IL MANN

Page 1

Periodico edito dal "Centro Studi Officina Volturno"

ANNO XIX - NUMERO 219 - LUGLIO 2021

Copertina di Antonello Dell'Omo | Ph. Giorgio Albano

GRATUITO

SCANSIONAMI

Luglio 2021

|

1


Resort Marina di Castello Golf & SPA

CAMPO DA GOLF 18 BUCHE PAR 71 - CENTRO BENESSERE AMPIE SALE PER MEETING E CERIMONIE - SERVIZIO BANQUETING

WWW.PINEWOOD-HOTELS.COM info@marinadicastelloresort.com TEL. +39 081 5095150 VIA DOMITIANA KM 35,300 - 81030 - CASTEL VOLTURNO (CE) 2

| Luglio 2021


Editoriale

di Jolanda Capriglione

N

ato per volere di un Re e poi ancora di un altro Re che di questo ‘Edificio’ voleva farsi vanto, oggi è il Re dei Musei del mondo. Sì, sappiamo: forse il MOMA è più grande, il Guggenheim più spettacolare, lo Hermitage più sontuoso, ma come il MANN non c’è nulla al mondo. Architettura solenne e ben-pensata: alle Bellezze estreme che qui si offrono senza soluzione di continuità si arriva grazie ad una scala che ti separa dal vocìo quotidiano, dalle gravosità del mondo. Non è propriamente una scala, ma piuttosto un’àskesis quella che ti si chiede di percorrere per arrivare a godere di questo mondo ‘totale’: marmi, fregi, gessi, pitture, affreschi, quadri, epigrafi, pietre, pietre incise, ambre, cammei, gioielli e poi libri, scritti, vetri, alabastri, terrecotte, memorie … è un percorso del corpo, degli occhi, del cuore, della testa. Si cominciava a scavare a Pompei dopo Ercolano e i colti eredi della raffinata Elisabetta Farnese non ebbero bisogno di gran tempo per capire che non tutto poteva rimanere in loco, non tutto poteva andare allo Herculaneum: tutto era così straordinario che bisognava chiedere ai migliori architetti del Regno un edificio ad hoc. Chi altri nella seconda metà del Settecento se non Ferdinando Fuga? Pompei fu in ogni senso la rivelazione. E’ bene ricordare però che, in fondo, fino a pochissimi anni prima i più non prendevano

neppure in considerazione l’idea di andare a ‘Civita’ dopo aver visto Ercolano dove gli scavi erano più avanzati: Barthélemy nel suo viaggio del 1755 non si cura affatto della ‘nuova città’ e Richard dedica a Pompei solo una piccola nota nella sua monumentale Description historique et critique de l’Italie (1766). Ma Pompei, dopo aver ‘resistito’ alla furia delendi del Vesuvio, resiste ai primi viaggiatori distratti, a Winkelmann che inopinatamente pensa che sia inutile andare alla ricerca di una città di certo ormai schiacciata dalla lava, resiste agli scavi ‘arronzoni’ e viaggia verso Napoli e va ad arricchire il nuovo edificio voluto dal Re: Napoli proprio attraverso questo spettacolare Museo comincia a proporsi e ad autorappresentarsi come cuore della storia del Mediterraneo e dell’Europa. E poi, come mettere insieme tutti questi materiali che arrivavano da ogni parte del Regno che fu Megale Hellas? Un dibattito complesso e suggestivo che ‘fonda’ una nuova scienza, l’organizzazione museale, la scienza della tutela che sempre più oggi deve incontrarsi con la presentazione e la leggibilità totale del reperto. Il MANN è paradigma per la Campania e i suoi innumerevoli spazi culturali grazie alla sua strepitosa ricchezza, alla sua capacità didascalica e grazie a quanti, da Stefano De Caro a Paolo Giulierini, hanno voluto Musei sul territorio tutto, Musei che fossero presidi di una Storia di Bellezza che ha pochi competitors nel mondo intero: Pompei e poi Ercolano e poi Paestum e poi Elèa e poi Teano e poi Aeclanum e poi Sinuessa e poi Puteoli e Baia e poi Sant’Elmo e poi ... Il MANN dialoga con tutto e con tutti perché ha avuto ed ha alla sua guida un sognatore di gran lusso: Paolo Giulierini.

ANNO XIX - NUMERO 219 - LUGLIO 2021 Periodico mensile fondato nel 2002 Registrato al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n° 678 Edito dal Centro Studi Officina Volturno Presidente Tommaso Morlando

Sede Operativa Piazza delle Feste, 19 Pinetamare - 81030 - Castel Volturno (CE)

Tel: 0823 18 31 649

E-mail: redazione@informareonline.com IBAN: IT 83 V030 6974 8731 0000 0001 835 Direttore Responsabile

Antonio Casaccio Caporedattore

Carmelina D'Aniello Vicedirettore

Luisa Del Prete Caporedattore web

Donato Di Stasio Rapporti Istituzionali

Antonio Di Lauro Responsabile scientifico

Angelo Morlando Responsabile legale

Fabio Russo Graphic Communications

Giancarlo Palmese Web master

Nicola Ponticelli

06

L’antica città di Ercolano. Il Parco Archeologico raccontato dal direttore Francesco Sirano

UNIVERSITÀ

16

La pandemia dimentica gli universitari. Intervista al Rettore dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale Roberto Tottoli

Nunzia Schiano: ambasciatrice della recitazione napoletana

RESTAURO

21

Restauro e manutenzione dell’arte. L’impegno del Consorzio San Luca nella conservazione delle opere

FUMETTO

24

La storia di Napoli a fumetti Quarta Puntata

parziale) di testi, grafica, foto, immagini e spazi Palmese GRAPHIC

28

RIPARTIAMO DALLA CULTURA 34

AMBIENTE Il lungomare non è una discarica”. La denuncia dei Fire Angels

www.informareonline.com

Stampa: Teraprint srl - www.teraprint.it Chiuso il: 30.06.2021 - Tiratura: 5.000 copie

30

EVENTI Maradona al Jambo1: le foto inedite di Sergio Siano per una mostra dalla forte connotazione sociale

pubblicitari realizzati all'interno del magazine.

ascoltaci su Spotify!

ATTUALITÀ Il libro-denuncia che fa tremare l’OMS. “Pressioni e omissioni”, l’ex funzionario OMS Francesco Zambon racconta la sua esperienza

Alessandra Criscuolo Angelo Marra Angelo Morlando Anna Copertino Antonio Casaccio Armando Rossi Chiara Del Prete Chiara Gatti Clara Gesmundo Claudia Tramaglino Donato Di Stasio Fabio Di Nunno Fernanda Esposito Francesco Cimmino Giorgia Scognamiglio Giorgio Albano Giovanni Iodice Giuseppe Spada Grazia Sposito Joel Folda Jolanda Capriglione Lorenzo La Bella Ludovica Palumbo Luisa Del Prete Maddalena Maria Sorbino Marika Fazzari Mina Grasso Nicola Iannotta Pasquale Di Sauro Rossella Schender Roberto Nicolucci Roberto Sorrentini Saverio Di Giorno Simone Cerciello Teresa Coscia Vittoria Serino

© 2021. È vietata la riproduzione (anche

CINEMA

CULTURA

Hanno collaborato

54

Il numero di Informare è dedicato alle nostre eccellenze culturali e ad una ripartenza che deve vederle protagoniste. La Campania è ricca di centri culturali di spessore immenso; arte e storia si incontrano in centri come Napoli e Caserta, ma non solo. Il nostro compito dev’essere valorizzare ogni giorno la cultura del nostro Paese, non mortificandola e lasciandola unicamente al turismo estero. Con questo numero vogliamo lanciare un messaggio chiaro: il settore cultura ha subìto duri colpi dalla crisi covid e i nostri speciali (con MANN, Ercolano, MAC3 e tanti altri) vanno proprio nella direzione di far riscoprire al lettore “perle storiche e artistiche” a due passi da casa. Non lasciamo sole queste realtà: ripartiamo dalla cultura.

Luglio 2021

|

3


COPERTINA

Il MANN: la storia del mondo racchiusa in un Museo Con il direttore Paolo Giulierini in un viaggio attraverso le meraviglie archeologiche di Luisa Del Prete | Ph Giorgio Albano e Mina Grasso

I

l MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) è una delle più suggestive istituzioni archeologiche mondiali. Creato sotto la dinastia dei Borbone, racchiude tutti quelli che sono i tesori più importanti delle antiche civiltà: dall’imponente Collezione Farnese ai ritrovamenti di Villa dei Papiri del Parco Archeologico di Ercolano. Un patrimonio immenso che vanta visitatori e studiosi da tutto il mondo. Per scoprire a fondo quest’eccellenza, abbiamo intervistato il Direttore del Museo, Paolo Giulierini. MANN: Museo Archeologico Nazionale di Napoli. È situato nel cuore del centro storico, a pochi passi da quello che è il Patrimonio dell’Unesco. Cosa significa per Napoli avere un Museo così importante come il MANN? «Significa avere un luogo che è custode di un’eredità straordinaria e che viaggia in due direzioni: da una parte l’eredità che ci proviene da Ercolano e Pompei, quindi, i grandi scavi del ‘700/’800, dall’altra essere un’istituzione voluta da una monarchia, quella dei Borbone, che è stata estremamente illuminata con una grande lungimiranza internazionale. Il Museo, infatti, accoglie anche la collezione Farnese che non a caso proviene, per parte di madre, da Carlo. Quindi nel cuore di Napoli c’è un istituto che raccoglie la grande eredità culturale della monarchia spagnola e l’altro grande vantaggio è che, in questo cuore di Napoli che raccoglie tutte le identità napoletane non solo culturali ma anche antropologiche, siamo in una cornice tra Forcella e Sanità fortemente identitari e dunque il museo, per sua natu-

ra, deve dialogare anche con questa comunità. Quindi due sono gli aspetti: la grande eredità del passato e l’essere ubicato nel cuore di Napoli e quindi il dialogo costante con una comunità ancora viva». Molti in Italia sono i Musei archeologi: dalle province ai capoluoghi di regione. Perché quello di Napoli è un’eccellenza internazionale? Cosa lo differenzia dagli altri? «La storia del Museo parla chiaro: i materiali conservati all’interno dell’archeologico sono espressione di un museo che non è un Museo di una città di regione, ma della capitale del Regno delle due Sicilie. Se noi pensiamo che il Regno delle due Sicilie corrispondeva a metà del territorio italiano, si capisce subito che siamo di fronte ad una scala simile a quella degli Uffizi oppure a quella del Louvre francese: è questo il motivo. Teniamo presente che prima del 1956, il Museo archeologico accoglieva come “Real Museo Borbonico” anche tutte le collezioni di Capodimonte quindi era concepito come Museo “universale”. Dunque, questo è il primo aspetto: la quantità e la qualità degli oggetti è direttamente proporzionale al fatto che il Museo nasce come Museo di un Regno e non di una città. Il secondo aspetto è la qualità degli oggetti perché ciò che è al Museo, proveniente da Ercolano e Pompei, è la selezione della selezione degli oggetti più belli ritrovati nelle realtà vesuviane come anche la Collezione Farnese è la selezione delle migliori opere che furono trovate a Roma: è per questo che il Museo non ha pari rispetto ad altri musei mondiali in campo di archeologia».

Giardino interno MANN 4

| Luglio 2021

Il direttore Paolo Giulierini

Una storia che ha origine nel 1700 e diventa poi Museo Nazionale nel 1860. Che peso ha essere un punto di riferimento così importante per l’archeologia mondiale? «Il Museo ha, dal punto di vista dei prestiti, il più grande prestatore del Ministero per quello che riguarda le mostre all’estero. Questo ci permette di essere in comunicazione con città di tutto il mondo, recentemente anche con l’Oriente. Questa è una straordinaria opportunità per il Museo, ma anche per Napoli e la Campania che ha una vetrina continua in tutto il mondo. In seconda battuta, c’è il rapporto con la comunità di studiosi che di continuo chiede possibilità di sopralluoghi, fotografie, documenti che trattano questo immenso patrimonio. Il salto di qualità sarà fatto tra qualche tempo quando riusciremo a mettere online tutto il materiale che abbiamo, anche nei depositi, sia sotto il profilo della schedatura che delle immagini. Si innescherà un processo estremamente virtuoso di una comunità scientifica che non ha bisogno di venire a Napoli per studiare, ma che da qualsiasi parte del mondo sarà connessa con l’Archeologico». Delle collezioni vastissime: dall’imponente collezione Farnese ai suggestivi ritrovamenti di Villa dei Papiri; per poi continuare con mostre di alto spessore come ricordiamo due anni fa la mostra di Canova. Come si valorizzano ogni giorno questi capolavori e come il MANN riesce sempre a dare mostre di elevata qualità? «Noi abbiamo stabilito una strategia espositiva mettendo sempre a confronto il moderno con l’antico, questo è stato proprio il caso di Canova, cioè un grande scultore moderno che ha riflettuto sull’antico. Ci sono mostre, poi, come quelle dei gladiatori che vogliono approfondire il tema dell’archeologia e vedere come nel


Agalma una statua e

tempo si è evoluto il concetto di gladiatore nel corso del tempo fino ad arrivare ai nostri giorni e a riflettere su quali sono stati i gladiatori oggi come, ad esempio, i medici in prima linea in pandemia. Oppure ci sono mostre di denuncia come la mostra di due anni fa del cambiamento climatico perché riteniamo che i Musei debbano avere questo ruolo politico/sociale di stimolo e di educazione al grande pubblico. In sostanza, tutto quello che viene fatto al MANN a livello espositivo ovviamente anche attraverso l’utilizzo di oggetti di grande livello, ha sempre il fine di collegare il mondo antico con quello contemporaneo, cioè di stimolare la riflessione e non concepire la bellezza come un valore a sé stante, ma come stimolo per creare cittadini più consapevoli».

docufilm sul MANN di Mina Grasso

I "Eracle a riposo", collezione Farnese MANN

quando ancora era tutto chiuso, però volevamo proporre una cosa eccezionale nel momento della riapertura. Devo dire che le presenze ci stanno ripagando, perché sono un punto di ri"I corridori o lottatori", collezione Villa dei papiri MANN ferimento, in questo momento a livello nazionale, delle esposizioni in Italia. L’altro aspetto sul quale stiamo lavoCome rispondono i turisti e soprattutto i narando è quello di trasformare il museo, tra la poletani a tutto ciò? prossima estate e la prossima primavera, in un «Noi abbiamo ereditato, ad inizio del nostro luogo dove si possa passare davvero un’intera mandato, un pubblico che era soprattutto giornata in tranquillità ed in serenità; attivanquell’erede del Grand Tour, quindi, un pubblico do una serie di servizi come il terzo giardino, il in maggioranza anglosassone e francese, che ristorante che si sommerà alla caffetteria, colera abituato a venire a Napoli all’Archeologico legando il Museo anche alla Galleria di fronte e poi proseguire per Pompei. dove abbiamo ottenuto due spazi allargando, Nel tempo abbiamo lavorato per creare una codunque, l’idea di Museo. munità cittadina che comprendesse come l’arAbbiamo chiuso anche un accordo con Volotea cheologico è un’identità profondamente diverche finanzierà uno spazio green al di fuori del sa da Pompei, perché ha solo in parte collezioni Museo in cui ci saranno rastrelliere per bicivesuviane, ma vi sono anche la collezione egiclette, punti di ricarica e fontanelle d’acqua. È zia, la collezione Farnese, materiali dalla Magna bene ripartire dalle cose essenziali ed è fonGrecia, da Palmira e dalla Siria: insomma, è un damentale che nei luoghi della bellezza si stia museo di grande livello internazionale. Gli anni bene». sono stati spesi anche per creare una comunità Quanto è importante e funzionale, in questo legata al museo, infatti, l’anno scorso abbiamo periodo, contestualizzare e conoscere la storegistrato circa 8000 abbonamenti. A noi interia in un mondo che è in preda alla rivoluzione ressa molto il fatto che si crei e si coltivi questa digitale e che corre veloce? comunità, perché ci sono margini di crescita «Non dobbiamo commettere l’errore verso il enormi considerando che la città di Napoli arquale ci stanno spingendo i soggetti che proriva a quasi un milione di cittadini, quindi, bisoducono le tecnologie. C’è una falsa idea che sta gna lavorare sotto questo aspetto per creare un serpeggiando, molto pericolosa, e cioè che se “nuovo pubblico”, per far sì che ci sia un forte si padroneggiano le tecnologie, siamo persone senso di riappropriazione da parte dei napoleevolute. In realtà la tecnologia è uno strumento, tani del loro museo; perché non è il “mio” Muma se nessuno di noi ha i contenuti e la consaseo, ma è di tutta la città di Napoli. Purtroppo, pevolezza critica di ciò che è successo e ciò che è una cosa che riguarda molti siti campani, ma sta succedendo, siamo schiavi di chi produce stiamo lavorando in questa direzione». tecnologie. Bisogna tornare assolutamente a I musei e la cultura in generale hanno recenformare le persone criticamente attraverso lo temente affrontato periodi molto bui. Quali studio della storia, della filosofia, del pensiero sono i progetti futuri e come avete organizzalibero; dopodiché ci si può anche specializzare. to la riapertura? Dunque, la tecnologia noi la utilizziamo come «Abbiamo organizzato la riapertura investendo, strumento e non come fine. I Musei possono e anche rischiando, su una mostra molto bella, far capire tante cose, a volte anche in maniera ma che poteva anche essere un flop nel caso cruda, aprendo gli occhi sugli abissi del monin cui non fossero ristabiliti i flussi di visitatori do antico per ricordarci che vi sono altrettanti e quindi noi abbiamo inaugurato “I Gladiatori” abissi nella contemporaneità».

l docufilm Agalma, già presentato alla 17esima edizione delle Giornate degli Autori di Venezia 77, è stato proiettato in anteprima lunedì 14 giugno nell’Auditorium del MANN, spazio nuovissimo che nasce dai lavori di ripristino e riorganizzazione del nuovo braccio del Museo, adiacente al giardino della Vanella. Realizzato con il contributo di Regione Campania e con la collaborazione di Film Commission Regione Campania, il film è frutto di tre anni di lavoro sulla quotidianità di uno dei più importanti musei del mondo, custode della storia e dei reperti provenienti da Pompei e da Ercolano e della collezione Farnese. Il film vuole anche rappresentare un omaggio al classico “Viaggio in Italia” di Roberto Rossellini. La parola agalma deriva dal greco antico ἀγαλμάτιον «agalmation», a sua volta derivante da ἄγαλμα «agalma», dunque statuetta, piccola immagine, oppure anche ornamento, e vuole avere il senso anche di ammirare e brillare. Agalma è un film sul backstage del MANN, riconoscimento del lavoro delle tante professionalità del Museo, che restano qualche volta dietro le quinte, oltre ad essere un progetto di valorizzazione del patrimonio della Regione Campania: questo racconta in occasione della presentazione Paolo Giulierini, che aggiunge: «il film è già stato presentato a Venezia e Roma, e ora l’intento è quello di farlo conoscere all’interno degli Istituti della cultura europei». Nel docufilm parla Agalma, parlano le statue del MANN. Ed ecco che ascoltiamo il suono della voce di Zeus, figlio di padre ignoto, ritrovato nei fondali di Baia. Un frammento del suo trono lo ha riportato a Napoli. Oppure ascoltiamo l’Atlante, statua collocata nella sala della Meridiana. Lui, nato nel II sec dopo Cristo, regge il mondo sulle sue spalle, e presenta un volto dove barba e capelli sono ormai trasformati in selva. E poi, la voce di Hermes, nato a Canosa, che per secoli ha portato messaggi agli Dei. Hermes, piccolissimo frammento di un racconto del passato, speranza di un corpo futuro. Il film è arricchito da alcune fotografie d’archivio conservate nel Museo: fotografie in bianco e nero che ripercorrono la storia del MANN. «Il Museo è luogo di spirito, conoscenza e sapere – racconta nel film Andrea Milanese, storico dell’arte -ed è anche il luogo degli allestimenti. Noi andiamo al Museo per ammirarli, e per essere felici».

Luglio 2021

|

5


C ULTURA

di Rossella Schender

l'antica città di ercolano

Il Parco Archeologico raccontato dal direttore Francesco Sirano

P

atrimonio UNESCO dal 1997, il Parco Archeologico di Ercolano, è una delle principali mete culturali presenti sul territorio campano. L’antica città di Ercolano fu ritrovata casualmente nel 1709 ma, le indagini archeologiche, cominciarono solo nel 1738 grazie al re Carlo III di Borbone. Amedeo Maiuri, noto archeologo e accademico italiano, promosse uno scavo sistematico dell’area a partire dal 1927 al seguito del quale furono rinvenuti numerosi reperti oggi ospitati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nella collezione Villa dei Papiri. A raccontarci i dettagli del Parco Archeologico è il Direttore Francesco Sirano. Che apporto crede di aver dato ai fini della valorizzazione del Parco Archeologico da quando è arrivato? «Se devo sintetizzare in una parola il mio contributo: apertura. Il visitatore è al centro di ogni nostra azione e il Parco ambisce a trasferire questa logica verso tutti coloro che considera la propria comunità di riferimento, la quale non si limita al territorio circostante ma si estende a tutti coloro interessati a questo comune patrimonio dell’Umanità. E non basta perché le prossime sfide sono quelle verso il non pubblico. Per fare questo abbiamo messo in campo una pluralità di azioni di breve e medio periodo: accrescere l’offerta culturale in termini quantitativi e qualitativi, diversificare i modi di fruizione, moltiplicare le interazioni. La nuova identità visiva in questo senso non è un “bel segno grafico”, ma l’illustrazione di un luogo che valorizza le connessioni ancora prima dei nodi. Mi emoziona ogni volta discendere lungo la Rampa Martuscielli e tornare indietro nel tempo, così come accedere alla città come facevano i pescatori nel 79 d.C. Essere il Direttore del Parco Archeologico è una grande responsabilità che si può affrontare solo con tanto lavoro fatto di studio, valutazioni, riflessioni, capacità di scelte rapide, elaborazione di strategie, ascolto sia del team sia delle sollecitazioni che vengono dall’esterno. Un Direttore deve avere una sua visione e lavorare non solo per il breve periodo, ma soprattutto pensando a come sarà Ercolano nel 2040». Quali sono le caratteristiche specifiche di Ercolano? «Lo straordinario stato di conservazione dei materiali organici, dei piani elevati e dei tetti degli edifici antichi, dell’intero fronte a mare della città, di centinaia di elementi architettonici e decine di mobili in legno, è dovuto all’azione, insieme distruttrice e conservatrice, dei sei flussi piroclastici che nel giro di poche ore investirono Ercolano ricoprendola 6

| Luglio 2021

sotto una coltre la cui potenza va dai 12 ai 26 metri di spessore. La natura fisico-chimica di questi flussi fu tale che il risultato finale potrebbe essere avvicinato a una sorta di effetto sottovuoto. Senza ossigeno, benché le temperature abbiano raggiunto un range compreso tra i 300 e i 500 gradi centigradi, il materiale organico non bruciò, mentre i tessuti del corpo umano paradossalmente evaporarono all’istante. Tutti questi dati non sono utili solo per la storia antica ma anche per capire come organizzarsi in vista di future eruzioni». Cosa distingue una visita al Parco Archeologico di Ercolano da quella a Pompei? «Pompei ed Ercolano hanno condiviso la stessa tragica sorte e sono indissolubilmente legate nella storia e nell’immaginario collettivo. Tuttavia tra i due centri vesuviani ci sono notevoli

differenze, sia per quanto riguarda la vita dei rispettivi abitanti, sia per quello che ne ha caratterizzato la fine. Completamente differenti sono, infatti, le dinamiche del seppellimento che, a loro volta, hanno creato condizioni diverse di conservazione: mentre Pompei è stata sepolta da un’intensa pioggia di cenere e lapilli, Ercolano è stata investita da flussi piroclastici successivi, giunti a temperature altissime, e con una tale densità fisica da essere privi di ossigeno, sigillando l’intera città sotto una spessa coltre di materiali eruttivi che fecero scomparire l’abitato e spostarono la linea di costa di circa 400 m rispetto all’antico litorale. Tutto questo ha un riflesso sulla qualità umana dell’esperienza di visita di Ercolano. Probabilmente, infatti, una delle differenze tra i due siti che salta più all’occhio dei visitatori, anche per l’impatto emotivo che suscita, è la conser-

vazione dei resti umani. Se a Pompei, infatti, la decomposizione dei corpi ha impresso la loro impronta nella cenere permettendo agli archeologi di realizzare dei fedeli calchi delle vittime, a Ercolano i flussi piroclastici fecero letteralmente evaporare i tessuti molli e nel fango vulcanico si sono conservati gli scheletri degli sfortunati abitanti, dal cui studio si possono recuperare interessantissime notizie su stili di vita, patologie e regimi alimentari. È recentissima la scoperta di tessuto cerebrale vetrificato, con la preservazione integrale di strutture neuronali, nei resti umani appartenenti al custode del Collegio degli Augustali, che forse dormiva quando l’onda di calore lo avvolse disteso nel letto, dove il suo scheletro è stato rinvenuto. Ciò che più impressiona è che molte di queste vittime avevano ancora indosso gli effetti personali, quali borse, strumenti da lavoro, lucerne, monili e altri oggetti di ornamento, realizzati in materiali che meglio hanno resistito allo choc termico». La mostra “SplendOri. Il lusso degli ornamenti ad Ercolano” ha avuto un incredibile successo tanto da diventare permanente. Ne avete nuove in programma? «“SplendOri” è la prima grande mostra del Parco Archeologico di Ercolano all’interno dell’Antiquarium del Parco. Gioielli, monete, gemme, arredi e strumenti preziosi per i banchetti delle occasioni speciali sarebbero solo “cose” per quanto preziose se non fossero inserite in un racconto che ne evoca il profondo significato sociale e le inserisce nel loro contesto di ritrovamento, di utilizzo e di produzione, se non tornassero nelle mani e sui colli dei loro proprietari. I materiali provengono da edifici pubblici, dalle Domus e dalle botteghe dell’antica Herculaneum e restituiscono un’immagine vivida, complessa e felice di questa comunità. Un cospicuo gruppo di reperti fu trovato nel corso degli scavi sull’antica spiaggia dove, come noto, si era rifugiato con i propri averi e nell’abbigliamento confacente al rango di ciascuno, un folto gruppo di abitanti della sventurata città in attesa della missione di salvataggio che almeno per loro non andò a buon fine». L’autonomia a seguito della separazione dalla Soprintendenza di Pompei quali grossi cambiamenti ha comportato? «La creazione di un nuovo Istituto ha prodotto benefici tangibili in quanto essa comporta, oltre alla titolarità di una contabilità autonoma, anche lo snellimento dei processi decisionali, la tempestività delle attività di tutela, conservazione e ricerca, nonché strategie mirate di comunicazione, oggi fondamentali in seguito al diffondersi della comunicazione web. L’uni-


abbiamo tutti sperimentato nell’ultimo anno e mezzo. Ogni futuro progetto terrà conto sempre di quello che abbiamo imparato e delle soluzioni che si possono individuare per adattarsi con facilità alle nuove situazioni». Avete approfittato del lockdown per migliorare l’area archeologica? «La pandemia ha evidenziato le criticità e i punti di forza del Parco. Alla dolorosa chiusura dei cancelli un anno fa corrispose l’attivazione delle nostre capacità di resilienza. Ci siamo ispirati all’eroe fondatore della città antica: Ercole che non si arrendeva di fronte a nessuna

Ercolano è il luogo dove è nata nel 1738 la ricerca archeologica sistematica nel mondo occidentale. Staccare Ercolano da Pompei è stata una scelta strategica del Ministero di grande rilevanza culturale co luogo di età romana con edifici conservati in tale quantità sino al terzo piano di altezza. Il solo sito che abbia restituito così tanti reperti organici. L’unica biblioteca del mondo antico, la famosa collezione di papiri che dà il nome alla Villa, è stata trovata qui. Ercolano è un luogo della cultura troppo importante e con sfide per la conservazione e la fruizione troppo grandi per essere un ufficio periferico della ex Soprintendenza di Pompei. Condividiamo con Pompei lo stesso sito UNESCO e i rapporti sono continui e strettissimi. A beneficiare della sopravvenuta autonomia sono state in primo luogo la cura e la manutenzione del Sito, ciò infatti, sembra essere stato ben compreso dai visitatori che crescono in modo esponenziale. L’incremento dal 2016 al 2019 sfiora il 30%. Tale trend positivo è frutto sia dello sviluppo di progetti culturali di grande

attrattiva, sia di nuove strategie organizzative che hanno contribuito a mettere in luce Ercolano nell’immaginario collettivo e a renderla sempre più spesso meta di tour appositamente programmati, non più quindi come fugace appendice di visita alla più nota e vasta Pompei». Il periodo pandemico in che modo ha inciso sull’attività del Parco? «La pandemia è stata insieme uno shock e una grande occasione per ripensare molti aspetti della gestione del sito e lavorare in modo innovativo su entrambe le principali linee strategiche del Parco: la tutela e la valorizzazione. Nell'immediato c'è stata una reazione necessaria, a seguito della quale, il Parco ha ridefinito i propri obiettivi e riorganizzato le attività in modo da equilibrare lavoro da remoto e necessità connesse ai sopralluoghi sul sito, illustrazione, diffusione dei valori culturali e visite in presenza e in sicurezza. Nella prospettiva dei prossimi anni è apparsa subito chiara l’opportunità di aumentare la capacità da parte del Parco, tanto del personale quanto del patrimonio archeologico, di affrontare al meglio difficoltà come quelle che

difficoltà. Ma soprattutto abbiamo fatto gioco di squadra all’interno del MiC – Ministero della Cultura –, con il partenariato pubblico-privato con la Fondazione Packard attraverso l’Herculaneum Conservation Project e con tutte le nostre connessioni sul territorio. A parte le visite del pubblico nei dolorosi periodi di chiusura, nessuna nostra attività si è fermata. Anzi, abbiamo accelerato le attività di progettazione e di svolgimento delle gare. Il Parco ha anche deciso di investire sul proprio futuro e, in attesa di prossimi concorsi pubblici, ha lanciato una selezione per sei figure tecnico scientifiche di altissima specializzazione per potenziare ancora di più la nostra capacità di mettere in campo progetti e di poterli seguire adeguatamente. Il Parco mostra di aver gestito un flusso di attività incrementato grazie al massiccio ricorso alla digitalizzazione e alla razionalizzazione dei processi, ma soprattutto grazie alla dedizione di tutti quanti qui al Parco lavorano per questo luogo culturale unico. Ecco, quando sento degli statali fannulloni io sorrido e mi ricordo sempre di essere nato il 12 luglio, giorno di San Fortunato».

Luglio 2021

|

7


isaia.it

SUIT UP DIFFERENTLY. #smartorialElegance

Baku, Capri, Chicago, Cyprus, Dnepropetrovsk, Ekaterinburg, Hong Kong, Kazan, Kiev, Limassol, London, Los Angeles, Milan, Moscow, New Delhi, New York, Nizhny Novgorod, Rome, San Francisco, St Moritz,Tokyo, Ulaan Baatar 8 | Luglio 2021


A RTE

La mostra “Architettura dell’Arcobaleno #1” al MAC3 di Caserta di La Redazione | Ph Angelo Marra

Uno dei grandi compiti dell’arte è quello di essere una funzione sociale

A

bbiamo visitato la mostra e, anche se i luoghi necessitano di una riorganizzazione e ristrutturazione (ordinaria e straordinaria), la cura e la passione dell’organizzazione dell’evento ti coinvolge. Molte le opere esposte, alcune davvero emozionanti. Siamo stati accompagnati da uno dei curatori della mostra, Massimo Sgroi, al quale abbiamo strappato alcune dichiarazioni: «Uno dei grandi compiti dell’arte è quello di essere una funzione sociale; è quella visione della bellezza che restituisce all’essere umano l’illusione, come sosteneva Fedor Dostoevskji, di poter cambiare il mondo. E, proprio nel momento in cui l’essere umano stesso muta la sua percezione del reale, sepolto sotto un eccesso mediatico di immagini, il ruolo dell’artista può essere ancora più dirompente». Questa è la premessa che ha portato a realizzare l’idea dell’operazione artistica dell’Architettura dell’Arcobaleno; nata in pieno lockdown a causa della pandemia da covid-19 con l’allentarsi delle restrizioni diventa una serie di quattro mostre che rappresentano uno spaccato rappresentativo di quella che è, oggi, la funzione estetica dell’arte visuale in Campania. Curate da Veronica Cimmino, Massimo Sgroi, Luca Palermo

Il direttore del MAC Massimo Sgroi

e Marco Izzolino, quattro eventi ognuno con la partecipazione di venticinque artisti diventano un lavoro collettivo per riflettere non solo sullo stato dell’arte visuale su un territorio che, già di per sé, modifica la percezione stessa degli artisti ma, anche sulla funzione che l’arte e la cultura in generale assolvono nel mondo del terzo millennio. E, così, artisti come Nino Longobardi, Antonio Biasiucci, Lello Lopez, Sergio Fermariello per finire all’ultima generazione di street artist, dialogano fra di loro usando la porta estetica per riflettere, confrontarsi e fare sintesi sul significato ed il ruolo dell’artista. Non è casuale che l’intera operazione diventerà un libro, edito da un importante editore

italiano, Castelvecchi, portando la ricerca estetica campana al di fuori del territorio per allargare la dialettica artistica al resto del paese; la scelta prevede, infatti, oltre alle opere degli artisti gli scritti di intellettuali che non necessariamente appartengono direttamente al mondo dell’arte; dal filosofo Lucio Saviani, ai sociologi Augusto Ferraiuolo e Gabrie-

le Montagano, all’ex presidente della Fondazione Donnaregina, il giurista Pierpaolo Forte, gli storici dell’arte Annamaria Romano ed Alfredo Fontanella, lo storico Gianni Cerchia ed, ovviamente, i quattro curatori. «Ciò che mi rende orgogliosa – afferma l’Assessore alla Cultura, Lucia Monaco – è il fatto che questa sia una nostra produzione; l’abbiamo pensata, voluta e realizzata insieme allo staff dell’Assessorato alla Cultura. Fondamentalmente questo rientra in una funzione politico-amministrativa che non si limita a recepire le istanze esterne dei diversi operatori del settore, ma che è capace di pensare e realizzare delle iniziative di carattere nazionale ed internazionale. Questo lavoro, oltre alla sua intrinseca natura culturale artistica, serve anche a far conoscere sia il Museo di Arte Contemporanea della Città di Caserta sia l’enorme ricchezza artistica che ha la nostra regione ha». Sulla stessa linea l’idea del sindaco della città di Caserta, Carlo Marino: «Ho sempre pensato che la Cultura sia uno straordinario veicolo per comunicare la Bellezza di un territorio. Questa operazione, insieme all’altro progetto che prevede la creazione del sito del museo ed il catalogo generale delle opere in collezione, restituisce alla città, e al territorio campano, la sua straordinaria attitudine nel creare e rendere visibile l’arte. Noi non ragioniamo da periferia dell’impero, rivendichiamo, piuttosto, la capacità di essere dialettici in un dibattito, quello culturale, che è parte integrante della nostra storia di Nazione». Luglio 2021

|

9


A RTE

di Angelo Morlando

La denuncia dell’artista E attivista Maria Cammarota Al MAC3 di Caserta esposta l'opera "Stesa a mano" del 2019

T

ra le opere esposte al MAC di Caserta siamo rimasti molto colpiti da “Stesa a mano” di Maria Cammarota, una giovane artista/attivista che ha avuto il coraggio di tradurre in arte una denuncia su una delle violenze più diffuse esercitate dai criminali: la richiesta estorsiva attraverso la minaccia armata. In questo caso, il luogo dell’accaduto è una pizzeria al centro di Napoli. Di seguito, riportiamo il pensiero e la descrizione dell’opera da parte dell’artista: “Spesso mi ritrovo a pensare all'arte come "riparatore" della vita e delle sue incoerenze. Ma la vita è mai stata coerente? Credo che l'arte abbia una funzione divulgativa e una vocazione pedagogica. Ma l'arte non è fatta per mettere ordine nel caos. Non si tratta di dover rispondere a domande, ma di farne altre nuove e sempre più stimolanti. Quando ero più piccola percepivo le mafie come un qualcosa di lontano, pur vivendo in un ambiente con un alto tasso di criminalità, in cui molto forte è la presenza non solo della criminalità comune, ma anche di quella camorristica. È inquietante come alla fine ci si abitua alla vista dello spaccio, del negozio del vicino di casa che viene incendiato più volte, perché i proprietari sono coinvolti in malaffari o perché si sono rifiutati di pagare il pizzo. Quando finalmente sono riuscita ad aprire gli occhi, ho cominciato ad indignarmi, ma anche a pensare che le cose possono andare diversamente, ed impegnarmi per fare in modo che ciò accada. È fondamentale innanzitutto conoscere l'ambiente economico, sociale e culturale in cui viviamo. L’arte può fare molto nella lotta alla criminalità organizzata: più se ne parla più c’è la possibilità di riuscire ad analizzare lo sviluppo delle dinamiche mafiose e delle strategie di contrasto, per ostacolare un’indifferenza che genera oblio, che continua a “uccidere” ogni giorno chi è stato privato anche della vita dalla violenza mafiosa. Sono “un’artista attivista”, impe-

10

| Luglio 2021

gnata nel sociale da ormai molti anni, e credo di essere lontana dall’illusione che quando la vita diventa “difficile”, arrivi l'arte a "risolvere il problema". La mia ricerca artistica è basata principalmente su temi sociali, spesso legati al territorio in cui vivo. Storicamente, la mafia ha trovato i suoi punti di forza nell’invisibilità materiale, ovvero nell’idea secondo cui la “mafia non esiste”, e nell’invisibilità concettuale, ovvero l’incapacità di distinguerla da altre forme di criminalità comuni o dal clientelismo. Perciò decido spesso di giocare con questi temi attraverso i concetti di “invisibilità” e “vuoto”. Riconoscere il valore dell’omissione significa cercarne il senso. Non dire al fine di dire. Il vuoto non è sempre solo nulla, assenza totale. In tante circostanze esso è segno

di qualcosa che non c’è perché non c’è mai stato, che vorremmo ci fosse oppure sentiamo che ci dovrebbe essere. Le parole ci mancano spesso, mancano perché sono scomode, perché ricercano chiarezza, la volontà di esprimere un qualcosa e la possibilità che quel qualcosa venga poi frainteso. E allora spesso scegliamo di lasciar stare. Oppure possiamo scegliere di parlarne, di alzare la voce e il mio modo di farlo, quello che mi riesce meglio, è attraverso l’Arte. L’opera in esposizione è stata realizzata nel 2019, riproducendo con dei calchi gli spari che hanno colpito la serranda di una pizzeria del centro storico di Napoli; le foto documentano le impronte lasciate dai proiettili. “Stesa a mano”, realizzata poco dopo l’accaduto, vuole essere un invito a convogliare l’attenzione verso

quanto viene lasciato spesso ai margini, risultando invisibile. Nelle faide tra i clan di camorra rientrano anche dinamiche di racket e minacce a celebri locali e pizzerie del centro storico di Napoli. Nel 2019 la sfida per il predominio del territorio vede protagonista i Decumani e la faida tra il sodalizio dei Sibillo e quello dei Mazzarella, che si contendevano anche le pizzerie della zona. Le notizie di cronaca relative, girano prettamente intorno ai nomi di due celebri pizzerie napoletane, una colpita con spari, l’altra con una bomba. Nel quartiere Forcella, invece, quattro spari alla serranda di una pizzeria meno nota non fanno alcun rumore. Il proprietario della pizzeria in questione, minacciato dalla camorra, sembra essere con la sua attività invisibile agli occhi di tutti. Mario, che nel 2019 ha avuto il coraggio di denunciare l’atto intimidatorio, è stato abbandonato dalle autorità locali, anche successivamente all’accaduto. Il suo coraggio e la sua caparbietà − che dovrebbero essere da esempio − non hanno reso giustizia alla sua pizzeria, che rischia di continuare a rimanere invisibile. Nell’ultimo anno, Mario è diventato latitante. È accaduto dopo l’ennesima minaccia di pagare il pizzo da parte di un nuovo clan del quartiere Sanità, giunta a seguito dello svolgimento di lavori di ristrutturazione del locale; Mario ha denunciato nuovamente, ma in mancanza di protezione è dovuto scappare con la propria famiglia. Non ha avuto scelta. La pandemia causata da Covid-19, dopotutto, non ha fatto altro che peggiorare la situazione, offrendo ai clan nuove occasioni di fare business e di raccogliere consensi. Gli affari, la camorra, prova a realizzarli puntando alle imprese attualmente in difficoltà, costrette temporaneamente a chiudere o a ridimensionare le proprie attività. Quanto ai consensi, li ottiene comprando la paura, la disperazione e la solitudine della gente, a poco prezzo”.


A RTE

di Fernanda Esposito

ALESSANDRA CARLONI e il suo mondo surreale Tra tele e street art i suoi viaggi "belli e impossibili"

O

ggi Alessandra Carloni si annovera fra i migliori artisti di street art italiani e i suoi lavori riscuotono un interesse sempre maggiore tra il pubblico e la critica. Nei quadri di Alessandra il tema è spesso quello del viaggio impossibile, scopriamo insieme a lei quale potrebbe essere la meta. Sono anni che ti dedichi all’arte urbana. Ti definiresti street artist o solo pittrice? Principalmente pittrice. È nel mio studio che nascono le idee e i progetti che poi riporto su carta e su tela. Come gestisci la doppia vocazione, cosa ami fare di più? «Naturalmente sono due mondi opposti. Con gli anni ho capito che amo fare entrambi, solo che mentre predomina uno, sento poi la necessità dell’altro. In fondo per me, aldilà del tipo di superficie, è necessario esprimermi e so che anche quando i muri finiranno, il viaggio nella pittura e nella ricerca non si esaurirà mai». Come definiresti il tuo stile. Chi o cosa ti ispira tra passato e presente? «Il mio linguaggio, lo definirei un mix assoluto di tanti stimoli e memorie diverse, un bagaglio culturale che mi racconta nel tempo, la donna di ieri, oggi e quella che sarà un domani. Nella storia dell’arte guardo e ho guardato molto alle Avanguardie, specializzandomi nel futurismo. Ho visto anche molta scuola romana, Mafai, Scipione fino ad arrivare a Pirandello per la pastosità della pittura e i rapporti tonali delle terre e poi Hopper, per la luce e la metafisica del paesaggio. A tutto ciò ho unito il mio amore per i fumetti stile manga, che divoravo quando ero adolescente». I temi ricorrenti nelle tue opere sono il viaggio e il viaggiatore senza occhi con un ciuffo al vento, chi rappresenta questo personaggio? «Fondamentalmente potrei essere io, ma potrebbero essere tutti, per questo più che rappresentare un personaggio definito rappresenta una simbologia, la metafora stessa del viaggio in un lungo so-

gno. Ecco perché il personaggio è senza occhi, per far sì che tutti possano identificarsi e sentirsi dentro quel viaggio». I tuoi viaggi sono bellissimi e surreali, come quelli del piccolo principe che viaggia di asteroide in asteroide, facendo domande a destra e a manca. Tu cosa cerchi? «Come tutti in fondo cerco delle risposte e lo faccio attraverso l’arte pittorica. Un mio viaggio di ricerca in un racconto personale, che poi è diventato il racconto di tutti, soprattutto quando è approdato al muro».

Qual è la riflessione che vuoi suscitare nello spettatore che vi si trova di fronte? «Forse che la vera bellezza dell’uomo è mantenere viva quest’anima viaggiatrice e fanciulla che si stupisce e si meraviglia di tutto». Macchine volanti e mongol-

fiere animano borghi e periferie; con le tue pennellate e i tuoi colori, le pareti grigie diventano luoghi altri, senza tempo. Quale murales ti ha emozionato maggiormente? «Spesso mi viene fatta questa domanda, ma è difficile attribuire un valore più alto a un’opera rispetto ad un’altra, per il semplice fatto che ognuno ha un proprio racconto, una sua storia, una sua emozione». I tuoi murales sparpagliati in tutta Italia e all’estero, sono vere opere d’arte. Non ti addolora l’idea che questo tipo di opere non dura per sempre? «Forse sì, per alcuni lavori a distanza di anni. In fondo questo genere di arte è transitoria, rapida e rispecchia appieno, come fenomeno artistico, la nostra società contemporanea». Traguardi raggiunti tanti, artisticamente parlando … e come donna? «Domanda complicata. Diciamo che quando ci si dedica alla pittura quasi come a un figlio, anche un po’ inconsciamente si fanno delle scelte, quindi mi sento di dire che come donna ancora non ho raggiunto tutti i miei traguardi». Prossimo progetto? Aspirazioni future? «Questo è un anno di interventi murali molto intenso fra nord, centro e Sud Italia, sono già all’undicesimo intervento murale e si presenta davanti a me un’estate piena di spostamenti continui e operazioni di arte urbana su territori diversi. Sto anche preparando una mostra ancora da definire nel dettaglio che rappresenta il mio ultimo ciclo intitolato: "Maschere Urbane". Una riflessione molto particolare in questo periodo di pandemia che ci ha sconvolto, visto come un lungo itinerario nelle città italiane, attraverso la presenza della maschera come antitesi alla mascherina attribuita al contagio, con cui questa volta camufferò il mio personaggio esploratore giocoso». Luglio 2021

|

11


C ULTURA

SVELARE LA BELLEZZA Intervista a Gianni Solino, direttore del museo Campano

di Pasquale Di Sauro

“U

n museo è un luogo dove si dovrebbe perdere la testa”. La citazione evocativa è di Renzo Piano che con queste parole descrive il fascino di un luogo senza tempo. A Capua il Museo Campano è un patrimonio inestimabile, fondato da Gabriele Iannelli nel 1870, oggi mostra nelle sue sale monumenti, reperti e documenti significativi della civiltà italica e campana. Il direttore Gianni Solino, in questa intervista, svela la bellezza dei valori identitari custoditi tra le mura di questo posto che nelle sue parole diventa uno spazio di produzione e attrazione culturale. Svelare la bellezza... Il museo Campano è un luogo di storia e cultura nel cuore di Capua «Il museo per la sua storicità è tra i più belli della Regione, ma anche del Paese. È di media dimensione, un visitatore può godere delle bellezze in maniera leggera e veloce, cosa che spesso non avviene nei grandi musei dove ci si sente sempre un po' inadeguati. Per gli esperti invece, a seconda delle passioni e delle competenze, c’è tanto da studiare e approfondire: archeologia, ritrattistica, pittura e scultura con una buona componente di carattere medioevale, soprattutto dell’epoca dello “Stupor Mundi” Federico II di Svevia che a Capua ha scritto pagine importanti di storia e fatto cose impensabili - ai tempi - per la cultura». "Le Madri", può parlarci di questa collezione? «La collezione delle Matres Matutae è unica al mondo. Circa centocinquanta statue risalenti tra il VI e il IV secolo a.C. in tufo grigio rinvenute a Curti – comune in provincia di Caserta - verso la fine del milleottocento. Sculture di madri sedute con bimbi in fasce tra le braccia e tra queste, ce n’è una che viene definita la Dea Madre. Queste rappresentazioni si ipotizza siano degli ex voto delle signore alla divinità in cambio della fertilità ricevuta. Con orgoglio posso dire che sono opere che tutti ci invidiano e ci chiedono in prestito. Attualmente una Mater Matuta è esposta alla mostra “Tota Italia” allestita alle Scuderie del Quirinale. Altre invece sono a Pescara in occasione di una mostra che celebra Schifano, il pittore contemporaneo che si è ispirato al culto della dea. Alcune originali invece si trovano anche a Berlino e Amsterdam». Chi arriva al museo e qual è stata la reazione dopo le chiusure per la pandemia? «Studiosi da tutto il mondo, ma anche pubblico scolastico e di prossimità. Durante la pandemia per le chiusure rischiavamo di essere dimenticati e così ci siamo dati da fare con il digitale. Una campagna di comunicazione importante, decine di video che raccontavano storie partendo da un oggetto presente nelle sale. Al nostro impegno si sono uniti tanti docenti, esperti e ricercatori. Estimatori delle bellezze del museo da ogni parte d’Italia. Abbiamo speri-

12

| Luglio 2021

mentato nuovi linguaggi per il grande pubblico, oggi i risultati sono incoraggianti, i nostri account social sono seguitissimi». Quali sono i programmi per il prossimo futuro? «Con la riapertura, e grazie al finanziamento della Regione Campania necessario per il rilancio, stiamo promuovendo eventi che dureranno per tutta l’estate. Con queste risorse organizzeremo spettacoli, musica e degustazioni di prodotti tipici negli spazi aperti che stiamo attrezzando. Vogliamo che i giovani entrino nel nostro museo a scoprire le storie e questo sarà possibile anche grazie all’aiuto di tante associazioni del territorio che ci aiutano a mettere insieme gli ingredienti per ritornare nelle simpatie del pubblico».

Quali sono le ricette vincenti per il museo? «Per entrare nei grandi circuiti del turismo culturale bisogna intensificare i rapporti di rete. Dico sempre che fare rete non è fare goal, ma giocare di squadra. Non è un risultato da raggiungere per sé stessi anche perché da soli è complicato arrivare al grande pubblico. Vogliamo renderci utili e trarre utilità dagli incontri con gli altri, così si possono promuovere pacchetti turistici attraenti, percorsi interessanti e momenti di aggregazione. Diversificare l’offerta per avere chance migliori e insieme a noi potrebbe crescere tutto il settore dell’accoglienza. Uno stimolo da parte nostra è la proposta di un collegamento con la Reggia di Caserta attraverso un servizio navetta, al momento è un’idea, vedremo come valuteranno le istituzioni».


info@danielloboutique.it danielloboutique.it

d’ANIELLO HEADQUARTER CARINARO Zona Industriale Asi 81032 Carinaro CE d’ANIELLO FLAGSHIP STORE VILLARICCA Via VI Martiri 21 80010 Villaricca NA d’ANIELLO AVERSA Piazza Municipio 1 Piazza Municipio 36 81031 Aversa CE d’ANIELLO GIUGLIANO Via A. Palumbo 55 80014 Giugliano NA d’ANIELLO SALERNO Corso Vittorio Emanuele 78 84123 Salerno SA Luglio 2021

|

13


14

| Luglio 2021


C ULTURA

di Roberto Nicolucci

ARMANDO DE STEFANO: UN ARTISTA NAPOLETANO

C

ari lettori, con colpevole ritardo rendiamo omaggio ad un artista napoletano scomparso il 16 marzo scorso, Armando De Stefano. È un artista che ha attraversato tutta la stagione del realismo impegnato senza mai venir meno al mandato di una pittura curata, ben costruita, emozionante, un’arte da contemplare. Allievo di Emilio Notte, ha ripetutamente partecipato alla Biennale di Venezia. Per lunghi anni ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, la sua città, riuscendo a cogliere il realismo populista, l’impegno sociale e politico, operando una sorta di ricerca metastorica e mettendo tra paretesi il formalismo pittorico per cui si fa veicolo di comunicazione, di partecipazione. Per ricordarlo abbiamo scelto di riportare all’attenzione dei lettori l’opera che forse lo ha maggiormente caratterizzato, la serie di dipinti e disegni sulla Rivoluzione Napoletana del 1799. La scelta di un momento, di immagini, di personaggi che al di là della toponomastica stradale, dei saggi storici e delle riflessioni degli addetti ai lavori, non appartiene veramente alla memoria collettiva del popolo napoletano perché non fu come la Rivoluzione Francese autenticamente Rivoluzione di Popolo. De Stefano sembra con la sua carrellata di volti, episodi e racconti mettere in luce una costante storica della città di Napoli, il rapporto potere-popolo, immutato, in cui forse per i protagonisti

Donna Eleonora al patibolo, 1983

di quella stagione rivoluzionaria, i Pagano, i Caracciolo, Eleonora Pimentel Fonseca, Emanuele De Deo valgano le parole, ormai datate ma attualissime di Gerardo Marotta: “La città non è ancora degna di accostarsi ai suoi mar-

tiri”. È proprio questa dimensione di vuoto etico, di sentire comune che De Stefano sceglie come filo narrativo di questo ciclo pittorico che dipana attraverso sequenze pittoriche che richiamano un taglio da neorealismo cinemato-

grafico in cui però i fatti vengono metaforizzati, in cui il dramma si fa ironia, ironia di una storia mai conclusa. È il senso di quella che De Stefano stesso ritiene “l’occasione mancata della storia napoletana”. Sarebbe impossibile per noi illustrarvi tutti i dipinti, i disegni. Realizzati dal maestro in un arco di tempo pluridecennale. Ne abbiamo scelto uno del 1983 "Donna Eleonora al patibolo". Di Eleonora Pimentel Fonseca vediamo solo la nuca, ne intuiamo dolore e destino, protagonisti del dipinto sono la corda per l’impiccagione e, in alto, i piedi di un impiccato che richiamano quelli della Crocifissione. È la posizione prospettica dei personaggi che esprime la drammaticità esemplare, la testimonianza dell’evento definitivo. Alcuni di essi guardano l’osservatore come per creare un legame fra quegli eventi e i posteri che osservano e ricordano. Colori, forme, impaginazione rinnovano la grande tradizione seicentesca napoletana, in una grande rielaborazione che fonde il tenebrismo di un Preti con l’apparato scenografico solimenesco, con l’uso di citazioni da commedia dell’arte come la maschera ferdinandea in basso a destra. Una donna, il suo martirio e il dramma della ricerca di uno spirito pubblico mai trovato e sempre necessario di un popolo, di una città ora come allora alla ricerca di se stessa, del suo destino. Grazie Maestro!

Ristorante Braceria Seguici su Prossima apertura Villaggio Coppola - PINETAMARE

lachiancaristorante@hotmail.com

081 633 53 35 - 392 161 82 10 Luglio 2021

|

15


U NIVERSTIÀ

di Luisa Del Prete

“La pandemia dimentica gli universitari” Intervista al Rettore dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale Roberto Tottoli

C

he le Università abbiano risentito di forti danni a causa della pandemia da Covid-19 è, ormai, un dato di fatto. Molte sono state le ricerche e le statistiche fatte da numerosi studiosi che hanno provato ad analizzare i dati di questa drammatica situazione: dall’impatto degli studenti con la DAD, all’assenza di contatto e alla parziale mancanza di socialità con colleghi ed amici che, invece, si era soliti frequentare ogni giorno. Il pensiero unanime, quando si pensava all’adattamento degli universitari alla DAD, è stato sicuramente quello di “sono nativi digitali e maturi: sapranno certo adattarsi a questa nuova modalità”. Ma non sempre si è realmente pensato a quanto potevano essere sconvolte le vite degli studenti e di quanto la quotidianità può essere importante. Per affrontare questa tematica abbiamo intervistato il Rettore dell’Università degli Studi di Napoli l’Orientale Roberto Tottoli che ci ha spiegato come l’Università in presenza ha gestito l’emergenza pandemica e quali, dall’altro lato, sono state le reazioni degli studenti. Aule affollatissime in presenza pre-pandemia, numerosi studenti che seguivano le lezioni anche seduti per terra; come ci si è organizzati per questo rientro e come sono stati gestiti i corsi? «Noi abbiamo deciso, quando a fine aprile è stato decretato di prediligere una didattica in presenza, di far tornare in aula gli studenti del primo anno delle triennali e quelli del secondo anno delle magistrali o comunque gran parte dei corsi della magistrale. Quindi siamo rientrati massicciamente in presenza, ma con la formula della didattica mista: aule attrezzate in sicurezza, ma con la possibilità per gli studenti di seguire anche da remoto per ottemperare eventuali problemi dovuti agli spostamenti e rispettando, tramite prenotazio-

16

| Luglio 2021

Il Rettore Roberto Tottoli

ne di posto via app, la capienza delle aule». Quali sono le modifiche certe per il futuro? «In questo caso bisogna capire anche quali saranno i pronunciamenti legislativi futuri: l’Università tradizionale ha un tetto limite molto basso per l’erogazione di servizi a distanza, del 10%, e vedremo se ci saranno evoluzioni in tal senso. La nostra idea è comunque quella di favorire crescita e innovazione, tengo a ricordare che da anni abbiamo corsi telematici grazie all’adesione dell’Università ad un progetto ministeriale. Nonostante ciò, vogliamo continuare a dare priorità alla didattica in presenza». Ci può spiegare cosa intende per il “10% di possibilità di erogare a distanza”? «Le Università tradizionali hanno un tetto limite per l’erogazione di corsi a distanza, proprio questo differenzia gli atenei tradizionali da quelli telematici. Questa era la regolamentazione pre-pandemia, ora immagino che qualcosa potrà cambiare, però le Università non sono libere in condizioni normali di riversare una parte consistente della loro offerta a distanza, questo era il senso di quello che le dicevo. Non siamo liberi di

agire in maniera assolutamente autonoma, ma sicuramente questa era una regolamentazione pre-pandemia, ora si sarà orientati verso una ridefinizione di questo regolamento». Quindi lei spera che, quando passerà la crisi pandemica, sarà aumentata la soglia digitale del 10% per le Università in presenza? «Non so se augurarmelo o se lo augurano anche gli altri Rettori. Un’idea generale è quella che le Università tradizionali devono differenziarsi da quelle telematiche, quindi evitare di sovrapporsi anche per scelta culturale e strategica. Credo che una maggiore duttilità su questi dati sia augurabile, ovviamente senza stravolgere». Quale credete che sia stato l’impatto con i vostri studenti e le reazioni che avete percepito, come vi siete mossi per migliorare e agevolare le criticità? «Qui bisogna comporre dati diversi: dalle varie reazioni dei colleghi ai feedback degli alunni, grazie a vari sondaggi effettuati. Il primo dato è che non vi è stato un calo di produzione di crediti, quindi la macchina ha proseguito verso una certa direzione e non c’è stato un rallentamento. A differenza, però, delle matricole dell’anno 2019/2020 che avevano vissuto i primi mesi in presenza, quelle dell’anno 2020/2021 hanno iniziato l’esperienza universitaria via telematica. Proprio per questo motivo, quest’anno sono stati anche ridimensionati i programmi per i ragazzi del primo anno che provenivano da un liceo e, quindi, per loro sicuramente non è stato facile iniziare un percorso totalmente nuovo, per di più da remoto. Quando al rientro di maggio abbiamo riaperto, ho girato un po’ di aule della facoltà ed ho visto gli studenti del primo anno particolarmente emozionati di poter vivere finalmente questa realtà».


U NIVERSTIÀ

di Luisa Del Prete

UNA NUOVA FRONTIERA DELL’UNIVERSITÀ Google prova a sostituire le lauree con corsi accademici semestrali

G

oogle Career Certificates o meglio la nuova frontiera che collegherà nella maniera più immediata possibile lo studente al mondo del lavoro. È la nuova laurea progettata da Google che consentirà ai suoi studenti di frequentare corsi intensivi online di 6 mesi che garantiranno però la stessa validità di una laurea. Al termine Google provvederà a una verifica – controllata e controllabile – delle conoscenze acquisite. Con la sua “Università telematica”, Google garantirà agli iscritti non solo la competenza nelle professioni del mondo digitale, ma anche un costo irrisorio (300 dollari), considerando che Big G metterà anche a disposizione, per gli studenti in difficoltà, la possibilità di una borsa di studio. Oltre ciò, metterà in contatto gli studenti con collaboratori come Walmart, Best Buy, Intel, Bank of America e Hulu, per offrire supporto nella ricerca di lavoro. Questi percorsi di formazione, che permetteranno allo studente laureato di entrare immediatamente nel mondo del lavoro ad alti livelli, rilasciano certificazioni nelle seguenti specializzazioni: Analista dati, Responsabile di progetto, UX designer, Specialista del supporto IT. Si tratta di figure professionali richieste e ben retribuite: lo stipendio medio annuo di questi professionisti delle tecnologie informatiche si aggira sui 55 mila

dollari. I corsi saranno certamente più economici e più brevi dei classici corsi universitari del settore, con i quali entrano, dunque, in concorrenza diretta. Inoltre, i partecipanti avranno l’opportunità di effettuare apprendistato direttamente in Google oppure di entrare in contatto con altre potenziali imprese, dove poter trovare lavoro. D’altronde, il lavoro del futuro ha bisogno di competenze digitali di alto e medio livello che questa “nuova generazione di studenti” con una connessione ad Internet, poche centinaia di dollari e sei mesi di studio potrebbe, facilmente e rapidamente, acquisire.

La mossa del colosso mondiale di Internet, mira a svecchiare quelli che sono i sistemi tradizionali dell’istruzione che non solo immettono gli studenti in corsi formativi lunghi, ma anche con costi a volte esorbitanti, ponendosi dunque come valida alternativa, soprattutto in conseguenza alla pandemia ed ai sistemi digitali utilizzati nell’arco di questo preciso momento storico che danno dunque una svolta alla “rivoluzione digitale” anche nel campo dell’istruzione. Ma il pensiero in merito a questa nuova iniziativa di Google si divide in due filoni: un primo nel quale si racchiude tutto lo scetticismo di chi pensa che queste lauree possano essere considerate “di serie B”, in quanto non si pensa sia possibile un corso così ampiamente nozionistico in così poco tempo; un secondo che chiama in causa le Università le quali sono molto preoccupate che l'iniziativa possa condurre a una graduale estinzione delle Facoltà. Sull’argomento si è espresso il vicepresidente senior per gli affari globali di Google Kent Walker affermando: «Questo rappresenta una sfida per molte persone in cerca di lavoro e per sostenere la crescita futura. I nostri nuovi

corsi si basano su programmi già esistenti in azienda per specializzare le persone senza laurea che lavorano nel supporto IT. Dal 2018, queste certificazioni sono diventate molto popolari e abbiamo aiutato migliaia di persone a trovare un nuovo lavoro o a migliorare i propri guadagni. L’università è fuori dalla portata di molti americani. Abbiamo bisogno di soluzioni nuove e accessibili, come nuovi programmi professionali potenziati o l’istruzione online per aiutare l’America, e non solo, a riprendersi e ricostruirsi». La notizia di questi nuovi corsi istituiti da Google, che potrebbero dunque dare un grande e concreto apporto al sistema universitario mondiale, ha suscitato un'enorme attenzione da parte delle Università. Queste ultime potrebbero, in vista di ciò, garantire ai loro studenti un maggiore supporto riorganizzando i loro percorsi formativi: con una durata più breve, corsi meno costosi e con una maggiore attenzione nella ricerca del lavoro. Soprattutto in vista ai dati mondiali che fanno ancora molto discutere: una disoccupazione giovanile che raggiunge il 30%. Luglio 2021

|

17


L ETTERATURA

di Nicola Iannotta

Chissà come sarà il mondo che verrà

Le riflessioni dello scrittore Walter Siti, ospite a "Positano racconta"

M

ontepertuso, Positano. Il clima mite e la natura splendida della costiera amalfitana fanno da sfondo al festival letterario “Positano racconta”, promosso dalla fondazione De Sanctis, a cura di N. Lagioia. Il festival, alla sua prima edizione dal titolo “Il mondo che verrà” si è tenuto nei giorni fra il 15 e il 20 giugno e ha visto muoversi sulla scena esponenti fra i più importanti del panorama letterario italiano e internazionale. L’anima dell’evento si esprime in queste parole: “Ripartire da uno dei luoghi più belli del mondo dove alcune delle scrittrici e degli scrittori si incontrano, discutono, mettono a confronto idee, immaginano insieme il mondo che verrà”. Ravvivato nella speranza, grazie ad un’iniziativa culturale di questo tipo, non ho esitato un attimo, nell'occupare un posto a sedere in vista dell’incontro del 20 giugno, con ospite il celebre critico e scrittore Walter Siti. Vorrei mi commentasse un’affermazione di Jacques Derrida ovvero “una rivoluzione politica senza una rivoluzione poetica del politico è semplicemente un passaggio di potere, una trasmissione di sovranità”. «Mi sembra un’affermazione molto ottimista. Io ho l’impressione che la rivoluzione in Occidente, in questo momento, semplicemente sia impossibile perché dovrebbe essere una rivoluzione davvero sconvolgente, capace di rovesciare il meccanismo economico. Ma non mi sembra che ci siano gli elementi adatti. Questa visione che la rivoluzione poetica può in qualche misura preparare l’altra rivoluzione, credo che sia un percorso molto lungo e che non porti realmente ad un’altra rivoluzione sostanziale. Forse tra molti e molti anni ad un riequilibrio dei rapporti fra uomo e donna. Questa è sicuramente una rivoluzione in atto e una rivoluzione che riesco a vedere all’orizzon-

STUDIO LEGALE RUSSO

te ma non certamente quella economica. Credo che la tendenza nasca nell’89 con la caduta del muro di Berlino, ovvero con la fine dei due Blocchi contrapposti. Se prima vi era l’impressione di stare da una parte giusta rispetto a una parte sbagliata, che era appunto il mondo autoritario del comunismo sovietico, successivamente con gli episodi del terrorismo e con le crisi economiche, con l’enorme ingigantirsi del potere cinese, mi sembra che non ci sia più la possibilità di avere delle regole e delle leggi di sviluppo della storia che possano contribuire a spiegarla: quella che una volta si chiamava filo-

sofia della storia. Quindi in assenza di possibilità di decifrazione della storia, c’è come l’idea che tutti siamo diventati un po’ fragili. Che il mondo, soprattutto quello occidentale, sia fatto da persone che devono essere protette. Si pone molto l’accento sui perseguitati sugli oppressi sulle persone che in qualche misura sono escluse, come se proteggere quelle significasse appunto invertire il percorso del potere». In una società consumistica che valore ha il libro letterario? «Il valore di merce. Già Sanguineti parlava dell’avanguardia come arte da museo, pensando che l’aspetto ormai della letteratura fosse quello commerciale. Questo è vero, succede ormai da tanto tempo. Il che non esclude che esistano poi dei libri che non partecipano a questo meccanismo di consumo. È ormai il momento di lasciar andare Siti. Il tempo è volato e l’evento in programma dovrebbe cominciare a brevissimo. Ma qualcosa va storto. Le ore 20:30 sono ormai giunte, ma la piazza non è ancora stata allestita. Dello staff organizzativo neppure l’ombra. Non tocca che aspettare. Nell’indifferenza generale il tempo trascorre veloce senza dare risposte. Alla fine, qualcuno si fa vivo… si scusa per il ritardo e si comincia con un posticipo di un’ora all’incirca. La presentazione del libro procede spedita fra l’ascolto degli astanti e le urla di tifosi da serata europea. Mi guardo intorno e non vedo che desolazione e vuoto nei partecipanti, riflessa dalla luce dei loro smartphone. Ascolto Siti dal palco che dice “Mi dispiace dirlo ma credo che la letteratura sia un fatto elitario, non è per tutti”. Amareggiato penso che le pareti/fogli di quella torre possano essersi persi in acqua senza arrivare all’altra riva. Questa indifferenza generale mi sconvolge… Chissà come sarà il mondo che verrà».

Avv. Fabio Russo Penalista - Foro di S. Maria C. V.

STUDIO LEGALE RUSSO

Piazza delle Feste, 17 - Pinetamare 81030 Castel Volturno 347 65 95 190 081 509 34 76

avv.fabiorusso1975@libero.it PEC: fabio.russo75@avvocatismcv.it

18

| Luglio 2021

www.studiomercurio.it mercurio@studiomercurio.it

Tel. 0823 327002 - 081 5094238 Piazza Vanvitelli, 26 - 81100 - Caserta

Tel. 06 94379375

Via Piemonte, 26 - 00187 - Roma


E DITORIA

di Teresa Coscia

Due riflessioni sul concetto di libertà

Intervista a Paolo Miggiano, co-fondatore di Terra Somnia Editore

N

ell'immaginario collettivo i sogni sono tali solo se vissuti ad occhi chiusi, a metà fra incoscienza e inconscio, eppure sono quelli ad occhi aperti i sogni evocativi per antonomasia. Reali e realistici, crudi, capaci di rivelare, svelare, far scoprire. È proprio questo l'intento di Terra Somnia Editore, casa editrice fondata nel febbraio 2020 lungo l'asse Caserta – Salento - Napoli, nata con l’intento di convogliare percorsi letterari artistico - poetici delle terre del Sud ma capace di guardare oltre i propri confini. I due libri di recente pubblicati dalla casa editrice, “Aranciomare” di Antonella Palmieri e “Libertà: casa, prigione, esilio il mondo” di Yassin al-Haj Saleh, rispettivamente per le collane Frontiere e Nuoveterre sono di fatto due libri apparentemente agli antipodi, eppure con un tratto in comune imprescindibile: la libertà in tutte le sue sfumature. Ne abbiamo parlato con Paolo Miggiano, co-fondatore di Terra Somnia Editore, per scoprirne caratteristiche e peculiarità. “Aranciomare” e “Libertà: casa, prigione, esilio, il mondo” sono due libri agli antipodi. Quali sono le caratteristiche che l’hanno colpita di più? «Esattamente. Sono due libri differenti, pubblicati in due collane altrettanto diverse. “Aranciomare” è una storia d’amore inusuale e fuori dagli schemi, un tabù, no-

Paolo Miggiano

nostante i tempi moderni; il lavoro di Yassin, al contrario, è un saggio, una riflessione profonda sul concetto di libertà. Tuttavia, è proprio la questione della libertà ad accomunarli. In “Aranciomare” la libertà consiste nel poter scegliere liberamente chi amare senza essere sottoposti ai giudizi di una società che, nonostante le apparenze, resta di fatto ancorata ad una visione dei sentimenti retrograda. Nel saggio di Yassin, invece, emerge una riflessione filosofica sulla libertà dei popoli, con un concetto di libertà distante dal modo in cui è declinato in Occidente». Due libri, insomma, estremamente profondi e intimi, capaci, in qualche modo, di guardare dentro, di guardare oltre. «Con il saggio di Yassin al-Haj Saleh abbiamo letteralmente varcato i confini della nostra sponda del Mediter-

raneo per approdare in terre antiche, nelle quali le civiltà hanno avuto origine e che oggi sono sprofondate nel buio dei nazionalismi, delle dittature, delle religioni imposte». "È una storia che bisogna scrivere affinché venga riscritta". È questo un po' il motivo conduttore del saggio di Yassin al-Haj Saleh. Davvero secondo lei il potere della scrittura può tanto? «Yassin è uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo. I suoi saggi sono un modo per raccontare al mondo le condizioni invivibili dei suoi compatrioti, i loro drammi e la loro quotidianità. Per questo quella che Yassin ci restituisce è una storia che bisognava scrivere affinché venisse riscritta. E riscrivere la storia dei paesi arabi che sono stati la culla della civiltà, tenendo presente le parole di intellettuali come Yassin, può al-

meno significare un’occasione per riflettere affinché non si dia per scontata quella che noi definiamo libertà. Le riflessioni sulla libertà non sono una prerogativa umana al di fuori della storia oppure una richiesta politica universale esente da contraddizioni. La libertà è un atto di liberazione, di separazione e conflitto, e può assumere tratti a volte tragici. Il suo libro vuole essere una meditazione a briglie sciolte sulla libertà, un racconto scritto attraverso l’uso di concetti astratti, la storia di un’avventura e di un confronto con rischi di ogni tipo». Dalla libertà dei popoli a quella di una donna, ancora drammaticamente difficile da raggiungere. Che ritratto della femminilità emerge da “Aranciomare”? «Aranciomare è il ritratto di una donna controcorrente, che ha il coraggio di mostrare la sua essenza più pura e senza veli attraverso la sua preziosa arte. Un’ideale di donna che nell’immagino collettivo della “società moderna” certamente non è riconducibile a quei diktat sociali attribuiti dal contesto mainstream. Un personaggio che sa come lasciare il segno, in termini di libertà di essere». E, magari, di insegnare alle donne come lei che la libertà di essere è una conquista da difendere e custodire gelosamente, per cui lottare e combattere, sempre. In ogni angolo del mondo.

Luglio 2021

|

19


T URISMO

di Fabio Di Nunno

LA CAMPANIA HA LA SUA GUIDA LONELY PLANET Un viaggio lungo 432 pagine per scoprire le bellezze della nostra regione

L

a nuova guida Lonely Planet dedicata alla Campania è un progetto realizzato assieme alla Società Campana Beni Culturali (Scabec), società in house della Regione impegnata nella promozione del nostro patrimonio culturale. Il viaggio non può che iniziare da Napoli, una visita che va oltre la bellezza già apprezzata del suo centro storico, raggiungendo anche i Campi Flegrei, il Vesuvio, la Penisola Sorrentina e le isole del Golfo. È dalla costa cilentana che prende il via il tour nel vasto territorio che fa parte della provincia di Salerno per poi giungere in città, tra «le viuzze stropicciate del centro storico, con il loro tripudio di archi, odori marinareschi, chiesette profumate di antico, insegne vintage, colonne romane che fanno capolino dalle facciate scrostate delle case, dove si alternano alle architetture contemporanee che hanno rinnovato l’identità della città», proseguendo verso la Costiera Amalfitana, il Vallo di Diano e gli Alburni. Poi ci spostiamo ad Avellino e all’Irpinia, uno dei «pochi territori che sono in grado di trasmettere in egual misura la forza dirompente del proprio carattere: nessun evento sismico ha svilito le suggestive tradizioni radicate nei secoli; villaggi abbandonati e castelli in rovina sembrano rianimarsi sullo sfondo di una natura grandiosa, fatta di boschi, verdi vallate, montagne solcate da eremi, colline accarezzate da filari di vite o ulivi». Poi Benevento, «una cornucopia di testimonianze artistiche di epoche diverse», proseguendo verso «Sant’Agata de’ Goti, titanicamente aggrappata a una rupe di tufo, passando per Cerreto Sannita, con la secolare lavorazione delle ceramiche, e arrivando a Telese Terme, conosciuta per le terme e i ristoranti gourmet». Infine, Caserta, dove «la fama della Reggia supera di molto quella della città, cresciuta nei secoli all’ombra di quella che è una delle resi-

denze più sontuose della Penisola». Eppure il viaggio prosegue tra l’archeologia di Capua e Santa Maria Capua Vetere, l’archeologia industriale di San Leucio, la natura del Parco Regionale del Matese e il silenzio avvolgente di Sessa Aurunca. Informare inizia il proprio viaggio con Giuseppe Ariano, Direttore Marketing e Comunicazione di Scabec. «La guida Lonely Planet, dedicata alla nostra regione, va letta come un’esperienza indimenticabile, nell’ambito del progetto di campania>artecard, il pass che racchiude l’intera offerta del patrimonio culturale campano e che dà la possibilità ai turisti e ai residenti di accedere a castelli e dimore storiche, chiese e

RIVENDITORE AUTORIZZATO BOMBOLE DI GAS

PEZONE

PETROLI 20

| Luglio 2021

Tel. 081 5093609

Viale degli Oleandri 81030 - Castel Volturno (CE)

LOCALITÁ PINETAMARE

complessi monastici, musei e parchi archeologici, parchi e grotte naturali. Anche la copertina è stata guardare al particolare della Campania: la casina vanvitelliana è tra le location più instagrammate della Campania con l’hashtag #casinavanvitelliana. Il progetto risale al 2019, quando il turismo, poi bloccato dalla crisi scatenata dal Covid-19, era in forte crescita: basti ricordare il boom dei voli low cost su Napoli. Allora pensammo ad una ricerca di marketing sulla Campania e su campania>artecard. In questa ricerca fu rilevato che la maggior parte dei visitatori e fruitori di arte in Campania si organizzano in maniera autonoma, seppure facenti parte di categorie eterogenee. Lonely Planet è la guida più venduta in Italia e, nel mondo, copre il 50% del mercato internazionale delle guide. Così, come prima fase del progetto, Lonely Planet realizzò un racconto digitale di alcune aree ai margini dei grandi flussi turistici: i Campi Flegrei (esplorando il patrimonio naturalistico, i vulcani e l’archeologia), le grotte di Pertosa, la Certosa di Padula, Giuseppe Ariano il beneventano e, in particolare, il telesino (per valorizzare le aree interne). Quindi riflettemmo sul fatto che esisteva già una guida di Napoli e delle isole e ci domandammo: perché non farne una per tutta la Campania, valorizzando le piccole realtà? Detto fatto. Nel 2020, gli autori di Lonely Planet sono venuti a esplorare i territori, incontrare persone, ecc. La pandemia ha bloccato tutto. Infatti la pubblicazione della guida, prevista a ottobre 2020, fu poi rinviata a marzo 2021. La guida verrà presto tradotta in altre lingue, nel mentre stiamo lavorando a una nuova versione in lingua inglese».

TA B ACC HI E D I COL A P R OF UMI B I J UT TER I A A RT. I N P EL L ET T ER I A

Ta bac chi Ed ic ol a Pal m Beach Vial e Ros mary int. 9-9A - 81030 Centro Commerc ial e “ FON TANA BLU E” Pinetamare, Cas tel Vol tu rno (CE) Tel. 081 509 36 51


R ESTAURO

di Giuseppe Spada

L’importanza di restauro e manutenzione dell’arte L'impegno del Consorzio San Luca nella conservazione delle opere

N

ell’enorme patrimonio culturale e artistico in nostro possesso spesso si infiltra la cattiva gestione dei beni e dei restauri. Per fortuna c’è chi del restauro non ne ha fatto solo un lavoro, ma una vera e propria ragione di vita. Sto parlando di Giorgio Garabelli, Docente e cofondatore del Consorzio San Luca per la Cultura, l’Arte ed il Restauro. Durante la sua carriera da docente quale è stato l’insegnamento che ha sempre trasmesso ai suoi alunni? «La principale e fondamentale operazione da fare, prima di iniziare un lavoro di restauro, è l’osservazione minuziosa e accurata dell’oggetto, per conoscerne i materiali costitutivi e diagnosticarne le cause di degrado. Un’altra fondamentale conoscenza che è necessario avere e continuare nel tempo ad approfondire è lo studio dei materiali, delle tecniche dell’arte oltre a quelli del restauro, in quanto, spesso, i manufatti venivano prodotti con materiali e tecniche non canoniche, utilizzando i prodotti ed i materiali più facilmente reperibili nell’ambito geografico in cui sono state eseguite. Va tenuto presente che si restaura la materia dell’opera d’arte e non si deve intervenire sull’opera nella sua forma estetica-storicaculturale, l’intervento quindi deve essere contestualizzato e limitato al solo scopo di mantenere in vita il bene». Il nostro paese è un immenso contenitore di reperti storici e artistici, secondo lei l’Italia fa tutto il possibile per preservarli? «Credo che in Italia sia ben radicata la cultura della conservazione, nonostante si vedano quotidianamente esempi che direbbero il contrario. Abbiamo una scuola di pensiero che ci indirizza alla tutela dell’Arte, in tutte le sue forme. Tuttavia manca un effettivo coordinamento tra gli Enti preposti alla tutela e soprattutto mancano o vengono a volte

Giorgio Garabelli

sperperati fondi per la manutenzione del nostro patrimonio. Spesso si parla di grandi operazioni di restauro, ma troppo poco si pone l’attenzione alla corretta e costante manutenzione. Se c'è disinteresse, facilmente il nostro immenso patrimonio, fatto di grandi capolavori ma anche di milioni di opere dette “minori”, rischia di depauperarsi e sgretolarsi. Molti convengono che l’Italia potrebbe vivere delle proprie ricchezze artistiche e paesaggistiche, offrendo lavoro ad un indotto produttivo, non solo alle professioni del settore. Per ottenere questo però si dovrebbe fare molto di più e soprattutto organizzare meglio la gestione del nostro patrimonio». Quali sono i fattori più pericolosi nella conservazione dei reperti? «Certamente il rischio di perdita, dovuta a incuria e alla mancanza di attenzione, a volte anche all’inesperienza di chi si propone per intervenire senza averne le conoscenze e le capacità. Fortunatamente oggi c’è maggiore consapevolezza ed episodi devastanti se ne vedono sempre meno. La burocrazia è un altro fattore che mette a rischio l’operato di restauratori e addetti del settore e, di conseguenza, ciò si ripercuote sul patrimonio».

Quale è stata l’opera più complessa, dal punto di vista lavorativo, che abbia mai restaurato? «Sicuramente l’ultimo grande impegno lavorativo sull’Altare della Sacra Sindone di Antonio Bertola, posto all’interno dell’omonima Cappella del Guarini, a Torino, Musei Reali, eseguito durante tutto il periodo di confinamento a causa della pandemia. Restauro che ha coinvolto il Consorzio San Luca nel recupero dell’apparato marmoreo e di quello ligneo dell’opera. L’intervento, diretto dall’Architetto Marina Feroggio e dalla restauratrice Tiziana Sandri, ha comportato sia dal punto di vista tecnico che da quello organizzativo, molte difficoltà, brillantemente superate grazie alla sinergia del gruppo di lavoro e della D.L.». Lei è uno dei fondatori del Consorzio San Luca, come nasce e con quali scopi? «La nascita del Consorzio San Luca, che risale al 2006, è stata la nostra risposta alla necessità di riunire in un’unica struttura amministrativa le competenze pluridisciplinari di un gruppo di artigiani restauratori di vari settori e di operatori artistici che, a vario titolo e con differenti attività, si occupano di cultura della conservazione, dell’arte e del restauro. L’unione ha fatto la forza. Il gruppo, grazie all’attività delle imprese consorziate è cresciuto nei numeri e nell’organico. La struttura consortile ci ha permesso negli anni di ottenere le certificazioni SOA necessarie per partecipare a gare d’appalto di notevoli dimensioni ed affrontare lavori importanti, usufruendo delle qualità professionali e della manodopera qualificata delle aziende del gruppo. La struttura è consolidata e comunque sempre in trasformazione, aperta ad ampliarsi ad altri settori della conservazione qualora si presentino nuovi operatori di comprovata e qualificata capacità interessati ad entrare nel gruppo».

Rega Parrucchieri

Tel.+39.0823.761164

Caseificio Marrandino Srl - Via Pagliuca 2, CastelVolturno (CE) - Italia

Via Darsena Orientale - Castel Volturno (CE) - Località Pinetamare

cell. 333 3888546

Luglio 2021

|

21


T ERRITORIO

di Marika Fazzari

Turismo lento nel casertano:

nasce il cammino “Via Felix”

N

egli ultimi anni, sta crescendo sempre più l’interesse per un nuovo tipo di turismo: il turismo lento, conosciuto anche come Slow Tourism. Questa forma innovativa di viaggio potrebbe essere una vera e propria risorsa per l’Italia post quarantena, in quanto pone come obiettivo primario la scoperta del territorio, delle relazioni umane e anche un po’ di sé stessi. Partendo da questo nuovo concetto di esplorazione, nasce nel casertano il primo cammino che permette di intercettare la crescente richiesta di un turismo ambientale e sostenibile, stiamo parlando dell’iniziativa “Via Felix- L’anello oltre la Reggia”. Il nome, scelto durante l’anno di pandemia, proviene dall’idea di unire il concetto di “Via”, inteso come strada da percorrere assieme, all’antico appellativo “Felix”, che i romani attribuirono alla Terra di Lavoro. La forma circolare e la sua capacità di proporre ai viandanti il meglio della provincia di Caserta, sono alla base della locuzione “L’anello oltre la reggia”, che ne completa il nome. L’ispirazione è stata di due giovani associazioni del territorio: APS Lumaca (Founder del progetto), Associazione di Promozione Sociale nata con lo scopo di connettere il territorio casertano attraverso i cammini della Via Francigena e della Via Appia e l’APS Animerranti (Co-founder), Associazione già attiva e riconosciuta per il suo impegno nel valorizzare la Campania tramite attività outdoor. Questa collaborazione ha dato vita ad un percorso ad anello di ben 52 km, che unisce le principali bellezze paesaggistiche e stori-

22

| Luglio 2021

co-culturali della provincia di Caserta, avendo come mission quella di accogliere la cultura e l’esperienza dei pellegrini provenienti da tutto il mondo che sostano in quei luoghi. “La nascita di questo cammino rappresenta un evento molto importante per la ripresa turistica ed economica del territorio, specialmente dopo questo lungo periodo di stop forzato” annuncia Annalisa Galloni, presidente di Animerranti e guida GAE. La Via Felix abbraccia le città di Capua, Santa Maria Capua Vetere, Curti, San Prisco, Casapulla, Casagiove, Caserta, San Nicola la Strada, San Marco Evangelista e, infine, Maddaloni. In ambito extraurbano, invece, corre lungo i tracciati del CAI incrociando i siti di Casertavecchia, San Leucio, la Basilica Benedettina di Sant’Angelo in Formis e i Ponti dell’Acquedotto Carolino, fino ad arrivare alla vetta più alta del Cammino: la cima del Monte Tifata. Il viaggio è di breve durata, accessibile a tutti e adatto anche ai non esperti; i turisti/pellegrini potranno giostrare il percorso scegliendo starting e landing point, il numero di tappe che

vogliono fare secondo le proprie capacità fisiche, condizioni meteo e siti d’interesse che intendono visitare. Inoltre, verranno dati loro anche dei supporti per facilitare il tragitto, come mappe, tracce GPX, segnaletiche fisiche (adesivi, indicazioni stradali o sentieristiche) o apposite app. “La personalizzazione dell’esperienza di soggiorno - dove mangiare, dove dormire sarà possibile grazie all’ampia rete di strutture che stiamo costruendo” spiega Domenico Iandevaia, presidente di APS Lumaca. Sempre a proposito dei supporti previsti, sarà possibile utilizzare il “Passaporto del Pellegrino”, che consente al viandante di ottenere i timbri del Cammino presso le strutture turistiche che sosterranno il progetto. Dopo aver completato la scheda con tutti i timbri, alla fine del percorso, verrà rilasciato un attestato chiamato “Pergamena del Pellegrino” che certificherà il viaggio compiuto. Grazie alla partnership con la cooperativa NewHope, laboratorio di sartoria etnica dove giovani donne migranti hanno scelto di riprendere in mano il filo della loro vita, sfilacciato dall’esperienza della tratta, i sentieri della Via Felix sono stati tracciati da bellissimi fiocchi realizzati dalle donne che ne fanno parte. L’intero progetto ha avuto il privilegio di essere stato scelto dal gruppo di lavoro “Endless architecture” del Politecnico di Torino per partecipare come Comunità Resiliente al Padiglione Italia de “La Biennale di Venezia”. Non resta altro che iniziare a camminare assieme e far sì che questa nuova realtà si trasformi in una grande ricchezza.


E NOLOGIA

di Maddalena Maria Sorbino

vini campani: una tradizione da gustare Un viaggio alla scoperta dei luoghi del vino

L’

enologia in Campania vanta una storia che fonda le sue radici nell’epoca della Magna Grecia. Infatti, con molta probabilità, furono proprio i greci ad introdurre i semi della vitis vinifera nelle nostre terre. Purtroppo però, dopo un grande successo iniziale, la fine dell’Impero Romano segnò il declino di questo mondo: da produttore di grandi e raffinati vini, divenne in fretta un’area di disinteresse e così via via sino al Medioevo, sebbene alla corte di Federico II molti vini come il Fiano e l’Asprinio furono notati perfino dai commercianti ungheresi e francesi che iniziarono ad acquistare nelle nostre terre le uve per i loro vini spumanti. Tuttavia, bisognerà attendere l’epoca rinascimentale e barocca per registrare un nuovo, seppur modesto, rilancio. Ad oggi, ciò che è certo è che negli ultimi vent’anni i vini della Campania stanno registrando incredibili successi. I consumatori sono sempre più interessati, questo perché si parla di una delle regioni più intriganti d’Italia dal punto di vista enologico. I principali vitigni autoctoni sono: Aglianico, Piedirosso, Falanghina, Greco, Fiano, Coda di volpe, Asprinio e Catalanesca. Le zone di produzione sono molteplici ed ognuna presuppone un diverso e particolarissimo terroir

che dona ai vini eccezionali caratteristiche organolettiche. Tra le maggiori, ricordiamo: i Campi Flegrei, regno assoluto della Falanghina e del Piedirosso anche in versione spumante. Essi, negli anni, sono divenuti “i vini del mito” per la bellezza dei luoghi che regalano grandi suggestioni storiche. I terreni, in queste terre, sono di tipo vulcanico con vitigni a piede franco immuni dalla fillossera. Anche il Vesuvio è uno dei paesaggi vitivinicoli più affascinanti di tutto il territorio campano. Le aziende che vinificano sono in tredici comuni differenti ma tutti racchiusi all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio. Sono coltivati per la maggior parte: Falanghina, Piedirossso, Aglianico, Caprettone, Coda di Volpe e Catalanesca. Vi è poi uno dei territori fondamentali: l’Irpinia. Denominata come il

“tetto verde della Campania”, è un territorio vinicolo concentrato in un’area ristretta rispetto all’intera provincia di Avellino. Si tratta di una terra molto importante soprattutto perché in essa si concentrano tre delle quattro DOCG campane: Taurasi (Aglianico), Greco di Tufo, Fiano di Avellino. Nel Sannio Beneventano Taburno, territorio prettamente collinare, si coltiva invece un altro capostipite della nostra tradizione: l’Aglianico del Taburno, DOCG dal 2011. È sicuramente la superfice vitata più estesa della Campania grazie alle felici condizioni climatiche. Si coltivano soprattutto: Aglianico, Piedirosso, Falanghina e Coda di Volpe. Ancora, vi è la Terra di Lavoro Casertano, davvero speciale in quanto l’azione millenaria di vulcani e fiumi ha inciso tanto sulla morfologia del territorio che è antica patria del

celebrato Falerno, la DOC più antica del mondo. I vitigni più diffusi sono: Falerno del Massico (aglianico o primitivo), Falanghina, Piedirosso, Asprinio, Pallagrello. Di notevole successo sono poi la Penisola Sorrentina e l’isola di Capri. Le terre del vino nel primo caso vanno ricercate nei Monti Lattari, nell’area precisamente che a Castellamare sale ad Agerola. Si tratta della patria del Gragnano, vino famoso ed esportato ovunque, e del Lettere. In queste zone, vi si trovano vitigni minori come l’Olivella, il Sabato, la Castagnata e il Suppezza. A Capri la caratteristica principale è che le vigne sono coltivate a picco sul mare. Alle falde del Monte Solaro, infatti, nasce il Capri Bianco da Falanghina e Greco. Infine, la natura rocciosa e l’estensione in altezza degli allevamenti a pergolato ci portano in Costa d’Amalfi. I vigneti vanno da Furore ad Amalfi e da Ravello a Tramonti. Sono le terre del Piedirosso, dello Sciascinoso e Tintore, ma anche del Ginestra, del Pepella, del Ripolo e Fenile: vini esclusivi ma dalle caratteristiche stupefacenti. E grazie a tutto ciò che possiamo affermare che la Campania ammalia con un panorama enogastronomico vasto ma unico, dovuto alle singole tipicità territoriali che, in pasto e fuori pasto, donano fantasia e armonia!

Luglio 2021

|

23


24

| Luglio 2021


Informare on the Road a cura di Anna Copertino

le lesioni dell'anima

cattivi e buoni

di Maria Rosaria Bellezza Homo Scrivens Editore

di Giovanni Canestrelli Apeiron Edizioni

La bisnonna Gelsomina morì tre volte: inizia così il racconto di Mizio. Mizio che predice il futuro leggendo le carte napoletane, ma in realtà è un medium, parla coi defunti, percepisce la presenza degli spiriti guida, sebbene abbia paura dei suoi poteri medianici e finga di non saperli usare. Ada è sorda, porta imbarazzanti apparecchi acustici e legge il labiale. La sua menomazione la fa sentire goffa, insignificante. Solo Mizio riesce ad andare al di là delle apparenze e a leggere la sua anima. Incontrarsi li cambia: si avvicinano, si sostengono, si innamorano. Fino a perdersi e ritrovarsi: lui più maturo, lei madre intrappolata in un matrimonio infelice.

Alfabeto Quotidiano di Dacia Marini con Gioconda Marinelli Marlin Editore

Due storie intense che si inseguono, si sfiorano, e sembrano non incontrarsi mai. Un meccanismo narrativo che immerge e accompagna il lettore in due ambientazioni completamente diverse tra loro, in cui i protagonisti. Elena Parri, giovane e brillante ufficiale dei carabinieri, e Antonio De Vita, sacerdote combattivo e tenace sono chiamati ad affrontare due facce diverse del male. I capitoli si alternano, tenendo chi legge costantemente sospeso tra un duplice omicidio all'apparenza inspiegabile e un claustrofobico seminario. Il ritmo incalzante e il susseguirsi di colpi di scena non daranno tregua al lettore.

nel ripetersi delle cose di Domenico Carrara Homo Scrivens Editore

Frutto di una lunga amicizia, questo libro raccoglie il testo di un’ampia conversazione tra la scrittrice e Gioconda Marinelli sui più svariati argomenti, da quelli quotidiani alle passioni e alle battaglie di una vita, presentati in ordine alfabetico. Né mancano temi scottanti e attuali come l’inquinamento e la terribile pandemia. La Maraini si racconta senza remore e parla di sentimenti, valori, emozioni, piccole debolezze, certezze, abitudini ed esperienze. Emergono gli interrogativi che appartengono alla nostra vita, sull’amore, la sofferenza, la violenza, la morte.

area riservata di Roberto Van Heugten Homo Scrivens Editore Pomeriggio settembrino, un boato scuote la serena pausa caffé di Calvagese. L’annuale asta antiquaria di casa Vanetti é oscurata da fumo e calcinacci, cosi la famosa casa sul meteorite, piegata ma non sconfitta, ritorna a far da sfondo di trame misteriose e intrighi inediti. Cosa c’é di cosi importante nei suoi scantinati? Perché un cliente folle, ma non meno determinato, é pronto a tutto pur di accaparrarsi il pezzo mancante? A seguire: inseguimenti e pestaggi, nel più totale anonimato. Sarà di aiuto per Gianluca Vanetti, biografo e investigatore non convenzionale, entrare nel mondo sfuggente e misterioso delle communities digitali di affari.

Una raccolta incentrata sul ritorno di eventi e di tematiche caratteristico della condizione umana. Per quanti progressi crediamo di aver fatto non siamo ancora riusciti a rispondere agli interrogativi fondamentali, inoltre le situazioni che viviamo nei secoli si assomigliano molto: allora più che dare la ricetta val forse la pena farsi e fare domande, cercare interlocutori per discutere e non un pubblico estraneo e indifferente.

l'arte di non essere single di Maria Grazia Gugliotti Homo Scrivens Editore

Cecilia, giovane donna simpatica e immeritatamente single, vive in un luminoso attico del Vomero. A dispetto della sua solitudine sentimentale, è circondata da un allegro gruppo di amiche con le quali condivide storie, interessi, preoccupazioni e valanghe di risate. Le loro riunioni si tengono a casa di Cecilia, tra pranzetti e cene, tirando fino a tardi e scambiandosi esperienze e opinioni sulle varie categorie di seduttore e sulle formule per scansarli senza rischi.

Luglio 2021

|

25


M USICA

di Fernanda Esposito

Keith Goodmann: storie di musica e persone Il musicista italo americano torna a dirigere l’Orchestra Accademia San Giovanni di Napoli

Purtroppo il mondo sembra andare al contrario e la vera Musica ha, generalmente, poco spazio

I

l Maestro Keith Goodman è un personaggio di poche parole, preferisce esprimersi in musica, linguaggio universale essenziale. Dietro questo velo di umiltà c’è un’enorme vocazione per la musica che ha spinto il M° a studiare presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dove si è diplomato in: Pianoforte, Composizione, Direzione d’orchestra, Strumentazione per banda, Musica Corale. Direttore dell’Orchestra San Giovanni e, dal 2018, direttore dell’Orchestra dell’Università Parthenope di Napoli, il Maestro Goodmann resta una figura di spicco nel panorama musicale partenopeo, e non. Maestro Goodmann, a chi si ispira? «Come compositore mi inspiro in particolare alla grande tradizione tardo romantica; come interprete ad una visione musicale possibilmente oggettiva». Vanta importanti collaborazioni. Quale la più prestigiosa? «Varie. Ricordo con piacere le

Il Maestro Keith Goodman

collaborazioni concertistiche con i grandi pianisti Francesco Libetta e Vincenzo Maltempo». Come nasce l’Orchestra San Giovanni? «Nasce a Napoli nel 2009 nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, dove inizialmente avevamo una sede per fare le prove. Oggi si compone di musicisti eccellenti, giovani e professionisti insieme che, talvolta, arrivano fino a 50 elementi, secondo i contesti». Tante le tournée dalla Spagna alla Cina nel recente passato, oggi nel panorama musicale orchestrale, che ruolo occupa l’Orchestra San Giovanni? «Abbiamo effettuato centinaia di concerti in Italia e all’estero, anche se spesso con difficoltà non avendo sempre sufficienti certezze economiche. Dopo più di dieci anni, può essere considerata una bella realtà stabile sul

territorio campano». La cultura musicale italiana gode di grande appeal all’estero, soprattutto in oriente. Quale repertorio preferiscono e perché? «Forse amano in particolare l’opera lirica italiana. Seppur in ritardo, sono rimasti molto colpiti dalla grande cultura occidentale che, talvolta, cercano anche di imitare. Rischiamo un sorpasso, per così dire, visto che noi la stiamo trascurando la nostra “cultura”». Un direttore che fa ricerca e non si stanca di comporre. Ci parli della sua ultima opera... «In questi mesi ho scritto un Valzer per orchestra, delle variazioni per pianoforte e ora mi hanno commissionato un brano per viola sola che sto ultimando». Che posto ha oggi la musica classica nella nostra cultura? «Purtroppo il mondo sembra

andare al contrario e la vera Musica ha, generalmente, poco spazio. Per cultura ormai si intende qualsiasi cosa venga data in pasto al pubblico e che, di solito, accetta tutto passivamente per ignoranza o per pigrizia». Cosa significa, oggi, tenere la bacchetta in mano? «Oggi sembra che per essere direttori sia sufficiente avere una bacchetta in mano. Uno studio lungo e serio della composizione, dell’orchestrazione ecc., spesso viene ormai evitato o fatto in maniera approssimativa. Fino a qualche decennio fa, invece, era la base per poter intraprendere seriamente questo percorso». Com’è stato per la musica classica ripartire dopo il lockdown? «Sicuramente non facile e con molte incertezze, ma l’importante è stato riprendere dopo queste chiusure». Per chi vorrebbe dirigere e con quale opera? «Per qualsiasi pubblico sia attento ed interessato e spero di poter riprendere regolari tournée di concerti, anche all’estero. Invece Opere che vorrei dirigere sono tante, in particolare le grandi pagine sinfoniche, penso alle Sinfonie di Beethoven per esempio». Prossimo appuntamento? «Sto organizzando degli eventi a Napoli da fine giugno in poi per la stagione estiva».

orante - Pizzeria Rist

Ristorante Pizzeria 4 Fratelli Tel.: 081 509 0356

26

| Luglio 2021

Via domiziana, 819 - 81030 Castel Volturno (CE)


C INEMA

di Lorenzo La Bella

I

Volevo nascondermi

Elio Germano e il van Gogh italiano

l vincitore di quest’anno del David al Miglior Film è stato “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti, già vincitore nel 2010 con il dramma partigiano “L’uomo che verrà”. Il film tratta di quello che può essere considerato il Vincent van Gogh italiano, Antonio Ligabue. I due artisti presentano molte somiglianze. Una psiche travagliata, la difficoltà a trovare riconoscimenti e guadagno con i propri lavori, periodi trascorsi in ospedali psichiatrici, e l’utilizzo della pittura come mezzo di sfogo e di espressione. Le differenze principali stanno nel fatto che Ligabue oltre che di problemi psichici soffriva anche di ipertiroidismo e rachitismo, e a differenza di Van Gogh visse abbastanza da ottenere finalmente il riconoscimento e il successo che desiderava. Sarebbe un altro perfetto esempio di “genio tormentato”, se non fosse che il film, per tutte le due ore di durata, non fa che prendere a picconate questo stereotipo, distruggendolo e riducendolo in briciole. Il film, raccontato in ordine anacronico, in ogni scena mostra le continue difficoltà che Ligabue deve affrontare a causa della sua condizione. Fatica a parlare, a esprimersi, a muoversi, ogni scena è per lui una battaglia. Entra ed esce da ospedali psichiatrici che non sanno che fare con

di Claudia Tramaglino

lui, o non hanno proprio interesse ad aiutarlo. Da ragazzo il padre lo odia, la madre è iperprotettiva su di lui fin quasi al punto di molestarlo. A fatica riesce a gestire il proprio corpo, e ancor più a fatica riesce a gestire la propria sofferenza. I paesani provinciali tra cui si muove lo scherniscono, lo considerano un matto o addirittura lo maltrattano. È in quei momenti che la frustrazione di Antonio esplode, portandolo ad attaccare i suoi aguzzini o tentare sfoghi disperati che lo ricacciano in ospedale. L’interpretazione di Germano è mimetica, la regia di Diritti distaccata: non si entra mai veramente dentro la psiche e il pensiero di Ligabue, purtroppo. Tuttavia percepiamo la sua fatica, la sua lotta continua, ed è forse questo il messaggio che dobbiamo trarre dal film. Perché una persona affetta da disabilità e problemi psichici dovrebbe essere costretta a fare tutta questa fatica? Perché dovremmo trattare male una persona solo perché non corrisponde all’aspetto che pensiamo dovremmo tutti avere? C’è così tanta bellezza anche in quelli che infamiamo come mostri solo perché diversi. Se Antonio Ligabue fosse nato in un mondo giusto (più giusto anche del nostro, perché i progressi sono ancora troppo lenti) non avrebbe mai do-

La “Santa Piccola”: un film di primavere

I

l film la “Santa piccola”, vincitore della Biennale college cinema, è stato girato a Napoli, in particolare nel Rione Sanità. La Biennale college cinema è un laboratorio di alta formazione della Biennale di Venezia, rivolto a cineasti emergenti per lo sviluppo e la realizzazione di lungometraggi a microbudget. Il programma funziona tramite una selezione internazionale, chi vince ha la possibilità di usufruire di 150.000€ per la realizzazione della pellicola. Noi abbiamo avuto la possibilità di intervistare Silvia Brunelli, la regista del film vincitore. Di che parla il film? «È un film che parla di primavere, di scoperte e che ci dà la sensazione che qualcosa di grande stia per accadere e che tutto dipenda da come ciò venga accolto».

vuto faticare così tanto. Avrebbe potuto essere accettato prima, soffrire di meno. È proprio questa, l’evidenza del film. Essere un artista tormentato fa schifo. Nessuno vuole soffrire, e nessuno dovrebbe.

Il film è ispirato dall’omonimo libro di Vincenzo Restivo, quanto c’è del libro nella pellicola? «In realtà molto poco, poiché la Biennale college cinema è soprattutto un percorso di scrittura, quindi con l’aiuto della sceneggiatrice abbiamo rivoluzionato la storia, mantenendo solo il titolo del romanzo e qualcosa dei protagonisti. Ad esempio, Lino e Anna-

luce nel libro non sono fratello e sorella, mentre nel film sì. Le due storie hanno un sapore diverso. Il libro parla molto di omosessualità e di dolore giovanile con un tono più drammatico, il film, invece, ha il tono di una commedia amara, offrendo un respiro di speranza». Come è stato girare a Napoli? «Molto bello, ma d’altronde il film non poteva essere girato da nessun’altra parte poiché Napoli incarna quella perfetta convivenza tra sacro e profano che è alla base del film. Anche se girare a Napoli per un non napoletano non è facile e la situazione covid è sicuramente complicata, la squadra con cui ho lavorato è stata meravigliosa». Qual è stato il tuo percorso? Cosa consiglieresti a un ragazzo che

vuole intraprendere una carriera nel mondo del cinema come te? «Ovviamente è giusto studiare per chi vuole fare il direttore della fotografia o l’aiuto regia, ma la vita sul set è un’altra cosa. Questo è un lavoro che si fa guardando con gli occhi, che si impara facendolo. Ciò che importante è che bisogna non smettere mai di crederci». Quando si potrà vedere il film? «Innanzitutto, all’anteprima mondiale alla prossima Biennale di Venezia e poi mi auguro che abbia il percorso di tutti i film, ovvero che faccia il giro dei festival per poi arrivare nelle sale dei cinema, nonostante le condizioni particolari attuali. Vedremo dove arriveremo con la distribuzione. Della distribuzione del film di Raindogs si occupano la TVCO e la Minerva Pictures Group». Luglio 2021

|

27


C INEMA

di Anna Copertino ph Anna Camerligo

Nunzia Schiano: ambasciatrice della recitazione napoletana

N

unzia Schiano, amata attrice italiana classe ‘59 nasce a Portici, dove continua a vivere con il marito, l’attore e regista, Niko Mucci e il figlio Francesco. Amatissima sia a teatro che a cinema. Ha lavorato con grandi registi, come Garrone, Siani, Pieraccioni, Cotroneo e Albanese. Di recente è tornata su Rai 1 con la fiction “Il commissario Ricciardi”, dove interpreta il ruolo di Rosa Vaglio, ovvero la Tata del protagonista. E come sempre si è fatta apprezzare per la sua bravura e la sua simpatia. L’attrice ha cosi descritto il suo personaggio: “Un personaggio che ho amato da subito, quello di Tata Rosa. Come lettrice dei libri di Maurizio de Giovanni è stato un onore partecipare a questo progetto ed un piacere interpretare questo personaggio così sfaccettato”. Come è stato lavorare con Alessandro D’Alatri? «È stato un ritrovarsi, avevo già lavorato con lui nel film “Sul mare”, dal romanzo di Anna Pavignano, ed era rimasto un grande rapporto di amicizia e stima. Un incontro magico, ed è stata una rinnovata magia ». Quanto c’è di Rosa Vaglio in Nunzia Schiano? «C’è nella misura in cui ci sono delle caratteristiche di matrice del sud, legate all’apparenza, alla terra d’origine. Io sono legatissima alla mia terra, infatti continuo a vivere a Portici, dove sono nata». Quanta difficoltà ha avuto ad impersonare un personaggio molto amato nei libri di Maurizio de Giovanni? «Da lettrice ho amato molto questo personaggio, come tutti i personaggi di de Giovanni. Interpretarlo è stata una grande difficoltà, ma anche una grande gioia. La paura di non riuscire, considerato che le aspettative dei lettori erano tante. Ma è stata anche una grande gioia. Posso dire una paura mista ad una grande gioia». Che tipo di rapporto ha lei con i romanzi gialli? «Sono un’accanita lettrice di gial-

28

| Luglio 2021

Nunzia Schiano nei panni di Tata Rosa

li. Da de Giovanni, Carlotto, ma anche Izzo, Markares, Vàzquez Montalbàn, e i loro personaggi di culto, sono anche i miei». Essere Tata Rosa, che vive con il commissario Ricciardi, personalità complessa, che vede e ascolta i morti, quanto è stato difficile? «In realtà Rosa non sa cosa veda Luigi Alfredo. Percepisce, istintivamente, un disagio, ma non ha mai capito cosa possa essere, sa che è qualcosa che lo lega alla madre, ne sente il dolore. Il suo atteggiamento materno, gli permette di comprendere la sua sensibilità. Da lettrice, ho dovuto mettere da parte la conoscenza del problema che vive Ricciardi, per non trasferirlo al mio personaggio». Essere catapultata negli anni trenta, con tanti colleghi, la regia di D’Alatri e la sceneggiatura firmata anche da de Giovanni, quanto ha facilitato il risultato finale che è stato amatissimo dal pubblico? «Il lavoro di Alessandro D’Alatri è stato fondamentale, affinché tutti entrassimo nel clima degli anni trenta. La sua cura per il particolare, l’attenzione per ogni dettaglio dai costumi alla scenografia.

Avere una regia come quella di Alessandro è stato fondamentale. Lui è andato oltre la semplice lettura del copione. È stato uno studioso del tempo, come bisogna essere, quando si fa questo mestiere. Tutti, ci siamo trovati benissimo, immersi negli anni trenta. Siamo attori di grande rigore, iniziando da Lino, fino al ruolo minore, interpretato da un altrettanto bravo attore. Questo mix ha creato il prodotto finale molto amato. Anche dei personaggi non erano esattamente come nella scrittura, basti pensare a Nelide, che ha tutt’altra fisicità, ha fatto si Veronica D’Elia, risultasse da subito perfetto, grazie alla sua bravura, ma anche a chi l’ha scelta». Cosa pensa che accadrà al Teatro, cosa si potrà fare per ciò che ha provocato la pandemia? «Io spero che il Teatro da questa pandemia, ma nutro seri dubbi, possa avere una nuova partenza, non una ripartenza. Perché la pandemia ha fatto emergere tutte le criticità del sistema teatro, cosi come concepito fino ad oggi. Spero che questo, ci sia servito e ci servirà per avere un nuovo assetto, per trarre dall’esperienza fatta

la capacità di modificare quello che non funziona e non ha funzionato durante la pandemia. Mi auguro, comunque, si ricominci a lavorare, ma possibilmente cercando un modo nuovo per farlo». Come ha accolto la notizia di essere stata scelta per il ruolo di Tata Rosa? «Sono stata molto felice, come detto in altre occasioni, si realizzava un sogno di lettrice. Cosa c’è di più magico, di chi legge romanzi e si è immaginata in quelle storie o in quel ruolo? Sapere di fatto, di divenire un pezzo importante di quelle storie, sicuramente grande gioia». Come è stato il rapporto, sul set, con Lino Guanciale che interpreta Ricciardi? «È stato un rapporto molto bello. Lino è un grande professionista, un attore generoso. Un grande compagno di scena. Mi sono sentita subito a mio agio, ha costruito un grande personaggio nei dettagli, nell’attenzione alle tante piccole cose. Il rapporto con Rosa è unico nel suo genere, lui riusciva in un attimo a trasformarsi a secondo dell’esigenza di scene con il mio personaggio. Una trasformazione fantastica. Senza dubbio è stato, uno degli attori più generosi con cui mi sono trovata sul set. Io di Lino non posso che dire tutto il bene di questo mondo, è un attore con cui è piacevole lavorare, e ribadisco generoso, con chiunque e sempre sul set». Nunzia Schiano, attrice di teatro, fiction e cinema, amatissima da tutti quale desiderio o sogno nel cassetto, ha ancora da realizzare? «A dir la verità, non ho un desiderio in particolare. Voglio farmi stupire da ciò che può capitarmi, come le occasioni accadute ultimamente. Sono venute inaspettate, inattese e questo è il bello. Continuare ad avere la capacità e la possibilità, di stupirmi rispetto a quello che arriva».


T EATRO

di Anna Copertino ph Anna Camerligo

Tra letteratura e teatro: l’interpretazione dell’arte in ogni sua forma L'attore Enrico Ianniello si racconta dopo "Ricciardi"

E

nrico Ianniello regista, scrittore, traduttore, attore di teatro, film e fiction che hanno grandi record di ascolto, interprete di personaggi mai semplici, mai banali, come mai banale è il suo modo di interpretarli. A soli 18 anni viene ammesso alla Bottega di Vittorio Gassman ed inizia quello che lo porterà ad essere uno degli attori più amati. Lei è molto amato dal pubblico e ha sempre grande seguito, da cosa è nata la voglia di fare l’attore? «Dalle commedie messe in scena all’oratorio. Intorno ai sedici anni, ai Salesiani di Caserta, cominciai a provare l’emozione di andare in scena con le commedie napoletane prima, poi provando a fare qualche testo un po’ più complicato. E a diciotto anni sono stato ammesso alla Bottega Teatrale di Vittorio Gassmann a Firenze. Ed è cominciato un percorso di studio che, spero, non finirà mai». Tra i tanti personaggi, da lei interpretati non posso non chiedere del Dott. Bruno Modo. Amatissimo da tutte le lettrici di Maurizio de Giovanni, autore de Il commissario Ricciardi. Interpretare un personaggio che aveva già tanto seguito è stato più facile o difficile? La trasposizione del regista D’Alatri, in armonia con de Giovanni, ci ha donato un Bruno Modo

Enrico Ianniello sul set della fiction "Il Commissario Ricciardi"

forse meno torvo e che meglio sostiene Ricciardi. Ci parla del suo personaggio e cosa ama di più in lui? «Interpretare Bruno Modo è stato un onore e una scommessa! Sono felice di aver incontrato questo personaggio - e molto grato a Maurizio de Giovanni per averlo creato e a Alessandro D’Alatri per avermi proposto di farlo - perché ha dato una svolta importante alla mia carriera televisiva. Di Bruno amo la capacità, molto saggia, di ridere di quasi tutto; quell’atteggiamento adorabile di chi sa che una risata spesso smonta tensioni, aggressività, smargiassate e che è un grande gesto di intelligenza». Nell’uomo Enrico Ianniello c’è qualcosa di Bruno Modo ? «Forse la voglia di considerare le

persone in quanto tali, al di là dei ruoli». Un ruolo fondamentale è stato di certo quello del regista D’Alatri, com’è stato lavorare con lui e gli altri attori? «Molto bello, molto. Ci accomunava l’amore per il teatro e la lettura. E, come sempre, lavorare con persone che ti piacciono allevia la fatica. Di girare sotto il sole in abiti invernali, ad esempio». Da attore, per lei dove finisce il Ricciardi di de Giovanni e dove comincia quello di D’Alatri? «In quanto attore che scrive, tendo a considerare le due forme d’arte in modo autonomo e indipendente! Se così non fosse, una sarebbe costretta a essere la brutta copia dell’altra».

VIVAI E PIANTE

di Franco Maddalena & Co.

Lei è anche uno scrittore di successo, con tre romanzi all’attivo di cui uno - La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin - premiato nel 2015 con il Premio Campiello Opera Prima, e Premio Bancarella 2015, nel 2019 sempre con Feltrinelli esce con La Compagnia delle illusioni , che vince il Premio Letteraria in Città. Come si divide tra la recitazione e la scrittura? «Male! Nel senso che chiedono sforzi opposti: la prima richiede movimento e esposizione; la seconda silenzio, solitudine e introspezione. Ma non potrei fare a meno di nessuna delle due, al momento». «Chi non ha sofferto, canticchia. Chi ha sofferto, canta!» che significato ha per lei questa frase? «Che l’arte vera, quella che mi piace, non è mai un hobby. E ha radici profonde che spesso pescano in un dolore». Ci racconta com’è nato il suo ultimo romanzo Alfredino Laggiù? «Perché volevo scrivere un romanzo su un uomo che cerca una purezza emotiva, affettiva, umana, e la ritrova grazie a un “maestro d’innocenza”, quell’Alfredino che lo conduce in una terra luminosa e profumata». Cosa può di dirci circa il ritorno de Il Commissario Ricciardi in tv? «Dovremmo cominciare a girare nella prossima primavera!».

Fornitura e manutenzione del verde pubblico; potatura e taglio piante alto fusto e bosco; trasporto e facchinaggio; diserbo chimico e tradizionale; ingegneria naturalistica; progettazione paesaggistica; impianti di irrigazione; impresa di pulizia; lavori edili.

Tel. 081 7101493 | E-mail: interflora@tin.it Via 25 Aprile, 2 - 80017 - Melito (NA)

Luglio 2021

|

29


A TTUALITÀ

di Antonio Casaccio

Il libro-denuncia che fa tremare l’OMS “Pressioni e omissioni”, l’ex funzionario OMS Francesco Zambon racconta la sua esperienza

L’

immagine “antisistema” per antonomasia, lanciata dal movimento Occupy, è un branco di pesciolini che unito sembra formare un grande predatore marino. Il significato è inequivocabile: la forza della collettività può sconfiggere il potere di pochi, o di uno solo. Vero, ma non sempre. Ne sa qualcosa Francesco Zambon, ex funzionario di spicco dell’OMS, che ha denunciato quelle che sarebbero gravi pressioni da parte di personaggi del calibro di Ranieri Guerra, direttore vicario dell’OMS, e dell’ufficio cinese della medesima organizzazione. Zambon, durante l’inizio della pandemia da covid-19, era stato incaricato di produrre un report che offrisse agli altri Paesi un quadro sulla tragica emergenza italiana. Ed è proprio da questo documento che ha inizio una storia di denuncia che, in breve tempo, ha fatto letteralmente il giro del mondo, facendo tremare i piani alti del Palazzo di Ginevra guidato da Tedros Adhanom Ghebreyesus. Proprio Francesco Zambon ha deciso di raccontare la sua storia nel libro “Il Pesce Piccolo – Una storia di virus e segreti”, edito coraggiosamente da Feltrinelli. Lo abbiamo intervistato per conoscere i dettagli più interessanti di questa storia. Lei ha sollevato un grande caos all’interno dell’OMS perché ha denunciato delle pressioni sconvolgenti, soprattutto se pensiamo ad un’organizzazione indipendente e di tale rilevanza per la Salute mondiale. Ma partiamo da un punto: il report. Un report nella quale lei, insieme ad altri suoi colleghi, analizzava quello che stava accadendo nel nostro paese. Lei ha paragonato la situazione

del report ad un palloncino che si gonfiava e sgonfiava. Perché e come questo palloncino è esploso? «Grazie innanzitutto per l’intervista, per la possibilità di raccontare questa storia. In primis vorrei dire che anche se questo rapporto, prodotto col team, è stato censurato e tolto dai

siti dell’OMS, lo si trova facilmente in rete perché basta mettere l’incipit e viene fuori come primo link. Lo paragono ad un palloncino perché all’inizio si fa sempre tanta fatica per muovere la gomma e far in modo che il palloncino si gonfi; quando poi si è gonfiato, le cose sembrano andare bene ed il palloncino è pronto per volare in alto. Ecco, mi pareva di stare per spiccare il volo ed ecco che il palloncino si sgonfiava e dovevo ricominciare tutto da capo. Ci sono stati moltissimi intoppi proprio all’interno dell’OMS, per questioni di “autocensura” non solo da parte del Governo italiano, ma proprio da persone interne all’OMS che dicevano che alcune cose non si potevano dire relativamente all’Italia. Finalmente riusciamo a lanciare questo palloncino il 13 maggio che va molto in alto perché viene visto da 15mila persone, però nel giro di 20 ore questo palloncino che era andato così in alto viene fatto esplodere in maniera irrecuperabile, infatti i pezzi della gomma non si possono più mettere insieme ed il palloncino non si recupererà più. Io proverò a rimettere insieme i pezzi, ma le pressioni sono tali che il rapporto non potrà mai essere recuperato. Tutto è partito con il Piano pandemico, ma bisogna ricordarsi che a fine aprile/inizio maggio del 2020, l’Italia era un paese estremamente colpito e col più alto numero di vittime, ovviamente da parte degli altri Stati c’era veramente la necessità di sapere cosa stava succedendo in Italia. Come noi avevamo la curiosità di sapere cosa accadeva in Cina ad inizio pandemia, tutti gli altri Stati volevamo sapere cosa accedeva in Italia e soprattutto in Lombardia, che ha i migliori ospedali d’Europa». Ci spiega la questione legata al Piano pande-

MP PORTIERATO E RECEPTION SRLS

CARNI PREGIATE www.masseriapignata.it Tel. & Fax 081 8678979 Cell. 320 0446443 Via Domitiana - Giugliano in Campania (NA) 30

| Luglio 2021

P. IVA 04009610611 E-mail: mpportieratoerecepsion@gmail.com Tel. 0823 1502096 / 081 5097679 Team Manager: Franco Leone - Cell. 333 2376040 E-mail: francoleonempportierato@gmail.com Sede Legale: Via Darsena, 81 - 81030 - Castel Volturno (CE) Sede Operativa: Viale Rosemary, 18 - 81030 - Castel Volturno (CE)


Il piano pandemico dell’Italia era quello del 2006 e non è stato aggiornato per 15 anni fino a gennaio 2021.

mico? «Il piano pandemico dell’Italia era quello del 2006 e non è stato aggiornato per 15 anni fino a gennaio 2021. Adesso c’è un nuovo piano pandemico approvato pochi mesi fa, ma quando abbiamo affrontato la pandemia c’era questo piano molto vecchio e quindi tutti i ministri ed i direttori generali non hanno generato un nuovo piano nonostante ci fossero delle linee guida dell’OMS che dicevano che andava aggiornato. Poi si è molto discusso, ma di certo l’Italia con un nuovo piano pandemico sarebbe stata più preparata. Ci sono degli studi che hanno quantificato il numero di morti che si sarebbero potuti evitare. Secondo alcuni studi, circa 1/3 dei morti si sarebbero potuti evitare, ma ovviamente queste sono delle ipotesi e non si sa come realmente sarebbero potute andare le cose». Nel libro lei riporta una mail inviata da Ranieri Guerra, in cui farebbe riferimento all’OMS come “foglia di fico per certe decisioni impopolari e criticate da vari soggetti”. Come interpreta quella mail? «Per me quello che vuol dire quella frase è molto chiaro: il ministro Speranza si ripara dietro il nome dell’OMS quando doveva prendere delle scelte necessariamente impopolari. Io rimango allibito perché l’OMS non è una foglia di fico, ma in realtà dovrebbe essere l’albero di conoscenza da cui scaturiscono determinate

Francesco Zambon

prese di posizione. La cosa che mi fa molto riflettere è proprio questa». Cos’ha pensato dopo la chiamata del Capo ufficio di Pechino che le chiedeva di ritirare il report? «Diciamo che dopo la telefonata ed anche la mail che c’è stata, ho dovuto per forza obbedire agli ordini. Come se fossi stato messo con le spalle al muro anche se sapevo benissimo che stavo facendo una cosa pericolosa e nel momento in cui lo stavo ritirando ero consapevole che sarebbe stata la fine della storia». Lei ha sbagliato la cronologia pandemica della Cina all’interno del suo report? «No, non è sbagliata perché fa riferimento a fonti OMS quindi diciamo che la versione che io ho utilizzato nel libro è il famoso “China Box” che conteneva delle date che si rifacevano tutte a fonti OMS, ma poiché la cronologia della pandemia non è una cosa tecnica, ma politica, in quei giorni c’era una grandissima pressione su queste date. Noi abbiamo utilizzato semplicemente una cronologia dell’OMS, ma non la più aggiornata. In particolare, c’era un dato che era relativo da uomo a uomo che era anticipata da quella che è oggi la versione ufficiale». Alla luce dei fatti e dei dubbi che ha denunciato, degli avvenimenti che si sono susseguiti,

lei si sarebbe ugualmente dimesso dall’OMS? «Questa è una domanda che mi faccio molte volte al giorno e sempre con più insistenza. Io pensavo che il numero di volte al giorno sarebbe diminuito, invece nel corso del tempo, è aumentato perché mi sembra quasi che tutto questo mio sacrificio non sia valso assolutamente a niente. Ci sono ripetuti tentativi di insabbiamento, la cosa è finita su tutte le testate mondiali, ma le persone all’OMS sono ancora lì e l’unico che se n’è andato sono io. Ho fatto bene? A questo punto forse no». Ci spiega la questione dei tre milioni del Kuwait perduti dall’Italia? «Il Kuwait già all’inizio della pandemia, alla fine di marzo, aveva reso disponibile all’OMS 20 milioni, a cui dopo se ne sono aggiunti altri 40, per un totale di 60 milioni di dollari e 5 dei quali erano destinati all’Italia tramite l’OMS. Quindi questi soldi vennero legati all’Ufficio di Venezia (unico ufficio OMS in Italia) ed erano divisi in due porzioni: una parte per delle attività per circa 1 milione e 400mila dollari e sono state spese da me fino all’ultimo centesimo con un uso efficace, mentre per la parte degli acquisti si è occupato il Dottor Guerra, in accordo con il ministro Speranza e la ministra Pisano, con l’obbiettivo comprare degli ecografi e realizzare delle app per la medicina territoriale. Questi soldi a marzo 2021 non erano stati spesi e quindi sono stati restituiti al Kuwait. Il Kuwait ha chiesto la restituzione dei soldi perché nel frattempo lo scandalo del report era scoppiato. Su questo sono anche stato accusato di aver privato gli italiani di questi soldi anche se così non è perché io la parte che mi era stata affidata, l’ho spesa tutta e le problematiche non sono relative a “Zambon”, ma allo scandalo dell’OMS». Chi sono, oggi, i pesci piccoli? «I pesci piccoli sono tutti quelli che riescono scappare agilmente da quelli grossi. Quindi intanto sono dei pesci piccoli perché contano di meno rispetto ai pesci grandi, però hanno anche la capacità di divincolarsi più rapidamente e magari anche di togliersi da una situazione di pericolo momentanea. Io credo che i pesci piccoli siano tanti e se si mettono insieme possono fare paura ad un pesce grosso. Io mi auguro che questa storia serva a dare la stessa direzione a questi pesci piccoli, e ce ne sono tante di persone animate da princìpi di buona volontà e trasparenza, e che riescano a far paura anche ad un pesce grosso per il bene di tutti».

Luglio 2021

|

31


32

| Luglio 2021


Luglio 2021

|

33


E VENTI

MARADONA AL JAMBO1

Le foto inedite di Sergio Siano per una mostra dalla forte connotazione sociale di Antonio Casaccio e Francesco Cimmino

E

sistono simboli di riscatto che, con impegno e passione, riescono ad entrare nel cuore di un popolo facendosi carico della sua unicità. Ciò raggiunge un valore quasi trascendentale se parliamo di Napoli e, più in generale, della Campania. Diego Armando Maradona è, e resterà, un simbolo di riscatto unico per questa terra, legato dal dolce ricordo di chi finalmente riusciva a farsi beffa dei potenti, di quelle Juventus, Inter e Milan che continuavano ad essere i colossi del calcio, ovviamente settentrionali. Diego ha donato speranza e sogno ad un’intera città che lo guardava letteralmente brillare. A pochi km dalla città di D10S c’è un piccolo territorio, Trentola Ducenta, da anni alla ribalta delle cronache per fatti di camorra, anche perché rientrante in quell’area “dei Fuochi” che tanto conosciamo. Oggi questo piccolo comune sta vivendo un vero e proprio riscatto, il cui simbolo principale è il Jambo1, centro commerciale considerato “creatura economica” di Michele Zagaria (boss dei casalesi) e che oggi è un vero e proprio gioiello, oltre che propulsore di messaggi di legalità. Il Jambo1, grazie all’amministrazione giudiziaria guidata dal dottor Salvatore Scarpa, ha in parte ridato dignità a quello che era un centro fantasma ad Salvatore Scarpa appannaggio del clan più sanguinario della Campania. Qualcosa lega questi due simboli di riscatto: da una parte Maradona e dall’altra una struttura che lo Stato ha brillantemente riconquistato. Il trait d’union tra queste due grandi forze sarà proprio una mostra fotografica, con foto esclusive, dedicata interamente al Pibe de Oro. Le foto di Sergio Siano mostrano uno spaccato della vita di Diego, del suo amore per la gente (non

34

| Luglio 2021

solo napoletani) e il suo messaggio contro i potenti della storia. A curare la mostra Yvonne De Rosa, nome di ampio spessore nel mondo della fotografia internazionale. Insomma: il 5 luglio al Jambo1 ci sono tutti gli ingredienti per una giornata unica. Dopo questi duri mesi di lockdown anche il Jambo1 torna con eventi di grande rilevanza. Ci spiega la scelta di dedicare un evento a Maradona? «Un evento che abbiamo pensato proprio come riscatto dalla fase più restrittiva della pandemia. Il

personaggio è individuato: Maradona. Lo conosciamo tutti: è stato un calciatore che ha fatto la storia di Napoli non solo a livello calcistico, ma ha portato il messaggio di “napoletanità” nel mondo in un momento storico importante per la città. Napoli era Maradona e Maradona è stato il riscatto di una città che non riusciva ad emergere per cose positive, ma solo per negatività. Come Napoli, tutto il territorio campano. Noi non facciamo una mostra fotografica su Maradona, ma un qualcosa che ha un significato che è al di là del personaggio e cioè quella passione che ha consentito la svolta di un popolo. Questo è il messaggio che vogliamo trasmettere attraverso la figura di Maradona: una

città che non si sente mai inferiore a nessuno, ma che continua ad emergere e lottare. Abbiamo fatto questa mostra al Jambo proprio perché questo centro commerciale è un simbolo di riscatto che, oggi, ha un’immagine diversa che gli consente anche di organizzare eventi di spessore; anche perché ci saranno diverse personalità di spicco. Vogliamo dare un volto a quello che di buono c’è nel territorio». Quindi c’è una connotazione sociale molto forte che va oltre il “Diego calciatore”... «Tengo a dire che è un evento che parte a luglio e si conclude a fine dicembre se non il 6 gennaio, durante tutto questo periodo saranno organizzati dibattiti su temi sociali. A noi interessa il racconto dello sportivo, ma tutto deve essere improntato sul messaggio sociale che noi vogliamo diffondere: il territorio si deve risollevare. In questi sei mesi saranno coinvolte le Università, le scuole locali, saranno presenti dei personaggi istituzionali e saranno invitati sociologi: il tutto per cercare di trasmettere la nostra passione per questa terra e la voglia di riscatto». Ha avuto riconoscimenti per questo enorme lavoro? «Il Jambo è un’eccellenza dei beni confiscati alla camorra e noi siamo solo ad un gradino di tutta la


le fotografie esposte (alcune inedite), il cui ricavato andrà in beneficenza alle fasce deboli. Anche durante il periodo natalizio ci sarà la possibilità di donare pacchi alimentari alle varie associazioni. Non vediamo l’ora che arrivi il 6 luglio per poter partire ed abbiamo messo in campo tante forze giovani nell’organizzazione. Voglio ringraziare davvero tanto Informare perché io parlo sempre di voi. Siete un gruppo di ragazzi davvero bravi e delle persone serie che meritano tanti successi. Il mio augurio è questo: quello che ognuno di voi possa trovare la strada giusta per le gratificazioni che merita».

Jambo1 e Magazzini Fotografici Yvonne De Rosa, fotografa e curatrice della mostra, spiega il binomio vincente.

scala che dobbiamo, e vogliamo, scalare. Il Jambo ha vissuto due fasi: la prima con la presenza del giudice delegato alla misura, che io ringrazierò sempre perché ci ha consentito di fare delle attività forti e a ripristinare la legalità all’interno dell’azienda. In questa fase io mi sentivo effettivamente protetto da questa figura. Poi è subentrata l’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla criminalità che, grazie al dirigente dell’area Aziende, ci sta accompagnando verso un percorso di innovazione e qualità. Stiamo puntando tanto a quest’ultima: superato il problema della sopravvivenza del centro e della riqualificazione degli spazi, vogliamo portare il Jambo sul territorio nazionale come modello di gestione virtuosa di un bene che non è nostro». Qual è stata la reazione dei cittadini a tutte queste manifestazioni? «Io amo poco la visibilità personale: non so se è un pregio o un difetto, ma cerco soltanto di lavorare. Tutti i commercianti, però, hanno riconosciuto questo cambio di marcia da quando sono arrivato ed ho trasmesso loro serenità nelle scelte imprenditoriali, perché mi vedevano come punto di riferimento. Il riconoscimento importante è questo degli operatori commerciali. Ovviamente, c’è sempre una parte di persone che

non vedono di buon occhio il progresso e fa critiche strumentali, però noi andiamo avanti a testa alta». La mostra fotografica dedicata a Maradona è solo l’inizio del momentaneo periodo post-lockdown del Jambo? «È soltanto l’inizio. Ovviamente la mostra ci ha portato via tanto tempo e non pensavo fosse così faticoso organizzarlo; la fatica è stata triplicata per l’importanza degli ospiti. Anche a loro vogliamo far conoscere il modello Jambo. Questo è il primo dei grandi eventi “post-lockdown”, ma ce ne saranno altri perché siamo sempre proiettati al miglioramento. Migliorarci: è quello che dobbiamo pensare ogni giorno. Se riusciamo a migliorare noi stessi, migliora anche ciò che ci circonda. È quello che penso ogni giorno proprio perché sono quotidianamente all’interno di una realtà che, secondo le indagini, ha avuto dei trascorsi pesanti ed io ho il dovere, invece, di rispettare questo bene che non è mio. Per noi è importante che tale impegno sia continuativo e che bisogna partire dall’inaugurazione della mostra. Ci gratifica la presenza delle Istituzioni e ci interessa particolarmente la presenza della cittadinanza. Inoltre, sarà venduto, durante la mostra, un libro con

“Maradona è megl e Pelè…”. Chi ha vissuto quei tempi ricorda tantissimi cori – sicuramente avete letto il rigo precedente cantando – che sono diventati parte della memoria collettiva, canti di festa che automaticamente colleghiamo ad un corposo comparto visivo. E così riaffiorano nella mente le azioni in campo, le magie, i goal della carriera di Maradona, a volte anche come fermi immagine, come le foto dei giornali, divenute cult. Tra le più significative ci sono quelle di Sergio Siano, il fotografo napoletano che da ragazzo ha seguito il campione in tanti dei suoi allenamenti, dove ha potuto ritrarlo con più intimità. Si apre lunedì 5 luglio alle 18:00, al Jambo1 di Aversa, la mostra dedicata a Maradona con gli scatti di Siano, fotografo de “il Mattino”, curata da Yvonne De Rosa. Anche lei fotografa di caratura internazionale, è attivissima a Napoli con i Magazzini Fotografici, uno spazio, da lei voluto, per la fotografia e lo scambio culturale tra il capoluogo campano ed il resto del mondo. «È un sodalizio nato per caso, quello tra il Jambo1 e i Magazzini; loro già conoscevano il mio progetto ma non sapevano del lavoro che stavo svolgendo con Sergio. Io gliel’ho proposto e hanno subito capito quanto potesse essere importante per il territorio». Sergio e Yvonne si sono conosciuti tanto tempo fa, prima ancora che Yvonne partisse per Londra, dove

ha completato ben due Master in fotografia e fotogiornalismo. Al suo ritorno ha ritrovato Sergio e ha deciso di portarlo all’Istituto di Cultura Italiana a Londra durante il London Photofestival. Ne è nata un’amicizia, e poi anche questo progetto. Yvonne ha così avuto modo di spulciare gli archivi de “il Mattino”, ritrovando vecchie pellicole anche in condizioni complicate, con grossi problemi dovuti ad una cattiva conservazione. Ne sono state selezionate alla fine ben 139, tutte restaurate. L’allestimento nel centro commerciale, tende metaforicamente ad esaltare la vita di Maradona sotto tutte le sue sfaccettature. Un percorso in cui dapprima viene presentato il campione, con i ritratti che lo hanno assurto a simbolo per i napoletani; poi un collage di azioni di gioco per rappresentare la sua lotta, riflesso delle sue azioni fuori dal campo; ed infine il tripudio della vittoria, con le immagini dei napoletani in festa. Il lavoro curatoriale intorno all’immagine di Maradona, rispecchia moltissimo il lavoro personale di Yvonne, basato sulla memoria e sul ricordo. Ancora oggi Maradona è un simbolo. Ne vengono tramandate le gesta, nelle quali il napoletano si riconosce. Un racconto mistico che si riflette nella quotidianità ed influenza ancora la società napoletana. La divinizzazione di un uomo che voleva solo giocare a pallone, ma che per destino è finito per diventare un’icona. Al Jambo1 non troveremo solamente l’allestimento, ma anche un libro, che non è un catalogo della mostra, bensì un vero oggetto d’arte. Yvonne ci ha tenuto particolarmente a specificare di aver voluto costruire qualcosa da tenere tra le mani, da toccare, scegliendo anche una carta particolare, quasi vellutata. «Adoro sfogliare i libri fotografici, e quando mi soffermo su una foto che mi piace , la tocco, cerco di possederla». Il libro resterà in vendita per tutto il periodo della mostra, che finirà il 31 dicembre, e si potrà acquistare solamente al Jambo1. Il ricavo, sarà devoluto in beneficenza con l’obiettivo di fare pacchi alimentari per il periodo natalizio. Un modo per restiturire al territorio qualcosa di bello, come ha fatto Maradona per il popolo azzurro, rendendoci ugualmente felici senza distinzione di classe. Luglio 2021

|

35


A MBIENTE

DELOCALIZZARE PER SFUGGIRE AI COSTI AMBIENTALI? di Giorgia Scognamiglio e Saverio di Giorno

C

o.co.co., Co.co.pro., voucher, tutele crescenti... basta aggiungere una lettera, una parola per vedersi modificare giornate lavorative, tutele, sicurezze e retribuzioni. Negli ultimi anni, di cambiamenti e riforme se ne sono viste a decine. L’obiettivo? Essere competitivi, in un mondo globalizzato che ha portato sempre più imprese a trasferire le loro attività oltre confine, dove c’è chi lavora dodici ore al giorno e di sindacato non ne ha mai sentito parlare. Ma se invece avessimo sbagliato completamente? Nel pieno della pandemia, alcune aziende ci hanno rivelato che i motivi che le hanno spinte a delocalizzare non sono solo i costi del lavoro. Tra le tante produzioni che hanno abbandonato l’Italia e l’Europa a favore delle nazioni dove nasce il sole e muoiono i diritti c’è sicuramente quella di farmaci. Ormai da decenni, i leader mondiali nella produzione di princìpi attivi sono India e Cina. Lo si è percepito durante la pandemia, quando l’India ha preferito bloccare l'esportazione per aggiustare prima il suo giardino e l’Europa è rimasta ad aspettare. Come ci si è trovati in questa situazione? Per anni abbiamo attribuito tutta la responsabilità al costo del lavoro, che in realtà con l’automazione è diventato sempre meno influente e abbiamo trascurato un aspetto importante. I costi dell’ambiente. Che ci piaccia o no l’ambiente è un costo, anzi un lusso per paesi ricchi e ne ha fatto le spese Macron, quando ha provato ad alzare i prezzi dei carburanti per incentivare le rinnovabili. Così le imprese, per evitare di pagare i costi necessari (in Europa) per prevenire, ridurre o riparare i danni all’ambiente, hanno pensato bene di spostare le attività inquinanti altrove. Il signor A. ricorda che fino agli anni novanta in Cina e in India non era difficile trovare chi smaltisse rifiuti e scorie nei fiumi senza porsi tante domande. Nulla di

36

| Luglio 2021

illegale, semplicemente non c’erano leggi che lo vietassero. Mettere su un’azienda eco-compatibile costa, sia da zero che adattando i vecchi impianti, infatti, un altro imprenditore ricorda le condizioni pessime in cui si trovavano gli impianti su cui bisognava lavorare per soddisfare gli standard. L'idea mal nascosta che pare serpeggiare tra i discorsi è che alle economie avanzate tocchino le formule, le ricerche, le cose raffinate. Tutta la parte chimica e inquinante è meglio nasconderla sotto i tappeti del mondo. E loro, o meglio i governi l’hanno accettato: avevano bisogno di guadagnare mercato e fare denari, la gente moriva di fame e ora invece muore di cancro. Nel 2013 il governo di Pechino ha reso pubblica una mappa dei luoghi in cui l’inquinamento cau-

sato dalla produzione industriale ha provocato un’impennata dei tumori. Sono i cosiddetti “villaggi del cancro”, circa 400, individuati da un’inchiesta del giornalista Deng Fei. Eppure, non tutti sono d’accordo con la teoria: secondo altri il costo del lavoro e delle materie prime continua ad essere il vettore principale della delocalizzazione. Muoversi principalmente per i costi ambientali gli risulta strano, essendo comunque necessario soddisfare degli standard. Strana forse, ma neanche tanto, al Sud questa competizione sleale la conosciamo bene. Non sono mancate testimonianze nelle aule di Tribunale circa aziende del Nord Italia che si sono rivolte alla camorra (spesso intercettate da politici locali) per sbarazzarsi di rifiuti industriali e risparmiare

i costi dello smaltimento legale. Rifiuti che avrebbero poi avvelenato un pezzo consistente del territorio (e della popolazione) della Campania, ma anche della Calabria, Sicilia, Puglia, Molise e basso Lazio, grazie ad accordi con le cosche mafiose e le ‘ndrine calabresi. Negli ultimi anni, l’India e specialmente la Cina hanno introdotto sanzioni per le industrie che infrangono le norme ambientali. Ma insieme alla presa di coscienza in materia ambientale, c’è stato un bel salto nel PIL, che ha portato Cina e India a fare invidia alle economie più avanzate e a lasciarsi indietro i cugini africani. L’Africa, dove l’inquinamento avanza più velocemente dell’economia, si è trasformata nella nuova discarica dei paesi avanzati e della stessa Cina. Da vittime si fa in fretta a diventare carnefici e in buona sostanza la Cina è diventata un paese avanzato in tutto e per tutto, con pregi e difetti, e ha iniziato a fare in Africa quello che si faceva (e in parte ancora si fa) nel continente asiatico. Dall’altra parte del mondo, anche la Campania, dopo essersi riempita di rifiuti fino all’orlo, ha trovato le sue vittime: sempre più di frequente i funzionari dell’Agenzia delle dogane sequestrano nei porti di Napoli e Salerno tonnellate di rifiuti pericolosi diretti verso l’Africa. Un ambiente incontaminato, oltre ad essere un costo è un diritto. Ma come ogni diritto che si rispetti in un sistema di società “occidentalizzato” è un privilegio di pochi. Stiamo ripercorrendo la storia. I paesi avanzati sventolano la bandiera del green e del progresso in materia ambientale mentre spostano le produzioni e sub-appaltano su scala mondiale i danni. E nel frattempo, mentre tutto questo avviene nel disinteresse generale, ci viene detto che per fermare il tutto occorre che gli operai siano più economici, più produttivi e più al verde. Uno sfruttamento green, appunto.


A MBIENTE

di Angelo Morlando

Le regole contro il greenwashing vanno applicate anche alle Istituzioni Tre calle ‘e petaccia: magnate, vevite e ve lavate ‘a faccia

I

detti antichi non sbagliano mai… Con riferimento alla storica tradizione dei “mellonari” napoletani o meglio ancora vesuviani (‘stu mellone russo tene ‘o ffuoco do’ Vesuvio…) ho citato nel titolo un vecchio adagio che andrebbe così tradotto: “con tre soldi comprate una fetta così grande con la quale riuscirete a mangiare, bere e lavarvi la faccia”. Che c’entra tutto ciò con il “greenwashing”? Prima di tutto, riporto la definizione più accreditata del termine: “s’intende come ecologismo o ambientalismo di facciata ossia il vantare virtù di sensibilità per questi temi anche quando non esiste affatto”. Inoltre, greenwashing deriva, nella lingua originale, da “whitewashing” che si può tradurre in italiano come “una lavata di bianco dei muri” e in napoletano con “ ’na lavata ‘e faccia ”.

Via Domitiana, 634 81030 - Castel Volturno (CE) LOCALITÁ ISCHITELLA

Un lungo giro per dimostrare l’affinità del termine con il proverbio napoletano riportato nel titolo. Andiamo ad approfondire. È palese che è ormai tutto green e, come per magia, basta sfoggiare un sito internet pieno di scritte “eco”, “green”, “bio”, etc. e i prodotti di quella azienda vi sembreranno assolutamente rispettosi della natura, ma non è così. Didier Reynders, Commissario per la Giustizia dell’Unione Europea, ha dichiarato: "Sempre più persone vogliono vivere una vita all'insegna del rispetto dell'ambiente, per questo mi congratulo con le imprese che si adoperano per produrre prodotti o servizi ecologici. Tuttavia, non si possono ignorare i commercianti senza scrupoli, che ingannano i consumatori con affermazioni vaghe, false o esagerate. La Commissione è fermamente determinata a dotare i consumatori dei mezzi per la transi-

TEL: 081 5099135 EMAIL: farmaciaischitella@virgilio.it FARMACIA ISCHITELLA DOTT. FULVIO TROVATO #CHIEDILOALTUOFARMACISTA

zione verde e a lottare contro il greenwashing. È questa una delle principali priorità della nuova agenda dei consumatori adottata lo scorso autunno". In verità l’Unione Europea già ha adottato delle iniziative molto importanti, come ad esempio quella sotto l'egida della International Consumer Protection and Enforcement Network (ICPEN) la rete internazionale per la tutela dei consumatori e l'applicazione delle norme in materia. È in corso, inoltre, un’iniziativa legislativa che imporrà alle imprese di dimostrare la veridicità delle affermazioni relative all'impatto ambientale dei loro prodotti/servizi mediante l'utilizzo di metodi standard per la loro quantificazione. Basterà? Credo assolutamente no, perché se rileggiamo con attenzione la definizione di greenwashing, si rivolge anche alle associazioni e, quindi, secondo me anche alle Istituzioni, in particolar modo a quelle istituzioni rappresentate da incompetenti che utilizzano i termini “green”, “economia circolare”, “riciclo”, “resilienza”, senza neanche conoscerne minimamente significato e applicazione. Ci riguarda? Eccome, visto che nel Next Generation EU le pratiche ecosostenibili e ambientaliste saranno fortemente sostenute con interventi pubblici. Per assurdo, ma non lo è, bisognerà dimostrare che gli investimenti “verdi” non danneggino effettivamente l’ambiente. Secondo il mio parere è indispensabile adoperarsi in tempi brevissimi, prima che sia troppo tardi, prevedendo dei controlli serrati su tutte quelle aziende e/o enti che promettono investimenti “green”, ma incapaci di dimostrarne l’effettiva sostenibilità.

Bambusa Pub Viale delle Acacie, 82 - Pinetamare - Castel Volturno (CE) Tel. 081 5095454 | Cell. 345 2575274 www.bambusa.it | info@bambusa.it |

Bambusa

Luglio 2021

|

37


A TTUALITÀ

di Simone Cerciello

I

lo spettro della camorra su pomigliano d'arco? Intervista al Comandante dei Vigili, Luigi Maiello

Il Comandante dei Vigili, Luigi Maiello

l clima nel vesuviano negli ultimi mesi è tutt’altro che tranquillo, soprattutto a Pomigliano. Grazie al lavoro congiunto della nuova amministrazione comunale e del comando dei vigili, capitanato dal Comandante Luigi Maiello, i cittadini stanno riscoprendo un nemico che sembrava ormai sopito da tempo, la camorra. Un operato diretto, concreto e mirato, che ha contribuito al sequestro di diverse attività, nonché di numerosi complessi edilizi. Un duro e mal digerito colpo per le casse dei clan locali, come testimoniato dalle lettere minatorie recapitate poco dopo al Sindaco e al Comandante stesso. Abbiamo avuto modo a tal proposito di intervistare quest’ultimo ed ottenere una panoramica completa e chiara su ciò che realmente sta accadendo in quel di Pomigliano d’Arco Cosa sta accadendo a Pomigliano, si respira effettivamente aria di camorra? «Non più di quanto non si respiri negli altri Comuni. Va detto per sincerità che ci sono interessi mai sopiti di una organizzazione criminale ben radicata, che è diventata sistema, con settori che vanno attenzionati bene (edilizia e trasporti funebri), dove si investe poco, si guadagna tanto

38

| Luglio 2021

e si ricicla pure. C’è un clan storico, e poi ci sono questi nuovi clan. La situazione purtroppo è molto simile a ciò che troviamo negli altri Comuni dell’area nolana e vesuviana. Purtroppo dire che non c’è la camorra sul nostro territorio è un’affermazione molto grave oltre che stupida». Sappiamo delle lettere minatorie, cosa ci può dire a riguardo? «A me e al sindaco sono pervenute diverse lettere minatorie, ma nello specifico è stato anche avviato un dossieraggio nei miei confronti. Questo tipo di attività è molto evoluta e raffinata, dove partecipa proprio la criminalità organizzata, con una camorra che ha precisi interessi ed è sostenuta dai colletti bianchi. Si muovono in quell’area grigia costituita da politici, ex amministratori che devono difendersi a tutti i costi e imprenditori che cercano modalità per fare soldi facili. Purtroppo ci sono abituato, è la parte più scocciante e fastidiosa, ma fa parte del mio lavoro. Sono situazioni che si ripetono ciclicamente sotto forme diverse, avendo lavorato sempre in grandi Comuni». Morra, Presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha citato il clan Moccia,

anche a Lei risulta questa informazione? «Lui conosce la mia storia, sa che sono stato coinvolto contro questo clan, precisamente ho testimoniato poco tempo fa contro Antonio Moccia, arrestato poi per un’altra inchiesta. Morra ha tentato di spiegare che a Pomigliano non c’è solo il clan Moccia, ma c’è anche del buono». Si sente sostenuto dalla cittadinanza e dalla Giunta Comunale? «Mi sento sostenuto dalla cittadinanza, dai cittadini semplici, da chi non ha interessi e dalle persone per bene. Ogni tanto qualcuno mi ferma e mi esorta a proseguire il nostro operato, ma c’è da dire che noi stiamo facendo semplicemente la nostra attività ordinaria. La Giunta fa il suo, ma questa è un’attività di polizia giudiziaria e la legge ci obbliga a rimanere distanti dalla parte politica, perché quando operiamo nelle nostre funzioni, l’unico interlocutore ammesso è l’autorità giudiziaria. C’è da dire che con l’amministrazione e in particolare con il Sindaco, c’è un ottimo rapporto di collaborazione, al di là delle inchieste, che sono solo una piccola parte del nostro operato».


A TTUALITÀ

di Donato Di Stasio

roghi: un’arma in più contro i reati ambientali

Inaugurato il distaccamento provvisorio dei Vigili del Fuoco a Lago Patria

C

ontrastare i crimini ambientali non è più utopia nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”: dai primi di Giugno, infatti, è operativa la nuova caserma provvisoria dei Vigili del Fuoco al Centro remiero di Lago Patria, che rappresenta un altro tassello importante per salvaguardare l’ambiente e i territori della zona. Un percorso iniziato il 10 Marzo, quando ci fu la firma sul contratto di comodato d’uso gratuito del Centro remiero tra i vertici dell’amministrazione comunale di Giugliano e il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli, e chiuso l’8 Giugno, giornata dedicata all’inaugurazione della sede provvisoria. Tuttavia, la caserma di Lago Patria rimarrà attiva solo per qualche anno, in attesa del completamento dei lavori della sede definitiva di Giugliano all’interno del Parco Ammaturo, bene confiscato alla criminalità organizzata. La redazione di Magazine Informare non ha perso l’opportunità di essere presente all’evento inaugurale del nuovo distaccamento di Lago Patria, martedì 8 giugno, un giorno che ha rappresentato un vero e proprio cambio di passo rispetto al passato sul tema dei crimini contro l’ambiente. Finalmente, dopo anni di lunga attesa, anche i cittadini dei paesi che rientrano nella Terra dei Fuochi, potranno avere a disposizione un’arma in più per frenare i roghi tossici che ormai da tempo attanagliano il territorio di Napoli nord. Un risultato perseguito con grande convinzione dalle istituzioni locali, un servizio reso ancora più efficiente dal fatto che la nuova caserma potrà disporre di mezzi e tecnologie all’avanguardia, come droni e telecamere di ultima generazione che serviranno a segnalare in modo più rapido e veloce eventuali incendi o roghi tossici. «Oggi è una giornata storica per tutta l’area di Napoli nord, perché la nuova caserma dei Vigili del Fuoco ha permesso di avviare un progetto di rinascita non solo per la città di Giugliano, ma anche per

Il Sottosegretario al Ministero dell'Interno Carlo Sibilia e l'On. Salvatore Micillo

tutti i comuni limitrofi che devono quotidianamente fare i conti con la criminalità ambientale. Abbiamo dato dimostrazione di una grande collaborazione istituzionale tra enti locali, Governo nazionale, Parlamento e Corpo dei Vigili del Fuoco, i quali hanno manifestato

ancora una volta attaccamento e vicinanza al nostro territorio. Abbiamo, inoltre, stabilito un cronoprogramma in cui SMA Campania, Vigili del Fuoco e rimozione dei rifiuti dovranno essere al centro della nostra amministrazione: inizieremo, infatti,

con la rimozione dei rifiuti che sono depositati a Ponte Riccio da oltre vent’anni. Ora il Governo deve accelerare per il decreto definitivo della caserma, ma sono sicuro di ricevere riscontri esclusivamente positivi». Queste le parole del sindaco di Giugliano Nicola Pirozzi, poco prima del taglio del nastro, che ha voluto ringraziare coloro i quali gli hanno mostrato affidabilità e concretezza nel portare a compimento il suddetto progetto. All’evento presenti anche Fabio Dattilo e Laura Lega, rispettivamente capo del Corpo Nazionale e capo dipartimento dei Vigili del Fuoco. «Con il Covid-19 abbiamo riscoperto il valore della salute e i Vigili del Fuoco possono essere considerati proprio come un presidio di sicurezza a tutela dell’incolumità della salute delle persone, sia con un’azione di intervento nel momento in cui occorre spegnere gli incendi che con un’azione di prevenzione», spiega Laura Lega. Grande soddisfazione, invece, nelle parole di Carlo Sibilia, sottosegretario del Ministero dell’Interno che, insieme al deputato Micillo, ha a lungo combattuto per la realizzazione del programma: «Il traguardo di oggi è stato ottenuto grazie ad un grande sacrificio da parte di tutte le istituzioni, ma soprattutto dei cittadini, perché se oggi siamo qui è esclusivamente per loro, per chi ha veramente sofferto. In un territorio così difficile e complesso non solo si apre il distaccamento provvisorio dei Vigili del Fuoco, ma lo facciamo con un’idea tecnologica all’avanguardia del futuro e dello sviluppo per la prevenzione dei roghi, che può fungere come modello da esportare nelle altre terre dei fuochi d’Italia». La fiducia per il nuovo obiettivo raggiunto da parte della popolazione che occupa il territorio di Napoli nord è tanta, un traguardo che si spera possa dare risultati positivi nel più breve tempo possibile, insieme a quelli che continua a fornire costantemente la legge 68 sui reati ambientali, con tanti arresti e persone denunciate. Luglio 2021

|

39


D IRITTO

Società ed algoritmi Intelligenza Artificiale, quali rischi per Giustizia e Lavoro?

di Vittoria Serino

N

egli ultimi anni si è registrata una evidente accelerazione dei processi di trasformazione economico e sociale in concomitanza all’avvento di un ventaglio di nuove e multiformi tecnologie. Reti a banda ultralarga e reti fisiche per la realizzazione del 5G, fenomeni come l’intelligenza artificiale, il cloud, l’edge computing: interagendo e combinandosi tra loro questi fattori stanno innescando cambiamenti radicali nella società in tempi estremamente rapidi per poterne assimilare la portata e tali da ostacolarne una visione critica e antropocentrica. Accanto a questo insieme di tecnologie, si sono poi aggiunte ed implementate le nuove possibilità di archiviare, gestire, estrarre valore dall’enorme produzione di dati che le reti e gli strumenti di intelligenza artificiale stanno generando. Non v’è dubbio che l’interdipendenza di questi fenomeni fornisce la linfa per la vitalità di nuovi paradigmi giuridici e tecnologici. Soprattutto quello che è ormai evidente è il consolidarsi di un modello imperialistico di economia gestito dai “grandi gruppi” dove il datore di lavoro, è sostanzialmente un algoritmo. Si ricorda, in maniera emblematica, il caso delle attività dei ciclofattorini, i riders, che, previa stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa di un’impresa che gestisce una piattaforma digitale, provvedono in esecuzione dei singoli incarichi di consegna ricevuta attraverso un’app per smartphone, al trasporto di cibo al domicilio dei clienti dell’impresa committente. Di qui le questioni relative alla qualificazione dei neonati e controversi rapporti giuridici e alle tutele che ne derivano per lo “zoccolo duro” dei diritti fondamentali.Nella sua ultima lettera in qualità di Ceo di Amazon, Jeff Bezos ha affermato di voler implementare nel corso del 2021 nuovi orari del

CERTIFICAZIONE AMBIENTALE UNI EN ISO 14001

personale attraverso “algoritmi sofisticati per ruotare i dipendenti tra i lavori che utilizzano diversi gruppi muscolo-tendine per ridurre i movimenti ripetitivi e aiutare a proteggere i dipendenti dai rischi di MSD (Muscle Skeletal Disorders)”. Il fine è nobile, ma qual è il rischio? “La realtà è che con un algoritmo che governa la logistica c’è il rischio di avere sulla carta un bel contratto firmato e poi un algoritmo digitale che scandisce orari e turni. Un algoritmo dentro il quale nessuno è in grado di guardare e che diventa il vero contratto da rispettare”. Queste parole, pronunciate dal Ministro del Lavoro Orlando nel corso di un’intervista rilasciata pochi giorni fa a Repubblica in riferimento alla morte del sindacalista Adil, fanno riflettere sul ruolo che gioca il peso dell’intelligenza artificiale all’interno di uno Stato sociale e di diritto, in particolare se si considera anche la prospettiva nascente dell’impiego di algoritmi nel settore della giustizia, alla stregua di quanto già sta avvenendo in altri Paesi (Francia e Stati Uniti). Prospettiva alimentata soprattutto dai possibili correlati effetti in termini di risparmio di tempi e di costi, oltre che da una largamente condivisa fidu-

cia nei confronti delle capacità della macchina, presunta obiettiva e prevedibile. Va comunque rilevato che in Italia l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale ha già portato a far emergere a livello giurisprudenziale alcuni contrappesi relativi alla legittimità dell’utilizzo di questi strumenti, ad esempio nell’attività amministrativa. Con la sentenza n. 8472/2019 il Consiglio di Stato, infatti, pur riconoscendone in linea di principio l’utilizzabilità connessa alla loro potenziale efficacia ha, di fatto, circoscritto gli spazi di intervento degli algoritmi. In primo luogo si è affermato il principio che la decisione assunta dall’amministrazione sulla base di un algoritmo deve presupporre la conoscibilità dell’utilizzo di strumenti algoritmici da parte del destinatario del trattamento e la spiegabilità della logica alla base della decisione; in secondo luogo è stato poi riconosciuto il diritto a che la decisione non sia assunta solamente sulla base di quanto prevede l’algoritmo, ma sia sempre prevista un’assunzione di responsabilità umana (principio di non esclusività). Più incisiva resta comunque la Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari, adottata dalla Commissione europea per l’efficienza della giustizia il 3 dicembre 2018. Si afferma, infatti, all’articolo 1 : “Quando gli strumenti di intelligenza artificiale sono utilizzati per dirimere una controversia, per fornire supporto nel processo decisionale giudiziario, o per orientare il pubblico, essi dovrebbero essere utilizzati anche con il dovuto rispetto per i principi dello Stato di diritto e dell’indipendenza dei giudici nel loro processo decisionale. Si dovrebbero quindi privilegiare “gli approcci etico-fin-dall’elaborazione o diritti-umani-fin-dall’elaborazione”. Ciò significa che, fin dalle fasi dell’elaborazione di uno strumento di intelligenza artificiale e dell’apprendimento, devono essere pienamente previste norme che proibiscono la violazione diretta o indiretta dei valori fondamentali universalmente protetti.

Spiaggia attrezzata Piscine con acqua di mare Ristorante Pizzeria Viale del Mare - Pinetamare, Castel Volturno (CE) Tel. 081 509 03 60 | Cell. 320 79 59 902 | e-mail: info@complessoidelfini.it | www.complessoidelfini.it

40

| Luglio 2021


A MBIENTE

di Fernanda Esposito

Enrico Rizzi: «Dopo zoomafia la mia vita è cambiata»

Il leader animalista e fenomeno social spiega il suo impegno e le attuali difficoltà

U

na voce inarrestabile che si fa sentire da nord a sud del Paese. Classe 1989, il giovane siciliano non si ferma neppure davanti alle minacce. Enrico Rizzi è stato presidente nazionale del nucleo operativo italiano tutela animali e da maggio 2013 è anche capo della segreteria nazionale del Partito Animalista Europeo. Ti definisce leader animalista, vegano, che da oltre 15 anni è impegnato nella tutela giuridica degli animali. Qual è la situazione italiana dei diritti animali? «La situazione è molto critica. Viviamo in un Paese che ancora oggi permette lo sfruttamento degli animali nei circhi mentre in Europa quasi tutti gli Stati li hanno banditi; un Paese che continua a permettere ad una piccolissima minoranza di imbracciare un fucile e massacrare milioni di animali. Viviamo in un Paese che non riesce neppure a punire chi maltratta ed uccide gli animali. Sono seriamente preoccupato perché negli ultimi anni si continuano a registrare casi di violenze sugli animali ed il trend è in crescita continua. La violenza sugli animali è il tirocinio della violenza su donne e bambini». Quando e perché sei diventato attivista? «Ho deciso di occuparmi dei diritti degli animali all'età di 13 anni quando per puro caso ho visto in rete il video relativo all'uccisione dei maiali all'interno del mattatoio. Sono stato male tanto tempo e la mia vita è cambiata da un giorno all'altro, tanto che in 24 ore sono diventato vegetariano. Prendere consapevolezza di quanto accade agli animali mi ha fatto capire che avevo il dovere di fare qualcosa per loro». Fai tutto da solo o hai fondato un movimento, una rete di volontari che collaborano con te? «Per alcuni anni ho rappresentato diversi enti a tutela degli animali. Dal 2020 grazie alla mia

Ho subito danneggiamenti alla mia auto, ho rinvenuto animali morti impiccati davanti la mia residenza e sono stato aggredito diverse volte da noti pregiudicati

popolarità su Facebook (ad oggi oltre 340 mila followers n.d.r.), sono un influencer ed attivista per i diritti degli animali. Sono felice di ciò perché la mia pagina è seguita giornalmente da migliaia di persone. I miei interventi sugli animali hanno superato anche le 12 milioni di visualizzazioni». La tua è una sfida per la legalità e per tutelare cittadini ed animali da soggetti senza scrupoli. Per questo motivo hai ricevuto minacce e

Albergo per anziani Villa Yucca email: villayucca@virgilio.it Personale qualificato: - OSA - OSS - OSSS - Medico Geriatra - Animatrice Sociale - Psicologo Via Ravenna, 14 - Castel Volturno (CE)

Enrico Rizzi

ritorsioni. Quanto ti è costato in termini personali? «Da quando ho deciso di occuparmi di zoomafia la mia vita è cambiata. L’aver tolto dalle mani della criminalità, grazie alle mie denunce, decine di animali destinati ai combattimenti, alle corse, alla macellazione illecita. Tutto ciò ha costretto la Prefettura di Trapani a disporre una misura di protezione nei miei confronti, già da oltre quattro anni. La mia abitazione per esempio, è costantemente monitorata dai carabinieri, che ringrazio perché non mi fanno mai sentire solo». Nel panorama nazionale non si contano più i movimenti animalisti e c’è una galassia di associazioni. Pensi di essere un riferimento per tutti loro? «Purtroppo il mondo animalista italiano non è unito. Di sicuro per migliaia di persone e tantissime forze dell'ordine sono un punto di riferimento anche per la mia preparazione giuridica acquisita nel corso degli anni. Mi occupo, infatti, principalmente di segnalare i crimini sugli animali alle autorità, denunciare i responsabili e seguire gli sviluppi giudiziari. Perfino una sentenza del Tribunale di Trapani (Sentenza 1082/2013) ha riconosciuto il mio impegno animalista specificando che seguo con attenzione tutte le fasi. Di questo ne sono fiero ed orgoglioso». Quali sono stati i risultati più significativi portati a casa in tutti questi anni? «Tutte le volte che sono riuscito a salvare un animale, grazie anche al supporto del mio ufficio legale, per me è stata una vittoria: dai cani utilizzati per i combattimenti, alle corse clandestine di cavalli, dagli agnelli strappati dalla macellazione clandestina, agli allevamenti di animali abusivi fatti chiudere per sempre. Ogni singola vita salvata, è una vittoria per tutta la società civile».

Casa Albergo per Anziani

Riferimenti Uff: 081 509 5229 Cell: 373 71 76 397 (Antonio)

Luglio 2021

|

41


S ATIRA

di Giovanni Iodice

satira e stand-up comedy nel 2021 Ne parla Filippo Giardina, cofondatore di Satiriasi

F

ilippo Giardina, volto noto di “Stand up comedy”, “Sbandati” e “Nemico pubblico” è il protagonista dello spettacolo “Dieci”, che anche a Caserta ha registrato sold out. Si tratta del decimo monologo satirico dell’artista romano, che parla della dominante cultura della popolarità e di una società che ha dimenticato cosa sia la satira. Filippo, nel corso dell’intervista, ci ha raccontato nel dettaglio dello spettacolo, del successo di “The Comedy Club” e dei prossimi progetti. Arriva a Caserta lo spettacolo “Dieci”. Perché hai scelto questo titolo e cosa vuole rappresentare? «L’ho concepito, pensato e fatto dentro casa: è frutto di un anno e mezzo di pandemia. Si intitola “10” perché è il decimo spettacolo è soprattutto perché mi piaceva l’idea del raccontare un numero simbolo (i dieci comandamenti, il 10 del fantasista), come un po’ la sensazione che è arrivata dopo venti anni che faccio monologhi, come al decimo spettacolo mi potessi permettere qualcosa in più. È uno spettacolo che ho scritto per bisogno, mi piaceva un numero iconico, una grafica senza immagini, qualcosa che si basasse molto sul contenuto». Cosa ne pensi dell’arte promossa sui social in tempo di pandemia? «È stato un continuo vedere persone in diretta quando in realtà le

Filippo Giardina

persone avevano bisogno di intrattenimento, svago. Questa ripartenza sarà interessante. Le persone hanno voglia di ridere, ma preoccupata perché siamo alle porte di una crisi economica. L’idea di raccontare il mondo reale per me che faccio satira ha sempre avuto senso e da comico, a livello creativo, essere costretto a casa è stato uno stimolo molto forte. I pro faccio fatica a trovarli. Io sto facendo un podcast, dal titolo “Sesto potere”, in cui intervisto professori universitari per cercare di problematizzare qualcosa che abbiamo accettato passivamente e che ha cambiato la vita di tutti. Le nuove generazioni e gli over 40

sono stati maggiormente bersagliati da fake news. Questa restrizione forzata penso abbia fatto capire alle persone quanto sia bello uscire, stare insieme. Speriamo che possiamo riprendere la vita reale». Dove risiede, secondo te, il successo dei tuoi spettacoli? «Secondo me nel fatto che sono vent’anni che faccio questo lavoro. Porto ogni due anni in genere uno spettacolo nuovo, spero si sia creato un rapporto di fiducia. La scommessa è cercare di migliorare un po’. Da ragazzino volevo diventare un campione di basket o poker. Sono nato alla “Magliana”, ho avuto l’idea del riscatto, l’ho sempre vis-

suta. Mi diverto, nonostante tutto, ancora come un pazzo». Dove risiede, invece, quello del format “The Comedy Club”? «The Comedy Club nasce dal fatto che io facevo fatica a trovare agenzie che mi rappresentassero e iniziai a fare serate in un locale dove incontrai un ragazzo in gamba al quale chiesi di aprire un’agenzia. Ci sono nella vita dei momenti in cui puoi spingere, in cui si ha voglia di fare, di arrivare. Sono ragazzi bravi, hanno imparato ad utilizzare bene i social. Vincenzo ha cercato di creare una rete di locali in tutti Italia. Ogni momento boom della comicità è passato dai locali. Io ho tante date in ogni regione d’Italia. Stiamo buttando già una griglia che speriamo possa essere riempita da comici più giovani. La pandemia ha esasperato l’approccio alla comicità. Spero che i protagonisti di oggi in campo comico siano più motivati». Quali sono i tuoi prossimi progetti? «Come monologhi porterò “Dieci” e poi mi dedicherò al podcast, ho scritto anche diversi format. Vedremo se “The Comedy Club” riuscirà a diventare un’alternativa ad Amazon o Netflix. Tutto il mondo cresce con gli stessi riferimenti culturali. I social hanno esasperato il narcisismo delle persone e non tutti pensano che sia un lavoro».

- dal 1950 -

MOZZARELLA DI BUFALA DA TRE GENERAZIONI

MEDAGLIA D’ORO A CONCORSO CASEARIO “MOZZARELLA IN COMUNE 2009”

seguici su CASEIFICIO LUISE TEL. 0823 762040 - VIA DOMITIANA, KM 30.500 - CASTEL VOLTURNO (CE) TEL. 081 768323 - VIA ACATE, 19/D - BAGNOLI (NA) CORSO GARIBALDI, 38 - PORTICI (NA)

42

| Luglio 2021


S OCIAL

di Rossella Schender

Alici Come Prima: una storia social L’ironia di Andrea Rossi conquista il web e...Le Iene

A

ffrontare argomenti scomodi, tal volta parecchio difficili, rivestendoli di un velo di ironia non è cosa da tutti, ma Andrea Rossi, noto come Alici Come Prima, ci riesce e anche piuttosto bene. Conta più di mezzo milione di follower tra Facebook, Instagram e Youtube, proprio per questo risulta quasi impossibile non aver visto almeno uno dei suoi contenuti. I video d’inchiesta così come i più esilaranti dove si diletta nello scoprire il linguaggio dei napoletani del terzo millennio hanno creato, tal volta, dei veri e propri fenomeni web... regalando momenti iconici. Nei suoi canali, soprattutto nell’ultimo periodo, hanno trovato spazio alcuni di quei personaggi definiti un po’ trash dal panorama italiano. L’intento è quello di mostrarli sotto una luce completamente diversa, un po’ più umana, e spingere le persone a una sorta di rivalutazione. Il Buon Rossi coltiva la passione per la scrittura sin dalla giovane età, esercitando la sua penna tra i banchi di scuola, diventa giornalista presso il giornalino scolastico per poi crescere e finire tra i redattori del Roma. Nel 2013 decide, dopo aver appreso la notizia dell’incendio alla Città della Scienza, di dare una svolta al suo percorso. Perché il nome Alici Come Prima? «Vorrei ci fosse una storia interessante, ma non c'è. Alici come prima l’ho creato la notte del 17 marzo 2013, quando ho appreso la notizia dell'incendio della Città della Scienza. Ai tempi scrivevo su un mensile e avrei voluto dire la mia, ma non potevo perché l’articolo sarebbe uscito troppo tardi. A quel punto sentii il bisogno di essere indipendente su quello che avevo voglia di dire. Quella sera creai la pagina, non avevo idee per un nome da dare e ho quindi pensato ad Alici come prima che, in sostanza, sono le persone diventate squali, famosi e importanti, ma che conservano la genuinità come quando erano piccoli». Come avviene il processo di scelta e pubblicazione dei video? Ti muovi da solo? «Sono assolutamente autonomo nelle mie decisioni nonostante abbia alcuni collaboratori. La mattina guardo le notizie e se qualcosa mi colpisce decido di approfondirla. Oppure, se mi appassiona qualche personaggio come Matty il Biondo o Marco Giordano semplicemente seguo il trend del momento». Nel 2018 entravi a far parte de Le Iene, com’è stata l’esperienza? «Ci sono arrivato smentendo un loro servizio, quello della Blue Whale, dopo una decina di giorni mi contattò in pagina con un profilo falso Davide Parenti che all'epoca non sapevo fosse il capo progetto de Le Iene, quando l'ho scoperto non credevo fosse realmente lui. Mi lasciò il suo

Andrea Rossi

numero e mi disse di chiamarlo, pensavo fosse uno scherzo ma, grazie a una collaboratrice chiamai. Parenti esordì con: "Ho passato una settimana intera a risolvere i problemi in cui mi hai messo, bravo. Se sai fare queste cose, voglio che tu le faccia per me, ti andrebbe di lavorare a Le Iene?". A quel punto gli risposi che era "solo" il sogno della mia vita. Una volta arrivato a Milano è stata abbastanza dura. Ero arrivato smentendo un loro servizio, il capo mi aveva messo lì, loro avevano dovuto lottare per entrare a far parte della redazione. Col tempo poi le cose son cambiate, lì ho vissuto il sogno. Condividevo la stanza con Viviani, Nadia Toffa, Golia. Ricordo un servizio

sull'Afro Napoli: l’avevo proposto il lunedì alle 13 e, una volta approvato, sono venuto a Napoli per girarlo e il martedì alle 21:10 era in onda come primo servizio della puntata. Ho deciso di lasciare per vari motivi, ma quell’esperienza mi è valsa come palestra di vita». Dopo il percorso a Le Iene il tuo approccio è cambiato molto… «Il mio approccio verso le persone è cambiato grazie alle Iene e lo stile è migliorato, ma solo perché non volevo ritornare a fare solo lo stupido. Il mio obiettivo è sempre quello di raccontare la verità a 360° senza però far mancare gli elementi ironici che mi contraddistinguono come la battuta fuoricampo o momenti in cui si sdrammatizza». Nei mesi di pandemia hai proposto un nuovo format... «Tre mesi per dimagrire è stato un bel progetto. Nonostante non abbia avuto tantissime visualizzazioni, 500 mila in totale, chi l’ha seguito l’ha amato. Sul web non esisteva un prodotto del genere, per noi è stata un po’ una sfida. Il percorso di dimagrimento di Mauro – seguito da Gennaro, il nutrizionista – è stato impegnativo, ma divertente. Lui aveva sempre la battuta pronta e, per questo, si è seguito il trait d’union dell’ironia».

Luglio 2021

|

43


M ODA

di Chiara Del Prete

Gender neutral baby e l’identità di genere nell’abbigliamento dei più piccoli

R

osa per le femmine e azzurro per i maschietti è l’associazione cromatica a cui siamo sempre stati improntati sin dalla nascita. Sarebbe strano l’inverso? No, qualsiasi colore è lecito e non deve esistere alcuna forzatura di genere tramite l’uso dei colori. Il movimento descritto è quello del gender neutral baby, diverso e di gran lunga avanguardista rispetto alla moda unisex perché abbatte completamente l’identità di genere nel guardaroba dei più piccini. Ciò non preclude l’eliminazione del genere, attenzione, ma la sua neutralizzazione tramite abiti che non vengono categoricamente identificati come per maschio o per femmina. Colori neutri ma anche colori sgargianti, fantasie idealmente associate ad un sesso vanno bene anche in abiti per l’altro, non c’è differenza. Con l’adozione di questo movimento, il sesso non è cosa tangibile e conseguenzialmente non è discriminante. Adottare questo tipo di scelte aiuta a non incanalare la mente dei bambini su una concezione errata di genere e lascia loro la libertà di esprimersi come meglio credono in futuro. Non c’è pressione psicologica sul dover agire in base al proprio sesso, starà a loro capire come vogliono identificarsi o non identificarsi. L’abbigliamento è vestire un messaggio e il gender neutral baby ne ha uno forte e chiaro: uscire dal binomio rosa-azzurro. Impresa ardua, ma pur sempre valida. Basti pensare agli scaffali dei negozi per bambini in cui c’è l’infinita sfida tra principessa e supereroe, ballerina contro pirati e via dicendo. Il mercato è fermo a stereotipi retrogradi ma la svolta è dietro l’angolo, alcune realtà stanno abbracciando la causa dell’abbigliamento neutrale. Nel 2017 John Lewis, fondatore dell’omonima catena di magazzini, ha preso parte all’attività “Let Clothes Be Clothes” decidendo di bandire le etichette di genere. Anche il marchio Free to be Kids ha proposto una linea d’abbigliamen-

to baby con messaggi alla parità di genere e in colorazioni non stereotipate. Climbing Trees ha pensato alle bambine che amano robot, dinosauri e pirati mentre Handsome in pink ha pensato ai maschi a cui piace il rosa. Il supporto giunge anche dalla cantante Celine Dion che per Nununu ha dato vita a 70 pezzi per bambini dai 0 ai 14 anni al fine di incoraggiare l’uguaglianza dopo aver visitato un reparto di maternità in cui tutto era rigorosamente diviso in rosa e azzurro. Seguire il gender neutral implica sostenere gli adulti del domani nel comprendere quale sia il genere in cui identificarsi maggiormente nonostante la realtà genetica. Raggiungono una consapevolezza maggiore e possono scegliere liberamente come lasciarsi definire se he/him, she/her o they/them. La libertà sull’identità di genere è molto avanti in altri stati rispetto a quanto non sia in Italia dove tali concezioni faticano ad essere semplicemente razionalizzate ancor prima che comprese. Partire da un guardaroba gender neutral è uno step vantaggioso per tutti gli io delle classi future.

Supermercato F.lli Quadrano

Molte coppie educano i propri figli alla scelta sin dalla tenera età, seppur piccolissimi sono gli unici a decidere cosa indossare dinanzi alle opzioni postegli. Attratti da un colore, dalla forma o divertiti da quel capo decidono con il lor fare ingenuo cosa vogliono. Ciò lascia riflettere sulla necessità delle scelte di consumo anche nell’abbigliamento dei bambini, deve essere all’insegna della libertà di manifestare e scegliere secondo il gusto personale. Molti brand non si avvicinano al movimento per timore di esser screditati a discapito di una visione troppo politically correct quando invece si tratta di concedere semplice potere decisionale e libertà. La moda ha già affrontato l’avvenire del genderless a cui tutt’ora la società non è abituata, collezioni senza sesso sono normali per alcuni e inconcepibili per molti. Arrivare ad incanalare questo punto di vista al mondo dell’abbigliamento dei bambini era difficile da immaginare ma non impossibile come dimostra la realtà. Boys e girls sono etichette a sé oggi, col tempo è più che certo si fonderanno sovrastando le barriere di genere.

Viale degli Oleandri, 3 - Località Pinetamare 81030 - Castel Volturno (CE) Tel. 081 5093836

Qualità e cortesia al servizio dei nostri clienti

44

| Luglio 2021


S PORT

di Antonio Casaccio

Allenarsi con costanza per praticare lo sport in sicurezza

P

erché lo sport sia sinonimo di salute è indispensabile arrivare preparati all’appuntamento con l’attività fisica, soprattutto in questo momento in cui stanno calando le restrizioni dovute al contenimento della pandemia e si sta ritornando poco alla volta alla vita cosiddetta “normale”. Questo il primo messaggio lanciato dal team di ortopedici di Humanitas Gavazzeni che hanno partecipato al webinar “Prevenzione e sport. Dal ciclismo al calcio, ripartire in sicurezza” promosso da Ente Mutuo Regionale, la sanità integrativa degli iscritti a Confcommercio delle provincie Lombarde. L’importanza dell’allenamento «Per prevenire i traumi – ha avviato l’incontro online Gennaro Fiorentino, responsabile Ortopedia e Traumatologia di Humanitas Gavazzeni – è essenziale non improvvisare nulla, ma prepararsi fisicamente al ritorno alle attività sportive, anche quelle amatoriali». Anche i cosiddetti sportivi della domenica, quindi, devono praticare la loro disciplina dopo avere svolto un percorso di preparazione qualitativo e graduale, che si sviluppi attraverso un’attenta preparazione fisica, ma anche con il supporto di una corretta alimentazione. L’attenzione del webinar è stata indirizzata su due sport molto popolari e diffusi: il calcio e il ciclismo. «La pratica dell’attività sportiva è in costante aumento, anche per quanto riguarda i più piccoli – ha sottolineato Luca Usai, ortopedico del team di Humanitas Gavazzeni che da più di tre anni segue 400 ragazzi del settore giovanile dell’Atalanta –. Dal punto di vista dei traumi, i calciatori più giovani sono maggior-

mente soggetti a infortuni agli arti superiori, mentre dai 13 anni in su prevalgono quelli agli arti inferiori». Il momento più delicato, Gennaro Fiorentino da questo punto di vista, è quello della crescita, quando le ossa si allungano con grande velocità e lo scheletro e le articolazioni diventano per questo più vulnerabili. Calcio e ciclismo, prima regola non farsi del male Tra tutti, nel calcio, l’infortunio più temuto è la lesione del legamento crociato, quello che richiede più tempo per la guarigione. È un trauma che si verifica sempre più spesso, sui campi da calcio, senza che vi sia bisogno di un contrasto duro: «In questi ultimi anni nei calciatori sono aumentate velocità e forza muscolare – ha aggiunto il dottor Usai – per cui può capitare che i calciatori si facciano male da soli. Uno spiacevole inconveniente che spesso si verifica vicino alle linee di fondo perché in quella zona del campo il corpo percepisce un ostacolo e fa

un movimento contro natura. In caso di infortuni di questo tipo è fondamentale seguire il ritorno in campo degli atleti con percorsi riabilitativi personalizzati». L’attenzione alla preparazione atletica va prestata anche da tutti coloro che si dedicano al ciclismo, sport in grande ascesa perché è uno dei simboli della rinascita post Covid-19 ed è una disciplina che promuove l’eco-mobilità. «I ciclisti si fanno soprattutto male al polso, alla clavicola e al femore – ha spiegato il medico ortopedico di Humanitas gavazzeni Sebastiano Giambartino –. Tra le situazioni da evitare ci sono quelle caratterizzate da overtraining, il cosiddetto sovrallenamento per cui lo sforzo fisico eseguito da uno sportivo supera la sua capacità di recupero. Per quanto riguarda il ciclismo, in particolare, non ci si può limitare ai lunghi percorsi del weekend, senza essersi adeguatamente preparati durante la settimana. Altrettanto importante, per evitare traumi indesiderati è posizionarsi correttamente sulla sella e munirsi delle adeguate protezioni, prima tra tutte il casco».

WhatsApp

WhatsApp

Avv. Dario Desiderio

Avv. Andrea Spina

avv.dariodesiderio@gmail.com

spina.andrea@libero.it

cell.: +39 388 345 48 91

cell.: +39 349 288 06 88

Tributario - Lavoro - Civile

Previdenza - Lavoro - Civile

Piazza delle Feste 81030 - Castel Volturno (CE)

Luglio 2021

|

45


S PORT

di Alessandra Criscuolo

Q

Napoli e il Calcio

Una storia anche al femminile

uando si pensa a Napoli ed al Calcio, vengono in mente nomi come Sivori, Altafini e nella storia recente Maradona, Hamsik e magari Insigne. Ma la storia che in pochi conoscono parla di una tradizione calcistica che parte da lontano e si tinge di rosa. Napoli si può considerare anche la patria del Calcio Femminile italiano e lo si deve ad una donna forte e volitiva: la Baronessa di Torralbo, Angela Attini. La Napoli degli anni ’50 usciva stordita da due guerre e le sue macerie venivano coperte da colate di cemento incontrollate. Il Partito Nazionale Monarchico cercava consensi in una sua apertura coltivando idee repubblicane, fu proprio in quello spirito che la consigliera Attini lanciò l’idea di incoraggiare lo sport femminile con una Lega di calcio. Il sorriso beffardo di Achille Lauro e le risate di scherno accompagnarono quell’avventura fortemente voluta dalla baronessa fino a quando l’AICF (Associazione Italiana Calcio Femminile) non venne sciolta nel 1959 dopo una rissa che coinvolse calciatrici, tifosi, arbitri e tecnici dopo la partita Napoli–Roma. Ma il seme era stato ormai gettato e quelle calciatrici costrette a giocare seguendo le regole fasciste o magari utilizzando abbigliamento maschile, erano state una scintilla importante. Solo nel 1986 la Figc riconoscerà la prima federazione ufficiale organizzando di nuovo il Campionato di Calcio Femminile, ancora oggi il sorrisino beffardo di Achille Lauro aleggia sulle bocche di tanti uomini quando associano donne e pallone. Fino a quel momento, la storia dell’ACF Napoli si perde in un campionato a cui hanno preso parte squadre femminili di tutta Italia. Fino ad arrivare ai giorni nostri. Nel 2003 il calcio femminile a Napoli comincia a pensare in grande, con la nascita dell’A.S Calciosmania Napoli. Inizialmente la società contava una sezione femminile ed una maschile che verrà poi chiusa nel 2005. Dopo la fusione con la Venus Napoli,

nasce la nuova società: l’A.S.D. Napoli Calcio Femminile. Una rosa competitiva e la sicurezza economica data dagli sponsor Carpisa e Yamamay, permettono alle ragazze azzurre di ottenere in breve tempo grandi risultati. In due anni vincono il campionato di Serie B accedendo alla Serie A2 e arrivano ai quarti di finale in Coppa Italia. La grande attenzione prestata al vivaio, permette di allestire ogni anno una squadra competitiva ed i risultati non tardano ad arrivare. Nella stagione 2001/2012, le azzurre guadagnano la finale di Coppa Italia, perdendo solo ai supplementari per 3-2 contro il Brescia, squadra di Serie A. Quel giorno c’erano altre 1500 tifosi arrivati da Napoli nonché Antonio Cabrini, neo allenatore della Nazionale Femminile. Segno dei tempi che finalmente stanno cambiando, di una ritrovata e rinnovata passione per il gioco espresso da queste ragazze. Dopo la riconferma nella massima serie dell’anno successivo, avviene un’involuzione: a partire dai risultati fallimentari della stagione 2013/2014, con la retrocessione in Serie B comincia un periodo calante fino alla discesa in Serie C. Dopo un’ulteriore fusione e vari cambi di denominazione, nasce la S.S.D. Napoli Femminile che ricomincia con forza e tenacia la scalata alle classifiche con la formula innovativa per il mondo del calcio dell’azionariato diffuso. Tanti soci ma anche tanto entusiasmo, come si legge sul sito che racconta la loro storia commovente ed ispiratrice di una passione

@cantieripanaro www.cantieripanaro.it e-mail: canapasrl@virgilio.it Tel./Fax 0823 18 31 089 - Cell. 347 844 13 55 Via dei Martiri - 81030 Castel Volturno (CE) 46

| Luglio 2021

L' A.S.D. Napoli Calcio Femminile

che a Napoli parla di valori autentici ed amore per il calcio. Per la stagione 2019/2020 l’organico è competitivo e le ragazze conducono il campionato solitarie in vetta dalla quinta giornata. A causa della pandemia di COVID-19, il campionato viene interrotto alla sedicesima giornata e la squadra viene promossa in Serie A dopo che la classifica finale viene redatta utilizzando un coefficiente correttivo. Sotto la guida del Mister Alessandro Pistolesi, le ragazze hanno combattuto e si sono guadagnate la permanenza nella massima serie. Le restrizioni dovute alla pandemia, hanno impedito lo spostamento dei tifosi, che pur a distanza non hanno mancato di far sentire il loro supporto ed il loro affetto. Quando finalmente si potrà tornare a tifare sugli stadi allora squadra e appassionati potranno riunirsi e vivere insieme la bellezza di questo sport. Del resto lo spirito di questa squadra si comprende già dalla mission: “Un altro calcio, il nostro calcio, è possibile ed è possibile a Napoli. Il Napoli Femminile è un club che vuole dire la sua e raccontare storie di ragazze e donne accomunate dall’amore per il calcio, per i suoi valori autentici, e per la città di Napoli. Non a caso il nostro slogan è #WeAreNapoli".

OFFICINA AUTORIZZATA


S PORT

di Ludovica Palumbo

Pirati di Nisida… all’arrembaggio!

“N

el 2009 un galeone si schiantò contro l’isola di Nisida riversando sulle spiagge una palla ovale e un’orda di pirati.” È così che si presentano i Pirati di Nisida su tutte le loro pagine social. Chi sono e cosa fanno? L’abbiamo chiesto proprio ad uno di loro: ad un pirata. Come definiresti i Pirati di Nisida, e perché avete scelto proprio questo nome singolare? «Semplice. Siamo un gruppo di fratelli che condividono la loro più grande passione: il rugby. Durante l’estate decidiamo tutti di indossare la nostra seconda pelle, la maglia da rugbisti per trascorrere delle giornate su tutte le spiagge d’Italia all’insegna dello sport, del divertimento e soprattutto di sani valori. Perché ci chiamiamo ‘’pirati’’? Proprio perché come nei romanzi celebri di Stevenson, siamo un gruppo di scapestrati che si divertono ad arrembare le nostre spiagge rispettando rigorosamente il nostro codice d’onore». E qual è la storia che si nasconde dietro il vostro gruppo, come siete nati? «L’idea nasce da un piccolo gruppo di uomini che hanno avuto il coraggio di calciare così forte il nostro pallone che il suo rimbalzo anomalo ed imprevedibile dopo aver toccato tanti

quartieri e scogli, si è fermato proprio al centro della nostra isola. Lì, abbiamo trovato un luogo fantastico dove tanti, troppi scugnizzi napoletani avevano perso la propria bussola, da qui è nata l’idea. Dare a questi ragazzi l’opportunità di conoscere una nuova alternativa, un nuovo punto di vista in cui le regole non rappresentano una privazione ma un modo nuovo per superare gli ostacoli tutti assieme. Proprio da ciò parte il nostro progetto con i ragazzi del carcere di Nisida, un progetto che ha come unico scopo quello di insegnargli il nostro sport, il rugby e tutti i valori e principi su cui si basa». Il 2020 è stato un anno molto difficile, soprat-

tutto per lo sport. Come state ripartendo dopo questo periodo di stallo? «Il Covid 19 ci ha tenuto lontani dalle attività in spiaggia e dalle serate che siamo abituati a passare tutti insieme, ma questo non ha fatto altro che rafforzare i nostri legami e ci ha fatto realmente capire quanto sia importante ed essenziale lo “stare insieme”. La ripresa già è avviata da tempo perché in tutto il periodo siamo rimasti in contatto ed abbiamo trovato nuovi modi per autofinanziarci, studiando nuove tattiche per superare gli avversari. E notizia ancora più bella è che a breve riprenderanno gli allenamenti in spiaggia ed in progetto c’è l’intenzione di assaltare una spiaggia del sud Italia!» I Pirati rappresentano una vera e propria famiglia per ciascun membro e come aggiunge il nostro pirata intervistato, la loro speranza è che i nuovi pirati possano trovare il loro porto sicuro in cui sentirsi sempre ben accetti e dove non esistono pregiudizi, dove ognuno può essere ciò che vuole, un luogo dove ci sarà sempre qualcuno al tuo fianco pronto a dare il cuore per te. Non solo uno sport, ma una vera e propria opportunità di riscatto sociale. Per tutti.

Emanuele Marigliano di Grazia Sposito

campione nel nuoto e nella vita

Medaglia d’oro ai campionati Europei di nuoto a Madeira, in Portogallo

E

manuele Marigliano, medaglia d’oro ai Campionati Europei di nuoto a Madeira, è l’esatta dimostrazione che i limiti possono essere superati. Con la medaglia d’oro al collo e lo sguardo fiero di voler vincere tante altre competizioni di vita, sia che dentro che fuori dall’acqua, ecco che sono riuscita a strappare l’intervista al campione europeo paralimpico: Lo scorso 16 maggio hai vinto la medaglia d’oro ai campionati Europei di nuoto a Madeira, in Portogallo nella specialità 50 metri rana. Cosa ricordi di quel momento? «Posso dirti, adesso che è passato un po’ di tempo e sto metabolizzando quei giorni riesco più a ricordare tutte le emozioni vissute. Del 16 maggio, il giorno della gara, ricordo quasi tutto alla perfezione: in realtà ricordo più i momenti precedenti alla gara, soprattutto la mentalità per restare sul pezzo anche nei momenti più difficili. Anche perché, è un qualcosa che lì per lì non realizzi subito, rimasi sotto shock dalla

Emanuele Marigliano

felicità. Un’emozione troppo forte che non si può esprimere a parole». Credo che tu sia un esempio per tantissimi giovani, un simbolo per chi ha delle abilità come le tue. Pensi che lo sport contribuisca a far esprimere il meglio di sé stessi, a perfezionarsi, a resistere, a raggiungere una determinata meta? «Con questa domanda hai centrato proprio il

punto, come si suol dire. Perché io sono un ragazzo che ha iniziato a nuotare, perché cercava qualcosa per mettersi in risalto e per dimostrare che qualsiasi persona nell’ambiente giusto può mettere in risalto le sue qualità. Quindi, sì lo sport può contribuire a fare esprimere una persona al meglio. Così come lo sport, ma anche in qualsiasi altro campo, basta solo trovare la strada giusta, secondo me, e capire poi quali sono le idee e gli obiettivi che una persona si pone». Lo sport può essere considerato una metafora della vita? «Mi chiedi se lo sport può essere considerato una metafora della vita, secondo me sì. Perché nello sport ci sono i sogni, ci sono gli obiettivi, ed uno si impegna per raggiungere questi obiettivi ed ogni persona trova una metafora da associare al suo percorso. “Dai una possibilità ai tuoi sogni. Non te ne pentirai. Non sto dicendo che non soffrirai. Non sto dicendo che non fallirai. Sto dicendo che non te ne pentirai”». Luglio 2021

|

47


S PORT

di Francesco Cimmino

S

i è svolta domenica 6 giugno in Piazza Vanvitelli a Caserta, la prima manifestazione nazionale di Jujitsu, grazie all’impegno dell’Unione Sportiva ACLI, in sinergia con il CONI, la Croce Rossa Italiana, la Protezione Civile e l’amministrazione comunale di Caserta. Ad accogliere gli atleti e gli spettatori, la neopresidente regionale dell’US ACLI della Campania Francesca Dattilo, che si è detta fiduciosa per una ripartenza ormai necessaria, soprattutto per quei quartieri dove già di norma è più difficile portare lo sport. «La gente ha voglia di normalità, e noi, con i protocolli anti COVID che abbiamo preparato e sottoposto al CONI, siamo pronti a superare lo scoglio della pandemia» ha detto Alessandro Pepe, delegato nazionale dell’US ACLI. Durante la manifestazione gli allievi delle scuole campane hanno sfidato gli atleti di Latina, Roma, Grosseto, Brescia e Bergamo, dando vita ad una dimostrazione sportiva eccitante, dove i curiosi osservatori hanno potuto avere

un assaggio della disciplina del Jujitsu nelle sue varie forme. Esaltanti le prove agonistiche, dove ragazzi, ragazze e adulti di tutte le età hanno combattuto alacremente, ma sempre con rispetto dell’avversario, come la disciplina insegna. Ma non solo. I Maestri partecipanti hanno potuto chiudere delle “situazioni in sospeso” che si protraevano da prima dell’inizio della pandemia: la consegna dei Diplomi di Dan agli allievi e dei Tesserini Arbitraggio. Con loro siamo riusciti ad approfondire i valori e le caratteristiche del Jujitsu. 48

| Luglio 2021

US ACLI. Lo sport riparte dal Ju Jitsu Antonio Pitocchelli, Maestro di Sant’Arpino, che ha spiegato loro come nel suo gruppo si tenti di mettere a confronto tre realtà del jujitsu: tradizionale, agonistico e moderno. In merito alla disciplina tradizionale Francesco Pariselli, Maestro di Rocca d’Evandro, ha spiegato che tra i 170 stili millenari, con la sua scuola si occupa di trasmettere il Gōjū-ryū, della Durezza (Gō) e della Cedevolezza (Jū). «Siamo orgogliosi di tenere in vita quest’arte che era la tecnica di combattimento dei samurai e degli shogun giapponesi». Antonio Carleo, Maestro di Salerno, è stato tra gli ideatori della formula agonistica di questo sport, scrivendone anche il regolamento. «Sono circa 30 anni che disputiamo gare, ma solo ora sta cominciando a prendere piede anche a livello internazionale». Ed infatti a questo proposito abbiamo sentito alcuni atleti, giovanissimi, che sono già campioni di rilievo; Luigi Marrandino, di Cesa, ha 16 anni ed è campione regio-

Francesca Dattilo, presidente US Acli Regione Campania

nale e nazionale, mentre Carmine Mennillo, di Cardito, ha 17 anni ed è stato campione mondiale nel 2014. «Questo sport mi piace perché ti insegna la disciplina. Ho imparato ad agire con la mente e non con l’istinto, e ciò influisce molto sulla mia vita sociale» – dice Carmine. Mentre Luigi ci tiene a precisare quanto quest’arte marziale abbia cambiato la sua vita, aiutandolo a superare momenti difficili, quando nessuno lo appoggiava. Ed ecco che la US ACLI con questo evento vuole mandare un messaggio forte per ricordare che gli enti di promozione sportiva di non si sono mai fermati, nemmeno davanti alle ombre del-

la pandemia. Gli EPS sono rimasti sempre attivi, soprattutto nei quartieri e nelle zone più degradate, dove c’è bisogno di inclusione. «Siamo abituati a non lasciare nessuno indietro» – tuona Francesca Dattilo - «e sappiamo che questa crisi ha portato i presidenti ad affrontare problemi economici e sociali». Dunque ci auguriamo che da questo momento si possa ripartire serenamente. Dobbiamo tornare a credere di poter fare attività sportiva, con i protocolli adeguati, ma senza paura. Ne abbiamo bisogno tutti, dai più piccoli ai più anziani. VIVA LO SPORT!


D IRITTO

di Armando Rossi

I

l Decreto Rilancio, nell’ambito delle politiche di sostegno al settore del lavoro, ha introdotto per i contribuenti la possibilità di beneficiare di de trazioni fiscali, nella misura del 110%, per interventi di ristrutturazione volti al recupero del patrimonio edilizio insistente sul territorio nazionale, da conseguire tramite l’efficientamento energetico degli edifici (cd. “Ecobonus”), a patto che all’esito degli interventi si consegua un miglioramento di almeno due classi energetiche, nonché per interventi antisismici (cd. “Sismabonus”). Ciò che ha reso tale bonus fortemente appetibile per i contribuenti, probabilmente anche più dei bonus già esistenti in materia di ristrutturazione edilizia, è la possibilità di cedere il credito d’imposta che viene loro riconosciuto per le spese sostenute nell’arco di tempo che va dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Con tale sistema, si è reso particolarmente agevole l’accesso alle detrazioni per i contribuenti, i quali, usufruendo del cd. sconto in fattura, possono dare avvio ai lavori senza sostenere spese per gli stessi, mentre le imprese cessionarie recupereranno il loro credito di imposta, pari al 110% dello sconto applicato in fattura al contribuente, nei brevi termini stabiliti dalla legge. Certo, l’accesso a questo beneficio fiscale, data l’onerosità dello stesso per lo Stato, è condizionato, oltre che al rispetto di tutte le norme dettate per la conformità urbanistica ed edilizia degli edifici – come previsto per ogni bonus volto al recupero del patrimonio edilizio – anche all’assolvimento di tutti gli oneri e gli adempimenti previsti dalla normativa in materia, con particolare riguardo alle varie circolari emanate sul tema dall’Agenzia delle Entrate, ragion per cui si rende utile l’ausilio di un professionista. Si rileva, inoltre, un forte potere di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate e dell’E.N.E.A., ente pubblico preposto alla vigilanza sul rispetto delle norme. Il Superbonus diviene ancora più interessante laddove si ponga l’accento

Ecobonus: un vantaggio fiscale e sociale Detrazioni al 110% e rilancio del lavoro nelle misure del Decreto Rilancio

non solo sul suo scopo di tutela ambientale, ma anche sulle sue finalità sociali. Esso rappresenta un’opportunità unica nel suo genere per far risorgere le periferie attualmente più degradate e soggette a una forte depressione economica, abitate da cittadini meno abbienti, per i quali sostenere ingenti spese per interventi di ristrutturazione edilizia di certo non sarebbe una priorità. Osservando il fenomeno da un punto di vista giuridico e più strettamente costituzionale, possiamo certamente ritenere il Superbonus come uno degli interventi legislativi volti a promuovere l’uguaglianza sostanziale dei cittadini della Repubblica, come prevista dall’art. 3 della nostra Carta fondamentale, consentendo anche ai cittadini che non hanno sufficienti mezzi economici per sostenere le spese volte al recupero del patrimonio edilizio, di godere di immobili ristrutturati ed efficienti da un punto di vista energetico, nonché più stabili e sicuri da un punto di vista sismico ove si sia optato per la fruizione del cd. Sismabonus, anche in contesti periferici storicamente complicati e degradati – come ad esempio Pinetamare - riqualificando gli stessi partendo da un miglioramento del loro aspetto esteriore e funzionale, valorizzando gli edifici già esistenti e incrementando il loro valore. Insomma, l’iniziativa legislativa, che si affianca a consimili istituti già previsti dalla legge che anche hanno riscosso un discreto successo tra i cittadini (si veda il cd. Bonus Facciate, ad esempio) – nonostante qualche ostacolo burocratico superabile tramite l’ausilio di un professionista – è sicuramente da rinnovare anche per i prossimi anni, in quanto consente uno slancio del settore dei lavori edili nonché dello stesso mercato immobiliare, dato che un immobile ristrutturato ed energeticamente efficiente può godere di certo di una domanda certamente più ampia, soprattutto ove lo si consideri posto in zone in via di riqualificazione, per le quali essa parte proprio da un recupero del patrimonio edilizio. Luglio 2021

|

49


50

| Luglio 2021


N

el 2002 il territorio di Castel Volturno vedeva nascere un piccolo giornalino: Informare. Creato da Tommaso Morlando, Fabio Russo, Angelo Morlando, Aldo Spinelli e tanti volontari che ancora oggi ci sono vicini, questo piccolo cartaceo divenne presto un giornale di denuncia agli orrori che avvenivano quotidianamente sul litorale domitio. Erano gli anni in cui sul territorio padroneggiava il clan dei casalesi, sostenuti da una vergognosa accondiscendenza politica, e Castel Volturno era un vero e proprio fortino senza regole per i camorristi. Pensate che questo piccolo giornale, animato da giovani e professionisti del territorio, denunciò spesso solitariamente gli ecoreati che stavano letteralmente uccidendo i castellani. Il traffico illecito di rifiuti, la corruzione e le gare d’appalto a vantaggio delle aziende vicine al clan erano solo alcune tra le maggiori schifezze che i cittadini di Castel Volturno hanno subìto. Tanti i momenti difficili che questa redazione, unica sul territorio, ha attraversato: la paura e i dubbi di lasciare, sono riflessioni normali per chi ha nel cuore una lotta leale, svincolata dal profitto. Non sappiamo se sia “antimafia” e non ci è mai interessato essere categorizzati nelle file di “quelli o quegli altri lottatori”; siamo sempre andati avanti a testa bassa, senza mai ergerci a paladini, ma continuando a fare rete con le realtà sociali sane del nostro territorio. Oggi il tempo è cambiato, qui a Castel Volturno non c’è più un “Setola” a far fuoco e fiamme, nuove sensibilità crescono, particolarmente quella ambientale, ed è un risultato straordinario dato da una risposta diretta della Giustizia (oggi affievolita). Sono passati quasi vent’anni dalla nascita di Informare e, oggi, ben 60 giornalisti da tutta Italia continuano a scrivere le pagine di questa storia straordinaria.

Il Premio "European Award investigative and judicial journalism"

I ragazzi del territorio sono diventati giornalisti, professionisti e il ricambio generazionale ha fatto sì che quella che era una piccola realtà diventasse punto di riferimento giornalistico per tanti giovani. Gli aspiranti giornalisti di Informare sanno di trovare una realtà credibile e libera dalle logiche di profitto/silenzio che attanagliano il giornalismo dei nostri territori (fatte salve lodevoli eccezioni). Tante le interviste realizzate, le inchieste condotte e gli speciali elaborati; lasciamo ai nostri

lettori giudicare e analizzare i contenuti del nostro cartaceo e della testata web Informareonline. Questo mese aggiungiamo un’altra pagina al nostro racconto. Dopo la vittoria del “Premio europeo di giornalismo giudiziario e investigativo 2018”, patrocinato da Camera dei Deputati – ARS – Corecom Sicilia, siamo orgogliosi di annunciare un riconoscimento assegnatoci nel 2019, ma che riceviamo solo oggi fisicamente causa covid. Le inchieste e il lavoro della nostra testata web “Informareonline” sono state premiate con “European Award investigative and judicial journalism”, a cui abbiamo preso parte il 22 novembre del 2019 al Palazzo Reale di Napoli, premiati con Istituzioni come EuroJust e giornalisti di altissimo calibro. L’edizione del 2019 era dedicata alla memoria di Nadia Toffa, giornalista in prima linea che ha svolto un lavoro lodevole anche nei nostri territori. Il lavoro di Nadia contro le ecomafie resterà sempre un punto di esempio per i nostri giovani ed è sulla base di tale impegno che ogni giorno focalizziamo il lavoro della redazione. I premi fanno sempre piacere e la sensibilità del Presidente Massimo Scuderi alla nostra realtà ci riempie di orgoglio. Non è facile dar spazio e riconoscimento ai giovani, soprattutto qui in Italia, davanti a tale constatazione la scelta del dott. Scuderi di sostenere moralmente il nostro impegno è un faro di speranza. Chi ci conosce sa che non amiamo autocompiacerci, ma riteniamo giusto condividere con i nostri lettori (da sempre i nostri primi sostenitori) dei bei traguardi che Informare sta raggiungendo. Grazie a tutti coloro che ci seguono e che ci sostengono, da parte nostra resta l’impegno nel continuare una mission iniziata 19 anni fa e che ha ancora strada da fare. Senza mai piegarsi.

Luglio 2021

|

51

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

La Redazione

I TRAGUARDI CHE CI SPINGONO OLTRE


di Antonio Casaccio

Superbonus «occasione straordinaria per i Comuni» Il Senatore Agostino Santillo suona la sveglia al governo Draghi e interviene sulla proroga

L

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

a misura del Superbonus 110% sembra mettere tutti d’accordo: aziende, ambientalisti e cittadini, anche se si registrano ancora lievi perplessità da parte dei professionisti. Quest’ultimi, anche se timorosi sul carico burocratico e sull’efficienza degli uffici tecnici dei comuni, continuano a esprimere il proprio benestare ad una misura che rilancerebbe in un solo colpo occupazione e settore edile. Il Superbonus incide positivamente sulle finanze delle famiglie italiane, che possono ristrutturare ed ammodernare a costo zero le proprie abitazioni. Su tutto il territorio si registrano investimenti e avvii di cantieri che fanno ben sperare, anche se un grande rebus resta: la proroga. Per aggiornarci sul dibattito parlamentare inerente il Superbonus e le modifiche a cui si sta pensando, abbiamo invitato in redazione e intervistato il senatore del MoVimento 5 Stelle, Agostino Santillo, tra i principali promotori della misura sul territorio casertano. Senatore Santillo, quali passi in avanti con la proroga del Superbonus? «Quando il Superbonus 110% divenne legge, la norma prevedeva la scadenza per il 31 dicembre 2021. Davanti a questo vecchio limite, bisogna tener conto che la legge fa riferimento alle spese sostenute e non ai lavori svolti. Questo è un aspetto molto importante perché significa che se un cittadino arriva con l’affanno per il termine dei lavori, potrà sempre anticipare la spesa all’impresa, entro il termine stabilito, e completare i lavori anche qualche mese dopo. Rispetto alla scadenza abbiamo fatto dei passi in avanti, con una prima proroga al 30 giugno 2022 per tutti gli interventi. Come MoVimento 5 Stelle abbiamo fortemente voluto intestarci la battaglia parlamentare per l’ottenimento della proroga, perché riteniamo sia una questione prioritaria, anche rispetto all’ampliamento del Superbonus alle altre strutture. Non lo facciamo perché quest’ultime sono meno importanti, ma per dar maggiore forza e continuità ad un discorso di giustizia sociale imprescindibile, dato che, al Superbonus, il cittadino può accedere indipendentemente dal reddito». Quindi quali sono precisamente le scadenze? E c’è la volontà del governo di andare verso una proroga? «Gli edifici unifamiliari hanno scadenza al 30 giugno 2022, i condomini e i plurifamiliari al 31 dicembre 2022 e le ACP (o ONLUS della stessa tipologia) al 30 giugno 2023, se hanno fatto almeno il 60% dei lavori. Noi vorremmo arrivare alla scadenza del 31 dicembre 2023 per tutti e lo stesso Draghi ha già dato il suo consenso, a meno di sorprese possiamo ritenerla “cosa fatta”. Mi si potrà dire che le banche non si ba52

| Luglio 2021

Il senatore Agostino Santillo al Centro Studi Officina Volturno

sano sulla parola del Presidente del Consiglio e, infatti, la nostra priorità è garantire questa proroga prima della Legge di Bilancio; è solo un problema di coperture economiche, ma è importante dare garanzia ai cittadini prima della fine dell’anno. Dal canto mio lo dico chiaramente: per me questo è un atteggiamento ingiusto. Se siamo tutti d’accordo è deleterio far aspettare cittadini, imprese e banche per 7 mesi, anche perché attuare la proroga prima della Legge di Bilancio significa dare uno slancio differente ai cantieri attualmente aperti e a lavoro. La nostra richiesta, però, resta una proroga quinquennale fino al 2025…per noi è un passaggio essenziale per garantire programmazione e interventi decisivi». Cosa vuol dire, in termini di vantaggi per le aziende e i professionisti, avere la certezza della proroga prima della fine del 2021? «Ci dà la possibilità di pianificare, anche perché le imprese sono già full. Questo discorso vale certamente per i nostri territori che sono ricchi di piccole e medie imprese, mentre sono pochi i grandi colossi che possono permettersi di costruire “mega parchi”. Ci vuole questa stabilità perché se arriva un grande investitore per imponenti lavori e vuole subappaltarlo ad un’azienda locale, magari si vede rifiutata l’offerta da quest’ultima perché già impegnata in altri lavori. Ovviamente lo scenario cambia se si ha una prospettiva di 5 anni utile per la programmazione». Cosa potrebbe portare il Superbonus ai comuni e alle loro casse? «I comuni se non sfruttano la situazione perde-

ranno una grande possibilità. Le tante sanatorie possibili, i condoni che potrebbero potenzialmente essere evasi e tutte le pratiche di Superbonus da portare avanti con gli oneri che ogni cittadino paga, diverrebbero un indotto davvero decisivo per le casse comunali. Un comune attento e capace potrebbe davvero rilanciare il proprio bilancio comunale con questa misura». Ampliare il Superbonus è possibile? «Vogliamo assolutamente ampliarlo. Nel dl Semplificazioni è previsto l’accesso al Superbonus 110% anche per interventi su immobili rientranti nelle categorie catastali B1, B2 e D4, tali categorie attengono al servizio socio sanitario. Vorremmo l’ampliamento agli interventi di bonifica e alle spese per la diagnostica sia energetica che sismica». Ci spiega la novità determinante riguardante la CILA? «Una prima novità è che dal 31 maggio 2021 il Superbonus è riconosciuto anche per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche, quando ci sono persone che abbiano almeno 65 anni. Ma la cosa più importante, emendamento a mia prima firma per tre disegni di Legge, è la sburocratizzazione. Il dl Semplificazioni, infatti, sancisce che gli interventi del Superbonus, escluso abbattimento e ricostruzione, costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante la “Comunicazione di inizio lavori asseverata” (CILA). Cerchiamo di superare anche il problema della doppia conformità urbanistica perché scriviamo: “nella CILA sono attestati gli estremi per cui è stato realizzato quell’immobile”. Quindi il tecnico non deve allegare il permesso per co-


berghi? «Al momento è solo un problema di capienza economica. La nostra idea è di dare possibilità di accesso al Superbonus a tutte le struttura ricettiva, in modo tale che possano usufruirne alberghi, B&B, Case vacanze... insomma tutta la filiera». Quale opposizione sta incontrando la misura? «Abbiamo tante resistenze politiche dato che è un provvedimento di bandiera di una forza politica, al pari del Reddito di cittadinanza. Purtroppo i partiti si fermano al fatto che la proroga diventi una vittoria del MoVimento 5 Stelle, ed è molto triste vedere che questa proroga davvero essenziale (dal 2021 al 2023 n.d.r.) non trovi riscontro per futili motivi. Addirittura ci sono colleghi parlamentari che

vengono meno alle discussioni, in commissione come in Aula. Noi andiamo oltre questi steccati e ribadisco che la visione ultima del MoVimento non è il Superbonus». E quale sarebbe l’obiettivo ultimo? «La premessa è che fino al 31 dicembre 2023 è valida anche la cessione e la circolazione dei crediti di altra natura (crediti per mobili, bonus facciate, bonus sisma). Anche questi crediti possono essere messi in circolazione, non solo quelli del Superbonus 110%. Di conseguenza il nostro obiettivo si concentra nella creazione di una piattaforma per il riconoscimento, certificazione e cessione dei crediti. In questo modo potrà avvenire il loro riconoscimento in moneta fiscale: sarebbe una rivoluzione».

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

struire, io devo solo attestarlo. Altra novità è che questa possibilità si estende ai fabbricati costruiti prima del 1967. Attenzione: specifichiamo che la CILA non richiede attestazione dello stato legittimo, un modo per agevolare i professionisti coinvolti nel Superbonus». Quali sono le difficoltà che sta riscontrando il Superbonus al Sud? «I problemi sono due. Il primo è che la mancanza di una reale risposta della pianificazione urbanistica territoriale ha fatto sì che si potesse costruire anticipando la pianificazione, fenomeno che al nord è molto più lieve. L’altro limite è la farraginosità e la lentezza dei nostri uffici tecnici; nella Legge di Bilancio 2020 abbiamo dato la possibilità ai comuni di contrattualizzare, in deroga al Patto di Stabilità interno del comune, una risorsa per garantire un’attività tecnica di supporto alle pratiche del Superbonus. Purtroppo a tali problematiche si è aggiunta anche la crisi covid». Quale impatto ha avuto e avrà il Superbonus sul settore edile? «Favorirà l’occupazione e il settore delle costruzioni. Non dimentichiamo che i lavori edili hanno un indotto pari a circa 4, cioè: su 1 euro che lo Stato spende nel settore delle costruzioni edili, si ha un ritorno economico sul territorio pari circa a 4 euro. È un indotto davvero importante e di ampia prospettiva. È dimostrato che l’Italia, grazie al Superbonus, è l’unico Paese europeo in cui il settore delle costruzioni edili è in crescita anche rispetto ai periodi pre-covid». Il Superbonus 110% sarà esteso anche agli al-

A favore della legalità e dell’ambiente Raccolta, trasporto e smaltimento / Recupero di tutti i rifiuti speciali e pericolosi Gestione impianti trattamento rifiuti / Disinfestazione, derattizzazione e disinfezione Sistema di videoispezione di condotte fognarie / Bonifiche ambientali Intermediazioni / Consulenza ambientale

Le aziende del Gruppo Ucciero sono certificate per la Qualità secondo ISO 9001:2008 e per la Gestione Ambientale ISO 14001:2004

SP 333 ex SS 264 Km. 3.100 - 81030 - Castel Volturno (CE) www.gruppoucciero.com | info@gruppoucciero.com Tel. 0823 764384 - 0823 766607 | Fax 0823 764412 Luglio 2021

|

53


di Rossella Schender

“Il lungomare non è una discarica” La denuncia dei Fire Angels

F

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

acente parte di quella che viene definita la “Terra dei fuochi”, Castel Volturno si macchia quotidianamente di crimini contro l’ambiente come lo sversamento illegale dei rifiuti e i conseguenti roghi tossici che, come più volte è stato sottolineato, diffondono diossina e altri gas inquinanti nell’atmosfera. È stato appurato, nel corso degli anni, che la presenza di questi cumuli di rifiuti causi un importante incremento nello sviluppo delle malattie oncologiche. Per far fronte a questo tipo di problematiche e risvegliare il senso di civiltà dei cittadini nasce un anno fa, proprio sul territorio di Castel Volturno, l’Associazione Fire Angels. L’attività di Daniela Zuccaro, presidente pro-tempore dell’Associazione, e di tutto il corpo dei Fire Angels, si concentra quindi sulla vigilanza – attiva 24 ore su 24 – del territorio castellano. Nel corso degli ultimi mesi si sono impegnati in un programma di bonifica per ripulire il lungomare di Baia Verde dalla noncuranza dei più. Decine di volontari di ogni fascia d’età si sono impegnati in quest’attività per ridonare dignità a quelli che dovrebbero essere i tratti caratteristici delle nostre zone: il litorale e le spiagge. La bonifica del territorio è avvenuta nel corso di cinque appuntamenti a cavallo tra il mese di maggio e quello di giugno contando ben oltre 40 ore di duro lavoro. Nonostante l’impegno dimostrato da una fetta di popolazione – soprattutto di giovane età – i Fire Angels hanno dovuto far fronte all’inciviltà di alcuni castellani che, già nei giorni successivi al primo intervento nella zona, hanno dato prova della mancanza di senso civico e rispetto nei confronti dell’ambiente depositando nuovamente rifiuti nella pineta adiacente al lungomare.

I volontari dell'Associazione Fire Angels

L’assenza del servizio di pulizia di spiagge e lungomare nel contratto stipulato tra l’amministrazione locale e la ditta che si occupa di raccogliere i rifiuti sul territorio, spinge i Fire Angels oltre che a organizzare azioni di bonifica, anche alla denuncia affinché questo aspetto cambi. Proprio questo forte senso di giustizia ha scosso qualcosa all’interno dell’amministrazione locale che, rappresentata dal Comandante del Corpo di Polizia Locale, Dott. De Simone Domenico, ha deciso di stipulare una convenzione con le associazioni locali che si occupano della salvaguardia del territorio per tutelare e agevolare il loro operato. La collaborazione si snoda su diversi punti che indicano l’impegno della Onlus all’individuazione e segnalazione agli organi competenti della presenza di rifiuti sul territorio di Castel Volturno e segnalazione di siti ad alto rischio di roghi tossici; una campagna di sensibilizzazione circa la raccolta differenziata, mediante il porta a porta, e con l’allocazione di gazebo

Sistemi Digitali Monocromatici e Colore Plotter Cancelleria & Materiali di Consumo Arredo & Accessori per Ufficio Display per Videowall e Digital Signage Impianti Telefonici NON VENDIAMO PRODOTTI, OFFRIAMO SOLUZIONI EUROFFICE SRL

www.eurofficesrl.com - Tel 081 5768017 EUROFFICE S.r.l. è in Via del Mare, 55 - 80016 - Marano di Napoli (NA)

54

| Luglio 2021

informativo; un’attività di monitoraggio delle spiagge libere durante il periodo estivo oltre che la pulizia e il controllo dell’arenile; l’affissione nelle bacheche istituzionali di avvisi, circolari e manifesti – di cui la maggior parte per iniziative culturali –; un’attività di interesse generale circa la presentazione e realizzazione di progetti inerenti all’attività di Protezione Civile finalizzati alla divulgazione della “cultura della Protezione Civile”; e, infine, la tutela di parchi e strutture pubbliche. La presidentessa, Daniela Zuccaro e il suo vice, Maurizio Fabiani, si sono dichiarati molto entusiasti: «questa convenzione ci permette di intervenire, nel caso in cui c’è un’evidente violazione del rispetto dell’ambiente, con più serenità. Continueremo pertanto a impegnarci, speriamo solo in più collaborazione da parte della comunità». Queste le loro parole circa questa convenzione che tutelerà il loro attivismo oltre che affiancarli nei percorsi di vigilanza e denuncia.


La tartaruga “caretta caretta” sceglie ancora il litorale domitio

Uno spettacolo naturale avvenuto sulle spiagge di Castel Volturno

C

onsiderando fenomeni come inquinamento, bracconaggio, perdita e degradazione degli habitat nonché cambiamenti climatici, la tematica legata all’estinzione resta particolarmente attuale. Pinguino imperatore, orso polare, panda gigante, sono solo alcune delle specie che ogni giorno combattono contro l’annientamento dei loro simili. Tra le varie, quella che prenderemo in considerazione oggi è invece la tartaruga marina comune, detta anche tartaruga “caretta caretta”. Proprio questa specie è solita scegliere il litorale domitio per la deposizione delle sue uova, un evento affascinante e che ci spinge a salvaguardare maggiormente le ricchezze naturali dei nostri territori. La “caretta caretta” è stata vista sulle nostre spiagge lo scorso 18 giugno, suscitando l’attenzione di attivisti ambientali e di tecnici che hanno appurato la deposizione di ben 90 uova di tale esemplare. Volendo annotare qualche dato sulla “caretta caretta”: la lunghezza del corpo di questa tartaruga, una volta divenuta adulta, varia tra gli 80 e i 140 cm, per quanto riguarda il peso è compreso in media tra i 100 e i 160 kg, con una durata media di vita posta tra i 30 e i 60 anni, anche se i dati sono insufficienti e si tratta di stime approssimative. Il loro carapace è formato da 5 coppie di placche cornee, che presentano colorazioni rossastre e verdognole, che fuse tendono a formare i cosiddetti solchi. Gli esemplari maschi possiedono, rispetto alle femmine, un artiglio ricurvo, posto sulla zampa anteriore, usato durante l’accoppiamento. In prossimità degli occhi questi meravigliosi esemplari di “caretta caretta” sono caratterizzati da ghiandole cui compito è l’eliminazione del sale dall’acqua marina per berla. Si tratta di rettili onnivori che si nutrono di una vasta gamma di

Le uove della tartaruga sulla spiaggia di Castel Volturno

pietanze tra cui alghe, piante acquatiche, granchi, gamberetti e ricci di mare. Parlando in termini europei, la concentrazione massima di questo esemplare è presente nella zona del Peloponneso, e le coste

turche. Ogni nido è composto da circa un centinaio di uova, la produzione di ormoni sessuali, testosterone ed estrogeni, è regolata dalla temperatura a cui sono sottoposte le uova e di conseguenza anche il sesso della tartaruga dipenderà da essa. Il riscaldamento globale ha ripercussioni notevoli per questa specie. Per saperne di più ci sia-

mo rivolti al giornalista castellano Vincenzo Ammaliato, che si è interessato della questione. Vincenzo ci sono stati avvistamenti in Italia negli ultimi anni? «Il primo nido di “caretta caretta” è stato avvistato nel 2001 a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Lo scorso anno in Cilento si sono registrati ben 21 nidi. Rilevatori satellitari hanno individuato che queste specie di tartarughe prediligono le coste casertane». Allora come spieghi tutti questi avvistamenti negli ultimi anni nel salernitano e nessuno nei 50km lineari e facilmente accessibili della spiaggia casertana? «Presenza antropica, inquinamento, pesca intensiva e l'utilizzo di mezzi meccanici da parte dei lidi sono una minaccia per la nidificazione di questi esemplari. Molto spesso capita che le attività balneari non si accorgano di arrecare danni ai nidi di “caretta caretta” attraverso l'uso di determinati strumenti, altre volte non vengono volontariamente segnalati i nidi per timore che venga bloccata l'attività balneare quando al contrario si tratta di una vera e propria opportunità che diventerebbe un'attrazione turistica». Ho letto a riguardo di un marchio di sostenibilità ambientale, di cosa si tratta specificamente? «Serve per tutelare questa specie animale. Ponendo determinati paletti per salvaguardare queste tartarughe si proteggono anche numerose specie animali e vegetali. La fascia casertana è uno scrigno di biodiversità che è stato attaccato dal sacco edilizio, fortunatamente ha saputo mantenere la sua singolarità senza subire particolari danni. Il nostro patrimonio naturalistico non è morto, può essere recuperato rispettando fauna e flora ma soprattutto noi stessi, traendo vantaggi ecologici ed economici. Fino al secolo scorso si pensava che lo sviluppo economico fosse dovuto al cemento, ma come abbiamo assistito si tratta di un tentativo fallimentare, bisogna puntare sulla natura». Luglio 2021

|

55

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

di Roberto Sorrentini


di Antonio Casaccio

Castel Volturno: tra crisi e rebus PUC Il Sindaco Luigi Petrella spiega le motivazioni dietro le sue dimissioni

C

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

he Castel Volturno sia un Comune difficile non vi è dubbio, ma se ad una situazione già complessa si aggiunge una politica litigiosa e che ha difficoltà concrete ad operare, allora la strada diventa tutta in salita. È quello che sta accadendo all’amministrazione di Luigi Petrella, che il 19 giugno scorso ha ritirato le dimissioni dalla carica di Sindaco. Un gesto estremo dettato dall’ennesima crisi della maggioranza, a un dibattito interno estremamente criptico per i castellani, ma che influenza inevitabilmente la loro vita pubblica. Una maggioranza ferma al palo delle discussioni è inevitabilmente inefficace a risolvere le problematiche che il territorio si trova quotidianamente a vivere. Per comprendere i motivi delle sue dimissioni e la tabella di marcia per una nuova Giunta, abbiamo intervistato il Sindaco di Castel Volturno Luigi Petrella. Quali sono stati i reali motivi della crisi? «La crisi c’è stata perché in tanti anni di amministrazione non siamo ancora riusciti a creare squadra ed era proprio quello che io ho denunciato: mancava affiatamento e fiducia, c’era diffidenza. In una situazione del genere, senza il sostegno di una squadra, veniva a mancare la base per affrontare le problematiche del territorio. E questa unilateralità non era una cosa da poco». Le discussioni interne erano politiche o no? La minoranza vi ha attaccato affermando che la crisi deriva da interessi personali... «Molte discussioni provenivano dalla mancanza di comunicazione: in alcune fasi dell’attività amministrativa c’è quell’azione che deve essere fatta subito e se non c’è coordinamento tutto diventa impossibile, ovviamente questo è causa di litigi. La maggior parte delle discussioni erano, dunque, organizzative, mentre c’era una minoranza di discussioni a livello politico, ma riuscivano a chiarirsi facilmente an-

56

| Luglio 2021

che quando c’erano due punti di vista differenti. Spero che questo sia servito a far sviluppare una certa maturità in alcuni consiglieri alle prime armi, per riuscire ad adempire ai compiti che gli si chiedono e per riuscire anche ad affrontare le discussioni in maniera diversa rispetto agli atteggiamenti precedenti». La crisi ha portato con sé anche le dimissioni dell’assessore al bilancio Paolo Barca, ci spiega? «Quest’amministrazione aveva bisogno di una revisione della giunta. L’assessore al bilancio Paolo Barca si è definitivamente dimesso ed io mi sono contrariato di questa scelta, ma capisco che lui ha voluto essere d’aiuto perché ha capito che poteva aiutarmi lasciando il posto e utilizzando quello spazio che serve per ricompattare la maggioranza. Non è facile trovare dei professionisti disponibili ad accettare la nomina da assessore al comune di Castel Volturno, anche in virtù dei mal di pancia di questi anni interni alla maggioranza. Fare l’assessore a Castel Volturno è una mission e non tutti sono disposti a farlo». In questo momento il sindaco ha, nelle sue mani il campo scoperto dell’assessore al bilancio, gli altri assessori sono operativi nonostante le dimissioni. La giunta sarà partorita dopo l’estate? Quali sono i tempi tecnici? «Io ho chiesto alla maggioranza di chiuderla per gli inizi di luglio ed ho chiesto una cosa sola: mettere sul tavolo dei nomi e lasciare a me il diritto di replica. È l’ultimo atto perché ne vale la credibilità della mia amministrazione nei confronti dei cittadini. A me non interessano favoritismi, ma solo una squadra che sia funzionale per la mole di lavoro che abbiamo». Da quello che dice sembra che al Sindaco arrivino anche problematiche futili, insomma un deficit nella prassi politica che

dovrebbe efficientare il comune. I consiglieri, con la loro azione, riescono a risollevarla da quelli che sono i problemi “minori” che si presentano sul territorio? «Se pensiamo alla politica strutturata come prima, non la vedo attraverso i partiti. Non c’è un dibattito, degli incontri, delle posizioni e questo non aiuta. La mia critica è sempre partita dai gruppi consiliari della maggioranza, perché è giusto che la minoranza faccia il suo lavoro toccando alcuni punti e facendo da “sprono” per poter affrontare le problematiche. Il tutto anche perché, ai nostri giorni, la divisione politica è veramente superficiale ed i ruoli non sono più determinati come una volta». Perché non hai dato qualche delega per disimpegnarti? «Ho dato d e l e g h e ad alcuni consiglieri, ma non a i u t a n o nel pratico. At t u a l m e nt e manca solo l’assessore al bilancio, ma per il resto siamo tutti attivi ed operanti. Nei venti

giorni in cui sono stato dimissionario sono stato accusato di continuare a svolgere la mia professione: ma io dovevo continuare. Dovevo continuare ad esercitare l’ordinario. Mi hanno attaccato per la mia presenza al Consiglio comunale, ma non era una presenza forzata perché il consiglio si sarebbe celebrato lo stesso dato che erano presenti tutti ed i numeri c’erano, anche in seconda convocazione, ma quello che io vedo è una nonpresenza della minoranza». Passiamo all’argomento PUC. Il 17 giugno scorso la Giunta comunale ha adottato il


Città di Castel Volturno

Comune di Castel Volturno

anche oltre. Poi c’è anche il progetto per il risanamento della Pineta che partirà a giorni». Dopo gli ennesimi scontri in maggioranza, quale messaggio vuole lanciare alla cittadinanza? «Quello che mi sento di dire è che la politica sicuramente ha delle responsabilità, delle colpe e delle mancanze però io credo che Castel Volturno deve avere la collaborazione dei cittadini. Non nel fare politica, ma nel senso civico: questo è ciò che manca per fare il salto di qualità». Nota della Redazione Dopo le opportune verifiche abbiamo constatato che, stando alla Legge regionale n. 38 del 29/12/2020, il termine perentorio per l’approvazione del PUC è fissato al 31/12/2021. Di conseguenza, la mancata approvazione del Piano Urbanistico Comunale, entro il termine stabilito, comporterebbe il commissariamento; vale a dire la nomina di un commissario ad acta acquisito dalle short list, prima provinciali, e oggi nominato dalla regione Campania. Il commissariamento del PUC significherebbe affidare ad un tecnico, che non conosce il territorio, la strutturazione di uno strumento essenziale per il Comune... e il costo del tecnico incaricato dovrà uscire proprio dalle casse comunali.

FARMACIA COPPOLA

FARMACIA PASSARELLI

VIA NUOVA 25 - CASTEL VOLTURNO (CE)

VIA DEGLI OLEANDRI, ED.1 - CASTEL VOLTURNO (CE)

Tel. 0823 76 49 09

Tel. 081 509 38 74

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

Piano Urbanistico Comunale, un primo passo verso quella che dovrebbe essere l’approvazione entro il 31 dicembre. Entro la fine dell’anno si riuscirà davvero ad approvarlo? «L’adozione è stato un atto dovuto che ha costituito comunque un primo passo importante. Come ho già ribadito in una passata intervista proprio con il vostro giornale, credo che non ci vorrà meno di un anno e mezzo per l’approvazione del PUC. C’è una trafila lunga da passare, con pareri di esperti, provincia e del nostro Consiglio comunale. Insomma, per la fine di quest’anno di certo non arriveremo all’approvazione del PUC, ciò non toglie nulla al nostro grande impegno per un Piano essenziale per il territorio. Continuiamo a lavorare in questa direzione dicendo la verità ai cittadini». Oltre il continuo caos, su cosa ha lavorato l’amministrazione? «Delle cose si stanno facendo: quello che mi conforta è che stiamo seguendo la programmazione in toto. Il Castello è stato messo in sicurezza con i soldi del Comune per poi pensare di riqualificarlo verso altre strade. C’è una richiesta di finanziamento per portare il gas a Pinetamare che era proprio un nostro cavallo di battaglia all’interno del programma elettorale. Probabilmente verrà esteso

FARMACIA COPPOLA-PASSARELLI 333 98 80 568 @farmaciacoppolapassarelli Luglio 2021

|

57


di Clara Gesmundo

Heart Fire & Pistons: IL BUFFALO GARAGE PORTA CASTEL VOLTURNO SUGLI SCHERMI!

C

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

astel Volturno arriverà sugli schermi? Questo non lo sappiamo ancora, ma intanto ci siamo goduti il racconto di Agostino Zippo, autore e regista del format filmografato “Heart Fire & Pistons”. Quest’ultimo è basato sulla storia dell’officina Buffalo Garage, specializzata nel restauro di muscle car americane, con sede a Castel Volturno. Una grande iniziativa: “Heart Fire & Pistons”, da chi nasce l’idea, e in cosa consiste il progetto? «Nasce da una mia idea, sono sempre stato appassionato di auto, seguo quasi tutti i programmi sul tema. Ho scoperto questa officina per caso e quando è successo, ho pensato “Muscle Car a Castel Volturno, incredibile”. In seguito, ho notato che i programmi che seguivo andavano all’esaurimento ed ho pensato “perché non provarci?”. Mi sono avvicinato ai proprietari del Buffalo Garage, insieme abbiamo iniziato a combinare idee e alla fine mi sono trovato con un soggetto ed una puntata da girare! Abbiamo pensato di intersecare il loro restauro di auto americane sportive con le bellezze del territorio di Castel Volturno. Con l’aiuto della nostra sceneggiatrice, dell’assistente di produzione, dell’organizzatore e tanti altri tra sostenitori e sponsor del territorio, abbiamo concretizzato la nostra idea». È complessa la procedura per avviare un’iniziativa di questo calibro? «Molto complessa. Soprattutto quando si ha un budget bassissimo, cinematograficamente parlando, pari a 0. Il nostro progetto è stato preso in carico dalla Onlus LE SENTINELLE ODV, operante sul territorio ed è opportuno speci-

ficare che tutti i lavoratori partecipano a titolo gratuito. Crediamo tutti in questo progetto e stiamo dando il massimo, affinchè funzioni. Ovviamente ci sono delle spese obbligatorie a cui sopperire. Abbiamo sponsor che ci aiutano in questo, con delle donazioni alla Onlus. In primis c’è BILLWILLER PRODUCTION & SERVICE, una produzione di servizi, seguita da vari imprenditori locali». Agostino ci spiega che il progetto è supportato dalla “Film Commission Regione Campania” ed hanno inoltre il patrocinio gratuito e morale del Comune di Castel Volturno, potremmo di conseguenza parlare di un’iniziativa presa a cuore anche dalle istituzioni del territorio. Quando inizieranno le riprese? «Sono iniziate a giugno e si protrarranno fino agli inizi di luglio, ma alcuni giorni di riprese potrebbero capitare anche a settembre, poiché per i tempi di un restauro si deve aspettare che arrivino spedizioni dagli States». Chi saranno i protagonisti del “programma”, e

dove sarà possibile vederlo? «Le scene saranno ricostruite da situazioni realmente accadute. Come protagonisti avremo i 2 proprietari, ma non mancheranno attori e/o persone comuni. Il nostro progetto prevede una puntata pilota sperimentale, da dover poi proporre a varie produzioni e/o piattaforme cinematografiche, al fine di essere acquisiti, per girare una stagione intera. Quindi, finché non avremo l’ok, la puntata pilota non sarà visibile, ma tutti i backset e lavorazioni sì». Che aspettative ci sono in riferimento agli audience che riceverà il progetto? «Inutile dire che noi ci aspettiamo il massimo! Credo che sia un prodotto che possa interessare, anche perché sarà piacevole, con musiche inedite e con avvenimenti divertenti. Cose di questo genere, al sud Italia non se ne vedono. Speriamo sia arrivato il momento». Noi ci auguriamo che “Heart Fire & Pistons” possa raggiungere il successo che merita, frutto di una splendida attività di cooperazione tra coloro che in questo territorio ci credono e ne esaltano la bellezza.

Laboratorio Analitico Domizio S.a.s. CHIMICA CLINICA - IMMUNOMETRIA - ALLERGOLOGIA - MICROBIOLOGIA - MEDICINA DEL LAVORO

Tel/Fax: 0823 852796 | E-mail: laboratoriolad@libero.it Via Domitiana km 32,400 - 81030 - Castel Voltuno (CE) 58

| Luglio 2021


"Keep the guy gay" Così Nadir, giovane artista castellano, sostiene il Ddl Zan

N

el 2021 ribadire il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza deve diventare una priorità. Il Ddl Zan contro l'omotransfobia è un disegno di legge che si oppone alla discriminazione e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità. Nadir Del Rey Cipriano, giovane castellano, scende in campo per testimoniare con la canzone "Keep the guy gay" la difesa dei diritti rappresentati dal disegno di legge Zan e per promuovere la cultura del rispetto e dell' inclusione. Qual è il messaggio che ti preme comunicare con il tuo inedito "Keep the guy gay"? «"Keep the guy gay" rappresenta il mio impegno nel promuovere la libertà di ognuno di noi nel vivere il proprio orientamento sessuale e identità di genere in condizioni di dignità e sicurezza, opponendosi ad ogni forma di stigmatizzazione e discriminazione. Il messaggio che vorrei arrivasse a coloro che ascoltano la mia canzone è di non lasciare che gli altri ti impongano un determinato stile di vita, un orientamento sessuale ed un genere solo perché è considerato "normale" e "giusto"; io da piccolo non ho avuto la possibilità di scoprire me stesso e la consapevolezza della mia sessualità si è sviluppata tardivamente, complice l'idea che mi era stata inculcata su un solo tipo di amore contemplabile, quello tra un

Nadir Cipriano

incoraggiato. L'unica situazione difficile da superare è stata la reazione di mia madre; più che delusa era preoccupata dalle ripercussioni che il mio orientamento avrebbe avuto nella mia vita, aveva paura per me, consapevole che questo mondo spesso non accoglie coloro che vengono etichettati come "diversi". Questa esperienza mi ha fatto riflettere e ha

wins

uomo e una donna. Come dicono le prime frasi della canzone "Keep the guy gay": lascia che il ragazzo sia gay». Ti è mai capitato di essere vittima o di assistere a qualche episodio di omofobia o omotransfobia? «Sono stato fortunato: nessuna violenza fisica pesante, come oggi ancora troppo spesso accade. Ma ho spesso ricevuto e ho assistito a battute e scherzi omofobi. Quando ho fatto coming out con la mia famiglia, sono sempre stato

fatto crescere in me la volontà di cambiare qualcosa, anche se nel mio piccolo, e questo desiderio si è concretizzato nel testo "Keep the guy gay"». Il Ddl Zan secondo te perché è importante? Se venisse approvato che impatto avrebbe? «Il disegno di legge Zan prevede delle misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità.

Questa legge non impedisce che io venga discriminato per il mio orientamento, ma mi garantisce un supporto maggiore nel caso questo avvenga. Purtroppo le persone continueranno ad aggredire ed a schernirci; certamente possono essere sensibilizzate, ma per proteggere noi stessi sono necessarie misure preventive». Omosessualità in Italia: pensi si stiano facendo passi avanti? Cosa vorresti veder cambiare? «In Italia pian piano, il mondo LGBT sta acquisendo i diritti che gli sono propri, ma purtroppo ancora, in generale, non c'è un clima di accettazione paragonabile a quello di altri paesi europei. I passi avanti sicuramente ci sono stati, se ne parla molto e questo è importante: c'è Alessandro Zan con il suo disegno di legge contro l'omotransfobia oppure Monica Cirinnà che ha lottato per l'approvazione della legge che ha istituito le unioni civili in Italia per le coppie omosessuali. Nonostante questi grandi progressi, purtroppo, molte persone oggi non si sentono ancora a loro agio nell'esprimere la loro sessualità esplicitamente senza aver paura di ripercussioni a livello umano e sociale. È davvero avvilente vedere che nel 2021 l'amore in qualsiasi sua forma può essere motivo di angoscia e paura. Ognuno dovrebbe essere libero di amare chi crede, nella maniera che meglio crede e sentirsi semplicemente bene nel farlo».

Edicola - Cartoleria - Libri scolastici

Tel. 081 5095598

Via Rosmary, 5 81030 - Castel Volturno (CE)

Viale degli Oleandri 81030 - Castel Volturno (CE)

LOCALITÁ VILLAGGIO COPPOLA

Domenico 333 3427157 - Pasquale 339 7534090

LOCALITÁ PINETAMARE

FREE

Fotocopie - Fax - E-mail - Stampe Gadget - Auguri card - Ticket bus Money Transfer - Ricariche PostePay Ricariche Telefoniche - Pagamento Utenze

Tel. 081 5094053 E-mail: edicolerr@gmail.com Viale degli Oleandri, 59 - Pinetamare - 81030 - Castel Volturno (CE)

Luglio 2021

|

59

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

di Chiara Gatti


di Angelo Morlando

Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

I bambini hanno il diritto al gioco, alla lentezza e al sogno

U

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

n primo pensiero rivolto a molti genitori “moderni”: “ma che currite ‘a ffa? (traduzione: che correte a fare?)” Ovviamente che correte a fare, quando sarebbe tutto più facile se si rallentasse naturalmente. È palese che generalizzare è sempre superficiale, ma è importante provare a tenere sempre alta l’attenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Non ci crederete, ma la convenzione ONU in merito (approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 27 maggio 1991, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 giugno 1991, n. 35) è stata ratificata da 194 paesi in tutto il mondo, ma NON dagli Stati Uniti d’America. È composta da 54 articoli suddivisi in tre parti: la prima contiene l’enunciazione dei diritti (artt. 1-41), la seconda individua gli organismi preposti e le modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione (artt. 42-45), mentre la terza descrive la procedura di ratifica (artt. 46-54). Ma quali diritti? Ne sono stabiliti tanti, almeno sulla carta: diritto al tempo coi genitori, diritto al gioco, alla lentezza, al sogno, a non essere lasciati soli, a essere rispettati, a scuole accoglienti, all’ascolto, ad esprimere le proprie idee, alla cultura, alla memoria, a vivere in un ambiente/contesto sano, alla protezione, a partecipare e a sbagliare, all’uguaglianza, all’istruzione, alla diversità e all’unicità, alla salute e al sorriso, alla riservatezza, alla privacy e alla bellezza. In Italia abbiamo istituito già dal 2011 anche un’autorità garante di tali diritti, ma dovremmo essere tutti noi adulti a garantire quotidianamente il rispetto di ciò e, soprattutto, essere di esempio. Che cosa è l’AGIA in sintesi? L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) è nata nel 2011. Ha come compito quello di promuovere e verificare in Italia la piena attuazione dei diritti dei minorenni previsti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989. Dal 28 aprile 2016 ne è titolare Filomena Albano. Numerose le competenze: ascolto e partecipazione di bambini e ragazzi, promozione e sensibilizzazione sui diritti, collaborazione, elaborazione di proposte, pareri e raccomandazioni rivolti ai soggetti che si occupano di infanzia, istituzionali e non. In un’ottica di collaborazione l’Autorità segnala al Governo, alle regioni o agli enti locali e ter60

| Luglio 2021

ritoriali interessati, negli ambiti di rispettiva competenza, le iniziative opportune per assicurare la piena promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. L’Autorità formula pareri, osservazioni e proposte che le permettono di sensibilizzare le istituzioni e sugli organismi che intervengono direttamente o indirettamente nell’ambito

della tutela e della promozione dei diritti delle persone di minore età. L’Autorità esercita le proprie competenze nel rispetto del principio di sussidiarietà e presenta alle Camere, annualmente, una relazione sull’attività svolta. Per saperne di più: www.garanteinfanzia.org

CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA

www.garanteinfanzia.org


A

ndrea Carrasco, direttore sportivo del settore Under 19 della Junior Domitia, analizza insieme a noi il match della squadra, che ha avuto luogo in Sicilia. Carico e determinato Carrasco ci concede delle delucidazioni in merito al nuovo anno e al prossimo campionato. L’avventura in Sicilia della Junior Domitia termina con la sconfitta degli azzurri, raccontiamo il match. «L’avventura in Sicilia è stata un grande esperienza sia per la società, che per la prima volta affrontava una fase finale di scudetto, sia per i ragazzi che hanno potuto arricchire ancor di più il loro bagaglio di vita sportiva. Purtroppo il risultato non ci ha premiato, ma senza recriminare nulla, abbiamo affrontato una grande squadra, in panchina un

grande allenatore e una società forte alle spalle. Il 75% dei ragazzi del Regalbuto hanno giocato in pianta stabile in A2 quest’anno raggiungendo i playoff, e in campo si è visto. I nostri ragazzi sono usciti a testa alta riuscendo persino a portarsi in vantaggio, ma alla lunga la squadra siciliana ha avuto la meglio, meritando il passaggio del turno».

Sui social si legge di ragazzi che continueranno a far parte della squadra e, di altri, che lasciano a malincuore la Junior. Chi tornerà in campo nel prossimo campionato? «Questo periodo sarà colmo di addii e di riconferme. Stiamo ancora valutando con la società il piano per il prossimo anno considerando che molti dei nostri ragazzi, per ragioni di età, non potranno

più giocare in Under19. Sui social sono partite le prime conferme e i primi addii, nelle prossime settimane scoprirete tutto». Come ogni anno la Junior inizierà a fine agosto con la preparazione: in estate probabilmente la squadra organizzerà dei raduni per ragazzi delle giovanili che avranno piacere a mettere in mostra il loro talento e avere di conseguenza un’opportunità di entrare a far parte della grande famiglia degli azzurri. «Siamo pronti per la prossima stagione, non ci siamo mai fermati e mai lo faremo!». Il discorso del direttore sportivo termina con uno slogan che rappresenta l’ideale primario della squadra: nessuna sconfitta, nessun periodo di stop potrà fermare l’ostinazione e la passione del team azzurro.

IMPEGNO E COSTANZA: REQUISITI FONDAMENTALI DI TAM TAM! di Clara Gemsundo

I

l nostro appuntamento con l’associazione “Tam Tam Basket” torna e questa volta a definire, analizzare e ad aggiornarci sugli avvenimenti della squadra è Sergio Falco, Assistant Coach, responsabile Covid Tam Tam Basketball. Per i ragazzi di Tam Tam saranno previsti allenamenti estivi? «Sì, certamente! La Tam Tam ha previsto un programma estivo per i ragazzi. Quest’ultimi saranno impegnati ad allenarsi due volte a settimana, in maniera graduale e sempre progressiva. Bisogna recuperare il tempo di inattività causato dal Covid, oltre al recupero tecnico e fisico contiamo sulla convivialità e sul sociale. Anche in quello c’è tanto da recuperare!». Tutti i giocatori sono tornati in campo, o c’è qualcuno che a seguito di questo periodo complesso ha deciso di abbandonare? «I ragazzi, come ho detto, vanno seguiti anche oltre il campo da basket, questo perché sfortunatamente il periodo pandemico ha creato un distacco non solo per i giovani di Castel

Volturno, ma in quasi tutte le realtà! Il ritorno all’attività è un duro lavoro per tutti, a maggior ragione quando si sta fermi per un lungo periodo di tempo. Attualmente spetta a noi coach trasmettere l’importanza dell’impegno e della costanza, requisiti fondamentali, cardini per la crescita di questi giovani».

Qual è il principale insegnamento che attualmente i coach tengono a trasmettere ai ragazzi? «Ogni giorno si lavora duramente per assicurarci che il nostro territorio, le rispettive attività, i giovani che ci vivono, possano e siano in grado di riscattarsi in futuro. Di conseguenza non c’è un insegnamento preciso, ma tanti valori che lo sport in generale concede in eredità a chi con entusiasmo, impegno e resilienza partecipa alla formazione del gruppo». Sono parole importanti quelle dell’Assistant Coach, non è possibile descrivere quanto questo periodo di fermo abbia inciso sull’attività motoria e psicologica dei ragazzi. Traspare dalle sue affermazioni un pizzico di rammarico, ma soprattutto l’importanza della questione “sociale” che talvolta prevale su quella “sportiva”: ragazzi motivati, sereni e costanti nel portare avanti i loro obiettivi, riusciranno a beneficiare al meglio degli insegnamenti che lo sport tramanda. Luglio 2021

|

61

SPECIALE CASTEL VOLTURNO

di Clara Gesmundo

PRONTI PER IL PROSSIMO CAMPIONATO: GLI AZZURRI TORNANO A SETTEMBRE!


Dove trovi Informare Il magazine Informare ha una tiratura di 5.000 copie mensili gratuite. È possibile ritirarlo presso la nostra Redazione in Piazza delle Feste, 19 (Località Pinetamare) Castel Volturno (CE), e nei seguenti punti di distribuzione. Se vuoi diventare un nostro punto di distribuzione, volontario e gratuito, puoi contattarci: Tel: 0823 18 31 649 E-mail: redazione@informareonline.com www.informareonline.com

TEATRO DI SAN CARLO

PAN PALAZZO ARTI NAPOLI

LIBRERIA VITANOVA

ISAIA

PONTE A MARE

IL CHIOSCHETTO PIAZZA VANVITELLI

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI

JAMBO1

ASSICURAZIONI

ZURICH

LA FELTRINELLI CASERTA

LIBRERIA IOCISTO

REGGIA DI CASERTA

PINEWOOD HOTELS

EMILIO IL PASTICCIERE

NEGOZI

PIZZERIA SORBILLO

PLAZA HOTEL CASERTA

CASERTA • FinPoste - Via San Carlo, 163 • Plaza Caserta Pinewood Hotels - Viale Vincenzo Lamberti

SOGERT CASTEL VOLTURNO

RAIN ARCIGAY CASERTA

LIBRERIA RAFFAELLO

• Villa Mary - Via Sassari, 3 • Villa Yucca - Via Ravenna, 14 • Bar Lucia- Via Darsena Orientale

MONDADORI PIAZZ.LE TECCHIO

NEGOZI D'ANIELLO

PROVINCIA DI NAPOLI • Isaia Napoli - Via Roma, 44 - Casalnuovo di Napoli

• Bookshop Reggia di Caserta - Viale Douhet

• Caseificio Luise - Via Domitiana, Km 30,500

• Carrasta Pasticceria - Via Tasso, 60 - Casoria

• La Feltrinelli - Corso Trieste, 154

• Farmacia Ischitella - Via Domitiana, 634

• D'Aniello - Via dei Sei Martiri, 21- Villaricca

• Gambero Blu - Via Domitiana, 506

• D'Aniello - Via Aniello Palumbo, 55 - Giugliano

• SOGERT - Via S. Rocco,17

• JAMBO1 - Strada Provinciale - Trentola Parete

• Biblioteca Comunale & MAC - Via Giuseppe Mazzini, 16

• Lad - Via Domitiana km, 32.400

• Edicola da Claudio – Via Aniello Palumbo, 9 - Giugliano

• Edicola P.zza Vanvitelli - Daniele

• Pizzeria 4 Fratelli - Via Domitiana km, 819

• La Libreria – Via Ripuaria, 203 - Giugliano

• Pezone Petroli - Viale degli Oleandri

• Edicola – Corso Campano, 212 - Giugliano

• Teatro Civico 14 - Via Francesco Petrarca, 25 • Rain Arcigay Caserta - Via Giuseppe Verdi, 15 • Libreria Pacifico - Via Gianfrancesco Alois, 26

• Edicola P.zza Vanvitelli - Antonio • Ordine degli ingegneri di Caserta • Mercato comunale P.zza Matteotti

• Istituto Europa - Via Domitiana, 655

PROVINCIA DI CASERTA

NAPOLI

• Emilio il Pasticciere - Via S. Donato - Casal di Principe

• Pizzeria Sorbillo - Via Tribunali, 32 - Via Parthenope, 1

• Edicolè Aversa - Via Leonardo da Vinci, 20 - Aversa • Libreria Spartaco - Via Alberto Martucci, 18 - Santa Maria C.V. • Caffetteria Marconi - Via Marconi, 42, Marcianise

• Libreria IOCISTO - Via Cimarosa, 20 • PAN Palazzo Arti Napoli - Via dei Mille, 60

• Le Bon Cafè - Via San Giuliano, 155 Marcianise

• Teatro San Carlo - Via San Carlo, 98

• Associazione Giovani Ortesi - Via San Salvatore 17 - Orta di

• Museo Archeologico Nazionale di Napoli - Piazza Museo, 19

Atella

• Libreria Vitanova - Viale Gramsci, 19

Castel Volturno • Tabaccheria Elio Drago - Viale Rosamary, int. 9-9A -Pinetamare • Caseificio Ponte a Mare - Via Domitiana, Km 34,070 • Officina Meccanica CO.GI - Via Domitiana, Km 31,00

• Edicola Monetti - Via S. Pasquale, 61 • Libreria Raffaello - Via Michele Kerbaker, 35 • Mondadori - Piazz.le Tecchio • Mondadori - Rione Alto

• Edicola Edicolè - Via degli Oleandri, 59 Località Pinetamare

• Tabaccheria Calabritto - Via Calabritto, 1A

• Farmacia Coppola - Via Nuova, 55

• Edicola Sardella – Via Simone Martini, 50

62

| Luglio 2021

www.informareonline.com seguici su


Società Gestione Riscossione Tributi

Siamo oltre 25 sedi in Italia La SO.GE.R.T. S.p.A. opera in diversi comuni sul territorio nazionale. Informati sul sito www.sogertspa.it su come raggiungere la sede a te più vicina e su quali sono gli orari di sportello. La SO.GE.R.T. S.p.A. gestisce il servizio di tesoreria per i Comuni ed i Consorzi e la riscossione e l‘accertamento dei tributi degli enti locali. Da sempre al servizio delle amministrazioni comunali e dei contribuenti, grazie alla vasta esperienza maturata in anni di attività e al suo servizio informatico.

Tel: 0823 766004 | E-mail: sogert.presidente@libero.it Orari: Lun-Ven dalle 9:00 alle 13:00 Via Regina Margherita, 20 - 81030 - Castel Volturno (CE) Luglio 2021

|

63


64

| Luglio 2021


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.