Appendice ALESSANDRO MENDINI Architetto, designer, artista
cercando, allo stesso tempo e in direzione contraria, di spiegare le scelte progettuali dell’amministrazione pubblica ai cittadini. L’obiettivo della Triennale è quindi quello di raccontare la Milano del 2030. La nostra proposta di Urban Center lo vede come uno spazio aperto dove le persone possono ritrovarsi per raccontare le storie, i bisogni della città e interrogarsi sulle sue trasformazioni; un luogo dove si possa fare ricerca in collaborazione col Politecnico di Milano.
Al riguardo sarà avviata sul sito della Triennale una raccolta di idee progettuali proposte dai cittadini sulla base della quale avviare un programma di dibattito e di ricerca multidisciplinare. Inoltre, stiamo promuovendo concorsi e partnership, ad esempio con i comuni di Parabiago e di Monza, per iniziative volte a ripensare spazi o promuovere nuove letture del territorio. In tutto ciò la Triennale risponde alla sua vocazione di strumento di ricerca al servizio della città.
Sono nato a Milano, ci vivo da 84 anni, e non ho mai pensato di cambiare città. Milano è una città un po’ brutta, un po’ piccola, un po’ antipatica, un po’ violenta. Però contiene quell’humus misterioso che ha permesso di crescere a tutto il mio immaginario, e che proprio non troverei altrove. È un misto di fredda poesia delle strade, di tradizioni culturali, di subconscio, di pittori del ’900, di storia dell’architettura un po’ gelata, di grandi e storici designer, di gloriose riviste di architettura. Io sono lì dentro e vivo lì dentro, talvolta bene e anche a disagio. Frequento poco le persone, sto a casa la sera, la società borghese ufficiale è brutta e mi rende timido. Frequento invece una Milano immaginaria, che nasce dentro di me nei sogni notturni. In quel modo cammino per strade che non esistono, entro in chiese fantasma, vado a comperare il pane in negozi sconosciuti, surreali, trovo oggetti, incontro persone simpatiche, e tutto avviene stando seduto sul mio comodo divano kitsch, e leggendo romanzi di autori lontani. Io sono cioè come quegli animali che sono capaci di stare solo all’interno di un certo microclima, per esempio nel buio ovattato di una caverna, e se escono alla luce non sopravvivono. Del resto il “designer milanese” è un animale in via d’estinzione. E poi un dato curioso: io come architetto non ho quasi mai costruito nulla a Milano. Non mi è mai capitato di alzarmi la mattina e andare in un mio cantiere a piedi o in tram… I miei lavori sono sempre lontani, anzi lontanissimi…
252 | Lettera a Milano
Disegno Magazine, Londra, dicembre 2015
Lettera a Milano | 253
















