Il Coltivatore Pavese 7

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n.7 2012 ANNO 67

Poste Italiane S.p.a. Spedizione in a. p. D.L.353/2003 convertito in L. 27/02/2004 n. 46 art.1 comma 1 DCB/PV

periodico di Coldiretti Pavia

Forum Internazionale dell’Agricoltura

2012

“L’ITALIA CHE VOGLIAMO” ... 10 punti da cui partire per risollevare il Paese


in primo piano Il Coltivatore Pavese

Edito dalla Federazione Provinciale COLDIRETTI PAVIA Abbonamento annuo Euro 40,00

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sommario

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Cernobbio 2012

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SINDACALE

ETICHETTOPOLI VITIVINICOLO

BIOLOGICO TECNICO BREVI SPECIALI MOD. 111

Cibi d’Italia

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Fondo: che fine ha fatto l’etichetta? Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione L’Italia che vogliamo Famiglia Cristiana intervista il nostro presidente Cibi d’Italia Pasta della Bontà Accordo Fir - CreditAgriItalia Nasce il maxi consorzio agrario della Lombardia Catania: l’export agricolo corre, ma serve una rete made in Italy Perché il mondo ha bisogno della rinascita della piccola agricoltura OGM tossici: il caso arriva in Parlamento Prezzo del latte: la rabbia degli allevatori Pacchetto Latte: firmato il decreto per l’attuazione in Italia Quote latte: Italia a rischio splafonamento Flora conservation Alberto Lucotti presidente di Terranostra Pavia Il flagello dei cinghiali Il Dosso Verde ha inaugurato la lavagna multimediale Fruttamica: un anno di Coldiretti nelle scuole Pasta + 7%, conserve +8% Crolla il raccolto mondiale di cereali Crisi: strage di 26mila aziende giovanili in un solo anno PIL: solo quello agricolo cresce (+1,1%)

5 6 8 10 12 14 15 16 18 19 20 21 21 21 22 23 24 24 25 26 26 27 30

Niente etichetta obbligatoria per le merci extra Ue

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(Col)direttamente nel bicchiere La Francia zucchera, noi no Diritti di impianto vigneti China Wine Awards Davide Stocco premiato dal Ministero Barbacarlo: 3 bicchieri dalla Guida Espresso

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L’agricoltura biologica

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Corretta gestione della trasmissione dei documenti fiscali alle UOL Periodo di divieto per lo spandimento degli effluenti di ...

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Pillole di Coldiretti

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Agriturismo e Vendita diretta Semina Annata Agraria Uso sostenibile dei fitofarmaci

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visualizzazione compatibile con PC, Tablet e Smartphone

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Tutta la nostra concretezza... in formato digitale


Che fine ha fatto l’etichetta?

A un anno e mezzo dall’approvazione della legge sull’etichettatura degli alimenti non abbiamo ancora visto un decreto applicativo. E’ evidente la volontà da parte di qualcuno di affossare la decisione del Governo di accontentare i consumatori che, insieme a noi, a gran voce hanno chiesto ed ottenuto una legge che garantisse la trasparenza in etichetta. Troppo spesso diamo la colpa della mancata applicazione all’Europa, ma in Europa si può trattare, in qualche caso non ci proviamo neppure. Poi dobbiamo considerare che l’Europa ha già approvato le iniziative del Governo italiano ad esempio per la carne suina e per il latte abbiamo ottenuto il consenso di Bruxelles. Ho la sensazione che il problema sia in Italia, dove le lobby di chi non vuole la trasparenza, a danno di produttori e consumatori, riescono ad affossare le decisioni del Parlamento. In ogni convegno, tutti si affannano a dichiarare l’importanza dell’etichettatura d’origine per la salvaguardia del made in Italy dalla truffe e dagli inganni alimentari che, ricordo, sottraggono all’intero Paese la somma di 60 miliardi di euro l’anno. Poi però non succede niente: che fine ha fatto il decreto sull’olio del primo luglio 2009 che impone la scritta dell’origine in etichetta davanti alla bottiglia e non dietro? Che fine hanno fatto le dichiarazioni di intenti su tutti quei prodotti che ancora non richiedono

in alcun modo l’indicazione dell’origine? Come fanno i consumatori a capire se stanno acquistando riso italiano, coltivato e lavorato in Italia, oppure qualcosa di diverso che di italiano ha solo il nome e i colori? Evidentemente, tra la produzione e il consumo, esistono sacche di interesse che riescono a bloccare l’operatività delle decisioni. C’è un’industria e un commercio che fanno affari con i falsi prodotti italiani che vengono dall’estero e riescono ad influenzare le normative in materia, contro la volontà della popolazione. Per quanto tempo continueremo a nascondere la testa sotto la sabbia, ignorare il volere della gente, affossare il made in Italy agroalimentare e alimentare quel mostro spaventoso che si chiama italian sounding e che sottrae a tutti noi 60 miliardi di euro all’anno?

Giuseppe Ghezzi Presidente Coldiretti Pavia

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Cernobbio 2012

Coldiretti protagonista tratteggia “L’Italia che vogliamo”

Forum internazionale dell’Agricoltura

Si è tenuto a Cernobbio lo scorso 19 e 20 ottobre l’edizione 2012 del “Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione” organizzato da Coldiretti, con la partecipazione dei massimi esponenti politici ed economici del nostro Paese, opinion leader, segretari di partito, membri dell’esecutivo, compreso il presidente del Consiglio Mario Monti. La dodicesima edizione del Forum di Cernobbio si è aperta con un un’indagine su “Gli Italiani e la Crisi” realizzata da Coldiretti ed SWG cui è seguita la presentazione, da parte del presidente Sergio Marini, di un documento programmatico in dieci punti intitolato “Proposta di una via Italiana per lo sviluppo del Paese”. Il documento in cui Coldiretti individua dieci azioni da intraprendere per avviare la ripresa economica, spaziando dall’esigenza di un governo globale di beni comuni come il cibo contro gli effetti di una globalizzazione senza regole, fino all’etica che deve traguardare insieme alla politica anche le forze sociali e tutti

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i cittadini, ha suscitato l’approvazione del presidente del Consiglio Mario Monti che nel suo intervento ha dichiarato: “Una frase celebre del presidente Usa John Kennedy recita: “Non chiederti che cosa il tuo paese può fare per te, chiediti che cosa tu puoi fare per il tuo paese”. Ebbene, leggendo i dieci punti del documento presentato dal presidente Marini su ‘l’Italia che vogliamo’ sono rimasto colpito proprio perché c’è una parte che dice come voi vorreste il Paese e una, molto ricca, su cosa voi state facendo per il Paese che volete”. Anche il ministro Passera si è complimentato con il presidente di Coldiretti Marini per il documento “l’Italia che vogliamo” che contiene le proposte di Coldiretti per lo sviluppo del Paese. “Le proposte – ha dichiarato il ministro per lo sviluppo – sono molto convincenti perché mettono insieme la voglia di competitività con la responsabilità per il bene comune. Una classe dirigente che si sente responsabile del capitale economico come pure


e dell’Alimentazione

delle risorse umane e di quelle ambientali, è una classe che dà fiducia, anche perché guarda al futuro in modo positivo, senza nascondersi però i forti problemi, soprattutto sul fronte della disoccupazione, dell’inoccupazione e della sottoccupazione”. Tecnico e approfondito è stato l’intervento del ministro dell’agricoltura Mario Catania che ha voluto “chiudere con un passaggio che non è di politica agricola”. “Anche io penso, come il documento della Coldiretti, che dobbiamo avere una visione più ampia – ha detto Catania –. Mi sembra che il documento della Coldiretti chiuda su questo punto: ci sono delle cose che forse vanno addirittura al di là come importanza di tutti gli elementi economici che ho detto finora. Abbiamo la necessità di vincere una scommessa sul piano dell’etica, sul piano della legalità. Questo Paese, a mio parere, si è allontanato troppo da quella che dovrebbe essere la strada maestra di un paese civile, appartenente alla comunità occidentale. Il tasso di

distanza da un modello ottimale sul piano etico e della legalità dei comportamenti è troppo forte. Non è un dato marginale. Al livello in cui esso si manifesta diventa un elemento centrale in quella che è una sfida per un Paese migliore, per un’Italia migliore per la quale io spero tutti lavoreremo insieme”. La più grande tavola del “Falso made in Italy” che sottrae all’Italia 60 miliardi di euro ogni anno e il “Primo salone dei nuovi mestieri” hanno completato il quadro di un convegno che oltre alla presenza del presidente Mario Monti, ha visto la partecipazione del ministro per lo sviluppo economico Corrado Passera, del ministro dell’agricoltura Mario Catania, dello showman musicista Renzo Arbore che ha testimoniato l’iniziativa della Pasta della Bontà, del sindaco di Roma Gianni Alemanno che ha presentato un bando di concorso del comune di Roma per rifornire le mense scolastiche della Capitale con cibi a chilometri zero e di moltissima altri politici, economisti ed imprenditori.

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E’ una proposta in dieci punti quella contenuta nel documento “L’ltalia che vogliamo” presentato dal presidente della Coldiretti Sergio Marini all’apertura del Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio, dove si sono dati appuntamento opinion leader, segretari di partito, membri dell’esecutivo, compreso il presidente del Consiglio Mario Monti. Dall’esigenza di un governo globale di beni comuni come il cibo contro gli effetti di una globalizzazione senza regole fino all’etica che deve traguardare insieme alla politica anche le forze social e tutti i cittadini.

1. Un governo globale dei beni comuni: “E’ necessario

che i decisori politici ne tengano conto mettendo ai vertici della loro agenda la strategicità del cibo e promuovendo politiche che a livello globale definiscano una regia di regole per i beni comuni come il cibo, l’acqua e il suolo”. 2. Più Europa: “E’ necessario lavorare alacremente alla costruzione degli Stati Uniti di Europa, dotando l’Unione di forti istituzioni politiche elette democraticamente, capaci di orientare sia il cammino di integrazione iniziato, che di ricondurre le spinte disgreganti in atto. Dal punto di vista del sistema agroalimentare italiano dobbiamo essere in grado di portare pienamente “l’Italia in Europa”, facendo sì che la nuova Politica Agricola Comunitaria riconosca il valore strategico del “modello italiano” e le sue straordinarie peculiarità, consentendo che esso diventi patrimonio della comunità contaminando virtuosamente il pensiero comunitario”. 3. L’Italia, una, sussidiaria e solidale: “Di fronte alla ripresa - dopo quasi un secolo - di forti squilibri nella distribuzione della

ricchezza prodotta e nel contesto di un necessario contrappunto federale il valore della sussidiarietà diventa strumento cardine per gestire la semplificazione burocratica e i principi di solidarietà sono indispensabili per superare le diseguaglianze. Al tempo stesso quando pensiamo a “una” Italia facciamo riferimento alla pletora di livelli amministrativi che ostacolano il dispiegarsi del potenziale dell’imprenditoria nazionale”. 4. I nostri punti di forza: “Gli assets su cui il nostro Paese può e deve puntare, sono di natura materiale e immateriale: patrimonio storico ed artistico, paesaggio, biodiversità, ricchissima articolazione territoriale, originalità e creatività, gusto e passione, intuito e buonsenso. Accanto a questi fattori, siamo stati capaci di sviluppare nel tempo un capitale sociale che rimane fortissimo; resta viva una forte capacità di relazionarci e di fare comunità, di innovare mantenendo in vita saperi antichi. Risorse che appartengono al Dna del Paese e che garantiscono quel valore aggiunto inimitabile e non delocalizzabile al “saper fare” italiano. La nostra agricoltura ha fondato su tali risorse il suo successo. Se essa mette in luce elementi di competitività, distintività, innovazione ed eccellenza, è perché ha saputo innovarsi ancorandosi al paradigma antico e non omologabile del Paese”. 5 Il nostro modello di sviluppo: l’Italia che fa l’Italia: “L’Italia e il suo futuro sono legati invece alla capacità di tornare a fare l’Italia, imboccando intelligentemente la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza a cui abbiamo già fatto riferimento. E’ nella nostra capacità di trasferire nei nostri prodotti e nei nostri servizi il valore materiale e immateriale della distintività italiana e nel rafforzare il nostro saper “fare rete” che troveremo la forza e l’autorevolezza per riconquistare la giusta capacità competitiva, anche nella dimensione globale”. 6. Le politiche necessarie: “Per accompagnare la crescita, abbiamo bisogno di “buona politica” e ciò significa in primo luogo il ritorno a funzioni di mediazione intelligente fra ceti e interessi distinti e contrastanti ai fini di perseguire un più ampio interesse di carattere generale, ciò che si definisce “bene comune”. “Alla politica, fortemente deficitaria, chiediamo un’operazione coraggiosa di verità, giustizia e legalità, aspetti la cui declinazione

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è diventata in questi anni via via più opaca”. “E per la nostra agricoltura chiediamo un impegno speculare, a servizio di ciò che stiamo perseguendo con il nostro agire quotidiano: - la verità, per garantire trasparenza ai cittadini consumatori e metterli in condizione di conoscere ciò che va sulle loro tavole (lotta all’italian sounding, norme per l’informazione ai consumatori, applicazione di quelle leggi approvate dal Parlamento ma finite in un binario morto); - la giustizia, per contrastare le posizioni di rendita e ridistribuire il valore aggiunto a vantaggio di chi lo produce (sostegno ai nostri progetti di Campagna Amica e della Filiera Agricola Tutta Italiana tesi ad accorciare e costruire nuove relazioni di filiera); - la legalità, per impedire i fenomeni che minacciano il valore del marchio “Italia” (continuità di impegno nella lotta alla contraffazione e sofisticazione, condivisione della nostra denuncia sulle Agromafie in stretta collaborazione con magistratura e forze dell’ordine)”. 7. La molla per tornare a crescere: “L’Italia è un Paese in cui le scelte economiche, politiche e sociali sono fortemente condizionate da dimensioni emozionali. Elementi come “la fiducia” tendono a ripercuotersi in maniera più che proporzionale sui comportamenti degli individui e delle famiglie. In stagioni congiunturali particolarmente difficili, “la fiducia” diventa una sorta di “molla” che se nutrita dal giusto orgoglio nazionale e messa in tensione va a costituire un fattore rigenerativo, se trascurata si traduce in un ulteriore chiave “depressiva”. 8. Far crescere il Pil con il benessere: “E’ tempo di ripensare lo sviluppo in una logica di benessere secondo principi di sostenibilità, etica del lavoro e coesione sociale. Il Pil in tal caso è strumento e non fine ultimo di una crescita sostenibile. Dentro al consumo di cibo c’è la cultura dei territori, la tipicità e la creatività di tutta la gente che l’ha generato. Dentro al cibo c’è la sicurezza alimentare che noi abbiamo garantito. C’è la qualità e la diversificazione assicurata dalla lotta continua che facciamo per difendere la biodiversità. Si tratta di tutta una serie di componenti immateriali che quando ci fanno stare a tavola ci fanno stare bene al di là del Pil”.

9. Il valore della comunità: “La crisi ci ha fatto riflettere sulla

necessità di investire su alcuni valori, che sono anche essi durevoli, continuativi, che non conoscono erosione: la socialità, l’amicizia, la famiglia, lo stare bene assieme, la spiritualità nelle sue varie espressioni culturali e religiose, la solidarietà. Nella “prossimità”, che è elemento fondante della comunità, c’è l’essenza, il concetto base del modello di sviluppo verso cui dobbiamo tendere; c’è la chiave, per potersi integrare nel mare della globalizzazione senza smarrirsi, conservando la solidità e la coerenza dei nostri modelli identitari e valoriali. Del resto l’agricoltura multifunzionale e la stessa produzione agroalimentare sono nello stesso tempo generatrici e rappresentazione di questo modello, e la stessa impresa multifunzionale, continua a rimanere al centro di questo fare “comunità””. 10. Etica prima di tutto: “Una molteplicità di episodi in questi anni e mesi ha messo pesantemente a nudo le debolezze del ceto politico nazionale e locale. Ciò da un lato ha generato una diffusa indignazione all’interno dell’opinione pubblica, dall’altro ha dato vita a forme, movimenti e pulsioni di sapore antipolitico”. “Tutto ciò - e si tratta di un problema non trascurabile - rischia di produrre un meccanismo di rimozione individuale: se la colpa è degli “altri”, le persone nel loro quotidiano agire finiscono per sciogliersi da quelle responsabilità che pure hanno e dovrebbero esercitare nella sfera pubblica e in quella privata. Se tuttavia in questi anni c’è stato un venir meno dei valori di trasparenza, di verità, di assunzione di responsabilità ciò, in taluni casi, ha investito anche le forze di rappresentanza. A volte, infatti, è accaduto che esse abbiano espresso scarsa progettualità, bassa propensione a rischiare, incapacità di essere punto di riferimento esemplare per i loro associati, che siano rimaste prigioniere di logiche legate a rendite corporative. Ma soprattutto ci è parso che esse non abbiano saputo fuoriuscire dalla logica schiacciante del “presente” e a configurare quella proiezione in chiave futura di cui il Paese ha bisogno. Che ciò sia il riflesso di una più generale miopia e assenza di lungimiranza della classe politica, non è motivo di consolazione”.

mo

voglia

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Famiglia Cristiana intervista il nostro Vi proponiamo l’intervista al presidente Sergio Marini pubblicata sul numero 42 del 14 ottobre 2012 da Famiglia Cristiana, il settimanale di ispirazione cattolica che, con oltre 3 milioni di lettori, è uno dei periodici più letti in Italia.

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L’articolo, a firma di Roberto Zichittella, si intitola “Il ritorno alla terra ci salverà” e tratteggia, in uno snello botta e risposta tra l’intervistatore e il Presidente, la politica e le linee guida della Coldiretti.


presidente

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Roma, 27-30 settembre 2012

Cibi d’Italia

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Sono stati oltre trecentomila i visitatori di “Cibi d’Italia” che hanno sancito lo straordinario successo del primo Festival Nazionale all’aperto dei cibi, delle tradizioni, dell’innovazione, della cultura e del valore dello star bene insieme, organizzato da Campagna Amica e Coldiretti che per quattro giorni ha proposto a Roma il meglio del Made in Italy agroalimentare, presentato nella straordinaria vallata dell’Arena del Circo Massimo da produttori agricoli, allevatori e pastori giunti da tutte le regioni italiane. Negli oltre 200 stands del più grande farmer’s market del mondo, inaugurato dal sindaco di Roma Gianni Alemanno e dal presidente della Coldiretti Sergio Marini, sono state esposte circa diecimila specialità tipiche offerte in degustazione e vendute fino ad esaurimento per dimostrare che l’agricoltura italiana è un patrimonio del Paese capace di offrire la piu’ ampia varietà di prodotti, competitivi, di grande qualità. Oltre alla gastronomia e alla qualità alimentare “Cibi d’Italia” si è rivelata un autentico contenitore di iniziative. Dalla presentazione della prima analisi sulla rivoluzione nella spesa alimentare


generata dall’arrivo in Italia dei mercati degli agricoltori che risulta essere l’unica forma commerciale a crescere, all’incontro sulle novità sulle mense nel nuovo anno scolastico e sulla diffusione delle fattorie didattiche al quale hanno partecipato numerose classi di ragazzi in età scolare, alla tavola con i cibi degli antichi romani (dal garum di Apicio al libum di Catone e molto altro), agli incontri sulla biodiversità e sulla salvaguardia dell’olio extravergine d’oliva Made in Italy. Un particolare rilievo ha avuto l’incontro, con la partecipazione del ministro delle Politiche agricole Mario Catania, nel corso del quale è stato presentato il primo rapporto sugli effetti della crisi sulle imprese condotte da under 35 in tutti i settori e sono stati premiati i finalisti del premio Oscar Green Coldiretti per l’innovazione giovanile in agricoltura. E infine il primo mercato del baratto contro la crisi della moneta, una iniziativa nel corso della quale è avvenuto fisicamente lo scambio di tantissimi prodotti senza spendere un euro, a dimostrazione che il baratto, insieme ad altre forme di risparmio come

i Gas (gruppi di acquisto), il carpooling della spesa e gli acquisti sul web sono nuove forme di vendita cui la crisi economica ha dato un consistente impulso. Non sono mancati, infine, momenti di intrattenimento con divertenti laboratori del gusto, sommelier della frutta, garden coaching, agricosmetica e cucina della nonna ma anche fattorie didattiche con gli animali della fattoria per i più piccoli, e lezioni di agrofitness per tutti gli sportivi. “Cibi d’Italia” – afferma il presidente della Coldiretti Marini – è uno spaccato dell’Italia più bella e più vera e, in questo momento storico, c’è bisogno di tanta verità, di cose concrete e non delle troppe cose raccontate e mai realizzate. Il Festival di Campagna Amica, che abbiamo ideato e che riproporremo anche nei prossimi anni, è la rappresentazione concreta di un progetto che è difficile spiegare, ma basta girare tra gli stand per trovare la nostra verità: produttori veri, gente vera – conclude Marini - che la mattina si alza e che lavora per realizzare prodotti veri che servono a soddisfare bisogni veri come quello del mangiare, dello state tutti meglio e insieme”.

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in foto Renzo Arbore con Vilma Pirola; sopra Arbore con Vincenzo Gesmundo

... il sapore delle buone azioni

Pas a della bontà

Durante la manifestazione Cibi d’Italia organizzata al Circo Massimo di Roma da Fondazione Campagna Amica e da Coldiretti, è stata lanciata l’operazione Pasta della Bontà, un’iniziativa di raccolta fondi a sostegno delle attività della Lega del Filo d’Oro, l’Associazione che da quasi 50 anni assiste in tutta Italia i sordociechi e i pluriminorati psicosensoriali. Per l’occasione non poteva mancare il sostegno di Renzo Arbore, da oltre 25 anni testimonial della Lega del Filo d’Oro, che ha definito questa iniziativa «un evento che coniuga il gusto e la solidarietà al quale non potevo sottrarmi e attraverso il quale le persone sordocieche avranno un operatore in più, una stanza in più, un sorriso in più». L’operazione Pasta della Bontà raggiungerà anche il resto d’Italia attraverso gli oltre 100 Punti Campagna Amica che hanno aderito all’iniziativa. Per tutto il mese di ottobre, infatti, nei mercati e nelle botteghe di Campagna Amica, sarà possibile trovare il kit composto da tre pacchi da 500 grammi di pasta, di grano duro 100% italiano, in un pratico shopper. I Punti Vendita aderenti ospiteranno un gazebo della Lega del Filo d’Oro in cui verrà distribuita la pasta, a fronte di una donazione. Insieme al kit, composto da 3 tipologie di pasta (fusilli, penne e tortiglioni), sarà distribuito un mini-ricettario con le ricette di Renzo Arbore, Marisa Laurito e Teresa Mannino. Con un kit di Pasta della Bontà potrai davvero assaporare tutto il gusto della solidarietà. Per trovare il punto vendita più vicino, conoscerne i giorni e gli orari, visita il sito www.pastadellabonta.it o chiama il Numero Verde 800904450.

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Accordo FIR - CreditAgriItalia

Grazie ad una convenzione tra Filiera Italiana Riso e CreditAgriItalia, la banca degli agricoltori, è possibile ottenere un anticipo sul conferimento ed evitare le speculazioni che deprimono il prezzo del risone italiano. FIR, la società cooperativa per azioni voluta da Coldiretti, che persegue il miglioramento e la valorizzazione dei prodotti conferiti dai soci e CreditAgriItalia, lo strumento finanziario che opera da vera e propria banca, agevolando e consentendo il credito alle imprese agricole, hanno sottoscritto un accordo permettendo alle imprese risicole di sfuggire alla speculazione che,da sempre,nel momento dell’apertura della campagna di commercializzazione strangola i produttori con prezzi irrisori. L’accordo prevede l’anticipazione dell’80% del valore del risone conferito fino alla effettiva liquidazione e massimo per 24 mesi ad un tasso di interesse particolarmente vantaggioso concordato.

L’operazione di istruttoria del finanziamento rispetterà canali preferenziali riducendo i tempi di approvazione ed erogazione per consentire alle aziende di disporre della necessaria liquidità più velocemente di un normale pagamento di risone che purtroppo, nonostante le indicazioni della Camera di Commercio si attesta comunemente a 60 o 90 giorni. “E’ uno strumento molto efficace – ha dichiarato Giovanni Roncalli, direttore della Coldiretti di Pavia – voluto dalla nostra organizzazione e concretizzato grazie alle sinergie del sistema Coldiretti, per permettere alle imprese risicole di sfuggire alla morsa speculativa che deprime il prezzo del risone nelle prime fasi del mercato e consentire a quelle aziende che devono far cassa per affrontare gli impegni di fine anno di vendere al meglio la propria produzione e soddisfare i costi reali chiudendo in attivo il bilancio aziendale”.

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PAVIA

BERGAMO

con un giro d’affari di 100 milioni di euro e una rete di 54 negozi...

in foto da sinistra, Alfredo Gelmini, Alberto Pagani, Giuseppe Ghezzi, Ettore Prandini, Giovanni Battista, Eugenio Torchio.

Arriva il super consorzio agrario della Lombardia. Mercoledì 19 settembre 2012, nella sede della Coldiretti regionale a Milano in via Filzi 27, i presidenti dei consorzi agrari di Bergamo, ComoLecco-Sondrio e Pavia hanno siglato il primo contratto di rete a livello italiano facendo nascere una realtà da oltre 100 milioni di euro di fatturato all’anno, con 54 fra sedi e negozi, immobili per un valore che supera i 30 milioni di euro e quasi 100 occupati fissi. L’obiettivo è il coordinamento delle produzioni e delle rispettive attività, oltre alla vendita comune dei prodotti. L’organigramma prevede come presidente Giuseppe Ghezzi di Pavia, vice presidente Giovan-

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ni Battista Micheli di Bergamo e direttore di rete Alfredo Gelmini di Como. I tre consorzi agrari aderenti al contratto di rete copriranno altrettanti settori di riferimento, integrandosi l’uno con l’altro: Bergamo per sementi e gestione zootecnica, Pavia come punto di riferimento per le aziende del riso e vitivinicole, mentre Como-Lecco-Sondrio continuerà sulla strada della multifunzionalità con la valorizzazione dei prodotti del territorio grazie alla propria rete di 30 negozi (che si aggiungo ai 24 delle altre due realtà aggregate).Le peculiarità dei tre consorzi serviranno a rafforzare l’intera rete in un’azione coordinata per portare vantaggi alle aziende agricole integrando offerte di prodotti e acquisti, spuntando condizioni migliori per tutti e sviluppando un sistema retail di contatto diretto non solo con l’agricoltore professionale ma anche con il consumatore al dettaglio interessato ai prodotti agroalimentari e a ogni cosa che riguarda il garden e la manutenzione del verde. Lo scopo finale è rendere più efficienti i rapporti fra settori della produzione, della trasformazione e della vendita come prevede il progetto della Filiera Agricola Italiana di Coldiretti.


COMO-LECCO-SONDRIO

Nasce il maxi consorzio agrario della Lombardia La rete CAFIL (Consorzi Agrari della Filiera Lombarda) è uno strumento innovativo che risponde alle esigenze delle imprese, in particolare quelle piccole e medie come i Consorzi Agrari. CAFIL potrà stimolare e disegnare nuovi strumenti attraverso cui le imprese, rimanendo indipendenti, possono realizzare progetti industriali comuni diretti in particolare ad accrescere la capacità innovativa e la competitività. Costituisce di fatto una Terza via del modello complementare, realizza aggregazioni tramite fusioni ed acquisizioni, consente una crescita per via contrattuale. I Consorzi Agrari della Lombardia che aderiscono e sottoscrivono il controllo di Rete “CAFIL” sono: • CAP BERGAMO • CAP COMO/LECCO/SONDRIO • CAP PAVIA La loro cooperazione darà vita ad una grande piattaforma logistica INFRASTRUTTURALE per il prodotto italiano firmato dagli agricoltori, ottimizzando l’approvvigionamento di mezzi tecnici, servizi commerciali e finanziari a carattere creditizio e assicurativo. Partendo dall’attuale posizionamento competitivo dei Consorzi Agrari, queste opportunità configurano leve di intervento fortemente interconnesse e in grado di innescare un circolo virtuoso, sia dal punto di vista commerciale che reddituale delle aziende. Obiettivo finale è migliorare la redditività delle Imprese Agricole con una gamma di prodotti e servizi competitivi ampliando l’offerta sul mercato finale. Il rafforzamento commerciale del sistema dei Consorzi Agrari e il suo equilibrio economico-finanziario nel suo complesso sono strumenti necessari al raggiungimento di tale obiettivo.

RETE “CAFIL”

PROVINCIA FATTURATO EURO OCCUPATI BERGAMO 30.436.000 32 COMO-LECCO-SONDRIO 36.059.000 30 PAVIA 38.832.000 33 TOTALE 105.327.000 95

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Catania: l’export agricolo corre, ma ser e una rete made in Italy Riportiamo l’intervista che il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, ha rilasciato al Corriere della sera il 26 ottobre. Il Ministro ha parlato di export agricolo, e della necessità di creare una rete Made in Italy, affermando che “il vero problema è la nostra debolezza nella grande distribuzione. Non ci sono catene italiane con una buona presenza all’estero che possano promuovere i nostri prodotti”. “Il calo dei consumi ci deve stimolare a una maggiore attenzione verso le persone in difficoltà. Ma anche a puntare di più sulle esportazioni per compensare la diminuzione della domanda interna”. Nel suo piccolo l’agricoltura è come la Fiat. Anzi, nel suo grande, visto che l’anno scorso l’export agroalimentare ha superato per la prima volta quello dell’auto: 30 miliardi di euro contro 25. Eppure, ministro Mario Catania, siamo ancora indietro. Due giorni fa, proprio sul Corriere, Dario Di Vico ricordava come la Germania esporti il 27% della sua produzione alimentare, l’Italia solo il 19%. Un altro “spread”. “E vero, ma rispetto al passato la situazione è migliorata. Negli ultimi dieci anni l’export alimentare del nostro Paese è cresciuto dell’86%, esattamente il doppio del totale delle esportazioni nazionali. E rispetto alla Germania la vera differenza è un’altra”. Quale? “Loro producono più di quanto consumano, noi il contrario: consumiamo più di quello che produciamo. Per la Germania l’export è fisiologico, anzi necessario”. D’accordo, però è il cibo italiano ad essere famoso nel mondo, non quello tedesco. Non sarà anche colpa dei nostri produttori, che non sempre si adeguano al mercato? “E un’accusa ingiusta. All’estero siamo sommersi dalle imitazioni”. Forse ci limitiamo alla gamma di alta qualità. Ma così è difficile fare grandi numeri, specie in un momento di crisi come questo. “Inseguire la bassa qualità non paga. E non abbiamo i bassi costi di produzione necessari per competere”. Cosa bisogna fare, allora? “Il vero problema è la nostra debolezza nella grande distribuzione. Non ci sono catene italiane con una buona presenza all’estero che possano promuovere i nostri prodotti. Auchan, che è francese ma in Italia è diffusa, è in contatto con Auchan Cina per selezionare e promuovere il made in Italy. Siamo ai palliativi”. E quale può essere la soluzione? “Alcuni produttori stanno creando direttamente le loro teste di ponte nei grandi mercati stranieri. Depositi, distributori, e tutto ciò che serve per supplire all’assenza di una grande catena. C’è qualcosa a Mosca e a Shangai: siamo ai primi passi ma bisogna insistere. Altrimenti lasciamo campo libero ai falsi e alle imitazioni”. A proposito, che fine ha fatto il disegno di legge che aveva annunciato per tutelare il made in Italy? “Molte cose sono state risolte a livello amministrativo o comunitario. Come le norme per l’etichettatura dell’olio d’oliva che adesso prevedono un livello di trasparenza più alto”. È il cosiddetto italian sounding: prodotti che sembrano italiani senza esserlo, come il Parmesan o la pasta Panzani? Solo nell’Unione Europea se ne vendono il doppio di quelli davvero made in Italy. “E un problema vero e lo stiamo affrontando. Le faccio un esempio. In molti Paesi è possibile usare il nome Vesuvio per una marca di pasta o una mozzarella. La parola Vesuvio non è un marchio registrato, non viola la legge ma è chiaro che si tratta di una Turbata. Dobbiamo fare pressione sugli altri Paesi per far sì che questo non sia più possibile”. Così tutto dipende dalla loro buona volontà? “Sì, purtroppo. Ma alla fine un mercato più trasparente conviene a tutti. Ognuno ha il suo Vesuvio”.

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Perché il mondo ha bisogno della rin scita della piccola agricoltura La spasmodica ricerca del profitto e del guadagno sta danneggiando l’agricoltura – e il mondo. Tuttavia la crescente tendenza a comprare da negozi locali e mercati di vendita diretta agricola permette di scorgere un barlume di speranza. Riportiamo un articolo apparso sul quotidiano anglosassone The Guardian. Gli allevatori britannici non riescono produrre suini a prezzi altrettanto bassi degli agricoltori polacchi, o foraggio al basso costo che hanno i loro colleghi brasiliani, o latte come gli americani, o la frutta come gli spagnoli, e se non ce la fanno la legge del mercato dice che debbono chiudere il loro business. Secondo un recente studio, condotto dalla National Pig Association, quasi 100 piccoli e medi allevatori di suini potrebbero chiudere quest’anno – circa il 10% del totale. Ogni mese perdiamo decine di produttori lattiero- caseari. L’orticoltura ha da tempo gettato la spugna. Solo l’1% dei britannici ora lavora la terra. Tuttavia questa situazione non è tipica solo della gran Bretagna, è una realtà vissuta un po’ ovunque. Gli agricoltori africani ed asiatici sono obbligati a rinunciare produrre cibo per la popolazione locale e, invece, producono per esportare in Europa. Ovviamente le aziende agricole devono essere grandi per vincere sull’economia di mercato, la manodopera deva essere ridotta per tagliare i costi, quindi la maggior parte dei piccoli agricoltori, uomini e donne, devono essere fatti fuori. In India centinaia di migliaia di piccoli agricoltori si sono suicidati, ma la maggior parte di essi fugge in città e diventa parte di quel miliardo di esuli rurali che ormai vivono nelle baraccopoli (quasi un terzo della popolazione urbana del paese). Dati obiettivi - quelli che scientisti ed economisti mostrano a coloro che decidono politiche sociali ed economiche- confermano che i nuovi metodi non funzionano – almeno, non funzionano se pensiamo che la funzione dell’agricoltura sia quella di produrre buon cibo. In tutto il mondo, 1 miliardo dei 7 miliardi di persone presenti sul pianeta, è estremamente malnutrito, mentre un altro miliardo è cronicamente iper nutrito – tanto che, secondo un articolo pubblicato a maggio in ‘Nature’, la popolazione mondiale di diabetici oggi supera la popolazione di Stati Uniti e Canada messi insieme, e la causa di ciò è quasi sempre legata alla cattiva alimentazione. I danni per tutto il mondo sono enormi. A causa dell’agricoltura industriale, metà delle specie esistenti sulla terra potrebbe estinguersi entro la fine del secolo. L’agricoltura occupa il 40% della superficie terrestre, ma l’inquinamento creato dall’agricoltura mette a rischio la vita in tutta la superficie terrestre, compreso i mari, dove l’agricoltura sta distruggendo la barriera corallina. Ma l’insieme governo-aziende che regola nostre vite è impegnato nella concorrenza a tutto campo tipico del mercato globale neoliberista. Quindi gli agricoltori britannici in condizioni britanniche, in un contesto sociale britannico competono con gli agricoltori africani, le mega-corporazioni americane e i baroni ucraini del grano – mentre l’agricoltura deve contendersi gli stanziamenti governativi con le automobili, armi, i casino e i parrucchieri. Se gli agricoltori britannici non riusciranno a produrre in poco tempo più denaro dei loro colleghi polacchi o brasiliani, dovranno sparire. In effetti, qualche anno fa, il governo di Tony Blair ha proposto seriamente che l’agricoltura britannica facesse la fine delle miniere britanniche (chiuse dal governo Thatcher, ndt). Potrebbe sembrare

una soluzione drastica e dura ma, come Lady Thatcher disse tanti anni fa, “non c’è altra alternativa” – e tutti i governi britannici, anche quelli “Labour”, hanno preso queste parole come un vangelo. Stranamente – il sindacato degli agricoltori – la National Farmer Union – si dedica solidamente alle grande imprese. Il problema più profondo è lo scontro tra moralità, realtà biologica e l’economia attuale. Fino quando non porteremmo questi tre fattori allo stesso livello, saremmo in difficoltà. Ancor di più: dobbiamo riconoscere che moralità (ciò che è buono) e realtà biologica (ciò che è necessario e possibile) devono venire prima, e che l’economia deve essere una cosa secondaria. Come ha detto John Maynard Keynes molti anni fa: l’economia deve “stare sul sedile di dietro” e dobbiamo concentrarsi “sui veri problemi di vita, relazioni, creazione, religione e comportamento.” Se non riconosciamo l’obbligo morale di fornire cibo a tutti senza distruggere il resto, che cosa significa allora moralità? Non c’e nessun scusa per l’attuale fallimento – visto che il sensato pensiero biologico dimostra che cibo buono per tutti dovrebbe essere possibile. Però rapporto dopo rapporto – quelli che i governi e le grandi organizzazioni scelgono di ignorare – ci dicono che il modo migliore per garantire che tutti siano nutriti bene, in maniera sostenibile e sicura, è tramite aziende agricole che sono miste, complesse e a basso input. Devono essere ad alta intensità di lavoro, quindi non c’è nessun vantaggio nell’essere grandi. Queste aziende agricole sono strutturalmente tradizionali, ma non necessariamente tradizionali della tecnologia. Potrebbero beneficiare dalla scienza e dalle buone prassi tecnologiche. Tuttavia le aziende agricole miste di piccola e media dimensione che potrebbero nutrirci bene e fornire lavoro, sono in assoluto conflitto con l’imperativo moderno che vuole massimizzare la ricchezza. Per sopravvivere nella lotta per il profitto, la manodopera deve essere sostituita dalle grandi macchine e dall’agrochimica, l’allevamento deve essere semplificato – e tutto questo deve essere fatto in massima scala. Anche se l’agricoltura industriale non sfama tutti, ha portato disoccupazione e povertà accompagnata da disperazione, e sta distruggendo il mondo, deve prevalere perche produce grande quantità di soldi a breve termine per le persone che dettano legge. Abbiamo bisogno cambiare rotta immediatamente. Ciò significa noi, tutti noi, – le persone normali, perche i governi e le grandi organizzazioni che governano il mondo, e loro esperti ed intellettuali non lo faranno. Il modo tradizionale di produrre cambiamenti è attraverso riforme o rivoluzioni – ma le riforme sono troppo lente e i politici di oggi e il grande business non possono cambiare il loro percorso. La rivoluzione è un metodo troppo rischioso e pericoloso. Cosi abbiamo bisogno di una terza via – la rinascita: costruire qualcosa di meglio su quello che già esiste. Le persone stesse prendono in mano la situazione. In ogni parte del mondo le persone e le comunità stanno avviando piccole aziende agricole, di cui il mondo ha veramente bisogno, altri, invece, stanno iniziando attività imprenditoriali per servire queste nuove aziende agricole. Migliaia di organizzazioni in tutto il mondo cercano di promuovere e coordinare questa nuova via.

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OGM tossici: il caso arriva in Parlamento

Il caso degli Ogm tossici arriva in Parlamento. E’ stata presentata un’interrogazione affinché il Governo renda note le iniziative che intende assumere per fare pressione sulle istituzioni europee, al fine di creare le reali condizioni per arrivare ad un’ Europa Ogm free riconoscendo che ogni Stato possa autonomamente vietare sul proprio territorio la coltivazione di Organismi geneticamente modificati. La recente pubblicazione dello studio scientifico francese che dimostra gli effetti tossici e cancerogeni della varietà Ogm mais Nk 603 prodotta dalla Monsanto ha già indotto il Governo francese a chiedere l’adozione di misure che portino alla sospensione d’urgenza dell’autorizzazione ad importare il prodotto transgenico. Pertanto, è necessario che anche l’Italia si attivi in tal senso e richieda l’esercizio della clausola di salvaguardia, soprattutto, in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 6 settembre scorso che ha bocciato il divieto generale di coltivazione Ogm. Ad oggi, sono troppi i nodi connessi al transgenico ancora da sciogliere. Oltre ai rischi per la salute e l’economia del nostro Paese, che si contraddistingue per i suoi tradizionali prodotti tipici e di qualità, resta irrisolto il problema dell’impossibilità di coesistenza tra le colture Ogm con quelle convenzionali, posto che non esistono misure idonee ed efficaci per evitare la contaminazione. Ulteriore questione che viene evidenziata nell’interrogazione parlamentare è il sopravvento sconsiderato dell’attività lobbistica delle multinazionali, che pretendono di poter decidere sull’alimentazione e sono di ostacolo alla ricerca indipendente a causa della presenza dei brevetti sui semi detenuti. La volontà delle multinazionali di trarre profitto dal transgenico, a prescindere dalle conseguenze che derivano dalla loro coltivazione e commercializzazione, è già in passato risultata evidente nel caso dell’Ogm denominato Terminetor e prodotto dalla Monsanto, ossia uno dei gruppi economici più potenti del pianeta e proprietaria di più dell’80% dei prodotti transgenici finora creati. Gli agricoltori che hanno utilizzato tale semente si sono trovati in un circolo vizioso di dipendenza dai costosi prodotti dell’impresa, dovendo acquistare i fertilizzanti chimici prodotti dalla stessa Monsanto che sono necessari per la coltivazione di tale Ogm e costretti a ricomprare nuove sementi ad ogni semina poiché da Terminetor nascono piante sterili. Dunque, rispetto a tutte le gravi problematiche legate all’utilizzo di Organismi geneticamente modificati è chiara la necessità che il nostro Paese adotti i dovuti provvedimenti affinché sia rafforzato il principio sancito nella clausola di salvaguardia e gli Stati possano vietare le coltivazioni transgeniche. A riguardo, nei prossimi giorni si riunirà la Task Forse per un’Italia libera da Ogm, di cui fa parte Coldiretti nonchè scienziati, organizzazioni del mondo agricolo, ambientalista e dei consumatori, che, anche in considerazione dei recenti studi francesi che dimostrano la dannosità degli Ogm, elaboreranno nuove iniziative in cooperazione con gli enti locali per contrastare l’utilizzo del transgenico.

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Pre zo del latte:

la rabbia degli allevatori

Sale la tensione sul prezzo del latte, monta la rabbia degli allevatori stretti fra crisi economica e boom dei costi. “Rispetto allo scorso anno – ha spiegato Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia – le spese di gestione sono aumentate di quasi il 40 per cento mentre il prezzo di un litro di latte riconosciuto alla stalla è fermo a 38 centesimi e se fino a 6 mesi fa era accettabile, adesso con l’esplosione dei costi di produzione non è più sostenibile. Viviamo una situazione che rischia di far chiudere decine di aziende agricole. Se è ciò che l’industria vuole, in un momento di crisi come questo, allora lo dica chiaramente e se ne assuma la responsabilità”. In Lombardia, dove si munge il 40 per cento del latte italiano, le imprese agricole attive nel settore sono circa 6.400 ma quelle che conferiscono ai primi acquirenti (cooperative e industrie di trasformazione) sono già scese sotto la soglia delle cinquemila. “Se andiamo avanti così – ha aggiunto Prandini – rischiamo la desertificazione della zootecnia

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della pianura padana, con perdite sia economiche che di posti di lavoro”. Almeno 18 mila persone, fra titolari e dipendenti – stima la Coldiretti Lombardia – lavorano negli allevamenti da latte della regione. “Le nostre aziende stanno facendo i salti mortali per riuscire a restare in piedi, ma la rabbia aumenta quando si vede che a fronte di una quotazione del latte alla stalla ormai molto sotto i costi di produzione, per i consumatori i prezzi degli alimentari al dettaglio non si sono affatto abbassati. Si stanno mettendo in ginocchio famiglie e settore produttivo. Non si può andare avanti così”. Per questo dopo colloqui per adesso infruttuosi con le industrie di trasformazione, gli allevatori stanno pianificando mobilitazioni e iniziative di protesta. “Quando c’è la crisi o si lavora tutti insieme per salvarsi oppure il sistema crolla – ha concluso Prandini – ed è quello che si rischia con le stalle da latte se la situazione non verrà sbloccata”.

hetto latte: firmato il decreto per l’attuazione in Italia

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali commenta l’emanazione del ‘Decreto recante norme di applicazione del regolamento (CE) n.1234/2007 per quanto riguarda le organizzazioni di produttori e loro associazioni, le organizzazioni interprofessionali, le relazioni contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattierocaseari e i piani di regolazione dell’offerta dei formaggi a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta’. “Il decreto che ho firmato oggi consente l’operatività in Italia del pacchetto latte dell’Ue e rappresenta un traguardo rilevante per il settore. Il provvedimento permette la contrattazione collettiva da parte delle organizzazioni di produttori per la consegna di latte crudo, in deroga alle norme sulla concorrenza. Peraltro la previsione di una forma obbligatoria di contrattazione scritta per le consegne ai primi acquirenti è in linea con quanto stabilito anche per gli altri prodotti agroalimentari nell’art.62 della legge sulle liberalizzazioni. Si introduce, poi, la programmazione dell’offerta dei formaggi Dop e Igp, prima non consentita. Si tratta di una norma importante, soprattutto in vista della fine del sistema delle quote latte, per evitare che il mercato vada fuori controllo”. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, ha commentato così l’emanazione del ‘Decreto recante norme di applicazione del regolamento (CE) n.1234/2007 per quanto riguarda le organizzazioni di produttori e loro associazioni, le organizzazioni interprofessionali, le relazioni contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari e i piani di regolazione dell’offerta dei formaggi a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta’. In particolare, il decreto fissa le procedure ed i requisiti specifici per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori e loro associazioni e delle organizzazioni interprofessionali. Una volta riconosciute le organizzazioni di produttori di latte, secondo la norma, potranno negoziare collettivamente i contratti per la consegna di latte crudo, derogando le norme sulla concorrenza. Le consegne di latte crudo ai primi acquirenti, fatto salvo quanto previsto dal Regolamento comunitario, devono formare oggetto di contratto scritto fra le parti, conformemente a quanto stabilito dall’art.62 della legge 24 marzo 2012 n.27. Il provvedimento contiene inoltre le disposizioni per l’approvazione dei piani produttivi per la programmazione dell’offerta dei formaggi a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta. L’esame e la valutazione di questi piani sono affidati ad un apposito comitato, che verrà istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

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Quote latte: Italia a rischio s lafonamento Per la campagna lattiero-casearia 2012-2013 l’Italia rischia di superare la quota nazionale di produzione di latte prevista dall’Unione europea. Questo è quanto emerge dai dati dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), nei quali si evidenzia come da aprile a luglio di quest’anno siano già stati consegnati ai primi acquirenti oltre 3 milioni 770mila tonnellate di prodotto, con un aumento di circa il 3% rispetto allo stesso periodo del 2011. Sebbene la produzione di agosto 2012 si sia rivelata in flessione a causa del grande caldo, si stima che comunque – proseguendo con questo trend – l’Italia possa concludere l’attuale campagna superando il fatidico tetto dei 10 milioni 883mila tonnellate del 2011, al di sotto del quale si era faticosamente attestata lo scorso anno, consegnando circa 10 milioni 876mila tonnellate di latte. Vale la pena di ricordare che la legge 33/2009 non prevede compensazioni nazionali nel caso di splafonamento e che quindi va assolutamente evitato il superamento del “tetto” stabilito in sede Ue per il nostro Paese. In caso di sforamento della soglia fissata in sede europea, accederanno alla restituzione del prelievo soltanto i produttori in regola con il versamento mensile; avranno priorità i titolari di aziende ubicate nelle zone di montagna, quelli nelle zone svantaggiate, i produttori che non abbiano superato il livello di commercializzazione conseguito nel periodo 2007-2008 o quelli che non abbiano superato di oltre il 6 per cento la propria quota individuale. Per tutti gli altri produttori in esubero, i prelievi confluiranno integralmente nel fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

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Flo a conservation

Università, Coldiretti e Consorzio Agrario a tutela della biodiversità Gli effetti negativi dovuti all’utilizzo di piante ad origine sconosciuta sulla vegetazione naturale del nostro territorio sono ormai noti e suffragati dall’attuale ricerca scientifica del settore. Perdita della biodiversità, semplificazione del paesaggio e danni provocati dall’introduzione di specie esotiche si configurano come tre delle maggiori conseguenze alle quali è necessario far fronte per la salvaguardia dell’ambiente. L’uso di materiale di provenienza locale può limitare questi effetti negativi. Le specie selvatiche sono in grado di resistere maggiormente, richiedono minor cura, sia nel momento della coltivazione che durante la fase d’attecchimento. Presentano caratteristiche genetiche compatibili con le popolazioni naturali, rusticità e vigore di gran lunga maggiore delle competitor straniere. Sulla base di tali premesse nasce “Flora Conservation”, un’idea imprenditoriale del gruppo di ricerca di Ecologia Vegetale del Prof. Graziano Rossi dell’Università di Pavia, con l’appoggio di Coldiretti Pavia, del Consorzio Agrario di Pavia e la partecipazione di due aziende agricole della Provincia di Pavia: Marchesi Gianluca di Zavattarello e Formentini Massimo di Bosnasco. La nascente società ha inoltre ottenuto l’approvazione dell’Università di Pavia di costituirsi come Spin Off Universitario, che prevede cioè la partecipazione dell’Ateneo stesso come socio. Il progetto prevede la nascita di una nuova azienda agricola che produca e commercializzi su larga scala semi, sementi e piante erbacee spon-

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tanee native del territorio italiano. La tutela della biodiversità vegetale e l’utilizzo di piante interamente provenienti dal territorio nazionale sono i fondamenti che caratterizzano l’idea d’impresa. La raccolta dei semi in natura e la loro coltivazione in vaso sarà affrontata facendo fede al principio della sostenibilità ambientale. A livello italiano è il primo tentativo di creare un’azienda agricola, a carattere florovivaistico e sementiero, basata sulla raccolta, produzione e distribuzione di materiale vegetale locale ad elevata biodiversità per un’area vasta. Saranno di domino della società le conoscenze sull’ecologia delle specie per la raccolta, i protocolli di coltivazione, germinazione ed il processo produttivo verrà tutelato mediante un apposito marchio Flora Conservation. L’intera filiera sarà monitorata in modo da segnalare l’origine del materiale di propagazione e, mantenendo la tracciabilità in tutte le fasi del processo produttivo, garantire l’autoctonia del prodotto finale. Altra finalità dell’impresa è di avvicinare i clienti alla natura, sensibilizzandoli sull’importanza della conservazione della biodiversità e fornendo loro uno strumento utile per poter essere direttamente partecipi alla salvaguardia della flora spontanea nativa e indirettamente della biodiversità in generale (insetti, uccelli, rettili, ecc.). Questa iniziativa italiana di environmental economy dovrebbe portare allo sviluppo di nuova imprenditorialità e reddito in ambito florovivaistico, attualmente in forte crisi, contribuendo a rilanciare il settore, nonché fornendo possibilità lavorative per giovani neolaureati in ambito biologico/naturalistico ed altri inoccupati. Sono state individuate alcune aree in zone collinari e montane che permetteranno la corretta sperimentazione e contemporaneamente, presso la sede del Consorzio agrario di Pavia è stata identificata una superficie sufficientemente estesa da consentire l’avvio dell’attività.


Alberto Lucotti presidente di Terranostra Pavia

Martedì 23 ottobre, a Palazzo Coldiretti in Viale Brambilla 34 a Pavia si è riunita l’assemblea di Terranostra Pavia, l’associazione che raggruppa le aziende agrituristiche targate in giallo. Alla presenza di Alessandra Morandi, presidente regionale di Terranostra, di Valeria Sonvico, responsabile della segreteria Lombarda e del presidente di Coldiretti Pavia, Giuseppe Ghezzi, introdotta da Rosanna Sora, segretaria pavese dell’Associazione, Sabina Ogliari, presidente uscente dell’organizzazione, ha tracciato un quadro dell’intensa attività svolta durante il quadriennio della sua presidenza. “La crescita, sia in termini numerici sia in qualità di servizi offerti ai consumatori – ha dichiarato Sabina Ogliari, titolare dell’agriturismo i Granai di Certosa – è il frutto di una passione e di una vitalità che porta spesso le stesse aziende agrituristiche a sopravanzare le iniziative dell’associazione”. “Siamo un settore in crescita – ha confermato Alessandra Morandi – che offre qualità e concretezza, garantendo ai consumatori un elevato rapporto qualità prezzo che consente all’agriturismo, in particolare a Terranostra, di registrare un segno positivo in un momento in cui il resto dell’economia stenta a mantenere le posizioni”. Il presidente

di Coldiretti Giuseppe Ghezzi, ha salutato il neo presidente di Terranostra Alberto Lucotti, prendendo avvio da un sincero e sentito ringraziamento all’opera svolta da Sabina Ogliari e dal consiglio dello scorso mandato e ha aggiunto – Le vostre aziende rappresentano il fiore all’occhiello di Coldiretti, i migliori interpreti di una stretta alleanza con il consumatore, cui offrire la promozione del territorio e delle sue specialità, lontani dalle logiche speculative che spesso danneggiano lo smalto del vero Made in Italy”. In chiusura, il neo presidente Alberto Lucotti, ringraziando ogni singola impresa agrituristica per la fiducia concessagli e riconoscendo a Sabina Ogliari il valore dell’operato trascorso, ha sottolineato l’importanza dell’impegno e della condivisione. “Tutte le aziende di Coldiretti – ha dichiarato Lucotti – sono interpreti eccellenti della nuova agricoltura, noi di Terranostra forse lo siamo un po’ di più, perché il rapporto diretto con il consumatore e il presidio sul territorio che ci ha portato a mantenere e rivalutare aree bellissime e altrimenti dimenticate ci ha consentito di restituire alla comunità un ambiente integro e prezioso che rappresenta il bene più importante cui possiamo aspirare”. in foto Sabina Ogliari e Alberto Lucotti

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Il flagello dei cinghiali

“La situazione è pesante – spiega Giuseppe Ghezzi, presidente della Coldiretti di Pavia – se si considera che fra il 2006 e il 2011 il totale dei danni in Lombardia ha superato i due milioni e mezzo di euro. Serve un’azione coordinata di Province e Regione per un’azione comune e condivisa che porti alla soluzione del problema. Non possiamo certo continuare ad avere campi devastati, coltivazioni distrutte, danni alle aziende e rischi di incidenti sulle strade, come è già successo”. Dal monitoraggio effettuato da Coldiretti solo nella nostra provincia i danni arrivano a oltre 80.000 euro per più di 80 denunce di campi e vigneti devastati. “Seminare sulle montagne della Val Tidone, Val Nizza, Valle Staffora – scrive Gianluca Marchesi di Zavattarello, in una lettera al direttore del quotidiano locale - coincide con la parola cinghiali. Questi animali entrano nei nostri campi e li mettono a soqquadro in cerca di cibo, compromettendo la germinazione dei semi e la conformità del terreno che diventa impraticabile. Tutto ciò è sempre più frequente, per non dire che avviene regolarmente tutte le notti. Ora gli agricoltori non possono più accettare questa situazione, causata da animali che molto spesso mettono in pericolo anche l’incolumità degli automobilisti, come è avvenuto pochi giorni fa anche in zone di pianura. Coldiretti nei mesi scorsi ha sollevato con gran voce il problema, cercando la collaborazione e l’intervento della Provincia ed ha trovato nel Presidente Bosone e nell’assessore Lasagna, comprensione e collaborazione. Sono state effettuate battute di caccia notturne e sono stati istituiti i corsi di autodifesa per i proprietari dei terreni che subiscono i danni. Ciò nonostante anche quest’anno i nostri campi sono stati colpiti, i nostri vigneti e frutteti saccheggiati, spesso totalmente. Non siamo a chiedere indennizzi che, sebbene ci spetterebbero, non ci vengono riconosciuti, oppure la fornitura dell’elettrorecinzione. Noi agricoltori della montagna pavese, vogliamo poter lavorare e raccogliere il frutto dei nostri terreni che rappresenta il nostro reddito che è già scarso di per sè. Chiediamo più vigilanza, perché non ci sia un ripopolamento abusivo. Se davvero si vuole arginare il problema, occorre poter cacciare il cinghiale anche nelle ZRC, incubatrici naturali degli ungulati. Sarà sicuramente facile per qualcuno opporsi, stando comodamente seduto sul divano di casa in città o sventolare la bandiera di qualche associazione. Bisogna difendere gli agricoltori e non solo gli animali, perché solo chi subisce i danni o vede traballare il proprio posto di lavoro, può comprendere la nostra rabbia ed i nostri sforzi per rimanere in questi territori. Certo, la nostra voce e la nostra forza non rappresentano un grande indotto, ma il nostro lavoro e l’opera che svolgiamo su queste colline è di grande valore sociale e turistico, oltre che la nostra fonte di reddito. n.7 2012

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Il frutto delle borse della bontà è andato a buon fine e di recente la scuola Dosso Verde ha inaugurato la lavagna multimediale acquistata con le offerte delle borse e il contributo di Coldiretti. Grande è stata l’emozione nel vedere i ragazzi del Dosso Verde interagire con entusiasmo grazie alle possibilità offerte dal nuovo acquisto.

Il Dosso Verde ha inaugurato la lavagna multimediale


un anno di Coldiretti nelle scuole

Oltre un milione di bambini avrà l’opportunità durante il nuovo anno scolastico di andare a lezione nelle aziende agricole in campagna. Un impegno che rientra nell’ambito del progetto “Educazione alla Campagna Amica” che nel corso dell’ anno scolastico coinvolge alunni delle scuole elementari e medie che partecipano alle lezioni in programma nelle quasi 1300 fattorie didattiche autorizzate, ai laboratori del gusto e agli orti didattici che vengono organizzati nelle aziende agricole e in classe. Per tale motivo il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Coldiretti hanno siglato un accordo per la promozione di un piano pluriennale di attività comuni rivolte alla sensibilizzazione e formazione dei giovani “per promuovere il rispetto delle norme e dei valori della Costituzione, accrescere nei giovani la cultura del cibo e delle tradizioni alimentari italiane, sensibilizzandoli ed educandoli verso una sana alimentazione e un corretto comportamento rispettoso dell’ambiente”. “Le lezioni in campagna hanno l’obiettivo non solo di far trascorrere ai bambini del buon tempo libero all’aperto a stretto contatto con la natura, ma anche di avvicinarli ad un mondo reale e concreto che non ha nulla a che vedere con i videogiochi e con la televisione”, ha affermato il direttore della Coldiretti di Pavia Giovanni Roncalli “Sperimentare ed “assaporare” la vita in campagna rappresenta un modo diverso di educare le nuove generazioni a valori importanti come la corretta alimentazione e al rispetto dell’ambiente”. EduCA è il progetto di educazione della

Coldiretti di Pavia che per il 2012/2013 ha intitolato Fruttamica il cammino didattico annuale. Una serie di percorsi educativi improntati al mangiar sano accoppiato ai corretti stili di vita, con la frutta protagonista con agli altri prodotti del territorio. “Lo scorso anno – ha commentato Annamaria Seves, coordinatrice del progetto - insieme ai colleghi di Coldiretti che mi hanno coadiuvata, il progetto EduCA ha raggiunto 4500 studenti delle scuole primarie, elementari e medie di tutta la provincia. Le richieste per il nuovo anno sono moltissime e contiamo di raggiungere e superare il successo dello scorso anno. Abbiamo approntato una ventina di percorsi didattici, parametrati in funzione dell’età delle scolaresche partecipanti, che spaziano dagli animali della fattoria alla frutta e agli ortaggi, da una prima colazione corretta alla degustazione di mele con analisi sensoriale, dall’ecosistema della risaia al latte e al formaggio, accoppiando l’ambiente, i suoi prodotti e l’importanza di un’alimentazione sana e corretta”. “Il progetto Educa – ha concluso Vilma Pirola, responsabile di Donne Impresa per Coldiretti Pavia – nasce sotto l’egida di Donne Impresa anche per sottolineare la sensibilità verso la cura del territorio, la valorizzazione delle sue specialità e l’attenzione al viver sano che le donne della Coldiretti mettono nell’attività di impresa”.

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Pas a +7% conserve + 8% Con un aumento del 18 per cento le esportazioni di vino e cibo Made in Italy sorpassano quelle di automobili e rimorchi in calo del 14 per cento negli ultimi cinque anni. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della visita inaugurale del presidente del Consiglio Mario Monti allo stabilimento Barilla di Rubbiano dove saranno prodotti sughi pronti destinati per il 50 per cento all’estero. Per effetto del sorpasso le esportazioni di prodotti agroalimentari hanno raggiunto 15,2 miliardi di euro mentre al contrario le spedizioni di automobili, rimorchi e semirimorchi si sono fermate a 13,2 miliardi di euro, nella prima metà del 2012. Ad aumentare sono state le esportazioni dei prodotti simbolo del Made in Italy alimentare come ad esempio la pasta che fa segnare un incremento in valore del 7 per cento o le conserve di pomodoro che crescono dell’8 per cento nel primo semestre del 2012 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Se l’andamento positivo sarà confermato nei prossimi mesi il valore dell’export agroalimentare è destinato a far segnare a fine anno il nuovo record con un valore delle spedizioni superiore ai 30 miliardi di euro fatti registrare lo scorso anno. Un risultato importante poiché l’agroalimentare svolge in realtà un effetto traino per l’intero Made in Italy al’’estero dove il buon cibo italiano contribuisce in misura determinante a valorizzare l’immagine dell’Italia all’estero. L’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una piu’ efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. All’estero il falso Made il Italy a tavola fattura 50 miliardi di euro e sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. Un inganno favorito dalla mancanza di trasparenza in etichetta per la quale anche nell’Unione Europea non si prevede l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima utilizzata negli alimenti come stabilisce una legge sostenuta dalla Coldiretti e approvata all’unanimità dal Parlamento italiano ma rimasta fino ad ora inapplicata.

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Crolla il raccolto mon iale di cereali Settimana dopo settimana, continuano ad essere riviste al ribasso le stime sulla produzione di cereali. Dopo le previsioni del Copa Cogeca sul raccolto nell’Unione Europea, è stavolta il turno dell’International Grains Council (Igc) che ha diffuso le proprie cifre, stavolta a livello mondiale. Cifre che, come detto, calano ulteriormente rispetto alle analisi di fine agosto. A livello complessivo, il raccolto di cereali dovrebbe attestarsi sui 1.767 milioni di tonnellate, contro i 1.850 della campagna precedente, lasciando per strada altre nove milioni di tonnellate. La produzione mondiale di frumento scende a quota 657 milioni di tonnellate, cinque in meno rispetto a quanto preventivato e addirittura trentanove nel confronto con il 2011. Un calo dovuto tanto ai problemi fatti registrare nell’Unione Europea quanto ai crolli produttivi in Russia e, soprattutto, in Australia, dove la siccità si è fatta sentire ancora una volta riducendo del 19 per cento i volumi. Giù i raccolti di grano anche in Argentina e Ucraina, mentre aumentano in Usa, Canada e Kazakhistan. Secondo l’Igc, diminuiscono anche gli stock, che passano da 199 a 197 milioni di tonnellate, e il consumo globale. Per il mais, le stime mondiali danno un parziale recupero rispetto alle previsioni di più di un mese fa con un aumento di 4 milioni di tonnellate, da 829 a 833. Ma se guardiamo al confronto con lo scorso anno mancano all’appello ben quarantadue milioni di tonnellate. I produttori che hanno pagato maggior dazio alla siccità sono quelli dell’Ue e degli Stati Uniti, che assieme hanno visto sfumare quasi cinquanta milioni di tonnellate. E’ andata meglio altrove, soprattutto in Brasile, ma anche in Cina e Sudafrica. Aumentano anche le produzioni mondiali di riso e di soia. Il primo guadagna due milioni di tonnellate (da 464 a 466) mentre la seconda vede addirittura un balzo in avanti di diciannove milioni di tonnellate, arrivando a quota 256..

n.7 2012

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CRISI

strage di 26mila aziende giovanili in un solo anno La crisi ha provocato in Italia una strage in un solo anno di ben 26mila imprese condotte da giovani under 35 anni in tutti i settori produttivi. E’ quanto è emerso dall’analisi illustrata dai giovani della Coldiretti al Festival Nazionale di Campagna Amica, nel piu’ grande mercato degli agricoltori del mondo al Circo Massimo a Roma, dove è andata in scena dal vivo la creativita’ “scaccia crisi” con la mostra delle esperienze e dei prodotti piu’ innovativi delle giovani imprese nell’ambito del premio Oscar Green. Sono quasi 697mila le imprese under 35 che hanno resistito alle difficoltà economiche, la maggioranza delle quali opera nel commercio e nei servizi di alloggio e ristorazione (251mila), nel manifatturiero e nelle costruzioni (182mila) e nell’agricoltura (62mila), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Unioncamere relativi al primo gennaio 2012. L’agricoltura si colloca dunque sul podio delle attività di impresa preferite dai giovani e mostra anche un segnale incoraggiante di inversione di tendenza con un aumento del 4,3 nel numero di imprese individuali nel secondo trimestre del 2012. Una ripresa che non si era mai verificata prima e che conferma le caratteristiche anticicliche di un settore che è tornato ad attrarre i giovani. Dall’indagine Coldiretti/Swg svolta su giovani agricoltori con meno di 30 anni di età emerge che il 36,5 per cento ha una scolarità alta (specializzato, laureato, laureando), il 56 per cento media (scuole superiori) e il 6,5 per cento bassa (scuole medie). Un’inversione di tendenza che si riscontra anche a livello scolastico con gli Istituti Agrari che hanno aumentato dell’11 per cento il proprio peso percentuale sul totale di iscritti, mentre sono scesi quelli dei Licei, secondo i dati 2012 del Miur. Nel ritorno dei giovani alla terra è stato determinante l’allargamento dei confini dell’attività agricola che, grazie alla legge di orientamento (la numero 228 del 18 maggio 2001) fortemente sostenuta dalla

Coldiretti, ha di fatto rivoluzionato l’attività d’impresa nelle campagne italiane aprendo nuove opportunità occupazionali. Gli imprenditori agricoli oggi si possono occupare di attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla loro vendita in azienda o nei mercati degli agricoltori, ma anche della fornitura di servizi alla pubblica amministrazione come i contratti realizzati da molti comuni per la cura del verde pubblico che spesso viene affidata agli agricoltori. Per non parlare della produzione e vendita della birra ottenuta dalla coltivazione di orzo in azienda o del pane dal grano, ma anche dei prodotti cosmetici a base di vino, olio o latte di asina. E ancora delle fattorie didattiche convenzionate con le scuole e degli agriasili e agriospizi. “In un momento in cui il mercato del lavoro è in crisi ed è venuta meno la stessa idea che l’industria possa dare a tutti un posto, con le situazioni drammatiche cui stiamo assistendo in queste settimane -ha dichiarato il delegato regionale di Coldiretti Giovani Impresa, Stefano Ravizza - l’agricoltura moderna e multifunzionale consente oggi ai giovani di avviare un’attività imprenditoriale nella quale esprimere le proprie idee e il proprio vissuto di esperienza e cultura”. “L’inversione di tendenza è la dimostrazione che il settore agricolo si è rigenerato con una classe di giovani di imprenditori che non si è arroccata, come spesso accade nei momenti difficili, nella difesa dell’esistente, ma si è impegnata con successo nel capire e soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori - afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini -. Sono queste le realtà che aumentano le chance dell’Italia per uscire presto dalla crisi e ci inducono a guardare con piu’ ottimismo al futuro”.

SINDACALE | 27


AGRITURISMO - vendita diretta

anno 2012

AGRITURISMO - VENDITA DIRETTA Cos’è l’Agriturismo Con l’approvazione del D.lgs 228/2001 si è aperta per le aziende agricole la possibilità di vendere direttamente su tutto il territorio nazionale i prodotti agricoli direttamente al consumatore senza necessità di alcuna licenza, solo comunicando nel comune dove ha sede l’azienda la volontà di effettuare questo tipo di attività. Questo metodo di vendita ha permesso ai consumatori di comprare i prodotti agroalimentari direttamente dal produttore agricolo, senza alcun intermediario, facendo crescere sempre di più in questi ultimi anni l. Tale opportunità è anche conosciuta come “filiera corta dal produttore al consumatore”. Il Lombardia si stimano circa 5.000-6.000 aziende che effettuano vendita diretta, pari all’11% del totale delle aziende agricole lombarde, e si possono individuare le seguenti tipologie: in azienda, su aree pubbliche (mercati agricoli, posteggi dedicati agli agricoltori nei mercati tradizionali o rionali), in locali privati aperti al pubblico, itinerante con mezzo mobile attrezzato, su area privata, direttamente a Gruppi di Acquisto Solidali, E-commerce, ecc. Attualmente il numero dei Mercati di Campagna Amica, la cui gestione è affidata all’Associazione Agrimercato, registra circa 80 mercati sull’intero territorio lombardo e hanno avuto un’incisiva crescita dall’inizio dell’anno 2009. A Pavia i mercati sono i seguenti: • Mercoledì: Pavia, piazza del Carmine; Mede, via Mazzini • Giovedi: Pavia, via Amati • Venerdì: Mortara, cortile borsa merci • Sabato: Pavia, piazza del Carmine; Pavia, via Pastrengo • Domenica: Vigevano, piazza Martiri della Liberazione; Voghera, piazza del Duomo Normativa Gli imprenditori agricoli, singoli o associati possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità (d.lgs.228/2001). Al fine di promuovere l’aggregazione ed in particolare lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli che effettuano vendita diretta, la finanziaria per il 2007 ha approvato il Decreto Ministeriale, emanato il 20/11/2007, che ha introdotto le linee guida per la realizzazione dei mercati agricoli, quindi i requisiti, gli standard di realizzazione, trasparenza dei prezzi, ecc. Tale DM, non essendo di natura regolamentare in quanto, per competenza, la disciplina legislativa in materia agricola spetta alle Regioni, è stato seguito dalla circolare del 11/12/2008 della Regione Lombardia redatta con tutti gli aspetti operativi. Forme di Vendita Diretta Vendita diretta in sede stabile può essere svolta su aree pubbliche (anche con l’utilizzo di un posteggio o in locali aperti al pubblico); Vendita diretta in forma itinerante consiste nell’utilizzo di un mezzo mobile opportunamente attrezzato, oppure il commercio elettronico. Adempimenti Amministrativi - SCIA La SCIA deve essere inoltrata al Sindaco del Comune in cui si intende esercitare la vendita per la vendita diretta in sede stabile. Nel caso in cui si tratti di vendita diretta itinerante deve essere inoltrata al Comune del luogo ove ha sede l’azienda di produzione ed è valida in tutto il territorio nazionale. La modulistica in vigore con aggiornamenti è stata approvata decreto DG Semplificazione nr. 2481 del 18 marzo così come rettificato con decreto nr. 2520 del 21 marzo copia della SCIA viene poi inviata all’ASL di riferimento. Alla vendita diretta al pubblico dei prodotti agricoli da parte degli agricoltori NON si applica la normativa sul commercio neanche per quanto riguarda i requisiti di accesso all’attività, alla programmazione della rete distributiva e agli orari di apertura e di chiusura di esercizi di vendita, pertanto non ci sono obblighi di chiusura domenicale o festiva. Adempimenti Sanitari Prima di inoltrare la SCIA è necessario che l’azienda sia in regola con la normativa sanitaria: è fondamentale verificare con un tecnico e con il supporto delle ASL l’idoneità igienico sanitaria dei locali di trasformazione e di locali di vendita, oltre che dee delle attrezzature. Sono soggette alla normativa sanitaria, e conseguentemente alla notifica si sensi del reg. 852/2004 le fasi di confezionamento, trasformazione e vendita dei prodotti, eccetto la coltivazione e la raccolta. anche le cisterne e i contenitori adibiti al trasporto delle sostanze alimentari sfuse a mezzo di veicoli È previsto: una pavimentazione lavabile, il rispetto dei rapporti areo-iluminanti, le misure di protezione degli insetti e roditori, le altezze dei locali, le distanze da stalle e concimaie, il controllo periodico dell’acqua, la disponibilità del bagno per gli operatori. La vendita delle verdure può comunque essere fatta anche in campo. Haccp Chi fa attività di trasformazione, preparazione, confezionamento, deposito, vendita e/o somministrazione di alimenti deve individuare nel proprio processo produttivo aziendale ogni fase che potrebbe rilevarsi critica per la sicurezza degli alimenti. In sostanza è necessario prevenire la contaminazione dei prodotti primari realizzati impostando e attuando sistemi di gestione ne garantiscono la protezione dalle possibili fonti contaminanti. Spetta, quindi, all’imprenditore garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza, avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei pericoli e dei punti di controllo critici HACCP. Occorre realizzare, pertanto, un manuale aziendale di autocontrollo, basato sulla dimostrabilità, specifico per ogni singola realtà. Igiene del personale: gli addetti a qualsiasi titolo alla produzione, preparazione, confezionamento, somministrazione, vendita e trasporto di alimenti e di bevande, devono: indossare abiti da lavoro idonei al tipo di attività svolta, essere in possesso dell’attestato di frequenza di corsi formativi, (ex libretto sanitario). Tale idoneità sanitaria ha la durata di due anni potrà essere rinnovata di volta in volta. È necessario mettere in atto soprattutto procedure semplici, limitate all’essenziale e compatibili con le dimensioni economiche dell’azienda agrituristica. 26 vendita diretta: aspetti fiscali Fatta eccezione delle aziende che operano in regime di esenzione, perché non superano i limiti di fatturato previsti dalla legge e conseguentemente non iscritte al Registro delle Imprese (7.000,00 €) per la vendita diretta in azienda alle cessioni di prodotti agricoli, ottenuti in maniera prevalente dalla coltivazione del fondo e dall’allevamento di animali, effettuate da imprenditori agricoli ai sensi dell’art. 2135 c.c. si applica il regime speciale in termini di IVA (detrazione forfetizzata in base alle percentuali di compensazione), ovvero il regime normale IVA (Iva vendite - IVA acquisti). I piccoli produttori, però, devono comunque iscriversi al registro delle imprese qualora intendono esercitare l’attività di vendita diretta dei propri prodotti al di fuori della propria azienda. Le vendite, quindi, devono essere accompagnate da una ricevuta fiscale in caso di vendita al consumatore finale salvo i casi facoltativi (vedi sotto). Il produttore è tenuto ad annotare, entro il giorno non festivo successivo, gli incassi sul registro dei corrispettivi. Aziende agricole in regime normale iva • Registro carico/scarico stampati fiscali prenumerati (non è necessaria alcuna vidimazione preventiva) >> obbligatorio • Utilizzo della ricevuta fiscale ovvero dello scontrino fiscale >> obbligatorio • Registro dei corrispettivi (NO vidimazione preventiva) >> obbligatorio Aziende agricole in regime speciale iva forfetario • Registro carico/scarico stampati fiscali prenumerati (non è necessaria alcuna vidimazione preventiva) >> facoltativo (ma consigliato) • Utilizzo della ricevuta fiscale ovvero dello scontrino fiscale >> facoltativo (ma consigliato) • Registro dei corrispettivi (non è necessaria alcuna vidimazione preventiva) >> obbligatorio

Attività di informazione misura 111/B che è stata oggetto di richiesta di finanziamento sulla misura 111 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia; cofinanziato dell’Unione Europea attraverso il FEASR


AGRITURISMO - VENDITA DIRETTA Utilizzo dei registri e delle ricevute fiscali Il registro di carico/scarico stampati fiscali deve essere utilizzato per caricare i blocchetti di ricevute fiscali (num. Iniziale e num. Finale) e non serve in caso di utilizzo del registratore di cassa. Le ricevute fiscali devono riportare la dicitura “vendita a privato” e il totale del corrispettivo IVA compresa nonché una breve descrizione del prodotto venduto. In caso di errore l’azienda deve trattenere tutte le copie della ricevuta errata la quale va anche annullata barrandola con una penna biro con la scritta “annullata” e in nessun caso deve essere resa illeggibile. Il registro dei corrispettivi si compone di diverse pagine aventi 31 righe numerate da 1 a 31 corrispondenti ai giorni del mese. Giornalmente va fatto il totale delle ricevute fiscali utilizzate (quindi dell’incasso giornaliero) e riportato sulla riga corrispondente al giorno del mese (es. se devo riportare il totale del giorno 16 lo farò sulla riga n. 16). Le righe in bianco vanno barrate a biro. In nessun caso il registro dei corrispettivi va reso illeggibile. Sia il registro dei corrispettivi che le ricevute fiscali devono obbligatoriamente essere sul luogo di vendita. Se la vendita viene effettuata in più luoghi contemporaneamente, occorrono più registri dei corrispettivi e più blocchi di ricevute fiscali. la prevalenza Gli imprenditori agricoli, a differenza di quanto previsto in precedenza dalla legge n. 59 del 1963, possono commercializzare anche prodotti acquistati da altri agricoltori, a condizione che sia rispettata la prevalenza di prodotti propri e che i prodotti acquistati siano prodotti agricoli provenienti da altre aziende agricole. La cessione prevalente di prodotti agricoli acquistati da altri agricoltori o cooperative agricole è soggetta a regime fiscale normale (Iva sulle vendite meno iva sugli acquisti) con obbligo della cartificazione degli incassi per i propri e per i prodotti terzi. La prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore ed è consentito l’acquisto di prodotti agricoli da terzi per: • per ottenere un incremento quantitativo della propria produzione: in questo caso la prevalenza si misura in quantità per beni confrontati omogenei (Es. produzione mele fuji Prodotti acquistati da terzi: mele fuji) • per ampliare la gamma dei prodotti (trasformati) offerti: in questo caso la prevalenza si misura in valore, se i beni non sono omogenei (Es. produzione marmellate di mele e pere, Prodotti acquistati da terzi: pere); • per migliorare qualitativamente la propria produzione: in questo caso la prevalenza si può misurare sia in quantità che in valore (Es. produzione riso bianco carnaroli, Prodotti acquistati da terzi: riso bianco Baldo. La prevalenza si può misurare in valore oppure confrontando la quantità di riso Baldo, necessariamente minore rispetto alla quantità di carnaroli) L’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalla propria azienda nell’arco solare deve essere inferiore a 160.000 € per gli imprenditori individuali e 4 milioni di euro per le società. Ad esempio: se un’azienda vende prodotti per un totale di 15.000 €/anno stante la prevalenza dei propri prodotti, l’azienda può vendere prodotti non suoi per un importo massimo che non può superare i 7.490 €. La vendita di prodotti agricoli acquistati da altre aziende agricole, pur nel rispetto della prevalenza, si considera, ai fini fiscali, attività commerciale. Se però il prodotto viene trasformato e manipolato, si considera attività agricola. quali opportunità L’interesse dei consumatori verso i mercati è in continua crescita e l’imprenditore agricolo acquisisce nuove opportunità per ricavarsi nuovi spazi economici. Spesso viene reintrodotto in azienda il processo di trasformazione,c’è un orientamento verso le produzioni di qualità e conseguentemente la volontà di scegliere nuovi canali di commercializzazione per dare un valore aggiunto al nuovo assetto. L’imprenditore agricolo che partecipa ai mercati di vendita diretta è stimolato dal progressivo aumento della domanda e, per rispondere con un’offerta adeguata, spesso decide di convertire totalmente la propria attività, è portato alla diversificazione della produzione, con beneficio nei confronti di una maggiore manodopera e miglioramento della capacità produttiva del terreno (es. parte dell’azienda potrebbe trasformarsi da monoculturale a policolturale). L’imprenditore agricolo si confronta abitualmente con il mondo esterno rappresentato non soltanto dai consumatori ma anche dagli altri produttori; aumentano conseguentemente la sua dinamicità e le sue gratificazioni professionali e personali: Recupero del valore aggiunto che si perde nelle fasi di commercializzazione e distribuzione (filiera corta), Redditività anche ad aziende marginali e di piccole dimensione, Responsabilizzazione maggiore nei confronti dei consumatori finali, Influenza sul comportamento e sulle abitudini sociali relative a una maggiore attenzione sulla provenienza dei prodotti e alla sicurezza alimentare, alla sostenibilità ambientale dei processi di distribuzione e al sostegno dell’economia locale, Opportunità di confronto diretto con il consumatore, Vendita di prodotti locali e di stagione, alle volte non collocabili nel mercato convenzionale (es. produzioni biologiche). i mercati agricoli L’organo deputato all’istituzione di un mercato agricolo è il Comune, ma l’impulso per la sua costituzione può derivare anche da una richiesta presentata al Comune da parte degli imprenditori, singoli o associati, o dalle associazioni di categoria, da Enti pubblici o privati. La gestione dei mercati al Comune da parte degli imprenditori, singoli o associati, o dalle associazioni di categoria, da Enti pubblici o privati. Può essere assunta dal Comune stesso o delegata ad Associazioni, consorzi o gruppi di agricoltori. L’amministrazione comunale attraverso il consiglio o la giunta approva l’istituzione del mercato ed il regolamento che lo disciplina, tale regolamento può essere proposto o eventualmente integrato, in senso più restrittivo, dall’associazione, gruppo o consorzio che vi partecipa. Il Comune, infine, ha il compito anche di controllare il rispetto delle norma in vigore incluse quelle igienico-sanitarie. La Gestione Dei Mercati Agricoli Se il comune non ha la possibilità di gestire il mercato può delegare chi può svolgere tale attività. Sul territorio, è nata l’associazioni di Agrimercato, promosse da Coldiretti, le quali hanno come scopo lo sviluppo della vendita diretta, l’accompagnamento delle aziende agricole e la gestione dei mercati territoriali. L’Associazione è dotata di statuto e di regolamento, un disciplinare che rispetta i requisiti della circolare regionale integrandoli con alcuni aspetti importanti al fine della trasparenza e coerenza con il consumatore finale. Inoltre, l’Associazione adotta una procedura per la gestione delle istanze di adesione e può verificare la conformità dei requisiti richiesti e l’effettiva potenzialità di produzione al fine di garantire la presenza possibilmente per l’intero anno solare. L’Associazione provvede anche alle procedure per la richiesta dell’uso del suolo pubblico e dei servizi essenziali (parcheggi, pulizie, energia elettrica), garantire i servizi igienicosanitari (possono essere fatte convenzioni con bar vicini), nonché garantire il rispetto delle norme previste dal disciplinare adottato. Requisiti dei Partecipanti I soggetti ammessi alla vendita diretta nei mercati agricoli devono essere iscritti al registro delle imprese e devono rispettare le seguenti condizioni: operanti e aventi sede nella Regione Lombardia, vendere nei mercati agricoli prodotti provenienti dalla propria azienda, anche manipolati e trasformati, ovvero anche di prodotti ottenuti nell’ambito territoriale lombardo nel rispetto del limite di prevalenza, vendere esclusivamente prodotti conformi alla disciplina in materia di igiene ed etichettati con l’indicazione dell’origine territoriale e dell’impresa produttrice; L’attività di vendita diretta deve essere svolta dal titolare dell’azienda, dai soci, dai familiari, nonché dal personale già alle dipendenze di ciascun azienda agricola. ogni azienda deve disporre di una polizza di responsabilità civile a tutela dei rischi che possono derivare Agrimercato coordina l’immagine (gazebo e attrezzature varie) nel rispetto del logo e colori dell’associazione di gestione del mercato agricolo; I produttori sono tenuti a utilizzare cartellini per i prodotti che riportano, in modo chiaro e ben leggibile, il nome dell’azienda produttrice, l’origine, la varietà, il prezzo e le caratteristiche, a utilizzare guanti e cappello, a presentare i prodotti in vendita ordinata e con allestimento gradevole, a distribuire bigliettini o anche fotografie dell’azienda (coltivazioni e allevamenti), a consigliare i consumatori sull’utilizzo dei prodotti in vendita (es. ricette, modalità di preparazione - tagli-conservazione - ecc), a esporre eventuali certificazioni. Le aziende devono portare con sé la copia della SCIA, le schede tecniche delle vetrinette frigo e del gazebo utilizzato, nonchè un’autodichiarazione di corretto montaggio del gazebo, avere un’assicurazione RC per tutelarsi in caso di sinistri causati dalle proprie strutture o sotto le stesse e si consiglia anche la copertura assicurativa per intossicazioni alimentari, tenere i prodotti rialzati da terra, utilizzare cassette di plastica, pesare con bilance a norma che vengono periodicamente tarate della taratura delle stesse, utilizzare la vendita di sacchetti di carta o in mater-B, garantire l’ordine e la pulizia.

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PIL solo quello agricolo cresce (+1,1%)

L’agricoltura è l’unico settore in controtendenza nel 2012 che fa segnare un aumento del Pil (1,1 per cento) sul piano tendenziale, mentre calano l’industria (-5,8 per cento), le costruzioni (-6,5 per cento) e i servizi (-1,1 per cento). Nonostante le difficoltà l’agricoltura si conferma come settore anticiclico come dimostra anche l’aumento delle assunzioni che crescono del 10,6 per cento nel secondo trimestre in netta controtendenza con l’andamento generale. Peraltro le aperture di nuove aziende agricole hanno superato leggermente le chiusure con la presenza nel secondo trimestre

di ben 824.516 aziende agricole registrate negli elenchi delle Camere di commercio. Una ripresa che avviene dopo due anni di continue riduzioni. L’Italia può tornare a crescere solo se investe nelle proprie risorse quali i territori, l’identità, il turismo, la cultura e il cibo che sono una leva competitiva formidabile per trainare il Made in Italy nel mondo, come ha dimostrato anche il grande successo registrato a “Cibi d’Italia”, il primo festival di Campagna Amica che ha portato a Roma oltre trecentomila persone.

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La Commissione europea straccia la proposta di

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regolamento per rendere obbligatorio il «made in...» sui prodotti importati. Hanno vinto la Germania e le lobby dell’industria.

Nuova fre atura da Bruxelles: niente etichetta obbligatoria per le merci extra Ue La Commissione europea straccia la proposta di regolamento per rendere obbligatorio il «made in...» sui prodotti importati. Hanno vinto la Germania e le lobby dell’industria. Alla fine l’ha avuta vinta la Germania perfino sull’etichettatura d’origine obbligatoria per le merci extraeuropee. La proposta di regolamento che giaceva a Bruxelles in attesa di approvazione da oltre un anno è finita nel cestino. Cassata. Letteralmente stracciata. L’ho scoperto leggendo il comunicato diffuso da Mara Bizzotto, europarlamentare della Lega Nord. La vicenda, nella sua gravità, è purtroppo lineare: il commissario europeo al Commercio Karel de Gucht ha annunciato il ritiro della proposta di regolamento sul «made in». Il motivo? «L’impossibilità di raggiungere il necessario consenso fra gli Stati membri».In realtà, questo il commissario belga non l’ha detto ma lo sanno tutti, ad essere contraria al provvedimento era soprattutto la Germania. Attenti che il regolamento accantonato doveva riguardare soltanto i prodotti finiti. Non le materie prime - neppure quelle alimentari - e i semilavorati che arrivano in quantità ingentissima soprattutto da Cina, India e Vietnam e contribuiscono a confezionare alimenti, vestiti, scarpe e accessori spacciati poi per italianissimi. Giusto per fermarci alle cose di casa nostra.No, la direttiva europea si sarebbe applicata esclusivamente ai prodotti fatti e finiti. Ma questo dava fastidio agli importatori del Nord Europa che hanno costruito le loro fortune sulla falsificazione sistematica dell’etichetta dei prodotti comperati all’estero e rivenduti poi nel Vecchio continente a prezzi elevati. Il gioco, infatti, funziona benissimo anche con le classiche

triangolazioni: prendo uno zainetto di quelli che impazzano fra i teenager in Vietnam e lo pago, con consegna in Italia, 18 dollari a pezzo. Poi lo metto in vendita a 80 euro (attenti alle valute!) sullo scaffale del supermercato. Con un ricarico del 471%. E lo stesso giochino funziona con centinaia di prodotti. Alimentari inclusi. Se questi furbacchioni fossero obbligati a dichiarare l’origine extra Ue chi comprerebbe più da loro? Incidentalmente la decisione di giustiziare il regolamento assunta da Bruxelles, fra l’altro contro il parere del Parlamento europeo che aveva detto sì all’introduzione, favorisce anche un buon numero di imprese italiane che hanno delocalizzato nei Paesi a basso costo della manodopera le loro produzioni. Scrive in proposito l’onorevole Bizzotto: «La responsabilità del governo italiano è evidente, con Monti e i suoi ministri che ancora una volta hanno calato le brache davanti alla Merkel e alla Germania. Il governo non ha saputo, né voluto, difendere gli interessi delle nostre industrie di fronte agli altri Paesi». Temo che l’inattività dei Professori non sia casuale. Le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il posto dopo la delocalizzazione delle fabbriche e quelli che lo perderanno nei prossimi anni ringraziano. Sentitamente.

ETICHETTOPOLI |31


(Col)direttamente nel bicchiere:

Pinot Nero Rosé Az. Agr. Testori Quinto e Pietro

Santa Maria della Versa. Il cuore dell’Oltrepò vinicolo, laddove il Pinot Nero meglio sa esprimere le proprie qualità. E proprio qui, in una posizione dominante con 25Ha di vigneto ed una esposizione ottimale delle vigne, la famiglia Testori produce vini di qualità con la caparbietà e la professionalità necessarie per ottenere risultati d’eccellenza. Danilo Testori è oggi alla conduzione, insieme alla moglie Alessandra, dell’Azienda Agricola fondata dal papà Quinto e dallo zio Pietro, la cui eredità professionale parla soprattutto di una continua ricerca della qualità e dell’equilibrio del vino. E così, oggi Danilo si dedica con maniacale cura alle sue vigne, rendendo i suoi vigneti quasi una sorta di oasi biologica all’interno dell’Oltrepò, utilizzando esclusivamente fertilizzanti biologici; e non minore cura è riservata alle pratiche di cantina ed a tutto ciò che è corollario di un prodotto di qualità. Tra la ricca ed estremamente diversificata proposta dell’Azienda Testori, oggi ci giunge da degustare un Pinot Nero Rosé vivace, etichettato come I.G.T. Provincia di Pavia, che si presenta con un bellissimo pedigree… infatti, ad accompagnare la bottiglia ecco il premio: Medaglia d’Oro al 1° Concorso Nazionale dei Vini Rosati d’Italia, categoria Vini Rosati Frizzante IGT/IGP. Chapeau! E andiamo dunque a degustare questo “campione”!! La bottiglia trasparente (ormai un “must” per i vini rosati) lascia già intravedere il bel colore ramato di questo vino; un po’ meno invitante, a mio parere, l’etichetta, giocata su un rosa troppo “shocking” (anche la capsula) rispetto al rosa più austero del liquido, anche se ingentilita da degli inserti color nero;

n.7 2012

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completa invece “l’etichetta di legge” che, oltre a riportare tutte le indicazioni obbligatorie, aggiunge alcune semplici note degustative, di abbinamento e di servizio, così da rendere più semplice e corretta la fruizione da parte del consumatore meno esperto. Bene. Versiamo dunque nel calice. Il colore si conferma di rara eleganza: un rosa ramato che rende giustizia alle colorazioni naturali del Pinot Nero, sempre vivo e luminoso, arricchito da un leggerissimo e persistente perlage pétillant. All’olfatto, con una sensazione di notevole intensità, risultano prevalenti i riconoscimenti fruttati del ribes e della mora bianca, con in più, a legare il tutto, leggere note erbacee soprattutto di eucalipto e di trifoglio di prato. In bocca si racconta subito come un vino beverino grazie soprattutto alla sua acidità (giustamente) spinta: freschezza a gò-gò, dunque, che trova nella leggerissima frizzantezza il giusto sostegno, ben bilanciata da una certa rotondità e da un appena percettibile residuo zuccherino. Certo, la persistenza non è da primato, ma credo che questo vino non sia nato con questo obbiettivo: tutto ci dice che è un vino semplice (ma non banale!!), di non grande corpo e di non eccessiva gradazione alcolica (12%), per cui lo troviamo assolutamente coerente. Ed ancor più coerente lo è se pensiamo ai possibili abbinamenti: antipasti di pesce, stuzzichini sfiziosi, formaggelle caprine giovani sono i suoi “compagni di viaggio”, compagni per i quali non servono vini robusti e persistenti. E così, scrivendo,il calice è finito… sorte predestinata per un “campione”. Roberto Pace Delegato FISAR Pavia

(COL)DIRETTAMENTE


La Francia zucchera, noi no Mentre in Italia quest’anno i produttori di vino non potranno beneficiare degli aiuti per l’utilizzo dei mosti concentrati e rettificati, la Francia ha autorizzato l’arricchimento tramite zuccheraggio a secco in un’ampia zona del Sud del Paese (dipartimenti di Aix-en-Provence, Nimes, Montpellier, Toulouse, Agen, Pau, Bordeaux e Bastia). Queste zone, che come tutta l’Italia rientrano nella zona viticola C, normalmente dovrebbero utilizzare i mosti concentrati e rettificati per l’aumento della gradazione alcolica. Si ripropone così il tema delle regole che i produttori di vini europei devono rispettare e che purtroppo non sono uguali per tutti. Infatti, seppure il provvedimento francese – autorizzato in via eccezionale – prevede che l’impiego del saccarosio utilizzato per gli arricchimenti sia soggetto a una tassa di 13 centesimi di euro/kg, di fatto questa disposizione determina una sostanziale disparità tra le produzioni di quei dipartimenti rispetto ai vini italiani e di tutto il resto del Mediterraneo. Infatti, la deroga francese non è prevista in nessun altro Stato della zona viticola C (come ad esempio, Spagna, Portogallo e Grecia) e l’aumento di 1 grado della gradazione alcolica naturale con saccarosio costa circa il 75% in meno rispetto a quello ottenuto con i mosti concentrati. Questa situazione danneggia inevitabilmente i vini italiani sui mercati internazionali con l’aggravante che il consumatore è del tutto inconsapevole dell’intera operazione: non esiste alcun obbligo di etichettatura della pratica dello zuccheraggio non solo per i vini del Nord Europa dove l’aggiunta di zucchero è definita “tradizionale”, ma adesso anche per quelli del sud della Francia dove l’aggiunta di zucchero è “eccezionale”, vini questi ultimi che sono in diretta competizione con i vini italiani. Tra l’altro il provvedimento francese non sembra coerente con l’andamento climatico della campagna vitivinicola 2012, che anche in quei dipartimenti d’Oltralpe è stato caratterizzato dalla “canicule”, così come nel nostro Paese. Inoltre, anche le stime produttive francesi che prevedono una forte riduzione dei quantitativi (produzione stimata di 43 milioni di ettolitri con una riduzione del 15% rispetto allo scorso anno), farebbero attendere una maggiore gradazione zuccherina naturale delle uve. Questa disparità di trattamento rilancia la necessità che, in sede di negoziati Ue, il nostro Paese sostenga la proposta di Coldiretti – attualmente già recepita tra gli emendamenti alla Ocm unica presentati al Parlamento europeo – di rendere obbligatoria l’indicazione in etichetta della eventuale aggiunta di saccarosio nei vini.

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Diritti di impianto vigneti Commissione Ue disponibile a rivedere la liberalizzazione La Commissione Ue è sempre più consapevole che la prevista liberalizzazione senza regole, stabilita nella attuale regolamentazione comunitaria, possa creare più danni che benefici al mondo produttivo del vino europeo e al mercato. La proposta lanciata a Palermo durante la terza sessione del Gruppo di Alto Livello (Gal) sui diritti di impianto dei vigneti è solo un insieme di principi (non sempre chiari) dove viene ribadito che la decisione finale non sarà una semplice estensione del vecchio sistema, ma è evidente la volontà di raddrizzare il tiro. Due sono le posizioni a confronto: da un lato l’apertura della Commissione Ue ad un sistema più flessibile ma basato pur sempre sulla regolamentazione, dall’altro la posizione comune dei principali paesi produttori che ribadisce la necessità di prorogare l’attuale regolamentazione con opportuni aggiustamenti per favorire la crescita e lo sviluppo sostenibile del comparto vitivinicolo europeo. All’incontro di Palermo hanno partecipato le delegazioni degli Stati membri, della Commissione europea e i rappresentanti del mondo produttivo. Voluto dal Commissario Ciolos, che è stato fortemente pressato dai paesi produttori, il Gal ha lo scopo di dibattere sulle problematiche e di fornire delle raccomandazioni alla Commissione sul controllo del potenziale vitivinicolo nella Ue al termine dell’attuale sistema. Infatti all’indomani dell’accordo politico del 2008 sulla attuale Ocm vino, che ha previsto la completa liberalizzazione delle superfici vitate dal 2016, tutti i paesi produttori avevano avviato una azione di sensibilizzazione verso la Commissione al fine di ridiscutere questo aspetto. Il Direttore generale per la politica agricola alla Commissione europea Josè Manuel Silva Rodriguez ha ammesso che la liberalizzazione dei diritti d’impianto decisa nel 2008 ha creato serie preoccupazioni tra i produttori e per questo la Commissione è aperta a valutare una soluzione più flessibile, ma sicuramente non una semplice estensione del vecchio sistema. E’ stata così sottoposta ai rappresentanti dei 27 Stati membri una proposta, che rispecchia sostanzialmente il discorso fatto a Cipro pochi giorni fa del Commissario Ciolos. Per i vini a Do e Ig il documento prevede di trasferire agli attori economici la gestione delle loro superfici coltivate a vigneti. La gestione potrebbe rientrare negli impegni richiesti alle organizzazioni di produttori o quelle interprofessionali. Tra questi soggetti, sono stati citati anche i Consorzi di tutela. Tutte le decisioni dovranno comunque essere avallate dalle autorità pubbliche nazionali o regionali. All’interno di questo sistema saranno previste delle priorità a favore dei giovani agricoltori o per gli impianti situati in zone svantaggiate o particolari al fine di limitare l’abbandono delle

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zone meno produttive. Il documento presentato prevede inoltre una “clausola di salvaguardia” attivata dagli Stati membri o dalla Commissione europea, in caso di superamento delle soglie prestabilite di nuovi impianti, per evitare che l’aumento incontrollato dei vigneti in alcune aree possa determinare negative ripercussioni di mercato. La clausola, che in caso di superamento della soglia fissata di impianti, ne prevede il blocco, sarebbe attivata sotto la supervisione e il controllo di Bruxelles che in caso di infrazioni farebbe scattare sanzioni. Viene inoltre ribadita la cosiddetta regola del “de minimis” a favore degli stati non produttori (quelli che nel 2007 avevano una produzione inferiore a 25.000 ettolitri), i quali sarebbero esentati dall’applicare le nuove disposizioni. Ma l’incontro di Palermo è stato anche utile per ribadire la posizione comune già avanzata da ben 11 paesi produttori (Italia, Francia, Germania, Austria, Portogallo, Spagna, Grecia, Bulgaria, Rep. ceca, Slovacchia, Ungheria) relativa ad un sistema più flessibile rispetto all’attuale sistema ed ispirata ai seguenti principi. Regolamentazione dei nuovi impianti e reimpianti per mezzo di un sistema di diritti che si applicherà a tutte le categorie di vini (DOP, IGP, senza IG), con una certa flessibilità: accrescimento limitato del potenziale di produzione per ogni Stato membro (allo scopo di rispondere alla domanda), con un limite definito a livello UE; possibilità per gli Stati membri di fissare le loro priorità per assegnare nuovi diritti (ad esempio giovani agricoltori, categorie dei vini, zone specifiche). Armonizzazione di determinate regole di gestione: gestione dei diritti da parte degli Stati membri a livello nazionale e/o regionale; definizione a livello Ue della lista dei criteri che possono essere utilizzati per ottenere i diritti d’impianto; libertà per gli Stati membri di istituire le loro organizzazioni nazionali per la gestione dei diritti e delle riserve (nazionale e/o regionale). Mantenimento della regola del “de minimis”: esenzione per gli Stati membri con produzioni marginali dal rispetto delle disposizioni di regolamentazione del potenziale produttivo. Rientrano in questa disposizione Polonia, Belgio, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, e Regno Unito. Le prossime settimane saranno determinanti per trovare una soluzione. L’ultima riunione, quella decisiva, si terrà nel mese di novembre a Bruxelles. Dopo di che si provvederà ad emendare il testo della Ocm Unica nella parte riguardante il potenziale produttivo vitivinicolo e i diritti di impianto.

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China Wine Awards Si è svolto lo scorso 18 settembre, il Chine Wine Awards che ha visto la conquista di ben quattro medaglie d’oro da parte dell’azienda agricola Testori Quinto e Pietro di Danilo Testori, socia di Coldiretti Pavia,. Il più importante concorso internazionale di vini dedicato esclusivamente al mercato cinese, si è tenuto lo scorso 18 settembre presso l’hotel Mira di Hong Kong. Il successo dell’azienda pavese ha contribuito sostanzialmente a consacrare l’Italia al terzo posto, con un totale di 37 medaglie d’oro, dopo Australia e Portogallo. L’azienda agricola Testori di Santa Maria della Versa, accreditata Punto Campagna Amica, ha trionfato con il Syrah (due medaglie), La Franceschina, spumante extra dry e un Pinot Nero Igt frizzante rosato, già vincitore del primo premio al concorso Rosati d’Italia.

Davide Stocco premiato dal Ministero Martedì 16 ottobre è avvenuta a Roma, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, la premiazione dei vincitori del concorso “Nuovi fattori di successo” che ha visto la partecipazione di 12 giovani agricoltori italiani selezionati da una giuria composta, oltre che dal Ministero e dall’Ismea, anche da altri soggetti che fanno parte della Rete Rurale Nazionale come l’INEA, l’OIGA, l’ONILFA e delle parti sociali che promuovono il ricambio generazionale in agricoltura. Si è trattato di un concorso che ha puntato ad individuare le buone pratiche nello sviluppo rurale realizzate da giovani agricoltori che hanno usufruito di finanziamenti nell’ambito delle Politiche europee di Sviluppo Rurale. Grazie ad una sapiente strategia comunicativa e di interazione con le realtà associative e isti-

tuzionali del territorio, Davide Stocco ha valorizzato l’azienda vitivinicola di famiglia puntando alla certificazione DOC e IGT e all’enoturismo tanto da diventare un punto di riferimento per visite guidate, gite scolastiche e degustazioni. Con l’aiuto delle misure del PSR è stato possibile accelerare il processo di trasformazione e di ristrutturazione dell’azienda portando ad un’ottimizzazione degli ambienti per offrire ai visitatori un viaggio attraverso tradizioni e cultura di un territorio da secoli dedito alla coltivazione della vigna, con elementi espositivi come il museo di arte comunicativa e di accoglienza grazie ad una sala degustazione, promozione e vendita prodotti tipici.

Barbacarlo: 3 bicchieri dalla Guida Espresso Prestigioso riconoscimento per il Barbacarlo, il vino di Lino Maga da Broni che prende il nome dalla collina del Barbacarlo, così denominata con deposito nella mappa catastale del comune di Broni nel 1886 dai nipoti del Maga Carlo (lo zio chiamato Barba), e di cui Lino, dopo una dura battaglia, è stato riconosciuto quale unico depositario. La Guida dei Vini de L’Espresso riconosce al

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Barbacarlo l’eccellenza dei Tre bicchieri ponendo il rosso amato dai Papi e dai Presidenti al vertice della qualità nazionale. Un risultato di cui Lino Maga va giustamente fiero affermando : “Il mio vino non segue le regole del mercato ma quelle del tempo e dell’esperienza, è succo d’uva della terra, del luogo che lo ha partorito, per la gente che ama ancora il sapore della terra…”

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SEMINA ANNATA AGRARIA SEMINE ANNATA AGRARIA 2012/2013 MONOSUCCESSIONE CEREALI: ATTENZIONE ALLE REGOLE DELLA CONDIZIONALITA’ La condizionalità è un insieme di norme e di comportamenti che devono osservare gli agricoltori che percepiscono contributi Comunitari, in previsione delle semine autunnali per la prossima campagna è opportuno riprendere la questione relativa all’obbligo di avvicendamento delle colture previsto dalla norma 2.2, il 2013 è infatti il primo anno in cui possono essere applicate le riduzioni dei premi Comunitari in caso di inadempienza. Regole generali Al fine di mantenere l’ottimale livello di sostanza organica nel suolo, è stato introdotto il divieto di praticare la monosuccessione sul medesimo appezzamento per più di 5 anni, dei seguenti cereali: frumento duro, frumento tenero, triticale, spelta, segale, orzo, avena, miglio, scagliola, farro, mais e sorgo. La verifica viene fatta a partire dalla campagna 2008, se viene mantenuta la monosuccessione anche nel 2013 l’azienda è soggetta a sanzione sulla condizionalità. • Il riso è escluso dall’obbligo di avvicendamento • Le colture intercalari in secondo raccolto (es. Loiessa), non interrompono la monosuccessione. • La successione dei cereali a paglia di specie diversa sopra indicati tra di loro, è comunque considerata monosuccessione Esempi: 2008 mais mais frumento frumento

2009 mais mais frumento frumento

2010 mais mais orzo frumento

2011 mais mais frumento frumento

2012 mais mais frumento frumento

2013 mais Sorgo Orzo Mais

SANZIONE VA BENE SANZIONE VA BENE

Dal 2013 l’agricoltore ha due strade: 1) interrompere la monosuccessione (consigliato perché si evitano i problemi gestionali di cui al punto 2) Cosa coltivare dopo 5 anni di cereali a paglia è ammissibile coltivare mais, sorgo, semi oleosi, piante proteiche, foraggiere, barbabietole da zucchero dopo 5 anni di mais è ammissibile coltivare cereali a paglia, sorgo, semi oleosi, piante proteiche, foraggiere, barbabietole da zucchero E’ possibile rivolgersi alle agenzie del Consorzio Agrario per avere l’assistenza tecnica necessaria per intraprendere la coltivazione delle colture inserite in avvicendamento. 2) continuare la monosuccessione sugli stessi mappali con il vincolo di: a) effettuare un’analisi del terreno in uno degli anni compresi tra 2008-2012 ed effettuarne una seconda nel 2013 sui mappali interessati dalla monosuccessione, a garanzia del mantenimento di sostanza organica nel terreno. oppure b) apportare un quantitativo di azoto organico pari ad almeno 170 kg per ettaro e per anno di azoto per il mais e ad almeno 150 kg per ettaro e per anno di azoto per altre colture (es. orzo, frumento, triticale,. ) La concimazione organica deve essere tracciata attraverso la presentazione della DOMANDA NITRATI PUA/PUAS sia nel 2012 sia nel 2013 nel quale viene garantita la tracciabilità dell’uso agronomico dei fertilizzanti azotati organici sui mappali interessati dalla monosuccessione, a garanzia del mantenimento di sostanza organica nel terreno. Indicazioni per analisi del terreno Il soggetto che effettua il campionamento può essere anche l’agricoltore purché segua le indicazioni relative al prelievo del campione di terreno previste dal DM 13/09/1999 e che quindi il prelievo sia georeferenziato. Il prelievo del terreno deve essere effettuato su ogni unità omogenea di gestione interessata da monosuccessione1. Ogni unità deve avere dimensioni non superiore a 5 ha. Le analisi vanno conservate in azienda dal beneficiario ed esibite solo in caso di controllo Unità omogenee di gestione Si intende per unità omogenea di gestione la porzione di superficie aziendale che mostra le seguenti caratteristiche: • omogeneità di caratteri pedologici; ovvero, essa è caratterizzata dallo stesso tipo di suolo o dalla presenza di più tipi di suolo con la medesima frequenza, qualora questi siano strettamente associati all’interno dei singoli appezzamenti; • appartenenza al medesimo tipo di monosuccessione di colturale • uniformità delle pratiche agronomiche adottate o pregresse e degli avvicendamenti precedenti. La ripartizione del territorio aziendale in unità omogenee di gestione consente dunque di individuare e delimitare quelle aree che sono caratterizzate al loro interno dalla medesima combinazione di fattori fisici e colturali, e che si differenziano tra di loro per gli stessi fattori. Le unità omogenee di gestione costituiscono inoltre tratti del territorio aziendale uniformi in quanto a comportamento agronomico e che richiedono l’adozione di tecniche e modelli colturali uniformi. In particolare, per quanto riguarda le attività di assistenza alle fertilizzazioni, la individuazione delle unità omogenee di gestione consente di definire le aree che richiedono l’adozione degli stessi principi guida nella gestione della fertilità del suolo, e di razionalizzare il campionamento dei suoli aziendali, in quanto i valori analitici ricavati in un appezzamento rappresentativo possono essere ragionevolmente estesi a tutta l’unità omogenea entro cui ricade. Le aziende che intendono avvalersi della deroga per le analisi del terreno possono chiedere ai nostri uffici di aderire alla convenzione che Coldiretti Pavia ha stipulato per ottenere tariffe agevolate sulle analisi Indicazione relative al PUA/PUAS Così come previsto dalla DGR 2738/2011 occorre: • apportare un quantitativo di azoto organico pari ad almeno 170 kg per ettaro e per anno di azoto per il mais e ad almeno 150 kg per ettaro e per anno di azoto per altre colture (es. orzo, frumento, triticale,. ) • effettuare operazioni quali sovescio, letamazione o altri interventi di fertilizzazione organica. Sulle particelle oggetto di monosuccessione, l’agricoltore è tenuto al rispetto contemporaneo delle seguenti condizioni: 1) dichiarare tali particelle nella Comunicazione Nitrati comprensiva di Piano di distribuzione; NB: tale comunicazione deve essere presentata sia per l’anno 2012 sia per l’anno 2013. 2) apportare su queste particelle un quantitativo di N organico pari ad almeno 170 kg per ettaro e per anno di azoto per il mais e ad almeno 150 kg per ettaro e per anno di azoto per altre colture (es. orzo, frumento,triticale,. ) 3) effettuare su queste particelle operazioni quali sovescio, letamazione o altri interventi di fertilizzazione organica. E’ possibile utilizzare oltre il letame e il liquame anche il digestato.

Attività di informazione misura 111/B che è stata oggetto di richiesta di finanziamento sulla misura 111 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia; cofinanziato dell’Unione Europea attraverso il FEASR


L’agricoltura biologica L’agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che prende in considerazione l’intero ecosistema agricolo, utilizza la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, promuove la biodiversità dell’ambiente in cui opera, limita o esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi, e di organismi geneticamente modificati(OGM). Il modo di coltivare le piante e allevare gli animali biologico non è solo legato all’intenzione di offrire prodotti senza residui di fitofarmaci o concimi chimici di sintesi, ma anche alla volontà di non determinare nell’ambiente impatti negativi a livello di inquinamento di acque, terreni e aria. Nel sistema di coltivazione biologico sono centrali soprattutto gli aspetti agronomici: la fertilità del terreno viene salvaguardata mediante l’utilizzo di fertilizzanti organici, la pratica delle rotazioni colturali e le lavorazioni attente al mantenimento (o, possibilmente, al miglioramento) della natura del suolo e della percentuale di sostanza organica; la

lotta alle avversità delle piante è consentita solamente con preparati vegetali, minerali e animali che non siano di sintesi chimica (tranne alcuni prodotti considerati “tradizionali”) e privilegiando la lotta biologica. Gli animali vengono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere e nutriti con prodotti vegetali ottenuti secondo i principi dell’agricoltura biologica. Sono evitate ovviamente le tecniche di forzatura della crescita e sono proibiti alcuni metodi industriali di gestione dell’allevamento, mentre per la cura delle eventuali malattie si utilizzano rimedi omeopatici e fitoterapici limitando i medicinali ai casi previsti dai regolamenti. L’agricoltura biologica in Europa è stata regolamentata per la prima volta a livello comunitario nel 1991 con il Reg. (CEE) n° 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. Solo successivamente nel 1999 sono state normate anche l’allevamento e le produzioni animali con il Reg. (CE) n° 1804/99. Nel giugno del 2007 è stato adottato un nuovo regolamento CE per l’agricoltura biologica, Reg. (CE) n° 834/2007, che abroga i precedenti ed è relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici sia di origine vegetale che animale (compresa l’acquacoltura). Successivamente nel 2008 sono stati pubblicati i regolamenti: n.889 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei


prodotti biologici; n.967 recante modifica del regolamento (CE) 834/2007 e il n. 1235 recante le modalità di applicazione dell’834 per quanto concerne il regime di importazione di prodotti biologici da paesi terzi ed il n.1254 recante le modalità di applicazione del Reg.834 per quanto concerne l’etichettatura dei prodotti biologici ed i controlli. Nel 2009 sono stati emanati altri due regolamenti:il n.537 recante modifica del Reg. n.1235 riguardo all’elenco dei paesi terzi di cui determinati prodotti agricoli ottenuti con metodi biologici devono essere originari per poter essere commercializzati all’interno della Comunità ed il n.710 recante le modalità di applicazione dell’834 per quanto concerne la produzione di animali ed alghe marine dell’acquacoltura biologica. Nel 2010 sono stati emanati i seguenti regolamenti:il n.271 molto importante poiché reca le modalità di applicazione dell’834 per quanto concerne il logo della produzione biologica dell’Unione europea ed il n. 471 recante modifica del n. 1235 del 2008. Infine nel 2012 sono stati pubblicati i seguenti regolamenti:il n.126

che modifica il Reg. 889/2008 e il Reg.1235/2008 per quanto concerne l’importazione di prodotti biologici dagli Stati Uniti d’America ed il n.203 che indica l’applicazione del reg.834 per quanto concerne la produzione di vino biologico; il n.505 che rettifica il Reg.889/2008 per quanto concerne la produzione biologica, l’etichettatura ed i controlli ed infine il n.508 che modifica il reg. 1235/2008 per quanto riguarda l’importazione di prodotti biologici da paesi terzi. Per quanto riguarda la legislazione italiana specifica in materia di agricoltura biologica sono stati emanati: il decreto MiPAAF 27 novembre 2009 disposizioni per l attuazione dei regolamenti (CE)834, 889 e 1235 e successive modifiche riguardanti la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti; il decreto 18 dicembre 2009 aggiornamento degli allegati concernenti la revisione della disciplina in materia di fertilizzanti; DM del 23 dicembre 2010 contaminazioni accidentali ed inevitabili di prodotti fitosanitari in agricoltura; DM del 29 ottobre 2010 procedure di prelevamento campioni biologici.

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USO SOSTENIBILE DEI FITOFARMACI

USO SOSTENIBILE DEI FITOFARMACI

anno 2012

Uso sostenibile dei fitofarmaci, le nuove regole penalizzano le imprese

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (n.202 del 30 agosto 2012), il decreto legislativo 14 agosto 2012 n. 150, che va ad attuare la direttiva 2009/128/Cee che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari. Le norme di maggiore interesse per le ricadute territoriali ed amministrative riguardano: • l’elaborazione da parte di un Consiglio tecnico scientifico istituito ad hoc, del Piano nazionale di attuazione; • l’obbligo di formazione degli utilizzatori professionali, dei distributori e dei consulenti sull’impiego dei fitofarmaci (le Regioni devono realizzare il sistema formativo e di rilascio delle abilitazioni entro il 26 novembre 2013); • la modifica delle norme relative al rilascio dell’autorizzazione all’acquisto dei prodotti fitosanitari (il cosiddetto patentino) che decorrono a partire dal 26 novembre 2015; • l’obbligo di possesso di un certificato di abilitazione alla vendita dei fitofarmaci o, comunque, per svolgere un’attività di consulenza in materia sempre a decorrere dal 26 novembre 2015; • controlli delle attrezzature per l’applicazione dei fitofarmaci a partire dal 2016; • l’abrogazione dell’art. 42 del dpr 290/2001 che innova il registro dei trattamenti, disposizione questa che, invece, entra subito in vigore; • limitazioni all’uso dei fitofarmaci nelle aree protette e in quelle della Rete Natura 2000; • le disposizioni in merito alla manipolazione e stoccaggio dei fitofarmaci; • la difesa integrata e le sanzioni a seguito di irregolarità. Per quanto riguarda, specificatamente, il registro dei trattamenti, gli acquirenti e gli utilizzatori di prodotti fitosanitari lo conservano presso l’azienda riportando tutti gli interventi fitosanitari effettuati nel corso della stagione di coltivazione. Sul registro devono essere annotati i trattamenti effettuati con tutti i prodotti fitosanitari utilizzati in azienda, classificati molto tossici, tossici, nocivi, irritanti o non classificati, entro il periodo della raccolta e comunque al più tardi entro trenta giorni dall’esecuzione del trattamento stesso. Il registro dei trattamenti va conservato almeno per i tre anni successivi a quello a cui si riferiscono gli interventi annotati e riporta: i dati anagrafici relativi all’azienda; la denominazione della coltura trattata e la relativa estensione espressa in ettari; la data del trattamento, il prodotto e la relativa quantità impiegata, espressa in chilogrammi o litri, nonché l’avversità che ha reso necessario il trattamento. Può essere compilato anche dall’utilizzatore dei prodotti fitosanitari diverso dal titolare dell’azienda; in questo caso il titolare deve sottoscriverlo al termine dell’anno solare. Gli utilizzatori di prodotti fitosanitari possono avvalersi, per la compilazione del registro dei trattamenti, dei Centri di assistenza agricola di cui all’articolo 3 -bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, previa notifica alla Asl di competenza. Detto registro può essere compilato e sottoscritto anche da persona diversa, qualora l’utilizzatore dei prodotti fitosanitari non coincida con il titolare dell’azienda e nemmeno con l’acquirente dei prodotti stessi. In questo caso dovrà essere presente in azienda, unitamente al registro dei trattamenti, relativa delega scritta da parte del titolare. Nel caso in cui i trattamenti siano realizzati da contoterzisti, il registro dei trattamenti deve essere compilato dal titolare dell’azienda allegando l’apposito modulo rilasciato dal contoterzista per ogni singolo trattamento. In alternativa il contoterzista può annotare i singoli trattamenti direttamente sul registro dell’azienda controfirmando ogni intervento fitosanitario effettuato. Il registro dei trattamenti deve essere compilato anche quando gli interventi fitosanitari vengono eseguiti per la difesa delle derrate alimentari immagazzinate. Il titolare dell’azienda deve conservare in modo idoneo, per il periodo di tre anni, le fatture di acquisto dei prodotti fitosanitari, nonché la copia dei moduli di acquisto, dei prodotti con classificazione di pericolo di molto tossici, tossici e nocivi. Il testo del decreto desta sicuramente perplessità nel mondo agricolo, il Presidente di Coldiretti Sergio Marini ha evidenziato come il Governo non abbia tenuto conto delle richieste di modifica presentate dalle rappresentanze agricole sì che il Piano Nazionale in corso di elaborazione presso il Ministero dell’Ambiente, contenente le specifiche misure che dovranno essere attuate dalle imprese, rischia di portare nuovi vincoli ed aumenti dei costi di produzione, insopportabili per le aziende nel contesto di questa grave fase di recessione economica. Se, quindi, il Piano Nazionale, non tenendo conto del fatto che in Italia tutti i dati dimostrano una situazione di assoluta sicurezza nell’uso di tali prodotti, introdurrà oneri e vincoli ingiustificati, le aziende italiane avranno un netto svantaggio competitivo rispetto a quelle dei paesi europei ed extraeuropei In particolare, è negativo il provvedimento che esclude dal Consiglio tecnico scientifico competente ad elaborare il Piano nazionale le Organizzazioni professionali agricole quando, invece, negli altri Stati dell’Ue queste sono considerate soggetti utili per pianificare al meglio le misure di attuazione della direttiva in quanto sono portatrici delle effettive esigenze delle imprese e soprattutto di un’approfondita conoscenza della realtà produttiva agricola. Preoccupa anche per il paventato divieto d’uso dei prodotti molto tossici e tossici nelle aree protette e nelle zone Sic e Zps, restrizione che non trova alcuna giustificazione tecnica, trattandosi di una classificazione tossicologica relativa alla salute umana e non all’ambiente. Le imprese agricole italiane rischiano, quindi, in un contesto virtuoso, dimostrato da tutti i dati disponibili sull’uso dei fitofarmaci in agricoltura, di essere penalizzate sul piano competitivo rispetto agli altri paesi, anche in ragione dei costi relativi ai controlli delle attrezzature impiegate per la somministrazione dei prodotti fitosanitari, che l’Amministrazione pubblica, pare al momento non intendere assumere a suo carico.

Attività di informazione misura 111/B che è stata oggetto di richiesta di finanziamento sulla misura 111 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia; cofinanziato dell’Unione Europea attraverso il FEASR


Corretta gestione della trasmissione

dei documenti fiscali alle U.O.L. Per le aziende che si avvalgono della tenuta delle scritture contabili presso le Unità Operative Locali di Impresa Verde Pavia s.r.l., per una corretta gestione della consegna dei documenti fiscali si ricorda quanto segue: • consegna di tutti i documenti fiscali correnti (fatture emesse, fatture ricevute, corrispettivi, passaggi interni, modelli F24 di pagamento, ecc..) nella busta preposta entro il giorno 5 di ogni mese debitamente compilata in ogni sua parte e firmata con la data di consegna alla UOL • In caso di più attività svolte suddividere le fatture emesse e ricevute per inerenza. • evidenziare eventuali fatture ricevute da professionisti con ritenuta di acconto, in questo caso specificare inoltre se la ritenuta è già stata versata oppure se è da versare entro il giorno 16 del mese successivo al saldo della stessa;

• • •

evidenziare eventuali fatture emesse e/o ricevute a/da soggetti esteri comunitari al fine della compilazione ed invio del modello INTRASTAT; evidenziare eventuali fatture emesse e/o ricevute a/da soggetti esteri extra-comunitari al fine della compilazione ed invio del modello BLACKLIST; evidenziare eventuali fatture emesse non inerenti con la propria attività;

• IMPORTANTE Si rammenta che la puntualità nella consegna dei documenti è fondamentale, ai fini dell’espletamento degli obblighi previsti dalla normativa fiscale nei termini di legge. Per tanto, onde evitare possibili sanzioni, si raccomanda vivamente di rispettare i punti sopra elencati.

Periodo di divieto per lo spandimento degli effluenti di allevamento e dei fertilizzanti azotati E’ in corso di pubblicazione il decreto della Regione Lombardia che individua i termini di apertura e di chiusura per lo spandimento degli effluenti di allevamento e dei fertilizzanti azotati, ne riportiamo uno stralcio. Il decreto non fa distinzione tra zone vulnerabili e zone non vulnerabili: - Periodo di divieto dal 1 novembre a fine febbraio per le aziende che hanno chiesto la DEROGA NITRATI per aumentare il quantitativo di azoto da effluente distribuibile in zona vulnerabile da 170 kg/ha/anno a 250 kg/ha/anno - Periodo di divieto dal 1 novembre a fine febbraio per le aziende che utilizzano deiezioni di avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65% - Periodo di divieto dal 15 dicembre al 15 gennaio per

aziende che utilizzano letame bovino, ovicaprino e di equidi con contenuto di sostanza secca pari almeno al 20%, ed assenza di percolati, se utilizzato su prati permanenti e/o avvicendati - Periodo di divieto dal 19 novembre al 16 febbraio per le aziende che utilizzano letame (caratteristiche diverse dal punto precedente), materiale assimilato, liquame, fanghi, fertilizzanti azotati diversi dall’effluente di allevamento utilizzati su terreni con prati, cereali autunno vernini, colture ortive, arboree con inerbimenti permanenti o con residui colturali e in preparazione della semina primaverile anticipata .


Claudio Molteni

Nadia Enrica Festari

responsabile della UOL di Vigevano

responsabile della UOL di Mede

A Nadia Enrica Festari, da anni elemento portante della UOL di Mede, Coldiretti ha deciso di affidare la responsabilità dell’ufficio che da poco si è trasferito in via Cavour 25. “Conosco molto bene questa zona e i temi che ne determinano l’attività – ha dichiarato Nadia Festari dopo il riconoscimento ufficiale dell’incarico avvenuto in seno al Consiglio di Coldiretti Pavia – ma nonostante lavori in questo ufficio da otto anni mi sento particolarmente emozionata ad assumerne la responsabilità. Porto con me un forte entusiasmo e la consapevolezza di un ottimo rapporto sia con i colleghi sia con gli associati e i dirigenti. Le difficoltà del comparto sono molte ma la professionalità dei nostri soci e la competenza che la Coldiretti è in grado di mettere in campo sono garanzia di buona riuscita nella sfida sempre più difficile del mercato odierno”.

Claudio Molteni, già responsabile della UOL di Mortara è stato incaricato da settembre di quest’anno di coordinare Unità Operativa Locale di Vigevano. “Sono molto orgoglioso di questo nuovo incarico che Coldiretti ha voluto affidarmi – ha dichiarato il neo responsabile della zona – dimostrando fiducia nei miei confronti. I temi che accompagnano l’attività della zona di Vigevano non si discostano di molto da quelli della zona di Mortara di cui sono ancora responsabile e di Mede che ho retto fino a poco fa. Confido nella collaborazione di un equipe di collaboratori che ho già avuto modo di conoscere e di cui apprezzo l’alto livello professionale e conto su un costante e continuo scambio di opinioni con i dirigenti e i soci che rappresentano la vera ricchezza della nostra struttura”.

n.9 2011

Nuova sede Coldiretti a Robbio Un nuovo ufficio per il recapito di Robbio è a disposizione degli Associati della zona dalla fine di settembre, in via Sanner 32. L’ufficio osserva l’apertura nei giorni di lunedì e giovedì dalle ore 9.00 alle ore 12.00 Il nuovo ufficio – ha dichiarato il responsabile della UOL di Mortara, Claudio Molteni – risponde alle esigenze di efficienza e professionalità che l’impresa agricola oggi richiede. La calendarizzazione dell’apertura mira a instaurare un rapporto di consuetudine con i signori soci che possono rivolgersi al personale dell’ufficio per il disbrigo delle pratiche e la consegna dei documenti. Attraverso appuntamenti mirati sarà possibile anche approfondire tematiche più stringenti.

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BREVI


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