Juggling Magazine #52 - september 2011

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a i r e l o c o i g Laomenologia dell’ar te circense fe n

ero, i Marco Bizzoz rco.it arte circense“d : www.teatroci ll’ no de ila ia M og di ol se en en om rc en Ci “F te : e Ar Tratto dal libro nale di Teatro Scuola Nazio lla de re tto re di

Per

divenire artisti circensi capaci di compiere questo gesto stupefacente, occorre andare oltre l’organizzazione naturale del sistema corpo-mente, oltre i limiti imposti dalla sua storica esperienza. Per prima cosa occorre diventare ambidestri e in secondo luogo occorre generare nel corpo e nel sistema nervoso un nuovo livello di velocità di percezione e di risposta motoria oculo-motoria. Porre all’equilibrio i due emisferi cerebrali, non raddoppia semplicemente le nostre possibilità d’azione e percezione, ma le decuplica. Vivere, come normalmente facciamo, facendo funzionare al minimo un emisfero cerebrale, è come suonare il pianoforte con una sola mano, è come correre e giocare in un prato… con una gamba sola. Con lo studio e la reinvenzione di questa arte giocosa, l’uomo trasforma se stesso, il mondo delle cose, e la sua partecipazione ad esso.

meglio cento g come una test iorni uggine, o cento come una rond ine? Il gioco si dispone nello

spazio fenomenologico dell’osservazionericezione, e della risposta che dobbiamo/possiamo conseguentemente dare: questi due aspetti sono profondamente intrecciati e interdipendenti. Ciò che ci appare del mondo, è ciò che ci permette di

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agire e scegliere in esso. È esattamente come suonare una tromba, o cantare con la nostra voce: la qualità delle note e gli armonici che il mio orecchio non percepisce (perché non è sufficientemente raffinato il mio ascolto) non mi è possibile riprodurli. Ciò che canto ha il limite di ciò che sento. Ciò che faccio ha il limite di ciò che percepisco. La mia vita non si può esprimere là, dove non arriva la mia consapevolezza. Non a caso chi pratica il Contact, passa molto tempo a sentire la palla immobile sul suo corpo: ne sente il peso, il volume, i minimi anfratti del proprio capo e sulle tempie, le piccole conche dove andrà a posarsi immobile la sua sfera. L’arte del Contact chiede all’artista di percepire ogni punto delle proprie mani delle proprie braccia e del proprio petto, mettendo insieme i quali aprirà i precorsi di consapevolezza, le strade dove correrà quella sfera magica. Riorganizzare il nostro corpo ad un livello più complesso e più presente nello spazio tempo, non è facile. Fin dall’infanzia veniamo strappati via dal nostro corpo: nelle scuole si insegna ad usare la mente razionale e a far di conto mentre il corpo incatenato al banco, fa esperienza di un’autodisciplina statica e silenziosa, controllata da un potere di cui dobbiamo introiettare le regole e le mortificazioni. Fra quei banchi ci viene incollato alla schiena il peso di una corazza di testuggine, perché si possa camminare lenti come tartarughe, ritirando il collo e la testa sotto di essa alla prima ipotesi di pericolo. Di questa cultura possiamo ringraziare Cartesio, Galileo, Newton, e con essi tutto il paradigma scientifico riduzionista del ‘900. Negando il corpo l’educazione, non può che divenire distruttiva per l’essere, poiché il corpo è l’anima visibile. “il corpo umano è permeato di anima in

tutte le sue parti e per converso l’anima non esiste al di fuori della soggettività corporea: è la soggettività corporea stessa.” Merleau- Ponty. Ed è proprio questa l’anima del Circo: è l’anima del corpo: per fare circo occorre tornare ad essere il nostro corpo. Per fare i giocolieri occorre sviluppare un sistema nervoso veloce e preciso nella percezione come quello di una rondine: un corpo così veloce e preciso che fra cabrate e slanci verso il cielo, desti la meraviglia ad ogni nuovo battito d’ali.

aviglia armonia e mer dell’arte coleria della gio Attraversoquest’arte l’uomo

spinge al di sopra del nostro sguardo palline, cerchi e clave, e cappelli, che ruotano brillanti di luci e colori: con essi da vita a forme e immagini, che come le forme della vita, si compongono e si scompongono passando sul palcoscenico di questo mondo, animate dall’impulso dello spirito che le percorre, per poi alla fine esserne abbandonate. In quell’unità animata messa in moto dalle mani del giocoliere, ogni parte compone con le altre un sistema geometrico che obbedisce alle leggi della complessità. Creando l’illusione di una forma vivente è come se per un attimo l’artista si sostituisse alla coscienza del creato, a quella forza intelligente che conosce i ritmi vitali e l’ordine delle cose. Con un solo gioco (di prestigio), il giocoliere mette a tacere, secoli di cultura perdente, ed apre attraverso la sua creazione improvvisa, il tempo e lo spazio di una partecipazione al mondo oltre-mondana.


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