Riviera nº 27 del 28/06/2020

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vetrina

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Il luogo di culto venne definito da Giancarlo Maria Bregantini una bomboniera, che ogni anno accoglie migliaia di fedeli venuti a venerare l’effige della Madonna. Vale la pena ripercorrere la storia travagliata e affascinante del Santuario per capirne il valore sociale e aggregativo e comprendere quale filosofia stia alla base della richiesta, da parte della Giunta Comunale, di elevarlo a Basilica Minore.

Il Santuario della Madonna delle Grazie di San Giovanni di Gerace

Il culto della Madonna delle Grazie a San Giovanni di Gerace ha origini molto antiche, che devono essere collocate intorno all’anno 1000. Si tratta, dunque, di fondazione ascrivibile a epoca bizantina, periodo in cui il culto mariano era alquanto diffuso nella Vallata del Torbido. Nei secoli remoti la chiesetta rurale di Santa Maria degli Angeli assunse il nome battesimale di “lo monacello” perché in quel luogo viveva un religioso che accudiva la cappella; oggi, invece, viene denominato “Madonna”. In questo piccolo oratorio, con annesso romitorio, veniva infatti venerata una splendida immagine della Vergine circondata d’angeli, contenuta in un affresco murale posto nel catino dell’abside. Nel ‘500, dell’originaria chiesetta, rimanevano soltanto alcuni ruderi sgretolati dalle intemperie e dai terremoti. Allo stato attuale si ignora il definivo abbandono della Cappella di Santa Maria degli Angeli, anche se la tradizione, mantenuta anche nei canti popolari, vuole che venne definitivamente abbandonata intorno al 1407. Di certo si sa che con il crollo dell’antica chiesetta nel casale di San Giovanni, in epoca rinascimentale, ha origine la Chiesa di Santa Maria Assunta (attuale Chiesa Matrice) e la seicentesca Chiesa di Maria SS. delle Grazie. Ma un miracoloso evento si è verificato all’improvviso: l’apparizione della Vergine a Domenico Teotino, un umile fraticello della chiesa rurale di contrada San Pietro. L’atto di fondazione risale al 13 dicembre 1649, data di emanazione di un Atto Capitolare emesso da Monsignor Domenico Mesiti, con il quale si concedeva all’Università (comune) il diritto di gestirla e amministrarla. La chiesa venne ricostruita col contributo di tutto il popolo e inaugurata nel 1713. Il nuovo maestoso Tempio, dedicato alla Madonna delle Grazie, risulta composto da un’unica grande navata, edificata sui resti dell’antica cappella medievale, ed era provvisto di una piccola cupola a coprire l’altare maggiore. Nel catino dell’abside della parete di fondo vi era raffigurata la Madonna delle Grazie, circondata da angeli; c’erano, inoltre, due altari laterali dedicati a Sant’Anna e alla Madonna del Monte Carmelo. Nella seicentesca chiesa venne, successivamente, custodita la statua della Vergine, splendido gruppo ligneo raffigurante la Madonna col Bambino, circondata da una foltissima schiera di angeli, opera superba eseguita dallo scultore romano Bernardo Valentini nel 1760. Ma il terribile terremoto che sconvolse la Calabria il 5 febbraio 1783, pur senza radere al suolo la chiesetta, diede inizio a una serie di danneggiamenti causati, anche, dalla precarietà del terreno franoso su cui poggiavano le fondamenta. In quella immane catastrofe la Madonna delle Grazie rimase miracolosamente illesa sotto le macerie, tanto che venne trasportata e custodita nella Chiesa Matrice di Santa Maria Assunta, dove venne venerata fino al 1892. L’ideazione del Santuario ebbe luogo negli anni 1843/1844 a opera di Giuseppe Alberto Barlaro, allora sindaco di San Giovanni di Gerace, ma la costruzione ufficiale ebbe inizio nel 1848 su progetto dell’ingegnere d’Intendenza Francesco Lofaro. A sessant’anni dall’inizio dei lavori la chiesa venne ufficialmente consacrata in occasione della Pasqua del 1904. Un ruolo importante venne svolto da Monsignor Domenico Antonio Nadile (18481918), che si adoperò a proprie spese per la costruzione del campanile, del tetto, della volta e di tutte le decorazioni interne. Il Santuario, composto da una sola navata sovrastata da una maestosa volta, fu decorata dal valente artista Francesco Gangemi con pregevoli stucchi e decori. Alla sommità dell’altare maggiore, marmoreo, una splendida edicola costruita nel 1948, finemente decorata a stucchi da mastro Raffaele Pata, accoglie la statua della Madonna. Altre edicole all’interno della chiesa fanno da cornice alle statue di San Pietro e di Santa Filomena. Gli altari minori, presenti sulle pareti laterali del Santuario, sono dedicati a San Giuseppe e alla Madonna del Monte Carmelo. Nel corso del XX secolo l’edificio si è andato

arricchendo di nuove strutture e opere. Vari restauri (interni ed esterni) sono stati realizzati nel corso degli anni per aumentare lo splendore del Sacro Tempio. Inoltre, nel 1974, è stata realizzata un’enorme cupola esterna che sovrasta l’altare maggiore e alla cui sommità è stata posta una statua in marmo del Redentore e rifatto il tetto a opera dei mastri muratori Vincenzino Papandrea e Salvatore Focà. Alla fine degli anni ‘60 sono state sistemate nelle spaziose finestre murate alla base della volta quattro tele di grande formato, riproducenti miracoli della Vergine, opera dell’artista Corrado Armocida, mentre negli altri finestroni sono state disposte delle artistiche vetrate. Altre tele di Armocida, disposte nella navata, raffigurano il Battesimo di Gesù nel Giordano e la Pietà. Ultimamente è stato collocato nel Santuario un grande dipinto di Perla Panetta, raffigurante la Pentecoste. Oggi, il Santuario di Maria SS. delle Grazie a San Giovanni di Gerace può essere definito uno dei più importanti luoghi di culto mariano e di devozione popolare esistenti nella diocesi di Locri-Gerace e non solo. Infatti sono migliaia i pellegrini che ogni anno visitano il

Santuario, da sempre meta di forte devozione nell’ambito della provincia reggina. Anche Padre Renato D’Andrea, domenicano, docente di Teologia presso la Pontificia Università S. Tommaso D’Aquino in Roma, ha messo in risalto la grande importanza di questo luogo mariano. A conferma del particolare interesse storico e religioso che il Sacro Tempio ha assunto nel corso dei secoli, Monsignor Luigi Maria Perantoni, Vescovo della diocesi di LocriGerace, con Decreto Vescovile del 31 maggio 1960, innalzava il “santuario” al rango di “santuario maggiore”, tanto che in occasione del Grande Giubileo dell’Anno 2000, il Santuario di Maria SS. delle Grazie è stato inserito tra i luoghi segnalati per l’acquisto dell’indulgenza giubilare. Per i suesposti motivi il Consiglio Comunale di S. Giovanni di Gerace e il Consiglio di Amministrazione del Santuario fanno voti a Monsignor Francesco Oliva, vescovo della diocesi di Locri-Gerace, affinché il Santuario possa assurgere al ruolo che gli spetta di Basilica Minore. Giovanni Pittari


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attualità

PILLOLE scelte da effemme

Che la stretta interrelazione tra la violenza e la tirannia costituisse un vero e proprio luogo comune lo si può vedere non soltanto dai trattati politici del periodo ma anche dalle formule di governo. Per esempio, quando il papa concedeva feudi o vicariati ai suoi principali sudditi, questa ricompensa includeva normalmente delle clausole intese ad assicurare che il signore governasse bene, proteggesse i suoi sudditi e ne rispettasse la libertà le proprietà; esortazioni analoghe venivano rivolte dagli stessi «signori» ai magistrati da loro nominati o approvati (…). La situazione politica e giuridica non era la stessa in quelle zone della penisola dove le basi giuridiche dell’autorità apparivano più ambigue, vale a dire nelle signorie sorte sui territori dello Stato della Chiesa e nel regno d’Italia. Qui si considerava ancora piuttosto importante mantenere qualcosa di più di una semplice parvenza di consenso da parte dei comuni interessati. Il punto può esser ben chiarito dal caso della successione di Sforza al ducato di Milano: nonostante il suo potere militare, Francesco riteneva importante salvaguardare il concetto che le comunità che gli si sottomettevano lo facessero liberamente e organizzò la sua acclamazione come duca di Milano per compensare la debolezza delle sue pretese ereditarie. John Law - Il Principe del Rinascimento Grazie soprattutto a Castiglione, il cortigiano è, insieme con l’umanista e il principe, una delle figure sociali del Rinascimento che ci sono più familiari. E si capisce perché: il dialogo di Castiglione non è che il più famoso di una moltitudine di trattati sul cortigiano redatti nel XV e XVI secolo. Uno studioso americano ne ha classificati ben millequattrocento sul gentiluomo e ottocento sulla gentildonna, e la gran parte di essi è ricca di notazioni sul tema delle corti. Ciononostante , non è facile dire che cosa esattamente fosse un cortigiano. Parafrasando Aristotele, si sarebbe tentati di dire che il cortigiano è un animale il cui habitat naturale è la corte; solo che in questo ambiente circolavano anche tanti altri servitori che all’epoca non venivano qualificati come cortigiani. Peter Burke - Il cortigiano

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Martedì si è tenuto un confronto tra i sindaci del nostro comprensorio e il Prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani. Ci ha lasciato davvero perplessi la richiesta che l’incontro si svolgesse a porte chiuse, impedendoci di darne conto ai cittadini se non attraverso delle indiscrezioni.

Asse Sindaci-Prefetto: Fuori i giornalisti! Martedì 23 giugno i sindaci della Locride si sono incontrati con il Prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani, per discutere dei problemi che coinvolgono l'intera Locride. Dopo un saluto del Prefetto ha preso la parola il Presidente della Commissione straordinaria Maria Stefania Caracciolo, che ha invitato i giornalisti a uscire dall’aula perché il confronto doveva rimanere segreto, solo il sottoscritto ha protestato, spiegando che nei nostri paesi non siamo abituati alla dittatura. Ricordiamo che

erano presenti una ventina di sindaci, alcuni consiglieri comunali, i consiglieri regionali Giacomo Crinò e Raffaele Sainato, persone della loro struttura e molti uomini delle varie forze dell’ordine. Per questo motivo non possiamo raccontare cosa è stato detto. Abbiamo letto su altri giornali che si è parlato anche della ricerca di un’area idonea alla realizzazione di una discarica per collocare gli scarti dell'impianto di Siderno. Ci sembra strano che non ci fosse nessuno di Siderno in questa riunione. Per la cronaca, alla fine dell’incontro, il

Sindaci e Corsecom uniscono le proprie forze per valorizzare i borghi Avviato un ciclo di incontri che si occuperà di migliorare l’offerta turistica dei centri dell’entroterra del nostro comprensorio, individuandone le potenzialità e realizzando un programma di sviluppo che li renda cuore pulsante dell’economia di settore.

Nelle ultime settimane il Corsecom e il Comitato dei Sindaci hanno dato vita a un ciclo di incontri sul tema “Potenzialità e valorizzazione dei Borghi della Locride”, durante i quali è stato evidenziato che la fruizione dei Borghi è uno degli obiettivi che può e deve caratterizzare l'attenzione dell’Assemblea dei Sindaci per i notevoli impulsi che può dare al settore turistico, ma che per raggiungere questo obiettivo è necessaria una sensibilizzazione generale del territorio sull'importante tematica. Gli incontri devono essere considerati come la prima tappa di un attento monitoraggio e un’analisi del territorio, al fine di verificare lo stato strutturale dei borghi, le presenze di strutture ricettive, i punti di attrazione esistenti, le potenzialità inespresse e le vie di comunicazione esistenti e hanno permesso di censire le strutture ricettive che operano e attraggono ospiti durante diversi mesi all’anno così come quelle che meriterebbero, invece, di far parte di un progetto più articolato. A conclusione del primo incontro è stato creato un gruppo di lavoro che eseguirà un approfondito monitoraggio della situazione e proporrà iniziative a breve e a medio termine per avviare un reale Progetto di Sviluppo complessivo.

QUISQUILIE DOPO IL LOCKDOWN, GLI UFFICI PUBBLICI SOMIGLIANO AL VECCHIO BINARIO, TRISTE E SOLITARIO. AZZOLINA RIMANDATA A SETTEMBRE.

prefetto Mariani si è fermato a parlare con noi su alcuni articoli pubblicati nelle precedenti edizioni che aveva apprezzato. Rimane la delusione perché ancora una volta si fanno dimostrazioni di forza di uno Stato latitante nelle cose serie e autorevole nelle formalità. Infine ho sperato in una reazione d’orgoglio dei sindaci che non c’è stata. Merito a Bava e Albanese che nei loro resoconti hanno “denunciato” quanto successo. Rosario Vladimir Condarcuri

Un ciclo di flash mob per rivendicare una nuova equità territoriale Il progetto di rafforzamento dell’Alta Velocità presentato dal Governo durante gli Stati Generali ha creato non pochi malcontenti tra i cittadini che ritengono di aver assistito all’ennesima disparità di trattamento tra nord e sud Italia. Tra questi figurano certamente gli attivisti del “Movimento 24 Agosto” fondato da Pino Aprile (che da questa settimana vanta un avamposto anche nella Locride) autori di un ciclo di flash mob svoltisi questo mese in tutta la Calabria proprio per denunciare la mancanza di

finanziamenti mirati e di una vera implementazione della linea ferroviaria esistente. Nelle scorse settimane, infatti, gli attivisti si sono incontrati rispettivamente a Reggio Calabria il 6 giugno, a ViboPizzo il 13, a Lamezia il 20 e a Paola ieri, 27 giugno, coniando lo slogan “A nord l’alta velocità, a sud l’altRa velocità”. L’appuntamento finale di questo ciclo sarà l’11 luglio a Salerno, tappa alla quale gli attivisti invitano a partecipare tutti coloro che intendono unirsi alla protesta per una nuova equità territoriale.

È quanto è stato ideato questo mese dal Movimento 24 Agosto, fondato da Pino Aprile. Con quattro incontri svoltisi a Reggio Calabria, Vibo-Pizzo, Lamezia e Paola gli attivisti chiedono di rivedere il progetto di rafforzamento dell’Alta Velocità presentato durante gli Stati Generali, che avrebbe dimenticato una volta di più il meridione.

Vincenzo Amidei

Accessibilità delle spiagge: un buon inizio, ma si deve fare ancora molto Con l’arrivo dell’estate torna il problema dell’accessibilità delle spiagge del nostro comprensorio anche alle persone portatrici di handicap. Abbiamo sentito alcuni primi cittadini della Locride per cercare di comprendere quale sia lo stato dell’arte, scoprendo che diversi sono i sindaci che si stanno occupando della problematica, ma anche che c’è ancora molto da fare in merito.

Arriva l’estate e, di conseguenza, le prime vacanze e i primi bagni che ti salvano da quel caldo afoso e insopportabile. I primi giorni di mare per i più piccoli che rimangono lì, affascinati e quasi spaventati, nel sentire e osservare il movimento delle onde. Braccioli e castelli di sabbia sparsi per le spiagge. Costumi scelti con cura da poter sfoggiare sotto gli ombrelloni. Arriva l’estate, il mare, e con essi anche le molte spiagge inaccessibili alle persone con disabilità. In quest’ultimi giorni, in cui i bagnanti si preparano ai primi tuffi, sembra invece che la Locride i prepari e si affretti ad affrontare questa grande problematica che vediamo presentarsi, puntualmente, ogni anno. Vari sono i comuni che stanno ultimando l’installazione delle passerelle, proprio come dice il sindaco di Ardore, Giuseppe Campisi: «Mi sto operando a comprare altre passerelle, in più abbiamo quattro sedie per i disabili affidati ai lidi per tutti quelli che hanno bisogno». Se gli viene chie-

sto se al momento sulla spiaggia siano già presenti alcune passerelle e quale sia il tipo di sedie affidate, il sindaco Campisi risponde: «Li stiamo montando in questi giorni, le sedie sono quelle per i disabili che possono essere spinte sulla spiaggia». Caterina Belcastro, sindaco di Caulonia, assicura che, come ogni anno, anche loro sono in procinto di montare sulle spiagge le passarelle a norma per abbattere le barriere architettoniche. Alcuni sindaci della Locride però, colti probabilmente di sorpresa, preferiscono non rispondere alla questione accessibilità nei propri comuni, in zone balneari. Non si tira indietro il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese che, per tramite il neo assessore alle politiche sociali Domenica Bumbaca, mette in luce i miglioramenti previsti rispetto anche agli anni precedenti. Grazie agli assessori Fontana e Panetta, infatti, si preparano a disporre le spiagge, da zona nord a sud, di pedane e passerelle. Tra l’altro, nel lungomare di Locri ci

dovrebbe essere un aumento di stalli e, quindi, maggiore parcheggio. Un buon inizio l’operato che stanno svolgendo le Amministrazioni Comunali della Locride, ancora però abbastanza lontano dal risultato finale sperato. Le spiagge accessibili, in realtà, non necessitano soltanto di qualche passerella (spesso interrotta sempre prima di arrivare alla battigia) e sedia Job, ma di un servizio molto più ampio e completo; a partire dalle necessità di un servizio igienico adeguato e a finire con la necessità di un sistema di orientamenti specifici per persone con esigenze particolari e ipovedenti. Un mondo che pare essere molto lontano ma che, con impegno e responsabilità, potrebbe non essere più pura utopia. Affinché le spiagge a misura di bambino possano esserlo davvero per ogni bambino. Affinché di abbronzature e di baci al chiaro di luna possano goderne tutti. Nessuno escluso. Carmelina Nicita


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politica

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Con l’ufficializzazione delle date di ritorno alle urne si parla con sempre più insistenza di comuni al voto e di possibili candidati. Nella Locride saranno 8 i comuni chiamati al rinnovo delle cariche, mentre due, a causa della proroga dello scioglimento del Consiglio Comunale, dovranno attendere la prossima primavera. Grande attesa anche per le elezioni di Reggio Calabria, che determineranno il rinnovo delle cariche della Città Metropolitana.

Ma le azioni vere della politica… chi le fa?

Dico a Seby, a Peppe, agli altri, che parleremo di politica. Mi rispondono che lo abbiamo sempre fatto, anche se sotto forma di divertissement. E di angosce. La politica dovrebbe sovrintendere a tutto. Il Parlamento (il potere legislativo), che fa le leggi - oggi è chiamato poco in causa - è composto da politici, il Governo (il potere esecutivo) - attualmente in affanno - da politici o da tecnici che si rapportano con la politica, certa Magistratura (potere giudiziario) disvela magagne, correntismo, baratti. Manca una reale separazione tra i Poteri dello Stato e ci sono Procure che debordano. La politica è debole, gli eletti li votano i cittadini anche se sono scelti da partiti, ahimè, con le liste bloccate. Finché non ci spiegano cosa vogliono mettere al posto di questa brutta politica (la risposta che auspichiamo sono la politica e la democrazia che funzionano), dovremmo andare avanti osservando la Costituzione. La politica è servizio, ma siccome non lo è, se ne comprende l'impopolarità. Vediamo di capirne realmente il senso della sua funzione e del suo ruolo, parlandone in maniera più chiara. Obbediamo a questo impegno e pure a un altro: le ricorrenti citazioni. Feltri, che sembra peggiorare a vista d'occhio, ma giornalista importante lo è stato, le sconsiglia. Stefano Lorenzetto ha scritto un libro, "Chi (non) l'ha detto", per fare anche delle precisazioni sulle citazioni: roba utile, secondo noi. Questa volta niente, però, che possa apparire un diversivo. O una ripetizione. L'ingegner Raymo è il più motivato: «Servizio significa usare le tue gambe per far camminare più Il senatore Franco gambe possibili. Le cose Crinò torna a che fai debbono essere parlare di politica di qualità, non solo per ai bisogni di esecutiva con il suo rispondere più cittadini possibile. circolo di Se sei un amministrainterlocutori, tore devi riconoscere le riflettendo sulla cose nella loro realtà. realtà politica Devi possedere espenazionale e locale e rienza o prontezza nel (a proposito di cercando di fartela vecchi e di nuovi). comprendere come, Falcomatà padre, a tra cambi di Reggio Calabria, ci casacca, promesse mise capacità e pasdisattese e sione. Se ti assumi dei è perché tu "hai elettorato compiti gamba" (non si usa solo maltrattato, la per il calcio questa politica possa espressione), ma devi ritrovare sé stessa e trovarne altre che camriprendere a minino insieme. A ciasil suo ruolo. Non svolgere il ruolo per cuno sei abile se avanzi solo il quale è stata tu, ma solo se si avanza ideata. Ma ciò che insieme. A svolgere il abbiamo di fronte è tuo ruolo sei stato incarun meccanismo icato, non devi perdere vista il tuo elettorato fragile, che rischia di ma devi badare a tutti di rompersi ad ogni quelli che amministri. piccola forzatura. Operi per riscuotere fiducia, fai le cose giuste. Se sei imparziale con i tuoi figli, sei un padre giusto, non necessariamente responsabile. Far crescere gli elettori, costruire valori, formare le coscienze, questa è la complessità, questa sì che è responsabilità. Non esistono rivincite e dispetti nelle funzioni pubbliche. Se vinci con queste cose, diventi un modello. E con i modelli che hai inseguito e predicato diventi riferimento per i tuoi elettori e non solo. Gli elettori oggi sono più pretenziosi. O più permalosi. Ad esempio, sul tema del momento, Salvini e Meloni, con gli assembramenti, lo sono stati? Renzi, con la coerenza, lo è stato? Sulla sacralità della famiglia, sulla mozione presentata alla regione Lombardia dalla Lega, un moderato che vota centrodestra cosa dice? E la sinistra che sceglie solamente il campo dei diritti civili e non prioritariamente il lavoro, quanti consensi realizza (o perde)? Anche se la mozione sulla famiglia che si è ritrovato in consiglio comunale, che tendeva a scalzare la promessa fatta da lui in campagna elettorale dell’istituzione del Registro delle unioni civili, era della destra, Falcomatà si è ritrovato in difficoltà. Gli elettori in realtà non scompaiono. Abbiamo fatto il caso a due condizioni diverse: entrambi vanno sotto il loro sguardo. Trovi altre gambe se sei convincente. E che nessuno dica che uno vale uno. I Grillini sono stati una delusione, ma chi brilla? Non dobbiamo, però, vivere di rimpianti. Quello che c'era non andava tutto bene, comunque è stato il cosiddetto "albero" che ci ha dato questi frutti. Se non ci diamo da fare per guarire l'albero - anche i Social possono essere delle foglie avvelenate - si andrà ancora peggio. Forzando troppo la mano, gli equilibri si rompono, è stato sempre così.» Franco Crinò

Amministrative: anche la Locride torna al voto I Comuni della Locride chiamati al voto: Bianco Brancaleone Bruzzano Zeffirio Casignana Pazzano Platì Samo Siderno Le elezioni di Palizzi e Stilo sono rimandate alla primavera 2021.

JACOPO GIUCA Il Viminale ha deciso. Dopo gli sconvolgimenti dettati dalla pandemia da Covid-19 l’elettorato potrà tornare alle urne con le Elezioni Amministrative del 20 e 21 Settembre. Tantissimi, ovviamente, i comuni chiamati al rinnovo delle cariche, considerata anche l’inclusione di quei centri che non hanno potuto partecipare alla tornata elettorale inizialmente prevista in primavera. Non fa eccezione, ovviamente, il nostro comprensorio, in cui sono molti sono i Comuni che si recheranno alle urne. In ordine rigorosamente alfabetico iniziamo da Bianco, dove l’Amministrazione Canturi, eletta il 31 maggio del 2015, tenterà di imboccare la strada del rinnovo dovendosela vedere probabilmente con la compagine a sostegno dell’ex direttore della BNL di Siderno Pino Serra. Anche Brancaleone, dove le elezioni del 2019 non hanno consentito di raggiungere il quorum, avrà una nuova occasione per rinnovare l’organo amministrativo democraticamente eletto, eppure ancora non si hanno notizie di potenziali candidati. Anche a Bruzzano Zeffirio giunge a conclusione l’ennesimo mandato del pilastro socialista della Locride Franco Cuzzola, che dovrebbe lasciare campo libero alla candidatura di un altro Cuzzola, Giuseppe. A Casignana la fine naturale del mandato di Antonio Crinò non dovrebbe aver ingenerato stanchezza nel suo elettorato e nei suoi cittadini, tanto più che Crinò si è sempre distinto per la grande correttezza e onestà intellettuale dimostrata in seno all’Assemblea dei Sindaci della Locride. Anche a Pazzano giunge a conclusione naturale l’ottima gestione di Sandro Taverniti, che pare certo voglia imboccare la strada del rinnovo (attualmente senza alcun competitor). Dopo lo scioglimento della colazione guidata da Rosario Sergi nella primavera del 2018 dovrebbe riuscire a tornare alle urne Platì, dal quale, per ora, non si hanno tuttavia ancora notizie di compagini pronte a prendere le

redini del paese o, quantomeno, in formazione. A Samo, invece, sembra probabile la ricandidatura dell’attuale primo cittadino Giovanbattista Bruzzaniti, ma ancora non si hanno notizie di eventuali avversari. Arriviamo così a Siderno, dove c’è un fervore elettorale senza precedenti e nel quale pare ormai scontata partecipazione alla tornata elettorale dell’ex maggioranza guidata da Pietro Fuda. La compagine è infatti tornata recentemente a riunirsi e a riaprire anche il dialogo con il Partito Democratico, che pare invece intenzionato a candidare a sindaco l’ex assessore regionale Maria Teresa Fragomeni. Sul fronte del centrodestra ci sono già state alcune riunioni nella sede storica di Via dei Colli, durante le quali, al netto di una rottura tra i componenti dei partiti e il movimento “Siderno nel Cuore” guidato da Domenico Barranca, si sta cercando un nome unitario che potrebbe essere giunto in città con il vento dello Zefiro, qualora venisse confermato che si tratta di Antonella Avellis. Non riusciamo a spiegarci come mai non sia invece ancora stato indicato il nome di Francesco Rispoli. Proprio nelle ultime ore, poi, è stato diffuso il comunicato di un altro movimento, “#inpiedipersiderno”, sul cui nome dei componenti vige ancora il più stretto riserbo, mentre si fanno sempre più insistenti le voci di un ulteriore compagine pronta a promuovere la candidatura dell’ex Consigliere Provinciale Antonio Cutugno. Salteranno invece la tornata elettorale Palizzi e Stilo, la cui proroga degli scioglimenti è in scadenza a novembre, ma anche nel nostro comprensorio sarà certamente seguita con attenzione la tornata elettorale di Reggio Calabria, il cui rinnovo delle cariche determinerà anche quello dell’intera Città Metropolitana. Qui la volontà di ricandidarsi del sindaco uscente Giuseppe Falcomatà dovrà certamente fare i conto con l’agguerrito gruppo a sostegno di Angela Marcianò e, certamente, di tanti altri candidati che non hanno ancora ufficializzato la propria posizione.


Un’offesa di cui siamo responsabili

La descrizione della Calabria che EasyJet ha pubblicato nella sezione “Ispirami” del proprio sito internet ci ha indignati, eppure dovremmo renderci conto che questa presentazione è figlia di una narrazione sbagliata del nostro territorio che viene fatta urbi et orbi e che trae giustamente in inganno chi non ci conosce. È giunto il momento, allora, di dismettere l’atteggiamento permissivo che abbiamo tenuto nei confronti di chi ha contribuito a creare questo falso mito e di alzare la testa.

La notte di lunedì 4 luglio 2017 una parte consistente della “Città Metropolitana” di Reggio Calabria è stata investita dall’operazione “Mandamento Jonico”, che ha impegnato mille Carabinieri e ha portato in carcere 116 persone su circa trecento indagati. Un primato, seppur momentaneo, perché, appena due anni dopo, la procura di Catanzaro ha strappato la palma della vittoria a Reggio impiegando ben 3.000 Carabinieri per arrestare e indagare quasi mezzo migliaio di persone nell’inchiesta “Rinascita-Scott”, trasformando la piccola Vibo nella Palermo del “Maxiprocesso”. In “Mandamento Jonico” gli inquirenti hanno asserito che in Calabria “la ‘ndrangheta controlla anche il respiro” tant’è che, anticipando la decisione del GIP, hanno arrestato un vecchio per paura che volasse in cielo ancor prima di mettergli le “manette ai polsi”. Ma nessuno ci fece caso. Anzi tutti i giornali ne celebrarono la portata storica senza nulla eccepire. Fummo i soli a rilevare, tra l’altro, che, data per vera la tesi secondo cui la ‘ndrangheta controlla finanche il respiro dei calabresi, ne consegue per logica che “la guerra dei 30 anni” contro le cosche è miseramente fallita. Pochi giorni fa c’è stata la sentenza relativa a “Mandamento Jonico” e molti osservatori concordano sul fatto che il dibattimento si sia svolto in un clima equilibrato e nel rispetto dei ruoli. È stata pronunciata una sentenza senza sconti per i presunti colpevoli condannati a pene severissime ma senza accanimenti verso le persone palesemente innocenti. E il fatto che oltre il 60% degli imputati siano stati assolti, già in primo grado, è di fatto una conferma che in Calabria ci sia il problema drammatico della salvaguardia delle libertà personali e di rispetto delle leggi da parte del potentissimo “partito” delle procure, che in molti casi condiziona le sentenze e trasforma la nostra Regione in una terra dominata dalla discrezionalità. Non vorrei ripetere queste cose, anzi mi fa male dirle, anche perché so che c’è la concreta possibilità di esporre persone innocenti al rischio di rappresaglia da parte di poteri oscuri. Intanto, però, un tal clima illiberale ha già causato una vittima illustre: la Calabria. Soffermiamoci un attimo su un presunto attacco di sapore razzista contro la nostra Regione. Mi riferisco alla descrizione della nostra regione apparsa alla sezione “Ispirami” del sito ufficiale della compagnia aerea EasyJet, in cui si sosteneva che la Calabria è conosciuta soprattutto per la ‘ndrangheta oltre che per i terremoti. Dov’è lo scandalo? Perché tanta falsa indignazione? Cari indignati, di quale Calabria parlano, un

giorno sì e l’altro pure, le prime pagine dei giornali nazionali, quando si occupano della nostra Regione? Quali film e documentari sulla Calabria vanno regolarmente in onda sulle televisioni nazionali? Dove eravate voi, indignati cari, quando, a gennaio scorso, si manifestava dinanzi alla Procura di Catanzaro solo perché la stampa nazionale e le televisioni non avrebbero dato adeguato spazio alla maxi retata “Rinascita-Scott”? E dove siete adesso? In Calabria stiamo uscendo dall’emergenza “Covid-19”, e solo grazie a “Dio”, che ci ha complessivamente protetto dal disastro. Abbiamo affrontato il “mostro” senza alcuna difesa e, per carità di patria, non parliamo del triplice fallimento della Protezione Civile, del commissario regionale alla sanità e dei Commissari Antimafia dell’ASL reggina. Eppure, in questi giorni, la stessa Protezione Civile ha incominciato a funzionare con una precisione da orologio svizzero per realizzare in pochi mesi una mega tensostruttura per la celebrazione del processo “Rinascita-Scott”. Riflettete: per la vita delle persone non ci sono fondi e non c’è tempo da perdere. E, invece, si trovano, in tempi record, per far allestire un’arena degna del Colosseo adatta a trasmettere l’immagine della “Calabria mafiosa” in tutto il mondo. La nostra vita, la nostra dignità, la nostra volontà non valgono il solo dito pollice dei nuovi imperatori. E noi, come il ragioniere Fracchia, continuiamo a balbettare le frasi sconnesse “Quanto è buono Lei…”, “Quanto è umano Lei” dinanzi ai tormentatori. Fracchia vive in ognuno di noi! Non è questo che ci sbatte in faccia il presunto scandalo EasyJet? Ci vergogniamo perché qualcuno ci dice la verità su come noi veniamo visti in Italia e nel mondo. Ma accettiamo supini, silenti e "contenti" tutto ciò che ci criminalizza. Si propone, e giustamente, la “Locride Capitale della Cultura 2025" facendo finta di non sapere che il mondo ci considera l'epicentro della “malavita". Calabresi cari, a me non va proprio di continuare a balbettare con voce tremante verso tutte le “autorità” le sillabe di Fracchia “Quanto è bravo Lei!” L’impressione è che in Calabria - ma probabilmente anche altrove - le autorità non siano affatto “brave” e ognuno di noi dovrebbe trovare il coraggio di dire forte e chiaro: “Sia pur tutti, io no”. Non sono un Fracchia! E la Calabria non è terra di vili. Ilario Ammendolia

Perché abbiamo ancora bisogno della giornata contro le vittime di tortura Venerdì si è celebrata la Giornata Internazionale per le vittime della tortura, una ricorrenza che ci ricorda come nel mondo (ma anche in Italia) i soprusi della Giustizia sfocino troppo spesso nella violazione dei Diritti Umani. Dal regime 41 bis alle frustate ancora in vigore in Iran sono tante le forme di pena che dovrebbero essere riviste e sulle quali ci aiuta a riflettere l’avvocato Giannetti, membro dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”.

È di questi giorni la notizia che la Corte di Cassazione, in pratica il Supremo Giudice Nazionale, ha mandato in Corte Costituzionale una questione di illegittimità a proposito di quello che si chiama ergastolo ostativo, che è anche detto “fine pena mai”: la decisione di mandare alla Consulta la scelta se aprire un’altra breccia contro la tortura di una detenzione senza rieducazione e, soprattutto, senza speranza di vedere riconosciuto il cambiamento che il diritto fondamentale dell’art. 27 recita nella nostra Carta, sembra un buon modo per parlare della Giornata Internazionale per le vittime della tortura (tenutasi venerdì 26 giugno). Sembra quasi una campana di quelle che suonano nel Paese per lanciare dei messaggi ai cittadini che si stanno occupando di altro: come se le Alte Corti, come le chiamava Marco Pannella, ci volessero dire che loro se ne stavano occupando, che loro continuano a inseguire e perseguire la tutela dei Diritti Umani con quelle decisioni coraggiose che arrivano come dardi per rammentare che l’appuntamento deve essere con lo Stato di Diritto e non con quello della vendetta. Certo, il tema è assai più che calzante là dove basta pensare che nei rapporti annuali del CPT si è più volte raccomandato all’Italia di abolire l’isolamento diurno e iniziare a fare delle riflessioni sul regime del 41 bis; non solo, è proprio nell’ultimo Rapporto Annuale reso pubblico a gennaio dal CPT che, in seguito alla visita di marzo dell’anno scorso fatta nelle carceri del Bel Paese, il Comitato aveva rilevato anche un troppo elevato numero di segnalazioni all’autorità giudiziaria per i maltrattamenti subiti in carcere. Di certo, a oltre 35 anni dalla sua istituzione, non si può dire che la “Convenzione contro la tortura e altre pene o tratta-

menti crudeli, disumani o degradanti” non sia ancora necessaria. Al contrario, il riconoscimento dei diritti uguali e inalienabili di tutti gli individui senza discriminazioni, come fondamento di libertà e giustizia, costituisce la base della battaglia ingaggiata dalla Convenzione per la tutela della persona contro la tortura. Ma cos’è la "tortura"? Alla domanda risponde la Convenzione stessa che, a scanso d’equivoci, ci mette, tra le previsioni, tutti quegli atti che infliggono dolorose sofferenze sia fisiche sia mentali per estorcere informazioni o confessioni, oppure anche solo per punire chi abbia commesso un fatto o ne sia solo un sospettato, per intimidire o discriminare. Ovviamente una cosa è certa per la Convenzione: la tortura non trova mai giustificazione, sia in tempo di guerra sia di emergenza, né per altre ragion di Stato. Ecco perché ogni Stato membro si impegna a non estradare chi nel suo Paese potrebbe essere torturato e ad attuare un controllo che ciò avvenga anche direttamente sugli altri Stati. Ed ecco perché, per evitare che rimanesse lettera morta, come spesso accade per i Diritti Umani e la loro difesa, la Convenzione che oggi ricordiamo ha istituito il Comitato per la Prevenzione della Tortura: perché ci fosse un osservatorio con i rappresentanti dei Paesi Membri che verificasse le carceri o le strutture di accoglienza dei profughi facendolo a sospresa. Ovviamente è prevista l’autorizzazione che lo Stato deve concedere per farsi controllare. Di certo le visite e i sopralluoghi che conduce il CPT non sono cose di poco conto per mantenere accesa l’attenzione sulla difesa dei Diritti Umani che, attraverso la violenza fisica o psichica, possano essere violati anche nei posti più difficili da accedere, come appunto le carceri o i

centri di accoglienza. Basti pensare ai centri della Libia che sono da tempo sotto i riflettori: le denunce per le torture subite sono cosa risaputa nelle Aule del Tribunale di Strasburgo, ma la politica continua un po’ a nicchiare purché ve ne sia opportunità. Del resto sappiamo che la tortura è il mezzo per assoggettare chi è più debole al più forte. In Italia abbiamo il Garante Nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale che si occupa come istituzione di tutelare i diritti di chi è privo della libertà di scegliere e che non può e non deve essere assoggettato a trattamenti inumani e degradanti. Nel mondo le cose non vanno meglio, anzi: soprattutto là dove manca la democrazia e lo Stato di Diritto cede il passo più a favore di uno Stato Etico, c’è per esempio ancora la pena di morte così come pure la tortura, che viene inflitta al condannato anche unitamente alla pena della reclusione: basti pensare che per mettere a tacere il diritto al dissenso, in Iran, hanno arrestato e condannato anche a frustate gli avvocati che hanno difeso le donne del White Wednesday, che si sono tolte l’hijab per vedersi riconoscere il diritto di scegliere. L’avvocata Nasrin Sotoudeh, che le ha difese, è stata incarcerata e condannata a 38 anni di carcere oltre che a 148 frustate. Decisamente possiamo dire che della Giornata del 26 giugno, istituita nel nome della Dichiarazione dei Diritti Fondamentali dell’Uomo e contro ogni forma di tortura che li voglia violare, abbiamo ancora tanto bisogno. Come una campana nel paese, mentre tutti sono intenti a fare altro. Simona D. Giannetti, Avvocato, membro del direttivo di “Nessuno tocchi Caino”


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R Case ecosostenibili: società

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e l’edilizia diventa a km zero Lo sviluppo sostenibile, le tecnologie rinnovabili e il basso impatto ambientale rappresentano, attualmente, i fattori chiave del sistema edilizio, soprattutto in relazione alle fasi di produzione dei materiali da costruzione. Ma la cosa più importante è che questo trittico può essere ottenuto a costi molto bassi, utilizzando materiali eco-compatibili, non solo nel caso di nuove costruzioni ma anche nel rinforzo di strutture esistenti.

“I temi della crisi climatica e dell’ambiente sono oggi al centro di un dibattito pubblico e sui media come mai in passato. C’è stato un cambio di maggioranza e il nuovo governo ha posto fra le priorità programmatiche un Green New Deal: una proposta che gli Stati generali della Green Economy sostengono da qualche anno come via per affrontare congiuntamente la crisi climatica e il rilancio dello sviluppo sostenibile dell’Italia”. Scrive così Edo Ronchi, del Consiglio Nazionale della Green Economy, nella relazione sullo stato di fatto per l’anno 2019. Le strategie europee incentrate sull'innovazione eco-efficiente, soprattutto nel settore dell'edilizia, sono sempre più orientate sull’utilizzo di materiali innovativi ed ecosostenibili, come fonte primaria per l’efficienza energetica. Questo è uno dei tanti obiettivi della Green Economy, sia a livello internazionale sia europeo e nazionale attraverso azioni, strategie e programmi operativi che coinvolgono ampiamente il settore edile e il processo di costruzione in tutte le sue fasi. Tra i principali riferimenti a livello internazionale, sul dibattito delle strategie messe in atto dalla Green Economy, come modalità avanzata del concetto di sostenibilità, si evince il lavoro svolto dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme, UNEP); pilastro centrale del sistema ambientale globale, con sede principale a Nairobi (Kenya) che ha pubblicato numerosi rapporti, con tema i percorsi di un’economia verde per lo sviluppo sostenibile e l'eliminazione della povertà. Si definisce con il termine “economia verde” il miglioramento del benessere umano e dell'equità sociale, in grado di garantire, allo stesso tempo, una significativa riduzione dei rischi ambientali e della scarsità ecologica. La transizione nel settore dell'edilizia da un'economia lineare a un'economia circolare è un processo che, sebbene più lento di altri settori, è attualmente in corso come risposta alla necessità di unire innovazione, competitività e sostenibilità ambientale. La "Rete di economia circolare in Italia", a cura del Circular Economy Network e del gruppo di lavoro ENEA, identifica dieci proposte operative. La prima riguarda la necessità di diffondere e arricchire la visione, la conoscenza, la ricerca e le buone pratiche dell'economia circolare. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso il risparmio e l’uso più efficiente delle materie prime e dell'energia, l'uso di materiali ed energie rinnovabili, prodotti più duraturi, riparabili e riutilizzabili, basati sull’utilizzo condiviso, sullo smaltimento rifiuti e lo sviluppo del loro riciclaggio. Il concetto è ancora più evidenziato tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile nella “Agenda 2030”, un programma organizzato in “17 Goals”. Gli

obiettivi prefissati costituisco un modello da seguire per ottenere un futuro migliore, l’uno in stretta relazione all’altro. Si evincono anche in questo caso: l’energia accessibile e pulita, le città sostenibili, l’innovazione imprenditoriale e delle infrastrutture, ma soprattutto emergono, al diciassettesimo obiettivo, le partnership e le collaborazioni tra i diversi ambiti di applicazione, sia a livello internazionale ma soprattutto a livello regionale e locale. Tutti temi strettamente legati al campo delle costruzioni: lo sviluppo sostenibile, le tecnologie rinnovabili e il basso impatto ambientale rappresentano, attualmente, i fattori chiave del sistema edilizio, soprattutto in relazione alle fasi di produzione dei materiali da costruzione. Ma la cosa più importante è che questo trittico può essere ottenuto a costi molto bassi, utilizzando materiali eco-compatibili, non solo nel caso di nuove costruzioni ma anche nel rinforzo di strutture esistenti. L’elemento peculiare che distingue un intervento di tipo tradizionale da uno innovativo e sostenibile, è sicuramente il materiale. Ma la sostenibilità dell’intervento è ancora più marcata se i materiali impiegati sono di “produzione locale”, contribuendo alla riduzione delle emissioni causate da spostamenti in termini di chilometri percorsi e agevolando il sistema economico delle micro e Piccole e Medie Imprese calabresi. In termini di uso dei materiali ciò si traduce nel coniugare tutte le strategie costruttive e tecnologiche adottate, sia rispetto alla struttura dell’edificio che al suo involucro, in linea con i principi e gli obiettivi dell’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile rispetto a una economia circolare, legata al territorio circostante, alla specificità dei luoghi e alla riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trasporti. Favorire l’uso di materiali locali, sia per l’involucro che per i componenti strutturali, è un tema che introduce molteplici aspetti, non sempre facilmente coniugabili, relativi alla necessità di riduzione del consumo di risorse da un lato e alle esigenze di incentivazione della realtà produttiva territoriale locale dall’altro, a cui si associa l’esigenza di riaffermare una rinnovata riconoscibilità dei luoghi attraverso aspetti materici fortemente caratterizzanti i territori stessi. Così facendo, è inevitabile ottenere un incremento della domanda di materiali lavorati o prodotti in ambito regionale, una riduzione degli impatti sull’ambiente derivanti dal trasporto, nonché un’elevazione del livello di riconoscibilità dei luoghi, agevolando la microeconomia imprenditoriale a carattere locale. Tutto quello che serve per un futuro migliore in accordo con gli standard europei. Rosamaria Codispoti

Il fiume carsico delle discariche calabresi L’emergenza rifiuti, nella nostra regione, si è tramutata in un vero e proprio fiume carsico che attraversa tutto il territorio, viziandone la produttività e azzoppandone l’economia e la salute dei residenti. Se si è giunti alla situazione odierna è anche a causa del vizio di ragionare sempre in emergenza, adottando soluzioni tampone che non divengono mai definitive. Sarebbe allora il momento ideale di rompere davvero con questo schema e cambiare radicalmente la rotta della gestione regionale.

La Calabria è la terra delle continue emergenze, tanto continue che si presentano come fenomeni regolari, quasi naturali. L’emergenza, invece, è qualcosa d’imprevedibile, che emerge all’improvviso, non certo una discarica che si riempie. Nella nostra Regione, nel settore dei rifiuti, regna uno stato di abbandono e nessuno segue le tante discariche disseminate su tutto il territorio calabrese? Periodicamente ci troviamo sommersi dai rifiuti, ma la Regione resta cieca. Quando poi il territorio diventa una grande discarica arriva il provvedimento tampone. Ma proprio perché tampone non risolve il problema. Ai tempi della presidenza Scopelliti sindaci e stampa hanno elevato proteste, minacciando di non pagare il canone; ci sono stati provvedimenti provvisori e, oggi, siamo di nuovo invasi dai rifiuti. La Regione non sa dove e come smaltire e i cittadini pagano e si tengono i rifiuti in casa o li depositano nelle strade. Per la “mondezza”, oggi, occorrono strumenti nuovi: nella nostra società consumistica viene prodotta in tale quantità da non essere contenuta nelle attuali discariche improvvisate. Eppure ne sono state scavate tante! Ma non sono sufficienti. Che fare? È un grosso problema che l’attuale Amministrazione Regionale eredita dal passato e deve risolvere. Come s’è arrivati a questo punto? Semplice: in Calabria è mancata una programmazione sullo smaltimento. Si è andati avanti alla giornata scavando buche, più o meno regolari, chiamate discariche, prive di quei controlli che le leggi prevedono. In poco tempo le mini discariche venivano riempite di ogni genere di rifiuti. Qualcuno dice di avere visto arrivare camion provenienti da varie parti d’Italia e scaricare indisturbati. Così, in poco tempo la discarica è satura e bisogna aprirne un’altra che subisce la stessa sorte e scoppia nuovamente l’emergenza. Con questa politica la mondezza s’è mossa come un fiume carsico lasciando nel suo percorso, lungo quanto la Calabria, terreni infettati e malati. Lo stupro d’un territorio fertile e ameno come quello calabrese, oltre ai danni sulla salute degli uomini, registra quelli a carico dell’agricoltura e della zootecnia. Tutta la Calabria, periodicamente si trova invasa dai rifiuti; appena il fiume carsico emerge i rifiuti ce li troviamo in casa, sui marciapiedi, nelle piazze, nei valloni, nel mare. Eppure la gente non s’indigna o, almeno, non lo fa in modo tale che la Regione, finalmente, si renda conto che questa rete d’interessi deve essere tagliata. Non si può dire ancora alla gente di avere pazienza, che presto sarà approntata una nuova discarica. Il sistema degli smaltimenti attuali va modificato radicalmente. La Presidente della regione Calabria deve capire che la politica dei pannicelli caldi non regge

più; va individuata una soluzione definitiva in sintonia con quanto avviene nelle parti più progredite d’Italia e d’Europa. La regione Calabria è lunga circa trecento chilometri e larga novanta: non è difficile individuare un sito per impiantare un termovalorizzatore di ultima generazione, fermando finalmente il fiume carsico che prima o dopo travolge tutti. I soldi ci sono. C’è una contabilità sull’attuale sistema di smaltimento? Quanto ci costa? I cittadini hanno diritto di sapere! La Presidente della Regione Calabria, la prima donna a occupare tale carica, dimostri che è capace di abbandonare l’andazzo del passato e del presente legato a piccoli interessi di cordata e inauguri una fase nuova. Ha abbastanza esperienza politica per capire che oggi bisogna servirsi della più avanzata tecnologia sullo smaltimento. I soldi per un termovalorizzatore si trovano: basta cercarli. E poi la mondezza, ben trattata, può produrre denaro. Si muova, Presidente! Dimostri ciò che le donne sanno fare. Bruno Chinè


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Addio Antonio, faremo tesoro del tuo esempio

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Il nostro viaggio è iniziato tanto tempo fa… Ma tu sei colui che è volato più in alto di tutti. Tu sei sempre stato il primo a metterci braccia, cuore e passione, la stessa passione che hai dedicato da sempre al nostro paese e alla nostra Associazione. Quante risate, quante avventure e soprattutto quanti discorsi e riflessioni fatte insieme… “Vale la pena sbattersi per il

nostro paese o è meglio lasciare tutto e iniziare una nuova vita lontano da qui?” La risposta per tutti noi è stata ed è sempre la stessa: “Amiamo Mammola”. Hai dato il massimo con noi, facendo promozione del nostro bellissimo paese in tutti i modi. Adesso continua e non ti fermare, continua con la tua stessa passione a promuovere la nostra Mammola

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Il lungo periodo di isolamento ci ha regalato lunghi pomeriggi di riflessione, in cui è stato inevitabile andare con la memoria ai tempi in cui la vita appariva più semplice. E mentre nel mondo tanti sono i dubbi e le paure legate alla pandemia, le recriminazioni che possiamo fare ai governi e le incognite per il futuro, tornare con la mente a quelle giornate serene è un momento d’evasione al quale non possiamo rinunciare. Alle dieci del mattino eravamo pronti per andare in spiaggia, il sole era già alto. Il mare azzurro e calmo ci invitava a raggiungerlo. Non avevamo tanto bisogno di esortazioni, le solite raccomandazioni di mamma e via. Abitavamo vicino alla strada: la ferrovia e, a pochi metri, la spiaggia. La sabbia era bianca, certo non si poteva raggiungere l’acqua senza gli zoccoli di legno: la sabbia era molto calda e bruciava se i piedi erano scalzi! Raggiungevamo la spiaggia di corsa. Raggiungevamo, perché eravamo sempre il solito gruppo: compagni di scuola, di giochi e di nuoto. Allora a Siderno non c’era il lungomare. Quanto era bella la spiaggia libera, solo poche cabine, i camerini di legno usati dai ricchi, noi al sole, tuffi e rituffi, l’acqua era limpida, cristallina come l’aria, come il sole bianco e il cielo azzurro. Non una nuvola per giorni e giorni. Luglio, Agosto e buona parte di Settembre… per un po' d’ombra, le barche dei pescatori quando erano a secco sulla spiaggia. Il bello era la sensazione che si provava: caldo, ma l’acqua lo mitigava di molto ed eravamo felici di entrarvi e uscirvi! Tanto sole bruciava le spalle, il petto, allontanava i dolori dell’inverno. Si correva, e quando le piante dei piedi bruciavano, subito in acqua! Era una sensazione che non può ricordare chi non l’ha provata a undici, dodici anni! Allora era un altro mondo, eravamo molto ingenui, era appena finita la guerra. Solo poche fortunate famiglie avevano la FIAT, erano ancora diffusi gli asini, i barrocci e cavalli. Funzionava il treno, che dopo una notte, raggiungeva la Capitale. Dopo le ore della mattinata, nel primo pomeriggio, ancora sulla spiaggia, seduti dietro tutto ciò che proiettava ombra! Seduti sulla sabbia calda, facevamo i progetti per i giorni successivi, mentre ognuno vantava le distanze percorse in apnea durante il bagno mattutino. Circondati dall’odore dell’acqua marina, dal lieve suono dell’infrangersi delle onde sulla battigia, si era in un ambiente veramente sensazionale. Ora, chiudendo gli occhi, rivedo tutti i compagni del gruppo, posso sentire le loro voci e, soprattutto, ricordo quelli scomparsi! Tutti i sogni sono svaniti. Aprendo gli occhi mi ritrovo in una realtà indesiderata! Tutt’intorno, allora, si spandeva l’acqua dal corpo bagnato! Quanto è confortante, oggi, riprovare, con il pensiero, la gioia di quegli istanti felici. La gioia è un dono che ci viene regalato, pensateci, da chi sta in alto! Allora non lo sapevamo, sicuri che tutto ci fosse dovuto. Naturalmente, ora che gli anni si sono sommati di corsa e sembra che non si vogliano fermare, ci accorgiamo che l’uomo è stato sempre, volente o nolente, sotto due padroni: l’Essere Superiore, presso il quale si rifugia chi crede, e il denaro, nel quale crede la restante parte! Che serenità, allora, sulla spiaggia! Quasi l’onesto buonsenso si rifiuta di fare certe considerazioni! Credere porta ad amare, a rispettare il prossimo e porgere spesso l’altra guancia; il denaro porta invece al sopruso, tanto è grande il desiderio di possederlo! Non si ama il prossimo, ma lo si uccide pur d’impossessarsi dei suoi averi! Si parlava di realtà indesiderata, pur avendo raggiunto dei traguardi, allora, inimmaginabili, il lavoro, la pensione! Non è stato tutto facile come scrivere, passo dopo passo, sacrificio aggiunto a sacrificio, rinuncia a rinuncia per svegliarsi un mattino e trovarsi sotto un nemico invisibile che ti minaccia di morte e rende vano tutto il lavoro eseguito in passato! E mentre prosegue il dibattito relativo all’origine del virus e a come combatterlo, ritorno con la mente a parlare del mare, della sabbia che scotta sotto i piedi, i tuffi, l’acqua cristallina, gli asini e tanta, tanta libertà e salute! L’albatros

Questo spazio è riservato a te. 1200 battute per lamentarti o complimentarti con noi, fare segnalazioni, raccontarci le tue esperienze, potrai inviarci foto degli scorci del tuo paese o video se hai un talento nascosto. Saremo lieti di risponderti pubblicamente, daremo voce al tuo pensiero e ti daremo visibilità sui nostri social. Sii parte integrante di questa realtà

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Allora…

davanti al nostro Signore. Sì, Antonio! Perché proprio lui ti ha scelto e voluto al suo fianco, privandoci di uno dei nostri Pilastri. Faremo tesoro del tuo esempio fiduciosi del fatto che un giorno ci ritroveremo nuovamente tutti insieme. Ciao Vice Presidente! Ciao Ntoni Napoli! La Pro Loco di Mammola

Un’opera segno per far rivivere le Comunità Il vescovo della Diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva ha inaugurato nei giorni scorsi, in contrada Russellina del Comune di Benestare, il parco giochi “La speranza siamo noi”, pensato per i più piccoli e per i bambini speciali e aperto a tutte le realtà del territorio.

La Chiesa della Locride raggiunge le periferie e costruisce ponti per il futuro. È questo il senso profondo dell’ideazione e costruzione di un innovativo parco giochi inaugurato nei giorni scorsi in contrada Russellina, nel comune Benestare. «Questa è una piccola grande opera che è destinata ai bambini e, come ogni cosa che riguarda i piccoli, guarda al futuro». Lo ha detto Monsignor Francesco Oliva, Vescovo di Locri-Gerace, nel corso dell’inaugurazione del parco giochi denominato “La speranza siamo noi”. Si tratta di “un’opera segno”, pensata per i più piccoli e per i bambini speciali, che è stata realizzata nell’ambito del progetto Costruire Speranza; un progetto portato avanti dalla delegazione Regionale Caritas Calabria e finanziato dalla CEI grazie ai fondi dell’8x1000 destinati alla Chiesa Cattolica. È stata un’idea felice – ha proseguito il vescovo

– perché si trova in un’area che è un crocevia di più località e sarà un punto di incontro delle famiglie. Questa opera viene consegnata alla Comunità – ha concluso Monsignor Oliva, – va curata e non bisogna abbandonarla.» Nel corso della manifestazione don Rigobert Elangui, Direttore della Caritas di Locri-Gerace e Parroco di Benestare, ha ricordato che «la finalità principale dell'area sportiva con annesso parco giochi è quella di formare e accompagnare le famiglie e i giovani in un percorso di consapevolezza delle proprie risorse, accrescendone e promuovendone un rinnovato senso di legalità e giustizia nel rapporto con le cose e nella relazione con le persone.» L’inaugurazione è stata coordinata da Francesco Squillaci, che ha ringraziato i presenti e tutti i coloro che hanno contribuito a rendere possibile l’apertura del parco giochi, come Giuseppe Zappia e altre persone della comunità, e Francesca Pelle, del progetto Policoro. «L’obiettivo è quello di dedicare uno spazio socio-culturale per i giovani – ha dichiarato Antonella Schirripa, della Caritas Diocesana, – e costruire un futuro migliore.» Sull’aspetto tecnico è intervenuta Rosamaria Codispoti, che ha redatto il progetto e seguito i lavori realizzati dalla ditta Chiarantano, la quale ha sottolineato che l’opera è stata installata seguendo lo standard locale e quello europeo di sviluppo ecosostenibile, la valorizzazione dei luoghi, l’illuminazione con energia solare con una “giostra inclusiva” e un luogo di generale condivisione. Il sindaco di Benestare, Domenico Mantegna, ha ricordato l’impegno dell’amministrazione comunale: «Appena è stata proposta l’idea di questo parco giochi abbiamo proceduto a snellire tutte le pratiche, dimostrando che si può superare la burocrazia e consegnare un’opera alla Comunità. In questa circostanza ringraziamo la Chiesa per quanto ha fatto e ricordiamo che questo parco giochi è aperto a tutti i bambini del Comprensorio».

Le alluvioni: alla riscoperta di Africo L’associazione “Benessere per la Jonica” ci invita a riscoprire un borgo affascinante e straordinario, che potrebbe divenire meta turistica ideale per chi non conosce i gioielli della nostra terra: parliamo di Africo Vecchio, abbandonato dopo una tremenda alluvione che ne ha segnato la storia e il cui ricordo dovrebbe fungere da monito per effettuare una corretta prevenzione del dissesto idrogeologico che assilla il nostro territorio.

Per la salvaguardia del territorio, la Jonica calabra non deve dimenticare le sue alluvioni che, poco o tanto, ogni anno, colpiscono gli abitati, fanno crollare i ponti, spaccano le montagne, fanno allagare le fiumare e annegano i raccolti. È una specie di catastrofe ecologica che sta passando in sordina, alla cui minaccia si deve porre riparo senza indugio se non si vuole che il nostro territorio rimanga alla mercé di frane e piogge depauperando un bene culturale e naturale, oltre che il tessuto storico e sociale di una comunità di cui andiamo orgogliosi. Occorre avere consapevolezza che qualsiasi evento storico, per quanto nefasto possa essere, è sempre posto su una via che porta al positivo e può sempre avere un risvolto costruttivo. L’associazione “Benessere per la Jonica” desidera riproporre, tra i tanti meravigliosi posti del litorale locrideo colpiti negli anni da eventi naturali (principalmente nell’alluvione del 1951), Il borgo di Africo, ricco di storia e di mistero, da rilanciare turisticamente, meta per coloro che non conoscono i gioielli della nostra terra. La storia di Africo è simile a quella di tanti altri piccoli centri dell’entroterra Calabrese, di origine grecanica, che sono stati spazzati via da eventi naturali. Infatti Africo fu devastato in maniera molto pesante da un’alluvione nel 1951, assieme a Casalinuovo, avviando un’emigrazione verso il mare del quale molti abitanti non conoscevano nemmeno l’esistenza, nei pressi del quale sarebbe sorto il nuovo abitato. Secondo un'antica leggenda Africo deriva dal nome greco ‘Aprìcus’ che significa arioso e soleggiato, proprio per la sua incantevole posizione. La collocazione dei luoghi in cui ebbero origine i primi centri come Africo si deve alla necessità di proteggersi dagli attacchi dei nemici; purtroppo però gli eventi non sono stati favorevoli. Proprio per essere difficilmente espugnabile Africo fu fondata a ben 700 m di altitudine sui monti dell'Aspromonte; la zona però è stata frequentemente vittima di grande siccità e le carestie hanno spesso messo a dura prova gli abitanti. La nuova Africo fu costruita sulla costa, sul litorale Jonico, in un’area che apparteneva al comune di Bianco, tra capo Bruzzano e la fiumara La Verde. Le notizie su questo antico borgo sono davvero poche: le prime risalgono attorno all’anno 1000 derivanti dalla storia del Patrono San Leo, anche se alcuni scritti parlano dell'esistenza antecedente del borgo, in un luogo non lontano, e sarebbe da immaginare un’antica delocalizzazione dovuta a chissà quali altri nefasti eventi naturali. Tuttavia la prima menzione ufficiale di Africo risale al 1172, ovvero attraverso una citazione della stessa festa di San Leo, il 5 Maggio. Ancora notizie si hanno della donazione della stessa

Africo da parte dell’imperatore Arrigo IV all’arcivescovo di Reggio Calabria assieme a Bova e Castellace. Grazie a un ordinamento Francese, il centro mantenne la sua autonomia incluso nel Cantone di Bova sino al 1816. Il centro conobbe poi le difficoltà che quel territorio sa dare e quindi fu danneggiato dal terremoto nel 1905 e ancora nel 1908. Il centro fu ristrutturato e completato nel 1930 ma le alluvioni, prima del 1951 e poi del 1953, ne decretarono la morte. Africo oggi è un insieme di ruderi attorno al bellissimo monastero di San Leo. Paradossalmente il centro attuale, che si trova sulla costa, ha la quasi totalità del territorio comunale alle falde dell’Aspromonte, tra antichissime foreste, monti e torrenti; insomma, un paesaggio naturale di grandissima suggestione. Africo non è turistica, non lo è il centro antico, non lo sono i percorsi naturalistici e nemmeno le sue spiagge ancora intatte. Insomma, è un mondo ancora da scoprire, esattamente come lo è il villaggio di Casalinuovo, frazione di Africo, abbandonato a causa della stessa alluvione del 51. I borghi di Africo e Casalinuovo, abbandonati, erano adagiati su due costoni della montagna, dirimpettai, divisi da una fiumara affluente del La Verde. Poche centinaia di metri li separavano. Non vi era collegamento stradale, nel senso comune del termine, ma una mulattiera che, con ghirigori, era lunga più di tre chilometri. Vale la pena di intraprendere verso questi luoghi un piacevole viaggio che sicuramente diventerà una porta attraverso la quale si esce dalla realtà giornaliera per penetrare in una realtà inesplorata che sembrerà un sogno. Franco Napoli


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CALABRESE PER CASO di Giuseppe Romeo

Turismo per l’ingrasso, ma alla fine si farà dieta Direi che tra gli argomenti di cui ho scritto negli anni quello sul turismo forse è il più frequente così come, d’altra parte, è il tema maggiormente presente nelle fantasie politiche di crescita o nei sogni di bambini mai adulti che vorrebbero essere alla pari di altre esperienze ma senza avere, possibilmente, lo stesso stress da lavoro o da pensiero. Lasciamo stare ciò che si poteva fare o si è fatto o forse si farà, in coda all’inerzia di sempre emergenza sanitaria permettendo, se questo è ancora un buon alibi per immobilizzare un Paese o una regione - e vediamo dove siamo arrivati utilizzando un indicatore semplice: la pubblicità del sentito dire, del chiacchiericcio da pianerottolo del condominio e, oggi, la telefonata radiofonica del mattino. Quella telefonata che ogni giorno contrassegna il quotidiano del chiunque sintonizzato, che crede di aver qualcosa da dire a un mondo appena svegliatosi, magari mentre è in viaggio verso la solita meta lavorativa o mentre si sente affaccendato da prodezze casalinghe e nella radio trova quel conforto, o quella compagnia, che gli rende meno triste lo scorrere del tempo. Ebbene,

tra le tante telefonate che ascoltiamo nella nostra felice passività, qualche giorno fa vi è stata una gentile ascoltatrice che ha preso in parola lo spot personalizzato della Calabria quale località da scegliere per la non più prossima estate il cui unico rischio, per chi volesse avventurarsi tra le sue coste, sarebbe quello di vedersi colpito nella tenuta della propria forma fisica. Un pericolo da mettere in preventivo nel rischiare di raccogliere qualche chilo in più per effetto della nostra, risaputa, ospitalità gastronomica. Una telefonata come tante, è vero, ma che si è capovolta nel solito e forse non tanto meravigliato commento del conduttore. L’ascoltatrice, confidando alle frequenze che aveva preso in esame la possibilità di trascorrere quest’anno le vacanze in Calabria, attirata da una pubblicità senza veli, con il suo accento nordico o similpadano, ha iniziato raccontando la sua avventura esplorativa, al momento solo telefonica, a Sud. E, cioè, aveva chiesto a un operatore turistico calabrese delle informazioni sui servizi offerti e sui posti visitabili. Insomma, sul come e in che termini poter gestire/organizzare una vacanza in Calabria. Ora, la risposta dell’operatore turistico

doveva essere probabilmente aperta a una promozione senza remore tenendo conto che a certe latitudini l’organizzarsi per il cliente è quasi una condizione di vita e non un orpello. Tuttavia, l’ascoltatrice, dimostrando molta sorpresa e forse sottovalutando che il nostro vivere alla giornata è un sistema se non una cultura che ancora oggi sfugge ai più, ha confessato senza mezze misure che l’interlocuzione si è risolta con un “non mi faccia perdere tempo” e con il suggerimento di prenotare e che ogni indicazione su cosa fare e cosa vedere gli sarebbe stata fornita una volta giunta a destinazione. Ora, credo che ci possa stare tutto. Ci può stare la verità intrinseca delle parole dell’ascoltatrice quanto il dubbio che tale telefonata, per chi ama le complicazioni e il mal pensare malizioso, possa essere stata una trovata per contenere una possibile competitività della regione rispetto ad altre e più blasonate destinazioni. Però, sia che si tratti di una telefonata fatta in totale buona fede o che si possa sospettare anche l’essere una sorta di operazione strumentale artefatta, il risultato è che ne usciamo ancora una volta sconfitti. Nel primo caso, se la telefonata fosse sinceramente pervenuta quale

manifestazione, seppur in una confidenza allargata, di un disappunto, i commenti sarebbero tanti, ma uno solo forse li avrebbe riassunti tutti: siamo ancora a questo punto! Nel secondo caso, ovvero se si trattasse di un’operazione di disinformazione finalizzata a far perdere terreno alla Calabria in termini turistici, allora mi chiedo dove è il controllo, la dignità, la difesa e la reazione in questo come in altri casi di una terra che non difende mai se stessa quando deve mettersi in gioco. Una terra che, al contrario, lo fa benissimo quando deve commiserarsi e piangersi addosso assumendo iniziative discutibili e poco lungimiranti. Una terra che passa dalla pubblica manifestazione della fragilità sanitaria senza mezzi termini per giustificare l’incapacità di poter gestire un’emergenza – come se questo aspetto non fosse importante nell’attirare o meno turisti al di là delle acrobazie culinarie possibili – al credere che prendendo per la gola il turista si possa fare a meno di curare quel porta a porta che si consuma in ogni angolo del Paese, dal bar, al condominio o nelle frequenze di una radio qualsiasi.

Il tempo dei ricordi Il nostro viaggio dei ricordi prosegue ripercorrendo la settimana che va dal 28 giugno al 4 luglio.

Accade che…

28 Giugno Accade che: 1914 (106 anni fa): Francesco Ferdinando d’Asburgo d’Este e sua moglie Sofia vengono uccisi, a Sarajevo, dal nazionalista serbo Gavrilo Princip. L’episodio diventerà la causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. 1919 (101 anni fa): Viene firmato il trattato di Versailles che pone ufficialmente fine alla Prima Guerra Mondiale. Nati oggi: 1662 (358 anni fa): Nasce a Rose (Cosenza) Gaetano Argento, giurista. Per il suo straordinario sapere giuridico, Carlo VI, re di Napoli, lo nominò Reggente del Consiglio Collaterale e, nel 1714, Presidente del Sacro Regio Consiglio. Si oppose organicamente alle pretese della chiesa di limitare la sovranità della Monarchia. E in questa direzione si pronunciò nell’opera “De Re Beneficiaria Dissertationes tres”. Molte sue opere, note sotto il titolo di “Consultazioni”, sono rimaste inedite. Muore a Napoli il 31 maggio 1730. 29 Giugno Accade che: 2007 (13 anni fa): L’iPhone, rivoluzionario smartphone della Apple, viene reso disponibile sul mercato statunitense alle 18:00 locali, in tutti gli Apple Store. 2013 (7 anni fa): Papa Francesco pubblica la sua prima enciclica, dal titolo “Lumen fidei”. Il testo è stato iniziato da Benedetto XVI durante il suo pontificato, poi consegnato al suo successore Francesco, che ne ha esteso e firmato il lavoro. Nati oggi: 1876 (144 anni fa): Nasce a Cittanova (Reggio Calabria) Vincenzo Gerace, saggista, romanziere e poeta. Purista della poesia classica, sferra un violento attacco all’estetica del Croce con il saggio “La tradizione e la moderna barbarie”. Nella sua poesia cercò costantemente Dio, come ne “Il fonte della vita” e ne “La fontane nella foresta”. Nel 1907 pubblica a Napoli “La Grazia”, il suo unico romanzo, che racconta un personaggio in crisi, Lorenzo. Muore a Roma il 18 maggio 1930. 30 Giugno Accade che:

1936 (84 anni fa): viene pubblicato “Via col vento”, di Margaret Mitchell, l’unico romanzo della scrittrice statunitense, alla cui celebrità ha contribuito l’omonimo colossal cinematografico di Victor Fleming del 1939. 2009 (11 anni fa): Durante il volo Yemenia 626 un Airbus A310 con a bordo 153 persone precipita nell’Oceano Indiano, al largo delle isole Comore, fra Mozambico e Madagascar. Sopravvivrà solo un ragazzo di 14 anni. Nati oggi: 1768 (252 anni fa): nasce a New York Elisabeth Monroe, moglie di James Monroe, quinto Presidente degli Stati Uniti. Ha iniziato il suo mandato come First Lady il 4 marzo 1817. Rieletto il marito a un secondo mandato nel 1820, rimase nel suo ruolo fino al 3 marzo 1825. Durante il mandato di suo marito, Elisabeth non rimase affascinata dalla società di Washington e, insieme alla figlia, cercò di creare un ambiente più esclusivo, riflettendo le usanze francesi. Muore a Richmond il 23 settembre 1830 1 Luglio Accade che: 1862 (158 anni fa): Viene fondata la Biblioteca russa di Stato, in precedenza Biblioteca Lenin, familiarmente Leninka. Ha sede a Mosca ed è una delle maggiori biblioteche al mondo. 1908 (112 anni fa): Viene adottato il segnale SOS come segnale internazionale per la richiesta di soccorso. Espresso in codice Morse, si caratterizza per la propria semplicità di codifica: tre punti, tre linee, tre punti. Scomparsi oggi: 1950 (70 anni fa): Muore a Cosenza Mariano Salerno, poeta. Nato a Rovito (Cosenza) il 18 luglio 1889, iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Torino, non riuscì a conseguire la laurea essendo partito per la Prima Guerra Mondiale. Egli amava la poesia e pubblicò con lo pseudonimo di Vatalaro in lingua dialettale il volumetto: “Orazio, odi scelte” e “Bacco, Cerere, Venere”. 2 Luglio Accade che: 1871 (149 anni fa): Vittorio Emanuele di Savoia entra solennemente a Roma, dopo averla conquistata a discapito dello Stato Pontificio. L’episodio, sancisce

l’annessione di Roma al Regno d’Italia. 1937 (83 anni fa): Amelia Earhart, aviatrice statunitense, e il suo navigatore Fred Nolan scompaiono nell’oceano Pacifico mentre tentano di compiere il primo giro del mondo in aereo sulla linea dell’equatore. Nati oggi: 1832 (188 anni fa): Nasce a Nicotera (Vibo Valentia) Domenico Russo, pittore. Si dedicò anche alla scrittura creativa. Tra le sue opere: “La fanfara di Rosario”. Muore a Nicotera il 13 febbraio 1907. 3 Luglio Accade che: 1972 (48 anni fa): Nasce la Federazione unitaria CGIL,CISL, UIL. 1985 (35 anni fa): Francesco Cossiga presta giuramento come ottavo Presidente della Repubblica Italiana; era stato eletto il 24 giugno con 752 voti su 977. Nati oggi: 1837 (183 anni fa): Nasce ad Acri (Cosenza) Francesco Maria De Simone, saggista e scrittore. Tra le sue opere: “Saggio di Canti basilichi e salernitani”. Incompleto e inedito è rimasto il suo “Vocabolario etimologico calabrese”. Muore ad Acri il 2 ottobre 1897. 4 Luglio Accade che: 1776 (244 anni fa): Durante la rivoluzione americana, il Congresso Continentale approva la Dichiarazione d’Indipendenza dalla Gran Bretagna. Nascono così gli Stati Uniti d’America. 1865: (155 anni fa): Viene pubblicato “Alice nel paese delle Meraviglie”, scritto da Charles Lutwidge Dodgson, sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll. Scomparsi oggi: 1826 (194 anni fa): Muore a Monticello (Virginia) Thomas Jefferson, politico, scienziato e architetto statunitense. Nato il 13 aprile 1743 a Shadwell (Virginia), è stato il terzo Presidente degli Stati Uniti d’America, considerato uno dei Padri Fondatori della nazione. Aforisma della settimana: “Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa.” Lev Tolstoy Rosalba Topini


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GIUDIZIARIA

Sul Mandato d’arresto Europeo

A TAVOLA CON BLUETTE

Pasta con le sarde Ben ritrovati questa settimana andiamo in Sicilia con una ricetta antichissima a darcela è la star del momento il mio amico Cristiano Malgioglio. Difficoltà: Media Preparazione: 50 Costo: min. Cottura: 35 min. Medio Dosi: 4 Persone INGREDIENTI : Finocchio selvatico, bucatini 320 gr., sarde 500 gr.; cipolla 80 gr., uvetta 30 gr., pinoli 25 gr., 5 acciughe sottosale, olio, zafferano, sale, pepe q.b. .

FRUTTI DIMENTICATI

Piru mbutirru di Ferruzzano PIRUS COMMUNIS L. FAMIGLIA ROSACEE Ogni territorio aveva le propria varietà di peri o altre varietà di ulivi, di viti, di semi che derivavano sicuramente da mondi lontani, portati da popoli in fuga di fronte a invasioni e a fatti negativi come le guerre. Talvolta essi erano frutto di progetti studiati da autorità politiche che decidevano di trasferire altrove parte della popolazione che non poteva trovare più spazio nella terra d’origine e ciò successe al tempo della colonizzazione magno greca. In seguito ci fu la deduzione di colonie di diritto romano e latino da parte di Roma quando la guerra portata nell’attuale Calabria da Dionisio di Siracusa la trasformò in campo di battaglia che distrusse la grecità a favore inizialmente anche dei bretti, che dal nord dilagarono verso sud, massacrati in seguito dai romani per la loro collaborazione con Annibale. La guerra contro gli ostrogoti da parte di Giustiniano desolò tutta l’Italia, per cui ci fu la necessità di ripopolarla con popoli provenienti da oriente; in altri termini la ricchezza della biodiversità della Calabria deriva da tragedie storiche che si sono consumate nel passato in terre non certo vicine. Sarebbe interessante avere il database di ogni genere di piante usate in agricoltura, ma per il momento esso è disponibile in internet solo per il settore delle viti, a cui sanno accedere solo gli specialisti e gli studiosi del settore. Una riprova di tutto ciò la ebbi personalmente verso la metà degli anni ‘80, quando mi recai in visita dal mio defunto amico Bruno Casile di Cavalli di Bova, raffinato ellenofono ed esperto del mondo dell’agricoltura. Incontrando un suo amico, appartenente ai D’Aguì, si fermò a parlare con lui che l’invitò a cogliere da una pianta delle pere che Bruno riconobbe appartenente alla varietà Romana, che in questo caso significava bizantina. Egli, ritualmente quasi tutti gli anni si recava in Grecia e di tale nazione tanto vicina a noi, egli era attratto particolarmente da Creta e di tale isola, fondamentalmente dalla cittadina di Heraclion, dove era diffusissima tale varietà di pero. In ricordo di tale episodio, ritornai dopo la morte di Bruno in contrada Cavalli, ma un incendio aveva distrutto la pianta che era a portata di mano in quanto vicino alla strada. Di conseguenza, per mantenere il nostro patrimonio vegetale, sarebbe necessario organizzare dei campi di salvataggio e, addirittura, di recente, a un dirigente

Procedimento: 1) Affettate la cipolla e versatela in una padella insieme a l’olio e le acciughe, fate rosolare per 10 min., versate lo zafferano e unite le sarde pulite. 2) Aggiungete l’uvetta, pinoli granella. Mescolate e proseguite la cottura per altri 10 min.. 3) Mettete una pentola sul fuoco con abbondante acqua e lasciate che raggiunga il bollore. 4) Sbollentate il finocchietto selvatico e toglietelo. 5) Lessare la pasta nell’acqua dove avete sbollentato il finocchietto. 6) Tostate il pane. 7) Quando la pasta è cotta scolatela e versatela nella padella. Fatela saltare per un minuto. 8) Impiattate e spolverate con il pane tostato. Alla prossima ricetta !!! Seguitemi anche su Fb: Bluette Cattaneo - A tavola con Bluette -Tv Bluette Instagram e Tick Tock : Cattaneo Bluette

dell’Arpa Emilia Romagna, ora vicino alla pensione, ha proposto alla presidenza di un’organizzazione mondiale guidata da un cittadino della Locride di creare tre campi: uno in Calabria, uno nel Lazio e un altro in Emilia Romagna in collaborazione con un altro stato, ricchissimo di biodiversità, che è il Libano. Ritornando alla premessa costituita dal titolo di tale breve lavoro per la Riviera, mi ricordo della varietà della Mbutirra, che di norma maturava tra la fine di agosto e i primi di settembre ed era incredibile per la finezza dei suoi frutti. Essa era una varietà di ”sorta”, quindi degna delle vigne e proprio in esse veniva messa a dimora, innestata non su un perastro, in quanto esso non può essere estratto dal campo in cui nasce per la diffusione di semi, perché è dotato di radice fittonante che va in profondità e quando si strappa dalla terra, anche quando è di qualche anno, esso muore, oppure se sopravvive, produce solo radici superficiali che non fanno prosperare la pianta stessa. Invece per le vigne, usavano un portainnesti chiamato pero “natu sulu”, in quanto nasceva dai semi di qualche pera ed emetteva delle radici che andavano in profondità anche dopo un trapianto da un posto all’altro. In riferimento alla varietà Mbutirra, ancora, fino agli inizi degli anni 50 del 900, riusciva a maturare con successo i suoi frutti deliziosi, di pezzatura medio grande, piriformi, dal peduncolo contorto e lungo, che rimanevano verdi, venati appena di colore rossastro. Erano a pasta delicatissima, addirittura liquescente, e molto succosi, e venivano raccolti ai primi di settembre e stesi su incannicciate nei bassi. La varietà era diffusa in tutta la Locride e oltre, con delle differenze da zona a zona, in quanto una ventina di anni addietro ravvisai un tipo leggermente diverso e più resistente alla mosca della frutta nelle campagne di Pietrapennata. Ormai la sua coltivazione è stata abbandonata, in quanto la mosca della frutta letteralmente distrugge i suoi frutti, però seguendo i consigli degli anziani, colgo le pere almeno quindici giorni prima della maturazione, quando la buccia è ancora dura e quindi impenetrabile per la mosca stessa e riesco a consumare delle pere letteralmente squisite. L’unica pianta che ormai sopravvive, almeno di mia conoscenza, è quella ammantata di rovi, in un campo abbandonato appartenente alla mia famiglia.

I FRANCOBOLLI & LA POSTA

Orlando Sculli

In tema di mandato d’arresto europeo, la Sesta sezione della Corte di Cassazione ha affermato che la Corte d’Appello, nel caso in cui disponga l’acquisizione di documentazione o informazioni integrative dallo Stato membro d’emissione ai sensi degli artt. 6 e 16 della legge nº 69 del 2005, è tenuta a verificare che l’inoltro della relativa richiesta venga eseguito con modalità tali da garantire che la stessa sia effettivamente pervenuta all’autorità giudiziaria straniera, non essendo sufficiente l’impiego di mezzi di comunicazione telematica che facciano solo presumere la ricezione di quella richiesta. La decisione, assunta nella sentenza depositata nei giorni scorsi, parte dalla considerazione che l'art. 16, comma 1, della legge nº 69 del 2005, prevede, nella procedura passiva di consegna a seguito del pervenimento in Italia di un mandato di arresto europeo emesso da altro Stato membro dell'Unione, che "qualora la Corte d'Appello non ritenga sufficienti ai fini della decisione la documentazione e le informazioni trasmesse dallo Stato membro di emissione, può richiedere allo stesso, direttamente o per il tramite del Ministro della Giustizia, le informazioni integrative occorrenti": a tal fine la Corte d'Appello stabilisce un termine per la ricezione non superiore a trenta giorni, decorso inutilmente il quale si applica l'art. 6, comma 6, della stessa legge (che riguarda le sollecitazioni istruttorie adottate dal Ministro nella fase iniziale della procedura), per cui "la Corte d'Appello respinge la richiesta". Nel caso specifico il ricorrente ha dimostrato che la cancelleria della Corte d'Appello aveva inviato la richiesta di informazioni integrative a un indirizzo di posta elettronica, formalmente risultante come riferibile al giudice ceco che aveva emesso il mandato di arresto europeo, ma non aveva poi verificato che quella domanda fosse stata effettivamente ricevuta, ovvero fosse stata effettivamente portata a conoscenza del magistrato che aveva adottato il provvedimento contenente la richiesta di consegna. Dagli atti si evince, invece, che la mail della cancelleria italiana era stata 'presa in carico' in via automatica dal server del sistema giudiziario di quel Paese (servis.justice.cz), ma non vi è alcuna prova che la stessa fosse stata concretamente inoltrata al giudice straniero, ovvero da questi effettivamente esaminata. Nel nostro ordinamento esiste una disposizione, contenuta nell'art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., che, nel consentire che l'autorità giudiziaria possa disporre che le notifiche o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei, fa rinvio alla specifica disciplina delle notifica telematica a mezzo P.E.C. prevista dall'art. 16, comma 9, lett. c-bis), d.l. nº 179 del 2012, convertito dalla legge nº 221 del 2012: norme, queste, di dubbia applicabilità nel caso di specie, nel quale difetta l'adozione di un provvedimento da parte della Corte d'Appello ai sensi del predetto articolo del codice di rito, nel quale manca l'effettuazione di un sicuro invio del messaggio di posta elettronica certificata e, soprattutto, in cui è assente l'inserimento dell'indirizzo del destinatario in uno di quei pubblici elenchi, dal quale si fa legislativamente derivare la responsabilità a carico del destinatario in ordine alle conseguenze di non idonea gestione dei propri strumenti informatici. È possibile, dunque, affermare il seguente principio di diritto: "In tema di mandato d'arresto europeo, la Corte d'Appello, nel caso in cui disponga di acquisire documentazione o informazioni integrative dallo Stato membro d'emissione ai sensi degli artt. 6 e 16 della legge nº 69 del 2005, è tenuta a verificare che l'inoltro della relativa richiesta venga eseguito con modalità tali da garantire che la stessa sia effettivamente pervenuta all'autorità giudiziaria straniera, non essendo sufficiente l'impiego di mezzi di comunicazione telematica che facciano solo presumere la ricezione di quella richiesta". Ne consegue che la Corte distrettuale, invece che decidere sulla base degli scarni elementi di conoscenza a disposizione, avrebbe dovuto attendere il pervenimento delle informazioni integrative di cui era stata ritenuta necessaria l'acquisizione, se del caso verificando che l'autorità giudiziaria straniera avesse effettivamente ricevuto la copia del relativo provvedimento contenente la richiesta istruttoria ed eventualmente prorogando il termine fissato, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge nº 69 del 2005.

La collezione di filatelia tradizionale La collezione filatelica certamente più diffusa al mondo è quella di “filatelia tradizionale”, assemblata raccogliendo tutti i francobolli emessi da un determinato Paese, dall’inizio a oggi, oppure limitatamente a un certo periodo storico. Sotto questo profilo l’Italia offre moltissime possibilità non solo per la sua storia molto articolata, che va dagli Antichi Stati alla Repubblica passando attraverso il Regno, una dittatura e due guerre, annessioni e occupazioni di ogni tipo, ma anche per la presenza, nel suo territorio, di due Stati sovrani come la Repubblica di San Marino e la Città del Vaticano: esiste pure lo SMOM (Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, comunemente abbreviato in Sovrano Militare Ordine di Malta, Ordine Gerosolimitano religioso cavalleresco canonicamente dipendente dalla

Santa Sede, con finalità assistenziali). Inoltre, per il suo passato di potenza coloniale, ha visto l’emissione di francobolli speciali per i possedimenti italiani dell’Egeo, la Libia, l’Eritrea, la Somalia e l’Africa Orientale, nonché per i vari uffici aperti in località europee e africane dell’Impero Turco e persino in Cina. Tutte collezioni piene di fascino e di storia, di solito composte da un esemplare di ogni francobollo emesso, nuovo e/o usato, a seconda delle preferenze - talvolta anche delle possibilità - per cui esistono in commercio anche appositi album a fogli mobili con gli spazi già pronti per ricevere i diversi esemplari singoli, ma alcuni li collezionano multipli (la più di moda è la quartina, la più costosa è il foglio intero di più valori) per cui vanno sistemati in altri raccoglitori. Questa è la forma di collezione base più seguita, ma da alcuni collezionisti viene spe-

cializzata con l’aggiunta di particolare materiale che sovente consente di comprendere meglio la nascita e la vita di un francobollo, o ne rappresenta un valido completamento trattando sottotipi e varietà di stampa, dentellatura, filigrana, sovrastampa, prove e saggi. La ricchezza di questi materiali può in alcuni casi consentire la realizzazione di collezioni dedicate a una sola serie e persino a un solo francobollo. Il piano collezionistico, comunque, deve essere preventivato, chiaro e concentrato anche se poi realizzato liberamente nella forma ritenuta più opportuna. Indispensabile possedere un catalogo per comprenderne la sequenza, i tipi e i costi: tra quelli più noti ricordiamo l’Unificato, il Sassone, il Bolaffi. Frana


28 GIUGNO 16

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Il nostro territorio presenta una varietà naturale davvero impressionante. La conformazione unica della Calabria, unita a secoli di storia e a una conseguente straordinaria varietà di culti, ha favorito il diffondersi di un numero incredibile di santuari ed eremi, che si incasellano in maniera perfetta nelle nostre affascinanti aree montane, costituendo una singolarità tutta da scoprire.

Santuari ed eremi rupestri della Locride splorare le grotte consente di leggere la storia geologica della nostra terra, ma anche di comprendere meglio l‘evoluzione della nostra cultura. Cominciamo con le grotte utilizzate dagli eremiti alla ricerca dell’elevazione solitaria e dai monaci bizantini per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste. Nella Locride sono presenti insediamenti, tra il VI e l’XI secolo, di tutte le tre fasi del monachesimo calabro-greco: Ascetica, Lauritica e Cenobitica; naturalmente ogni insediamento conobbe certamente lo sviluppo delle tre fasi, ove il luogo lo consentisse. Tra queste ne troviamo una suggestiva a Pazzano, sul monte Stella, a cui si può accedere scendendo 62 gradini scalpellati nella roccia oppure da un antro posto in basso, risalendo fino alla base della chiesa-grotta. Questo sistema di grotte carsiche, a quota 680 metri, è nell’estremo lembo del monte Mammicomito, un masso di rocce carbonatiche che, partendo da Pietra e Sambrase, precipita nella vallata di Pazzano, quota 460 metri, per poi risalire ripido sul monte Consolino a quota 701 metri, in cui vi sono ben 16 laure monastiche e, tra queste, quella di San Angelo e della Pastorella. La Grotta di Sant’Angelo, a strapiombo sul corso dello Stilaro, di difficile accesso, è larga circa 7 metri e profonda 3. La parte superiore presenta una piccola cupola un tempo affrescata, e la parete sud una piccola nicchia con tracce di affreschi risalenti al X secolo. L’eremo della Pastorella è posto sulla

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parete del Monte Consolino, perfettamente incastonata e mimetizzata nella natura. Nella piccolissima grotta, in passato abitata da eremiti, oggi c’è un piccolo altare sovrastato da una tela che raffigura la Madonna pastorella che tiene in braccio Gesù bambino, circondata da tre agnelli. A Martone, in località Gujune, in stato di avanzato degrado vi è la grotta dei Saraceni, che ha ospitato una laura cenobitica abitata da monaci anacoreti italo-greci intorno all’VIII secolo. L’accesso è compromesso da una recente frana, che ne ha coperto una parte. Sulla parete a sinistra dell’accesso vi sono tracce di un affresco raffigurante la sacra famiglia; all’interno vi era una piccola cella-dormitorio. Sul monte Kellerana, in comune di Mammola, una piccola cavità granitica ospitò nell’ultimo periodo della sua vita San Nicodemo, un asceta formatosi nel monastero greco-bizantino di San Fantino di Taurianova. Si trova in posizione molto panoramica sulla vallata della fiumara Torbido. A Gerace, sul monte San Jeiunio, una cavità abbastanza spaziosa fu il romitorio, intorno al X secolo, di San Jeiunio, il digiunatore, considerato l’angelo dei basiliani perché riusciva sempre a procurare il cibo per i monaci che condividevano con lui l’eremo. È compatrono della città di Gerace. Di grande impatto ma quasi ignorato l’eremo paleocristiano di San Nicola del Cofino, posto proprio al termine della sopraelevata che conduce alla spianata del castello. Il nome deriva proprio dalla conformazione a forma di cesta, a tre navate, e secondo alcuni risalirebbe al VII-VIII secolo e, sempre a Gerace, nel taglio tra la piazza d’armi e il

castello, vi era la grotta in cui visse in eremitaggio un altro monaco bizantino, Sant’Antonio del castello; oggi impraticabile. Nella Locride il santuario rupestre più conosciuto è quello della Madonna della Grotta di Ardore, completamente distrutto da una frana nel 2004. Nonostante non esista più, la devozione popolare continua con pellegrinaggi a piedi anche da località lontane per devozione alla madonna, le cui sembianze sono riprodotte in una statua attribuita al Gagini, che si conserva nella chiesetta dello Spirito Santo a Bombile di Ardore. A Casignana c’è un romitorio rupestre, distrutto dagli spaccapietre e di cui resta solo il toponimo San Florio (Gròlio nella dizione popolare) che, venuto da Precacore (l’antica Samo) visse qui in penitenza e vita contemplativa nel’XI secolo. A Bruzzano vi è una rupe di arenaria denominata Rocca Armenia, alla cui base una coppia di grotte basiliane furono il luogo di vita e preghiera per alcuni monaci anacoreti provenienti probabilmente dall’Armenia. E probabilmente dall’Armenia arrivarono anche gli eremiti che popolarono le laure rupestri scavate al di sotto del castello di Brancaleone Superiore e la grande grotta, detta “carcereglia” per essere stata adibita a prigione, con un pilastro rastremato a centro e un pavone graffiato nell’arenaria all’ingresso sulla parete di sinistra. La grotta di fondo, detta della Madonna del Riposo, VIIIIX secolo, era decorata dall’affresco della Vergine davanti al Cristo fanciullo in posizione dormiente ma con gli occhi aperti, che nella pittura bizantina indica Dio che veglia sul mondo e protegge il suo popolo. Il dipinto fu fotografato

dal Domenico Minuto e, da questa foto, Gianni Carteri ne fece ricavare un’icona presso la scuola di iconografia basiliana in Crochi di Caulonia. In territorio di Careri, di fronte a Pietra Cappa, il più grande monolite d’Europa, si trova l’asceterio delle Rocche di San Pietro, un romitorio rupestre del IX secolo. La particolarità di questo asceterio sono le sue sembianze antropomorfe e che è interamente scavato nella roccia composta da depositi alluvionali a grana tonda, è strutturato su due livelli con un paio di giacigli e un accenno di altare. Recentemente l’accesso è stato facilitato con un corrimano in legno e la scalpellatura di alcuni gradini; i monaci invece lo raggiungevano a piedi nudi sfruttando la rugosità della roccia. Nonostante non vi sia un antro da attribuire all’ascetismo di San Leo, monaco picàro dell’Aspromonte greco (come lo definisce Pasquale Faenza), non possiamo trascurare di menzionarlo. In effetti il suo primo rifugio fu una modesta grotta scavata nella roccia che forma l’acrocoro di Rometta; quella grotta esiste ancora ed è chiamata “La Grotta di San Leone”. Ad Africo Vecchio, in località Mingioia, esiste una cappella commemorativa della morte di San Leo dedicatagli di recente. Il Santo è conteso tra Bova e Africo ma la sua storia ascetica unisce tutto l’Aspromonte greco. Egli è rappresentato con una palla di pece nel palmo della mano destra, teso ad offrirla, e una scure nella mano sinistra; visse donando la pece raccolta perché vendendola si sfamassero. Arturo Rocca


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“Cammino Basiliano”, un viaggio nel cuore antico della Calabria Un percorso di 1040 Km, dal borgo di Rocca Imperiale fino a Reggio Calabria, lungo l’intera regione, dove vertiginosi scenari montani immersi in un silenzio ovattato declinano dolcemente verso altipiani colorati da una natura prorompente e selvaggia per finire in litorali di superbe suggestioni che evocano il glorioso passato della Magna Graecia e dell’epoca bizantina. È il “Cammino Basiliano” - progetto di riscoperta e valorizzazione del nostro territorio, fra fede, arte, storia e paesaggi incontaminati - accolto e sostenuto dal Consiglio regionale della Calabria nell’ambito di un più ampio programma di politiche di tutela, sostenibilità e valorizzazione del territorio, prezioso scrigno di beni paesaggistici e culturali. Scommessa ambientale ed investimento in quel turismo lento e responsabile a zero impatto ecologico che asseconda i ritmi della natura e mette al centro le relazioni umane, l’incontro autentico con le persone, le tradizioni, il cuore dei luoghi, il valore della scoperta dell’identità. La Calabria verde, dei Parchi e delle Riserve naturali entra quindi a pieno titolo nel network degli itinerari tra natura, cultura e spirito al pari del “Cammino di Santiago” e della “Via Francigena”. Cammini e sentieri che in qualche misura sono paradigma della vita, punteggiata da ostacoli, imprevisti, cambi repentini di direzione: metafora del cammino dell’esistenza verso la salvezza.

“L’Assemblea regionale - spiega il presidente Domenico Tallini - ha ritenuto opportuno finanziare questa pregevole iniziativa riconoscendone il valore nel quadro di un più grande progetto teso ad aumentare la conoscenza e la fruibilità della nostra terra e dei tesori culturali ed ambientali che custodisce. Ma anche a sostenere un modello di ospitalità diffusa con un ritorno positivo sull’offerta turistica (punti accoglienza per il soggiorno ed il ristoro)”. “È un cammino, spirituale, di cristianesimo, di pellegrinaggio e di memoria orale che tramanda e decanta le imprese degli eroi greci e latini e le gesta dei paladini di Orlando e medievali - rilancia l’etnobotanico e coordinatore del progetto Carmine Lupia - . Un autentico viaggio alla scoperta delle radici antiche dell’Europa nel Mediterraneo che permetterà di trovare l’Oriente nell’Occidente”. Si valorizza così quella varietà e disomogeneità territoriale, ambientale e paesaggistica che è il tratto caratteristico della nostra regione, come decantava Guido Piovene: “Viaggiare in Calabria - scriveva - significa compiere un gran numero di andirivieni, come se si seguisse il capriccioso tracciato di un labirinto. Rotta da quei torrenti in forte pendenza, non solo è diversa da zona a zona, ma, muta con passaggi bruschi, nel paesaggio, nel clima, nella composizione etnica degli abitanti”.

Il presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini

Monastero di San Giovanni Theristis Bivongi (RC)

Uno dei paesaggi calabresi

Cascate dell’Inferno Sersale (CZ)

L’itinerario del “Cammino Basiliano”

Castello di Oriolo (CS)

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Il romanzo corale e di formazione, opera prima di Saverio Strati, torna alle stampe grazie all’impegno di Rubbettino, che prosegue la ripubblicazione dei romanzi dello scrittore di Sant’Agata del Bianco. E allora vale la pena ricordare brevemente la trama e la storia editoriale di questo straordinario romanzo di formazione, pubblicato per la prima volta nel ’57 da Mondadori e considerato tra i migliori romanzi dell’anno da Elio Vittorini.

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“La teda” torna a nuova vita grazie a Rubbettino C’è una lettera di Elio Vittorini al direttore del “Giorno”, del 24 febbraio 1959, che ci torna utile per avviare questo nostro scritto sul primo romanzo di Saverio Strati, La teda (pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 1957), appena uscito in riedizione presso Rubbettino (con una coinvolgente prefazione di Gioacchino Criaco, che conosce de visu i luoghi e la temperie della narrazione) e che costituisce il secondo volume, dopo Tibi e Tascia, di un progetto editoriale che prevede la riproposta delle opere del Santagatese. In quel giorno viene pubblicata sul quotidiano milanese un’intervista a Vittorini, che, con la lettera, vuole “precisare” la sua risposta relativa alla domanda: «Dunque per lei non è il Gattopardo di Giuseppe Tomasi il libro più importante del 1958?». E così scrive Vittorini: «Nossignore. Il libro è certo piacevole, e si pone senza dubbio su un elevato livello letterario, ma non è di alta statura. […] Io preferisco al Gattopardo non solo il libro di Calvino [I racconti, n.d.a.], ma anche, per il ’58, la ristampa dei Racconti di Romano Bilenchi, e anche Il soldato di Carlo Cassola, e anche Il ponte della Ghisolfa di Testori, e anche La teda di Saverio Strati, e anche Gli occhiali d’oro di Bassani. Sono tutti e sei più vitali […]. Ci dicono qualcosa di ancora non risaputo». «Vitale» e «non risaputo»: sono espressioni che si attagliano perfettamente a questo romanzo di Strati, che vede protagonista mastro Filippo, giovane muratore che, insieme con altri mastrimuratori, arriva a Terrarossa per costruire le case popolari. A Terrarossa, nel cuore dell’Aspromonte, non c’è la luce elettrica e gli abitanti, che vivono nelle grotte o in tuguri precari e che coabitano con gli animali, si fanno luce con le tede (schegge resinose di pino selvatico che vengono usate a mo’ di fiaccola). Per mastro Filippo è la prima esperienza di lavoro lontano dal suo paese della marina e dal serrato controllo del padre nei suoi confronti. Ora può parlare con le donne che lavorano con i muratori, amoreggiare; si sente libero di realizzarsi. Aspetta con ansia, la mattina, sul lavoro, che arrivi Cicca, «la più bella di Terrarossa, anzi la più bella di tutti i paesi vicini», che porta l’acqua dalla fontana ai muratori che hanno sete; e anche la calce dal tavolato a portata di cazzuola. Le schermaglie verbali tra mastro Filippo e Cicca riportano alla mente il contrasto Rosa fresca aulentissima di Cielo d’Alcamo (scritto presumibilmente tra il 1231 e il 1250): per la vivacità delle battute, per la sottile ironia, per le allusioni erotiche. Il protagonista del contrasto di Cielo riesce a superare la iniziale resistenza di lei, che alla fine si concede. Mastro Filippo non riesce a conquistare Cicca, ma ha successo con altre donne (fidanzate o sposate). Bacia, una prima volta, sulle labbra, Carmela («con quei seni belli e duri»), fidanzata col cugino; quindi l’abbraccia e la bacia più volte, alla fontana. Ottiene tutto dalle sposate: da Rosa («donna bianca e rossa con un bel petto così») e da Giuseppa (che aveva il marito sotto le armi da due anni, in Albania). Con Giuseppa riprova una seconda volta, a casa di lei, quando improvvisamente bussa il fratello malavitoso della donna; e mastro Filippo si salva nascondendosi sotto il letto. Esperienze pericolosissime, a rischio di vita, in quell’ambiente di Terrarossa, dove, anche per molto meno, il taglio alla faccia sarebbe stata la punizione più lieve. A mente libera, non offuscata dalla libidine, il giovane mastro Filippo (poco più che ragazzo) apprende il mondo da quelli più grandi di lui: fino «a che non crepa il cornuto di Roma, le cose andranno male»; la guerra deve finire; è necessario «liquidarsi il duce e cambiare la faccia della terra»; «quand’è venuto quello della Germania, in Italia hanno speso più di un miliardo, per riceverlo!»; il principale, nel pagare, non vuole riconoscere ai muratori il diritto degli assegni e delle marche; il medico è sempre assente a Terrarossa e la moglie di Biasi muore per mancanza di cure adeguate; la farina promessa non arriva mai; la rivolta delle donne, sotto la casa del podestà (quel «baccalà») per sollecitare l’arrivo della farina; la lettera di protesta a quelli di Reggio

per denunciare le disumane difficoltà che affliggono «quelli di Terrarossa». Questo lavoro di Strati può essere inserito nel genere letterario del romanzo di formazione accanto a opere come Una vita di Italo Svevo, Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini, L’isola di Arturo di Elsa Morante, Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia di Leonardo Sciascia. Come i protagonisti di questi libri, che alla fine delle loro vicissitudini raggiungono la consapevolezza della vera essenza della vita, facendo tesoro delle esperienze vissute, anche mastro Filippo trova un suo equi-

librio nel climax ascendente della parte finale della storia. Succede che due matrimoni, programmati per la vigilia di Natale, non si svolgono. Intanto piove a dirotto per giorni e le case di Terrarossa crollano sotto l’acqua insistente. A Cicca era stato imposto, come futuro marito, un malavitoso (il quale aveva tentato di violentarla in montagna) ed era giunta la notizia dell’imminente ritorno di Salvatore (il fidanzato di sempre). Cicca si suicida, lasciandosi cadere «dalla finestra che si affaccia sullo strapiombo».

Carmela deve sposare il cugino Pasquale; ma il padre di lei è rimasto bloccato in montagna e Pasquale va a raggiungerlo, e non ritorna. Tutti si rifugiano nella chiesa, l’unica costruzione di ferro e cemento. Crolla anche la casa di Cicca; si salvano i parenti, ma il cadavere di lei rimane sotto le macerie. Finalmente spunta il sole. E così il saggio mastro Costanzo (quello che leggeva sempre): «A guerra finita, vedrete che spunterà un po’ di sole anche per noi lavoratori. E finirà questa vita di bestie per voi di

Terrarossa». E mastro Filippo, cosciente di quanto ha rischiato e dispiaciuto per gli eventi disastrosi, non desidera altro, a pace fatta, che «ripigliare il lavoro con altro amore». Un romanzo corale, La teda, di denuncia sociale, costruito con misurate cadenze diegetiche, anche se ancora non c’è quell’efficace uso del discorso indiretto libero che pervaderà di poesia le pagine di Tibi e Tàscia. Giuseppe Italiano

“TVTTO”: la quotidianità è realtà o finzione?

Nei pressi di una delle panchine di Piazza Portosalvo a Siderno, è comparsa una televisione. Non si tratta di un odioso quanto singolare caso di abbandono di ingombranti, ma di un’installazione artistica di Carolina De Siesa, giovanissima artista che, con questa sua trovata, vuole lanciare un messaggio importante, che ci stimola a riflettere sulle caratteristiche della nostra quotidianità.

L’arte contemporanea non deve necessariamente essere osservata in un museo o in una galleria, fa parte della quotidianità, è inserita nel contesto sociale e fa in modo che la società stessa possa sentirsi a proprio agio con l’opera. È il caso di “TVTTO”, l’installazione artistica della 27enne Carolina De Siesa, composta da un televisore spento collocato in un angolo di Piazza Portosalvo, a Siderno. L’artista ha voluto ricreare l’ambiente famigliare portando un oggetto di vita quotidiana, quale la televisione, dalla sfera privata a quella pubblica. Il titolo dell’installazione gioca su questa ambiguità fra un termine legato alla totalità delle cose e la scrittura in romano arcaico, includendo la parola TV. Non è certo la prima volta che si vede un televisore in strada o in piazza, ma l’artista non persegue l’idea dell’originalità dell’immagine bensì una diversa presentazione e formulazione della stessa. Vi è oramai una coesistenza tra vita reale e tecnologica senza cui molti non vivono più, sia dentro che fuori casa. In “TVTTO”, il divano diventa una panchina della piazza e il panorama diviene un televisore che allude alla finzione artistica, soprattutto cinematografica. Attraverso questo lavoro, De Siesa va a indagare il labile confine esistente tra la realtà, data dalla quotidianità, e la finzione, suggellata dalla presenza di un elemento tecnologico, creando un’ambientazione quasi surreale. Da un lato l’installazione vuole denunciare l’uso spropositato della tecnologia, inserendo la realtà all’interno dell’ampio mondo tecnologico e presentando il televisore come medium di comunicazione che veicola informazioni che vanno dalla realtà oggettiva degli eventi alle fake news. Dall’altro suggerisce come quest’ultimo possa divenire un luogo di incontro sociale rompendo le barriere esistenti tra privato e collettivo. Seppur con una tecnica differente, Carolina De Siesa non si allontana dall’idea − tantomeno dall’immagine − che coinvolse Mario Schifano (1934 1998), artista che considerava la tecnologia, in particolare la televisione, un “linguaggio fondamentale del nostro tempo” ma contemporaneamente rischioso, pensiero che lo portò a dipingere un televisore spento di colore nero e viola nel 1997. Schifano vuole mostrare la tecnologia come “simbolo di morte”, reinterpretata da Carolina De Siesa attraverso la visione di una rinascita post-mortem che elabora, secondo il giusto uso, un’unione collettiva e familiare. Da questo pensiero si evince l’idea di inserire il televisore in un contesto pubblico quale la piazza, luogo ricco di esperienze condivisibili. Alessio Cardenia

Radio Roccella: rinnovate le cariche dell’associazione Nonostante la pandemia da Covid-19 Radio Roccella non ha mai interrotto il proprio lavoro, inteso non soltanto come trasmissione radiofonica, ma anche come volontà di innovare e rinnovarsi per continuare a dare lunga vita alla radio.

Il 21 giugno, l'Assemblea dei Soci per il rinnovo delle cariche dell’associazione Radio Tele Roccella ha rinominato il Socio Massimo Logozzo alla carica di Presidente a maggioranza, con un solo astenuto, mantenendo la carica di responsabile Marketing. Data l'emergenza Coronavirus e tenendo conto dell'ultimo DPCM riguardo il garantire del distanziamento sociale, l'Assemblea dei Soci si è svolta nella sala consigliare del Comune. «Lavorare in radio fa immagine, fa tendenza e la potenzialità del mezzo sono molteplici - ha dichiarato Massimo Logozzo dopo il rinnovo della carica. - La radio è un mezzo altamente strategico per diffondere musica e informazione in rete. Grazie all'avvento dell'MP3 e dello streaming si può diffondere in tutto il mondo una programmazione radiofonica a costo zero, portando sempre più ascoltatori grazie anche alla tecnologia della radio visione, insomma la radio è sempre stata di moda.» Vengono confermati nel Consiglio Direttivo: il Vice Presidente Maurizio Cursaro come responsabile dirette esterne, il Segretario Pino Gemelli già responsabile musicale, il Consigliere Mimmo Grollino, già responsabile della programmazione e il Consigliere Saverio Surace come Consulente Artistico. All'esterno del Direttivo il Tesoriere Pietro Commisso e Revisore dei conti Mimmo Lombardo e Ilario Fantò.


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È l’interrogativo che sorge spontaneo nell’osservare con attenzione due differenti dipinti, realizzati dalle capaci mani di due fratelli, che ritraggono un’area mineraria incastonata tra le pietre di una terra brulla e affascinante, che alterna ripide alture a profonde gole mentre, all’orizzonte, si staglia una montagna incontaminata. La ricerca storica non può darci certezze, ma le affinità tra il territorio e i quadri conservati a Madrid restano moltissime.

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La Vallata dello Stilaro venne ritratta da pittori fiamminghi?

Molti sono i resti delle antiche industrie presenti ancora oggi nella Vallata dello Stilaro. A queste testimonianze fisiche si associano documenti d’archivio che ci consegnano spaccati di vita che ci raccontano dell’industriosità e dell’operosità delle genti del posto. Questa importante attività industriale, nel corso dei secoli, ha "modificato" anche lo stesso tessuto sociale del comprensorio, in quanto ha favorito l'immigrazione di tecnici e operai provenienti dal centro Europa: Francesi, Austriaci, Belgi e Sassoni, che tra XVI al XVII secolo si sono trasferiti e naturalizzati nei vari paresi dello Stilaro e delle Serre Calabre. Da poco, ad arricchire la documentazione sulle attività siderurgiche e minerarie della vallata, si aggiungono alcuni dipinti di scuola fiamminga risalenti alla fine del XVI solo e all’inizio del successivo, che ritraggono, con molta probabilità, il paesaggio siderurgico-minerario di Pazzano, che in passato fu il bacino minerario per eccellenza dell’intero meridione d’Italia. I dipinti sono esposti nel museo del Prado a Madrid. I pittori fiamminghi in questione sono due, i fratelli Lukas e Martin van Valckenborgh, che non si sa per quale motivo si spinsero all’estremo lembo del regno di Napoli per immortalare paesaggi industriali della vallata dello Stilaro. Forse una commissione per testimoniare le attività industriali? Oppure i due potrebbero aver visitato le contrade dello Stilaro, “invitati” dagli operai sassoni e belgi, che prestavano la loro opera nelle miniere e ferriere della zona? I fratelli, potrebbero aver realizzato qualche schizzo e poi, rientrati alle proprie sedi, avranno elaborato le proprie opere, modificandole come era costume fare allora, per realizzare più vedute con angolazioni diverse.

I Valckenborgh, appartenevano a una famiglia di pittori, seguaci del Belga Joachim Patinir, famoso caposcuola del paesaggio fiammingo. Il Patinir e i suoi seguaci curavano molto l’ambientazione aggiungendovi pesanti variazioni sul tema e inventando situazioni, a volta inverosimili (castelli, paesi, mari, fiumi) per rendere più interessante la scena. Inserivano particolari inesistenti nella realtà, "finzioni miste a realtà”, dicevano i contemporanei. Il “soggetto” era contestualizzato in un ampio panorama con una ripresa, quasi cinematografica, da un punto di vista alto, utilizzando a tale scopo apposite camere oscure panoramiche che distorcevano di molto la realtà. La fantasia nell'interpretazione del paesaggio non si

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 EDITORE - No così srl - via D.Correale, 5 - Siderno STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce INFO-MAIL REDAZIONE: 0964342198 larivieraonline@gmail.com / www.larivieraonline.com

pone limiti di alcun tipo. Le montagne su cui sono arroccati castelli fiabeschi sono aspre, nel fondo valle cittadine poste sui fiumi, a volta inventati, sono collegate da ponti inverosimili, si nota la presenza di animali nelle rupi e nei fitti boschi. Veri e propri paesaggi da favola che prendono vita nei dipinti, dedali di paesaggio in cui il pittore invita ad addentrarsi. L' irreale interessa questi pittori più della realtà stessa, ma diventa allo stesso tempo reale quando, come nel caso delle vedute siderurgiche, essi rappresentano gli opifici e le miniere. Una quasi fotografia di architettura industriale. Il tutto messo in risalto da colpi di luce con forti cariche drammatiche, emuli dei pittori Caravaggeschi. I dipinti calabresi, tutti di ambito minerario, destano

Direttore responsabile

ROCCO LUCIANO MUSCARI PRESIDENTE ONORARIO

DIRETTORE EDITORIALE

ILARIO AMMENDOLIA

ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI IN REDAZIONE

Jacopo Giuca HANNO COLLABORATO Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Mario Nirta, Serena Iannopollo, Rosalba Topini, Arturo Rocca, Francesco Rao, giuliano zucco, Bluette Cattaneo.

un particolare interesse per le somiglianze che hanno con paesaggi della vallata dello Stilaro e si soffermano a “raccontare” anche ciò che circonda gli ambienti di lavoro. Mostrano da varie angolature e in alcuni casi con la tipica ripresa a volo d'uccello, il passo che conduce da Pazzano a Stilo. L'attenzione si concentra nell’area, in cui ora sorge il museo della cultura mineraria, dove si sapeva, grazie a documenti notarili, che era presente una fonderia risalente al 1500 e attiva sino al 1700, posta a fianco delle numerose miniere ancora oggi visibili e il fondovalle dello Stilaro che, grazie alla fantasia dei pittori, diventa navigabile. I dipinti raffigurano, ed è un caso raro, elementi della siderurgia calabrese. I dipinti colmano una mancanza grafica, che ci fa prendere conoscenza visiva di quanto riportato dai documenti e dai pochi riscontri archeologici. Sulla riva sinistra del fiume un altoforno utilizzato per convertire il minerale in ghisa. Poco distante le fucine per produrre utensili in ferro e sulla collina sopra delle ferriere e, in primo piano a destra, le miniere e l’indotto di supporto all’industria. Sulla cima del monte si nota un castello e, sul lato destro, parti di un abitato, mentre a fondo valle viene inserito un abitato e un grande ponte. I dipinti potrebbero rappresentare la gola di Pazzano, con vista verso il mare. Sono la stessa veduta ma "resa" in modo diverso dalla fantasia pittorica e della diversa mano degli artisti. Nessuna certezza si può esprimere, ad oggi, ma ciò che si può fare è continuare a ricercare e a confrontarsi con esperti del settore, per una contestualizzazione più certa su quanto ho cercato di dimostrare: la presenza e l’opera di artisti fiamminghi nella vallata dello Stilaro. Danilo Franco

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.


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Festeggiamenti amaranto Il presidente della Reggina Calcio Luca Gallo, il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà e il tecnico Domenico Toscano festeggiano la Reggina in serie B dopo che, con il Covid, il campionato si è chiuso all’ultima data utile.

Incatenati illustri Questa settimana si è aperta con la decisione di Antonio “Carbonella” Ferreri di incatenarsi alla passerella del Comune di Siderno per manifestare la sua volontà di essere impiegato in qualità di Lavoratore Socialmente Utile e contribuire a rendere più pulita la città.

xxx Consultazioni elettorali Il sindaco di Bianco, Aldo Canturi, si fa immortalare assieme al Consigliere Regionale Giacomo Crinò, ospite d’onore di un incontro tra i sindaci del comprensorio tenutosi questa settimana presso il Comune di Siderno, mentre parlano dell’imminente tornata elettorale.

Promotori di cultura Al termine della Conferenza di Presentazione del progetto “Locride Capitale della Cultura 2025” il padrone di casa Rocco Luglio si è fatto immortalare assieme al collega di Sant’Agata del Bianco Domenico Stranieri, Barbara Panetta e il presidente del Caffè Letterario Mario La Cava Domenico Calabria.

Portavoce culturali Continuiamo la nostra carrellata di presenze eccellenti al termine della Conferenza di Presentazione del progetto “Locride Capitale della Cultura 2025” con il portavoce di ANCI Calabria Franco Candia, l’ex di Gerace Pino Varacalli, la rappresentante della Lega Clotilde Minasi e il primo cittadino di Caraffa del Bianco Stefano Marrapodi.

Cultura Calabrese Sempre davanti al Teatro Greco Romano di Portigliola, al termine della Conferenza di Presentazione del progetto “Locride Capitale della Cultura 2025”, abbiamo incontrato anche l’ex presidente Coldiretti e Consigliere Regionale Pietro Molinaro, Pietro Sirianni e Mimmo Principato.

Fratelli Calabrese Sempre a Portigliola abbiamo intercettato anche due dei tre fratelli Calabrese, il sindaco di Locri Giovanni, il più dinamico e Paky, il più simpatico.

Rientrati Al comune di Siderno abbiamo incontrato invece Beatrice Lombardo, di cui abbiamo raccontato la (dis)avventura che, durante la pandemia da Covid-19, l’ha tenuta bloccata in Australia, con Caterina Furfaro. Sullo sfondo, una delle nostre ultime copertine.

Tempo di ricordi Lo storico avvocato Sidernese Romeo ha incontrato il giornalista e nostro amico Mimmo Logozzo, con il quale ha ricordato con piacere la figura del padre, per tanti anni stimato sindaco di Gioiosa Ionica.


Stupido è chi lo stupido fa La gestione della pandemia da Covid-19 da parte della regione Calabria (intesa come territorio e non come istituzione) è stata sorprendentemente buona e ci ha permesso di uscire dall’emergenza molto meno provati di quanto sia accaduto ad altri e più progrediti territori del nostro Paese. Ora che siamo piena fase 3, tuttavia, sembra che all’improvviso ci si sia totalmente dimenticati del pericolo scampato e che il nostro buonsenso sia scoppiato come una bolla di sapone.

Lo possiamo gridare forte: noi calabresi siamo stati veramente bravi. Per una volta siamo stati capaci di fare schiattare di bile tutti quelli che da sempre ricorrono al metodo della distrazione di massa per sviare l’attenzione dalle “sòle” che ci tirano e si spendono indefessamente nel tentativo interessato di farci passare per inetti, inferiori, ‘ndranghetisti a prescindere, abulici, piagnoni, senza ambizioni, senza arte né parte. E mi fermo per non dar loro la possibilità di dire che siamo anche verbosi. Mi riferisco, se non si fosse capito, ai sani comportamenti che abbiamo tenuto in occasione della pandemia e che ci hanno permesso di essere una delle due o tre regioni che hanno avuto un numero di contagi e di decessi insignificante e una quantità di guariti inversamente proporzionale. Non viene da credere che noi, proprio noi Calabresi in generale (la maiuscola è d’obbligo) e della Locride in particolare, quelli che abbiamo la sanità più disastrata d’Italia e un livello di individualismo che ci spinge ad andare fieri per avere inventato lo slogan secondo il quale la società migliore, nel senso di business, sia quella composta da un numero di persone dispari non superiore a tre, siamo riusciti in un’impresa nella quale i nostri detrattori hanno, purtroppo, miserevolmente fallito e lasciato sul terreno un numero orrendamente alto di vittime. Abbiamo, per una volta, insieme con Campania e Sicilia, fatto scuola al punto che alcuni giornali esteri, che notoriamente non si distinguono per essere compassionevoli con l’Italia, hanno dato ampio risalto ai provvedimenti presi dalla Presidentessa della nostra Regione portandoli a esempio di come si possa e debba gestire questo tipo di calamità. In verità - ma questo è un mio pensiero che conta il poco che conta - la Santelli, in alcuni frangenti, mi è parsa un tantino ondivaga a causa, forse, delle pressioni di quel partito che governa anche la Lombardia, in cui si è ostinato a sottovalutare la movida sui Navigli, gli Spritz e tutto il resto così innescando quell’ecatombe al solo scopo di non inimicarsi gli imprenditori. I quali hanno due ossessioni: i “dané” e le tasse che i meridionali non pagherebbero. Tesi, quest’ultima, che, come avrete sicuramente appreso, vince tutti gli anni il “Baüscia d’oro”. Perciò, quando dico ondivaga, mi riferisco, in primis, al decreto con cui ha impedito il rientro in Calabria di tutti quegli studenti fuori sede e di quei lavoratori emigrati che, sorpresi al Nord dalla chiusura degli atenei e delle fabbriche, non avevano più i soldi per pagare l’affitto o per comprarsi da mangiare, e che stabiliva che in Calabria si potesse tornare, senza eccezioni, in due soli casi: per gravi motivi di salute o per motivi di lavoro; in secundis, all’ordinanza con la quale stabiliva la riapertura dei locali pubblici (bar, ristoranti, pizzerie e via dicendo) ideologicamente concepita in direzione ostinata e contraria, come da titolo dell’album di De André, rispetto al DPCM che la vietava. Ho vissuto quei giorni di santificazione della nostra educazione civica (tutto marzo e aprile e mezzo

maggio) da lontano e ho trepidato per chi in Calabria si trovava ma, ora che sono tornato, mi sorge il dubbio che quella descrizione possa essere stata enfatizzata oltre il giusto. In giro vedo quasi esclusivamente persone che non indossano la mascherina o che, se la indossano, la tengono a sorreggere la pappagorgia o, bene che vada, lasciando il naso scoperto come in quel meme che circolava nei primi giorni della pandemia e che evidenziava come quel modo di fare corrispondesse a lasciare fuori dalle mutande l’oggetto che certifica l’appartenenza al genere maschile. E, vi assicuro, non si riferiva al cervello! Ovunque, oltre a non indossare le mascherine, i ragazzi, e non solo, non rispettano la distanza consigliata, stanno assiepati e si abbracciano mentre i più anziani, poi, - proprio loro che sono i più esposti - sembrano avere dimenticato che il regime fascista faceva scrivere sui muri “la persona educata non sputa per terra” con lo scopo di contenere il contagio della tubercolosi che nella saliva aveva il principale mezzo di propagazione. E questo mentre tutti, proprio tutti, non fanno che dire che il vero problema dovremo affrontarlo quest’estate, quando arriveranno i turisti dalle zone flagellate dal virus. Ammesso che arrivino. Vediamo, allora, di dircela tutta: io ho doppiato i settant’anni da qualche giorno (che non vuol dire che ne ho centoquaranta) e fino a qualche anno fa ho lavorato (grazie a Dio!), oltre che per portare pane e companatico a moglie e figli, per potermi permettere di fare un domani (cioè oggi) cose che mi dessero maggiori soddisfazioni. Come leggere, per esempio, o prendere il fresco sotto il ciliegio del mio giardino. Oggi che quell’oggi è arrivato, accetterei di buon grado, per quanto inglorioso possa essere, anche di tirare le cuoia per un vaso di fiori mi caschi in testa o e non nascondo che questo mi lascerebbe più contento perché mi farebbe assomigliare a un personaggio dei racconti di Hemingway - di essere incornato da un toro durante la festa di San Firmino a Pamplona. Che, però, per la dabbenaggine di qualche mentecatto che si sia beccato il Covid-quellocheè perché si crede immortale e non ritiene di dovere rispettare le poche, semplicissime regole che gli scienziati e il buon senso suggeriscono, io debba andare a finire nelle verdi praterie di Manitou anzitempo, questo non lo sopporterei assolutamente. Perciò, prima di trovarci anche qui nel bel mezzo di un focolaio come quelli di Palmi e Taurianova, agli sconsiderati emuli di quell’originalone che deve, e sottolineo deve, dire la c…. giornaliera come i boy scouts devono fare la buona azione quotidiana, rivolgo un aulico pensiero: O tu che per calli Gioiose t’en vai E mascherina non rechi in su ‘l tuo grugno Talché l’universa Marina impesterai Che del mio te ne freghi e altrui mugugno, Certo di tua storàina ti dorrài Il dì che della Rianimazione del Cotugno, Boccheggiante, un lettino occuperai. Sergio M. Salomone

Il buon cibo salverà il mondo

Abbiamo passato un brutto periodo. Sono stati dei mesi lunghi e difficili, che ci hanno fatto molto male ma ci hanno fatto anche riflettere su come stavamo vivendo e su come ci nutrivamo. Sì, con la pandemia da Coronavirus si è riscoperto il buon cibo e anche il rituale della sua consumazione, perché le famiglie costrette a rimanere in casa si sono concentrate su pranzi succulenti e cene appetitose, pizze e sfornati per tutti i gusti. In questo inverno strano, fatto isolamento, la gente ha apprezzato il buon cibo, i prodotti di qualità, il chilometro zero, le nostre specialità contadine. Oggi, consapevoli della brutta esperienza trascorsa molti, quando vanno a comprare generi alimentari, soprattutto carne, sono più attenti al luogo di provenienza e alla linea genetica; qualcuno vorrebbe anche la fotografia dell’animale che si appresta a mangiare. Sì, il

Coronavirus ci ha fatto capire che in tutto serve maggiore attenzione per migliorare il pianeta, e che il miglioramenti più immediato deriva dalle proprietà benefiche dell’alimentazione. Moltissimi, infatti, quando entrano in macelleria, chiedono carni di qualità certificata del territorio, come il “maiale nero d’Aspromonte”, la “podolica calabrese” o la “capra aspromontana”. Questi animali, cresciuti in pieno benessere, sono tutti prelibatezze locali, che da qualche anno vengono certificate da consorzi di qualità che rappresentano molti allevatori, presenti non ovunque, ma solo nei punti vendita che riescono a illustrare le qualità nutrizionali, oltre che di gusto, di cui queste carni sono ricche. La macelleria da Bruno si pregia di essere punto di vendita e di riferimento di questi consorzi, perché crede nello sviluppo economico che la loro produzione può garantire nella Locride. Ci crede al tal punto che, in questo periodo, ha elaborato un nuovo progetto di mortadella di “maiale nero” che ha voluto chiamare “Calabrisella”. In questo periodo, inoltre, sta organizzando un vero e proprio tour di degustazione grazie al quale fa assaggiare ai suoi clienti questi prodotti nei posti in cui gli animali crescono. Il modo ideale non solo di promuovere un prodotto genuino, ma anche di avvicinare gli allevatori ai consumatori.

Maiale nero d’Aspromonte

Podolica

Locri viale 1º Maggio info: 3491745005


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