Jug n 47:JUG new 21/06/10 18:34 Pagina 5
Collettivo Bam
Siamo in sei, tutti francesi e tutti diplomati con la ventesima promozione del CNAC, dove ci siamo incontrati tre anni fa. È lì che il primo anno abbiamo cominciato per gioco a lavorare insieme su una performance. La cosa ci divertiva e prima di lasciare la scuola nel 2008 decidemmo di fondare una compagnia e lavorare ad un progetto comune. Alcuni di noi praticavano la bascula, altri il palo cinese e uno l’acrobatica, e nel tentativo di fondere le varie discipline la bascula si è rivelato l’attrezzo che poteva amalgamare meglio sul palco le nostre competenze, così ora ci presentiamo con lo spettacolo Switch e come un collettivo di bascula. Qualcuno di noi vorrebbe provare chiaramente altre discipline, come il trapezio volante, ma per ora siamo contenti di lavorare a questo spettacolo. La bascula è un attrezzo che offre tante possibilità ed exploit di grande effetto, ma è anche un attrezzo che richiede grande concentrazione per evitare infortuni, e la figura e preparazione del catcher durante gli allenamenti è di fondamentale importanza in termini di sicurezza. Abbiamo imparato a costruirle da soli, uno di noi è diventato un po’ un’ingegnere delle bascule! Se si escludono alcuni parametri legati a questioni di balistica, non ci sono standard rigidi nella sua costruzione, noi per esempio utilizziamo il frassino, un legno elastico e forte al tempo stesso. Ci piace lavorare con materiali naturali, come legno, ferro, corde, non utilizziamo materiali composti come fibra di carbonio, o derivati plastici. Vogliamo stabilire una connessione tra il materiale grezzo e la forza grezza del nostro show, e anche per questo portiamo in scena la costruzione in diretta di una bascula. La trama dello spettacolo
Bret Pfister
www.bretpfister.com
era originariamente imperniata sulla rappresentazione di mostri, sulle paure personali, per poi dare spazio anche al tema dell’individualità espressiva. Siamo un collettivo e questo è il nostro punto di forza, ma vogliamo evidenziare che all’interno del collettivo sono punti di forza
anche le singole individualità, che poi si sovrappongono nello spettacolo. Curiamo noi la regia, ma ricorriamo anche alla consulenza di un coreografo e di un attore che ci seguono nella creazione. Abbiamo terminato la creazione a dicembre e questo è il nostro primo anno di spettacolo. Siamo una compagnia on the road, con 4 tecnici e un amministrativo che ci supportano nel lavoro, ma desideriamo presto trovare un posto dove vivere, allenarci e poter creare nuovi spettacoli.
Vengo dal New England, ai confini col Quebec. Ho fatto ginnastica dai 5 ai 9 anni, fin da bambino seguivo le tournèe estive delle scuole di piccolo circo e finalmente, dopo alcuni summer camp, sono riuscito ad inserirmi e partecipare alle loro tournèe estive. Il mio primo attrezzo è stato la corda aerea, per poi passare al tessuto. Volevo sempre essere un professionista, così ho saltato la formazione liceale e a 16 anni sono entrato all’Ecole National du Cirque di Montreal, dove ho scelto il cerchio come disciplina e dove è cominciata la mia vita professionale. Non avevo molti looper attorno a me, c’erano invece molti artisti dediti a corda e tessuto. In realtà sono interessato alle discipline aeree in generale; credo di aver scelto il cerchio perché mi veniva naturale, perché la vera sfida è inventare qualche movimento che la gente non abbia mai visto prima. Credo che di preferire il cerchio innanzitutto per la sua forma. In molti stanno lavorando a nuove forme geometriche, ad esempio un quadrato o un triangolo, ma sono più attratto dalla classica forma del cerchio. È la forma perfetta. È uno strumento rigido, ma molto versatile, molto più della corda. Può eseguire movimenti in ogni direzione: può oscillare, muoversi circolarmente, alzarsi e abbassarsi e a me piace giocare con le direzioni. Il cerchio aereo si sta diffondendo, conosco molti uomini, e anche donne, che si dedicano a questa disciplina. Quando mi chiedono informazioni su forma e dimensioni, di solito consiglio di usare quello che piace di più e dove sedersi sia più confortevole. In genere si sceglie il cerchio in base alla lunghezza delle gambe, ma io ne utilizzo uno leggermente
piccolo per me, perché mi permette di tracciare rotazioni più strette e veloci. Il cerchio è in acciaio, può essere cavo o pieno, io utilizzo cerchi piuttosto pesanti, perché girano più in fretta e più a lungo. Il mio è costruito, seguendo le mie specifiche, dalla compagnia canadese Barry. È il secondo che uso, ma il primo di dimensioni ridotte. Amo sperimentare, senza per forza esercitare le mie abilità tecniche, ma semplicemente per trovare nuovi modi di usare il corpo in rapporto al cerchio. È possibile lavorare a diverse altezze, ma preferisco stare vicino al terreno per saltare giù più agevolmente. In fondo sono un po’ spaventato dall’allenarmi molto in alto! Credo che il pubblico venga immediatamente sorpreso soprattutto da flessibilità e movimenti delle gambe, che in genere si aspettano da artiste femminili. Mi piace muovermi molto rapidamente sul cerchio e comunicare dinamicità ed energia. Mi ispira molto la musica, il mio lavoro comincia da lì. Sono sempre stato interessato alle oscillazioni del cerchio, e ai modi di agitare il mio corpo per provocarle. Una ricerca nella quale mi ha aiutato anche il mio allenatore a scuola. Invece che spingerlo dal centro, abbiamo provato diversi tipi di spinta, in base alla direzione da imprimere. Tecnicamente, abbiamo lavorato molto su una spinta che permette movimenti più taglienti e oscillazioni più alte e rapide, diverso dal trapezio e da come si oscillava al loop prima, un ambito sul quale sto tenendo molti workshop.
j u g g l i n g m a g a z i n e n u m e r o 47 g i u g n o 2010
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