Il Periodico News - DICEMBRE 2016 N°111

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ve idee. Realizzò calzature innovative, che ottennero risultati eccezionali sul mercato, ma non bastava, papà era un creativo e le idee continuavano a balenare nella sua testa. Voleva aprire un punto vendita monomarca e anche qui, nonostante i tentativi di dissuasione, andò diretto per la sua strada. Diciamo che anche in questo fu un po' un pioniere, perché allora ancora nessuno aveva avuto un'idea simile". Quali furono i primi punti vendita che aprì? "Inizialmente fece degli esperimenti a Stradella e Casteggio, per rodare il sistema tecnico amministrativo della gestione dei magazzini, poiché non aveva un'esperienza diretta di tipo commerciale ma solo industriale. Negli anni 60/70 aprì il primo negozio a Milano, puntando subito in alto, in Via Montenapoleone, anche se dovette accontentarsi di una vetrina interna; ma nel giro di 4/5 anni riuscì finalmente ad aprire il suo negozio sulla via principale". L'avventura continua: le aperture successive a Roma e Firenze, poi l'estero…. "Subito dopo Milano, infatti, papà aprì altri due negozi a Roma e Firenze: il suo sogno era di posizionarsi nelle vie del lusso delle tre più importanti città italiane. Nel 1981 portò la Crisci a Parigi, l’anno successivo a New York. Una decina d’anni dopo Singapore, Tokio e Hong Kong, l’ultima apertura a Londa nel 2001". Quale fu il segreto del successo di suo padre? "L’innovazione. Un'innovazione importante di idee, sia da un punto di vista stilistico che commerciale, come l'uso del colore nella calzatura da uomo per esempio. Inoltre, un'ottima qualità dei prodotti e l'aver posto il consumatore finale al centro dell’attenzione aziendale". Tanino Crisci fu anche un grande stilista e tra i primi calzaturieri italiani che portò le scarpe sulle passerelle… "Le scarpe all'epoca non sfilavano ancora, erano i primi anni 70 quando realizzò la sua prima sfilata. Tutti i modelli indossavano un pantalone nero uguale, l'unica cosa che li contraddistingueva erano le scarpe dai colori e modelli differenti: quel giorno sulle passerelle di Firenze ottenne un successo strepitoso". Altra cosa eccezionale era la fonte di produzione. Normalmente gli industriali tendevano ad avere un proprio stabilimento per il prodotto in cui erano più specializzati e gli altri li facevano produrre altrove, ma per Tanino no. L'unica fonte di produzione restò Casteggio. "Casteggio era l'unica fonte di produzione. Per papà la nostra fabbrica doveva essere la rappresentazione di un laboratorio artigianale, anche se pur sviluppata su scala industriale. Dal Giappone e Stati Uniti venivano a Casteggio per vedere da vicino la nostra realtà lavorativa, era davvero eccezionale perché in un’unica grande struttura, c’erano tutti i tipi di produzione immaginabili". Quanti erano i dipendenti della Crisci? "Nel corso degli anni arrivarono anche a quota duecento/duecentoventi, in un secondo momento si stabilizzarono, anche per via dell’introduzione di lavorazioni diverse e, per moltissimi anni, furono circa centocinquanta. Lentamente e progressivamente si arrivò a ottanta/novanta assunzioni. La nostra non era un’azienda con un grande ricambio di personale, come si usa oggi, infatti, moltissimi dipendenti sono entrati ragazzini e sono rimasti con noi fino al pensionamento”. Come erano gestiti contratti e stipendi? "Anche nell’ambito contrattuale dei dipendenti dell'azienda papà fu un pioniere, perché, nonostante non fosse ancora un metodo utilizzato, lo stipendio della Crisci era al 100%. La busta paga comprendeva tutto: i bonus, gli straordinari, inoltre, il livello di contributi che venivano versati ai dipendenti era molto elevato. Davamo molta importanza alla qualità del prodotto e all’attenzione nell’esecuzione delle varie

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CASTEGGIO

L'entusiasmo iniziale si scontrò ben presto con la diffidenza locale. Ci racconti. "Quel periodo fu tutt'altro che semplice, per diversi anni i miei nonni incontrarono non poche difficoltà, in fondo ai tempi esistevano solo gli artigiani e nessuno si fidava di quel nuovo modo di fabbricare scarpe, ma loro non si diedero per vinti. Si trasferirono in un appartamentino, dove al pian terreno vi era uno stanzone che nonna, con molta fatica, riuscì a trasformare in uno spaccio per la vendita diretta. Tuttavia gli affari non andarono comunque come previsto e furono costretti a chiudere bottega". Un anno dopo, nel 1920, nacque suo padre Tanino… "A cavallo con l'avvento della piccola grande industria. Le produzioni in quegli anni erano alle stelle e intere famiglie di contadini, poco tempo prima restie dalla tipologia di quel lavoro, iniziarono a lavorare nelle fabbriche e il benessere era in ascesa. I miei nonni lavoravano ininterrottamente, tanto che papà era seguito quasi per tutto il giorno da una tata, la signora Sofia. In quegli anni, gli americani, decisero di cedere definitivamente il contratto del Cerutti a nonno Alfonso e il lavoro divenne sempre più intenso: bisognava assolutamente ingrandire quella fabbrica, ormai troppo piccola per la mole di lavoro che aveva. Il denaro scarseggiava e le garanzie non erano ottime, ma il nonno riuscì comunque a ottenere un finanziamento importante e, nel 1924, iniziò a costruire una nuova fabbrica. L'anno successivo erano già pronti per il trasloco. L’azienda lavorava a pieno ritmo e nonno Alfonso riuscì poco alla volta a rendere il prestito, comprarsi un'auto e prendere un appartamento in affitto per le vacanze estive a Varazze". C'è una curiosità che mi ha particolarmente colpito all’interno del racconto di suo padre. Le ferie dei dipendenti cadevano nello stesso periodo della festa patronale di Casteggio. Perchè? "Esatto. La festa patronale del paese cadeva la terza domenica di settembre, momento molto caldo per l'Oltrepò perché periodo di vendemmia. Da lì la decisione del nonno di chiudere la fabbrica per ferie proprio in quelle due settimane: i dipendenti avrebbero potuto vendemmiare senza altri impegni lavorativi e ospitare parenti e amici che giungevano da fuori. L'idea fu geniale, al punto che anche tutte le altre aziende locali adottarono l’iniziativa". Suo nonno Alfonso era un uomo di una forza incredibile: lavorava ininterrottamente tutti i giorni senza batter ciglio, con ritmi di produzione di quattrocento paia di scarpe al giorno. Purtroppo nel 1937, all'età di sessant’anni, morì per un "brutto male" come lo chiamavano allora. "Scomparso il nonno l'azienda subì una forte crisi. La nonna era comunque una persona forte e combattiva e, nonostante il grande dolore, non avrebbe mai gettato la spugna. Infatti, non si diede per vinta e portò avanti il lavoro del marito da sola, con un carico di difficoltà non indifferente". Siamo negli anni della guerra e dei primi segnali di crisi. Cosa successe alla sua famiglia? "Papà partì per il fronte e ci rimase sei lunghi anni. Al suo ritorno della fabbrica era rimasto poco e niente. Aveva solo ventiquattro anni e sapeva ben poco di scarpe, ma si rimboccò le maniche e proseguì quello che suo papà aveva iniziato e che la mamma aveva tenuto in piedi negli ultimi anni. Il marchio Comfort, nonostante fosse quello coniato dal papà, era assolutamente da cambiare, c'era bisogno di una vera rivoluzione, di un cambiamento radicale". Da qui l'idea della firma con nome e cognome per esteso: un grande rischio e una novità assoluta che ancora nessuno aveva avuto in quei tempi "In molti cercarono di dissuadere papà da quest'idea troppo rivoluzionaria, ma lui ormai aveva deciso e non c’era niente e nessuno che avrebbe potuto fermarlo. Da lì in poi fu un susseguirsi di successi e nuo-

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Alfonso Crisci mansioni, per questo motivo eravamo propensi a dare qualcosa in più al dipendente, rispetto a quello che era il livello standard previsto dal contratto”. I suoi nonni inizialmente fecero molta fatica a inserirsi nella realtà oltrepadana. Tuttavia la Crisci portò in giro per il mondo non solo il suo marchio, ma anche il nome della città di Casteggio. Come l'hanno vissuta secondo lei i casteggiani questa cosa? "Nonostante la freddezza iniziale, i nostri compaesani impararono ad apprezzare l'operosità della mia famiglia, tanto che nei momenti bui, la nonna trovò grande aiuto e solidarietà da tutta la cittadinanza. Da parte nostra abbiamo sempre portato orgogliosamente il nome di Casteggio nel mondo, ci tenevamo a far sapere che la produzione Tanino Crisci fosse solo ed esclusivamente casteggiana". Nel 2007 la decisione di cedere la Crisci. Ce ne vuole parlare? "A Casteggio siamo sempre stati benissimo, ma una problematica seria, legata all'odore molto fastidioso che invadeva la zona nord est del paese, ci portò a fare una riflessione importante. Diverse persone, tra cui il sottoscritto, erano diventate intolleranti alle sostanze che giravano nell’aria e il livello della salute non era più garantito. Fu così che, pian piano, per ovvi motivi, decisi di cedere l’azienda". E poi che accadde? "Sfortunata fu la cessione. Il gruppo che rilevò la nostra azienda aveva un progetto molto buono sulla carta, che prevedeva l’unificazione di diverse industrie del settore pelle, al fine di formare una sola azienda e inserirla nelle grandi realtà dei marchi internazionali. Purtroppo la crisi finanziaria del 2008 fece vacillare l'intero gruppo, (ma non la nostra azienda che era un orologio svizzero e in perfetto bilanciamento di costi e ricavi), il quale non riuscì a resistere all'impatto e finì per coinvolgere tutte le aziende rilevate, compresa la nostra. Tutto questo fu per noi molto doloroso, la nostra era un'azienda di famiglia, l'avevamo ceduta con l'idea di farla sviluppare e quello che accadde fu terribile. A fine 2010 la Tanino Crisci cessò definitivamente di esistere". Suo padre, nonostante la vita travagliata, riuscì ad ottenere un successo strepitoso. Le ha mai fatto una confessione riguardo questa grande avventura? "La considerava una bella storia italiana, mi diceva sempre che si era divertito tanto, che era grato ai collaboratori e agli amici che avevano lavorato con lui in tutto quel tempo, che era riuscito ad assecondare le sue passioni, la sua creatività e che il lavoro non gli era pesato, nonostante la mole non indifferente".


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