Insieme nr. 20 agosto 2012

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Periodico della Parrocchia S. Maria Assunta in Brembate di Sopra Anno IV - N. 20 - Agosto 2012


Come ricevere il giornalino parrocchiale "Insieme"? Poiché molte persone hanno chiesto chiarimenti su come ricevere a casa il giornalino parrocchiale "Insieme", ecco alcune precisazioni che speriamo possano essere utili. 1) Il nome e l'indirizzo vanno consegnati UNA SOLA VOLTA in sacrestia. 2) La quota chiamata "di abbonamento" o "quota annuale" (di euro 12,00) è un'offerta. Tali offerte si raccolgono in chiesa nella cassetta con l'indicazione "INSIEME" oppure in sacrestia. In copertina: La Vergine Maria Assunta dagli Angeli nella gloria di Dio. Affresco di pittore anonimo sotto la volta della Chiesa parrocchiale (anno 1720 circa).

Direttore: don Corinno Scotti Direttore responsabile: Davide Agazzi

E' inutile allegare all'offerta il nome e l'indirizzo (se sono già stati dati). E' un'offerta libera per sostenesostenere le spese della stampa.

Sommario

Editore: Parrocchia S.Maria Assunta, Brembate di Sopra

Stampa: Guerre Serigrafia Ghiaie di Bonate Sopra Redazione: don Carlo, don Matteo, Max, Marco, Luca, Luisa, Chiara, Luciano, Giuseppe

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Impaginazione ed elaborazione foto: Max, Luciano

5 Vita parrocchiale

Foto: Max Collaboratori: don Corinno, Marco, Luca, Chiara, Gio & Gio, Giorgia, Jacopo, Federica, don Carlo, Luisa, don Manuel, Riccardo, Giuseppe

E-mail: insieme@oratoriobrembatesopra.net Sito web: www.oratoriobrembatesopra.net AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE BERGAMO N. 28 DEL 20.10.2008

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18 La voce dell’Oratorio 22 Attualità 29 Associazioni e gruppi


che di più profondo e intimo c’è nell’uomo. Per la verità non è necessario essere esperti per renderci conto che la pratica religiosa va diminuendo sempre di più. Ma nessuno potrà mai contare le preghiere di invocazione, di angoscia, di lacrime - e neppure le gioie, gli sguardi, i sorrisi, le cose belle. Non sono forse preghiere anche queste? È vero che i modi di pregare cambiano con i tempi e con la vita. Quelli che hanno la mia età ricorderanno che noi abbiamo imparato a pregare prima che a credere. La preghiera dava i contenuti alla fede. A credre cioè che c’è un Padre di tutto, che c’è un angelo che guida la vita che la mamma di Gesù è Maria ed è più bella e più buona della nostra mamma. Quando battezziamo i bambini, le catechiste

I responsabili dell’Osservatorio Astronomico del nostro paese informano che ogni anno sono oltre 60.000 le persone che salgono sulla Torre del Sole per guardare il cielo. Sono soprattutto ragazzi delle scuole. Mi pare che la missione della Chiesa, di noi preti, ma anche di ogni mamma e papà sia come quella degli incaricati dell’osservatorio, far vedere il cielo. Far scoprire che in ognuno di noi c’è una forza di gravità all’incontrario, che attira verso l’alto. Non certo per dimenticare la terra con i suoi problemi, ma perché solo guardando il cielo anche la terra diventa più bella. Ecco è proprio questo il senso delle celebrazioni per la Madonna Assunta. Lei, la Madre del Signore è stata assunta nella gloria di Dio. Ma a pensarci bene, credo che Maria pur nella gloria di Dio non è, non può essere del tutto felice. Vorrebbe dire che non le importa nulla dei suoi figli. La sua gioia è quando noi siamo nella gioia. Ma non può non piangere quando vede la sofferenza dei suoi figli. È mamma, e solo una mamma s’accorge quando come a Cana di Galilea manca il vino della gioia. E solo lei può chiedere al suo figlio la sovrabbondanza della gioia. don Corinno

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i questi tempi vanno di moda inchieste e statistiche di tutti i tipi e sugli argomenti più disparati. Non possono mancare inchieste che riguardano la fede e la sfera del sacro in generale. Ma sono convinto che se c’è una cosa che sfugge ad ogni inchiesta e che nessun statista può calcolare è la fede, perché riguarda ciò

battesimali chiedono ai genitori di dire una preghiera per il loro bambino. Sono preghiere bellissime perché quando si ama si prega e si prega benissimo. Mi commuove sempre vedere i nonni che portano i nipotini davanti all’altare della Madonna ad accendere un cero. A volte resto ad ascoltare le parole che suggeriscono ai loro nipotini. Mi piace anche ricordare un gesto che facciamo quando celebriamo i funerali. Chiedo al figlio maggiore del defunto di accendere il cero pasquale posto accanto alla bara e spiego che proprio quel cero l’ha acceso il papà con la mamma nel giorno del battesimo:”ti dono una luce nuova, è la fede che deve illuminare, dare significato alla tua vita. Ora il figlio crede che quella luce rischiara anche l’oscuraità della morte e dona la luce perpetua.

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Ecco una bella preghiera di un poeta russo Dostoieski. Parla della gioia di Dio per noi. E noi ce la auguriamo a vicenda nella festa dell’Assunta.

“Signore, facci ricordare che il tuo primo miracolo, alle nozze di Cana, lo facesti per aiutare alcuni uomini a far festa, facci ricordare che chi ama gli uomini, ama anche la loro gioia, perché senza gioia non si può vivere… facci comprendere, Signore, che il paradiso è nascosto dentro di me Ecco, ora è qui, nascosto dentro di me. Se voglio, domani stesso, comincerà a brillare veramente per me e durerà tutta la vita”.

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Alla Madonna Assunta

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Ave Maria, Quante volte ti abbiamo ripetuto questo saluto. È la prima preghiera che abbiamo imparato dai nostri genitori. È la preghiera che abbiamo insegnato ai nostri figli e ai nostri nipoti. Poi una volta cresciuti, forse non sempre ci ricordavamo di pregarti. Adesso abbiamo tanto tempo anche per recitarti tutto il Rosario. Per noi di Brembate è da sempre una bella abitudine guardare in alto e vedere Te, o Maria, collocata in cima alla chiesa, luminosa come il sole, ragginate come le stelle che annunciano la speranza del nuovo giorno. Oggi è la tua festa, e la nostra presenza è preghiera e gioia. Contenti che tu sei arrivata a casa, dove anche noi sogniamo di poter giungere. Sai, Maria, la nostra età e la salute ci ricordano che il paradiso non è lontano.

E allora il cuore è avvolto da due sentimenti: la paura della solitudine e della malattia; la paura di dar fastidio e addirittura di pensare che la nostra vita non serva più a nessuno. Madre di Gesù, vogliamo che l’attesa, la speranza ci inondino il cuore e che possiamo essere belli e luminosi per dare buon esempio ai nostri cari e contagiare anche loro di molta serenità. Non permettere che la nostra sofferenza ci faccia chiudere in noi stessi e ci renda insofferenti e pieni di pretese. Aiutaci a credre che la nostra vita è preziosa ai tuoi occhi. Adesso che non possiamo più fare tutte le cose che eravamo abituati a fare, aiutaci a credere che possiamo ancora amare, soffrire, donare. Così la nostra vita e la nostra comunità diventeranno più belle, fecondate dal nostro sacrificio. Che la nostra esperienza di vita ci renda saggi e capaci di consigliare con discrezione le nuove generazioni. Ricompensa tu le persone che ci assistono con tanto amore e pazienza. Amen.

Il Gruppo Missionario Africa 73, organizza dal 1 al 9 settembre presso la casa di Riposo, una Mostra-vendita del Fai da te a favore dei missionari brembatesi. Chi avesse da donare oggetti, realizzati con manualità e creatività, li consegni entro il 30 agosto agli incaricati del Gruppo Missionario.


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CALENDARIO PARROCCHIALE AGOSTO 3 Venerdì. Anniversario della dedicazione della chiesa parrocchiale (3 agosto 1734). 4 Sabato. Dal mezzogiorno di oggi e per tutta la giornata di domani è possibile acquisire l’Indulgenza plenaria del Perdono d’Assisi, applicabile anche ai defunti, alle solite condizioni: visita alla chiesa, recita del Padre nostro e del Credo, recita di una preghiera secondo l’intenzione del Papa, essere confessati e comunicati. 5 Domenica XVIII del Tempo Ordinario. Ore 10.30: Celebrazione dei battesimi. 6 Lunedì. Trasfigurazione del Signore.

24 Venerdì. S. Bartolomeo, apostolo. 26 Domenica. S. Alessandro, martire, patrono della città e della diocesi di Bergamo.

SETTEMBRE 1 Sabato. VII Giornata nazionale per la salvaguardia del creato. 2 Domenica XXII del Tempo ordinario. Ore 11.45: Celebrazione del battesimo. 7 Venerdì. Ore 11.00: Matrimonio Alborghetti - Aldegani. 8 Sabato. Natività della Beata Vergine Maria 9 Domenica XXIII del Tempo ordinario.

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14 Venerdì. Esaltazione della S. Croce. Ore 16.00: Matrimonio Loda – Bergamelli.

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15 Sabato. Beata Vergine Maria Addolorata. Ore 11.00: Matrimonio Mangini – Rota. Ore 20.30: Concerto de “La nota in più”, orchestra di ragazzi disabili. 16 Domenica XXIV del Tempo ordinario. Ore 16.00: Celebrazione del battesimo. Chiusura della settimana del volontariato.

Inizia la Novena dell’Assunta (Vedi programma a parte). 34° Anniversario della morte del servo di Dio Papa Paolo VI. 9 Giovedì. S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), vergine e martire, Patrona d’Europa. 10 Venerdì. S. Lorenzo, diacono e martire. 12 Domenica XIX del Tempo ordinario. Pellegrinaggio parrocchiale a Chiampo e Padova. 15 Mercoledì. Assunzione della Beata Vergine Maria. 19 Domenica XX del Tempo ordinario

21 Venerdì. S. Matteo, apostolo ed evangelista. 23 Domenica XXV del Tempo ordinario 29 Sabato. Ss. Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. 30 Domenica XXVI del Tempo ordinario.

OTTOBRE 4 Giovedì. S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. 7 Domenica XXVII del Tempo ordinario.

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Cronaca parrocchiale 7-9 giugno Celebrazione delle Quarantore Le Quarantore sono giornate particolarmente importanti per la vita di una comunità parrocchiale. Per tre giornate, infatti, l’eucaristia è stata al centro della nostra attenzione. Le giornate, infatti, sono state scandite dall’adorazione a Gesù esposto. Nei giorni precedenti è stato allestito l’altare, che da chissà quanto tempo rappresenta queste giornate. La messa dava inizio alla giornata, seguita dall’esposizione del Santissimo, accompagnata da una meditazione. Lungo il giorno si succedevano vari momenti i preghiera e di adorazione. La conclusione era affidata ancora alla celebrazione della messa. Tra i momenti più belli c’è sicuramente la messa nella mattinata di venerdì 8 giugno, animata dai ragazzi disabili. Nella comunità ci sono anche loro e lo sono in modo creativo e costruttivo.

Questa celebrazione degli anniversari ha idealmente terminato l’anno pastorale. Numerose coppie di sposi si sono ritrovate in chiesa per ringraziare il Signore per la loro vita coniugale e per il dono dei figli. Alla circostanza si è aggiunto il ricordo del 35° anniversario di ordinazione sacerdotale di Don Carlo. Durante la messa il clima festoso ha contrassegnato i vari momenti. In particolare si ricorda la benedizione degli sposi: don Carlo è passato con l’acqua benedetta per benedire idealmente le fedi nuziali. Il pranzo comunitario ha completato la festa all’oratorio. 25 giugno Inizio del CRE Il CRE segna l’estate dei nostri oratori e per tanti ragazzi rappresenta un forte momento educativo e di socializzazione. Sicuramente per chi organizza è molto impegnativo e certa-

12 giugno Consiglio Pastorale Parrocchiale 15 giugno Sacro Cuore di Gesù 17 giugno Festa degli anniversari di matrimonio - 35° di ordinazione di Don Carlo

mente si devono infondere enormi risorse, ma tutto questo è fatto per i bene dei nostri ragazzi. Per loro, infatti, il mese del CRE non è solo un modo per passare l’estate in assenza della scuola, ma è anche un’occasione per stare con gli altri, imparando a condividere con gli altri la propria vita e la propria esperienza. 26 giugno Chiusura dell’anno scolastico della scuola materna

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La solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo pone il sigillo alle Giornate eucaristiche. Nella messa delle ore 10 abbiamo terminato l’anno catechistico. Ringraziare il Signore per l’esperienza di fede vissuta durante un intero anno di catechismo, è più che doveroso. Lo abbiamo fatto durante la messa domenicale che, nella vita della comunità cristiana, costituisce il momento centrale della sua vita. Nel pomeriggio si è svolta la processione con il Santissimo, presieduta da P. Corrado Maggioni. In questo modo abbiamo voluto festeggiare P. Corrado nel 30° della sua ordinazione sacerdotale. Per la verità la processione si è svolta con il pericolo incombente della pioggia. Per questo motivo la processione è stata leggermente accorciata per arrivare in chiesa il più presto possibile. P. Corrado ha ringraziato il Signore per il suo sacerdozio e ha invitato la comunità ad accompagnarlo con la preghiera.

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10 giugno Ss. Corpo e Sangue di Gesù Chiusura anno catechistico - 30° di ordinazione di P. Corrado Maggioni


Verbale del Consiglio Pastorale del 22 maggio 2012

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Si è riunito, dopo qualche mese, il Consiglio Pastorale durante il quale si è discusso l’ordine del giorno proposto.

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1. Don Corinno ha ricordato quanto la vita quotidiana assorbe il nostro tempo con le celebrazioni e tutte le attività parrocchiali. Si è improntato tutto il nostro lavoro seguendo le direttive proposte per l’anno pastorale: Famiglia - Lavoro - Festa. Tante le attività svolte, ma la più importante è rappresentata dai venerdì di quaresima con le riflessioni di persone qualificate che hanno trattato il tema del piano pastorale diocesano. Oltre al lavoro appassionato dei sacerdoti, molte sono state le collaborazioni volontarie in parrocchia, ma don Corinno ha ricordato che per i cristiani non dovrebbe esistere il volontariato, ma il dovere di servizio alla comunità cristiana. Il primo servizio è la preghiera, e molte sono le persone che pregano e sempre nella nostra chiesa è presente qualcuno. La chiesa è formata da tre realtà: l’edificio luogo di culto, la comunità dei credenti e l’auto-rità rappresentata dal Papa, dai Vescovi e dai Sacerdoti. Si è ricordato che in chiesa non vanno i più buoni, ma quelli che si sentono salvati, ed è questo il vero sentimento di umiltà. Don Corinno ha parlato ancora di Yara, il dono che Dio ha fatto alla nostra comunità, e che è sempre ricordata nelle nostre preghiere. Non ha nascosto però una certa amarezza nel ricordare che, fuori dal nostro paese, a lei vengono dedicati parchi, palestre ed aule scolastiche ed alla parrocchia è stato negato un segno che la ricordi e cioè la pubblicazione del libro con le preghiere dei concittadini, le riflessioni di tante altre comunità e personalità anche molto lontane da Brembate. Ha ricordato anche la situazione economica difficile che stiamo vivendo e l’impegno della Caritas che rappresenta la partecipazione e l’attenzione verso i poveri di tutti i parrocchiani. Tutti noi dobbiamo tenere presente che al Signore non interessa tanto quello che fai, ma perché lo fai. 2. Don Matteo ha parlato della partecipazione al Congresso mondiale delle famiglie che si terrà a Milano con il Santo Padre il 2 e 3 giugno prossimo. Parteciperanno a questo evento anche 119 nostri parrocchiani che partiranno su 2 pulman alle 5,30 del mattino, viste le difficoltà logistiche per i mezzi provenienti da tutta Italia. Ha ricordato che continuano le riunioni del gruppo famiglie con una buona partecipazione con attività di preghiera, confronto e svago.

Ha ricordato inoltre l’inizio il 25 giugno del CRE al quale si sono iscritti in 400 sotto la guida di 3 coordinatori ed 80 animatori, per la maggior parte volontari. Riceveranno un compenso economico solo i 3 coordinatori e 10 animatori che lavorano con i ragazzi da tutto l’anno. Il Baby CRE durerà tutto il mese di luglio con le stesse maestre della Scuola Materna. Ha inoltre comunicato che si è formato il Consiglio dell’Oratorio che sotto la sua guida riflette sul lavoro da svolgere e sull’orga-nizzazione. Quest’anno ricorre il ventennale del nostro Oratorio e si sta pensando a possibili iniziative. 3. Don Carlo ha parlato della attività dei Catechisti Battesimali che sono una decina. Il lavoro dei catechisti non è solo quello di preparare le famiglie al Battesimo dei figli, ma di continuare gli incontri anche dopo il Battesimo allo scopo di mantenere vivo il valore del Battesimo e l’educazione cristiana che la famiglia è chiamata a trasmettere ai figli. E’ questo anche un modo per tenere unite le famiglie della nostra comunità. 4. Giovedì 31/5 si terrà a Bergamo, in concomitanza con l’incontro mondiale delle famiglie, un convegno che ha per tema ‘’ Progetto di vita dei giovani e futuro del lavoro’’. Pur essendo molto importante l’argomento trattato, a causa degli impegni di lavoro, per la nostra Parrocchia parteciperanno solo il Parroco ed altre 3 persone. 5. Il nostro sacrista sig. Luigi va in pensione il 30/6 prossimo dopo anni di lavoro svolto con passione, competenza e molta disponibilità. Per riassumere la descrizione del suo operare si può dire che Luigi ha trasformato il lavoro di sacrista in una missione. Diventa molto difficile perciò la sua sostituzione. Don Corinno pensa di proseguire per alcuni mesi con un gruppo di volontari sotto la guida e la disponibilità di Luigi. Molti hanno suggerito di assumere un nuovo sacrista a tempo pieno, e questo sarà l’orientamento da seguire. Risulta però molto difficile trovare la persona giusta. In due si sono già offerti, ma don Corinno non li ritiene idonei a svolgere questo delicato compito che richiede impegno e presenza non solo nelle festività ma anche durante i giorni della settimana (un esempio sono i funerali). Si è deciso di festeggiare Luigi con un pranzo aperto a tutti i parrocchiani e di offrire a lui ed alla moglie il pellegrinaggio diocesano in Polonia. P.S. Luigi, consultato dal Parroco, ha dato un deciso rifiuto alla proposta di pranzo e pellegrinaggio. Con la recita della Compieta è terminata la nostra riunione.


1. Per quanti anni ha fatto il sacrista? Ho lavorato come sacrista per 18 anni di cui 9 con don Panfilo e 9 con don Corinno 2. Cosa faceva prima? Lavoravo come operaio alla Gildemeister 3. Perché ha cambiato lavoro e ha scelto di fare il sacrista? Non si può dire che io abbia scelto di fare il sacrista, anche perché in ditta mi trovavo bene, avevo i miei orari precisi che mi consentivano di coltivare anche la mia passione per la bicicletta con gli amici. Le cose sono capitate un po’ così per caso. Una domenica ero in chiesa e durante gli avvisi alla fine della messa, don Panfilo ha detto alla comunità che cercava una persona che volesse fare il lavoro del sacrista, visto che prima con don Presti non c’era un sacrestano fisso, ma questo servizio veniva svolto da volontari. Io ero ancora giovane, non avevo ancora quarant’anni, ma questa possibilità di un lavoro molto diverso da quello che facevo, ha cominciato a “rugarmi dentro”. Ne ho parlato con don Vanni che ha fatto da intermediario con don Panfilo, da cui sono stato chiamato qualche giorno dopo. Ho chiesto un periodo di ferie alla ditta e ho fatto quindici giorni di prova, alla fine dei quali ho preso la mia decisione. Ho dato il preavviso al lavoro per potermi licenziare e così ho cominciato a lavorare al servizio della Chiesa. Nella mia famiglia non lo sapeva nessuno, né mia moglie né i miei figli, ai quali l’ho detto quando praticamente avevo già preso la mia decisione e organizzato tutte le cose. Mia moglie mi ha incoraggiato dicendomi che se era una cosa che sentivo e che mi piaceva dovevo farla … e così è cominciata la mia avventura. 4. Quali sono stati gli aspetti più belli del suo lavoro? È stato un lavoro che mi è piaciuto tanto, le ore non mi pesavano assolutamente ed ho sempre avuto tanta passione. Ho visto tanta gente pregare con molta fede e questo mi ha molto colpito. Quando mi capitava di andare in giro in montagna o in bicicletta, per esempio, e passavo davanti ad una chiesa, andavo dentro a vederla, anche per prendere qualche spunto, qualche idea che poi avrei potuto realizzare a Brembate. Una volta mi ricordo che don Panfilo mi disse di andare nella chiesa di sant’Alessandro in Colonna a Bergamo per guardare come era stato parato l’altare. Io sono andato con la mia bicicletta e con la macchina fotografica,

5. Quali sono stati invece gli aspetti più faticosi? I periodi più faticosi sono in occasione delle feste grandi, perché devi preparare tante cose ed hai sempre paura di aver dimenticato qualcosa. Non ci sono mai orari, quasi sempre si va oltre l’orario di apertura della Chiesa. Per fortuna ho sempre avuto tanti volontari che mi hanno dato una mano, soprattutto nelle grandi occasioni. Io li chiamavo “i miei operai” e mi piaceva pensare che quando lavoravo in ditta ero un operaio, mentre adesso in Chiesa mi sentivo quasi un imprenditore che “comandava” i suoi operai. 6. Lavorare per la Chiesa ed avere una famiglia comporta dei sacrifici … Io ho avuto la fortuna di avere con me mia moglie che mi ha capito e che mi ha sostenuto in questo lavoro, altrimenti è dura. Il rammarico più grosso è stato quello di non avere mai avuto molto tempo per i miei figli, non li ho visti crescere perché ero sempre occupato e per tutte le cose della famiglia ci ha pensato mia moglie. Sicuramente anche per i miei figli non sarà stato facile avere un padre che non c’era mai, ma ora con la pensione spero di potermi dedicare di più alla mia famiglia. 7. Quanti parroci e curati ha servito? Come parroci don Panfilo e don Corinno, mentre come curati don Vanni, don Faustino, don Giuseppe, don Gustavo e adesso don Matteo. 8. Può dire qualche aneddoto sui parroci? Don Panfilo era un tipo molto esigente, preciso, che non parlava tanto, ma era buono. Don Corinno è diverso, è più espansivo, meno esigente, è buono e gli va bene tutto. 9. Ha qualche progetto per la pensione? Spero di vivere ancora un po’… Non amo fare viaggi e non lo desidero, ma vorrei riprendere ad andare in bicicletta e continuare a fare qualche bella camminata in montagna. Poi, come ho detto prima, stare più vicino alla mia famiglia. Chiudo queste mie semplici righe con una considerazione personale, che mi è venuta durante questa intervista e che continua anche ora, che sono davanti alla tastiera del mio computer. Parlando con Gianluigi, che è stato molto cordiale e che mi ha fatto vedere con la stessa passione delle sue parole i tanti oggetti che conserva in casa e che testimoniano la “memoria storica” e della fede del nostro paese e della sua vita, ho capito che il suo non è stato un semplice lavoro, ma una vera e propria vocazione. E di questa sua passione ne abbiamo “goduto” un po’ tutti quando, andando in Chiesa, trovavamo tutto pronto, perfetto, preciso e significativo. Anche questo è un modo per amare il Signore. Grazie! Marco

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Carissimi amici di Brembate, in questi giorni ho avuto l’occasione di fare un’intervista al nostro ormai “ex” sacrista Gianluigi, che, in barba a tutti gli ormai noti innalzamenti dell’età pensionistica, è riuscito ad andare in pensione. È stata proprio una piacevolissima chiacchierata, di cui vi riporto i tratti essenziali e principali.

ho scattato un po’ di foto e poi, in occasione della festa, ho addobbato il nostro altare proprio come quello a Bergamo.

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INTERVISTA A …


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Riflessioni sulla Cresima

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“Dio abita la nostra crescita”. Questo è il tema che ci ha accompagnati durante l’anno catechistico 2011-2012, portandoci al sacramento della Confermazione. Un tema sicuramente impegnativo, ampio da sviluppare, che ha lasciato ad ognuno di noi, ragazzi e catechisti, la possibilità di meditare, aiutati dallo Spirito Santo (nostro accompagnatore), sul proprio cammino di fede e di vita cristiana. Sì, perché la fede vissuta e l’incontro con Gesù è stato per ognuno di noi un camminare verso ... e con... La fede non è mai un percorso privato fatto da soli ma insieme a ..., è sempre e comunque una relazione. Il salmo 138 ha introdotto il nostro percorso e predisposto il nostro cuore nella nostra mente per poter scoprire come Dio da sempre desidera l’incontro con l’uomo di ieri come l’uomo di oggi. “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo, penetri da lontano i miei pensieri...”. Da questo si capisce che il Signore non è spettatore del mio vivere, del mio amare, del mio soffrire, ma mi accompagna, abita con me, mi

conduce per il giusto cammino, basta solo che mi rendo conto che solo con Lui la mia vita è felice e serena. E, poco alla volta, abbiamo scoperto quanto Dio ci ama e ha cura delle sue creature. Abbiamo imparato tutti insieme ad aprire gli occhi, le orecchie, abbiamo usato tutti i nostri sensi per sentire, ascoltare, guardare, comprendere la realtà del nostro mondo e della nostra vita come quella del mondo e della vita del popolo di Israele. Con stupore e meraviglia abbiamo incontrato lo Spirito di Dio, che ancora prima dell’uomo aleggiava sulle acque (Genesi 1,1-2,4). Ovunque nasce la vita, agisce lo Spirito creatore. Abbiamo viaggiato con la Santa Bibbia percorrendo i secoli e da sempre in parallelo con l’uomo di tutti i tempi, lo Spirito di Dio viaggiava con lui. Abbiamo incontrato i profeti da Isaia a Ezechiele, da Daniele a Giovanni il Battista, attraversando tutta la storia dell’uomo e con meraviglia ci siamo detti che il cuore dell’uomo di ieri non è diverso dal cuore dell’uomo di oggi. Ieri come oggi l’uomo ha bisogno di amore per essere una persona completa. Dio ha sempre parlato con l’uomo e parla ancora oggi ad ognuno di noi, in questo povero mondo un po’ confuso secolarizzato. Ancora oggi Dio effonde il suo Spirito rendendoci testimoni del suo e del nostro vangelo, trasformando la nostra vita in un’avventura meravigliosa, degna di essere vissuta. Domenica 11 dicembre 2011, dopo aver riflettuto sulla parola di Dio, i nostri ragazzi sono stati presentati alla comunità durante la celebrazione eucaristica delle ore 11,15. È stata una tappa importante e fondamentale perché ha aiutato i ragazzi ad uscire dalle loro personali visioni della fede per poi incontrare la comunità tutta intera (adulti, ragazzi, anziani); una comunità pronta ad accogliere indicando loro la gioia del servizio secondo il proprio dono ricevuto per il bene dell’intera chiesa. Infatti, una fede vissuta al di fuori della Chiesa di Dio non è fede secondo Gesù Cristo perché i sacramenti stessi vengono ricevuti e vissuti nella comunità. Il ritiro a Fontanella di Sotto il Monte è stato un altro momento importante per tutti noi, sia per il luogo molto suggestivo che predispone all’incontro e alla preghiera, sia per lo stare insieme una giornata intera tra meditazione, preghiera, gioco, Santa messa. In questo meraviglioso e prezioso percorso, Don Carlo ci ha accompagnati, visto la sua esperienza con i ragazzi è riuscito a tenere alta l’attenzione portando tutti noi a scoprire


conciliazione e della tolleranza, della solidarietà e della condivisione, le vie che portano al cielo. Cari ragazzi, la Chiesa universale apre le porte della vostra missione. AUGURI! Siamo con voi. È giunto il momento di iniziare... I vostri catechisti

Di seguito alcuni pensieri dei nostri ragazzi: Con la Cresima avrò un futuro in cui potrò testimoniare la Parola e l’insegnamento che Gesù mi ha donato nel Battesimo e che mi dona ogni settimana nella Comunione.

Il mio futuro da cresimato lo immagino come un testimone che, senza paura o timore di essere preso in giro, dice “si” all'insegnamento di Gesù.

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Per vivere coerentemente la mia fede, andrò sempre a messa e a catechismo, seguendo così la strada di Gesù.

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l’importanza e la bellezza della simbologia dei segni della Cresima facendoci riflettere tenendo sott’occhio gli Atti degli apostoli (At 10,3438). “Davvero mi rendo conto che Dio tratta tutti alla stessa maniera...”. Sono stati poi spiegati i segni della Cresima, il ruolo del padrino, lasciando spazio alle domande dove ognuno ha poi risposto personalmente portando lo sguardo un po’ più in là, scoprendo che la Chiesa di oggi ha sempre bisogno come allora dell’opera di ciascuno di noi come pietra viva. Nell’avvicinarsi del giorno della Confermazione, ognuno di noi ha riflettuto sul dono particolare che Dio ci ha donato, cercando ogni giorno di sviluppare questi doni preziosi per costruire insieme l’unico corpo di Cristo: la Chiesa, potenza di una cresima autentica, il sacramento che fa grandi e forti. Nel ricordo di quel “giorno” ad ogni ragazzo/a è stata regalata una croce Tau con il proprio nome inciso, come a ricordare per sempre l’appartenenza a Dio in un unico e meraviglioso abbraccio. A tal proposito, un grazie particolare va a Mons. Arellano che ci ha portato una ventata di Ecuador e ci ha coinvolti nella gioiosa bellezza della Chiesa universale, a Mons. Cadei per la sua amorevole presenza di padre che ci ha accompagnato in un cammino di riflessione sul senso di seguire Gesù e la sua Chiesa e a entrambi per averci fatto capire come la Cresima sia un punto di partenza e non di arrivo nella comunità. Adesso è tempo per i ragazzi di essere nel mondo, consapevoli testimoni della giustizia e della pace di Dio, di indicare a tutti con le parole e soprattutto con la vita le strade della ri-

Penso di poter consigliare la Cresima ad altre persone, spiegando loro cosa è Dio per me.


XX Anniversario di ordinazione sacerdotale di don Alberto Brignoli Nell’ultimo anno la vita comunitaria ha visto più momenti di celebrazione e di festa per i nostri sacerdoti, al servizio della Parrocchia o originari del Paese. Dal saluto a Don Gustavo al benvenuto per Don Carlo e Don Matteo. Ma anche per gli

A Pongo in Bolivia con l’Arciv. Mons. Tito solari.

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contesti che possono apparire tra loro opposti ma accomunati dall’unico filo della pastorale evangelica al servizio delle comunità missionarie. Prima “sul campo”, in America Latina e, da qualche anno dietro la scrivania, “nella stanza dei bottoni”. Ma sempre e comunque con la valigia, “ la bisaccia, il bastone e i sandali” pronti per mettersi in viaggio. Riavvolgiamo per un attimo la pellicola della vita e ritorniamo prima ancora della consacrazione, fino al momento della vocazione. Quando e come è cominciato questo tuo lungo cammino? Quali i ricordi e i momenti salienti?

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Il giorno della mia prima Messa entrando in chiesa.

anniversari di sacerdozio di Don Corrado e Don Carlo. Ora, quasi a chiusura di questo anno ricordiamo il ventesimo di sacerdozio di Don Alberto Brignoli. Tra un affare e l’altro di Vaticano siamo riusciti a contattarlo per ripercorrere il ventennio appena trascorso. Un poco per le tante domande formulate e ma soprattutto per la ricchezza delle risposte e riflessioni proposte, il risultato è stata quest’intervista-fiume, che in nessun modo ci siamo sentiti di riassumere o sfoltire almeno in parte e che proponiamo integralmente … Don Alberto, auguri da parte di tutta la comunità di Brembate di Sopra. Vent’anni da raccontare, con più esperienze, in ambiti e

Hai proprio ragione … il cammino è lungo, e risale a quasi trentacinque anni fa! Allora con la mia famiglia abitavamo ancora a Bergamo, nella parrocchia di Celadina, ed è lì che è nato il mio desiderio di diventare “come il mio curato dell’oratorio”, sempre in mezzo ai ragazzi, allegro, pieno di aiuti e di consigli per tutti. Quando lui ha capito che quel desiderio probabilmente era una vocazione, allora mi ha avviato agli incontri vocazionali in seminario, fino poi a iniziare il lungo cammino di formazione. Era il 17 settembre 1978. Ricordare ora i momenti salienti sarebbe difficile, bisognerebbe menzionarne troppi. Li voglio ricordare tutti, questi quattordici anni di seminario, giorno dopo giorno, fatica dopo fatica, gioia dopo gioia, soddisfazione dopo soddisfazione: e vorrei poter dire “grazie” per ognuno di quei giorni; e voglio poter dire “Dio” presente in ogni istante della mia vita, di seminarista prima e di prete poi. Soprattutto quando Dio mi ha fatto soffrire un distacco, quello dalla mia parrocchia di origine, per darmi una gioia più grande, ovvero affidarmi – era il 1983 – alla mia parrocchia “adottiva”, quella di Brembate Sopra, quella che ormai sento parte di me, come un figlio sente di essere parte di una famiglia straordinariamente piena di amore. Perché questo è ciò


no, dicendomi: “Tu? Ma scusa … la missione, per te, non è qui?”. “Faccia come crede – gli risposi – ma io ci voglio andare”. Passarono quasi tre anni, ma la mia Chiesa di Bergamo mi ha fatto questa grazia; una grazia che mi ha letteralmente sconvolto e cambiato la vita. Ora, non posso più fare a meno della missione: mi mancherebbe l’aria che respiro!

Una vita consacrata al servizio delle missioni. Una scelta importante ma anche difficile, che porta lontano, che separa materialmente per lunghi periodi dal contesto in cui si è cresciuti, dai propri cari, per calarsi in una realtà spesso profondamente diversa da quella in cui ci siamo formati. Quando nel cammino della tua vocazione ha iniziato a delinearsi questa rotta verso cui spiegare le tue vele? È proprio il caso di dire che Dio scrive dritto sulle righe storte della nostra vita … Quando, in seminario, ci veniva prospettata dai superiori la possibilità di fare un’esperienza missionaria in una delle nostre missioni diocesane, sempre rispondevo: “Ma che missione … la missione è qui, che bisogno c’è di andare all’estero?”. E la cosa è andata avanti parecchio, almeno fino al 1994, due anni dopo il mio arrivo a Monterosso. Ma Dio ha deciso di farmela pagare, e di tappare la bocca alle mie banali e lapidarie affermazioni. Era l’estate del 1994, avevo bisogno di una ricarica, di uno stimolo nuovo, dopo i primi due anni in oratorio, in cui le cose andavano bene, ma era tanta anche la fatica. E allora, con un gruppetto di giovani ho deciso di fare questo viaggio di un mese circa per visitare in Bolivia un mio caro amico sacerdote, ma senza grandi pretese: andiamo a vedere com’è ‘sta Bolivia... Beh, l’esito del viaggio è facilmente intuibile! Nel 1995 vi sono tornato per altri venti giorni: è stato il colpo di grazia. A parole non puoi descrivere cos’è che ti conquista, di quella terra; come un innamorato non sa perché viene “stregato” dallo sguardo della sua ragazza, credo una cosa del genere … Andai dal carissimo e compianto Mons. Amadei e gli dissi: “Quando lei ha bisogno di un prete per la Bolivia, io ci sono”. Mi ha guardato un po’ stra-

Rientrando, non sapevo cosa avrei fatto, e avevo anche un po’ paura, perché temevo che non mi sarei trovato bene, in Italia, dopo tanto tempo. Ero certo solo di una cosa: alla missione che mi aveva dato tutto, avrei restituito tutto. E così, accetto la proposta di Mons. Amadei di ripartire come missionario dentro l’Italia, in una diocesi bisognosa di clero come quella di La Spezia. Un’esperienza breve, troppo breve, forse (solo 10 mesi), ma senz’altro molto significativa, visti i legami che a 5 anni di distanza riesco ancora a mantenere con diversi miei ex parrocchiani. Significativa, anche per il fatto che in quella chiesa povera, semplice, essenziale (paesaggisticamente, uno spettacolo..) mi sono sentito più che mai missionario. Poi arriva la chiamata della Conferenza Episcopale Italiana per il servizio alla missione: prima in ordine alla formazione (4 anni al Centro Unitario Missionario di Verona) e ora in ordine alla coordinazione e alla cooperazione missionaria, “dall’altra parte della scrivania”, qui presso la Segreteria Generale della CEI a Roma, nell’Ufficio Missionario Nazionale. Modalità molto diverse tra di loro, ma comunque sempre legate alla pastorale missionaria e quindi vissute ancora come servizio all’evangelizzazione e alla promozione umana. A questo servizio, il gruppo di amici che in questi anni ha condiviso, direttamente sul campo oppure da casa, la passione per la missione

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che ho ricevuto, e ricevo ogni volta che torno al mio paese.

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Con Mons. Bassano Staffieri, Vescovo di La Spezia.

Poi il ritorno in Italia e il servizio comunque a favore delle missioni, dall’altra parte della scrivania … ma anche l’impegno con la Onlus Amici di Pongo.

Con il card. Rodriguez Marradiaga a Quito.


Con i bambini lustrascarpe a Qujito in Ecuador.

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avviata nel Centro Pastorale di Pongo a Cochabamba, ha deciso di dare una conformazione ufficiale dando vita alla Associazione “Amici di Pongo – Onlus” che da quasi 4 anni promuove e finanzia i progetti della Fondazione ProPongo fondata in Bolivia nel 2005. Ambito educativo, sanitario, pastorale e di promozione umana sono i luoghi di attività dell’accordo tra Fondazione e Associazione che vede il coinvolgimento di circa 100 soci sparsi in tutta Italia, ma soprattutto nella nostra terra bergamasca.

INSIEME

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Spesso, in occasioni di ricorrenze, arriva la classica domanda “cosa cambieresti … cosa non rifaresti …”. Non è per niente interessante come domanda. Del passato abbiamo parlato, guardiamo un poco al futuro. “Fiat voluntas tua …” può andare, ma troppo facile … Prova ad immaginare i prossimi venti anni con lucidità e concretezza. E poi anche un poco con gli occhi di un bambino, sognando ed esprimendo un desiderio. Sono contento che non mi chieda del passato, perché in genere rispondo in maniera laconica ma molto convinto: non ho rimpianti, cambierei molte cose, farei meno errori ma non mi pento di nulla di tutto ciò che ho fatto, perché tutto concorre al bene. Il futuro? Beh … d’immediato continua a esserci Roma con i suoi annessi e connessi. Il mio (come tutti gli incarichi alla CEI) è un incarico a tempo determinato, è triennale e termina il 1 novembre 2013. Che cosa avverrà dopo? In quest’ambiente di lavoro dicono che c’è sempre da aspettarsi di tutto: personalmente spererei di no … e di poter anche dire di no a eventuali richieste delle quali non mi sentirei all’altezza! Il mio incarico mi piace, il lavoro che svolgo, pure. Se quindi posso continuare a dare una mano al mondo missionario, in qualsiasi ambito, ben volentieri. Poi ti dirò: soprattutto quando sono in viaggio da settimane, cambiando fuso orario ogni due giorni, facen-

do quindici scali aerei in due settimane, andando e tornando su e giù dall’Italia (isole comprese) più volte in pochi giorni, mangiando e dormendo dove capita (nel Sud dell’Italia di solito capita molto bene, devo ammetterlo!)… beh, allora mi viene la nostalgia della vita di parrocchia! Vorrei tanto un po’ di stabilità, di tranquillità (relativa, perché non mi pare che fare il parroco oggi sia una cosa tanto pacifica…), di possibilità di avere una comunità di riferimento. Dico così, ma poi so già che combinerei disastri perché il parroco a Bergamo non l’ho proprio mai fatto, in questi venti anni! Un desiderio? Sì, uno grande l’ho: fare in modo che la gente, incontrandomi, possa arrivare più velocemente a incontrarsi con Dio, o quanNel mio ufficio.

to meno a non allontanarsi ulteriormente da lui a causa mia. Il resto è tutto davvero nelle sue mani. Per finire, un saluto e ... alcune righe a testo libero tutte per te, senza interrogatorio!!!. Che cosa posso dire, oltre al “Grazie” che ogni giorno ripeto a Dio per tutto ciò che vivo, e che vorrei poter dire sempre a chi mi stima, mi vuole bene e mi è vicino, soprattutto quando mi dimentico di essere loro riconoscente? Auguro a tutti di vivere la vita con pienezza, intensamente, fino in fondo e senza stancarsi: perché è un treno di occasioni e di opportunità che passa senz’altro una volta nella nostra storia, ma non sappiamo se torna. Su questo treno sono stipati mille sogni, uno per ogni giorno della nostra vita: prendiamone il più possibile, e facciamo che diventino realtà. Luca

L’intervista realizzata dal nostro collaboratore Luca Bonati è molto più lunga. Ci scusiamo per non poterla pubblicare integralmente. Chi desiderasse, la può trovare sul sito internet dell’oratorio.


Anagrafe

FUSTINONI ANNA di Stefano e di Cavenati Elena nata a Bergamo il 12.12.2011 battezzata il 06.06.2012 "Grazie Signore per averci donato Anna. Ti chiediamo di accoglierla e vegliare su di lei. Dacci la forza, il coraggio, la pazienza, la comprensione e la saggezza per crescere Anna nell'amore." CORNAGO EMANUELE di Marco e di Rota Barbara nato a Bergamo il 18.08.2011 battezzato il 17.06.2012 BOSCO GABRIELE ANGELO di Morris e di Valsecchi Elena nato a Bergamo il 27.10.2011 battezzato il 17.06.2012 "Signore, oggi ti affidiamo la vita di Gabriele Angelo, il nostro piccolo "miracolo", chiedendo per lui salute, serenita' e fede di Dio Padre. Gli interminabili giorni di sofferenza che hanno seguito la nascita di Gabriele Angelo, sempre accompagnati però della tua presenza, dalla preghiera e dalla speranza in Te, sono ormai passati, lasciandoci però un grande insegnamento: l'amore tra un uomo e una donna da frutto a una creatura, ma solo grazie al tuo Spirito Santo diventa Vita Preziosa ! Te ne siamo grati, Gabriele Angelo e' la luce della nostra famiglia ! Sostienici ed aiutaci ad educarlo nella fede cristiana e nell'amore verso il prossimo. In questo giorno di grande gioia, la nostra preghiera e' rivolta a tutti i bimbi ricoverati al Reparto di Patologia Neonatale degli Ospedali Riuniti di Bergamo con l'augurio di poter conoscere presto la loro casa. Noi ti preghiamo " . CENTAMORE GRACE di Alessandro e di Arata Nadia nata ad Alzano Lombardo il 06.09.2009 battezzata il 28.06.2012 PICCINI LEONARDO di Lorenzo e di Calsi Elena nato ad Alzano Lombardo il 23.07.2011 battezzato il 01.07.2012

QUARTI ALESSANDRO VINCENZO di Vincenzo e di Fernandez Lisbet nato a Seriate il 13.04.2012 O Padre onnipotente e misericordioso, sostegno nella debolezza, conforto nel pianto, benedici il nostro piccolo Alessandro Vincenzo, aiutalo a crescere nella fede e accompagnalo nel cammino della sua vita.

MATRIMONI META MATTIA con CASTALDO CHIARA il 9 giugno 2012 CENTAMORE ALESSANDRO con ARATA NADIA il 28 giugno 2012 OPINI STEFANO con SERVALLI ALESSIA il 29 giugno 2012 COMO GABRIELE con BUTTIRONI ERICA il 6 luglio 2012 Fuori Parrocchia TURANI VINCENZO con FERRARIO MARA il 7 luglio 2012 alla Madonna della Castagna

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PAGANI ELISA di Alessandro e Zanchi Denise nata a Bergamo il 17.122011 battezzata il 06.06.2012

BETTOSTI MATTIA di Luca e di Zanchi Pamela nato a Bergamo il 26.03.2012 battezzato il 01.07.2012

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BATTESIMI


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FUNERALI

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CAPELLI MARGHERITA ved. Togni di anni 82 morta il 9 giugno 2012.

ZUCCHELLI BASILIO di anni 76 morto il 23 giugno 2012.

ROTA LUIGI di anni 75 morto il 12 giugno 2012.

TIRONI ROSANNA in Kifle Tecle di anni 63 morta il 24 giugno 2012.

GHEZZI SUOR GIACOMINA (Maria) di anni 86 morta il 14 giugno 2012.

PUCCI MARIA ASSUNTA ved. Bernardini di anni 87 morta il 2 luglio 2012.

CASSOLA MARIA PIERINA ved. Poletti di anni 85 morta il 18 giugno 2012.

ROTA MARIA ved. Morlotti di anni 91 morta il 24 luglio 2012.

ROTA NATALE di anni 56 morto il 18 giugno 2012.

Il 6 marzo scorso è morta la signora ROSINA MASCHERETTI ved. Natali Nel testamento ha lasciato € 5.000 per la parrocchia. La parrocchia riconoscente promette preghiere di suffragio e ringrazia sentitamente i familiari.


Ricordo di Suor Giacomina Ghezzi

Nel 1992 viene trasferita nella Comunità del Seminario di Lodi. Qui rimane fino al 2005. Nonostante la poca salute che la indurrebbe a rallentare, suor Giacomina continua a svolgere il suo compito con generosità e amore impegnandosi tutto il giorno con energia, gioia e spirito di sacrificio, tanto che la cucina diventa il suo mondo e il luogo dove vivere la sua obbedienza e la sua missione. Timida, sensibile, docile e buona, è sempre disponibile nei confronti di tutte le sorelle e delle persone con cui collabora volentieri. Scrive: “Metterò maggior impegno nella virtù e sarò perseverante nell’umiltà e nella carità”, infatti è rispettosa, umile e impegnata nelle relazioni che sa intessere in modo molto sereno e costruttivo. Sosta a lungo e volentieri in adorazione davanti a Gesù Eucaristia e nel silenzio della preghiera riceve conforto e luce. Leggiamo nei suoi scritti: “Capisco proprio che Gesù continua, come un tempo, a sussurrare al mio cuore di seguirlo ad essere sua vera sposa... ed ecco il mio desiderio sta rivelandosi...”.

Costruisce la sua solida fede sulle essenziali conoscenze della fede apprese frequentando la catechesi, l’oratorio delle suore Sacramentine e soprattutto la Messa quotidiana. Da adolescente comunica al parroco, don Giovanni Morelli, il suo desiderio di farsi suora e da questi riceve sostegno e consiglio. Il 5 giugno 1946, il parroco stesso presenta all'Istituto la giovane “dal contegno serio e posato, che dona buona speranza di riuscita”. Trascorre l’anno di Postulato nella comunità sacramentina di Suisio e nel 1947 entra in Noviziato a Bergamo per l’anno di formazione. Nel secondo anno di Noviziato è inviata alla comunità di Milano che è al servizio dei Padri del PIME. Emette, a Bergamo, i primi voti il 15 giugno 1949 e quelli perpetui il 19 giugno 1954. Nel 1949 ritorna nella casa del PIME di Milano offrendo generosamente il suo servizio come cuoca.

Nel 2005, a motivo della chiusura della Comunità, è accolta, nella casa di Redona. Qui si impegna ancora in piccoli servizi contenta di riuscire ad essere più unita a Gesù Sacramentato nella preghiera di adorazione. Improvvisamente, la sera del 14 giugno 2012, nel silenzio, che ha sempre amato e nel quale è vissuta, il suo cuore smette di battere. Viene tumulata a Brembate di Sopra il 16 giugno 2012.

Vi t a p a r r o c c h i a l e

Dalla famiglia e dalla comunità parrocchiale riceve esempi luminosi, che lei accoglie con gioia e da essi è aiutata a relazionarsi serenamente con le giovani compagne.

Per ben 57 anni, Sr Giacomina “consuma” la sua vita in un’amorevole “missione” a favore dei ministri di Dio e dei missionari del Regno.

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Suor Giacomina, Maria Ghezzi, nasce il 28 luglio 1925 a Brembate di Sopra (BG).


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Vilminore, Branzi, Gandellino, Clusone, Castione.. Queste le mete dei campi scuola estivi degli ultimi cinque anni. Ogni anno si è respirata un'aria diversa – e non solo per la diversa altitudine..Sono cambiati gli animatori e gli assistenti, i cuochi e i Don – la direttrice no, non è cambiata, santa donna la Ivonne!. Ma soprattutto si sono susseguiti decine e decine di bambini e ragazzini di età diverse, esigenze e abitudini diverse..

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Per un animatore, specialmente per quelli che prestano servizio per più di un turno consecutivo, il divario tra un'annata e l'altra si percepisce nettamente : il passaggio dalle elementari alle medie è sempre piuttosto brusco, poiché a quell'età i ragazzini escono dal mondo dell' “innocenza” ed entrano in una realtà ben più ampia e, talvolta, disorientante anche per noi che ci prendiamo cura di loro, seppur per un breve periodo di tempo. Non è facile insegnare a un gruppo di preadolescenti in piena fase ribelle che al campo scuola ci sono regole da rispettare, tra cui TUTTI FANNO TUTTO: tutti apparecchiano, sparecchiano o lavano, a turno; tutti giocano a tutto ciò che viene proposto e tutti partecipano alle riflessioni quando è il momento. Tra i ragazzi, c'è chi è già stato abituato da bambino a partecipare alla vita domestica e a vivere in gruppo, e chi invece al campo scuola scopre una realtà nuova, a volte forse anche un po' faticosa, rispetto allo stile di vita a cui si è abituati. Alla fine però, con le buone o le cattive (macchè...) maniere, tutti imparano qualcosa di utile, e sono felici di condividere le giornate in montagna con i propri compagni di viaggio. Il campo scuola a volte costa fatica, a volte è stressante (per tutti!), eppure quando l'esperienza finisce e l'animatore torna a casa propria – devastato – una buona dose di nostalgia non manca mai, specialmente ripensando a certi momenti della giornata al campo scuola. Per esempio in montagna il risveglio, per quanto talvolta duro, è uno dei momenti in cui si prova maggior tenerezza: vedere persino gli elementi più “teppistelli” che faticano ad aprire gli occhi e in una condizione molto poco cosciente tentano di stiracchiarsi, fa quasi impressione.. In fondo, l'animatore si emoziona quando sente dire dai ragazzini che non vorrebbero proprio tornare a casa.. Allora GRAZIE a tutti i ragazzini che hanno partecipato al campo scuola a Castione, perché anche voi senza volerlo ci avete insegnato ad accettarci come siamo, con i nostri prego e difetti, e a vivere bene insieme. Arrivederci all'anno prossimo!

Chiara


La settimana trascorsa a Castione della Presolana è stata una bellissima esperienza che ci ha permesso di fare nuove amicizie e ci ha concesso una meritata settimana lontano dalle nostre famiglie. Abbiamo anche imparato ad essere più autonomi, apparecchiando, sparecchiando, lavando i piatti, sistemando i letti, pulendo... Ci siamo divertiti con i giochi organizzati dai nostri simpatici animatori: Karim, Chiara, Beatrice e Alessandra. Oltre ai momenti di gioco, ci sono stati spazi per la riflessione di gruppo e la preghiera che sono stati utili a capire la gioia di stare insieme e a osservare la bellezza che ci circonda. Ringraziamo di cuore i nostri compagni di avventura e le persone che ci hanno accompagnato in questa esperienza e... arrivederci all'anno prossimo

Giorgia, IV elementare

L'esperienza del campo scuola mi è piaciuta molto perché mi sono divertito con i miei amici e ne ho conosciuti di nuovi.

Valentina e Nicola, IV elementare

Mi sono piaciute tanto le riflessioni fatte dopo cena dalla signora Ivonne. Un grande grazie a tutti per la grande avventura… Spero di ripeterla l'anno prossimo.

Jacopo, IV elementare

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É stata la prima volta che sono andata in vacanza senza la mia famiglia, avevo un po' di nostalgia; ma l'ambiente, gli animatori e le mie amiche sono riusciti a rendere piacevoli questi giorni. A parte il brutto tempo che non ci ha permesso di stare all'aria aperta, mi sono divertita molto al gioco notturno (anche se avevo un po' paura). Un altro momento che mi è piaciuto molto è quando alla sera ci mettevamo sotto le coperte e non smettevamo più di parlare. Chissà forse l'anno prossimo ci ritornerò!

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Gio & Gio, II media


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arlare del cre è sempre difficile. Significa parlare di un'esperienza complessa, si rischia sempre di cadere nel banale, di non raccontare quello che di bello e di veramente importante accade in oratorio. Oggi è mercoledì della seconda settimana di cre. E' ancora presto per i bilanci. E' ormai passata la settimana del “rodaggio”, periodo in cui tutti “prendiamo le misure” con bambini, strutture, programmi, doveri e tutto il resto. Sono seduta fuori dalla direzione dell'oratorio. Davanti a me i ragazzi del cre si divertono nei tornei di calcio, pallavolo e pallamano. E' bello vedere i volti impegnati ma felici dei ragazzi. E' divertente vedere gli animatori incitarli e arrabbiarsi quando perdono la palla. E' il sintomo di quanto pienamente vivono quest'esperienza. Ma a voi voglio raccontare quelle storie, le piccole e grandi cose che ci sono dietro un cre. Il cosiddetto dietro le quinte. Dovete sapere che il cre in realtà inizia a fine febbraio. Si prendono gli accordi con il comune, i coordinatori si ritrovano per le prime decisioni, per capire quale taglio dare al nuovo cre. A marzo la diocesi presenta il tema del cre. Appuntamento atteso da tutta la bergamasca e non solo, dove viene presentata la storia, i balli, le divise degli animatori, insomma, tutto il necessario per la realizzazione materiale del cre. E da qui iniziano i giochi. Ma quando i giochi si fanno duri, i duri cominciano a giocare. Entrano cosi in campo gli animatori. Loro sono l'anima del cre. 80 adolescenti di Brembate si rendono disponibili a far vivere quest'entusiasmante esperienza ai bambini della comunità di Brembate. Cosi da fine marzo fino a giugno s'incontrano settimanalmente per preparare e progettare il cre. E' strano pensare come “l'adolescente” sia sempre considerato come un ragazzo difficile, in un periodo difficile. E quindi stigmatizzato in un ruolo tendenzialmente negativo. Io credo invece che l'adolescente sia un pozzo di possibilità infinite e dotato di una capacità di reinventarsi infinita. Il cre diventa per tutti loro un'esperienza formativa unica nel suo genere, perché per la prima volta, tutti loro possono sperimentare cosa vuol dire “prendersi cura degli altri”. Altro elemento importante e l'assoluta novità del cre di quest'anno è la presenza di tante mamme. Chi meglio di una mamma può insegnare come prendersi cura di un bambino, della casa e di come si può organizzare al meglio la giornata? Le mamme aiutano a tener pulito l'oratorio e la colonia. Ci danno una mano nei turni di mensa e nelle merende. Hanno sempre una parole dolce e la soluzione ai problemi di ogni giorno.


Federica

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Guardo i ragazzi che son a pochi metri da me. Mi piace pensare che davvero si ricorderanno di queste quattro settimane sempre, e che saranno i futuri animatori di domani. Vedo gli animatori e li ricordo qualche anno fa, loro stessi in quegli stessi campi. Quanta strada han fatto e come son cresciuti. E' bello pensare che per un pezzo, anche piccolo, il cre e l'oratorio hanno contribuito a far di loro quello che sono ora e che loro contribuiranno alla crescita di qualcun altro. Per concludere, anche perché ormai i tornei son finiti e bisogna scendere in colonia, non mi resta che dire che il cre è una piccola palestra di vita, dove ognuno lascia qualcosa di sé agli altri. E questo forse è la sua vera forza e il suo ingrediente magico più importante.

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E non dimentichiamoci del don. Lui è il nostro boss. Il capo di tutto questo sgangheratissimo gruppo. E' l'anima e il responsabile del nostro oratorio. Don Matteo ci indica la strada giusta, ci insegna a prenderci le nostre responsabilità, a fare delle scelte con la consapevolezza di ciò che esse comportano Presentati gli elementi è giusto dirvi che c'è tanto altro che fa il cre. Avere il personale non significa aver trovato la soluzione a tutti. Come dice il detto: “L'italia è fatta, dobbiamo fare gli italiani!”. Anche noi abbiamo i ragazzi dobbiamo fare gli animatori. E' qui che comincia la formazione. I coordinatori ma soprattutto il don, organizza e progetta degli incontri dove far riflettere gli adolescenti sul loro ruolo, sul tema del cre, e quali valori e principi vogliamo far passare attraverso quest'esperienza. Ci sono poi le pizzate, le partite la laser game, le uscite per il caffè. Gli incontri per pulire l'oratorio. Tutti momenti che servono a fare gruppo. A far in modo che 80 persone comincino a pensare e a ragionare all'unisono. Piano piano i rapporti diventano sempre più importanti e stabili. Nasce una piccola famiglia di persone che vivono assieme, lavorano assieme e vivono esperienze uniche assieme. Si diventa amici. Si stringono relazioni importanti di fiducia e di bene reciproco. Ci si fida degli altri e si conta sugli altri. Si ride insieme e ci si arrabbia, tanto, insieme. Ma la forza di quest'esperienza è che nonostante i momenti tesi, e le arrabbiature, dietro l'angolo c'è sempre il sorriso e la voglia di correre verso l'altro, di capirlo e d'incontrarlo a metà strada. Così l'ingranaggio del cre comincia a muoversi, a funzionare. E non smette mai. Perché ogni cre, nonostante finisca sempre, ogni anno, continua a vivere nel cuore di chi lo vive.


Cronaca di giornate indimenticabili Questo è il racconto di giornate che per me sono state indimenticabili e, per certi versi, irripetibili. Mi piacerebbe di riuscire a comunicarvi le mie sensazioni vissute durante gli otto giorni del Pellegrinaggio diocesano in Polonia. Nella convocazione il nostro vescovo ne ha tracciato le caratteristiche: “Quest’anno la dimensione del Pellegrinaggio è mariana e ci farà da guida un innamorato di Maria come lo è stato Giovanni Paolo II”.

Attualità

Cracovia: la Cattedrale

INSIEME

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Lunedì 9 luglio. Levataccia per essere puntuali a Bergamo. Si parte alle 5.30 e non bisogna farsi aspettare. Il nostro gruppo di Brembatesi, oltre che dal sottoscritto, è composto di altre cinque persone più una frequentatrice della nostra comunità, che però risiede ad Almenno San Bartolomeo. Sul pullman non ci si conosce e perciò si inizia un po’ in sordina, ciascuno nel suo silenzio. La preghiera rompe il silenzio e dà subito il tono del nostro viaggio. La prima sosta (oltre a quelle “tecniche” in autostrada) è a Villach, una cittadina austriaca poco oltre il confine al passo del Tarvisio. La messa nella chiesa parrocchiale di St. Jakob è presieduta da mons. Lino Belotti. Dopo il pranzo si riparte. La nostra prima sosta notturna sarà a Bratislava, la capitale della Slovacchia. Si trova sulle rive del Danubio, a una cinquantina di chilometri da Vienna. Arriviamo verso le ore 21, stanchi per la lunga giornata passata in pullman e un po’ affamati. Dopo cena subito a letto perché ci attende una giornata intensa che

inizia sempre troppo presto! Dopo colazione andiamo a piedi alla cattedrale, passando nella parte storica della città. Nella cattedrale, dedicata a S. Martino, siamo accolti dall’arcivescovo che, dopo aver salutato un gruppo di guardie svizzere in pellegrinaggio sui luoghi di San Martino, saluta anche il nostro gruppo. La celebrazione della messa dà inizio anche oggi alla nostra giornata. È presieduta dal vescovo Lino Belotti e con noi concelebra anche il cappellano delle guardie svizzere e due delle guardie fungono da chierichetti. La mattinata è dedicata alla visita della città. La città è bella, pulita e ordinata ed è dominata dall’alto dall’elegante bianca mole del castello. Ci accompagna una guida locale che ci porta ad ammirare alcuni luoghi caratteristici della città. Dopo pranzo si riparte alla volta di Cracovia, dove arriviamo in serata. Il pellegrinaggio entra nel vivo. L’appuntamento è alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Lì ci incontriamo con il nostro vescovo Francesco e con i pellegrini arrivati in aereo. Il vescovo, durante la messa, traccia il significato del nostro cammino: arriveremo al Santuario di Maria guidati dal Beato Giovanni Paolo II e da altre grandi figure della Chiesa polacca che hanno caratterizzato la vita della Polonia del secolo scorso. Le incontreremo nel cammino di queste giornate. Dopo la messa inizia la visita alla città, divisi in gruppi e accompagnati da guide locali. La nostra guida, Agnese, è simpatica e molto brava: sa farci gustare le bellezze della Polonia e soprattutto riesce a comunicarci la forza morale e la fede di questo grande popolo. Il cuore morale della città è la collina del Wawel, dove sorgono il castello e la cattedrale dedicata a S. Stanislao. Il luogo è meraviglioso e racchiude l’anima della città. La cattedrale, soprattutto, rappresenta forse meglio di altri luoghi la Polonia. Lì, infatti, sono sepolti i re polacchi e gli arcivescovi. Si respira ancora la forza morale del card. Karol Wojtiła, che è stato arcivescovo di questa città prima di diventare Papa Giovanni Paolo II. Attraverso le vie storiche della città raggiungiamo l’immensa piazza del mercato. Lì visitiamo la chiesa di Santa Maria con lo splendido altare ligneo. Ovviamente la guida ha fatto in modo che arrivassimo lì in tempo per l’apertura delle grandi ante dell’altare che coprono la raffigurazione della “Dormizione di Maria”. All’esterno riceviamo il saluto della tromba che saluta la città, il re, i poveri e i turisti. Dopo il pranzo in un ristorante tipico, partiamo per Wieliczka, per visitare le miniere di sale. Lungo i secoli, i mi-


La quarta giornata ci porta nel quartiere di Nowa Huta (Nuova Acciaieria). Il regime comunista qui voleva costruire “la città ideale” in cui non era prevista la costruzione dei luoghi di culto. La gente, però, a furor di popolo, ha chiesto e lottato per la chiesa sostenuta dell’arcivescovo, il card. Karol Wojtiła. Celebriamo la messa nella chiesa dedicata a San

Massimiliano Kolbe, dove ricordiamo un’altra grande figura della Chiesa polacca: il Beato Giorgio Popiełuszko, sacerdote ucciso dai comunisti il 19 ottobre 1984. Dopo la messa ascoltiamo la testimonianza di uno storico che ci racconta le vicende legate alla costruzione del quartiere in cui ci troviamo. Dopo una breve visita al quartiere, in pullman, torniamo alla piazza del mercato di Cracovia per il pranzo in un ristorante tipico e tempo libero per gli acquisti. Partiamo quindi per Kalwaria Zebrzydowska, una località a una quarantina di chilometri da Cracovia e a una quindicina da Wadowice, il paese natale di Giovanni Paolo II. Il santuario era meta dei pellegrinaggi del

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natori hanno scavato gallerie per 300 chilometri. La visita ci porta in grandi spazi, dove statue scolpite nel sale, illustrano il duro lavoro dei minatori. Al terzo livello è stata scavata interamente nel sale una grande cappella, dedicata a Santa Kinga (Cunegonda), che non ha nulla da invidiare alle nostre chiese sia in grandezza sia in arredo. All’uscita ci accoglie l’acqua di un temporale, che ci accompagna fino alla tappa successiva: il Santuario della Divina Misericordia, alla periferia di Cracovia. Qui visitiamo i luoghi di Santa Faustina Kowalska. Il vescovo, nel santuario, ci propone la sua prima catechesi. La serata termina in un ristorante tipico, nei pressi di Wieliczka, dove ci vengono proposti piatti tipici della cucina polacca. In particolare ci viene servita una zuppa al sapore di funghi in un contenitore di pane. Ci dicono che fosse il piatto preferito di Papa Giovanni Paolo II.

Attualità

Wadowice

Kalwaria


Attualità

Auschwitz

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piccolo Karol Wojtiła con il suo papà. Alla Madonna di questo santuario il padre affidò il piccolo Karol, rimasto orfano della mamma: “Da adesso in poi questa sarà la tua mamma”. Il bel santuario è circondato dal verde ed è il punto di arrivo di diverse strade affiancate da quarantadue cappelle con la Via Crucis. Nel santuario abbiamo celebrato il rito della penitenza con le confessioni dei pellegrini. La quinta giornata era divisa nettamente in due parti. Al mattino abbiamo visitato Wadowice, il paese natale di Giovanni Paolo II. Abbiamo visto la casa natale, affiancata alla chiesa e il piccolo museo (provvisorio) allestito nei saloni della parrocchia con oggetti personali appartenuti al Papa. Prima della messa abbiamo visitato la chiesa parrocchiale e, in particolare, il battistero, dove Karol Wojtiła è stato battezzato. La Messa in onore del Beato Giovanni Paolo II è stata presieduta dal vescovo Lino Belotti, che durante l’omelia, ha tracciato le linee spirituali della vita del Papa Beato. Ci siamo quindi trasferiti a Oświęcim, più conosciuta con il nome assegnatole dai tedeschi: Auschwitz. Dopo il pranzo siamo andati a visitare il campo di concentramento. È stata un’esperienza toccante e scioccante. Si dice sempre, ma è profondamente vero: un conto è vedere i filmati, un conto è vedere dal vivo i luoghi dove si è consumato uno dei crimini più grandi della storia dell’umanità. Anche in questo caso la guida, una ragazza polacca che ha studiato a Bergamo, ci ha aiutato a visitare quei tristi luoghi con lo spirito giusto: più che l’indignazione, la riflessione per imparare dalla storia e non ripetere più queste atrocità. È impressionante vedere le montagne di oggetti personali: capelli, occhiali, valige, scarpe, vestiti (la vetrinetta con i vestiti e gli oggetti dei bambini è particolarmente toccante!). La guida ci dice più volte che il campo di Auschwitz è nato come campo di concentramento e solo

dopo è diventato campo di sterminio. Durante la visita facciamo anche una sosta davanti al bunker, dove è morto San Massimiliano Kolbe. La visita, purtroppo, non finisce qui. Ci trasferiamo a un paio di chilometri, nel campo di Birkenau (Brzezinka in polacco e significa “boschetto di betulle”). Già l’ingresso appare sinistro: chi varcava quell’entrata non usciva più. Molti erano scaricati dai vagoni dei treni e inviati direttamente alle camere a gas. Gli altri erano ammassati in baracche gelide d’inverno e bollenti d’estate, dove, denutriti e senza nessun tipo di igiene, cercavano di sopravvivere il più a lungo possibile. La guida ci dice che i più longevi riuscivano ad arrivare alla terza settimana! L’estensione del campo è impressionante: in mezzo i binari del treno, da una parte e dell’altra le baracche (quello che ne rimane, perché ovviamente i tedeschi hanno cercato di cancellare le prove dei loro misfatti) del campo maschile e di quello femminile. In fondo c’erano le camere a gas e i forni crematori. Sempre la guida ci da numeri impressionanti: si uccidevano anche quindicimila persone al giorno! Vediamo, sotto una pioggia insistente (anche il clima sembra essersi adeguato alla triste giornata!), ciò che rimane dei forni crematori. In fondo al campo c’è il monumento alle vittime dell’olocausto. Davanti al monumento abbiamo pregato e abbiamo deposto una corona di fiori sulla lapide scritta in italiano. Riattraversiamo il campo e nel frattempo si sono intensificati la pioggia e il vento. Saliamo sul pullman e partiamo per Częstochowa, dove arriviamo in serata. La settima giornata è quella culminante del nostro pellegrinaggio. Iniziamo presto, con la foto ricordo davanti al complesso di Jasna Góra (Chiaro Monte). Davanti alla colonna con la statua della Madonna il vescovo da inizio alla solenne processione d’ingresso al santuario. Nel cortile d’ingresso ci accoglie il priore dei Padri Paolini che custodiscono il santuario. Ci racconta, poi, la storia del santuario, cominciando dalla costruzione del monastero e narrando poi dell’arrivo dell’icona con l’immagine della Madonna, che la leggenda attribuisce a San Luca. Suddivisi in vari gruppi e accompagnati da suore o monaci, visitiamo il complesso di Jasna Góra che comprende, oltre alla cappella con l’icona della Madonna Nera (il priore ci ha detto che anche se l’immagine è conosciuta con questo nome, in realtà i polacchi non vogliono che sia chiamata così), la bellissima chiesa dedicata all’Invenzione della Santa Croce e varie sale contenenti il tesoro.


Si tratta ora di tornare nello spirito ai vari momenti del cammino, per ricavarne non solo impressioni ma stimoli efficaci per dare consistenza alla nostra fede. d. Carlo

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Dopo un ampio giro lungo le varie sale, si arriva alla cappella dell’icona. Davanti a questa immagine non si può rimanere indifferenti. Chi dipinge icone si mette prima in ginocchio a pregare, perché l’icona raffigura la presenza del divino sulla terra. Lo sguardo della Madonna sembra entrarti nel cuore e ti comunica la serenità che solo la presenza di Dio può darti. Torniamo in città per il pranzo. L’appuntamento è per le ore 14, per la celebrazione della messa, preceduta dall’emozionante cerimonia dello “scoprimento” dell’icona con il suono di trombe e timpani. La messa è particolarmente partecipata da tutti i pellegrini, aiutati sicuramente dal clima di profonda spiritualità che aleggia in quel luogo. Impressiona anche il numero di persone che, in ginocchio, percorrono il corridoio che affianca l’altare della Madonna Nera. Al termine della messa abbiamo un po’ di tempo libero. Alle 16,30 c’è la seconda catechesi del vescovo, alla conclusione del pellegrinaggio. Dopo la catechesi ci riuniamo davanti alla grande statua raffigurante il card. Stefan Wyszyński, dove inizia la recita del rosario. Riprende a piovere e il vento si fa sentire più forte. Quando arriviamo davanti alla colonna con la statua della Madonna, mi impressiona una ragazza (avrà 18-20 anni) in ginocchio sotto la pioggia davanti alla Madonna. Mi sembra rappresenti bene lo spirito religioso della Polonia. Torniamo in città per la cena. Il saluto al santuario si svolge alle ore 21, con la cerimonia dell’appello. Il padre che presiede la celebrazione fa una lunga supplica alla Madonna, ricordando i pellegrini che sono passati davanti a lei in quella giornata. Anche il nostro vescovo rivolge una commovente supplica alla Madonna Nera. Al termine, mentre si canta un antichissimo canto religioso polacco, l’icona viene ricoperta.

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Czestochova

Usciamo all’esterno e il cielo è sereno: sembra la giusta cornice di questa giornata. Mentre, insieme agli altri, mi dirigo verso il pullman, una donna polacca mi si inginocchia davanti e mi chiede la benedizione. La richiesta mi sorprende un po’. Poi, però, mi ricordo che la Polonia è diversa dall’Italia! In nottata ripartono i pellegrini arrivati in aereo, accompagnati da mons. Lino Belotti. Il vescovo Francesco rientra in Italia in pullman. La nostra settima giornata incomincia molto presto, perché la strada per arrivare a Vienna è lunga. A mezzogiorno arriviamo a Olomuc, nella Repubblica Ceca. Recitiamo l’Angelus nella bella cattedrale dedicata a S. Venceslao. Dopo il pranzo ripartiamo e raggiungiamo la cittadina di Velehrad, sempre nella Repubblica Ceca. È la città dove è morto San Metodio, che, con il fratello San Cirillo e San Benedetto, è Patrono d’Europa. Il Santuario di Santa Maria dell’Unione è un complesso monumentale dove si trovano le reliquie di San Metodio. È in fase di restauro, ma riusciamo a intravvedere la bellezza del luogo. È domenica e celebriamo la messa in onore dei Santi Cirillo e Metodio. Riprendiamo il nostro cammino e, dopo varie vicende, raggiungiamo Vienna in serata. L’ultima giornata inizia, come al solito, molto presto. Dopo la colazione partiamo per raggiungere Heiligenkreuz, un piccolo paese ad una trentina di chilometri da Vienna. Lì si svolge l’ultima celebrazione presieduta dal vescovo, nella bellissima chiesa dove è venerata una preziosa reliquia della Croce. Il luogo è splendido e sicuramente meritava la nostra sosta. Il viaggio riprende. La sosta per il pranzo è nella città di Graz, capoluogo della Stiria. Un rapido sguardo alla piazza centrale, prima di risalire sul pullman. Rientriamo in Italia dopo una settimana e subito avvertiamo la diversità del clima. Non possiamo certo dire di aver patito il caldo durante il nostro pellegrinaggio, ma l’Italia ci accoglie più o meno con il caldo con cui l’avevamo lasciata. Arriviamo a Bergamo quando sono già le 22,45. Sul pullman ci siamo salutati prima dell’arrivo a Bergamo. Durante il pellegrinaggio sono nate amicizie, e, non è esagerato dire che ci si sentiva un po’ come in famiglia.


Vocabolario: Parole per la vita

P

Padre: colui che ha uno o più figli. Non ho sbagliato la sequenza alfabetica (la M tornerà). Ho approfittato di un articolo letto su “Avvenire” che spiega questo nome in un modo così completo che non avrei mai potuto eguagliare.

L’articolo è stato scritto in seguito all’annuncio che Padre Pino Puglisi sarà prossimamente proclamato Beato (mi auguro che questo nome non risulti sconosciuto ai più) Padre Puglisi era chiamato affettuosamente dai suoi ragazzi 3P ed è stato ucciso perché i suoi 3P non coincidevano con i significati che la mafia attribuisce alla parola PADRE.

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Padri, padrini e padrini

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Non è la morte, ma la causa della morte a fare il martire. Padre Puglisi è stato ucciso il 15 settembre 1993, il giorno del suo compleanno, proprio perché i fratelli Graviano, capi mafiosi del quartiere Brancaccio, già complici dei Corleonesi negli attentati a Falcone e Borsellino, non tolleravano che Padre Pino facesse il prete: sottraeva consenso ai padrini della terra e lo indirizzava al Padre celeste. Palermo è una città in cui le parole purtroppo hanno spesso il massimo della loro estensione possibile: si pensi a parole come “famiglia”, “onore”, “padre”. Ogni parola importante, come ci ha insegnato Dante, si estende dall’Inferno al Paradiso in un crescendo che va dall’orrore del ribaltamento della parola stessa, al suo pieno compimento. Basti pensare alla parola “padre”, che nella Commedia troviamo nel dannato più dannato di tutti, per questo più in fondo di tutti: Ugolino, un padre che muore con i suoi figli, o meglio un padre che dà la morte ai suoi figli. Egli, causa della loro reclusione

nella torre da parte del vescovo Ruggeri (altro padre che ha sovvertito il suo ruolo ed è condannato con Ugolino in un banchetto cannibalistico). invocato dai suoi figli che chiedono pane, tace: non ha pane, né parole. I figli, sopraffatti dal dolore del padre, arriveranno a chiedergli di cibarsi dei loro corpi, dal momento che è lui ad avere donato la carne di cui sono fatti, quella carne gli appartiene. I figli vorrebbero dare la vita al padre, invertendo l’ordine naturale delle cose. Tragedia della paternità è quella di Ugolino: un padre che sovverte la sua paternità e finisce con il divorare - lasciando intatta l’ambiguità dell’effettivo banchetto filiale -le carni dei suoi figli. È un padre che invece di dare la vita la toglie, è un pa-dre che invece di rendere liberi, imprigiona; è un padre che invece di parlare, tace; è un padre che invece di imbandire la tavola con il pane, banchetta con le carni dei figli. Non è un padre, ma un padrone carnefice, come i padrini. All’altro polo - rispetto a quello infernale - della parola “padre”, troviamo il Padre del cielo, passando per tutte le sfumature di paternità che Dante mette in campo e che ne sono la manifestazione da Virgilio a Bernardo. Il Padre che Dante incontra faccia a faccia nell’ultimo del Paradiso è un Padre che dà la vita, che imbandisce il banchetto eterno dove il pane non finisce mai e non va guadagnato dai figli, né deve essere da loro richiesto, perché è donato, prima ancora di qualsiasi merito o richiesta, gratuitamente e infinitamente. Questo Padre rende liberi e dà la vita: Dio è Creatore perché Padre. La vicenda di Padre Pino Puglisi, come la Commedia dantesca, contiene tutte le accezioni della parola padre. Dal padre che è padrino e padrone,


Quei giovani potevano intravedere un’altra possibilità e soprattutto sperimentavano quell’amicizia che solo la vera paternità sa offrire. Quella del padrino è basata sul controllo, è quella dell’animale addestrato, al contrario quella del Padre invece è un’amicizia basata sulla libertà. Quei ragazzi si sentivano amati e sperimentavano le parole del Vangelo: «Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere le cose del Padre mio». Padre Pino è icona della paternità di Dio, come lo è stato Cristo, per questo è martire e per que-

di casa. Aveva il borsello tra le mani. Fu una questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la mano per prendergli il borsello. E gli disse piano: “Padre, questa è una rapina”. Lui si girò, lo guardò, sorrise - una cosa questa che non posso dimenticare, che non ci ho dormito la notte - e disse: “Me l’aspettavo”. Non si era accorto di me, che ero alle sue spalle. Io allora gli sparai un colpo alla nuca». Il killer lo chiama «il padre». Il killer mandato dai padrini esegue l’atto che il padrino ha decretato: togliere la vita. La vittima in un paradossale capovolgimento, nella sua inermità è padre, sorride, perché ha già la vita, aspettava solo il momento in cui l’avrebbe data, anzi 1’aveva già donata, come Cristo nel Getsemani: non è un caso che Padre Pino avesse parlato in quelle ore di quella scena in cui Cristo suda sangue. Aveva affrontato già la paura della morte, nel suo orto degli ulivi interiore. E sul suo volto il sorriso del Padre si dipinge come un sorriso che non gli appartiene, il sorriso di chi la vita la dona. Non sono i padrini che gliela tolgono, ma è lui che la dona, perché è il Padre che la dona a lui, rendendolo padre persino dei suoi assassini, che non potranno neanche dormire la notte, al pensiero di quel sorriso. Non al pensiero dei loro delitti, ma al pensiero del vero sorriso del Padre, che ama a prescindere da chi siamo e cosa facciamo. Padre Pino Puglisi è martire perché in lui è compiuta l’immagine della Paternità di Dio, quel Cristo che lo Spirito scolpisce nella pietra informe e indocile di ciascuno cu noi. E il padrino, relegato in prigione, simile ad Ugolino, si sgretola e torna ad essere quello che è sempre stato: una ridicola maschera blasfema della paternità. Per questo padre Pino è morto in odio alla fede ed è martire: provò a sostituire la maschera vuota del padrino con il vero volto del Padre. E quel volto fu lui.

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perché controlla e ha diritto di vita o di morte sul suo territorio, al padre che è pastore dello stesso quartiere dove il padrino detta legge. Ma padre Pino Puglisi, bonariamente chiamato dai suoi amici 3P, è la vera formula della paternità. Questo tripudio di “P” lo conferma. Un padre che dà la vita, rendendo liberi e dando pane. Non è un caso che avesse deciso di chiamare “Padre Nostro” il centro di accoglienza per i ragazzi del quartiere, che al pomeriggio invitava a giocare, studiare, pregare (pane e parola) con l’ausilio dei liceali della mia scuola, dove insegnava religione. Era il modo di sottrarre i giovani di Brancaccio alla strada, ai soldi facili, ai lavoretti sporchi che garantivano manovalanza sempre nuova ai capi mafiosi e l’inizio di una carriera tra le fila dei picciotti, in un quartiere dove, alla morte di Falcone, alcuni ragazzi avevano esultato per strada come dopo una vittoria calcistica.

Alessandro D’Avenia sto morì con il sorriso sulle labbra, come Cristo, perdonando e affidandosi al Padre: non è un’immaginetta devota o un santino dai colori fluorescenti. Sorrise davvero, come Cristo. E lo sappiamo proprio da chi gli ha sparato. Infatti Salvatore Grigoli, uno dei giovani killer, dopo aver confessato l’omicidio, raccontò: «Il padre si stava accingendo ad aprire il portoncino

Alessandro D’Avenia, nato a Palermo nel 1977, è dottore e ricercatore in lettere classiche, insegnante al liceo (super insegnante), sceneggiatore e scrittore (di rara sensibilità) e spesso scrive per “Avvenire”. Luisa

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Note sull’autore.


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Camminando si apre il cammino

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«Se finisco il dottorato vado a Santiago a piedi». Il pellegrinaggio verso la tomba dell’apostolo Giacomo è iniziato con questa simpatica battuta che mi sono lasciato sfuggire in un pomeriggio di studio piuttosto disperato. Con la leggerezza di uno scherzo il desiderio di compiere il santo viaggio mi ha sedotto: del resto tutte le cose importanti vengono inaugurate dall’azzardo di un sogno, dalla fragilità di un progetto, dalla piccolezza di un’idea. Il salmo 84 dice: «Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio». Posso dire di averla gustata la beatitudine della decisione di camminare: c’è una bellezza che precede la meta e che sorregge i passi. È la beatitudine del cuore che si è deciso e che raccoglie ogni singola energia per un fine. Non è beato il cuore di chi lascia sempre aperta una via di fuga: è davvero felice il cuore di chi è innamorato di una strada, che certo non ha percorsa ancora, ma che già sente come sua, e inizia ad amarne i panorami bellissimi e anche i tratti duri, ne sogna i pezzi piani che ti fanno respirare ma anche le salite che ti tolgono il fiato (che strano… diciamo che la fatica ti toglie il fiato, come la bellezza, e l’amore, che siano imparentate?). Ho passato giorni così, prima di iniziare. Forse è una vita che passo così, a decidere avventure e a gettarmici dentro, la più grande e la più bella è il mio sacerdozio. E poi il 12 giugno mi ritrovo a Saint Jean Pied-de -Port, quasi improvvisamente, con 800 chilometri davanti a me. Rivedo ogni singolo passo, con gratitudine e gioia. 800 chilometri… ogni passo 70 cm… circa un milione di passi, che neanche riesci ad immaginarti: per fortuna i numeri vengono in aiuto alla carenza di fantasia. Che la vita funzioni così? Che non si avanzi per stravaganze, ma per piccoli e regolari gesti, che presi singolarmente nemmeno comprendi, ma nel loro insieme coprono distanze abissali? Mi piace dividere il cammino, su suggerimento di un amico, in tre fasi. La prima parte, da SaintJean a Burgos, lo chiamerei il cammino delle gambe. Non è che abbia esattamente il fisico del camminatore, e 30 chilometri al giorno si fanno sentire almeno per la prima settimana. Il cammino ti ricorda che hai un corpo. Spesso pensiamo che le cose importanti si imparino con la testa. Ma quante cose passano per la pelle e per i piedi! II bambino non impara che è amato da un libro, ma dalle carezze della madre. E la pelle e i piedi diventano grandi maestri sul cammino: impari a dosare la fatica, a risentire le emozioni, a stringere i denti, a lasciarti aiutare, a prenderti cura delle piaghe (per fortuna poche), ad accontentarti

dell’essenziale (un chilo in più nello zaino è fatale). Già… potrei intitolare la prima parte del cammino: “La sapienza dei piedi”. Da Burgos a O’Cebreiro ho vissuto la seconda parte di cammino, quella della testa. È il tratto delle terribili mesetas, questi altopiani spagnoli fatti di sassi, rocce, campi e nulla. Ti trovi a camminare per chilometri senza incontrare niente e cerchi all’orizzonte un riferimento, un albero, una curva che ti motivi a raggiungere qualcosa. E pian piano comprendi che solo dentro la tua testa puoi trovare le ragioni delle gambe che si muovono, dentro le tue convinzioni, dentro la tua fede. E mi sono ritrovato a pregare a lungo con queste parole: “Signore, se anche fossi solo, se anche non ci fosse nulla che mi sostiene, con te ricomincio da capo. Solo tu ci sei necessario”. Sono più desideri che realtà, ma senti l’urgenza di queste parole. E ho ripensato agli anni della mia vita in cui non ho visto mete… ci sono stati. Ma quando accanto non vedi nulla e non senti compagnie, è più facile scoprirla dentro. Dal silenzio nasce la preghiera. E le mesetas sono lunghi tratti di silenzio, in cui ritrovare una compagnia. L’arrivo in Galizia segna l’ultimo tratto del cammino, che chiamerei “il cammino del cuore”. L’emozione è forte quando Santiago si avvicina, e il salmista la descrive bene: «Quale gioia quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore”. E ora i nostri piedi si fermano alle tua porte». Ricordo come grande il momento in cui dal monte del Gozo ho intravisto Santiago e indelebile è impresso in me l’arrivo in piazza Obradoiro, davanti alla cattedrale. I passi del mio vagare il Signore li aveva contati tutti, e tutto per una meta. Non è assurdo il pellegrinaggio, perché da qualche parte si arriva, anche se ci vuole un milione di passi per scoprire dove. E la vita in compagnia di Dio è tutta così: una meraviglia continua, fatta di milioni di passi (a tratti enigmatici) che ti ci hanno condotto. E sulla tomba dell’apostolo ho scoperto che il dono di Dio è passato in ciascuno di questi passi. In ginocchio sulla tomba di san Giacomo è finita la grande avventura fatta di passi, incontri con centinaia di persone, fatiche, preghiera, silenzi, parole. Ma guai se il cammino finisse a Santiago: il pellegrinaggio, ogni pellegrinaggio, è sosta, simbolo, immagine per vivere il grande pellegrinaggio della vita. Di cui sto per iniziare una tappa nuova. E concludo con un messaggio bellissimo che un prete mi ha mandato: «Possa il lungo cammino condurti alle radici dell'apostolo Possa rinforzare il tuo piede perché sia bello nell'annunciare la pace e il bene. Possa tu tornare alla Chiesa di Bergamo come forte guida nel cammino della fede. Ti custodisca il Signore in tutti i tuoi passi». don Manuel


associazione italiana per la donazione di organi tessuti e cellule

L’associazione, apartitica, aconfessionale, interetnica, senza scopo di lucro è costituita tra: “cittadini favorevoli alla donazione volontaria e gratuita di organi tessuti e cellule” (articolo 1 dello statuto). Le finalità dell’associazione sono: Promuovere il rafforzamento della solidarietà umana fra la popolazione. Sollecitare le coscienze sulla necessità della donazione di parti del proprio corpo, dopo la morte, da destinare ai trapianti. Sostenere, in accordo con istituzioni, enti, altre Associazioni, particolari iniziative tendenti ad affrontare le problematiche connesse alla donazione, al trapianto di organi, tessuti e cellule. Si può parlare quindi di un’Associazione che tenta di diffondere un diverso modo “di pensare la solidarietà”. In Lombardia negli ultimi anni si è avuto un preoccupante calo delle donazioni di organi parallelamente ad un graduale aumento delle opposizioni ai prelievi stessi. La società sembra sconcertata e impaurita, di fronte al tema delle donazioni di organi, per l’incertezza diffusa da organi d’informazione che trattando temi così delicati con superficialità e assenza di professionalità, finiscono per procurare danni devastanti. In questo modo le liste di attesa si allungano e aumenta tristemente il numero di chi muore aspettando invano un organo che lo restituisca alla vita. L’AIDO rappresenta in tale contesto negativo una luce di riferimento, quale può essere anche solo il lumicino di una candela nel buio pesto di una notte senza luna e senza stelle. Abbiamo quindi il dovere morale e civile di moltiplicare gli sforzi per smuovere questa situazione di stallo. La Nostra positività la Nostra caparbietà di credere nel messaggio della solidarietà e dell’amore per il prossimo possono dare la scossa e stimolare chi crede nella forza dell’amore per il prossimo e crede nella Nostra missione associativa. Lo stesso fondatore quando lanciò l’idea dell’Associazione dei Donatori di Organi non si preoccupò certo del fatto che qualcuno lo scambiava per matto, anzi, fece proprio di questa capacità “visionaria” un grandissimo atto di forza. Come Lui possiamo vincere se crediamo in Noi stessi e nelle grandi potenzialità morali, sociali, culturali dell’associazione. Settembre 2012

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Cari lettori La stesura di questo articolo, mi sembra un atto dovuto in quanto può aggiungere un tassello importante alla vita associativa del gruppo AIDO di Brembate di Sopra. Molti di Voi conosceranno già la storia dell’AIDO, ma qui oggi vogliamo raccontarla a modo nostro per celebrare la ricorrenza del 40° di fondazione del gruppo intitolato ad “Alessandro Gandolfi”. Come si sa la Storia dell’Associazione ha inizio nell’anno 1970, quando in occasione dei festeggiamenti per la consacrazione della nuova chiesa del quartiere di Monterosso in Bergamo, un tenace friulano, di nascita, ma bergamasco d’adozione, Giorgio Brumat, pensò bene di evitare le solite feste, i soliti incontri, gli spettacoli, ma propose al parroco e ad alcuni amici di inventarsi qualcosa che rimanesse nella storia. Lui che per lavoro frequentava i reparti di dialisi nei vari ospedali lombardi incontrava pazienti, persone dai volti tristi e provati che per sopravvivere dovevano dipendere da una macchina per tre volte alla settimana, decise di fare qualcosa di concreto per questi ammalati. Si dovevano eseguire i Trapianti (allora una tecnica chirurgica ancora agli inizi) questo il suo obbiettivo, e la Sua missione di vita. Sentì il parere di medici, avvocati, così che a Bergamo il 14 novembre 1971 in una stanza della parrocchia nacque l’Associazione Donatori Organi Bergamo (DOB) con lo scopo di sensibilizzare i cittadini bergamaschi alla donazione degli organi. Vi fu un fiorire di richieste di adesione da ogni parte d’Italia e anche dall’estero (i nostri emigranti in Svizzera) per questo motivo che il 26 febbraio 1973 l’associazione si trasforma in Associazione Italiana Donatori Organi. Ed oggi visti gli sviluppi e gli enormi passi da gigante fatti dalla chirurgia dei trapianti, si è tramutata in Associazione Italiana per la Donazione di Organi,Tessuti e Cellule. Anche a Brembate di Sopra quell’idea nata da Brumat attirò l’attenzione di alcuni giovani del paese che la raccolsero e la fecero propria, costituendo uno dei primi gruppi della provincia e il 21 settembre 1972 viene benedetto il labaro del gruppo dedicato ad Alessandro Gandolfi, un giovane brembatese perito in un incidente stradale. I genitori acconsentirono all’espianto dei suoi reni per uno dei primi trapianti effettuati in Italia. Dopo parecchi anni di vita l’Associazione cambia il nome, ma non l’impegno di quei primi aderenti e continua con entusiasmo l’opera di proselitismo e diffusione degli ideali dettati dallo statuto.

Associazioni e gr uppi

AIDO 40 anni di perché


Brembate di Sopra, 11-06-2012

Nel mese di Maggio si è disputata a Brembate di Sopra sul campo di via Torre il 5° Torneo Giovanile (comprendente tutte le categorie inferiori) denominato “Città di Brembate di Sopra”. Nella categoria Esordienti (anno 1999) ha giocato una squadra, vestita dall’ Avis Comunale di Brembate di Sopra. Questa squadra è arrivata alla finale del 31 Maggio, vincendo tutte le partite del girone a cui ha partecipato e ha vinto il trofeo nella propria categoria, battendo l’Atletic Almenno per 3 a 0 nella finale per il primo posto.

Associazioni e gr uppi

Precedentemente in un torneo disputatosi a Madone la stessa squadra Avis si era guadagnata il 3° posto battendo il Lemine per 1 a 0.

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Per i giovani giocatori questa vittoria è stata segno di enorme gioa, ma per noi dell’Avis Comunale di Brembate di Sopra, è stata proprio una gran bella soddisfazione, sia per la visibilità ottenuta sul campo da gioco, sia in tutta la comunità, visto che la presenza tra spettatori e genitori era massiccia e per far si che in un prossimo futuro,questo sia per loro e per noi in particolare, di auspicio per avvicinarli al mondo del volontariato e alla donazione di sangue. Ringraziamo dunque questi ragazzi per l’impegno profuso, e questo di sicuro sarà per noi, una esperienza da ripetere tutti gli anni. Giuseppe


Informazioni parrocchiali Orari delle S. Messe Feriali: ore 8,00 - 9,00 (in Casa Serena) - 18,00. Festive: Sabato sera e vigilia delle feste: ore 18,00 ore 16,30 a Tresolzio (marzo-settembre). Domenica e feste: ore 7,30 - 9,00 (Casa Serena) Invernale: ore 10,00 - 11,15 - 18,00. Estivo: ore 10,30 - 18,00. Disponibilità per le Confessioni Don Corinno: venerdì 8.30 - 9.30 / 15.00 - 17.30 - sabato 8.30 - 9.30 Don Carlo: ogni sabato 16.00 - 18.00 Don Matteo: ogni giovedì 16.00 - 17.30 N.B. A richiesta i sacerdoti, nei limiti del possibile, sono sempre a disposizione per questo ministero. In particolare mezz’ora prima delle S. Messe o subito dopo. Celebrazione del Battesimo Prima domenica di ogni mese, ore 11.15 Terza domenica di ogni mese, ore 16.00 N.B. In vista del Battesimo, si prenda contatto con il Parroco. Il 2° Mercoledì di ogni mese alle 20.30 si terrà in Oratorio un incontro di preparazione per i genitori ed i padrini. I catechisti battesimali incontreranno i genitori nelle loro case. Celebrazione del Matrimonio Il Matrimonio si può celebrare in ogni giorno dell’anno, eccetto le domeniche e i tempi di Avvento e di Quaresima. Occorre prepararsi adeguatamente. Per questo la parrocchia organizza un corso di preparazione al matrimonio da gennaio a marzo. È possibile partecipare anche a corsi fuori parrocchia. In ossequio a giuste disposizioni diocesane, il Matrimonio va celebrato o nella parrocchia della sposa, o in quella dello sposo o in quella dove la coppia andrà ad abitare. Per eventuali eccezioni ci si rivolga alla Curia vescovile.

Tel. dei Sacerdoti:

Don Corinno Scotti Tel. 035.620.103 - cell. 334.351.6097 e-mail: brembatesopra@diocesibg.it Don Matteo Bettazzoli Tel. 035.332.385 e-mail: don@oratoriobrembatesopra.net Don Carlo Comi Tel. 035.332092 - cell. 340.6483352 E-mail: comicarlo@virgilio.it



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