimentati dalla pressione fiscale regia e dalle crudeltà dei nuovi governanti. Reggio, Gerace, Bova furono teatro di scontri e saccheggi, che divennero sistematici per tutto il ventennio in cui si combattè tra angioini ed aragonesi. In questo periodo svanì progressivamente la presenza e l’impegno dei monaci basiliani, con gravissime ripercussioni sull’identità culturale dei Greci di calabria. II malgoverno angioino e le prepotenze baronali arrecarono notevoli danni. nel 1283 pietro d’aragona entrava a Reggio. I Reggini accolsero festosamente Re pietro e senza difficoltà gli consegnarono il castello Sant’aniceto, Motta S. Giovanni, pentedattilo, amendolea, Gerace. Gli angioni, nonostante avessero perso Reggio e provincia, non si arresero e continuarono a lottare fino a quando non riconquistarono Reggio con un accordo di pace tra carlo II e Federico (1302), che però durò poco. 16


con alfonso V d’aragona la dinastia aragonese subentrò agli angioini (1442) mantenendo la sovranità sul Regno di napoli. alla sua morte gli successe il figlio Ferdinando I il quale, appena salito al trono, dovette affrontare la rivolta contadina fomentata da centelles, e reprimere con fermezza la congiura dei baroni sostenendo i diritti delle categorie meno privilegiate. anche i contadini della vallata dell’amendolea si ribellarono ma con scarso successo. con il dominio spagnolo, la decadenza della calabria continuò inesorabilmente; isolata dal traffico commerciale, repressa dal banditismo e dalle prepotenze baronali, soffrì anche per le aggressioni dei Turchi: particolarmente provate dalle incursioni furono la città di Reggio e la costa ionica. la fugace dominazione austriaca (1707-54), che si sostituì a quella spagnola dopo la guerra di successione di Spagna, non incise in alcun modo nella vita della calabria. Questa fu una fase particolarmente critica per gli abitanti dell’area grecanica: la guerra, l’oppressione fiscale degli spagnoli, i terremoti, le carestie, le pestilenze e le incursioni dei turchi caratterizzarono tutto l’arco di tempo che va dal 1500 al 1690. per resistere alle incursioni vennero costruite strutture di avvistamento lungo le coste. nei secoli successivi e fino al 1770 il potere baronale e le condizioni fiscali impoverirono il territorio, determinando il radicarsi di una mentalità improduttiva a scapito dell’impegno in attività produttive o mercantili. In questo periodo aumentò anche il degrado del territorio a causa dei gravi dissesti idrogeologici causati dai continui disboscamenti. con l’avvento degli asburgo prima e dei Borboni dopo, si cercò di limitare il potere dei baroni attraverso processi di suddivisione dei feudi per favorire lo sviluppo della piccola proprietà. I risultati di queste azioni furono contraddittori e favorirono un numero ristretto di proprietari di origine borghese nelle cui mani si concentrarono i 2/3 delle terre poste in vendita. carlo di Borbone, salito al trono nel 1734 grazie alle vicende connesse alla guerra di successione polacca, introdusse una forma di dispotismo illuminato che servì a promuovere il risollevamento dell’agricoltura e delle finanze. Il successore Ferdinando IV continuò l’opera di 17


carlo III. Ma lo stato di arretratezza della calabria e di tutto il regno di napoli era troppo profondo perchè le riforme borboniche potessero essere efficaci. dopo l’effimera repubblica partenopea (1799) e la prima restaurazione borbonica, dovuta in gran parte all’azione del cardinale Fabrizio Ruffo che riconquistò napoli utilizzando la rivolta antigiacobina dei contadini, Ferdinando IV, sotto la pressione dell’Impero napoleonico, dovette rifugiarsi per la seconda volta in Sicilia, lasciando la parte continentale del regno a Giuseppe Bonaparte (1806-08) al quale si deve l’abolizione della feudalità che pose le premesse per l’affermazione della borghesia; sotto il regno di Gioacchino Murat (1808-15) la calabria conseguì notevoli progressi nel tenore di vita e nell’ordinamento civile. nel 1816 la calabria fu divisa in tre province: la citeriore con capoluogo cosenza, la ulteriore II con capoluogo catanzaro e la ulteriore I con capoluogo Reggio. la provincia di Reggio calabria partecipò attivamente ai moti del Risorgimento: nel 1847 furono fucilati a Gerace cinque patrioti del circondario di Gerace stessa. Moltissimi altri calabresi combatterono eroicamente nelle battaglie del Risorgimento per la libertà e l’indipendenza dell’Italia. nell’agosto del 1860 Garibaldi sbarcò a Melito porto Salvo, mentre la calabria insorgeva contro i Borboni. l’ottocento era iniziato con una fase di crescita sociale durante il decennio napoleonico ma, dopo le speranze suscitate dall’unità d’Italia, i problemi economici e sociali tornarono ad aggravarsi: pressione fiscale e latifondismo furono le maggiori cause del degrado. la proclamazione del Regno d’ltalia (1861) sancì l’unità e l’indipendenza della nazione e coronò degnamente le aspirazioni dei martiri e dei patrioti del Risorgimento. Tuttavia in calabria, come in altre regioni del Mezzogiorno, restavano da risolvere gravissimi problemi economici, sociali e politici. lo stato di arretratezza in cui si trovava Reggio ed in particolare l’area Grecanica, dopo secoli di abbandono non poteva essere risolto nel volgere di pochi anni; d’altra parte il processo di unificazione era stato voluto dalle classi dirigenti, mentre si avvertiva la 18


mancanza di un vasto consenso popolare. Il suffragio ristretto in vigore nei primi decenni di vita unitaria non costituiva uno strumento adeguato per avvicinare le esigenze delle popolazioni all’amministrazione centrale. alcune proposte legislative intese a riconoscere le autonomie regionali non furono accolte nell’intento Moneta “incusa” di Kaulon di non riproporre i particolarismi che avevano così a lungo diviso l’Italia. In un clima d’insoddisfazione la calabria fu afflitta dalla piaga del banditismo che a volte era soltanto un fenomeno di criminalità ma che in altri casi traeva origine dalla delusione dei ceti contadini. l’insufficiente assorbimento della mano d’opera disponibile sul mercato del lavoro provocò un considerevole movimento d’emigrazione sopratutto transoceanica negli ultimi decenni del sec. XIX e nei primi decenni del XX; le restrizioni imposte dagli Stati uniti, il ristagno economico seguito alla crisi del 1929 e le complicazioni politiche e militari degli anni successivi rallentarono il flusso dell’emigrazione, che poi è ripresa, dopo la seconda guerra mondiale (1940-45), con destinazione verso i paesi dell’europa occidentale, il canada, l’australia e le regioni più sviluppate dell’Italia del nord. Tuttavia si deve riconoscere che notevoli benefici vennero apportati alla calabria dalla diffusione dell’istruzione e dalla realizzazione di opere pubbliche stradali e ferroviarie eseguite dal 1865 al 1900. Ma la politica d’interventi dello Stato subì un arresto a causa del terremoto del 1908 e degli effetti della prima guerra 19


mondiale (1915-18) a cui i Greci di calabria diedero un grande contributo di sangue e d’eroismo. nel periodo tra le due guerre va menzionata l’attuazione del programma di bonifica, grazie alla quale ed alla disinfestazione attuata dopo il 1945 fu praticamente debellata, come già accennato, la malaria. Si arrivò così agli anni ’90 caratterizzati dal fenomeno dell’emigrazione degli abitanti dell’area, che raggiunge dimensioni notevoli. le mete sono molteplici ed i ‘paddechi’ (così venivano chiamati i Greci di calabria) si sparsero nei paesi dell’europa del nord (Germania, Svizzera, Francia) e nelle regioni settentrionali dell’Italia.

Gruppo equestre marmoreo

20


Indice PREFaZIoNE

5

INtRoDuZIoNE

7

CaP 1

9

Storia dei Greci di Calabria Dalle origini ai giorni nostri

CaP 2

21

Ipotesi sulle origini della lingua grecanica

CaP 3

37

I paesi della vallata dell’Amendolea

CaP 4

71

Tradizioni, usi e costumi

BIBlIoGRaFIa

93


Finito di stampare nell’anno 2006 dalla Grafica enotria in Reggio calabria per conto della Kaleidon casa editrice di cultura calabrese

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