MANN - N.1- Il Ritorno dei Faraoni

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QUOTIDIANO D’INFORMAZIONE FONDATO NEL 1862

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IL RITORNO DEI FARAONI Domenica 9 ottobre 2016 - ANNO I NUMERO 1 - Supplemento gratuito al numero odierno del “Roma” - Non vendibile separatamente

Riapre a Napoli la collezione egizia più antica d’Europa Oltre 1200 rarissimi reperti che tutto il mondo ci invidia

NEL SEGNO DI ISIDE

LUIGI NECCO

LA STORIA SCRITTA

La Napoli orientale tra strade, obelischi, chiese e monumenti

«Il Museo un grande polmone culturale ignorato dai cittadini»

La sezione epigrafica: lingue, costumi e leggi di un tempo


LA PRESENTAZIONE di

Paolo Giulierini

Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Grazie alla cultura il Mediterraneo torni ad essere luogo di pace

È

con orgoglio che il Museo Archeologico Nazionale di Napoli riapre al pubblico, completamente rinnovata, la collezione egizia, invertendo in maniera chiara una tendenza che aveva visto, negli ultimi anni, chiudere o dismettere intere sezioni. L’Egitto era già antico quando lo conobbero Greci e Romani: la maestosità dei suoi edifici come le piramidi e i templi, l’antichità delle sue discipline, a partire dalla scrittura geroglifica, o dei suoi rituali, come la

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mummificazione, colpirono sempre l’immaginario di chi vi arrivò da altri lidi: Erodoto, Alessandro Magno, Cesare e Antonio.

Mistero, sapienza, immutabile ciclicità sono alcuni delle caratteristiche che per sempre stregheranno tutti gli occidentali che si mi-


ceramiche di Capodimonte ed oltre. Tutto questo il Mann intende ricordare con questa apertura: il fascino dell’Egitto per gli antichi, i collezionisti post rinascimentali, le arti, gli studiosi. Una nuova guida scientifica Electa, un fumetto per bambini di Blasco Pisapia frutto del progetto di comunicazione Obvia ci offrono la possibilità di approfondire la storia di questi 1200 splendidi oggetti. Ma il pensiero va subito a possibili, futuri percorsi cittadini (si pensi a piazzetta Nilo o al nucleo di ceramiche in stile egizio di Capodimonte) e ai centri di Benevento e Teano. Egitto non significa tuttavia solo passato: l’auspicio è che l’occasione sia anche Ed è noto che oltre al filone utile a riflettere ed operare sureranno con la terra dei faraoni, stimolando viaggi e, del collezionismo e degli perché il Mediterraneo e conseguentemente, nasci- studi la terra bagnata dal la terra delle due corone, Nilo determinerà, fin dalla ta di collezioni ben prima, come la definivano i suoi come nel caso di un nucleo prima ora, quell’egittomania sovrani, torni ad essere riscontrabile in tanti modi quelle di Napoli, della luogo di incontri pacifici e saici, pitture e gioielli di età di crescita, affrancandosi celeberrima spedizione di romana anche nell’area ve- rapidamente dalle recenti Napoleone Bonaparte e suviana, fino all’epoca delle tragedie. Champollion. 3


L’EDITORIALE di

Roberto Paolo

Vicedirettore del “Roma” invece li snobbano, o forse più semplicemente li ignorano. Parlavamo di queste contraddizioni con il direttore Paolo Giulierini, e dell’idea di abbattere metaforicamente Una rivista “pop” per aprire il Museo le mura del Museo per aprirlo ai napoletani, obiettivo che con i suoi tesori il nuovo direttore persegue a tutti i napoletani fin da quando è arrivato. Il progetto di questa rivista er i napoletani il Museo è nato così. Il “Roma”, il archeologico Nazionale più antico quotidiano è il Museo e basta, sen- del Meridione d’Itaza altri aggettivi. Ma, soprat- lia, con una base di lettori fieramente tutto, il Museo per loro non è solo un edificio, è un intero di estrazioquartiere. Anche una fermata ne popolare, della metropolitana si chiama avrebbe fatto da tramite tra così, semplicemente “Museo”, senza aggettivi. I napo- il Museo e i letani dicono «sto dalle parti napoletani. del Museo», oppure «abito in Per questo, con Giulierini siamo zona Museo». Il Museo è un toponimo, un luogo geogra- stati subito d’accordo che lo stile fico. Ma, a dispetto di tanta della rivista, pur trattando notorietà, pochissimi sono i temi culturali, deve restare in napoletani che hanno varqualche modo “pop”, nell’accato la soglia del maestoso palazzo seicentesco. I turisti cezione originale del termine: “popular”. Avrà cadenza vengono a Napoli da ogni parte del mondo per ammi- mensile ed ogni numero rare i suoi tesori. I napoletani approfondirà uno dei grandi

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eventi che il Museo si propone di realizzare. Per ognuno di essi cercheremo di raccontare i legami profondi tra le opere esposte nel Museo e ciò che c’è fuori, nella città di Napoli e nel resto della Campania. Questo primo numero è dedicato alla storica riapertura della collezione egizia, da troppi anni chiusa al pubblico. Poi ci occuperemo della ricollocazione al centro degli spazi espositivi della “Testa Carafa”, ora relegata nell’androne di quelli che erano gli uffici della Sovrintendenza, e poi ancora della grandiosa mostra su Carlo III in occasione del tricentenario della nascita. Seguiranno ancora tanti altri appuntamenti che scoprirete di volta in volta assieme a noi in questo appassionante e avventuroso viaggio tra i tesori del Museo, tesori che sono di tutti i napoletani.


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SOMMARIO

LA GENTE DEL QUARTIERE

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I TESORI EGIZI RITORNANO IN LUCE

LA STORIA SCRITTA

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LA CAMPANIA REGNO DI ISIDE

LUIGI NECCO: IL MUSEO POLMONE DI CULTURA

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30 GLI EGIZI TRA FUMETTI, CARTOON E TOTÒ

NAPOLI, EGITTO

QUOTIDIANO D’INFORMAZIONE FONDATO NEL 1862

Domenica 9 ottobre 2016 - Anno I Numero 1 Supplemento gratuito al numero odierno del “Roma” - Non vendibile separatamente

Direttore Editoriale ANTONIO SASSO Direttore Responsabile PASQUALE CLEMENTE Vicedirettore ROBERTO PAOLO

Editore Società Cooperativa Nuovo Giornale Roma a r.l. 80121 Napoli - Via Chiatamone, 7 (Impresa beneficiaria, per questa testata, dei contributi di cui alla legge n. 250/90 e successive modifiche ed integrazioni) Registrazione Tribunale di Napoli n° 4608 del 31/01/1995 Registro Nazionale della Stampa n° 5521 Vol. 56 pag. 161 ISSN 1827-3475

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I TESORI EGIZI RITORNANO IN LUCE La collezione napoletana fu inaugurata nel 1821 ed è una delle più importanti al mondo: ecco perché correre a visitarla di Marco Guerriero

egizia del Museo archeologico nazionale di Napoli, la più antica d’Europa, inaugurata opo sei anni di chiusura, è stata finalmen- nel 1821, ed una delle più imte riaperta la sezione portanti del mondo, seconda

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in Italia solo a quella torinese. Il riallestimento attuale dell’esposizione è frutto della collaborazione del Museo con la cattedra di Egittolo-


MONUMENTO DI AMENEMONE XIX dinastia, regno di Ramses II (1279-1213 a.C.) Tebe Ovest. Collezione Borgia SARCOFAGO E MUMMIA DI ANKHHAPY Inizio epoca tolemaica (332-200 a.C.) Akhmim. Collezione Stevens

gia dell’Università di Napoli “L’Orientale”. Tornano così “alla luce” oltre 1.200 reperti di inestimabile valore. Il percorso nelle sale del seminterrato del Museo oggetto di specifici interventi per il controllo microclimatico e illuminotecnico - sarà ora tematico e rileggerà i materiali del museo svelando il fascino della grande civiltà egizia, articolandosi in sei sezioni: “il faraone e gli uomini”, “la tomba e il suo corredo”, “la mummificazione”, “la religione e la magia”, “la scrittura e i mestieri”, “l’Egitto e il Mediterraneo antico”. Un’ampia sezione introduttiva presenterà – anche attraverso l’esposizione di falsi settecenteschi, di calchi ottocenteschi e di esempi dell’arredo antico - le vicende della sezione e delle sue raccolte, preziose testimonianze di storia del collezionismo egittologico. E ci presenterà i protagonisti delle collezioni private che in quasi due se-

coli sono confluite nel Museo partenopeo, oltre agli oggetti riemersi da scavi anche in Campania, in contesti archeologici di epoca romana, per un totale di oltre 2.500 reperti. La prima e principale delle collezioni che diedero il via alla raccolta napoletana è quella dei Borgia. Una meravigliosa Wunderkammer fu la collezione Borgia, il primo nucleo del museo egizio di Napoli. La Wunderkammer è una stanza delle meraviglie, una collezione di oggetti rari che nasce sul finire del Cinquecento. Certamente una delle più prodigiose e spettacolari

fu quella dei Borgia, una delle più potenti famiglie romane. Fu la collezione di un cardinale Borgia uno dei colpi di Murat, il re di Napoli, che con una sciabolata delle sue acquisì quei tesori e conquistò per Napoli il primo vero piccolo museo egizio del mondo (anche se la formalizzazione dell’acquisto fu firmata da Ferdinando I di Borbone). Fu grazie a collezioni come quella dei Farnese, dei Borgia e dei Borbone che Wunderkammer ereditate da privati divennero di godimento del pubblico e fecero dell’Archeologico di Napoli il museo delle meraviglie, un posto da favola, antro segreto che custodiva le stranezze più incredibili del tempo, meritevole di un 7


Tutto iniziò con il Naoforo Farnese

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ppartenuto alla Collezione Farnese, e inizialmente collocato Sala degli Imperatori di Palazzo Farnese a Roma, il Naoforo (nella foto) è il primo reperto egizio giunto nel Museo di Napoli, dove risulta attestato già negli inventari del 1803. Rinvenuto probabilmente nel XVI - XVII secolo a Roma, fu interpretato erroneamente alla metà del Seicento dal padre gesuita Athanasius Kircher come una raffigurazione di Iside recante un simulacro. Invece la scultura raffigura un personaggio maschile inginocchiato su una base parallelepipeda con le braccia piegate e protese a reggere un naos poggiato sulle ginocchia, in cui è raffigurato Osiride con corona sul capo, flagello nella mano destra, scettro nella sinistra. La statua indossa una parrucca che ricadendo sulle spalle, lascia scoperte le orecchie, una corta veste pieghettata ed un amuleto al collo raffigurante la dea Hathor. L’iscrizione, in cui sono indicati il nome e i titoli del funzionario rappresentato, contiene la cosiddetta “formula di Sais” che consente di collocare la statua nella XXVI dinastia.

viaggio, come declamava Stendhal. Al tetto della camera, alle parti libere delle pareti nonché ai lati degli scaffali, venivano appesi animali essiccati, come, ad esempio, piccoli coccodrilli, lucertole, oppure ossa e denti di pesci, uccelli e mammiferi, o ancora grandi conchiglie. 8

Straordinariamente desiderabili apparivano i “naturalia” e gli “artificialia” provenienti da paesi lontani, al di là dai mari. Nella stanza delle meraviglie dei Borgia c’era una Collezione Egiziana, prima delle mode scaturite dalle guerre in Egitto di Napoleone. I tesori dei Borgia hanno fatto di quello di Napoli il più

importante museo archeologico del mondo, e della loro collezione di reperti egizi Italia una delle più importanti d’Europa. La sezione egizia del Museo di Napoli si è poi arricchita con le collezioni Farnese e Picchianti, e con l’acquisizione di materiali provenienti anche da scavi borbonici nell’area vesuviana ed in quella flegrea. Unico esemplare di provenienza egiziana della collezione Farnese è il Naoforo, una statua raffigurante un personaggio inginocchiato con un’edicola tra le mani (naòs, da cui la denominazione) al cui interno è il dio Osiride. Ora la collezione egizia è esposta nei sotterranei dell’edificio del Fontana, nato come Università ma diventato museo per volere di Carlo III Come si è detto, il nucleo principale, oltre che il più


SITULA Epoca romana (30 a.C.-395 d.C.) Collezione Borgia

antico, apparteneva al Cardinale Stefano Borgia, personaggio di grande cultura, interessato allo studio della storia e dell’antiquaria. Il Cardinale, già erede di una raccolta di oggetti antichi rinvenuti nei dintorni di Roma e di Velletri, si adoperò con passione per accrescere la sua raccolta. In particolare, con la sua attività di Segretario e poi Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, incoraggiò la formazione di sacerdoti indigeni presso le missioni attive in particolare in Oriente. Il successo così ottenuto gli procurò la stima e la riconoscenza dei missionari e degli inviati all’estero che iniziarono a portargli doni dai luoghi nei quali operavano. Il Borgia cominciò così a ricevere moltissimi oggetti dall’Egitto, oltre ai manoscritti

a Gioacchino Murat, allora re di Napoli, al quale si deve il merito dell’acquisto avvenuto nel 1814, sebbene le trattative si conclusero con il ritorno dei Borbone, ad opera di Ferdinando I, nel 1815. La collezione Borgia, una delle più antiche della storia del collezionismo europeo, illustra un momento d’interesse per l’Egitto precedente a quello suscitato dalla spedizione napoleonica (1798 - 1799) e rispecchia il gusto antiquario copti avuti su sua richiesta, tanto da costituire la più ricca tipico dell’epoca della sua collezione del genere dell’e- formazione documentato da statue ridotte a busti o poca. a teste-ritratto, e da molti Con la morte del Cardinale oggetti di carattere funerario nel 1804, la collezione fu in parte donata alla Congrega- e magico - religioso rinvenuti principalmente nelle zone zione di Propaganda Fide e più facilmente raggiungibili per il resto passò al nipote Camillo che cercò di venderla dagli Europei del XVIII secoprima al re di Danimarca, poi lo, ossia quelle del Delta e di MUMMIA DI COCCODRILLO Epoca tarda (664-332 a.C.) Collezione Hogg

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CASSETTA PORTA-USCEBTI di Mutemuia, cantatrice di Amon Fine XX dinastia (1100-1000 a.C.) Collezione Picchianti

trattative, il 7 marzo 1828 ne acquistò solo una parte. Insoddisfatto del ricavato della vendita, un mese dopo Picchianti donò gli oggetti restanti, a patto di essere assunto come custode e restauratore delle antichità egiziane. In questa veste effettuò vari interventi sulle mummie del Museo. Durante questo periodo, però, sottrasse alcuMenfi. li, provenienti probabilmente ni oggetti che rivendette poi La più rilevante tra quelle da contesti funerari, adatti a al British Museum. napoletane dopo la borgiasoddisfare il gusto per l’esoti- Le statue della raccolta cona è la collezione Picchianti. co ed il macabro tipici di una prono un quadro cronologico di circa tremila anni, dagli Giuseppe Picchianti era un certa cultura ottocentesca. inizi dell’Antico Regno all’età viaggiatore ottocentesco di La sua raccolta comprende tolemaico-romana. Tra queorigine veneta che, affascina- mummie, sarcofagi, canoste il documento più antico to dal clamore delle scoperte pi, ma anche oggetti facenti è una statua di funzionario fatte dal padovano Belzoni parte del corredo funebre e dal commercio di oggetti che testimoniano aspetti del della III dinastia (2700 - 2640 a.C.) nota come “Dama di antichi, intraprese un viaggio quotidiano, quali specchi, Napoli”. Datata alla III dinanel 1819 durato circa sei anni, vasi per cosmetici, sandali. stia è un raro esemplare di durante il quale risalì la Valle Picchianti provò a vendere scultura arcaica ed una delle del Nilo fino a raggiungere il la collezione al Re di Sassodeserto nubiano. Nel corso nia prima di offrirla al Museo LIBRO DEI MORTI DI KHONSU Nuovo Regno, XIX dinastia del suo soggiorno egli pasdi Napoli che, dopo lunghe (1295-1186 a.C.) sò per alcune delle località Collezione Picchianti archeologiche di maggiore interesse per i collezionisti come Giza, Saqqara, Tebe, e da questi luoghi raccolse una notevole quantità di materia10


sculture più antiche che siano mai state poste in una tomba privata egiziana dell’Antico regno. Erroneamente interpretata a lungo come una figura femminile, rappresenta un funzionario seduto del quale non conosciamo il nome. La scultura proviene probabilmente dalla necropoli di Saqqara. Un altro pezzo notevole è la testa di sfinge che rappresenta un bell’esempio di ritratto regale da collocare nella seconda metà della XII dinastia, tra il regno di Sesostri III e quello di Amenemhat III. Il sovrano cinge il caratteristico nemes con ureo, ma ciò che colpisce sono i tratti estremamente marcati del viso, caratterizzato da borse sotto gli occhi sporgenti, e rughe di espressione tra il naso e la bocca. In questo periodo infatti i ritrattisti egizi abbandonarono i tratti ieratici e spesso impersonali delle immagini dei faraoni, per abbracciare uno stile più realistico. Unico nel suo genere è il monumento di Amenemone, un blocco di granito nero su

STELE DI AMENHOTEP DETTO HUY Scriba della tavola e direttore della festa di Osiride. Nuovo Regno (1292-1279 a.C.) Dono del Re delle Due Sicilie

comprende vasellame di vari periodi per le offerte di cibi, bevande, profumi e cosmetici, tra i quali predominano quelli in pietra destinati alla conservazione del kohol usato per truccare gli occhi; comprende inoltre ornamenti personali, oggetti del mobilio, come i poggiatesta, e stele e statuette funerarie. Di cui sono rappresentate 22 figure mummiformi con i loro singolare importanza la prenomi ed i loro titoli. Il monu- senza nella collezione di una mento è intitolato al Capo dei coppetta, datata tra il V e il IV Medjai, Amenemone, rappre- secolo a.C., recante in ierasentato con numerosi mem- tico l’etichetta “cumino, latte bri della sua famiglia paterna addensato, miele”, un’antica ricetta per curare la tosse. e di quella delle sue mogli. Ma non si può completare Collocato probabilmente in la visita alla collezione egizia un tempio o in una cappella senza passare per la sala dedi Amenemone, reca inoldicata alla mummificazione tre il caratteristico “appello con reperti associati al proai viventi”, con richiesta di preghiere ed offerte rivolta ai cesso di imbalsamazione e di conservazione del corpo per visitatori del tempio o della la sopravvivenza del defunnecropoli. Moltissimi sono to dopo la morte, tra i quali i reperti che documentano elementi importantissimi aspetti della vita quotidiana erano le mummie e i sarconell’antico Egitto, che costifagi. Sono forse le immagini tuivano il corredo funerario che accompagnava il defun- più suggestive che ognuno di noi collega, fin dall’infanzia, to nella sua sopravvivenza all’antico Egitto. ultraterrena. La collezione 11


NAPOLI, EGITTO

La statua del Nilo, il quartiere dei mercanti che venivano da Alessandria, templi segreti e misteri ermetici, tutto nel capoluogo partenopeo parla di Oriente 12


di Pasquale Clemente e Roberto Paolo

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a statua del dio Nilo è la padrona del cuore della città, a San Biagio dei Librai, nel dedalo di strade costruite dai primi coloni greci duemilaseicento anni fa: quel grande uomo barbuto, che per i partenopei rappresenta il “corpo di Napoli”, in realtà raffigura il dio del fiume africano, e ricorda i rapporti con l’altra sponda del Mediterraneo, rammenta la Napoli egizia, quella esotica, quindi la sua anima profonda, nata da coloni che venivano proprio da Oriente. Molti dei quali si stabilirono, ai tempi dell’antica Neapolis, nel cosiddetto “Regio nilensis”: proprio tra le odierne via dei Tribunali e San Biagio dei Librai. È proprio al legame profondo tra il capoluogo partenopeo e l’Egitto che è stata dedicata una nuova esposizione permanente del Museo archeologico nazionale di Napoli, aperta lo scorso giugno, e denominata “Egitto Napoli. Dall’Oriente”. Una collezione che affianca la sezione egizia riaperta in questi giorni, la più antica collezione di egittologia di tutta Europa. Sì, perché il legame tra Napoli, la Campania tutta e l’Egitto risale indietro nei secoli fino a quando Napoli era l’hub di tutto il mondo mediterraneo, quando tutti i rapporti di Roma con Africa e l’Oriente passavano per il porto di Pozzuoli, dietro Napoli, e non c’era persona o cosa che, in viaggio verso l’Africa o di ritorno ver-

USCEBTI DI PTAHUPEPU Fine XVIII dinastia (1330-1300 a.C.) Acquisizione incerta IL CORPO DI NAPOLI (Nella pagina a lato) La statua del dio Nilo a piazzetta Nilo nel cuore di quello che un tempo era il quartiere dei mercanti egizi

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so Roma, non passasse per la Campania, la terra gioiello, il sogno proibito di tutti quelli che ambivano al potere. Roma volle sottolineare il suo debito chiamando la regione augustea, dov’era ubicata Roma, Latium et Campania, come se facesse parte di un unico territorio. I segni di questa storia e di questo legame profondo tra Napoli e l’Egitto, legame che non fu solo commerciale ma anche artistico e mistico (grazie alla diffusione dei culti sacri egizi e alla loro successiva contaminazione con i culti e le tradizioni locali), questi segni, dicevamo, sono disseminati in tutto il territorio cittadino e della provincia di Napoli, e sono ancora ben visibili, con toponimi, monumenti e reperti. La statua del dio Nilo, i resti dei templi di Iside, i santuari distribuiti in tutta la Campania, la religione delle dee egizie con innanzitutto Iside, la madre assisa sul trono con un bimbo in braccio, diventata poi, dopo la trasformazione in Madonna cristiana, icona a Piedigrotta. I cristiani mutuano i riti egizi e li inglobano nella loro religione e quindi nell’arte e nelle rappresentazioni sacre. A Pozzuoli e nel porto di Napoli migliaia 14

di navi romane hanno scaricato insieme al grano del Delta, che serviva alle plebi romane per sopravvivere, tutto quello che potevano trasportare accanto. Un canale millenario che non si è mai arrestato, iniziato con i primi scarabei a faience rinvenuti nelle tombe greche per finire con Santa Maria Egiziaca o con Totò che si veste da faraone nelle indimenticabili scene dei film del più grande comico di tutti i tempi. Rapporti continui, come le comunità medievali che dall’Oriente egiziano arrivavano a Napoli dopo la guerra santa proclamata dagli arabi, oppure i fedeli


all’iconoclastia convenzionale che fuggivano dall’Egitto delle eresie bizantine, quando Alessandria dettava legge con i suoi vescovi in fatto di interpretazioni, e spaccava l’unità religiosa proclamata dagli imperatori di Bisanzio. Nel porto di Napoli, in quel meraviglioso centro del mediterraneo che è il centro storico di Partenope, l’Egitto ha imperato con i culti, il cibo, la scrittura, l’arte.

POZZUOLI Il tempio di Serapide, una delle divinità egizie più venerate nell’antichità in Campania, dove questi culti furono portati da mercanti e marinai provenienti da Alessandria

TESTA DI UNA SFINGE DI SESOSTRI III O AMENEMHAT III Seconda metà della XII dinastia (1870-1786 a.C.) Collezione Borgia

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POMPEI Il tempio di Iside, la dea-madre raffigurata con il figlio Horus in braccio, secondo molti studiosi fu trasfigurata dal Cristianesimo nella Madonna con Bambino

aria di casa. La cesura si ebbe solo con il mondo arabo, ma non per molto, se nella prima scuola universitaria di medicina del mondo occidentale, a Salerno, le regole scientifiche Nelle ceramiche di Giustiniani, indiscus- della medicina egiziana la facevano da padrone. Ecco un altro legame, per secoli so maestro del Settecento, che imitava i campani furono medicati con precetti i crateri attici nella moda imperante del neoclassicismo, sono raffigurati i faraoni egizi. anche nei pavimenti, anche negli oggetti Al porto di Pozzuoli sbarcò anche la regina Cleopatra in viaggio verso il suo raffinati. Egli compose nella sua bottega tutti i miti dell’Egitto neoclassico, secon- Marco Antonio, nel 46 a.C.. E proprio do la moda imperante dettata dal viaggio attraverso i due porti di Puteoli e Neapodi Napoleone all’ombra delle piramidi, sul lis, con le merci e gli schiavi, arrivarono dall’Egitto anche i culti per Iside, Osiride finire del’700. Ceramiche a fondo giallo con i mosaici egizi in bianco e nero, Giu- e Serapide, particolarmente fiorenti in Campania attorno al IX secolo avanti stiniani ideò per la sua committenza Cristo. La città di Napoli accoglieva cittadina ed europea tutta una tutti senza pregiudizi, compresi i serie fantastica di raffigurazioni. mercanti e i marinai egiziani che Un mondo favoloso, esotico, si stabilirono nel ventre di Nail mondo dell’altra sponda, poli, tollerante ed aperto alle che per millenni, col moncontaminazioni più varie. In do romano che faceva del massima parte la colonia mar Mediterraneo un mare egiziana a Napoli proveniva interno, imponeva di penda Alessandria d’Egitto, e per sare che andare ad Alesquesto motivo le fu dedicasandria o ad Antiochia era to nella città greca un cardo, come recarsi in città vicine, per nulla lontane. Insomma VASI CANOPI DI PAEFCIAU(EM)AUYASET XXVI dinastia (664-525 a.C.) Collezione Picchianti 16


il “Vicus Alexandrinus”, che corrisponde all’odierna via Nilo. Qui la comunità egiziana edificò anche un tempio dedicato ad Iside, di cui non c’è più traccia se non nelle testimonianze storiche. Alcuni dei culti egizi saranno poi acquisiti nelle dottrine esoteriche del periodo illuministico, che a Napoli hanno uno dei maggiori monumenti nella stupenda e misteriosa Cappella San Severo, ideata e realizzata dal principe alchimista Raimondo di Sangro. Che, guarda caso, si trova poco distante dalla chiesa di Sant’Angelo a Nilo, anche lei con il richiamo nel nome al fiume sacro degli egiziani. E sempre in tema religioso, bisogna ricordare che a Napoli esistono due chiese dedicate a Santa Maria Egiziaca, monaca ed eremita egiziana nata ad Alessandria d’Egitto nel 344, che oggi viene venerata come santa dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta. Una si trova a Forcella (anche nota come Santa Maria Egiziaca all’Olmo), l’altra invece a Pizzofalcone, dove c’è anche la via Egiziaca. Per tornare ad Iside, la

dea madre, raffigurata con un bimbo in braccio, esattamente come un millennio dopo si farà per la Madonna cristiana, anche a Pompei sono presenti segni tangibili della diffusione del culto della dea lunare Iside. E non è un caso se proprio in questa città si trova il Santuario della “Madonna di Pompei”, una delle mete di pellegrinaggio più visitate d’Italia. Sempre ad Iside, secondo alcuni studiosi, si rifarebbe uno dei talismani più tradizionali della Campania: il ferro di cavallo. Esso ricorderebbe infatti un paio di corna stilizzate, che erano nell’antico Egitto il simbolo di Iside. Da qui, probabilmente, il gesto scaramantico di fare le corna per scacciare malocchi, sfortune e maledizioni. Invocando appunto la misteriosa dea egiziana.

CALCO DELLA STATUA DELLA DEA ISIDE XIX secolo (1871-1874) Statua originale da Saqqara

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LA CAMPANIA REGNO DI ISIDE

Da Benevento a Pozzuoli, Pompei e Teano: templi, statue, obelischi e il culto della dea madre che allatta il bambino

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utta la Campania è piena di contaminazioni provenienti direttamente dall’antico Egitto. Il Tempio di Serapide a Pozzuoli, poi macellum, fu appellato così per il rinvenimento di una statua del dio egizio nel 1750, all’epoca dei primi scavi. L’obelisco di piazza Papiniano a Benevento, l’unico realizzato per la zona sacra egizia di Benevento, in granito rosa, non una ruberia da imperatori. Il Tempio di Iside a Pompei, meraviglia archeologica che entusiasmò anche Mozart, che ne rimase così colpito da trarne fonte di ispirazione per alcuni dei suoi componimenti. Tre città, tre capolavori, tre fatti che hanno trasformato la Campania nella succursale di culti e oggetti egiziani per millenni, potremmo elencarne tanti, ma questi tre colpiscono per la grandezza della loro entità archeologica, per la unicità a livello planetario; nessuna città ha un tempio come quello di Pompei; nessuna città può vantare un obelisco realizzato per la scenografia urbana della capitale del Sannio; e trovare a due passi dal più grande porto dell’antichità, Puteoli, una sta-

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tua di Serapide: scusate se è poco. La meraviglia, il colpo al cuore, l’evento a sorpresa è però varcare le cortine longobarde del museo del Sannio, penetrare tra guerrieri in armature tardo-romane a caccia di cervi e vendemmie arcaiche, come raffigurate nella selva di marmo del chiostro di Santa Sofia, e scoprire poi che mezzo museo è invaso letteralmente da centinaia di pezzi di marmo che sembrano pietre preziose, in verde smeraldo, in rosa, in nero luccicante, nel bianco perla: è l’armamentario scultoreo che un tempo adornava il tempio di Iside di Benevento: un capolavoro. La sensazione del fantastico, dell’esotico, la prevalenza misterica del culto orientale per la dea madre si trasforma in occhiate di babbuini, di falchi cangianti, di leoni nilotici, uccelli veri, reali, ma ormai estinti, come gli ibis eremita raffigurati. Ma testimonianze dei culti egizi si ritrovano anche per le strade di Benevento, sotto forma di sculture e reperti come il citato obelisco risalente al I secolo d.C. e posto lungo il corso Garibaldi. Oppure la statua del sacro Bue Apis, posta all’ingresso del viale


che conduce alla basilica di Santa Maria delle Grazie (ancora la Madonna cristiana), sulla sponda guarda caso di un fiume, non il Nilo ma il Calore. Proprio nella basilica si venera una statua di Madonna che allatta al seno il Bambino Gesù. Secondo alcuni studiosi qui sorgeva uno dei tre templi egizi di Benevento, tutti e tre dedicati ad Iside, e proprio questo era quello dove si venerava la “Iside Lactans”, ovvero la dea mentre allatta il figlio Horus. Ma importanti tracce egizie si trovano anche nell’alto Casertano, dove due sfingi di granito rosa di Assuan adornano l’atrio del Duomo di Teano e sono testimonianza dell’esistenza di un antico “Iseion”, ovvero un tempio dedicato al culto di Iside. Iside, o Isis o Isi, ossia “sede”, è la dea della maternità, della fertilità e della magia nella mitologia originaria del Delta. Divinità in origine celeste, associata alla regalità per essere stata primariamente la personificazione del trono, come dimostrano le sue svariate raffigurazioni. Come faceva una regione come la Campania, con quelle centinaia di “matres matutae” venute alla luce nel fondo Patturelli a Capua (una raccolta di statuine in pietra raffiguranti delle donne-deemadri, la più importante collezione al mondo è conservata proprio al Museo Campano di Capua), a non accogliere lo stesso arcano messaggio del culto egizio? La dea madre, la dea che

regala quattro raccolti all’anno ai contadini campani, che lavorano la polvere di terreni la cui fertilità è stata per millenni leggendaria, non possono non accogliere come familiare quella dea dell’Egitto che ritorna a perpetuare culti sempre uguali, mutuati poi nella iconografia cristiana. Ecco allora che l’esotico dell’Egitto è un messaggio cultuale che ritorna, che riaccende una fede mai estinta e che nei secoli viene ravvivata da nuovi sacerdoti che hanno lo stesso messaggio, la stessa immagine, la stessa donna. Le “mater” etrusche di Capua, le Isidi di Benevento, le mille Madonne sedute ad ostentare il frutto del seno sono l’identica eterna donna che ogni anno dona la sua fertilità per perpetuare il mistero della vita eterna. L’Egitto e la Campania, come la Mezzaluna mesopotamica, dove c’è abbondanza e le madri vengono adorate, in eterno, e la forma religiosa, una madre assisa in trono, è sempre la stessa, l’unica regina da adorare è sempre lei. Non a caso fu proprio uno studioso, filosofo e teologo campano come Giordano Bruno, poi condannato al rogo dalla Santa Inquisizione, a teorizzare per primo che il cristianesimo derivasse direttamente dai culti dell’antico Egitto, e la Madonna con bambino non fosse nient’altro che la trasfigurazione cattolica della dea-madre Iside. PC L’obelisco egizio datato I secolo d.C. conservato in piazza Papiniano a Benevento

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L’INTERVISTA di Alessandro Savoia

IL TESTIMONIAL

Luigi Necco: «Il Museo? Io ci sono nato, è la mia vita» «A 5 anni la vista delle mummie mi cambiò la vita. A 17 anni lavoravo con il sovrintendente Amedeo Maiuri. Tutti dovrebbero visitarlo»

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na vita legata a doppio filo con il Museo Archeologico Nazionale. Il giornalista e scrittore Luigi Necco si sente a casa tra quelle mura. «Nasco alla Sanità, abitavo in piazzetta Garibaldi – racconta - e tutte le finestre di casa affacciavano proprio sul museo». Quando vi entrò per la prima volta? «Era il 1939, avevo 5 anni. All’epoca mia madre mi affidava ad una anziana signora per passeggiare e ci ferma-

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vamo spesso davanti alle finestre dei sotterranei e lei mi raccontava che c’erano le mummie. Un giorno me le portò a visitare. Immagini che non ho mai più dimenticato, non potevo immaginare che il museo un giorno sarebbe entrato nella mia vita». In che modo? «Quando morì mio padre ero giovanissimo ed iniziai a lavorare. Avevo 17 anni e fui incaricato dal Sovrintendente dell’epoca di portargli la posta alla firma. Era il grande Amedeo Maiuri, l’archeologo di Pompei, Ercolano, Cuma, Creta, Rodi. Conobbi il suo mondo ed i suoi collaboratori, uno su tutti Giu-


A Velia in una delle campagne di scavo di Mario Napoli

seppe Maggi. Da qui nacque la mia abitudine di frequentare archeologi. Mi capitava di andare anche 100 volte all’anno a Pompei, una volta anche con Maryl Streep». Avrà tanti ricordi che la legano a questo palazzo… «Ci ho vissuto, rappresenta una parte della mia vita. Ne conosco ogni angolo, ogni mistero, ogni storia anche sgradevole come quella della “Tazza Farnese” di Alessandria d’Egitto, un cammeo che un custode per dispetto scagliò a terra riducendolo in mille pezzi. Poi fu restaurato. Dal piazzale del museo vidi la festa di Piedigrotta

prima della guerra. Ero lì sul piazzale quando se ne cadde una parte della galleria. Il Museo è tutto per me, sento che mi appartiene, è casa mia. Quando ci passo sotto mi sembra di vedere le ombre del passato, della gente che non c’è più che ha dato la vita lì dentro». In compenso hai portato questo mondo in televisione con “L’occhio del Faraone”… «Quella rubrica andava in onda in Rai tra il 1993 e il 1997 con lo scopo di far conoscere cosa facessero gli archeologi italiani nel mondo. Fui il primo a raccontare alcune delle più grandi 21


L’INTERVISTA di Alessandro Savoia

L’IDENTIKIT

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ne durata anni partita dalla stressa Troia per poi passare in Cecoslovacchia, Germania dell’Est ed infine Russia dove era custodito da una donna sotto l’ordine del Kgb». E come mai non ha fatto l’archeologo? «Perché constatai che gli archeologi non sono mai felici, passano una vita intera a studiare un solo vaso, alcuni devono lottare con poverissimi strumenti contro scoperte, come il fatto che ladri, mercanti, falsificatori, furono i Micenei ad insegnare la pittura agli Egiziani, costruttori, è una vita sofdove è situato il vero deser- ferente che viene interrotta bruscamente dalla pensione. to di Mosè, il ritrovamento Ho conosciuto i più grandelle barche romane a Pisa di archeologi del mondo, e qual era la vera città da dove partì l’esodo degli ebrei loro erano più felici, mentre Napoli è una piazza difficile verso Israele. E soprattutto per una cronica mancanza documentammo il ritrovamento del tesoro di Troia che di mezzi. Mancano soldi per tutti davano per distrutto. Fu illuminazione giusta, per etichette, per organizzare mail frutto di una mia indagi-

uigi Necco, 82 anni, giornalista, scrittore e autore televisivo, è uno dei personaggi dell’informazione più amati dai napoletani. Comincia giovanissimo la carriera al Corriere di Napoli ma passa presto alla Rai, dove diventa famoso come telecronista e commentatore sportivo al seguito delle squadre del Napoli e dell’Avellino in serie A. Dal 1993 al 1997 crea e conduce su Rai Tre il programma di archeologia “L’occhio del faraone”. Nel 1997 ha condotto “Mi manda Rai Tre”. Nel 1980 fu gambizzato dai camorristi della Nco di Raffaele Cutolo.

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L’Archeologico è ricco di preziosità uniche al mondo. Il solo Toro Farnese vale un intero museo. È un peccato che i napoletani non lo conoscano. È un polmone di cultura e di bellezza»

e il Museo ma la Sovrintendenza si oppose. I cittadini quindi optano per San Martino perché c’è il panorama, nifestazioni». Nonostante ciò il nostro Mu- oppure per Capodimonte seo è uno dei primi al mon- perché c’è il bosco. Invece lo straniero ci va volentieri do… perché trova grande appa«Perché è ricco. Sono presenti opere provenienti dalle gamento della sua fame di cultura». civiltà greca, romana, egizia. Una statua come il “Toro Come fare per invertire la Farnese” ad esempio, è unica rotta? al mondo. È un pezzo che da «Va portata vita, fantasia. solo riempirebbe un museo. Gli oggetti devono essere attraenti, bisogna creare Il Museo è un polmone beleventi e ci vogliono mezzi, lissimo in una città dove la intelligenza, buona volontà. cultura classica può dare il suo aspetto moderno senza La tradizione non può essere conservata dai tradizionaessere muffita». listi, ma da chi la pensa in Allora perché i cittadini lo maniera nuova. Il patrimonio frequentano poco? del passato va dato a chi ha «I napoletani non ci vanidee nuove, a chi è capace no per questioni pratiche. Il museo non è un luogo facile, di portare alla gente il senso del passato. Questo costa c’è la metropolitana ma il napoletano si muove con la denaro ed impegno. Fino ad oggi si è pensato alla conmacchina e lì non può parservazione ma non alla vacheggiare. Si pensò ad una lorizzazione. Il museo archeteleferica tra Capodimonte

ologico offre il materiale ma va esaltato, si ha l’obbligo di mostrarlo, farlo capire». Intanto riapre la sezione Egizia… «Sto lavorando su un pezzo di quella collezione. Un pezzo che non dà nell’occhio, non tutti sanno cosa rappresenta. Non vi svelo ancora di quale si tratta, lo farò tra qualche mese con un libro. Per ora posso dirvi che fa parte di una storia sull’Egitto di Mosè, un racconto che parte da Napoli».

Necco con l’archeologo Manfred Korfmann a Troia durante l’ultima sua campagna di scavo

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LE VOCI DEL QUARTIERE

I napoletani “del” Museo

LUIGI tassista

Accompagno al Museo soprattutto i crocieristi. È una location che consiglio quando i turisti lasciano Pompei. Io ci sono stato solo quando ero bambino ma mi sono promesso di tornare tra poco per portare i miei figli.

studentessa

Ci passo spesso perché sono a scuola in zona. E nonostante ci sia entrata di recente, voglio tornare quanto prima per la riapertura della sezione egiziana.

CLAUDIO neodiplomato

Trascorro molto tempo in zona Museo, sono habitué della Caffetteria Pessina. Ci sono andato con la scuola l’anno scorso ma non penso di tornarci a breve. Rimasi molto colpito da alcune statue giganti.

MANUELA

GIANLUCA

ANNA

studentessa

avvocato

crowfunder specialist

Sono entrata nel museo solo con la scuola, alle elementari. La cosa che più mi è rimasta impressa sono i mosaici dell’antica Pompei. Ci vorrei tornare, magari in occasione di eventi particolari.

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GIULIA

Ho visitato l’ultima volta il Museo circa 8 anni fa e quello che più mi ha colpito fu la sezione dell’Egitto. Mi sorprese la conservazione di una mummia che aveva addirittura la capigliatura intatta. Ci vorrei tornare e magari approfittare di qualche apertura notturna.

Ho riscoperto il museo come luogo di relax e meditazione attraverso la pace e la bellezza delle opere. L’Archeologico è un piccolo grande rifugio che mi permette di viaggiare con la mente tra i paesi e le epoche e accade spesso che vada lì solo per rilassarmi a guardare le opere.


Testi raccolti da Alessandro Savoia

ASSUNTA

PIETRO

MICHELE

casalinga

dipendente pubblico

ristoratore

Abito in zona Museo ma non l’ho mai visitato. L’ho vissuto attraverso il racconto delle mie nipoti. Loro ne erano entusiaste, quindi penso di entrarci un giorno.

MAURIZIO disoccupato

Entro al Museo seguendo il richiamo dei grandi eventi. L’ultima volta ci sono entrato pochi mesi fa per il Maggio dei Monumenti. La cosa che mi ha affascinato di più è l’oggettistica egiziana.

Sono entrato qualche anno fa al Museo in occasione della bellissima mostra di Damien Hirst. Prima ci mancavo da oltre 30 anni, ci andai più volte con la scuola. Eppure ci passo davanti tutti i giorni.

CIRO in mobilità

Mi affascina l’arte e l’archeologia, quando entro nel Museo vado in trans. Nel mio locale entrano soprattutto turisti a pranzo ed ho notato che sono informatissimi, più di noi cittadini. Sarò il primo in fila per la riapertura della sezione egizia.

LUCIO ottico

Passo spesso davanti al MuLavoro nei paraggi del seo e ci venni quattro anni Museo da circa 30 anni ma, pur passandoci ogni giorno fa per un concerto. Visito regolarmente tutti i musei di davanti, ci sono entrato solo Napoli ma qui ci sono venu- ai tempi della scuola. Vorrei to tantissimo tempo fa. Dirò tornarci ma non trovo il temall’insegnante di portare qui po. Nella mia ottica passano tanti turisti per chiedermi la classe del mio bambino. del Museo. Napoli potrebbe vivere solo di turismo.

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Nelle iscrizioni antiche lingue, leggi e costumi

di Roberto Freda

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a collezione epigrafica, quella che raccoglie le antiche scritte su marmo o pietra, in varie lingue (ma anche su bronzo e oro) è stata finalmente riaperta al pubblico pochi giorni fa. Si compone di oltre duemila pezzi tra testi scritti in greco, latino, osco, e costituisce una delle più importanti raccolte epigrafiche al mondo per quantità e qualità. L’allestimento attuale è frutto del riordino curato dal Dipartimento di Studi umanisti-

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ci dell’Università Federico II. Nell’insieme sono ora fruibili dal pubblico oltre duecento documenti, alcuni particolarmente rari, e - novità di questo riallestimento - le testimonianze di aspetti della vita pubblica e privata di norma difficilmente documentabili in centri diversi da quelli vesuviani, quali i manifesti elettorali, gli annunci di giochi di gladiatori, i graffiti su intonaco,


Foto a pagina 26, 27, 28, 29 di Salvatore Granata

assieme alla raccolta di monete. Se l’epigrafia nasce con Mommsen allora le raccolte delle lapidi romane e greche del Museo archeologico nazionale di Napoli sono la pietra miliare della moderna epigrafia. All’inizio della sua carriera a volte in versi a volte accompagnati da scientifica, Mommsen già prevedeva una rozzi disegni. collezione di tutte le iscrizioni latine anIl settore è frutto di collezioni tra le più importanti del mondo, acquistate o dona- tiche conosciute, e quando pubblicò le te al museo nel corso degli anni. Il fulcro è iscrizioni del Regno di Napoli nel 1852 diela raccolta dei Farnese messa su da Fulvio de uno slancio fondamentale alla urgenza Orsini ed ereditata nel Settecento da Carlo di proteggere e di raccogliere un patrimonio immenso. III di Borbone, ed in quella Borgia, acquiNella sezione il nucleo più antico è quelstata da Ferdinando I di Borbone nel 1815 27


lo farnesiano. La collezione, ereditata da Carlo di Borbone, venne poi incrementata con altri importanti nuclei di iscrizioni: la raccolta del cardinale Stefano Borgia, formatasi in particolare nel Lazio e nell’Umbria, costituita da circa duecentosessanta iscrizioni; la raccolta di Francesco Daniele, l’erudito settecentesco appassionato di nusmismatica ed epigrafia campana, il quale riunì numerosi documenti provenienti principalmente da Capua e zone limitrofe; la raccolta di un altro grande antiquario, il vescovo Carlo Maria Rosini, composta da iscrizioni provenienti dall’area flegrea e conservata presso il seminario di San Francesco a Pozzuoli fino al 1856, anno della vendita al Museo di Napoli. Altri piccoli nuclei collezionistici entrati a far parte della collezione, per acquisto o per dono, contribuirono ad accrescere il patrimonio epigrafico: tra questi la raccolta acquistata dal canonico Andrea de Jorio (1827); le epigrafi donate da Michele Arditi, direttore del Museo di Napoli tra il 1807 ed il 1837, quelle donate dal principe di San Giorgio Spinelli nel 1853, le iscrizioni provenienti da Cuma donate da Emilio Stevens (1882-1888). Tuttavia un contributo sostanziale venne dato dai numerosi rinve28

nimenti occasionali e dagli scavi eseguiti dal Settecento ai nostri giorni in Campania e nelle regioni dell’Italia meridionale facenti parte del Regno delle Due Sicilie. Vi troviamo: iscrizioni dalla Magna Grecia e Sicilia, e da Neapolis; i documenti dell’Italia centro meridionale nei dialetti italici; i materiali relativi alle leggi ed alla romanizzazione e le iscrizioni di età romana provenienti dall’area vesuviana e da Puteoli. Sono esposte le Tavole di Eraclea, due lastre di bronzo rinvenute tra Eraclea e Metaponto, con testi in greco della fine del IV - inizi del III sec. a.C. relativi all’amministrazione di alcuni


e la lingua greca. C’è poi una significativa selezione di epigrafi italiche provenienti dall’Italia centro meridionale. Tra i documenti di rilievo sono la stele funeraria da Bellante, databile verso la metà del VI sec. a.C., con la raffigurazione stilizzata del defunto e l’iscrizione in lingua sabellica; la Tabula Veliterna della collezione Borgia, il principale documento della lingua dei Volsci (IV sec. a.C.); la Tabula Bantina (sala CLIII) da Oppido Lucano, che riporta su una faccia una legge osca del I sec. a.C. e sull’altra alcuni passi di una legge latina. Di grande importanza per la storia dell’epigrafia italica è altresì il Cippo terreni di proprietà dei santuari di Dioniso Abellano, il maggior testo in lingua osca, rinvenuto alla fine del Seiento e riutilizzato e Athena Poliade. Non meno importancome soglia di porta (l’originale si conti sono le laminette orfiche rinvenute in due sepolture del IV sec. a.C. nel territorio serva nel seminario arcivescovile di Nola, mentre al Museo è esposto un calco). Nudi Thurii, in Calabria; esse indicavano le istruzioni per condurre l’anima dei defunti, merose sono le iscrizioni osche da Pompei adepti alla dottrina misterica che si faceva che forniscono un importante contributo risalire ad Orfeo, alla destinazione finale di alla conoscenza della storia della città: tra queste la splendida meridiana dalle beatitudine eterna al termine del ciclo Terme Stabiane. Di notevole di reincarnazioni. rilievo è una particolare Una sezione parsezione, dedicata a legticolare è quella gi, decreti, documenti dedicata alla pubblici e privati che grecità di Naconsentono di compoli, una città prendere la storia di che mantenne Roma e l’espansione e difese i suoi del suo sistema stalegami con la tratuale nell’Italia antica. dizione, la cultura

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IL MUSEO PER TUTTI Fumetti, cartoon e Totò

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fumetti sbarcano al Museo archeologico di Napoli per incuriosire e avvicinare i più giovani ai suoi tesori. E lo fanno grazie alla matita dell’irpino Blasco Pisapia, uno dei disegnatori e sceneggiatori di “Topolino”, ma anche illustratore di prestigio (la sua graphic novel “Il pastore della meraviglia”, ispirata all’omonimo romanzo del parroco napoletano don Gennaro Matino, ha vinto il premio Fullcomics 2012 come miglior fumetto per ragazzi). L’autore della Disney ha ora realizzato un fumetto per bambini dedicato proprio alla riaper-

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tura della sezione egizia più antica d’Europa. L’opera sarà in vendita nel bookshop del Museo partenopeo, ma già si pensa ad una distribuzione nel circuito delle librerie. L’idea di far conoscere i tesori dell’Archeologico attraverso i fumetti nasce dal progetto-laboratorio Obvia, coordinato da Daniela Savy dell’Università Federico II di Napoli. Obvia è l’acronimo di “Out of bondaries viral art dissemination”, ovvero la “disseminazione

virale dell’arte fuori dai propri confini”, un nome che definisce già da solo finalità ed obiettivi dell’iniziativa: parlare di un’opera d’arte attraverso strumenti e protagonisti provenienti da altre arti. Fumetto innanzitutto, ma anche cartoon e letteratura. Infatti, nell’ambito dello stesso progetto, sono stati anche realizzati due cortometraggi animati prodotti da “Mad Entertainment” e realizzati da Giorgio Siravo con le musiche di Antonio Fresa. I cartoon,


LE NUOVE CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE DEL MUSEO NAZIONALE A sinistra alcune tavole del fumetto ambientato nel Mann. A destra una delle immagini della campagna social con Totò

oltre che sul sito del Mann e di Repubblicaweb, sono mandati in onda sugli schermi dell’Aeroporto di Capodichino e dei treni ad Alta velocità di Trenitalia. Proprio dalla partnership con Trenitalia è nata anche l’offerta 2x1, che permette ai viaggiatori delle Frecce Rosse in arrivo a Napoli di accedere gratuitamente alle sale del Museo archeologico nazionale. Ma è partita anche una campagna informativa sui social (ideata da Italian Zoetrope), anche questa incentrata sulla riapertura della collezione egizia, che punta anche su fotogrammi dei celebri film in costume di Totò ambientati nell’antico Egitto. Sono tutte iniziative che caratterizzano il nuovo corso impresso al Mann dal neodirettore Paolo Giulierini e

che fanno il paio con la contaminazione tra letteratura e Museo, grazie alla collaborazione con lo scrittore partenopeo Erri De Luca, sempre nell’ambito del progetto Obvia. Il romanziere, poeta e saggista ha nelle settimane scorse dato alle stampe il volume (nella pagina a lato la copertina), a tiratura limitata e numerata, “Erri per il Mann” (edito dalla Libreria Dante e Descartes), contenente due racconti intitolati “Consiglio di pellegrinaggio” e “Necessario”, in cui De Luca narra il suo profondo rapporto con il Museo archeologico e la

sua esperienza di visitatore assiduo delle collezioni d’arte custodite nel Mann. E proprio le statue del Museo archeologico nazionale hanno fatto da spunto e da modello per la narrazione dell’ultimo romanzo di Erri De Luca, “La Natura esposta” (edito da Feltrinelli), in cui il protagonista è uno scultore incaricato del restauro di una preziosa opera antica. Entrambi i libri sono stati presentati, manco a dirlo, nel settembre scorso proprio nelle sale del Museo nazionale di Napoli, nel corso di un incontro tra Erri De Luca e i visitatori. RP 31


TOMBA DEL PILOTA DI NAVE PASANESUT E SUA MOGLIE TANETMEHYT Frammento della parete. Nuovo Regno XIX-XX dinastia (1295-1069 a.C.) - Collezione Borgia


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