agricoltura e alimentazione nell’economia dell’identità
di Dario Cartabellotta
Dirigente Generale del Dipartimento Agricoltura Regione Siciliana
L’agricoltura produce CIBO e va coniugata con la SOVRANITÀ ALIMENTARE, il diritto dei popoli ad alimenti sani, culturalmente appropriati, prodotti attraverso metodi sostenibili, in forza di un diritto universale di definire i propri sistemi agricoli e alimentari.
della domanda di cibo dei turisti internazionali.
ASSESSORATO REGIONALE
DELL’AGRICOLTURA
SVILUPPO RURALE
DELLA PESCA
DIPARTIMENTO REGIONALE
DELL’AGRICOLTURA
A fronte dei fenomeni di esodo rurale, dissesto idrogeologico, perdita di biodiversità, desertificazione delle aree interne, marginalizzazione degli agricoltori degli ultimi decenni, L’AGRICOLTURA va oggi considerata come risorsa per lo sviluppo, il reddito e l’occupazione.
La Sicilia è un laboratorio nel quale prodotti autoctoni e importati si contaminano, attraverso diverse stratificazioni storiche e culturali, senza soluzione di continuità, mantenendo una innegabile e irripetibile originalità.
Il sistema agricolo, agroalimentare e agrituristico della Sicilia è un sistema economico basato su prodotti di qualità, valore aggiunto e relazioni virtuose tra turismo, enogastronomia ed export.
L’impatto della pandemia da COVID-19 e del conflitto Russia-Ucraina ha determinato la riduzione della domanda agroalimentare del canale Ho. Re. Ca. (hotel, ristoranti e catering) e
In questo scenario difficile si è inserito il RIALZO DEI PREZZI DI MATERIE PRIME ED ENERGIA, che sta mettendo seriamente a rischio la realizzazione degli investimenti e il normale funzionamento delle aziende agricole. Il conflitto Russia-Ucraina ha sconvolto gli equilibri economico-sociali mondiali nel momento in cui l’Europa (e l’Italia) stanno varando una nuova Politica Agricola Comunitaria che vuole coniugare gli obiettivi del sistema agroalimentare (FARM TO FORK) con pressanti impegni per gli agricoltori in favore della sostenibilità ambientale (GREEN DEAL).
Non possiamo sconfessare la strategia verde, perché aria, acqua e suolo continuano a manifestare segnali di sofferenza allarmanti, ma sicuramente dobbiamo mettere al centro l’agricoltore e l’autoapprovvigionamento alimentare e quello energetico.
Per decenni infatti è stato sostenuto un Made in Italy fatto con materie prime straniere, a discapito degli agricoltori che non sono stati remunerati con il giusto prezzo (grano, latte, carne, pomodoro, etc).
In nome della libera concorrenza internazionale sono stati frenati gli Accordi di filiera che la legislazione comunitaria, nazionale e regionale hanno “tentato” di introdurre, e l’Italia si trova oggi deficitaria rispetto ai fabbisogni di cibo.
LA POLITICA AGRICOLA HA BISOGNO DI CAMBIARE ROTTA E TRACCIARE UN NUOVO PERCORSO:
• aumentare la produzione interna di cereali, proteine vegetali e oleaginose con contratti di filiera che tengano conto dei reali costi di produzione sostenuti dagli agricoltori per evitare che producendo in perdita abbandonino l’attività con ripercussioni economiche, ambientali e sociali;
• premiare le attività di produzione e di trasformazione nelle aree marginali e interne, dove gli ettari disponibili sono tanti ma a basso rendimento per cui richiedono incentivi e premi;
• mettere in campo una rete capillare di innovazione, ricerca e consulenza professionale (come fatto negli Anni ‘90 con la divulgazione agricola) a disposizione delle aziende agricole per accompagnare gli imprenditori verso i nuovi modelli produttivi della transizione ecologica.
LA REGIONE SICILIANA
HA ORIENTATO LO SVILUPPO RURALE NELLE SEGUENTI DIREZIONI:
• rafforzare il ruolo dell’agricoltore indirizzando direttamente le risorse comunitarie a sostegno delle produzioni agricole regionali;
• valorizzare le produzioni agroalimentari siciliane verso i prodotti con valore ambientale (BIOLOGICO), territoriale (DOPIGP), culturale-antropologico (Savoir Faire, concetti storici, antichi, tradizionali, eroici, pratiche locali tradizionali, arte
bianca, etc.) e differenziando e caratterizzando le produzioni in termini di qualità e di legami alla zona di produzione;
• tutelare la salute dei consumatori, contrastare la contraffazione, la sofisticazione alimentare e l’agropirateria e salvaguardare le produzioni agricole siciliane;
• valorizzazione ecologica del VERDE MEDITERRANEO: olivo, vite, agrumi hanno un’efficienza fotosintetica eccezionale e superiore rispetto agli ecosistemi forestali e quindi rispondono agli obiettivi di AGENDA 2030;
• valorizzazione della biodiversità agricola della Sicilia
strategica per il mercato (piace ai consumatori) e per la “transizione ecologica” verso modelli colturali agroecologici ed economia circolare;
• lancio della BANCA DELLA TERRA per i giovani agricoltori;
• migliorare il rapporto con gli utenti attraverso la digitalizzazione (progetto QUADRIFOGLIO);
• sostenere LA ZOOTECNIA
DI SICILIA perché l’allevatore
è l’unico agricoltore che vive 365 giorni l’anno in campagna: “non c’è sviluppo rurale senza zootecnia”.
INDICE
PAGINA
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SICILIA, IL SEGRETO DELLA FELICITÀ
LEGENDA
CAPITOLO 1
Gli antichi grani siciliani: come nasce un fenomeno unico in Europa
Introduzione: LA SICILIA NEL MITO DI CERERE
• Butera (CL) - AZIENDA AGRICOLA FONTANAZZA
• Corleone (PA) - ANTICA MASSERIA CORLEONE FEUDO NICOLOSI BIFARERA
• Marianopoli (CL) - AZIENDA AGRICOLA GIOIA FRANCESCA PAOLA
• Marineo (PA) - LO FASO
• Valledolmo (PA) - PASTIFICIO VALLOLMO – AZIENDA MOLINORO
• SUA SANTITÀ IL PANE
CAPITOLO 2
Dalla canapa ai frutti tropicali: la Sicilia che non ti aspetti
Introduzione: LA SICILIA INASPETTATA
• Calatafimi (TP) - AZIENDA AGRICOLA PAPA
• Carlentini (SR) - AZIENDA AGRICOLA VALENZIANI / JUSTYNA PODLASKA
• Maniace (CT) - VALENTI
• Marianopoli (CL) - ARKANIA
• Modica (RG) - AZIENDA FLOROVIVAISTICA PALAZZOLO GIORGIO
• Partanna (TP) - TENUTE CARACCI
• Petralia Sottana (PA) - AZIENDA AGRICOLA KIBBO’
• Rocca di Caprileone (ME) - MARUMANGO
CAPITOLO 3
La biodiversità come motore di sviluppo
Introduzione: LA RICCHEZZA DELLA BIODIVERSITÀ
• Alcamo (TP) - SOCIETÀ AGRICOLA IL FRUTTETO/ SOCIETÀ AGRICOLA NATURA AMICA
• Alia (PA) - OFFICINALIA AGROLAB
• Bronte (CT) - PISTÌ
• Castelbuono (PA) - AGRITURISMO BERGI
• Marina di Ragusa (RG) - AZIENDA AGRICOLA CARUSO JOENA
• Motta d'Affermo (ME) - CUVA
• Noto (SR) - AGRITURISMO STALLAINI
• Rosolini (SR) - AZIENDA ARUCI
• Sant'Agata di Militello (ME) - IRIAS
• Scicli (RG) - AZIENDA AGRICOLA GLI AROMI
papillon - Speciale Sicilia
• Scillato (PA) - TERRE DI CARUSI
• Sortino (SR) - AZIENDA AGRICOLA SALEMI PINA
CAPITOLO 4
L'olio e il vino come fenomeni di turismo
Introduzione: OLIO E VINO, IDENTITÀ MEDITERRANEA
• Avola (SR) - IUTA FARM
• Biancavilla (CT) - PODERE DELL’ETNA SEGRETA
• Buccheri (SR) - AZIENDA AGRICOLA AGRESTIS
• Castellammare del Golfo (TP) - AZIENDA AGRICOLA MAGADDINO
• Castelvetrano (TP) - CENTONZE
• Castiglione di Sicilia (CT) - SORELLE ZUMBO
• Enna - BAGLIO POLLICARINI
• Partanna (TP) - CALISSENE
• Partinico (PA) - COOPERATIVA CASALE DI CAMPO
• Poggioreale (TP) - TERRE GARCIA
• Salina (ME) - FENECH
• LA GEOGRAFIA DELLA SICILIA DEL VINO
CAPITOLO 5
I giardini delle arance e lo spettacolo degli agrumeti
Introduzione: QUEI GIARDINI DALL’ORIENTE
• Grammichele (CT) - AMICI DELLE ARANCE
• Grammichele (CT) - AZIENDA AGRICOLA FILOMENA
• Grammichele (CT) - GIORLANDO
• Ribera (AG) - PARLAPIANO FRUIT
• Siracusa - CAMPISI
• IL GIARDINO DELLE ARANCE NELLA VALLE DEI TEMPLI
CAPITOLO 6
I formaggi e le carni nel cuore della Sicilia Introduzione: I FORMAGGI DI POLIFEMO NEL MONDO
• Alia (PA) - VILLA DAFNE
(EN) - AZIENDA MULINELLO
Castellammare del Golfo (TP) - CASEIFICIO VALENTI
Contessa Entellina (PA) - FEUDO POLLICHINO
- AZIENDA AGRICOLA PISCOPO
Marsala (TP) - IMPICCICHÈ
Mistretta (ME) - FIORIGLIO
(TP) - CUCCHIARA
DI SVILUPPO RURALE: COS'È
L’AGRICOLTURA DIVENTA SOSTENIBILE
SICILIA, il segreto della felicità
È
stato un lavoro a dir poco entusia smante quello che viene racchiuso in questo numero speciale di Papillon che esce in contemporanea con Golo saria, una manifestazione che si tiene a Milano da 17 anni, e che nel tempo è diventata un laboratorio di idee oltre ché di valorizzazione delle produzioni artigianali alimentari italiane.
Ora, dico entusiasmante, perché ci ha riportati a solcare le strade di questa terra baciata dal sole che espri me felicità, anche solo nella concen trazione sensoriale dei prodotti della terra. Il mio personale entusiasmo, che da 25 anni riporto sulle pagine de IlGolosario, è quello di vedere come la tradizione di una terra antica riesce continuamente a diventare contempo
di Paolo Massobrioranea. E vi riesce grazie a due fattori non secondari: l’iniziativa delle nuove generazioni che abbracciano l’agri coltura, ma anche la trasformazione agroalimentare e poi l’ente pubblico, in questo caso l'Assessorato Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca mediterraneaDipartimento dell'Agricoltura che con intelligenza riesce ad accompagnare quello che è uno sviluppo a tutto tondo secondo altri elementi di contempora neità, dove la sostenibilità sta al primo posto, per non parlare di clamorose iniziative come quella della Banca della Terra.
C
ontemporaneo, dunque, significa capace di interpretare con esat tezza il termine tradizione, ossia trarre dal passato ciò che può interessare l’oggi. E oggi, lo abbiamo visto negli anni recenti, c’è un grande bisogno di verità circa il tema alimentare, perché il nostro Paese e la Sicilia in particolare non sopportano in alcuna maniera l’o mologazione del gusto.
O
ra, sfogliando queste pagine e le storie delle aziende che sono state visitate e intervistate, la prima sensa zione che si prova è di una ricchezza di biodiversità che è stata salvata, tanto che alcuni prodotti siciliani oggi sono l’avanguardia. Cito, uno fra tutti, il gra no, o meglio i grani antichi di questa re gione che hanno destato un interesse crescente fra panificatori, pasticcieri, ristoratori di tutta Italia. Nessuno si sarebbe mai aspettato che un prodot to, considerato una commodity, diven tasse un elemento di Distinzione.
Equi giungiamo alla prima parola chiave di questo lavoro che è anche il tema di Golosaria Milano: il Gusto della Distinzione. La Sicilia, di fatto, è distinzione qualitativa, ma non solo nell’accezione edonista quanto piut tosto in quella più ampia che tiene conto della sostenibilità in tutti campi, oggetto del progetto che ha sviluppato questo percorso.
Le cinquanta storie che seguono sono dunque, ognuna, un esem pio di distinzione che ha radici in una storia unica, profonda, fatta di secoli di empirismo, e poi di trasformazione nel modo di lavorare, con lo sguardo sempre rivolto a traghettare ciò che il passato ci ha lasciato, in termini di biodiversità.
Tuttavia la seconda parola, mutuata sempre da un’edizione di Golosaria (quella del 2021) è Colleganza, ossia l’alleanza fra colleghi che insieme si pongono un obiettivo comune. Ecco, questo numero speciale di Papillon mette perfettamente in risalto cosa significa, perché già la copertina rap presenta un mosaico di volti e prodotti che raccontano insieme, in maniera clamorosa, il valore di un territorio su cui ancora c’è molto da scommettere.
La Sicilia da questo punto di vista è stata protagonista di veri e propri fenomeni se pensiamo solo agli inve stimenti nel territorio dell’Etna, che in poco tempo è diventato un’area del vino di interesse internazionale. Lo stesso si potrebbe dire degli agrumi, dei formaggi e anche di quella zootec nia che – come scrive il Direttore Gene rale Dario Cartabellotta – è un tassello essenziale nella filiera agricola di una regione e di una nazione.
I l messaggio che dunque è possibile trarre da questo lavoro, giunge diret tamente sulle tavole, perché è evidente che stiamo parlando di una realtà ali mentare che riguarda la nostra salute.
Q
uell’agricoltura che si sviluppa sui binari descritti nelle pagine a se guire rappresenta un toccasana che può alzare a buon diritto la bandiera della Dieta mediterranea, bene imma teriale dell’Umanità. Ma proprio questo ha a che fare con la felicità, che si rag giunge grazie a un benessere alimen tare che in Sicilia trova un laboratorio a cielo aperto ricco di tutte le variabili alimentari di cui il nostro fisico ha bi sogno.
Non resta che leggere e prendere contatto con queste realtà, mentre a me resta un grande ringraziamento al Dipartimento dell'Agricoltura della Regione Siciliana per avermi spronato, insieme a Fabio Molinari e agli altri col laboratori, a rendere questa ricchezza un racconto che sembra infinito.
LEGENDA
Papillon Speciale Sicilia nasce con l'intento di raccontare come sta evolvendo l'agri coltura siciliana grazie anche a un'ampia serie di servizi che le aziende agricole sono in grado di fornire e che spaziano dalla proposta di turismo esperienziale all'offerta di ristorazione e ospitalità.
Una serie di servizi che abbiamo riassunto graficamente in quattro simboli principali. indica la possibilità di fare acquisti in loco, all'interno di un corner aziendale oppure di un vero e proprio showroom. Talvolta, a questa offerta, sono anche connessi servizi ulteriori come tour in azienda e degustazioni guidate
indica la possibilità di effettuare ordini tramite la rete, sia attraverso un vero e proprio servizio di e commerce sia attraverso social e posta elet tronica, a cui farà seguito la spedizione al proprio domicilio
indica un’offerta ristorativa aperta verso l’esterno che può essere settimanale o concentrata solo nel weekend, a menu fisso o variabile
indica la possibilità di pernottamento per un periodo più o meno lungo dato che molte strutture offrono soluzioni sia per singole notti sia per periodi settimanali anche in base alla stagione
Di ogni realtà abbiamo riportato il comune così da permettere ai lettori di costruire un proprio itinerario tra le realtà di loro interesse.
Dato che la disponibilità dei servizi varia anche in base alla stagione e alle esigenze produttive e che l'offerta di ogni realtà è in continuo ampliamento, è sempre racco mandato un contatto precedente la visita.
LA SICILIA NEL MITO DI CERERE
Nel quinto libro delle Metamorfosi, Ovidio racconta il ratto di Proserpina, figlia di Giove e di Cerere, la dea che ha donato alla Sicilia la coltura del grano e le leggi che la regolano. Plutone, dio degli inferi, rapisce la giovane dea, intenta a racco gliere fiori in riva al lago di Pergusa, nei pressi di Enna, trascinandola negli abissi del Tartaro. Cerere, disperata, dopo averla cercata ovunque senza successo, di strugge i campi di grano. Per porre fine allo scontro, interviene Giove stabilendo che Proserpina resti per sei mesi con il marito negli inferi e per sei mesi con la madre sulla terra, periodo felice in cui il grano torna a crescere. Questo mito, che spiega l’alternarsi delle stagioni, testimonia anche il legame ancestrale dell’isola con i cereali, lo stesso che ancora oggi caratterizza alcune feste rurali come la sagra delle spighe di Gangi (Pa). Non è un caso, infatti, che prima i Greci e poi i Romani trasformarono l’Isola a granaio dell’Impero, costrin gendola a una monocoltura che ne ha contraddistinto l’agricoltura per tutta la sua storia (solo gli Arabi diversificarono il panorama produttivo inserendo nuove colture). Sotto la dominazione normanna fu istituito il feudalesimo, che incre mentò il latifondismo. La prima importante svolta avvenne nel 1812 con l’aboli zione dei privilegi feudali, ma fu solo la redistribuzione delle terre avvenuta nel Dopoguerra a mutare in modo netto il quadro agricolo siciliano. Per due millenni il panorama geografico dell’isola, fatto di distese di terra im pastate col grano, non mutò, così come le tecniche agricole rimasero arcaiche, del tutto simili a quelle utilizzate fin dai tempi di Columella, come testimonia nel 1876 il geografo francese Élisée Reclus.
“I siciliani non hanno dimenticato le lezioni di Demeter, poiché il suolo dell’isola per più che la metà è coltivato a cereali, ma convien dire che non han guari migliorato il sistema di coltura dalla Dea insegnato in epoche favolose. […] Quasi tutti gli strumenti sono di forma primitiva, i concimi sono poco adoperati e dopo che il seme è nella terra, il contadino lascia la cura del campo alla buona natura”. Un patrimonio di storia e conoscenza che oggi si riflette direttamente in un patri monio di ecotipi locali che non ha eguali in Italia e nel mondo, e va sotto il nome di antichi grani siciliani.
Si tratta di 52 varietà che il Ministero delle politiche agricole alimentari e fore stali ha inserito dal 2018 nel Registro Nazionale delle varietà da conservazione di specie agrarie e delle specie ortive. Si tratta per la maggior parte di grani duri, di cui fanno parte alcune varietà che hanno già conquistato una certa fama ben al di fuori della Sicilia come Timilia, Biancolilla, Perciasacchi e Russello oltre al tenero Maiorca.
I grani antichi imparano a volare
È il 1877 quando Salvatore Fontanazza acquista dal principe Lanza di Scalea il feudo sito in agro di Butera. Si tratta di una decisione importante per chi, come Salvatore, doveva percorrere a cavallo gli oltre cinquanta chilometri che separava no questa zona dall’originaria proprietà di Calascibetta, al centro dell’isola. Bu tera offre però terreni collinari che, dal punto di vista climatico, risultano perfet ti per diversificare le colture, inauguran do un indirizzo che diventerà nei decenni la forza dell’azienda. Oggi, infatti, l’azien da agricola Fontanazza lega proprio alla biodiversità, esaltata anche dalla scelta del biologico, la sua eccellenza. Attualmente vengono coltivate tre va rietà di grani antichi (due duri e uno te nero) che sono rispettivamente Timilia, Perciasacchi e Maiorca. L’offerta si è ar ricchita con la coltivazione di numerose varietà di pesche, nettarine, albicocche, uve da mosto, olive da olio, mandorli, kaki mela e leguminose. Tra queste, spicca la pesca di Delia che può giovarsi della marcata escursione termica che carat terizza l’area. Un’agricoltura multifunzio nale che ha una storia antica e un’anima moderna: negli anni la tecnologia è en trata sempre di più nei campi con il mi glioramento degli impianti di irrigazione attraverso tecniche di microirrigazione che garantiscono anche un importante risparmio idrico, gestione delle infe stanti tramite meccanizzazione, utilizzo dei droni per monitorare da lontano e dall’alto le condizioni dei campi coltivati
AZIENDA AGRICOLA FONTANAZZA
Butera
(difficilmente accessibili in alcuni periodi dell’anno) per verificare l’andamento del ciclo fisiologico della coltura, l’eventuale presenza di zone con problematiche qua li, per esempio, fitopatologie o carenze nutrizionali, o ancora una rottura dell’im pianto di irrigazione. Una scelta che guarda al futuro e coin cide con l’arrivo in azienda delle sorelle Stefania, agronoma, e Daniela, inge gnere gestionale, che hanno deciso di mettere a frutto nei loro terreni studi e passioni. L’azienda agricola Fontanazza ha accelerato il proprio percorso di mo dernizzazione sul sentiero della sostenibilità, grazie anche all’inserimento di nidi artificiali per gli insetti, utili alla creazio ne di zone “riserva” non alterate dall’a zione umana per il ripopolamento della flora spontanea e della fauna endemica e all’introduzione stabile di arnie con fami glie della specie autoctona dell’Ape Nera Sicula per l’impollinazione delle piante da frutto. Contemporaneamente è stata strutturata la chiusura della filiera con la trasformazione dei grani antichi in farine e quindi in pasta integrale, ma anche con l’offerta di prodotti gluten free come la pasta proteica di ceci, le farine di legu mi, le creme di mandorle e i biscotti. Un progetto nato cinque anni fa e capace di svilupparsi attraverso nuovi canali di vendita, anzitutto il web con l’e-commer ce e i GAS, ma anche attraverso i corsi che permettono a Stefania e Daniela di dimostrare sul campo il miglior impiego dei loro prodotti.
L’agricoltura retroinnovativa di Clelia
La Sicilia conserva il 25% della biodiver sità europea. Clelia Panci, agroingegnere con le radici saldamente ancorate a Cor leone, sa bene che in questa percentuale è nascosto un tesoro, da riscoprire con le tecnologie e le tecniche moderne. La pro prietà, spiega, fa parte di un antico feudo e si tramanda in famiglia dal 1625. Negli anni ha avuto indirizzi diversi, dalla zoo tecnia alla cerealicoltura, che è sempre stata il vero e proprio fiore all’occhiello. Già a inizio secolo Feudo Bifarera era una delle tre sedi della società consortile di agricoltura siciliana che si occupava di ricerca sulle sementi. Qui erano coltivate diverse varietà di grano tra cui la Paola, nome così registrato dai genetisti in omaggio alla padrona di casa, la trisavola Paola. Per tradizione, questo nome passa alle primogenite di casa, come a testimo niare un fil rouge che nei secoli lega le donne di famiglia all’agricoltura. Clelia ha voluto mettere a frutto il suo percorso di studi anche puntando sul rilancio di que sta varietà, Paola, che definisce “un gra no duro dal cuore tenero”, ideale non solo per le farine e la pasta, ma anche per i dolci. Oggi, le farine di questa varietà ma cinate a pietra sono la base di una pasta trafilata in bronzo a lenta essiccazione, prodotta anche in un particolare formato, inventato da Clelia, che porta il suo nome: Le Clelie di Paola Feudo Bifarera è specchio di un modo più ampio di concepire l’agricoltura che è recupero e innovazione al tempo stesso. Oltre ai cereali tradizionali, an
che nelle varietà Timilia, Perciasacchi, Russello, coltiva riso Selenio nella zona di San Giuseppe Jato, dove già gli Arabi lo coltivavano in asciutto proprio per ri spondere all’esigenza di risparmio idrico che riguarda tutta l’agricoltura sicilia na. Un processo per certi versi simile al pomodoro siccagno di Corleone, che sta cercando di recuperare, capace di crescere con la metodologia siccagna, quindi senza necessità di irrigazione se non di soccorso. Nella storia però i feudi siciliani hanno sempre avuto al loro in terno una molteplicità di produzioni che sta lentamente riscoprendo: produzione di olio extravergine di oliva da piante secolari di Nebba, una varietà che fa sempre parte della Nocellara del Belice e che già usavano gli Arabi, ma anche at traverso un nuovo impianto con Nocella ra del Belice, Biancolilla e Piccionara. Poi ci sono le erbe officinali, la funghera per il cardoncello, un frutteto impiegato per lo più a scopo didattico con uva spina, sorbo e pere d’inverno.
Per dare spazio all’accoglienza ha rea lizzato un piccolo agriturismo che può contare sull’acqua termale che sgorga dal sottosuolo. Poi ci sono le Api Nere Sicule e i cavalli: un tempo si diceva che qui ci fossero “più cavalli che mucche che mosche”. Un tempo c’erano anche i bovini di razza Cinisara e addirittura le piantagioni di mandorle per i confetti.
L’agricoltura retroinnovativa di Clelia può ancora contare su molto terreno da lavorare.
ANTICA MASSERIA CORLEONE – FEUDO NICOLOSI BIFARERA
L’oasi nel deserto
Marianopoli fa parte di quella Sicilia di una bellezza straordinaria e ancora in parte da scoprire. Siamo nel centro esatto dell’isola, a metà strada tra Tra pani e Catania, in un paese a oltre sette cento metri slm da cui si gode una vista mozzafiato su tutto il Vallone, fino alle Madonie, la piana del Belice, il castello di Mussomeli. Intorno, le serre di Maria nopoli, un tempo usate anche come ca lendario astronomico per la mietitura e le rovine dell’antica Mytistraton da dove provengono le collezioni ospitate nel lo cale museo archeologico, vero e proprio gioiello con reperti sicani e influenza mi noica con figure zoomorfe, apprezzato anche dal grande archeologo Sebastia no Tusa. Marianopoli proprio per la sua posizione isolata è rimasta un’oasi della cultura indigena che Francesca Paola vuole valorizzare nel suo agricampeggio. Di famiglia storicamente legata all’agricoltura, nelle sue strutture in co struzione, ha deciso di puntare sui grani antichi e in particolare su un grano, il
Gioia, che si associa con ogni probabilità alla sua famiglia. L’altra passione è quel la per la Pecora Barbaresca: il bisnonno Cosimo, Ufficiale Veterinario dell’eser cito, fu uno dei fautori del suo sviluppo. Il suo agricampeggio, oltre a essere un luogo magnifico, con la possibilità di go dere di una ristorazione del territorio, di un’area piscina immersa tra gli ulivi, spazi bungalow, spazi camper, area per le tende, glamping tra gli ulivi e di una vista con pochi eguali, vuole essere anzi tutto la valorizzazione di questa storia.
Francesca Paola Gioia ha 32 anni, studi di Scienze Politiche e Relazioni interna zionali, una specializzazione in Bocconi, e oggi la consapevolezza che agricoltu ra, storia e territorio possono diventare un volano per la Sicilia dell’interno. Per lei il Programma di Sviluppo Rurale è stato un modo per creare un’oasi in quello che, per lo spopolamento e l’ab bandono, stava diventando un deserto. Per farlo ritornare un giardino com’era ai tempi dell’antica Mytistraton.
L’uovo di Marco
Da Marineo nei giorni di cielo terso si può scorgere il mare. Eppure qui, all’ombra della rocca, a dominare il paesaggio sono ancora i campi di grano, segno di un’agri coltura che ha fatto di queste terre il vero e proprio granaio di Palermo. La famiglia Lo Faso è da sempre dedita all’agricoltu ra e all’allevamento, ma la crisi dei cereali e del latte li ha portati a cambiare strada. Giovanni decide di puntare sui grani au toctoni siciliani e sugli animali di bassa corte, come le galline. Il figlio Marco si appassiona agli avicoli. Insieme trovano l’uovo di Colombo che, in questo caso, è rappresentato da un allevamento dove gli animali possono essere nutriti attra verso le coltivazioni aziendali che a loro volta sono frutto di un attento recupero del patrimonio cerealicolo dell’isola. Le galline passano in pochi anni da un cen tinaio a più di duemila. Soprattutto Marco si appassiona delle antiche razze isolane, fin da piccolo, quando ricorda la cura della nonna per questi animali capaci di dare sostentamento alla famiglia: “La nonna teneva la chioccia all’interno dell’arma dio” scherza, per sottolineare quanto fosse preziosa. Così la risposta alla crisi non poteva che passare da quell’animale
così prezioso e nel contempo così legato alla storia dell’isola. La Cornuta di Sicilia, forse la razza più antica d’Europa e una tra le poche con la cresta a forma di cor netti. O la Coronata, conosciuta in Sicilia anche come cresta a coppa o perniciana per questa sua colorazione ancestrale che ricorda il piumaggio della pernice. O ancora la Valplatani, che si distingue per il particolare piumaggio, che in alcuni esemplari assume toni quasi argentati, e per l’indole selvaggia che la porta ad adattarsi perfettamente allo stato brado.
Tre razze capaci di fornire ottime uova, dalla colorazione bianca, ma anche of frire carni gustose, che amano le lunghe cotture. “Spesso gli allevatori – spiega Marco – non sapevano nemmeno di aver le. Erano semplicemente galline nostra ne”. Per questo il lavoro di allevamento è partito da una cernita degli animali su perstiti, con la selezione dei riproduttori per ricostruire il patrimonio genetico. Si è aggiunto il lavoro sull’alimentazione degli animali, che si basa su quanto coltivato in azienda, su quei grani che, come le galline, sanno adattarsi meglio alle condizioni di temperatura e terreno. Sono popolazioni iscritte al Registro Nazionale delle Varie tà da Conservazione, e vengono mante nute in purezza. Il loro Perciasacchi, al 100% o con una piccola percentuale di Timilia, viene macinato a pietra e lavo rato in un pastificio artigianale di Modica con trafile in bronzo per ottenere pasta in diversi formati. Grani e galline, il cuore dell’azienda agricola di un tempo li proiet ta già nel futuro.
AZIENDA AGRICOLA LO FASO
MolinOro e Vallolmo, dai semi alla pasta
Siamo a Valledolmo, piccolo centro agricolo a 50 chilometri a sud di Ter mini Imerese. Cinquanta chilometri che segnano però due modi completamente diversi di concepire una regione, da un lato il porto e l’industria e, dall’altro, di stese cerealicole che, per decenni, sono sembrate destinate allo spopolamento. Invece, quella che sembrava una storia già scritta, è continuata in modo del tut to opposto e per molti versi inaspettato, grazie anche a realtà come il Pastificio Vallolmo e la conseguente chiusura di una filiera che ha portato sul territorio risorse e lavoro, tutelando la biodiversi tà. Lo sa bene Tommaso Miceli, 33 anni, ingegnere edile che ha deciso di dedicarsi ai cereali e alla loro valorizzazione. Per leggere il primo capitolo di questa storia, però, bisogna tornare indietro di almeno tre decenni, quando un gruppo di cinque soci crea la Cooperativa Nuovo Orizzon te con il sementificio che permetterà di produrre grani duri selezionati. Su questa base agricola, che si avvale anche di circa 150 conferitori sui territori di Valledolmo, Alia, Vallelunga e Sclafani, si sviluppa un
PASTIFICIO
sistema di tracciabilità totale che inclu derà successivamente il molino e il pasti ficio. E qui veniamo a oggi, con l’interven to di Tommaso Miceli che, grazie anche ai finanziamenti ricevuti dal Programma di Sviluppo Rurale Sicilia 2014/2020, riesce a realizzare il molino semiartigianale Mo linOro prima e, quindi il pastificio Vallol mo, arrivando così a chiudere la filiera dal seme alla tavola. Il primo ingrediente è “il grano”: la qualità della materia prima è garantita da una semina autunnale, in un areale tra i 300 e 700 metri di altezza. La semina avviene preferibilmente dopo l’arrivo delle prime piogge. Tra le varietà spiccano quelle antiche come Perciasac chi, Russello, Tumminia. Segue poi la fase di lavorazione monitorata da MolinOro che controlla rigorosamente le diverse fasi del ciclo produttivo. La produzione avviene in maniera semiartigianale con basse velocità di esercizio per conserva re le qualità organolettiche del grano. Nasce così, dal connubio tra grano sicilia no e acqua del Parco delle Madonie, la pasta Vallolmo, ruvida e gustosa, con alto valore proteico (mai inferiore al 12,5%), lasciata essiccare a bassa temperatura. Le linee prodotte attualmente sono tre (convenzionale, biologica e integrale) per un totale di 32 differenti formati. La richiesta è importante sia sul mercato nazionale sia su quello internazionale, dall’Europa agli Stati Uniti, segnando una strada di sviluppo che trova nel DNA del grano siciliano e nella passione dei giova ni imprenditori la sua forza propulsiva.
SUA SANTITÀ IL PANE
Nella storia del grano e del pane si possono leggere i passaggi che hanno forgiato la geografia culturale e sociale dell’isola, la sua bellezza profonda, le sue contraddizioni. Il pane è, qui in maniera assoluta, intrinsecamente polisemico, alimento e simbolo, segno e concretezza.
“Li peni pi lu pani nun su peni, li veri peni su senza pani”
è un proverbio popolare che indica come la fatica per procurarsi il pane non sia una pena, ma la vera pena incominci quando il pane manca. Il pane è sacro e non solo per il rito dell’Eucarestia o le altre feste religiose che prevedevano (e prevedono tuttora) particolari pani speciali. Giuseppe Pitrè, antropologo siciliano, annotò a fine ‘800 le attenzioni riservate al pane in tavola, che in Sicilia assumono connotazioni ancora più profonde.
“Il pane è la grazia di Dio per eccellenza e non si posa né si presenta mai sottosopra, che è malaugurio, né si taglia da quel lato che è disprezzo alla Provvidenza di Dio che ce lo manda, né s’infilza col coltello, che è ferro e quindi maledetto; ma si taglia senz’altro, e quando si ha ad infilare dentro il coltello si bacia prima, si benedice poi e si protesta che è grazia di Diu. Quindi se il pane cade per terra, nel raccoglierlo, si bacia dicendo: grazia di Diu. Se mangiando ne cascano per terra delle briciole e non si ha cura di raccattarle, si dovranno raccattare poi con le ciglia, morti che saremo. E come grazia di Dio, si giura su di esso toccandolo: Pi sta santa grazia di Diu!
E se ne vediamo cadere o buttare un bocconcino per terra, che non si voglia o non si possa altrimenti mangiare, ci affrettiamo a raccoglierlo e conservarlo in un bucolino pur di non farlo calpestare coi piedi. Il Signore potrebbe farci desiderare quel boccone”. Occorre portare il massimo rispetto al pane arrivato in tavola, per evitare che in futuro manchi.
Ma è nei campi di grano che il pane ha origine, ed è anche nei costumi della campagna che si riflette la sacralità di questo alimento, arrivando a determinare addirittura il calendario delle semine: “La prima a Tuttisanti, l'ultima a Sant'Antria” (a fine mese). I campi, a conclusione della semina, venivano benedetti. E se la pioggia tardava a venire si procedeva alla discesa dei santi (chiamati in alcuni borghi santi carcerati): i simulacri venivano spostati dalle diverse chiese in una centrale, dove restavano in penitenza, oggetto di pellegrinaggio dei contadini in cerca della grazia. E se la funzione segnica del pane sottolineava i momenti di passaggio della vita umana, il pane (e il lievito, considerato dono della Madonna) era utilizzato anche con funzioni medicinali, basti pensare all'uso delle picate, cerotti di mollica di pane e sale usati per curare le lesioni.
Dalla canapa ai frutti tropicali: la Sicilia che non ti aspetti
LA SICILIA INASPETTATA
L’agricoltura siciliana è storicamente in continua evoluzione. Proprio la possibili tà di avere un clima così vario, in uno spazio concluso come un’isola, ha permesso di sperimentare sullo stesso territorio un numero ampio di coltivazioni. Sono infatti solo un centinaio i chilometri che dividono Piano Provenzana, con le sue piste da sci, da Floridia dove, nel 2021, si è registrata la temperatura più alta di sempre in Europa.
Questa molteplicità di micro ecosistemi oggi dà vita a un fenomeno quasi unico che abbiamo potuto documentare nelle nostre visite alle imprese dei giovani sici liani. Abbiamo potuto assaggiare le mele che si coltivano nel Trapanese, i funghi cardoncelli del Catanese, il mango della zona di Messina. Poi c’è l’avocado, sem pre nel Trapanese, che viaggia in tutta Italia tramite la rete o ancora lo zafferano a pochi passi dal cuore dell’antica Mitistrato nella provincia di Caltanissetta, per poi arrivare alla canapa, che torna in Sicilia all’interno di un interessante proget to di filiera.
Non solo curiosità, quindi – ed è questo l’aspetto più interessante – ma veri e pro pri progetti d’impresa destinati a durare e in questo sostenuti dal Programma di Sviluppo Rurale, in un’ottica di agricoltura che guarda al futuro e contemporane amente si rifà alla storia dell’isola. Da secoli, infatti, la Sicilia rappresenta un vero e proprio laboratorio a cielo aperto per le coltivazioni, dove, il lavoro sui grani, che ha dato risultati unici in Europa, anche dal punto di vista della genetica rappre senta il precedente più illustre. La sfida che invece i giovani agricoltori siciliani si trovano di fronte è anzitutto quella del cambiamento climatico, che da un lato spinge ad adottare tecniche di risparmio idrico e di intelligenza artificiale appli cata alle coltivazioni, ma anche la selezione di varietà – spesso autoctone – più resilienti di altre. Infine, ed è questo l’approccio adottato da alcuni produttori, l’in troduzione di piante apparentemente molto lontane dal territorio siciliano. Come il mango che ha necessità di un caldo costante, con una temperatura atmosferi ca che non scenda mai sotto lo zero, ma in Sicilia ha una declinazione unica per consistenza e dolcezza, o ancora l’avocado che, grazie alla sua maturazione lenta e seguente la raccolta, costituisce un’ottima soluzione per chi ha necessità di commercializzarlo anche in mercati lontani, nel Nord Italia o all’estero. Storie di coraggio, di intraprendenza, di capacità di guardare oltre, per giovani imprenditori che conservano nel loro DNA lo spirito dei naviganti che si spingono verso nuovi lidi.
Il genio di Leonardo nelle mele siciliane
Francesco e Gianluca Papa conducono l’unico meleto della Sicilia Occidentale, aprendo un nuovo capitolo nell’agricoltura dell’isola
Quando papà Leonardo aveva impianta to i primi meli in un territorio dove, per tradizione, c'erano arance e bastarduna, cioè i fichi d'India, in molti mostrarono il loro scetticismo fino ad arrivare al vero e proprio dileggio. Eppure le mele erano nei sogni di Leonardo fin da quando era giovane e insieme alla famiglia, durante le vacanze, andava a visitare i meleti dal Piemonte al Trentino, alla Francia. Un sogno che è riuscito a tradurre in realtà, coltivandolo con passione, come un sogno personale. Quando Leonardo muore, però, la sua passione rischia di terminare con lui. I suoi figli Francesco e Gianluca, oggi poco più che trentenni, sanno che in quegli alberi c'è tanto della storia, della testardaggine e del genio visionario del papà. Non vogliono arren dersi e, anche se fino a quel momento nel meleto non ci erano quasi entrati, iniziano a interessarsi della coltivazione di mele.
Partono praticamente da zero, si infor mano sui social e su internet perché in Sicilia è quasi impossibile trovare colti vazioni ufficiali di mele. Così conoscono un agrotecnico piemontese, lo portano in questi terreni situati a poche centina
ia di metri da un luogo storico di Calata fimi e della Sicilia, il Sacrario di Pianto Romano, sorto nei luoghi della battaglia tra Borbonici e Garibaldini, che fu una delle principali tappe del Risorgimento. Il meleto, a suo modo, è un sogno rivo luzionario che, in maniera quasi sor prendente, funziona. L’appezzamento di terra è all’incirca a 500 metri di altezza e contemporaneamente a venti minuti di strada dal mare di Scopello e Castel lammare. L'altitudine provoca uno sbal zo di temperatura tra il giorno e la notte, che diventa fondamentale nella fase di maturazione delle mele, sviluppando soprattutto la colorazione. Il sole inve ce incrementa la presenza di zucchero, rendendo la frutta dolcissima. Inoltre, all'interno della proprietà, è presente sia una sorgente naturale che permette di irrigare a cascata sia un laghetto ar tificiale che raccoglie le piogge invernali: insieme, garantiscono il giusto apporto idrico. L'azienda, nata ufficialmente tre anni fa, oggi produce mele delle varie tà Royal Gala, Granny Smith, Golden, Renetta, Red Chief, Annurca, Florina e Red Delicius, vendute come prodotto fresco nei mercati di Trapani, San Vito Lo Capo, Alcamo. Stanno anche cercan do di fare alcune trasformazioni come la confettura di mele zenzero e limone, ma hanno in progetto le mele essiccate e il sidro. Un sidro made in Sicilia, en nesimo capitolo di una storia fatta di scommesse, intuizioni e passione, che si trasmette di padre in figlio come la più bella delle eredità.
AZIENDA AGRICOLA PAPA
Calatafimi (TP) - meletopapa
Andrea Valenziani e Justyna Podlaska fanno parte di quegli imprenditori che andrebbero clonati in svariati esemplari perché il loro successo si traduce in un benessere diffuso e distribuito su più produttori. Sia Andrea che Justyna pro vengono da altri settori ma hanno stu diato tanto per scegliere l’agricoltura di prossimità e la filiera corta del biologico. Andrea è un fisioterapista, Justyna una filologa.
Siamo nel Siracusano, a Carlentini, dove, negli anni Ottanta, il papà di An drea, pilota della Marina Militare avvia la propria azienda agricola, in continuità con la tradizione familiare della moglie. Si trattava di un podere di circa quindici ettari, posto in un’area marginale e sco scesa, tradizionalmente coltivato a vite, ulivo, mandorlo e seminativo, che negli Anni ‘20 aveva iniziato un percorso di conversione agrumicola. Andrea decide a sua volta di continuare sulla via dell'a gricoltura: così insieme alla compagna Justyna dà inizio a una importante ri strutturazione. Grazie alle misure del Programma di Sviluppo Rurale lavorano sul miglioramento fondiario e fanno del piano di eradicazione del Citrus Tristeza Virus (CTV) un’occasione per uscire dalla monocoltura agrumicola, ormai in flazionata, e diversificare la produzione aziendale puntando su tre capisaldi pro
duttivi: Continutà - Sostenibilità - Inno vazione, incarnati da tre colture chiave: anzitutto gli Agrumi, coltura dal basso valore commericale, ma la cui gestione è ben nota, in un territorio notoriamente vocato (IGP). Per incrementarne il valore e ridurre i rischi di fitopatologie si mira alla differenziazione delle cultivar con più di dieci varietà differenti, su svariati portainnesti. Ulivo, coltura tradizionale dal basso fabbisogno idrico rispetto agli agrumi, la cui raccolta va a coprire un periodo lavorativamente “fiacco” e il cui prodotto può essere stoccato e fa cilmente venduto nei mesi successivi. Subtropicali (Mango ed Avocado), pro dotti con un fabbisogno idrico analogo agli agrumi, dall’elevatissimo potenziale commerciale, sebbene potenzialmente più “rischiosi” in quanto ancora “nuovi” come esperienza agricola del territorio. A questa riorganizzazione produttiva si aggiunge l’obiettivo di ottimizzare le risorse idriche tramite interventi mirati a ridurre il consumo (sistemi di microirrigazione a goccia), aumentare l’efficienza (automazione e monitorag gio elettronico dello stress idrico) ed au mentare l’autonomia idrica (creazione di un bacino di accumulo e una rete di raccolta per la raccolta delle acque pio vane). Per prepararsi a questo percorso l’azienda agricola individuale Justyna Podlaska porta avanti da anni un campo sperimentale di piante subtropicali in particolare mango e avocado. L'azienda Valenziani, che vede la coppia lavo rare come soci, rappresenta il principale corpo aziendale su cui verranno realiz zate le opere in progetto. Entrambe le aziende commercializzano tutto il loro prodotto al progetto InCampagna, che lo distribuisce in Europa attraverso fi liere corte.
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Insieme hanno avviato un progetto educativo, inserendo la loro azienda nella rete regionale delle fattorie didat tiche e organizzano attività quotidiane destinate all’infanzia. Il progetto, che coinvolge attualmente tre educatrici, ha rappresentato una scelta importan te maturata durante la pandemia, che li ha portati a voler indirizzare una parte sempre crescente degli spazi agritu ristici a progetti sociali destinati agli abitanti del territorio.
Fin qui la storia agricola che, però, pro cede parallelamente a quella imprendi toriale legata alla commercializzazione e alla rete InCampagna, nata grazie a una serie di intuizioni che partono da lontano. Dopo una laurea in fisioterapia e alcune esperienze formative all'este ro, infatti, Andrea torna a casa con tante idee in testa, legate ad una visione dell'a gricoltura e del territorio. L'obiettivo è lavorare in agricoltura per migliorare il territorio. Creare economie di scala per aumentare l’impatto sociale ed ambien tale di modelli produttivi virtuosi. Per farlo c'è una strada maestra: sfruttare le potenzialità della rete, intesa come internet ma anche come cooperazione tra produttori. Nel 2008 viene creata la prima piattaforma di e-commerce: l'azienda agricola Fratelli Valenziani è la promotrice e lui in prima persona il pro motore di questo progetto per diversi versi pionieristico. “Non si tratta infatti di un semplice servizio di vendita on line - spiega Andrea - ma soprattutto di una gestione del lavoro che ha a che fare con realtà di dimensioni diverse e con pecu liarità produttive disomogenee tra loro, sia sul piano stagionale che qualitativo. Questo dà continuità, non solo all’offer ta, ma anche all’impegno lavorativo che generiamo collettivamente”. Nell'arco di pochi anni il progetto decolla: “In un decennio - spiega Andrea - siamo pas sati da 400 mila euro a circa 3 milioni di fatturato, i dipendenti sono cresciuti parallelamente passando da 7 a quasi 50 operatori ed operatrici (di cui ben 27
a tempo indeterminato). Il nucleo origi nario di lavoratori che ha fatto crescere la struttura di InCampagna proveniva dai più disparati ambiti lavorativi. Que sto ci ha imposto di imparare ciò che non sapevamo, il che, probabilmente ci ha permesso di uscire più facilmente da quegli schemi mentali e quelle consue tudini che tradizionalmente affossano il nostro comparto. In questo senso è sta to il gruppo di lavoro a rendersi prota gonista. Chi ha colto un'opportunità nella visione di questo progetto è diventato presto una risorsa creativa”.
Attualmente le aziende agricole coinvol te nell'offerta di rete sono un centinaio circa, tutte siciliane, a fronte di un mer cato di consumo europeo, in particolare sistemi di consumatori in Italia, Letto nia, Olanda e progetti di filiera minima in Italia, Olanda, Francia e Belgio. Il siste ma si basa per buona parte su software autocostruiti che hanno consentito di crescere liberi da schemi, sbagliando e correggendosi per arrivare oggi a una “macchina” che permette di gestire con efficienza un servizio molto accurato anche su vasta scala, esaudendo cen tinaia di ordini contemporaneamente.
Proprio questa efficienza è la chiave che ha permesso di rendere economi camente sostenibile la qualità umana e sociale del progetto. Questa qualità è stata a sua volta l’elemento indispen sabile per innovare e sperimentare con successo, in un meccanismo circolare che si autoalimenta.
Oltre al primario servizio di vendita, negli anni l'offerta si è affinata e am pliata. Per esempio con il magazzino: “Tradizionalmente in Sicilia - continua Andrea - i progetti cooperativi erano ca ratterizzati dall'obbligo di conferimento ed una distribuzione dei rischi non sem pre trasparente. Questo ha contribuito a creare grande sfiducia nell’aggrega zione. Per questo noi ci siamo proposti con un sistema di offerta molto elastico e personalizzato, diamo la possibilità al
produttore di scegliere e variare l'as sortimento, in base a quantità e qualità prodotte, nella misura desiderata”. In questo modo è possibile offrire anche microproduzioni, sia di prodotto fresco che trasformato, senza andare in over booking. Il produttore può anche af fiancare all’offerta collettiva le proprie iniziative commerciali e disporre di una gestione “smart” del proprio stock di prodotti e di servizi di magazzino e spe dizione personalizzati presso la stessa sede operativa.
Ogni produttore aderente alla rete be neficia dell'aggregazione. La sinergia tra grandi e piccoli, tra chi vende poco e chi macina grandi numeri è utile a tutti. “Le piccole aziende beneficiano dell'econo mia di scala, quelle grandi dello storytel ling innescato dalle piccole realtà”. Inol tre l'adesione alla rete permette anche di rispettare un principio di legalità e di etica: ci sono sistemi di controllo sulle aziende e sulla qualità dei prodotti così da innescare sistemi virtuosi.
L'e-commerce destinato al pubblico, è stato incrementato da un'offerta di ser vizi alle aziende agricole, utile per dare continuità al lavoro e contemporanea mente dare la possibilità a tanti piccoli produttori di avere a disposizione pro
fessionalità formate in diversi settori.
“La digitalizzazione - spiega Andrea - ha reso più facile l'emersione di progetti di questo tipo ma la vera innovazione è rappresentata dall'innovazione del modo di concepire il lavoro agricolo”. Attraverso la rete sono riusciti ad assu mere, trasformando in stabile un lavoro agricolo che generalmente paga lo scot to della stagionalità. Investono negli strumenti, dotando ad esempio tutti di forbici elettroniche, e nella formazione dei ragazzi e offrono una continuità la vorativa che generalmente si converte in contratti a tempo indeterminato. “Stiamo cercando di rendere perfor mante un lavoro di solito molto sottova lutato e questo ci permette di retribuire i lavoratori in base al loro livello e inve stire in equipaggiamento”. Non offrono operai agricoli alle aziende agricole, ma analizzano le esigenze e propongono soluzioni complete con obiettivi a breve e medio-lungo termine. “Non si tratta di collocare momentaneamente un brac ciante ma di offrire un lavoro realizzato da un'impresa agricola specializzata con tanto di sistemi di auto analisi interna e di studio dei business plan per decidere l'approccio corretto”. Un salto nel futuro che spazza via troppe logiche arcaiche che spesso hanno frenato lo sviluppo agricolo dell'isola.
U funciu di ferula, prelibatezza dell’entroterra siciliano
Due ragazzi con la mania dei funghi, una piccola azienda cresciuta negli ultimi 5 anni e una passione per un prodotto che, grazie alla filiera corta, conquista i ristoranti catanesi
Lo chiamano “Cardoncello” o “Fungo di Carne”, perché ha una consistenza davvero particolare. Viene cotto alla brace, proprio come si farebbe con una bistecca, ma rende benissimo anche tri folato o come completamento dei sughi per pasta e risotti. Secondo alcuni, il suo odore ricorda proprio quello della pasta di pane. Si tratta del “funciu di ferula” in siciliano, una vera prelibatezza, coltivato nell’entroterra tra i Nebrodi e l’Etna. A Maniace, i giovani Valerio e Lorenzo Valenti hanno costruito con le loro mani un gruppo di serre in grado di coltivare questa tipologia di funghi tutto l’anno.
La loro passione nasce nel 2013, con la coltivazione dei funghi in ballette. Essen do la produzione legata alla stagionalità hanno poi costruito una serra comple tamente climatizzata, molto grande, dove coltivare anche nei periodi diversi da ottobre/novembre e maggio/aprile.
Riescono in questo modo a produrre 5-8 quintali di funghi a settimana che fini scono in molti ristoranti del Catanese. Grazie ai recenti Programma di Sviluppo Rurale hanno poi costruito due struttu re, di cui una adibita completamente al confezionamento dei prodotti e l'altra che ospiterà presto anche una sala per le degustazioni.
Tra le referenze più richieste anche le conserve, che realizzano appoggiandosi a una ditta specializzata: funghi sott’o lio e funghi sott’olio grigliati, paté di funghi, al peperoncino e con la 'nduja calabrese. Nonostante le difficoltà del recente passato, si sono riorganizzati arrivando sul mercato ancora più pre parati. Questo è stato possibile anche grazie al web e all'e-commerce, che gli permette di vendere ovunque le ballette di funghi che poi arrivano a casa pronte a “esplodere”.
Lo zafferano dell’antica Mytistraton
Arkania nasce dalla fusione di due pa role: arcaico e Sikania, l'antico nome della Sicilia. Una scelta che chi è stato a Marianopoli può comprendere con facilità, guardando le diverse aree ar cheologiche che circondano l'abitato o visitando lo straordinario museo di archeologia locale, perla di una Sici lia ancora in parte da scoprire. Siamo lontani dalle spiagge e dalle località più blasonate, ma anche dalle grandi città, Palermo e Catania. Siamo in una terra che è stata segnata dallo spopolamen to e dall'emigrazione per decenni e che solo ora sta, lentamente, rialzando la testa. Luigi Baldi ha fatto quel per corso a ritroso. Lui era a Milano per lavoro, ma è stato riportato a casa da quella sorta di saudade positiva che spinge alcuni giovani a ingranare la re tromarcia, con l'entusiasmo di un'idea. “La casa di mio nonno sorgeva nel cuo re dell'area archeologica, per anni ha dormito su reperti inestimabili” scher za Luigi, che su questi terreni a pochi passi dagli scavi ha deciso di piantare
AZIENDA AGRICOLA ARKANIA Marianopoli (CL) www.arkania.it
i bulbi di zafferano, dove un tempo era già coltivato. La scoperta è avvenuta quasi per caso, al bar, da un anziano del luogo, che lo coltivava per lo più a livel lo amatoriale. Poi è emerso che anche in famiglia si utilizzava. Infine si sono aggiunte le testimonianze della cucina locale, in particolare quella muffoletta, preparata a San Martino, che assume va il colore dell'oro grazie a questa spe zia. Sicilia e zafferano sono legati da millenni: i primi bulbi arrivano probabil mente nel VII secolo a.C. insieme alla colonizzazione greca ed erano ancora utilizzati nella Mitistrato di Polibio che, per molti storici, corrisponde proprio a Marianopoli. L'uso è attestato anche in un antico ricettario conservato negli archivi del comune di Santa Caterina. Dal punto di vista agronomico Luigi deve ripartire da zero, da quei terreni del nonno dove, il primo anno, ottiene circa 100 grammi di raccolto, il secon do anno 400 grammi e a novembre del 2022 pensa di giungere al chilo Una progressione frutto della bontà di un'idea e dell'entusiasmo di questo ragazzo che ha fatto ricerche sul cam po, ha coinvolto istituti di ricerca del territorio e ora punta a sviluppare un progetto che coinvolga chef e dietologi. L'idea è far sorgere una filiera di buona redditività così da creare opportunità lavorative. Una lotta caparbia, simile a quella della piccola Mitistrato contro il gigante Roma. Con la speranza che il risultato, questa volta, sia a favore dei sicani.
Il ciclamino profumato a due passi da Modica
Un impianto moderno che concilia la sostenibilità e le esigenze di un fiore che oggi viaggia fino a Malta e ha trovato in Sicilia il suo profumo
Difficile immaginare in uno dei territori più aridi della Sicilia delle coltivazioni di ciclamino, fiore che richiede molta ac qua e che necessita di tante cure. Giorgio Palazzolo però ci è riuscito, grazie a una passione decennale per le piante che lo ha portato nel 1996 ad avviare il suo primo impianto di serre per garofa ni. Siamo a dieci chilometri da Modica, nella strada provinciale tra Noto e la parte nord della provincia di Ragusa. Giorgio ha usufruito nei primissimi anni Novanta degli aiuti regionali per l’acqui sto di macchinari in grado di sostenere l’irrigazione per un primo appezzamento di 2.200 mq (oggi divenuti più di un etta
ro). La specialità è diventata il ciclamino e, in generale, le piante ornamentali per vasetteria e piante in vaso. Giorgio Palazzolo ci racconta di aver raggiunto i mercati esteri, e in particolare Malta, grazie alla rete di consorzi e associazio ni di categoria potendo così arrivare a diversi grossisti in tutta la Sicilia. Con 8 dipendenti stagionali, diverse ser re prevalentemente extra-suolo, Giorgio collabora con la moglie che ci raggiun ge all’interno della serra principale. Ci mostrano un impianto gestito da una centralina che consente il controllo dell’umidità del terreno e il recupero, per una maggiore sostenibilità, dell’acqua concimata. Con un risparmio notevole di energia e di acqua. Parlando del futuro abbiamo l'opportunità di vedere in ante prima i nuovi ciclamini profumati, di cui avrà una esclusiva da qui all’anno nuovo, essendo il ciclamino un fiore che di per sé non profuma. Una curiosità: secondo alcuni botanici la forma del ciclamino servirebbe da mimetismo a protezione della pianta che non ama il sole diret to e predilige ambienti e terreni umidi. Tutto ciò che manca da queste parti. Un ostacolo a prima vista insormontabile, che Giorgio è riuscito a superare grazie a una grande passione.
www.florovivaisticapalazzolo.it
Olio, vino e avocado: le sfide di Caracci
Tokyo, Dubai, New York. Tre tappe nel mondo dove l'olio di Tenuta Caracci si è fatto notare portando a casa impor tanti riconoscimenti e, soprattutto, tre traguardi di valore per Mirko Caracci, enologo trentunenne che, dopo gli studi alla Scuola Enologica di Conegliano e la specializzazione a Udine, ha deciso di tornare nei suoi terreni, in Sicilia, portando una diversa visione imprendi toriale. Ristrutturazione degli impianti e nuovi sistemi di irrigazione, magazzini per il confezionamento e lo stoccaggio, nuove attrezzature. L'azienda cambia volto pur mantenendo la vocazione tradizionale, anzitutto per l'olio extra vergine di oliva, che qui si ottiene da Nocellara del Belice in purezza e viene imbottigliato in diversi formati, da quelli più piccoli (200/300 ml) ai bag in box da 5 litri, che permettono di avere un consumo di più lunga durata, senza os sidazione.
A questa produzione di riferimento, che può contare su 5 ettari di uliveto, si aggiungono le vigne da dove Mirko trae un bianco, frutto di uve Moscato e Inzolia, e un rosso da Nero d’Avola e Syrah. Poi c'è il pistacchieto, un nuo vo impianto che darà i primi frutti nel prossimo decennio, una coltivazione su cui scommettere per il futuro. Tenuta Caracci però lega il suo nome anche a un'altra coltivazione: l'avocado. Tutto nasce dal pallino del papà Giuseppe, che era appassionato di frutta tropica le e di mango, quando ancora in Sicilia si era gli albori di questa coltivazione.
TENUTE CARACCI Partanna (TP) www.tenutecaracci.com
Nel 2014, però, un’importante nevicata aveva coperto le piante, uccidendole. Il mango, infatti, non sopporta tempera ture appena sotto lo zero e Partanna con i suoi 350 metri slm in inverno può presentare brutte sorprese. Da qui la decisione di riconvertire il terreno alla coltivazione dell'avocado, sempre in regime biologico come il resto della produzione, che resiste a temperature leggermente più rigide, all'incirca fino a -2 °C. L'intuizione è vincente e, oggi, l'avocado di Partanna viene commercia lizzato in tutta Italia anche grazie alla formula che permette di adottare un albero e poi goderne dei frutti per tutta la stagione, che si prolunga per diversi mesi. I frutti dell'avocado, infatti, resta no acerbi fin quando sono sulla pianta e maturano in circa due settimane dopo la raccolta, risultando così perfetti per essere spediti.
Nel presente e nel prossimo futuro ci sono già progetti per aumentare la ver ticalizzazione della filiera oleicola e vini cola e, nel contempo, la diversificazione dei prodotti con l'obiettivo di rafforzare la propria presenza sul mercato. Le so lide basi di una visione contemporanea dell'agricoltura.
Kibbò e le potenzialità della canapa made in Sicilia
L'azienda della famiglia Gioia sorge alle pendici del Pizzo del Re, nel paesaggio incontaminato di Contrada Chibbò, che ben si concilia con i dettami dell'agricol tura integrata e biologica, per cui parte dell'azienda è già certificata. Kibbò è an data ancora oltre, guardando anche alla sostenibilità ambientale a tutto tondo, attraverso l'uso di tecniche innovative e macchinari di precisione a gestione sa tellitare, accanto alla reintroduzione di antiche varietà che ben si conciliano con questi territori, come il grano Gioia che, come suggerisce il nome, è una varietà sviluppata storicamente sui terreni di famiglia. Oltre all'olio di oliva da cultivar Biancolilla, Cerasuola e Nocellara del Belice, sono stati recentemente intro dotti legumi e arnie di Api Nere Sicule in postazioni all'interno dei terreni bio: a Petralia Sottana producono un millefiori con eucalipto, aneto, sulla e, come mo noflora, prevalentemente sulla, mentre con le arnie posizionate da amici a Capri Leone possono intercettare le fioriture di agrumi e castagno.
Una vocazione al cambiamento che si deve soprattutto all'ingresso in azienda della nuova generazione costituita da
AGENZIA AGRICOLA BIOLOGICA KIBBÒ
Petralia Sottana (PA) www.kibbò.it
Antonio e Anna, che seguono proprio l'apicoltura, e da Giovanni, ingegnere prestato alla terra, che ha lanciato un innovativo progetto legato alla canapa. Condizioni pedoclimatiche e sbocchi di mercato sono stati per Giovanni il nudge per tentare di introdurre nelle campagne siciliane un prodotto utile in molti campi, dall'alimentazione alla nutraceutica fino all'edilizia. Kibbò punta sulla ricerca e sul partenariato, anche grazie al Programma di Sviluppo Rurale (16.1), con lo scopo di mettere in rete partner pubblici e privati ed enti di ricerca, per divulgare le cono scenze in ambito agricolo. Il marchio Kibbò ha fatto da azienda capofila e ha riunito CNR, CREA, SIRAB e altre aziende per analizzare diversi parametri di colti vazione e potenziali mercati di sbocco. Il prossimo anno sarà il terzo di coltiva zione della canapa in questo progetto. Il know how accumulato fino a oggi è ser vito agli enti di ricerca per raccogliere dati, organizzarli e divulgarli a vantaggio di tutti. L'obiettivo finale è costruire una filiera dell'alimentare 100% siciliana. Attualmente sono tre i prodotti Kibbò a base di canapa: i semi in purezza oppure trasformati in farina e olio. “Coltivare ca napa – spiega Giovanni – può essere utile a più settori, a partire da quello agricolo”.
Si tratta infatti di una pianta resistente, che capta l'umidità nel profondo e quin di non necessita di troppa acqua. Per di più è ottima come pianta da rinnovo. Una pianta multitasking che può rappre sentare, anche per l'agricoltura siciliana, un'inaspettata risorsa.
Marumango, la frutta tropicale nel cuore dei Nebrodi
Rocca di Capri Leone, piccolo centro nebroideo, ospita un’azienda agricola che si è specializzata nelle varietà del mango
Rocca di Capri Leone, nel messinese, è uno dei comuni cerniera tra mari e monti a due passi dal Parco dei Nebrodi. Da queste parti sono tante le aziende agricole specializzate nella produzione di agrumi, soprattutto limoni.
L’azienda agricola Maria Cupane (Ma rumango nome commerciale) nasce all’interno della ditta famigliare che ha tradizionalmente coltivato arance e
limoni in questo territorio. Maruzza è la più giovane della famiglia, si occupa della parte agronomica dell’azienda, che nel suo complesso occupa più di 30 operai nel pieno delle attività. È stata lei a voler avviare un ramo aziendale dedicato ai frutti tropicali, mango e avo cado, oggi coltivato sotto serra mentre l’avocado in pieno campo, entrambi rigo rosamente in regime biologico. Con una produzione di circa 8 mila chilogrammi l’anno di mango, esporta il suo frutto tropicale in tutto il Nord Italia e in Fran cia e le richieste sono in aumento. Nel 2015, con il Programma di Sviluppo Ru rale 2007-2013 che ha consentito l’am modernamento aziendale e la riconver sione varietale, l’azienda inizia il vero e proprio percorso della frutta tropicale con la collaborazione di una cooperativa locale che cura la commercializzazione sui grandi mercati.
Il mango viene coltivato in diverse varie tà per garantire la continuità del calen dario di maturazione e raccolta, che si protrae così dal mese di agosto sino a fine novembre.
Per il futuro immediato l’azienda ha progetti di estendersi dalla sola coltiva zione alla trasformazione, soprattutto con conserve, marmellate e mango es siccato. L’intera produzione del mango avviene in serra nel rispetto dei canoni del biologico in tutti i suoi aspetti. È possibile fare delle degustazioni o visite aziendali, previa prenotazione.
MARUMANGO
Rocca di Caprileone (ME) marumango
biodiversità come motore di sviluppo
LA RICCHEZZA DELLA BIODIVERSITÀ
Migliaia di specie vegetali e animali differenti fanno dell’Italia uno dei territori più ricchgi di biodiversità al mondo. Dati alla mano in Italia si contano oltre il 30% di specie animali e quasi il 50% di quelle vegetali rispetto al totale di specie presenti in Europa, il tutto su una superficie di circa 1/30 di quella del continente. La Sicilia in questo panorama rappresenta a sua volta un’eccellenza, grazie a una ricchez za di ambienti diversi che spaziano dal mare alla montagna, dalle zone più fredde fino agli habitat quasi desertici e, di conseguenza, a un numero elevato di specie animali e vegetali differenti che si sono ambientate in queste aree. L’agricoltura siciliana deve la sua unicità proprio a questo tesoro di biodiversità che ha la decli nazione più importante nell’ambito della cerealicoltura con il fenomeno dei grani antichi siciliani ma che si riflette anche sul patrimonio olivicolo e ampelografico senza dimenticare le specie marine che proprio nell’ultimo decennio sono state oggetto di un costante monitoraggio.
Tutelare la biodiversità è uno degli obiettivi fissati dall’Onu nell’Agenda 2030 all’interno dei goal 14 e 15. Farlo significa non soltanto conservare le specie ma intervenire direttamente sulla salvaguardia degli ecosistemi e dei loro fragili equilibri.
L’agricoltura ha una grande responsabilità in questo processo e, contempora neamente, può trarne un grande vantaggio. Le specie autoctone di solito hanno una maggior capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e una maggior resistenza ai patogeni e ai parassiti, favoriscono l’impollinazione e la creazione di habitat più adatti a piante e animali differenti. Inoltre forniscono anche un indub bio vantaggio commerciale per le piccole e medie aziende che possono portare sul mercato prodotti caratterizzati da un’identità e una storia. Secondo la FAO il il 66% della produzione agricola globale è rappresentato da sole 9 specie. Favori re la biodiversità significa quindi saper differenziare la propria offerta diventando così un’attrattiva tanto gastronomica quanto turistica.
Natura Amica e Casale Tasta: progettualità agricola
Il Casale Tasta si raggiunge percor rendo la strada che porta al mare. Una vera e propria oasi di pace che sorge alla periferia artigianale della cittadina, un luogo che invita a fermarsi per una cena o un aperitivo davanti agli orti e al frutteto. Si tratta dell'ultimo anello di una catena che la famiglia Bologna ha creato partendo dai 30 ettari di frutte to, ortive e grani antichi siciliani e poi ha sviluppato in un'attività di trasformazio ne che oggi conta oltre trenta referen ze. Un progetto complesso, in continua evoluzione, nonostante la giovane età dei fratelli Bologna, appena trentenni, e dell'attività. Parallelamente al settore agricolo, che fa capo al marchio Il Frut teto, si è sviluppata a partire dal 2017 l'attività di trasformazione sotto l'egida di Natura Amica, con una proposta via via più ricca.
In catalogo ci sono decine di referenze diverse che spaziano dalle marmellate e confetture alle farine, dalla pasta ai legumi, fino alle conserve e ai biscotti.
Le farine sono una colonna portante dell'offerta. La molitura a pietra con
sente di conservare il profumo autenti co e le proprietà nutrizionali dei grani di varietà Senatore Cappelli, Tumminia e Maiorca. E ancora i legumi, resi unici dal clima e dal terreno siciliano, ricco di minerali: lenticchia verde, lenticchia di Pantelleria, lenticchia nera, ma an che fave, ceci e piselli. Poi c'è la pasta fresca, trafilata al bronzo e proposta in una grande varietà di formati differen ti, quindi la passata di pomodoro, che viene realizzata con pomodori raccolti e lavorati in giornata. Si aggiungono le conserve: dai pomodori secchi alla crema di peperoni fino alle zucchine sot tolio, alla caponata o ai cavuliceddi, da gustare fritti.
Il reparto dolci e prima colazione sarà soddisfatto da biscotti, realizzati esclu sivamente a mano, con farine di grano siciliano e confetture da frutta fresca di stagione e zucchero d’uva. Tanti i gusti: albicocca, arancia, gelsi bianchi, pesca sanguinella, pesca, fichi, limone, susine, fragola, mandarino e mela cotogna.
Il Frutteto ha perfezionato il proprio lavoro con la creazione di un agri ri storante/pizzeria quasi con lo scopo di chiudere idealmente la filiera portando in tavola il prodotto agricolo. Una vici nanza anche spaziale con l'orto, che circonda la proprietà e che diventa il primo punto a cui guardare per l'ap provvigionamento. Il casale Tasta è un nuovo progetto di ristorazione, che mira in primis all’educazione dell’utilizzo di risorse naturali, avvalendosi sin dall’ini zio della collaborazione di professionisti della ristorazione, che abbracciano la stessa idea di rivisitazione della cucina tradizionale e stagionale, e sana. Il tito lare Fabio Bologna va settimanalmente
a scegliere le carni, vero e proprio van to della cucina, accanto alle pizze che hanno come base la loro farina. Anche il vino nasce dai loro terreni. Tutto quello che non viene prodotto in proprio deriva dal lavoro di aziende agricole di fiducia. Il contesto è quello di un casale ristruttu rato, mantenendo l'ambiente più natura le possibile, con un grande portico dove godere dell'estate, che qui sembra non finire mai.
Il Frutteto e Natura Amica sono però anche attenti alla progettualità in agricoltura, aderendo e promuovendo importanti iniziative sul territorio. Dal 2020 Natura Amica è anche capofila del progetto “Vacanze Verdi in Sicilia” a misura di bambino, un progetto che li ha portati a fare rete con altri ope ratori siciliani dell’ospitalità, aderendo al marchio KIDSICILY in quanto spazio specializzato nell’accogliere le famiglie con bambini, con proposte pensate ap posta per loro. Natura Amica è capofila
anche di un altro progetto di cooperazio ne, approvato dal GAL Elimos, avviato nel 2021, che propone di specializzare il territorio del loro comprensorio di riferimento verso l’ampio e articolato mondo del turismo enogastronomico con lo slogan “Travel&Taste Elimos”. L'iniziativa mira da un lato a far crescere la notorietà dei prodotti del comprenso rio e, dall'altro, a formare gli operatori locali con corsi per rafforzarne le com petenze. Anche la ricerca ha un ruolo importante nelle attività della famiglia Bologna: il Frutteto infatti è capofila del progetto Inposa, che concilia metodi di coltivazione in campo del pomodoro e lavorazione innovativa.
IL FRUTTETO / TASTA - NATURA AMICA - Alcamo (TP) ilfruttetonaturaamica - naturaamicatasta casaletastaagriristorante - casale_tastae
Il pomodoro Inposa
L’iniziativa, finanziata dalla Sottomisura 16.1 del Programma di Sviluppo Rurale, si basa sui risvolti pratici e sulle applicazioni concrete in campo agricolo e agro alimentare di una invenzione di cucina molecolare già brevettata dallo chef Alex Mangano e ha come finalità l’adozione e la diffusione di nuove procedure nella produzione e nella trasformazione del pomodoro, in grado sia di migliorarne la redditività economica e la sostenibilità ambientale sia di ampliarne i mercati di sbocco.
Fino a oggi, il mercato, la cucina, la cultura gastronomica e l’arte culinaria in generale hanno conosciuto e utilizzano pomodori pelati, polpe, pezzettoni, salse e concentrati realizzati solo ed esclusivamente con pomodori rossi maturi. Lo chef Mangano ha invece sperimentato la lavorazione del pomodoro nella fase dell’invaiatura (appena dorato), sfruttandone la diversa struttura molecolare e brevettandone anche le modalità di pelatura. Grazie alla differenza di contenuti e valori delle molecole come la pectina, il licopene, il betacarotene e l’acido citrico, ha creato un nuovo alimento che si contraddistingue per il colore giallo oro, per il profumo molto intenso, per il gusto delicato, morbido e vellutato e infine per la consistenza, trattandosi di una texture più complessa, che non tende a separarsi.
A questi aspetti va aggiunto un altro elemento di tipo economico (importante, soprattutto per il settore della trasformazione), rilevato durante la produzione artigianale di passata e salsa, relativo ad una maggiore resa, a parità di prodotto iniziale, rispetto al pomodoro rosso tradizionale (+ 20%).
I vantaggi del nuovo prodotto si estendono anche agli ambiti nutrizionali. Dalle pri me analisi di laboratorio effettuate, si è evidenziato che il nuovo prodotto trasfor mato in passata o in salsa possiede un valore calorico più basso, mantiene sempre naturalmente il pH inferiore a 4,5% e, nel caso della produzione di salsa, necessita di pochissimo sale (circa - 60% rispetto al pomodoro rosso tradizionale).
Cambia anche l’impatto ambientale: studi propedeutici hanno rilevato che l’ac corciamento del ciclo colturale potrà apportare conseguenti risparmi idrici e riduzione di input energetici e trattamenti sia per unità di prodotto che per unità di superficie, oltre che lasciare importanti margini temporali per la preparazione del terreno per le colture successive.
La lavanda di Minosse
Alia è in provincia di Palermo nel versan te sud delle Madonie. Siamo nel cuore della campagna siciliana, che in estate assume i colori dorati del grano. L'azien da di Gaetano Siragusa è sulla strada che conduce a Valledolmo e si presenta come un moderno e luminoso edificio perfettamente inserito nel paesaggio di campi tutt'intorno. Qui sorgerà un laboratorio dedicato alle erbe officinali con bottega e area per l'accoglienza che permetta di chiudere la filiera, un progetto che guarda alla possibilità di un'azienda agricola di lavorare tutto l'anno, spaziando tra diversi settori.
Oggi i 30 ettari che Gaetano ha ritira to dal padre e dallo zio sono in buona parte coltivati con grani siciliani antichi (Maiorca, Perciasacchi, Timilia e Russel lo), che vengono trasformati in farina nel mulino di Valledolmo e per il resto da erbe officinali introdotte proprio da lui. OfficinAlia nasce nel 2019 quando, terminati gli studi universitari, Gaetano decide di puntare sulla sostenibilità, in tutti i suoi significati, sia dal punto di vista delle pratiche agronomiche sia da quello della redditività. Le piante of ficinali, spiega, servono per creare una reale alternanza tra le coltivazioni e i lavori in campagna, producendo reddito quando l'attività è ferma. Nell'ottica del la differenziazione delle colture saranno poi impiantati due ettari di mandorleto, che affiancano fave e ulivi già presenti. Saranno messe a dimora le arnie per le
OFFICINALIA AGROLAB
Alia (PA)
www.officinaliaagrolab.it -
api e sarà creato un piccolo allevamen to di asine. “Vogliamo gettare le basi per un'attività di biocosmesi” spiega Gaetano, che vede nelle erbe officinali la materia prima perfetta da unire ai prodotti dell'alveare e all'olio. Rosma rino, origano, salvia, menta e lavanda crescono su terreni senza irrigazione e, nonostante questo, si dimostrano ricchi di oli essenziali. Anzi, pare che siano ad dirittura leggermente più ricchi rispetto alle stesse piante coltivate su terreni irrigui. Sono quindi perfetti in un'area siccitosa come questa. Non solo: delle officinali non si butta via nulla perché anche i materiali di scarto, una volta messi a macerare, liberano un'ulteriore parte di oli essenziali. Altra pratica da sottolineare è il rispetto degli insetti impollinatori: “Non raccogliamo finché ci sono le api” spiega. La parte del labora torio, a sua volta, si è dotata di impianto fotovoltaico che permetterà di rendersi quasi indipendente dal punto di vista energetico.
La struttura produttiva e di trasforma zione sorge all'ombra delle grotte della Gurfa, simbolo di Alia, una struttura a tholos, dove leggenda vuole sia stato se polto il mitico re Minosse. Una struttura scavata nella roccia seguendo le stelle e la posizione del sole, come a dimostrare l'atavico legame tra gli abitanti di Alia, il territorio e il ciclo delle stagioni. Un legame che Gaetano ha deciso di con densare nei suoi profumi.
Officinalia Agrolab
Pistì, tra il verde e il rosa
Un marchio nato dal sogno di due ragazzi che, negli anni, ha contribuito a far conoscere il Pistacchio di Bronte nel mondo. E che oggi offre opportunità di lavoro con molte quote rosa
Nel 2001 Nino Marino e Vincenzo Lan ghitano sono due ventitreenni con tante idee e pochi soldi in tasca. Langhitano aveva un pistacchieto, Marino proveniva da un'azienda di distribuzione carni. Li accomunava la voglia di fare impresa, di creare qualcosa che lasciasse il segno sul territorio. Avevano intuito che quel pistacchio, svalutato, senza nome, pote va avere un grande futuro. “All'inizio – racconta Marino – le persone fuori dalla Sicilia non sapevano neppure cosa fosse il Pistacchio di Bronte”. Erano gli anni in cui il pistacchio era semplice mente frutta secca per l'aperitivo o poco più. Impensabile, oggi, che conosciamo i diversi usi di questo prodotto, soprattut to in pasticceria, grazie anche al lavoro di questi due ragazzi che sono cresciuti parallelamente al loro prodotto.
Da un lato hanno sviluppato il comparto agricolo, partendo da un primo pistac chieto di proprietà per poi allargarsi, grazie a conferitori e a nuovi terre ni. Soprattutto hanno lavorato sulla trasformazione, usando come vero e proprio cavallo di battaglia la crema di pistacchio diventata il loro marchio di produzione.
Oggi, spiega Marino, il pistacchio di Bronte può contare su 3.300 ettari di pistacchieto. Se pensiamo che ogni ettaro arriva a produrre fino a 1.800 chili di pistacchi è facilmente intuibile come ogni anno si possa contare me
PISTÌ Bronte (CT) www.pisti.it
diamente su una raccolta di 4 milioni di chili. “Il 60/70% della produzione arriva nei nostri stabilimenti per essere tra sformato” spiega Marino, “in crema, in pesto, frutta secca, biscotti e granella”. Il laboratorio di pasticceria si è poi spe cializzato nei dolci delle feste come la colomba e il panettone, che valorizzano il pistacchio nella crema e nella copertu ra e, naturalmente, nel torrone.
L'attività, nata come piccola bottega artigianale, è diventata un'azienda con uno stabilimento all'avanguardia anche nel tema della sostenibilità e con un pistacchieto di proprietà di oltre cento ettari. La ricaduta positiva sul territorio è facilmente dimostrata dai numeri: 85 addetti che arrivano a 200 in stagione. Il 95% sono donne di età compresa tra i 22 e i 35 anni. Una dimostrazione di come l'agricoltura e la trasformazione possano diventare un'importante occa sione di lavoro in un territorio che vede nella disoccupazione giovanile uno dei grandi problemi da risolvere.
Agriturismo Bergi, tutto il buono delle Madonie
A Castelbuono l’azienda agricola, con laboratorio di trasformazione, ospitalità e area ristoro della famiglia Bergi. Uno degli agriturismi migliori d’Italia
Castelbuono è un paese da cartolina, dominato dal castello trecentesco dei Ventimiglia. È anche un borgo che ha dato tanto all'enogastronomia sici liana, grazie a imprenditori tenaci e coraggiosi come Pasquale Bergi, che ha saputo intuire un futuro dove prima non c'era nulla. Tutto è nato quasi per caso, racconta Pasquale, da un pranzo organizzato per un gruppo di anziani sull'aia del terreno di famiglia sotto un grande gelso. La soddisfazione di tutti è stata la molla che ha fatto scattare l'idea dell'agriturismo in un momento in cui questa modalità di ospitalità si stava affacciando.
L'agriturismo Bergi nasce nel 1996 in quello che era l'orticello del feudo Minà e per questo motivo ricco di acqua. Da quel momento è stato un cantiere inin terrotto, che ha visto Pasquale lasciare il suo lavoro di carabiniere per dedicar si completamente all'agricoltura e, so prattutto, all'apicoltura che gli ha dato il prodotto agricolo all'inizio dell'attivi tà quando la terra era ancora poca. Il successo del miele, grazie anche alla pratica del nomadismo, ha preceduto la coltivazione di frutta e verdura per marmellate e conserve, quella di cere ali e degli ulivi. Oggi l'azienda agricola conta 110 ettari di terreno, recentemente completati dal mandorleto impiantato su oltre venti ettari. L'agriturismo è diventato un ristorante, dove la cucina di terri
AGRITURISMO BERGI
Castelbuono (PA) www.agriturismobergi.com
torio viene rivista e reinterpretata con intelligenza. L'ospitalità si è struttura ta in un vero e proprio borgo, costituito dall'accorpamento di più edifici rimo dernati.
Un'espansione continua che si deve, oltre a Pasquale e alla moglie Anna, alle quattro figlie tutte impegnate nell'agriturismo dopo la laurea. Ognu na ha competenze differenti e comple mentari alle altre: Daniela, agronoma, segue la parte amministrativa, Laura, laureata in Lingue, cura l'incoming tu ristico ricettivo, Floriana è tecnologa alimentare e segue trasformazioni ed e-commerce, Antonella, la più piccola, dopo la laurea in Biologia, si è applica ta con passione alla cucina. “Stiamo costruendo una sala tutta vetri” spiega Pasquale, mentre Daniela racconta del bosco, che è in fase di ringiovanimento e del frassineto per la manna, della do motica e dell'efficientamento energeti co delle stanze nell'agriturismo. O del progetto in partenariato che coinvolgerà una casa-famiglia del terri torio per aiutare i giovani in situazione di disagio a ritrovare l'equilibrio anche attraverso il contatto con la natura. Prima di lasciare Castelbuono, imman cabile una passeggiata in centro dove, lungo la salita che porta al Castello, c'è una piccola chiesa sconsacrata che è stata ristrutturata e trasformata in una bottega di specialità sotto vetro, un'altra tessera del progetto di Bergi.
Il datterino ragusano e le ambizioni di Joena
Joena aveva un lavoro stabile come consulente del settore terziario, una postazione comoda davanti al computer e soprattutto l’aria condizionata tutto l’anno. Poi l’amore per la terra dei suoi familiari deve averla convinta a prova re, in una piccola serra, a cambiare vita. E così, con un piccolo investimento, ha iniziato 4 anni fa la sua esperienza con il pomodoro datterino. Siamo a Mari na di Ragusa nella frazione collinare di Eredità, caratterizzata da un terreno asciutto e sabbioso, teoricamente poco ideale per i pomodori.
Eppure, grazie agli insegnamenti acqui siti dai vicini agricoltori, dalla voglia di apprendere e dalle prime soddisfazioni in serra, Joena Caruso ha aperto la sua partita iva e ha iniziato a vendere il suo datterino, grazie anche a un consorzio ben organizzato e attivo in tutta la Si cilia orientale, il Colledoro. Oggi l’attivi
AZIENDA AGRICOLA CARUSO JOENA Marina di Ragusa (RG)
tà si è organizzata su tre serre e si è attestata a 355 quintali di produzione nel 2021. La Caruso è una piccola re altà che destina tutta la produzione al Consorzio territoriale, ma proprio la caratteristica contenuta della produzio ne permette un controllo maniacale del prodotto finito. Joena, che nel frattempo si è trasferita in campagna col marito e con i figli, ci confessa di essere mol to soddisfatta di aver cambiato vita: la sua giovane età non è stata un limite, ma uno stimolo per imparare in fretta. Anno dopo anno, ha reinvestito gli utili, passando a una forma automatizzata di irrigazione e all’acquisto di due sonde wi-fi che continuamente monitorano il terreno per la conducibilità e l’umidità, un vantaggio incredibile che le permette di concentrarsi su altri fattori legati alla cura dei datterini.
L’attività, di recente, ha fatto accesso a un bando per l’innovazione agricola proprio per l’acquisto di altre sonde da terreno per le altre due serre, che al momento ne sono sprovviste. Un giusto mix di innovazione e conoscenze “sul campo” ha permesso a questa picco la realtà nel Ragusano di farsi strada velocemente e di avere una ottima qualità del prodotto senza rinunciare al controllo tecnologico di parte delle attività agricole. Una missione non faci le per una donna giovane che veniva da un settore diverso e con pochi risparmi alle spalle. Come lei stessa ci confessa, salutandoci “la terra a differenza delle persone, ti gratifica sempre.”
Cuva e le nocciole siciliane
Giuseppe e la sua famiglia valorizzano il territorio anche grazie a uliveti secolari, nuovi impianti e all’origano selvatico di Motta d’Affermo
Giuseppe Cuva è un giovane e appas sionato imprenditore che insieme alla moglie Tiziana, alla mamma Rosa e alla sorella, si impegna a seguire le tradizioni ereditate dal padre Rosario. L'agricoltura per lui è stata una scelta di vita, che lo ha riportato a Motta d’Affermo, un raccolto borgo del Messinese, situato a 660 metri d’altitudine, vicino alle falde del Monte S. Cono. Un luogo splendido, che si affaccia su duecento chilometri di costa da ab bracciare con uno sguardo. Questo territorio che si colora di uliveti, noccioleti e boschi di quercia per Giu seppe e la sua famiglia ha le tonalità di un futuro da inseguire giorno dopo gior no. Nel 2020 apre, insieme alla moglie, l’Azienda Agricola Cuva di Tiziana Elmo. La proprietà si estende per circa 14 ettari di terreno di cui 8 di colture specializza te quali l’uliveto, il noccioleto e gli alberi da frutto. Nel frutteto troviamo alberi di fichi, ciliegie, albicocche, prugne, pere, mele e carrubi. Nell’uliveto spiccano inve ce gli ulivi secolari e plurisecolari, ma c’è anche una parte nuova che l’imprenditore ha bonificato e ricostruito completamen
te a seguito di un grande incendio che nel 2016 ha rischiato di compromettere tut to il suo lavoro. Così è stato necessario estirpare gli alberi più danneggiati e so stituirli con 400 nuovi di cultivar differen ti come Frantoio, Nocellara Messinese e Coratina. Nel cuore e nel lavoro di Giusep pe c'è poi una ricchezza straordinaria che cresce spontaneamente: l'origano selva tico di Motta d’Affermo, che può vantare eccellenti caratteristiche organolettiche, un’alta concentrazione di oli essenziali e un profumo decisamente aromatico. Questo è uno dei punti fermi su cui Giu seppe sta insistendo per valorizzare tut to il suo territorio. Perché è convinto – e noi con lui – che l'agricoltura sia capace di rivitalizzare un'intera comunità. Ecco perché si impegna nella cura dei terreni come in un'arte da tramandare ai suoi figli Rosario, 9 anni, che già conosce tut te le piante e mostra notevole interesse all’attività di famiglia e Beatrice, 7 anni, che adora giocare in campagna. “La vita in un paesino migliora la qualità di vita di tutta la famiglia e lavorare in campo com pleta e arricchisce di momenti di unione familiare le nostre vite” sottolinea. Oggi guarda avanti e punta a mettere in azienda piante di ulivo delle varietà Ce rasuola e Nocellara del Belice (olive da mensa) per diversificare ulteriormente la produzione e chiudere la filiera realiz zando un laboratorio di trasformazione. Quando gli chiedi se sia stanco, non sem bra farci troppo caso. Il motivo? “L’agri coltore – scherza (ma non troppo) – è il lavoro più bello del mondo!”.
AZIENDA AGRICOLA CUVA
Motta d’Affermo (ME) azienda agricola cuva
L’agriturismo della salvia tra arte e misticismo
Manuela ha trasformato un agriturismo in un ritrovo di artisti e poeti, un luogo dell’anima dove si coltiva frutta antica e si studia scultura
Manuela è una giovane agrichef, che ha deciso di lasciare il suo lavoro di urbani sta a Siracusa per la vita di campagna. L’agriturismo fondato dal padre si trova in provincia di Noto, a mezz’ora di mac china dalla città: 5 camere compresa una “torretta”, una chiesa bizantina sconsacrata, un teatro in pietra, un bo sco e una piscina ricavata nella cava di pietra dismessa. Manuela ne ha fatto un ritrovo per artisti e scultori prove nienti da tutto il mondo. Il progetto più interessante dell’agriturismo Stallai ni – che porta il nome del principe che fondò questo feudo in epoca medievale – riguarda il bosco conservativo. Gra zie a una misura regionale-europea, il Programma di Sviluppo Rurale 2013, recante la “conservazione delle risorse genetiche in agricoltura”, Manuela ha fatto rivivere decine di specie di frutta antica, ormai introvabili. Oltre al giar dino conservativo c'è anche il bosco “custode”. Nell’area, enorme, sono stati piantati 100 alberi mediterranei diversi
AGRITURISMO STALLAINI
Noto (SR)
www.agriturismostallaini.com
per combattere il dissesto idrogeolo gico e salvaguardare la biodiversità. La cucina si basa tutta sul prodotto coltivato in proprio. Dal vino alle salse, alle marmellate, alla frutta, alle erbe aromatiche, persino al sapone, fatto con gli scarti dell’olio d’oliva. L’agrituri smo Stallaini è sostenibile al 100%. Una struttura completamente autonoma in grado di sopravvivere grazie al territorio coltivato. Accanto, sorge il laboratorio di scultura dalle mani di Gianni Andolina, artista che si è innamorato del luogo e che qui lavora tutto l’anno insegnando ai turisti come scolpire la pietra. Vicino sorgeranno un osservatorio astrono mico, un secondo teatro all’aperto e un percorso artistico lunare. Infine Manue la ci racconta di suo padre, un agrono mo in pensione, che ha scelto di vivere il luogo e cucinare i prodotti della terra. Rosario ama il suo agriturismo e ci vive tutto l’anno. Nella enorme cava di pietra dismessa hanno ricavato una piscina semi-naturale mentre all’ingresso del feudo una piccola fattoria ospita 8 asi nelli per la terapia ai bambini.
Prima di salutare questa fetta di terri torio incontaminato, proviamo il miele di timo, anche questa una produzione locale, biologica e artigianale. Con la particolarità che le api vengono ospitate nelle arnie “pre-industriali”. Un progetto di recupero delle maestranze tradizio nali, che ha finalità didattico-ludiche per chi viene a dormire in questo luogo fuori dal tempo.
Nel segno della giuggiolena
Aruci in dialetto vuol dire dolce, per que sto i fratelli Puglisi hanno chiamato così il loro laboratorio nel cuore di Rosolini. Un’esperienza che parte dalla “nonna” con la ricetta della giuggiulena, un tor rone sottilissimo ricoperto di sesamo proveniente da Ispica e dei biscotti che prevedono l’utilizzo dello strutto invece che del burro. Questi torroni, con poco zucchero e poco miele, sono leggeri e gustosissimi. Le mani di Giovanni e la passione di Melissa hanno dato vita a un piccolo laboratorio-bistrot di dolci tipici biologici, un’attività di famiglia, custodi ta gelosamente, aperta dal 2015, che ha portato l’azienda a esportare i suoi dolci nei Paesi Bassi, Svizzera e in Francia. Capiamo subito la ricerca della qualità e della naturalezza, scoprendo la prove nienza dei prodotti utilizzati: sesamo di Ispica, mandorle di Avola, nocciole dei Nebrodi e grani antichi di Modica. C’è il meglio della Sicilia in questi piccoli bi scotti. Giovanni ci mostra il laboratorio interno a vista, dietro la grande vetrata. Il prodotto è sempre in giro per l’Italia, grazie anche al bando regionale per l’internazionalizzazione che ha permes
AZIENDA ARUCI
ROSOLINI (SR) www.torronesiciliano.it
so di partecipare a numerose fiere del settore dolciario. Un altro bando del Gal locale è stato sfruttato per allargare il laboratorio interno grazie all’acquisto di nuovi macchinari come i forni a rispar mio energetico. La produzione dei loro dolci è concentrata tra agosto e febbra io e puntano quindi a destagionalizzare il lavoro anche nei periodi di inattività. Ci spiegano che la fragranza del loro prodotto imbustato si mantiene anche dopo diversi mesi e questo lo rende un torrone versatile e molto utilizzato nelle degustazioni. Una storia di innovazione, sostegno regionale e conservazione delle tradizioni di famiglia, che di gene razione in generazione hanno acquisito valore, conquistando mercati di nicchia attenti alla qualità e al gusto.
IL SESAMO DI ISPICA
Una vera e propria perla del territorio siciliano, coltivata oggi su circa 20 ettari di campi a Ispica e a Scicli, in provincia di Ragusa, e a Rosolini e a Noto, in provincia di Siracusa. Qui infatti il clima caldo, unito alla presenza di suoli limo-argillosi e profondi, consente lo sviluppo ideale della pianta che arriva a un’altezza di circa 150 cm e può produrre fino a 150 capsule, contenenti ciascuna circa 70 semi. I produttori dell’Associazione “Gghjugghjulena” si occupano della sua coltivazione, valorizzata anche dalla presenza di un presidio Slow Food
La birra al fico d’india più famosa della Sicilia
L’azienda Irias produce birre ad alta fermentazione, non pastorizzate, né filtrate, che partono dalla materia prima coltivata direttamente
La storia di Irias è legata al territorio dei Nebrodi, nel Messinese. Infatti nel microbirrificio di Torrenova è possibile degustare la birra artigianale con i pro dotti tipici del luogo. L’azienda è stata lanciata da papà “Turi”, classe ’57, agro nomo e appassionato birraio, assaggia tore, capace di progettare prodotti va levoli di menzioni su quotidiani nazionali e collezionare, con l’aiuto dei figli Sergio e Fabrizio, numerosi premi e riconosci menti: dalla Cerevisia al Luppolo d’Oro, oltre alle Medaille d’Or del Concours International del Lyon.
Un contesto a dimensione familiare, che però strizza l’occhio all’internazionalità, con la realtà sempre più aperta verso i mercati esteri europei ed extraeuropei, attratti da un prodotto che unisce i sa pori siciliani a una tradizione antica e varia, che in Sicilia sta trovando un ter reno via via più fertile.
Dopo le prime sperimentazioni come homebrewer, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, l’azienda è di venuta tale solo nel 2013, grazie anche all’acquisto di macchinari con i fondi regionali. Accanto al birrificio sorge l’azienda agricola che produce orzo e frumento per la birra e grani antichi. Il cuore della loro produzione è Indica, la birra al fico d’India, unica in Sicilia, il cui colore varia dall’arancio carico al rosso vivo, a seconda della prevalenza della cultivar Sulfarina o di quella Sanguigna. Irias collabora da anni con l’Università di
IRIAS
Sant’Agata di Militello (ME) www.birrairias.com
Messina per lo sviluppo di un malto sici liano e per tutelare la varietà dei grani antichi. Proprio dai grani antichi nasce un altro loro prodotto iconico: la Cincu Tumminia, Sicilian Wheat Ale, che trae il suo nome dall’aver preso per ogni cotta un “tumminu” (antica unità di misura dell’isola, circa 16 kg) per ogni varietà di grano antico siciliano: Tumminia, Bidì, Russello, Maiorca e Perciasacchi Grazie allo shop online il marchio si è fatto presto conoscere fuori dalla Sici lia e in diversi ristoranti, merito anche di un packaging colorato e di impatto. Una birra fermentata naturalmente che fa da sintesi al prodotto locale e a una passione divenuta la mission della fami glia Blandi.
Qui si fa l’aromaturismo
Il progetto di Enrico Russino è stato uno dei primi esempi di turismo esperienziale dell’isola e oggi guarda a sinergie sul territorio, matrimoni e teatro. Sempre puntando sulle aromatiche
Enrico Russino a metà degli anni No vanta lavorava come agente di com mercio per ditte estere operanti nel settore florovivaistico. Un lavoro che lo portava a viaggiare molto tra le diverse serre. Una mente vivace e curiosa non poteva non notare una grossa man canza nel panorama italiano: una serra capace di valorizzare le erbe aromati che, che così tanto rilievo hanno nella cucina nazionale. Così, forte della sua laurea in Scienze Agrarie, apre la sua serra nel 1998, puntando proprio sulle erbe. Visita le principali rassegne dedicate a piante e fiori in Italia e vede crescere il pubblico in maniera esponenziale.
Un pubblico fatto di appassionati che vogliono imparare a distinguere le erbe, conoscerne l'aroma e la storia. Così la sua serra si apre al turismo ed è un successo al punto che, tuttora, il prodotto principale non è tanto l'erba raccolta ed essiccata, quanto l'espe rienza in azienda.
Un format che Russino è andato a com porre nell'arco degli anni, aggiungendo al percorso sensoriale la cooking class o la cena. Contemporaneamente sono nati i legami con cantine, liquorifici, bir rifici e scuole di cucina, tutti interessati ad approfondire alcuni aspetti di queste fragranze, da combinare anche in un'o riginale presentazione dei loro prodotti.
“Nella serra – racconta Russino – ab biamo presentato vini che ben si acco stavano alle erbe aromatiche, ma anche
GLI AROMI Scicli (RG) www.gliaromi.it
birre che le possono usare per le aroma tizzazioni”.
Proprio la serra è il cuore dell'attività: un luogo magnifico da dove si scorge la costa di Punta Secca e, nelle giornate limpide, il profilo di Malta. Qui alberga no 130 tra generi e specie differenti di piante aromatiche e officinali, spa ziando dai gerani odorosi alle santoline da giardino e da cucina ma utili anche per il benessere, poi ancora la stevia, il sommacco e la santoreggia.
La vocazione all'accoglienza ha preso forma anche in un luogo unico, un teatro da circa 300 posti a sedere che ospita eventi e concerti legati sempre al tema delle erbe e del verde. I souvenir, natu ralmente, saranno gastronomici, non solo erbe essiccate, ma veri e propri kit per la produzione come “Fatti i cappe ri tuoi” per riprodurre a casa propria i capperi oppure una vera e propria linea di prodotti da impiegare ai fornelli cre ati dalla moglie e cuoca di Enrico, Rita Russotto.
La serra può anche diventare la cornice ideale per un matrimonio alternativo: si chiama Affetto serra e darà la possibi lità di sposarsi con il rito civile tra pian te e aromi. Una serra dove si coltivano soprattutto le idee, diventata un piccolo fenomeno da 13mila presenze l'anno di turisti, con una prevalenza di europei e sudamericani.
Un modo diverso di concepire l'agricol tura, che può trovare nel turismo espe rienziale un nuovo motore di sviluppo.
Il sogno dei Carusi dolce come un’albicocca
Alberto Battaglia ha 36 anni e alle spalle studi in Scienze Forestali. A lui e a un piccolo gruppo di giovani del paese si deve la riscoperta e il salvataggio di un'albicocca dalle eccellenti proprietà organolettiche, che da un secolo carat terizza questo territorio nella valle del fiume Imera, ai piedi del Parco delle Ma donie, in provincia di Palermo.
La storia dell'albicocca di Scillato si lega a quella agricola del territorio e si divide in due grandi periodi, prima e dopo gli anni Ottanta. Scillato, spiega Alberto, è da sempre stato considerato il paese delle acque, al punto che esi stevano sul territorio almeno 14 mulini attivi. A inizio Novecento viene deciso di costruire un acquedotto per convoglia re l'acqua a Palermo. Contemporane amente all'acquedotto vengono creati dei canaloni sfruttati dai coltivatori con una turnazione, tuttora valida, stabilita nel 1926. Negli anni Trenta vengono im piantati gli aranci e, negli anni Sessanta, gli albicocchi. L'albicocca di qui, varietà precoce che si raccoglie già alla fine di maggio, sfonda nei mercati. “Ricordo an cora le file di camion – racconta Alberto
TERRE DI CARUSI Scillato (PA)
TerrediCarusi
– che arrivavano di notte sulla piazza a caricare le albicocche”. La concorrenza di prodotti a basso prezzo, lo spopola mento del territorio e la svalutazione del lavoro agricolo fanno però crollare la produzione e in pochi anni agrumeti e albicocchi scompaiono. Gli impianti che oggi hanno settant'anni non vengono più ristrutturati e spesso lasciati alla mer cè della fauna selvatica. Questo fino al 2013, quando un gruppo di ragazzi, “Ca rusi”, in dialetto, guidato dagli insegna menti del professor Francesco Sottile di Palermo, decidono di tentare l'impresa e recuperare le poche piantagioni rima ste. Con una ventina di cassette creano le prime confetture e le presentano nel 2014 al Salone del Gusto di Torino qua si in coincidenza della proclamazione a Presidio Slow Food
I Carusi rilanciano arance e albicocche attraverso confetture e marmellate, il mercato le richiede insieme al fresco. La produzione però rimane al palo per col pa della parcellizzazione degli impianti e della difficoltà di gestire terreni per lo più in affitto e comodato d'uso, oltre che a causa dei danni di siccità e fau na selvatica. I Carusi, però, non si sono arresi e, anche grazie al Programma di Sviluppo Rurale, hanno incrementato il parco mezzi agricoli e le attrezzature. Albicocche e arance fresche e lavorate, insieme a ortaggi e frutta del territorio, si possono acquistare nella Putìa, la bottega aperta nel centro del paese. Il sogno dolce dei Carusi non accenna a rallentare.
Salemi Pina, nel nome del ciliegino
Nata da un oliveto, è diventata una delle aziende di riferimento per avere i sapori della Sicilia in vasetto, grazie al biologico e a una lavorazione di materie prime siciliane freschissime
La storia di Salemi Pina è quella di un so gno realizzato, della voglia di cambiare vita che dà origine a un progetto tuttora in espansione. Tutto prende avvio nel 1996 quando il papà Sebastiano, opera io metalmeccanico, insieme alla moglie Pina, decide di acquistare un terreno e di puntare sull'olio, piantando un oliveto di Nocellara. L'intuizione è quanto mai azzeccata e dal semplice oliveto si arri va alla costruzione di una struttura per imbottigliare l'olio. Il marchio che porta il nome della mamma, Salemi Pina, di venta presto un nome riconosciuto in ambito nazionale. A livello internazio nale, però, l'olio non riesce ancora ad affermarsi. Per le salse invece c'è spa zio. Così, mentre in azienda entrano i figli Nancy, informatica di formazione, e Pierpaolo, tecnologo, vengono elaborate le prime salse. Siamo nel 2002/2003,
quando arrivano sul mercato le prime referenze con pomodoro secco e capo nata.
Le conserve vegetali diventano presto il fiore all'occhiello dell'impresa, grazie soprattutto a due prodotti identificativi come la salsa di ciliegino e quella di datterino. Prodotti che permettono alla Salemi Pina, che nel frattempo ha visto anche un allargamento della base socie taria, di approdare sul mercato interna zionale, dal Giappone all'Arabia Saudita e al Canada. Tutta la produzione è certi ficata bio, una caratteristica che posso no vantare fin dall'inizio della loro storia, dal primo oliveto di papà Sebastiano. L'azienda intanto continua a crescere: nel 2015, tramite un progetto del Pro gramma di Sviluppo Rurale, hanno rin novato gli impianti di produzione delle salse, mentre nel prossimo futuro è in programma la costruzione di una nuova struttura per lo stoccaggio. Il segreto è però tutto in quelle materie prime raccolte fresche direttamente nei terreni di proprietà o da una serie di conferitori locali. Così, oltre alle salse pronte di pomodoro, si possono trovare i diversi pesti (alla trapanese, siciliano, finocchietto selvatico, capperi basili co e mandorle) o ancora le salse per bruschette (all'arrabbiata, ai peperoni, alle zucchine, alle melanzane), i sughi pronti (sempre di ciliegino interpretato però alla palermitana, alla calabrese, alla marinara, alla norma), la caponata e naturalmente l'olio Evo da cui tutto è cominciato.
SALEMI PINA SOCIETÀ AGRICOLA Sortino (SR) www.salemipina.com
e il vino come fenomeni di turismo
OLIO E VINO, IDENTITÀ MEDITERRANEA
Per i Greci l’ulivo era così importante che ne attribuivano la creazione diretta mente ad Atena. Leggenda narra che lei e Poseidone si contendessero l’Attica. Zeus chiese loro di fare un dono a questa terra: il più utile dei due avrebbe com portato l’attribuzione del premio. Poseidone portò il mare e Atena l’ulivo, vin cendo così la sfida. Un mito che spiega come questa coltura sia così radicata nel Mediterraneo da essere diventata segno tangibile di una cultura. Lo storico Massimo Montanari parlerà proprio di civiltà dell’olio per delineare la grande koinè culturale che si sviluppa sulle sponde del Mediterraneo.
Secondo gli studiosi l’olio d’oliva avrebbe circa seimila anni: le prime tracce della coltivazione d’ulivo si trovano in Siria e cinque secoli prima di Cristo l’ulivo era già diffuso in Sicilia dov’era stato portato dai Fenici. Fu però sotto il dominio Greco che questa coltivazione inizio a diffondersi in maniera sistematica su tutto il territorio per poi arrivare alla massima espansione con l’Impero Romano e il Cri stianesimo. L’olio infatti è più di un semplice ingrediente in cucina ma per secoli ha rappresentato l’ingrediente privilegiato di unguenti, un prezioso combustibile, un mezzo di conservazione.
L’olio è diventato un elemento costitutivo della civiltà mediterranea almeno quanto il vino. Entrambi sono anche il segno distintivo dell’appartenenza alla Cri stianità. Nel Vangelo Gesù offre il vino nell’Ultima Cena e subito dopo si ritira a pregare nell’orto degli Ulivi. Oggi vite e ulivo, considerati doni degli Dei, sono per l’agricoltura e, in generale, per l’economia siciliana una risorsa fondamentale: 40mila tonnellate d’olio prodotte nel 2021 ne fanno il terzo produttore italiano, mentre i circa sei milioni di ettolitri di vino prodotti la pongono nella top 5 a livello nazionale. Non solo quantità ma anche e soprattutto qualità che si dipana per l’olio su otto cultivar principali (Biancolilla, Cerasuola, Moresca, Nocellara del Belice, Nocellara Etnea, Oglialora Messinese, Santagatese, Tonda Iblea) oltre alle decine di altre locali. Parallelamente il vino ha dalla sua una serie di impor tanti vitigni autoctoni a partire da Catarratto e Nero d’Avola, ma anche Frappato Inzolia, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, Malvasia delle Lipari e Moscato d’Alessandria.
Iuta Farm, i lodge tra gli ulivi
A pochi chilometri dal mare, una masseria dove la meditazione e il relax sono elementi essenziali della vacanza. Tra ulivi e mandorli
Elena e Giulio sono arrivati in Sicilia cinque anni fa. Il loro, spiegano, è stato – in un certo senso – un ritorno a casa. Un trasferimento meditato, con un pro getto forte alle spalle, nei territori delle famiglie d'origine. Entrambi provengono da importanti esperienze professionali, lei nel mondo degli eventi legati alla moda, lui con un'agenzia di affitti a breve termine a New York. Poi, nel 2017, la decisione di investire in Sicilia in una zona che of fre ancora molte possibilità di sviluppo, nella campagna di Noto. Acquistano una vecchia masseria da ristrutturare, a dieci minuti circa dai Lidi di Noto e Avola e dalla riserva di Vendicari, e si mettono alla ricerca del Bando per pro cedere sia sul versante agricolo sia su quello dell'accoglienza.
I primi anni, racconta Elena, sono bur rascosi: “Vivevamo quasi accampati, lavorando in estate e ristrutturando in inverno”. Si parte dalla campagna, passione di Giulio, e dai primi cinque lodge, tende che evocano il safari e che si adattano perfettamente alla campagna siciliana. Anticipano quella che oggi è diventata una tendenza con solidata del turismo open air, il glamping, puntando sul modello campeggio con tutti i confort. La masseria nel tempo cresce, viene strutturata una zona living con piscina e una piattafor ma per le attività di meditazione. Elena proviene da una famiglia di insegnanti di yoga e intuisce che anche la medi tazione può diventare un target su cui
IUTA FARM
Noto (SR) www.iuta.farm
imperniare una proposta turistica. La scelta si rivela vincente e, abbinata a un'efficace strategia di comunicazione, fa presa soprattutto su un pubblico eu ropeo: francesi, tedeschi e belgi in te sta, oltre che sui turisti italiani attratti dal lato selvaggio della Sicilia.
Ai lodge sono poi state aggiunte le suite, mentre l'area ristorazione, desti nata esclusivamente agli ospiti, è stata strutturata su una proposta vegetaria na, in linea con una filosofia di immer sione nella natura, che è da sempre un caposaldo del progetto.
La parte agricola, a sua volta, è stata oggetto di ristrutturazione e di nuovi impianti: oggi si producono arance e frutta varia, olio Evo, carrube, mandor le, oltre alle erbe officinali. Buona parte di quanto prodotto viene servito nel ristorante interno, mentre la commercializzazione è rivolta a olio e confetture, al momento di albi cocche, ma la linea è in fase di assor timento anche in base alle produzioni stagionali, tutto in regime biologico.
“Continuiamo a studiare” spiega Elena, che anno dopo anno aggiunge dettagli capaci di rendere sempre più affasci nante questa proprietà selvaggia e perfettamente organizzata allo stesso tempo, dove natura e benessere tro vano il perfetto punto d'accordo. “Iuta esiste – scrivono – perché, era l'unica via per raccontare una storia d’amore” . E ci sono riusciti.
Sulle falde dell’Etna il buen retiro delle cùcchie
Le sorelle Emma e Francesca e il fratello Rosario guidano un’azienda agricola con nascente essential country hotel circondato da vigneti, uliveti e vegetazione boschiva protetta dall’Ente Parco dell’Etna che racconta un antico legame tra Sicilia, Piemonte e Francia
Le cùcchie in dialetto siciliano sono le gemelle. In questo caso si tratta di Emma e Francesca Grasso che insie me al fratello Rosario hanno deciso di investire il loro futuro in un podere che i genitori hanno acquistato sull'Etna cin que anni fa, pensando che da quella che allora era una tenuta dismessa potesse nascere una bellissima avventura. E il pensiero si è trasformato in una felice intuizione, perché tolti i rovi e le erbacce da quella che è stata una tenuta appar tenente fino alla fine del 1800 alle mo nache benedettine di Adrano, con tanto di palmento del Seicento, è sorto un luogo intimo, di accoglienza quasi fami liare. Un luogo capace di stupire fin dal primo sguardo, con la vista che spazia sugli antichi vigneti e sull’intera piana di Catania, curata nei dettagli, le vigne tutt'intorno.
Il primo passo è stato la realizzazione di un piccolo ristorante di cucina rurale si ciliana, La Casa di Cocò, che vede oggi ai fornelli Francesca, 25 anni, affian cata dalla gemella Emma per la parte gestionale. Dal vino arriva la seconda sorpresa perché negli antichi vigneti ristrutturati si trovano varietà che nar rano di un antico amore tra Piemonte e Sicilia: Barbera e Grignolino. Questi sono l'uvaggio del vino Le Cùcchie, men tre gli stessi con l'aggiunta del Petit Verdot compongono Le Cùcchie Oro. Vini, entrambi, che hanno ricevuto i più prestigiosi riconoscimenti internaziona li, dal Decanter di Londra al Concorso mondiale di Lione.
PODERE DELL’ETNA SEGRETA Biancavilla (CT) www.poderedelletnasegreta.it
Ad oggi la produzione vitivinicola si atte sta a mezzo ettaro, ma a dicembre 2021 hanno proceduto a nuovi impianti mirati su una scelta alloctona con Riesling, Sauvignon Blanc e Viognier e come ros si Petit Verdot, Pinot Nero, Grenache e Frappato. Alla produzione vitivinicola si affianca quella olivicola: dagli antichi uliveti di prevalenza Nocellara Etnea, nasce l'olio dedicato al figlio Rosario, Il Maggiore per l'appunto.
Il Podere dell'Etna Segreta, però, è in continua evoluzione: il progetto in fase di avanzamento che ha già portato alla totale ristrutturazione dell'antico casale e dell'antico palmento, prevede la realiz zazione di unità abitative diffuse: 10 ca mere, 2 suite e 14 postazione glamping con bagno privato. Poi c'è l'area naturali stica, dotata di una grotta che diventerà un’intima sala concertistica all’aperto, punti di bird watching e uno splendido spazio piscina contestualizzato con l’ambiente lavico. Oltre a queste attrat tive, resta primario l'interesse gastro nomico del progetto, con la cucina che ha tra i suoi ingredienti principali le erbe fitoalimurgiche presenti nei dieci ettari di proprietà e che stanno popolando in un orto dedicato.
L'Etna nel nome è Segreta perché offre uno scorcio inaspettato su questo terri torio che si spalanca dopo aver percorso i circa cinquecento metri che distanzia no il casale dal cancello d’ingresso sulla strada principale SP80. Un’Etna Segre ta che rivela indicibili emozioni per chi la svela.
I contadini che salvano i giganti
Buccheri è un paese dell'entroterra si racusano, a 820 metri d'altitudine, sulle pendici del Monte Lauro. Un luogo dalla storia millenaria, da sempre meta di commercio delle derrate enogastrono miche, come ancora oggi testimoniano le antiche neviere usate fino ai primi del Novecento. La più grande e viva testimo nianza di questa vocazione, però, si trova nelle campagne con i giganti verdi, quegli ulivi che possono anche vantare mille anni di anzianità. Buccheri, come gran parte della Sicilia dell'interno, è stato a lungo vittima di un progressivo spopola mento, una fuga verso la città che ha por tato all'abbandono di tanti uliveti, invasi dalle sterpaglie e minacciati dal fuoco. Nel 2003 Giuseppe Paparone e Lorenzo Nicotra, due amici di lunga data, residenti a Buccheri, decidono di fare qualcosa per il territorio, per non essere costretti a lasciarlo. Fondano così una cooperativa, Agrestis, che nel nome richiama proprio l'agrestis, il contadino in latino, per re cuperare i terreni dismessi, rimetterli in produzione tramite la potatura di rifor
AGRESTIS
Buccheri (SR) www.agrestis.eu
ma, ma anche restaurare i muretti e le strade. Un lavoro di recupero che li porta a scoprire piante millenarie, anche con diametro superiore ai cento metri quadri. Veri e propri giganti, alfieri di una cultura dell'olio basato sulla Tonda Iblea che a queste altitudini può dare grandi risulta ti. Attualmente nel territorio di Buccheri possono contare su circa 15mila pian te in produzione, che gli permettono di strutturare l'offerta in più linee di olio d'oliva capaci di trionfare in diversi con corsi a premi. Dal 2006 a oggi sono oltre duecento i riconoscimenti ricevuti per l'olio extravergine di oliva che è anche alla base di sfiziosità come le salse o gli oli aromatizzati. Attualmente in azienda è già approdata la seconda generazione, fresca di studi: Pietro Nicotra, di 32 anni, forte di una laurea in economia, e Salvatore Paparone, 29 anni, specializzatosi in Scienze e tecnologie alimentari. L'idea è quella di rafforzare il percorso tracciato dai genitori, all'ombra dei giganti verdi che da oltre mille anni sono il simbolo delle campagne di Buccheri.
Magaddino e le vigne a due passi dal mare
I fratelli Magaddino Simone e Giuseppe sono l’ultima generazione di una famiglia di viticoltori che ha scelto di investire il proprio futuro sugli autoctoni in purezza.
Castellammare del Golfo è uno dei luo ghi più affascinanti della Sicilia, sorto in quello che un tempo era l'emporio della ricca Segesta. L'ambiente naturale è quello unico di un golfo alle pendici di Monte Inici, delimitato a est da capo Rama e a ovest da capo San Vito. Un ecosistema protetto, dove grazie al par ticolare microclima, si creano condizioni stimolanti per la viticoltura che per de cenni è stata una delle principali attività nelle zone immediatamente all'interno ma già affacciate sul mare.
La famiglia Magaddino si occupa delle vigne da tre generazioni: prima con il capostipite Simone, poi con Angelo che da inizio anni Ottanta porta avanti l'azienda, infine dal 2016 con l'ingresso nel team dei figli che apportano una pic cola rivoluzione. Simone, come il nonno, insieme al fratello Giuseppe si occupa
AZIENDA AGRICOLA MAGADDINO
Castellammare del Golfo (TP) ViniMagaddino
della gestione dei vigneti, la sorella Ma riangela ha compiuto studi di enologia e mette in pratica le sue conoscenze tra vigna e cantina. L'arrivo della giovane generazione coincide con la scelta di non vendere più il mosto ma di creare un proprio brand e proprie etichette. I fratelli Simone e Giuseppe decidono di puntare sui vitigni autoctono, in purezza, affinati unicamente in acciaio per dare il maggior spazio possibile alle carat teristiche varietali. Le prime etichette autonome sono per Grillo, Nero d'Avola e Catarratto a cui si è poi aggiunto lo Zibibbo. Il successo non si è fatto atten dere: la medaglia d'oro alla Selezione del sindaco con Grillo e Nero d'Avola, quelle ottenute al Portugal Wein Trophy e il riconoscimento al concorso Mondial de Bruxelles e a Radici del Sud. Segnali incoraggianti per una realtà così giova ne che sente di trovarsi lungo la giusta traiettoria. Una serie di successi che li ha portati a ulteriori investimenti in vi gna, con impianti completamente rinno vati, e al progetto di una nuova cantina.
Un olio radicato nel tufo al cuore della Sicilia
In una delle zone più belle della Sici lia, anche per la ricchezza di storia e paesaggio, nasce l’azienda Centonze. Con una storia di più di mezzo secolo, Centonze viene fondata nel 1953 tra Castelvetrano e Selinunte dall’Avv. Nino Centonze. All’inizio, l’azienda rivendeva i prodotti degli agrumeti e così è stato per almeno 30-40 anni. Poi, il figlio Giacomo riqualificò l’area con una conversione architettonica, fondando l’agriturismo “Case di Latomie”. Oggi l’agriturismo conta 29 camere, una spa e un ristoran te a chilometro zero. Nel 2009 grazie ai fondi Programma di Sviluppo Rurale il fi glio di Giacomo, esperto di internaziona lizzazione, fonda l’etichetta “Centonze”. La varietà di questo olio è Nocellara del Belice e ha anche la peculiarità di sor gere su antiche latomie greche (tipica cava di pietra nella quale, nell'antichità, spesso venivano condannati ai lavori forzati delinquenti comuni, prigionieri
CENTONZE
Castelvetrano (TP) www.oliocentonze.com
di guerra e avversari politici). Questi uliveti, perciò, si radicano direttamente sul tufo dando all’olio e alle olive da ta vola un valore aggiunto fondamentale.
Le quasi 16 mila piante, proprio grazie alla loro collocazione, si arricchiscono di minerali e di un sapore peculiare, che ne ha decretato l'immediato successo sul mercato.
Grazie alla misura 4.1 sono stati impian tati 35 ettari di nuovi uliveti e con altri fondi sono stati costruiti il frantoio, il magazzino per il confezionamento e in stallati diversi impianti fotovoltaici. Oggi l'olio viene esportato in più di 50 Paesi nel mondo per una produzione totale di 1.700 quintali nel 2021. L’azienda, anche grazie all’esperienza quasi secolare del la famiglia Centonze, è in fase di espan sione, arrivando oggi a dar lavoro a 25 famiglie del territorio. Una risorsa che custodisce nel tufo e nella storia dell'I sola il proprio tesoro.
Zumbo, la passione del nonno nel sogno delle nipoti
Erica e Ramona hanno raccolto l’eredità del nonno, tra i primi a intuire le potenzialità dell’Etna. Ora guardano all’enoturismo
Nel 1972 Salvatore Zumbo dette inizio a un innovativo progetto vitivinicolo, impiantando tra i primi vigneti specializ zati dell’Etna, in contrada Santo Spirito a circa 750 metri d’altitudine. Questi primi cinque ettari furono impiantati a controspalliera e allevati a cordone spe ronato, quasi un unicum all'interno di un panorama ancora dominato dall'alberel lo. Salvatore, infatti, credeva fermamen te nelle potenzialità di questo territorio e in contrada Santo Spirito mise a dimo ra 14.000 viti selvatiche, che fece inne stare con gemme provenienti da vigneti centenari, coltivati sulle pendici del vulcano. Una scelta in controtendenza rispetto a quel momento storico in cui tutti invece abbandonavano questi terri tori. Una visione lungimirante capace di anticipare di parecchi decenni la fortuna dei vini dell'Etna, che oggi sono sotto i riflettori degli appassionati di tutto il mondo.
Salvatore è scomparso nel 2016, dopo aver ceduto l'anno prima le redini dell'a zienda alle nipoti Erica e Ramona, 34 e 32 anni, che si sono spostate dalle tradizionali attività di famiglia, legate alla frantumazione della pietra lavica, al settore della viticoltura e della com mercializzazione dei prodotti. Hanno iniziato a creare un proprio brand e a imbottigliare. La loro prima vendemmia, nel 2015, ha avuto come risultato solo 900 bottiglie. Oggi sono già arrivate a 20mila ma le potenzialità sono molte di
ZUMBO
Castiglione di Sicilia (CT) www.sorellezumbo.it
più. Ai cinque ettari originari, infatti, si sono aggiunti altri appezzamenti di fa miglia, oltre a un oliveto di circa dieci et tari. Nel frattempo hanno ristrutturato la cantina e creato la sala degustazione, inaugurando un progetto di enoturismo che hanno in programma di ampliare con la sistemazione di alcuni bungalow tra viti e ulivi. Inoltre, grazie anche ai bandi del Programma di Sviluppo Rurale, sono riuscite a rinnovare le attrezzature di cantina e ad acquistare le vasche re frigeranti in un'ottica di ottimizzazione del lavoro.
“
Il nonno era molto geloso della vigna – raccontano – però, l'anno prima di an darsene, è stato lui stesso a chiederci di portare avanti il suo lavoro”. Una sorta di passaggio di testimone tra genera zioni che condividono la passione per la terra e per l'Etna.
L’antico feudo circondato dagli ulivi
luce gli affreschi settecenteschi con le scritte di anonimi visitatori di un secolo fa. E poi ancora le più antiche vestigia del preesistente convento che ancora si possono leggere nelle celle adibite a nuovi usi.
Baglio Pollicarini si raggiunge lasciando la strada che conduce al lago di Pergusa per addentrarsi nella splendida campa gna ennese. All'ingresso, ad accogliere i visitatori, una garitta militare, che un tempo era la porta del grande feu do dei Baroni La Motta. Oggi, di quella proprietà che giungeva fino al lago, non rimangono che poche vestigia come questo baglio, che la famiglia Petralia ha recuperato pietra su pietra. Un lavoro enorme, iniziato nei primi anni Duemila con l'acquisto dei terreni e di questa struttura in stato di completo abbando no. La ristrutturazione è stata una sco perta continua: man mano che venivano recuperati gli ambienti, tornavano alla
Il cortile di pietra è quello di un antico baglio siciliano. Nella proprietà, una sor gente d'acqua a testimoniarne il grande valore dal punto di vista agricolo. Poi, tutt'intorno, gli ulivi che oggi sono al centro di un nuovo progetto, voluto dal giovane Giuseppe che, insieme alla mo glie sta costruendo, usufruendo anche dei fondi del Programma di Sviluppo Rurale, una struttura dedicata alla mo litura delle olive, che qui sono di cultivar Nocellara, Tonda Iblea e altre autocto ne siciliane.
La struttura agrituristica è dotata di un ristorante e delle camere ricavate in quelle che un tempo erano le strutture più propriamente agricole, magazzini e pollai, mentre la vecchia stalla è oggi la sala colazioni, da cui si accede a uno splendido giardino fiorito. La piscina sembra quasi confluire in una grotta naturale recuperata, mentre tutt'intor no profumano le erbe aromatiche. Un tempo nella vicina Pergusa correvano le auto all'interno di un autodromo oggi marginalizzato dalla riserva, che è nata a tutela dell'unico lago naturale – di chiara origine vulcanica – della Sicilia. Dove un tempo si sentiva il rombo dei motori, oggi si sente solo il frinire delle cicale, in una campagna che è tranquilli tà, storia e bellezza.
BAGLIO POLLICARINI
Enna
www.bagliopollicarini.it
Calissene, nel segno del papà
Antonella e Nunzio, i due fratelli che hanno deciso di puntare sulla Nocellara del Belice per riallacciare un’antica storia di famiglia
Il Castello del Grifeo domina il panorama di Partanna, miracolosamente soprav vissuto al terremoto che nel 1968 colpì duramente questa località, che oggi si divide tra una parte alta, storica, e una più bassa di nuova costruzione. Intorno i campi e gli uliveti a vista d’occhio, dove a far da padrona è una sola cultivar, la Nocellara del Belice. Si tratta di un’oliva generosa, a doppia attitudine, mensa e molitura, che permette di ottenere un olio extravergine ricco, corposo, con i profumi inconfondibili che richiamano l’orto, le erbe aromatiche e i pomodori. Queste olive di buone dimensioni, tonde, carnose, sono anche ottime da gustare sott’olio o in salamoia, al punto da es sersi guadagnate una doppia denomina zione, sul prodotto olio e sull’oliva intera.
Antonella e Nunzio sono nati e cresciuti negli oliveti e nelle vigne. La loro è una famiglia contadina, una vocazione che il fratello maggiore ha perseguito con studi in agraria, mentre la sorella si specializzava nell’ambito commerciale e amministrativo. Con la collaborazione della mamma Giuseppina e della co gnata Serena, hanno deciso di creare un marchio identificativo di una linea di prodotti. Nel 2019 nasce così l’azienda agricola Calissene, che firma anzitutto il Pè Oil, dal nome del papà Giuseppe, detto Peppe, scomparso dieci anni fa, che con il suo lavoro ha permesso di mettere insieme i quaranta ettari che costituiscono il patrimonio dell’azienda. Oliveti, vigne con Catarratto, Syrah e
SOCIETÀ AGRICOLA CALISSENE S.S. Partanna (TP) www.calissene.it
Sangiovese e orto, a cui si è aggiunto re centemente un mandorleto di circa due ettari. Grazie al Programma di Sviluppo Rurale Sicilia, è stato possibile rinnovare il parco mezzi aziendale e ristrutturare l’antico cascinale, trasformandolo in un moderno magazzino di stoccaggio con i silos per l’olio, i macchinari per l’imbot tigliamento e le attrezzature per la tra sformazione dei prodotti. Dal connubio tra prodotti dell’orto e olio Evo nascono tante specialità: la cipolla di Partanna diventa confettura di cipolle e cipolla in agrodolce, il pomodoro viene trasfor mato in passata, le melanzane saranno l’ingrediente principale della caponata Tutti prodotti che a breve potranno an che fregiarsi del marchio biologico, dato che l’azienda è già in fase di conversio ne. I figli di Peppe sono cresciuti e, oggi più che mai, sono pronti a scommettere sul loro territorio e su quelle olive, ric che, profumate, generose.
L’agricoltura parla un nuovo linguaggio
La storia di Sebastiano e del suo approccio all’agricoltura, tra nuovi prodotti, comunicazione e tanta passione. Per il biologico e per la fotografia
Se anche l'occhio vuole la sua parte, i prodotti di Casale di Campo sono de stinati a fare scuola, grazie anche a un occhio capace di valorizzare la bellezza dell'imperfezione. La storia di questa co operativa siciliana racconta di resilienza e dell'importanza di assumere una di versa prospettiva. È anzitutto la storia di Sebastiano Casarubbia, il giovane presidente (31 anni), che durante gli stu di di economia ha scoperto di avere un disturbo di attenzione e di dislessia e ha trovato nell'agricoltura e nella possibili tà di mettere le mani in pasta una via d'uscita dallo stress che questo poteva provocargli. Si è riaffacciato all'attività di famiglia, interessandosi alle applica zioni cosmetiche dell'olio di oliva. “Fare i saponi mi ha cambiato la vita”, racconta.
Così, a breve, uscirà una linea di co smetici basata proprio sull'olio di oliva prodotto in azienda, ultima di una serie di innovazioni che Sebastiano, insieme a tutto il team, ha apportato. Ha sviluppa to canali di vendita diversi, in particolare legati alla frutta estiva e parallelamente ha creato dei gruppi di acquisto a cui raccontare, grazie alle immagini, la sua produzione. Questo è stato possibile applicando un'altra delle sue passioni, la fotografia, al punto da essersi meritato l'appellativo di “agrifotografo”.
Ha sviluppato un approccio diverso alla clientela, creando un gruppo WhatsApp, che è diventato in breve una importante piattaforma per la vendita e la distribu zione. Un gruppo, che oggi conta circa duecento famiglie, dove lui pubblica settimanalmente i prodotti a disposi zione, suoi e di piccole aziende del ter ritorio, organizzando di conseguenza le consegne in base agli ordini ricevuti.
“Un sistema nato durante il lockdown e diventato in breve tempo una risorsa per valorizzare l'attività agricola” spie ga. Tramite il gruppo, il dialogo diretto con i consumatori e le fotografie riesce a valorizzare la biodiversità spiegando le peculiarità e gli utilizzi delle differenti varietà e inserendo nella proposta an che le spontanee come i cavolicelli, il tarassaco o la cardella che crescono nei terreni a riposo per la rotazione. Prodot ti che riesce a valorizzare cogliendo con la sua macchina fotografica la bellezza dell'imperfezione, che in questo caso si gnifica biodiversità e unicità.
CASALE DI CAMPO Partinico (PA) casaledicampo
L’aquilone che fa volare il Grillo
Sull'etichetta del Sicilia Grillo “Con travénto” c'è una bambina con un aquilo ne che corre di fronte alle colline con le vigne e il lago sullo sfondo. “Quella bam bina siamo noi” spiega Calogero Aloisio che, seguendo il vento che muove gli aquiloni, è tornato alle vigne che il non no, Calogero anche lui, aveva piantato nel 1961. L'azienda Terre Garcia è nata ufficialmente solo nel 2018, fondata da lui a 25 anni fresco di studi in geologia a Pisa. Oggi la segue insieme al padre e al fratello Gaetano, con la consulenza di un enologo, anche lui giovanissimo e siciliano “di ritorno”, Salvatore Zichichi. Gli ettari vitati sono circa 10, in contra da Garcia, nella collina affacciata sulla diga Garcia. Tutt'intorno l'anfiteatro na turale dei monti Sicani, con lo sguardo che può spaziare dal monte Iato a Rocca Busambra, fino a Monte Genuardo. A po
chi chilometri, l'area archeologica della città Elima di Entella e il leggendario castello arabo Kalatalì, che si dice sor gesse su Pizzo del Gallo.
Uno spazio perfetto dove far prendere vita ai sogni che qui portano il nome di Grillo, Nero d'Avola, Sauvignon Blanc e Syrah. Una parte originari e una parte dai nuovi impianti che è stato possibi le realizzare a partire dall' OCM Vino 2018/2019 per integrazione e cambio varietale. I vigneti situati tra i 320 e i 400 metri sd’altezza sono accarezzati perennemente dai venti provenienti da sud e da nord, condizione ideale per mantenere le uve in salute. I risultati non si sono fatti attendere, come rac contano il Contravento Grillo 2021 e il Kalatalì Nero d'Avola 2021, diploma Vi nitaly 5StarsBook, ricevuto nell'edizione 2022. Una produzione di nicchia, circa 8mila bottiglie in tutto, seguite una a una da Calogero, geologo che, inseguen do l'aquilone di bambino, ha trovato il suo futuro tra le vigne.
TERRE GARCIA
Poggioreale (TP) www.terregarcia.it
Fenech e i vini millenari
Antiche tradizioni e vigne da film per un produttore diventato icona di un’isola, Salina, e di un vino le cui radici si perdono nel tempo
La Malvasia incrocia la storia delle Eo lie nel VI secolo a.C. con i primi coloni Greci a Salina. Da allora questo vitigno, capace di dare un vino dolce e aroma tico, si tramanda di famiglia in famiglia, quasi come un segreto. Le vigne man mano scompaiono e i produttori re stano pochissimi. Francesco Fenech è uno di loro. Dopo aver ereditato vigne e passione dal padre, nel 1996 si trova di fronte alla scelta se continuare lun go questo percorso oppure lasciare. All'epoca produceva solo tremila litri di Malvasia passita e un po' di Catarratto, Inzolia, Nerello Mascalese e Nero d’Avo la. Coraggiosamente decide di rilancia re, scommettendo su quel vitigno che racconta tanto della storia di Salina. Così decide di costruire una nuova can tina e creare una propria etichetta. Il successo è immediato, grazie anche ai prestigiosi premi raggiunti fin da subito.
Così estirpa le vecchie viti e procede a nuovi impianti acquistando altri terreni.
Oggi ha cinque ettari di vigna e due in affitto, certificati biologici. Si concentra sulla Malvasia secca, che chiama Mad dalena in onore della figlia. Poi punta sul Perricone lavorando con il freddo in modo scientifico: lo chiama Perciato, nome dell'arco di roccia simbolo dell'iso la che compare anche nel film Il Postino.
Anche in questo caso i risultati non si fanno attendere.
Oggi produce circa 15mila bottiglie di Malvasia secca e 1.500 bottiglie di Per ricone, oltre a una piccola produzione della tradizionale Malvasia passita.
AZIENDA AGRICOLA FENECH
Malfa (ME) www.fenech.it
La voglia di sperimentare di Fenech però non si arresta, dando vita a vere e proprie perle. A inizio Duemila arrivano nella sua cantina Attilio Scienza e Gia como Tachis, che qui scoprono vecchie damigiane di passito filtrato con il sacco dal padre. Lo trovano eccellente e ac quistano seduta stante l'intera partita. Francesco decide di replicare questa straordinaria produzione e, ispirandosi a questa antica tecnica di lavorazione, realizza un vino di Corinto nero passito che Cammilleri chiamerà Disiato. L'uva viene macerata, pressata e torchiata a mano e il vino ottenuto viene travasa to ogni mese. Un lavoro certosino che dà vita a un prodotto raro: per averne un litro è necessario lavorare 100 chi li d’uva. Fenech ne produce solo 500 bottiglie numerate, che si acquistano direttamente da lui. Un vino iconico di un produttore che rappresenta l'isola di Salina almeno quanto quei suoni che Il Postino cercava di registrare su un na stro da mandare all'amico Neruda.
LA GEOGRAFIA DELLA SICILIA DEL VINO
L’estremità occidentale della regione, tra le province di Trapani, Palermo e Agrigento, rappresenta il perfetto connubio tra grandi vini, borghi ricchi di storia e mare. Muovendosi dal capoluogo, Palermo, troviamo le Doc Monreale e Alcamo, quindi l’enclave di Marsala con le sue cantine e i suoi bagli secolari e la sua storia che si lega ai grandi commerci lungo il Mediterraneo. Quindi Erice con i suoi bianchi e i rossi, e poco sotto Menfi con alcune delle cantine storiche più importanti e una straordinaria realtà cooperativa. A un braccio di mare Pantelleria, patria dello Zibibbo, uno dei vigneti più rappresentativi insieme a Catarratto, Inzolia, Grecanico, Calabrese, Grillo e Nerello Mascalese, accanto a testimonianze di vitigni internazionali come il Syrah. Infine l’ultima Doc in ordine cronologico, Salaparuta, che prende il nome dall’omonimo comune del Trapanese.
La Contea di Sclafani è nel cuore della regione e coincide in buona parte con il parco delle Madonie. Un territorio vasto che prende origine da un antico feudo e che accoglie un’ampia varietà di vitigni: gli autoctoni Perricone, Nerello Mascalese e Nero d’Avola accanto a Merlot, Pinot Nero, Syrah e Sangiovese. A sud di questo territorio la piccola denominazione Riesi con calabrese, Nerello Mascalese e Inzolia, che confina con il territorio di Vittoria. Questa località dà il nome alla Docg Cerasuolo di Vittoria, un grande rosso prodotto nel territorio delimitato dal mare e dai monti Erei e Iblei.
Nella Sicilia Orientale, oltre alla zona dell’Etna, che ha creato una storia a sé, oggetto di continui investimenti in campo vitivinicolo, si contano altre importanti capitali della viticoltura, a cominciare dalle isole a Nord di Catania, le Lipari, patria della celebre Malvasia. A un braccio di mare, il territorio della denominazione Faro. Nell’areale di Messina, il vitigno autoctono a bacca rossa Nocera viene esaltato dal lavoro di una manciata di cantine. A sud dell’Etna invece l’area del Siracusano, già importante porto per il commercio dei vini con la Grecia classica, dove sopravvive una cultura di passiti e dolci.
Ecco perché qui si può assaggiare il Moscato di Siracusa, uno dei passiti più antichi del mondo, e quello di Noto da abbinare ai dolci a base di mandorle.
I giardini delle arance e lo spettacolo degli agrumeti
QUEI GIARDINI DALL’ORIENTE
Uno dei miti greci più celebri narra che l’undicesima fatica di Ercole sia stata introdursi nel celebre giardino delle Esperidi, figlie del titano Atlante, e rubare i frutti dorati per donarli agli uomini, superando la sorveglianza del drago Ladone. Per secoli gli studiosi si sono interrogati su quali fossero questi frutti e nel Cin quecento l’umanista Giovanni Pontano arrivò a identificarli con gli agrumi, pro babilmente i cedri, che erano diffusi fin dall’antichità. A questi frutti provenienti inizialmente dalle coste Fenice si sommarono limoni e melangole (le arance amare), quasi certamente dono degli Arabi. Già, perché la coltivazione degli agru mi in Sicilia, è una fedele fotografia della straordinaria storia di intrecci culturali che creano l’identità dell’isola. Gli Arabi infatti apprezzavano l’arancio amaro come albero ornamentale ideale nei giardini mediterranei. Ne è un esempio il Patio de los Naranjos (cortile degli aranci) di Siviglia, eredità dell’antica moschea e della moschea di Cordoba. Il giardino della Zisa, a Palermo, divenne anch’esso noto proprio per le pianti di agrumi e i fiori di zagara che lo adornavano e profu mavano. Da allora gli agrumi si imposero come alberi ornamentali che facevano bella mostra nei giardini rinascimentali. Poi arrivò il sapore, agro e dolce allo stesso tempo, che insieme alla suadenza dei profumi servì a conquistare il palato soprattutto delle classi nobili avvezze a questo gioco di contrasti. Tra Seicento e Settecento spetta ai navigatori portoghesi il merito di aver importato l’arancia dolce che non a caso in molte zone assunse il nome di Portogallo. Da allora la col tivazione delle arance iniziò a diventare una vera e propria attività agricola, ma nella dizione popolare continuò a essere usato il termine giardino. Luoghi fertili e ricchi di acqua, spesso legati alla presenza di monasteri e abbazie, i giardini sici liani mantengono questo nome e, in qualche caso, l’antica impostazione araba o tardo medioevale. A questi si è sommata la moderna agrumicoltura che in Sicilia macina tuttora numeri da record con più di 88mila ettari dedicati e oltre il 60% della produzione nazionale. Il giardino che arriva dall’Oriente continua a fiorire.
Quando l’e-commerce salva i giardini millenari
Gli Amici delle arance hanno il sorriso di Flavia e Renata, che non si sono arrese all’abbandono e al fuoco. Anche grazie a internet
Grammichele è un paese dalla pianta esagonale con una piazza enorme bru ciata dal sole. È nato da un terremoto seicentesco che distrusse completa mente l’antico abitato di Occhiolà, a sua volta sorta sulle vestigia della si cula Eketla. La valle dei mulini sembra un luogo sospeso nel tempo, dove tutto resta immutato, tra aranceti e uliveti. L'abitato dista poche centinaia di metri in linea d’aria, ma qui non c’è frastuono: si sente solo il rumore del vento tra le foglie. All’orizzonte c’è la batia, l’abba zia, punto di riferimento di quello che era il giardino coltivato dai monaci, da secoli.
Qui avevano dimora gli agrumeti più vecchi del paese, in molti casi invasi dalla vegetazione o distrutti dal fuoco. Flavia e Renata Coppoletta, dopo gli studi in Lingue e in Agraria, hanno deci so di ripartire da qui, da questa valle e, grazie al Programma di Sviluppo Rura le, hanno estirpato le infestanti e riqua lificato gli agrumeti, acquistato i mezzi agricoli e gli attrezzi e piantato le erbe officinali per arricchire la loro offerta che comprende anche le mandorle, provenienti da altri terreni di proprietà.
L’uliveto, dove la cultivar principale è la Tonda Iblea, confina con l’aranceto e sta lentamente ricrescendo dopo esse re stato più volte colpito dagli incendi. Nel progetto c’è anche la ristruttura zione di un fabbricato rurale, magnifico, che sfiora la sommità del colle da dove
AMICI DELLE ARANCE
Grammichele (CT) www.amicidellearance.com
si gode una vista invidiabile su tutta la valle. La loro attività si dipana tra il web e i campi.
Da una parte infatti hanno sviluppato l’e-commerce legato al sito amicidel learance.it, che rappresenta il loro principale canale di vendita, e dall’altro guardano molto alla qualità delle aran ce raccolte sul campo. Questa avviene solo quando i frutti sono giunti a pie na maturazione, attraverso l’utilizzo del panaro, il cestino che permette di riporle solo in un secondo tempo nella cesta grande, evitando così lo stress della caduta. Le arance sono raccolte solo sulla base degli ordini, staccate dalla pianta e preparate per la spedi zione: in tre giorni possono arrivare in tutta Italia. Grazie all’utilizzo di cultivar diverse coprono quasi completamente il periodo produttivo da settembre ad aprile.
Il sogno è utilizzare alcune delle strut ture agricole disseminate nella proprie tà per ospitare i clienti che solitamente si conoscono solo online. “Vogliamo fargli vivere la magia di questo giardi no” – spiegano – “i lavori nelle diverse stagioni, il ritmo di un tempo diverso da quello dei click a cui l’e-commerce li ha abituati”. Il giorno dopo l’intervista, un incendio ha distrutto parte del nuovo impianto. Flavia e Renata però non si arrederanno, come i loro ulivi secolari, che hanno avuto la forza di ripartire anche dopo essere stati “cuddati”.
Filomena, tre sorelle per un sogno in rosa
Una storia al femminile che continua tuttora nel segno delle arance e fa rivivere un antico casale nella campagna di Grammichele
Fino a pochi anni fa, all’ingresso del viale che conduce a questo casale sulla piana catanese, si poteva ancora leggere la sigla FB, iniziali di Filomena Ballirò, che per tutta la sua vita seguì i terreni e gli agrumeti di famiglia. Una storia di coraggio e di imprenditoria nella Sicilia di inizio Novecento, dove il lavoro femminile era quasi sempre confinato tra le pareti di casa.
Alla figura di questa zia, che ha attra versato quasi tutto il Novecento, si sono ispirate le sorelle Ballirò quando, nel 2020, hanno fondato la loro azien da partendo dai terreni di famiglia. Teresa, medico, Serena, architetto, e Francesca, studentessa alla facol tà di Ingegneria, hanno messo le loro competenze al servizio di un progetto comune per rilanciare con il nome di Filomena l’impresa di famiglia. Oggi sui 60 ettari di proprietà ci sono agrumeti, ma anche mandorleti, pistacchieti e oliveti. Attraverso i finanziamenti del Programma di Sviluppo Rurale hanno messo mano all’antico casale della zia che, pur mantenendo la struttura originaria con intatto il suo fascino, è diventato il centro dell’azienda. Al suo interno, infatti, ci saranno magazzini, uffici e il laboratorio dove le arance vengono pulite, smistate dalla calibra trice e messe in cassetta per essere spedite. La produzione, grazie a un utilizzo sapiente delle varietà, copre un calendario di diversi mesi, a partire dal Tarocco Gallo, emblema della loro
AZIENDA AGRICOLA FILOMENA Grammichele (CT) www.aziendaagricolafilomena.com
produzione, dal colore rosso intenso che caratterizza i prodotti della piana catanese. Oltre alla raccolta del taroc co Gallo, che va da metà novembre ad aprile inoltrato, ci sono il mandarino Primosole, i limoni, le arance Navel, le Zuccherine, i cedri e il Finger Lime, noto anche come caviale vegetale per la sua composizione in piccole sfere che si adattano perfettamente a carne cruda e pesce.
Tramite l’e-commerce le arance e gli altri agrumi viaggiano velocemente fuori dall’Isola, in cassette monopro dotto o miste. Alle arance possono es sere abbinati gli altri agrumi, ma anche la frutta secca, grazie alle mandorle e ai pistacchi prodotti nelle loro pianta gioni, ceci e legumi dai seminativi di proprietà o ancora il miele delle api che bottinano tra gli agrumeti, senza dimenticare l’olio, che può contare sul la Tonda Iblea che costituisce la base varietale degli oli Dop Monti Iblei.
Giorlando e la filiera del bio
Katia e il fratello Giuseppe prendono le redini della storica attività di famiglia per puntare sulla trasformazione e aggiungere valore al loro lavoro
Katia Giorlando ha 33 anni e una pas sione per le confetture e le marmellate, che lavora nel piccolo laboratorio co struito nell'azienda agricola di famiglia. Una strada nuova e appassionante, che ha affiancato alla gestione amministra tiva di cui si è occupata ancor prima, fresca di laurea in Legge. Accanto a lei, il fratello Giuseppe, che inizialmente ha affiancato il padre nel lavoro agricolo e poi ha dato avvio, ufficialmente due anni fa, al nuovo insediamento. Attualmente sono due i settori di at tività: la parte agricola relativa a la vorazione e coltivazione, e quella più propriamente di trasformazione, a chiu
sura della filiera, di cui si occupano i due fratelli in prima persona. Quest'ultimo settore è stato introdotto proprio con l'obiettivo di dare valore a una mate ria prima di qualità, che però rischiava di restare schiacciata dalle logiche di mercato.
Il podere può contare su 54 ettari di proprietà nella piana di Catania. La maggior parte a seminativo, poi agru meto, frutta secca (mandorle), pesche, albicocche, prugne e mele cotogne.
Attualmente nel piccolo laboratorio Ka tia, che si è formata grazie all'affianca mento di un tecnologo e alla sperimen tazione sul campo, ha messo a punto prodotti sottovetro, rigorosamente bio, che ha presentato con successo nelle principali manifestazioni di settore in Italia. Nei terreni sono stati introdotti i grani antichi siciliani: Timilia, Margheri to, Russello, Perciasacchi, Maiorca. Que sti sono moliti nel laboratorio interno e la farina è venduta direttamente o tra sformata in pasta da un pastificio locale.
Il catalogo dei prodotti a brand Giorlan do è in continua espansione e anche il mercato si estende parallelamente: tutta Italia, ma anche Danimarca, Lus semburgo, Australia. La vendita avviene tramite e-commerce, sostenuto dall'uti lizzo dei social, oltre che attraverso i ca nali tradizionali. In progetto però, oltre alle nuove strutture di produzione e al magazzino, c'è anche l'area accoglienza. L'azienda agricola diventa così sempre di più un laboratorio di multidisciplina rietà per acquisire ancora più valore.
AZIENDA AGRICOLA GIORLANDO
(CT) www.agricolagiorlando.com
Parlapiano, la Ribera nel mondo
Da quattro generazioni l’azienda è diventata un punto di riferimento nell’ambito della denominazione, grazie anche al continuo miglioramento tecnologico
Dici arancia e il pensiero immediata mente corre a Ribera, dove questo frutto ha ricevuto la Dop , sostenuta da una combinazione unica di storia e territorio. Siamo nella Sicilia occiden tale, in un'area dove il clima è mitigato dalle correnti marine e gli agrumeti sono protetti dai Monti Sicani. Qui, fin dall'Ottocento, è diffusa la coltivazione delle arance, che dal primo Dopoguerra ha però avuto una vera e propria im pennata grazie all'introduzione di varie tà come la Brasiliano e la Washington Navel, che in questa zona della Sicilia hanno trovato il loro habitat ideale. Il mito dell'arancia di Ribera si deve però anche a un gruppo di coltivatori diventati imprenditori agricoli, capaci di investire sul miglioramento del frut to, dei terreni e della distribuzione. In questo novero di aziende virtuose si situa senza dubbio Parlapiano che, da quattro generazioni, è attiva nel campo dell'ortofrutta e oggi vede al comando Biagio Parlapiano, presidente e socio unico, coadiuvato dai figli Vincenzo e Paolo, nella qualità di consiglieri del Cda. Alla tradizione hanno affiancato avanguardia tecnologica e un'attenzio
PARLAPIANO FRUIT S.R.L Ribera (AG) www.parlapianofruit.com
ne alla qualità garantita da certifica zioni quali IFS, GLOBAL GAP (GRASP) e BIO.
Inoltre, grazie al finanziamento ricevu to dal Programma di Sviluppo Rurale, Sicilia la Parlapiano Fruit ha potuto realizzare un ampliamento dello sta bilimento produttivo, per un totale di 6mila mq, per soddisfare le esigenze di un trend di produzione in continua crescita, investendo anche in nuovi e importanti macchinari.
Grazie a queste moderne e tecnologi che attrezzature per la lavorazione e la selezione elettronica dei frutti, l’a zienda riesce a incrementare la clas sificazione delle imperfezioni ad alti livelli, garantendo la qualità a fronte di un’elevata capacità produttiva. Il loro prodotto di punta è certamente l’Aran cia di Ribera Dop, ma anche l'Arancia Siciliana Bio, l’Arancia Paradiso, varietà di tipo vaniglia priva di semi. Infine, la Pera Coscia di Ribera e la Pe scabivona Igp.
La prima può contare sulle peculiarità di un territorio storicamente vocato alla sua produzione, grazie alla qualità delle acque irrigue e alle favorevoli con dizioni climatiche. La seconda, che nel 2014 ha ottenuto il prestigioso ricono scimento Igp, ha polpa bianca e soda, solcata da venature rosse e, in base al periodo di maturazione, si distingue in quattro ecotipi: la primizia bianca (o murtiddara), la bianca, l’agostina e la settembrina.
Il limone, da Siracusa al mondo
L’azienda Campisi, una storia di internazionalizzazione e di ricerca sul prodotto che proietta l’agricoltura siciliana nel futuro
La storia della famiglia Campisi è fat ta di intuizioni e scelte coraggiose a partire da quella compiuta da Anto nino Campisi, il più piccolo di quattro fratelli, che negli anni Settanta decide di lasciare i mercati rionali per punta re sull'esportazione in tutta Italia. Una scelta felice, raccolta dai figli Dario e Giuseppe capaci, nell'arco di due de cenni, di trasformare quella che era una piccola azienda locale in un punto di riferimento nazionale nel settore dell'agrumicoltura. Non è solo una que stione di volumi ma di strategia com merciale basata sulla qualità e sulla ricerca. L'azienda diventa organizzazio ne di produttori e arriva a gestire circa 700 ettari dove trovano spazio ortaggi, arance e soprattutto i Limoni di Sira cusa, caratterizzati da un'alta presen za di acido citrico e di oli essenziali. Soprattutto, però, diventa l'unica realtà agrumicola in Italia a chiudere la filiera: dal vivaio di proprietà dove crescono gli alberi che saranno poi impiantati per arrivare alla divisione aziendale dedicata alla trasformazione, fondata nel 2015: la Campisi Citrus
Nonostante la moltiplicazione delle at tività, il motore dell'azienda resta sem pre la famiglia Campisi: oltre ai fratelli Dario e Giuseppe, la nuova generazione costituita dalle figlie di Dario, Ludovica all'amministrazione e ai rapporti con la GDO e Barbara che segue la trasforma zione, e dai figli di Giuseppe, Roberto agronomo alla produzione e Antonino
AZIENDA AGRICOLA CAMPISI Siracusa
www.limonicampisi.it
sempre nella trasformazione. Proprio quest'ultima attività rappresenta una nuova frontiera su cui puntare, per un motivo economico ma anche etico. La chiusura della filiera ha permesso di lavorare tutti quegli agrumi della se conda gamma, quindi con piccoli difetti estetici, che prima dovevano essere svenduti o smaltiti e che invece diven tano surgelati e oli essenziali. Limoni, ma anche arance, pompelmi e lime, sono trasformati in succhi, polpa, scor ze, surgelati destinati al mercato del l'Ho.Re.Ca. dalla ristorazione alla gela teria e pasticceria, fino alla mixology e all'impiego nell'industria dei liquori. Gli oli essenziali invece seguono un doppio canale, quello più propriamente gastro nomico dove sono usati come aromi in cucina e quello per le fragranze dei profumi e dell'home care.
Tracciabilità completa e adesione a standard di produzione rigorosi, cer tificazione biologica dal 2002 uniti a una dimensione ancora familiare han no reso quest'azienda un player capace di operare in diversi Paesi, soprattutto con i prodotti trasformati che viag giano dalla Francia all'Australia. Una strategia attuata anche grazie all'ade sione al Programma di Sviluppo Rurale che ha consentito di sviluppare questa vocazione internazionale attraverso la partecipazione a fiere di settore in tut to il mondo e, nel contempo, di valoriz zare un prodotto dalle caratteristiche peculiari come il Limone di Siracusa.
IL GIARDINO DELLE ARANCE NELLA VALLE DEI TEMPLI
Il giardino della Kolymbethra racchiude in sé la lunga storia degli agrumeti siciliani. Nelle vicende che lo hanno caratterizzato c’è molto della Sicilia di oggi e della sua rinascita sotto tanti punti di vista.
La Kolymbethra, in un pugno di ettari, racchiude tutti gli ambienti della Valle dei Templi. La parte esposta a sud è quasi desertica, nel fondovalle c’è un alveo con canne, tamerici, pioppi, salici. Sui pendii ci sono mandorli, pistacchi, ulivi e carrube. Nel cuore trova spazio il giardino di agrumi: dodici antiche varietà di arance non più coltivate quindi limoni, mandarini, mandaranci, cedri, pompelmi, bergamotto e chinotto.
A stupire i visitatori di oggi e di ieri, però, non sono soltanto le varietà agronomiche ma l’intero sistema di coltivazione che ripercorre una storia millenaria.
Dagli acquedotti feaci, già descritti da Diodoro Siculo, sgorga tuttora l’acqua raccolta nei condotti ipogei. Un sistema di irrigazione ulteriormente migliorato dagli Arabi, basandosi solo sulla gravità. I monaci Cistercensi nel Medioevo lo hanno trasformato nel loro hortus, funzionale ai bisogni della comunità. Nel Settecento, infine, l’ultima destinazione a giardino mediterraneo. Un giardino come un libro che però, nel Novecento, ha rischiato di essere perso per sempre, divorato dai rovi e messo nel mirino della speculazione edilizia.
Tutto cambia nel 1999 grazie a un caparbio agronomo, Giuseppe Lo Pilato, che riscopre questo giardino e insieme al FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, lavora per la sua ricostruzione. Alla fine del 2001, il giardino entra ufficialmente tra i Beni del FAI. Viene ripulita l’area, tolti i rovi e le infestanti. Le piante sopravvissute riprendono a respirare. Grazie ai ricordi dei vecchi “jardineri”, l’aspetto viene ripristinato il più possibile aderente all’originale. Le gebbie di origine araba sono state ripulite e ricostruite, così come i sistemi per l’irrigazione, gli antichi sentieri e i muretti a secco.
Il giardino è tornato pienamente produttivo e le arance che prima erano vendute solo ai visitatori sono diventate un’importante risorsa, trasformate anche in marmellata. Soprattutto il giardino della Kolymbethra ha recuperato il suo antico ruolo di giardino mediterraneo, da vivere per i suoi silenzi e la sua bellezza sospesa nel tempo.
I formaggi e le carni nel cuore della Sicilia
I FORMAGGI DI POLIFEMO NEL MONDO
Nel nono libro dell’Odissea, proprio in Sicilia, avviene l’incontro tra il ciclope pastore Polifemo e il viaggiatore Ulisse. Il formaggio che Omero descrive è un formaggio misto ovino e caprino che sembra fare eco a quanto scrive Aristotele nella Storia degli animali: “In Sicilia mescolano al latte ovino il caprino, e così fanno ovunque”.
La Sicilia, amata dalla dea Cerere, è un’isola-continente, non priva di tradizioni casearie. E razze autoctone, come la pecora Comisana, della zona di Comiso, nel Ragusano, contraddistinta dal colore rosso mattone della propria testa; la peco ra Valle del Belice, originaria dell’omonima valle, diffusa in quasi tutta la Sicilia, dal mantello bianco; la capra Girgentana, della provincia di Agrigento, dalle corna attorcigliate e imponenti, e poi la vacca Modicana, diffusa nel Ragusano e nelle zone più difficili della Sicilia, col suo mantello rosso scuro e il latte di qualità supe riore. E ancora, la vacca Cinisara, autoctona della zona di Cinisi, nel Palermitano, dal mantello nero pece, con corna piccole e scure. A queste razze corrispondono formaggi rinomati in tutto il mondo: pensiamo al Pecorino, al Ragusano, al Pia centinu e alla Vastedda della Valle del Belice. Tutti formaggi Dop. A questi si aggiunge un panorama ancor più ampio, fatto di formaggi freschi e stagionati, di paste filate e paste crude, di pecorini, vaccini e caprini oltre alla ricotta che è base della pasticceria. La produzione di salumi non ha certo la stessa rilevanza. Per una questione culturale (la lunga dominazione Araba) e climatica, la suinicol tura resta marginale, fatta eccezione per alcuni salami crudi di riferimento come il salame di S. Angelo di Brolo o le salsicce di Chiaramonte e di Nicosia. Anche in questo ambito però sarà la biodiversità siciliana a marcare la differenza grazie a un’area, i Nebrodi, dove sopravvive una razza autoctona di suino nero che unita alla tecnica di allevamento allo stato brado fa di prosciutti e carni un’eccellenza capace di rivaleggiare con i migliori prodotti iberici.
Villa Dafne, l’agriturismo modello in Sicilia
Nel 1992 Alia è una cittadina prettamen te agricola, a 70 chilometri circa da Paler mo, nel cuore di una Sicilia rurale lontana dai canoni turistici a cui ci hanno abitua to le strutture sulla costa. Eppure queste colline che si tingono d'oro, i paesaggi che invitano al relax e le tante testimonianze artistiche dei paraggi a partire dalle grot te della Gurfa, danno un'idea ad Antonino Mascarella: fare della vecchia attività di famiglia un agriturismo capace di attirare pubblico anche dall'estero e non solo dai paesi limitrofi. L'idea ha successo e Villa Dafne cresce sia dal punto di vista agri colo sia da quello ricettivo. Oggi al timone della struttura ci sono i due figli di Anto nino, Giuseppe e Vincenzo, coadiuvati da una trentina di collaboratori. L'azienda agricola può contare su colti vazione di cereali, pomodoro siccagno, ma anche ortaggi estivi e invernali, che in buona parte sono impiegati nelle cuci ne dell'agriturismo. Poi c'è la macelleria da cui ricavano i salumi (salami crudi, coppa, lonza, prosciutti crudi e cotti) e le carni fresche che si gustano ai tavoli del ristorante. Quindi, il prodotto che più li identifica, anche perché rappresenta
VILLA DAFNE
Alia (PA) www.villadafne.it
l'attività storica di famiglia: il formaggio. “Abbiamo canestrato stagionato a lungo – racconta Giuseppe – quindi caciocaval lo fresco e stagionato, tuma, primosale, paste filate, oltre a un'importante produ zione di ricotta impiegata sia salata sia dolce nella pasticceria”.
Una gamma ampia, che trova spazio nel le due cucine del ristorante, quella aperta sempre, insieme alle 32 camere della struttura, e quella utilizzata nella sala banchetti. “Con il Programma di Sviluppo Rurale già chiuso – spiega Giuseppe – ab biamo installato un primo impianto foto voltaico da 40kWh, ampliato il caseificio e dotato l'agriturismo di ulteriori servizi come il percorso fitness e il giardino bota nico. Con il Programma di Sviluppo Rurale attuale abbiamo installato un secondo impianto fotovoltaico per essere autono mi il più possibile, ci siamo dotati di un sito per l'e-commerce e soprattutto stiamo apportando migliorie nelle stanze per of frire servizi sempre più elevati”. I progetti però sono tanti: “c'è anche qualche ettaro di bosco che potremo usare per far adot tare una pianta o per organizzare passeg giate nella natura a piedi o a cavallo”. Il silenzio è un valore importante, apprez zato dai turisti che arrivano qui da tutta Europa, per esempio, per praticare yoga o per le tante esperienze offerte, dai corsi di degustazione ai corsi di cucina fino alle visite in apiario alla scoperta delle Api Nere o alle gite sul territorio. “Vogliamo tenere qui i turisti anche oltre una setti mana”: una risorsa per l'agricoltura e per tutto il territorio.
Mulinello, la filiera del Suino Nero
Da mezzo secolo, un’azienda di riferimento per la suinicoltura grazie a una filiera chiusa e al macello interno. Tra i primi a credere nel Suino Nero dei Nebrodi
Il maiale 100% siciliano come base per produrre ottimi salumi ma anche carni fresche di qualità. La filosofia di Mulinel lo è tutta in questo processo di chiusura della filiera, che si è concretizzato negli ultimi due decenni con una serie di impor tanti interventi al processo produttivo. L'azienda nasce nel 1976 come alleva mento suinicolo, per poi trasformarsi alla fine del millennio con la realizzazione di un macello e, quindi, di un salumificio. Un lavoro sulla filiera che ha pochi eguali nell'Isola, anche perché rafforzato dalla creazione di un mangificio aziendale che permette di lavorare le materie prime e preparare il mangime degli animali a se conda delle diverse fasi di accrescimen to. Fondamentale in questo processo l'inserimento nella compagine aziendale della terza generazione della famiglia Cipolla: Alessandro, 35 anni, laureato in Economia, si occupa oggi del marketing, Adriana, 32 anni, laureata in Scienze e tecnologie alimentari, è responsabile del controllo qualità mentre la più giovane, Alida, 29 anni, supervisiona l'allevamento. Quest'ultimo è tuttora il fiore all'occhiello, con una presenza fissa di cinquemila capi, di cui 500 fattrici. Mulinello lega però il proprio nome anche al Suino Nero dei Nebrodi, una razza au toctona che hanno contribuito in modo considerevole a valorizzare. A partire dal 2005 hanno iniziato a stringere part nership con gli allevatori di questa razza suina, che viene per lo più allevata allo stato brado. Seguono da vicino gli alle vamenti e sono arrivati a lavorare anche
AZIENDA AGRICOLA MULINELLO Assoro (EN) www.aziendamulinello.it
cinque/seimila capi l'anno, che si vanno a sommare a quelli del suino leggero del loro allevamento. Quest'ultimo, grazie anche al ridotto contenuto di grasso, è destinato per la maggior parte alla com mercializzazione della carne fresca oltre ai salumi su cui sono ormai un marchio riconosciuto in tutta la Sicilia. Il Nero dei Nebrodi, invece, è materia prima per grandi salumi, come il prosciutto crudo a cui hanno affiancato la proposta di tagli iberici molto apprezzati nella ristorazione di alta gamma come la pluma, la presa, la carillada e il secreto.
Questa propensione alla lavorazione del le carni è stata ulteriormente ampliata con l'adesione al Programma di Sviluppo Rurale, grazie all'aumento della capacità produttiva del salumificio e, in particola re, all'utilizzo di tecnologie che permet teranno di ampliare l'offerta con precotti e affettato in vaschetta, e il confeziona mento skin delle carni che permette di allungare notevolmente la shelf life. L'o biettivo è uscire anche con prodotti fre schi su scala nazionale e internazionali, portando il suino siciliano e in particolare il Nero dei Nebrodi a competere con i sui ni più pregiati del mondo.
Il caciocavallo siciliano dalle bovine del deserto
Il caciocavallo siciliano ha due grandi capitali: da un lato il ragusano, dall'al tro l'areale di Palermo e, in parte, Tra pani. Un prodotto simile all'apparenza, nella forma, ma differente per tecniche di lavorazione e materia prima di par tenza. A tracciare un'immaginaria linea di demarcazione, infatti, è anche il latte di due razze diverse pur essendo en trambe ancestrali e legate alla storia della Sicilia. Se nel Ragusano, infatti, la bovina di riferimento è la Modicana, nel Palermitano e Trapanese si tratta invece della Cinisara. Quest'ultima raz za podolica, rustica, allevata allo stato brado o semibrado, deriva il suo nome dal termine arabo ‘Ginisiu’, carbone che evoca il colore del manto. Un ani male a doppia attitudine che produce poco latte ma di alta qualità con un'al ta presenza di k-caseina che lo rende perfetto per la caseificazione. Una dote che ben conoscono Carlo e Calogero Valenti che allevano un centinaio di questi capi e lavorano direttamente il latte nel caseificio aperto nel 2019,
CASEIFICIO VALENTI
Castellammare del Golfo (TP)
Caseificio-Valenti
dando così nuova vita alla storica atti vità di famiglia.
Nel loro caseificio artigianale, utilizza no tecniche e attrezzature tradizionali in legno per produrre caciocavallo da consumare fresco o stagionato e ca ciotte con fermenti naturali autopro dotti oltre a una ricotta mista vaccina e ovina.
A fare la differenza oltre all'alleva mento di razza Cinisara è anche l'ali mentazione delle bovine che possono pascolare sui terreni di proprietà e nu trirsi del foraggio che loro stessi hanno coltivato. Il risultato è un prodotto che riscuote l'approvazione degli appas sionati e che si può gustare recandosi direttamente al caseificio dove hanno una rivendita o nei negozi specializzati soprattutto nella Sicilia Occidentale.
Feudo Pollichino, dove la Vastedda è arte
La terza generazione dei Lala punta sui prodotti del caseificio e su una proposta di turismo esperienziale per valorizzare il territorio della valle del Belice
La Vastedda della Valle del Belice è un formaggio unico al mondo: una pa sta filata da latte ovino messa in forma nei piatti - da qui la caratteristica for ma ovoidale - da consumare freschissi ma. Una produzione arcaica dei pastori della Valle del Belice che conciliavano l'attenzione alle mandrie con tecniche di produzione casearia raffinate.
Oggi sono pochissimi a produrla, lun go la Valle del Belice, nelle province di Trapani, Agrigento e Palermo. I fratelli Lala hanno il loro allevamento di peco re dell'autoctona razza Belice nell'en clave di Contessa Entellina (Pa) proprio ai piedi della Rocca d'Entella.
L'azienda nasce nel 2011 a comple tamento di una filiera fondata su tre generazioni di agricoltori che per un secolo hanno solo venduto il latte. Carolina e il fratello Giuseppe parte cipano al primo insediamento e con i fondi del Programma di Sviluppo Rurale acquistano mezzi agricoli, reti per la
FEUDO POLLICHINO
Contessa Entellina (PA) www.feudopollichino.it
recinzione e rinnovano parte delle at trezzature di caseificio e azienda.
Oggi la loro attività è sia zootecnica sia casearia e può contare su 800 capi ovini munti manualmente e alimenta ti attraverso il foraggio coltivato sui terreni di proprietà. Gli animali infatti sono al pascolo tutto l'anno, di cereali e, in estate, di restucce, cioè le stoppie che restano dopo la mietitura. Questa impostazione ha permesso di ottenere la certificazione bio sia sulle coltivazio ni sia sul latte e i formaggi. A Giuseppe, 31 anni, che si occupa del comparto agricolo, e Carolina, di 33, che grazie alla Laurea in Economia, punta sul marketing, si sono aggiunte le giova nissime Rosa, 27 anni, e Nicoletta, 25 anni che si è appena laureata in ambito alimentare e agrario per poter dare il proprio apporto nel settore tecnico dell'azienda.
Una famiglia che è anche dedita all'accoglienza: il caseificio può essere visi tato con dimostrazione delle tecniche casearie usate e degustazione finale. Anzi, hanno aderito all'ultimo Pro gramma di Sviluppo Rurale proprio per costruire una nuova sala degustazione dove ricevere gli ospiti. “Dopo tutti i sa crifici fatti da chi ci ha preceduto - spie ga Carolina - non potevamo abbando nare il territorio”. Vastedda, ma anche Pecorino e ricotta sono le eccellenze su cui i quattro fratelli Lala possono costruire il futuro.
Il Piacentinu che profuma di Sicilia
Grano, foraggi, ortaggi e olive di ulivi secolari, tutto in regime biologico, oltre naturalmente all'allevamento e alla pro duzione di formaggi che si lega al nome dei Piscopo da sempre. È un'azienda mo dello, multifunzionale, quella che i fratelli Liborio e Mario Piscopo hanno costruito partendo da un'eredità, anche e soprat tutto culturale, lunga almeno quattro generazioni.
Grazie ai finanziamenti ricevuti dal Programma di Sviluppo Rurale Sicilia, l’azienda ha potuto ristrutturare le vec chie stalle, aumentando così il numero degli animali e il benessere degli stes si, rendendole moderne e con annessa sala di mungitura automatizzata, non ché aggiungendo il ricovero scorte. Ma i Piscopo, grazie ai fondi del Pro gramma di sviluppo rurale, hanno anche pensato di diversificare, impiantando un mandorleto di circa due ettari, e a breve metteranno a dimora anche un impianto di circa 40 mila bulbi di zaffe rano, essenziale per la produzione del Piacentinu Ennese, formaggio che ha in questa spezia uno degli ingredienti che lo caratterizzano.
L’azienda è stata ampliata, raggiungen do quasi i 150 ettari di superficie, con un cambiamento nel mix colturale, mentre si sta concretizzando l'idea di chiudere la filiera dell’olio di oliva. Il cambiamento più importante riguarda l'utilizzo di nuo ve tecniche, anche nel campo zootecni co, curando ogni giorno l’importanza del
SOCIETÀ AGRICOLA PISCOPO Enna
benessere degli animali. “Stalle pulite e salubri incidono molto sia sulla qualità della vita degli animali sia sulla quantità e qualità del latte prodotto” spiega Libo rio Piscopo. Attenzione alla biodiversità e alla sostenibilità, che si riflette anche nell'utilizzo della tecnologia più avanza ta, dall'impianto fotovoltaico per sop perire ai bisogni energetici dell'azienda all’informatizzazione dei processi e del la contabilità. L'agricoltura si conferma come amalgama perfetto tra passato e futuro.
PIACENTINU, UN FORMAGGIO DA RE
L’etimologia di questo formaggio ancora oggi è dibattuta: alcuni so stengono derivi da “piangentinu”, os sia formaggio con la lacrima, per le gocce di grasso che trasudano dalle forme; altri ancora lo riconducono al significato di piacentinu, ovvero pia cente, che piace. A caratterizzarlo, l’aggiunta di zafferano dopo la se conda rottura della cagliata, che si dice voluta da Ruggero il Normanno, che ordinò ai casari di metterlo nel formaggio consumato dalla moglie per via delle presunte proprietà antidepressive. Oggi il Piacentinu, prodotto con latte intero lavorato crudo, ha superficie rugosa, pasta compatta e cremosa e un profumo intenso al naso, mentre in bocca il pepe in grani contribuisce a esaltar ne la nota piccante.
Il formaggio che nasce dal tufo
te in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. O ancora l'Ubriaco al Marsala affinato 90 giorni direttamente con il vino e non semplicemente a con tatto con le vinacce. O ancora il primo sale con tante erbe e spezie diverse oppure formaggi tradizionali come il Piddiato, formaggio a pasta filata rico nosciuto anche dal ministero delle Poli tiche agricole.
La famiglia Impiccichè alleva le pecore della Valle del Belice da quattro genera zioni: dal bisnonno Pietro a Giovanni, che attualmente segue gli oltre 800 capi in rimonta e adulti. Soprattutto però è artefice della trasformazione di questa nuova sede in un luogo ideale per il turi smo esperienziale.
“Tutto comincia circa vent'anni fa – rac conta Giovanni – con l'acquisto di questa cava da un amico del padre”. La località è adiacente al santuario di San France sco di Paola, luogo di culto dei cavatori. In questa zona di Marsala infatti un tempo le cave di tufo erano numerose e questo materiale ha permesso un importante sviluppo economico alla città. Una volta dismessa, la cava è stata recuperata a giardino e qui hanno trovato posto un vivaio e il caseificio Impicciché, che la vora e stagiona i formaggi ottenuti dalle pecore dell'allevamento di proprietà.
“Abbiamo voluto legare il territorio ai nostri formaggi in diversi modi” raccon ta Giovanni, che spiega così la nascita della linea il Garibaldino, presentato in tre varianti: rosso, nero e oro, realizza
CASEIFICIO IMPICCICHÈ
Marsala (TP) www.caseificioincava.it
La cava, situata a venti metri sotto terra, ha le pareti bianche tinte dal rosso della terra, creando un partico lare mélange che si esalta al tramonto, momento della giornata preferito per organizzare degustazioni e aperitivi, così da dare la possibilità agli ospiti di godere del palmeto e assaggiare i for maggi in un contesto unico. Questa è la chiave di un turismo emozionale più che esperienziale, che conquista appas sionati e visitatori. Hanno partecipato al Programma di Sviluppo Rurale aderendo a progetti di ricerca per valorizzare la macchia mediterranea e questo gli ha permesso di creare cuscini di pino, ro smarino, coriandolo, che favoriscono la bottinatura delle api. “L'idea è avere dalle api la massima territorialità, come accade per il vino. Il miele creato con le nostre essenze sarà un elemento in più per arricchire la nostra degustazione”. Giovanni Impiccichè ha anche dato vita alla lavorazione itinerante della ricotta con la pentola di rame, che fa bella mo stra durante feste e buffet. All'insegna di un'agricoltura che trova una risorsa nel suo essere esperienza condivisa.
Le provole Fioriglio, nel cuore del Parco dei Nebrodi
Una famiglia che da 5 generazioni tramanda la tradizione casearia della Provola Dop originaria dei Nebrodi siciliani
Mistretta si trova a metà strada tra Messina e Palermo, dietro ha l’Etna e davanti il Mar Tirreno, eppure si trova nel cuore del Parco dei Nebrodi, ma ne anche tanto distante dal mare. Un luo go denso di storia, borghi antichi, ca stelli e torri. A pochi passi dal centro, a circa 5 chilometri, nasce l’azienda Fio riglio, da ben 5 generazioni attiva nel mondo della Provola dei Nebrodi Dop.
Biagio insieme al fratello e al padre Antonino, porta avanti una tradizione trentennale nel cuore del Parco dei Nebrodi, con una vista mozzafiato tra mari e monti. E si respira da subito l’aria dei boschi alti un chilometro sul livello del mare, l’enorme caseifi cio ospita all’interno diverse aree di stoccaggio e per la stagionatura dei prodotti biologici: provole e derivati. Di versi gradi di stagionatura con la par ticolare “sfogliatura” che, dopo 6 mesi
dalla produzione, valorizza le striature interne della provola, che risulta meno compatta. La famiglia Fioriglio ha usu fruito dei fondi Programma di Sviluppo Rurale 2008-2014, rinnovando le strut ture esistenti con un nuovo magazzino e diversi locali adiacenti.
La produzione si stima intorno ai 4050 chili al giorno soprattutto in prima vera. All’interno è possibile effettuare tour degustativi e ludici per chi volesse scoprire il mondo caseario nebroideo secondo la tradizione secolare. Fiori glio esporta i suoi prodotti in provincia, ma anche nel piccolo mercato della rete locale e dei ristoranti. Tramite il sito web è possibile ordinare le provo le di diverso taglio e scoprire la storia dell’azienda. Con i nuovi fondi Pro gramma di Sviluppo Rurale i Fioriglio puntano a rinnovare l’area dedicata all’allevamento del bestiame che tutto ra occupa oltre 100 ettari.
FIORIGLIO
Mistretta (ME) www.provolafioriglio.it
Baldo e la passione per la Vastedda
Erede di una storica famiglia di allevatori, ha fatto di questo formaggio il suo fiore all’occhiello lavorando oltre che sull’allevamento anche sulla produzione del caglio
La famiglia Cucchiara da oltre un seco lo alleva pecore nella Valle del Belice. Sono Salvatore e il fratello Liborio a lavorare a lungo sul miglioramento del patrimonio genetico della razza, otte nendo capi sempre più produttivi. Baldo, dopo gli studi al Liceo Classico, è via via entrato nei diversi settori del caseificio, partendo però dalla produzione. Il latte proviene dai 900 capi di proprietà, ac compagnati al pascolo durante quasi tutto l'anno e nutriti con orzo, avena e fieno prodotti in azienda da agricoltura biologica.
Fra le materie prime peculiari della Va stedda della Valle del Belice c'è anche il caglio, utilizzato per la coagulazione presamica del latte che deve essere ottenuto secondo il metodo tradizionale dall’abomaso di agnelli lattanti (caglioli) di razza Valle del Belice, allevati nell’a reale della Dop. Poiché la pratica di una pastorizia tradizionale ed estensiva, di tipo semibrado, mal si concilia con la produzione del caglio, si è resa neces saria la realizzazione di un centro di produzione di caglio in pasta di agnello tale da assicurare il fabbisogno degli allevatori: i Cucchiara oggi sono tra i principali fornitori. Baldo, insieme alla sua famiglia, oltre a tutelare le peculiarità della Vastedda, è anche impegnato nella promozione dell'intero territorio, attraverso giorna te aperte al pubblico nei weekend. Come dire, un’attenta strategia ‘Farm to Fork’ verso un sistema alimentare equo e so stenibile.
AZIENDA AGRICOLA CUCCHIARA Salemi (TP) www.aziendacucchiara.it
LA VASTEDDA DEL BELICE, UNA PASTA FILATA UNICA
la Vastedda della Valle del Belice Dop è l’unico formaggio di pecora a pasta filata prodotto in Italia con latte intero crudo. Si tratta di un formaggio che viene realizzato in maniera artigianale utilizzando le attrezzature storiche (tina, piddia turi, rotula, paletta in legno, fiscelle di giunco, piatti fondi in ceramica, caldaia di rame stagnato) e il latte proveniente da pecore di razza Val le del Belice, allevate nell’omonima valle.
Programma di Sviluppo Rurale: cos’è
Il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) Sicilia 2014-2022 è lo strumento di finanziamento e di attuazione del Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale (FEASR) dell’Isola, che vede assegnata alla Sicilia l’importo complessivo di 2.912.020.705,02 di euro.
Il programma si fonda su tre obiettivi strategici di lungo periodo:
1. competitività del settore agricolo,
2. gestione sostenibile delle risorse naturali,
3. sviluppo equilibrato dei territori rurali.
QUESTI SONO PERSEGUITI ATTRAVERSO
6 PRIORITÀ:
1. promuovere il trasferimento della conoscenza e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali;
2. potenziare la redditività delle aziende agricole e la competitività dell’agricoltura in tutte le sue forma, promuovere tecniche innovative per le aziende agricole e la gestione sostenibile delle foreste;
3. promuovere l’organizzazione della filiera alimentare, compresa la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, il benessere animale e la gestione dei rischi nel settore agricolo;
4. preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura;
5. incentivare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale;
6. adoperarsi per l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali.
Le suddette priorità sono a loro volta suddivise in Focus area con obiettivi strategici di dettaglio (per approfon dire www.psrsicilia.it/priorita-e-focusarea/), da raggiungere nell’arco della Programmazione per assicurare il con seguimento dei target previsti dal PSR. A questo scopo sono stati emanati nu merosi bandi e avvisi per assicurare il sostegno alle aziende agricole e agroali mentari siciliane, attraverso misure vol te all’ammodernamento degli impianti e delle strutture aziendali, della logistica, delle imprese di trasformazione, delle infrastrutture a servizio delle aziende agricole, dell’attività agricola volta ad obiettivi di ecosostenibilità e qualità delle produzioni (biologico, riduzione del input chimici, filiere corte ecc). Tali interventi andranno ribaditi e potenzia ti nell’ambito del Green Deal europeo e dalla strategia del “Farm to fork”, che rappresentano le basi della nuova programmazione. Inoltre grande impor
tanza è stata data alla diffusione della banda larga e delle nuove tecnologie e alla valorizzazione della qualità della vita nelle zone rurali e alla loro attrat tività, attraverso il coinvolgimento degli enti locali.
I bandi per il primo insediamento dei giovani in agricoltura hanno permesso l’insediamento di oltre 1700 giovani agricoltori, che si aggiungono ai 1600 della vecchia programmazione, che hanno avviato progetti concreti di am modernamento e sviluppo nelle proprie aziende agricole, con un rilevante ringio vanimento del settore che si rivela indi spensabile per accogliere rapidamente l’innovazione.
La sottomisura 4.1 “Sostegno agli in vestimenti nelle aziende agricole”, nei due bandi pubblicati, ha fatto registrare diverse migliaia di adesioni, così come grande riscontro hanno avuto i bandi de stinati a incrementare il valore aggiunto del settore primario e delle filiere (come quello destinato alle imprese agroali mentari) e quelli per la diversificazione delle attività agricole (agriturismo, fat torie didattiche agricoltura sociale). Oltre alle aziende agricole sono benefi ciari degli aiuti del PSR i Comuni, le im prese non agricole operanti in aree rura li, le associazioni per attività turistiche e sociali, gli Enti di ricerca, altri soggetti che possono contribuire al miglioramen to della vita nelle aree interne rurali e al ripopolamento delle stesse.
Un forte accento è posto sulle reti di co operazione per la ricerca, l’innovazione e la promozione di prodotti o processi innovativi al fine del miglioramento delle filiere agroalimentari nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza alimen tare. www.psrsicilia.it
L'AGRICOLTURA diventa sostenibile
L’agricoltura sostenibile è un’agricoltura che rispetta le risorse naturali, preservandole per le generazioni future: riduce al minimo l’utilizzo di fattori produttivi (acqua, fertilizzanti, fitofarmaci), non utilizza sostanze inquinanti, non altera l’equilibrio ambientale. Oggi la maggiore consapevolezza da parte di consumatori, aziende e governi sta spingendo verso l’agricoltura sostenibile.
In passato, allo scopo di massimizzare le produzioni, l’agricoltura ha modificato il territorio e l’ambiente senza curarsi degli effetti negativi. In particolare, l’industrializzazione ha rivoluzionato il mondo agricolo, con modelli di agricoltura in-
tensiva ad alta produttività che hanno una grossa responsabilità sull’attuale degrado ambientale e sui cambiamenti climatici con cui oggi ci troviamo a fare i conti. Per incrementare la produzione e coltivare anche in suoli poco adatti è stato fatto largo impiego di fertilizzanti e pesticidi, con danni significativi per l’ambiente e la salute.
Tra gli obiettivi della sostenibilità in agricoltura, oltre al contrasto dei cambiamenti climatici, c’è quello di garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione globale, puntando sull’equità sociale e l’accessibilità per tutti a prodotti di qualità.
Valorizza le produzioni di qualità
La strategia Farm to Fork (dal Produttore al Consumatore) è il piano decennale messo a punto dalla Commissione Europea per guidare la transizione ver-
so un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, rendendo i sistemi alimentari più sostenibili. Il fine è quello di rispondere all’esigenza del
Custodisce il territorio e il paesaggio
consumatore di conoscere la prove nienza dei prodotti e scegliere alimenti sostenibili.
Tra gli obiettivi del Programma di Svilup po Rurale Sicilia vi è la valorizzazione delle produzioni agroalimentari siciliane, in particolare dei prodotti con valo re ambientale (BIO), territoriale (DOP, DOC, IGP), culturale-antropologico, dif ferenziando e caratterizzando le produ zioni in termini di qualità e di legami con la zona di produzione.
È necessario inoltre tutelare la salu te dei consumatori con il contrasto alla contraffazione, alla sofisticazione alimentare e all’agro-pirateria, salva guardando le produzioni agricole si ciliane; grazie al marchio QS (Qualità Sicura) la Sicilia garantisce la traccia bilità del prodotto a maggior tutela dei consumatori, con particolare riguardo alla salubrità delle produzioni agricole e alimentari, alla salute delle piante e degli animali e alla protezione dell’am biente.
La presenza di coltivazioni protegge il suolo dall’erosione e in particolare in Sicilia, caratterizzata da un clima caldoarido, salvaguarda il territorio dalla de sertificazione.
Le attività produttive e di trasformazio ne nelle aree marginali e interne della Sicilia stanno subendo il progressivo ab bandono da parte degli agricoltori, con ripercussioni economiche, ambientali e sociali. Proprio in queste zone è ne cessario incentivare la permanenza sul territorio di un’agricoltura estensiva e sostenibile che, nel rispetto dell’ambien te, garantisca l’approvvigionamento ali mentare; una emergenza aggravata dal
conflitto in atto tra la Russia e l’Ucraina.
Quello che finora è stato un limite per la nostra terra, ovvero l’esistenza di aree estensive a basso rendimento che non hanno ricevuto incentivi e sostegno, può oggi diventare un’opportunità per dare risposta immediata agli obiettivi ambientali e sociali dell’Unione Europea, ripopolando e rimettendo a coltura le aree interne abbandonate.
Queste zone, dove gli ettari disponibili sono numerosi ma a basso rendimento, richiedono incentivi e premi alla produ zione e alla trasformazione dei prodotti agricoli.
Protegge la biodiversità
Il diffondersi dell’agricoltura intensiva ha determinato l’affermarsi di poche varietà geneticamente uniformi che hanno sostituito quelle tradizionali pro vocando la diminuzione della variabilità genetica. In particolare, al fine di otte nere alcune caratteristiche produttive desiderabili, le nuove varietà generano un alto rischio di erosione genetica, cioè la perdita della diversità genetica presente nelle varietà tradizionali. La diffusione di individui molto simili tra di loro rappresenta un problema non solo di estinzione ma anche di vulnerabilità alle avversità biotiche e abiotiche.
La biodiversità, cioè la varietà di orga nismi viventi presenti sul Pianeta e in equilibrio tra loro, è minacciata dall’in quinamento, dall’agricoltura intensiva, dal fuoco, dall’erosione del suolo, dal cambiamento climatico. Preservare un’ampia varietà di organismi assicu ra la naturale sostenibilità di tutte le forme di vita, un ecosistema in buona salute sopporta meglio un disturbo e reagisce efficacemente a una malattia o un’intemperie.
Conservare le varietà e le razze tradi zionali è il primo passo per ripristinare la biodiversità dei nostri ecosistemi.
Crede nella innovazione
avanzate per un migliore impiego dei fattori produttivi. Per perseguire i nuo
Rafforza il ruolo dell’ agricoltore
vi obiettivi ambientali dell’Europa si sta diffondendo l’agricoltura di precisione, che utilizza strumenti informatici per ridurre al minimo l’uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari e riduce lo spreco di acqua, ottimizzando la produzione e personalizzando le tecniche agricole
in base alle caratteristiche ambientali specifiche di ogni zona. Infine, l’agricoltura 4.0 sfrutta l’innovazione tecnologi ca per rendere l’agricoltura più efficien te ed eco-friendly, utilizzando moderne tecnologie per la pianificazione e la ge stione dell’intera filiera.
La Strategia Verde o Green Deal Eu ropeo è un insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione Europea con l’obiettivo generale di raggiungere la “neutralità climatica” in Europa entro il 2050. L’intenzione è quella di rivedere ogni legge vigente in materia di clima e, inoltre, di introdurre nuove leggi sull’e conomia circolare, sulla ristrutturazione degli edifici, sulla biodiversità, sull’agri coltura e sull’innovazione.
Gli agricoltori svolgono un ruolo fonda mentale nella lotta contro i cambiamen ti climatici, nella tutela dell’ambiente e nella salvaguardia dei paesaggi e della biodiversità.
Senza trascurare la strategia verde, va sostenuto con incentivi e premi il ruolo
dell’agricoltore, che non abbandoni l’at tività specialmente nelle aree marginali interne a basso rendimento. Pertanto, avranno la possibilità di dare un ulteriore contributo e di essere ri compensati se andranno oltre i requisiti obbligatori che impone l’Unione Euro pea.
La Politica Agricola Comune (PAC) pre vede adesso degli impegni pressanti per gli agricoltori in favore della sostenibili tà ambientale.
Ne sono un esempio gli Eco-schemi: re gimi volontari per il clima e l’ambiente che permetteranno agli agricoltori di ricevere un pagamento aggiuntivo al so stegno di base al reddito, o un pagamen to compensativo dei costi supplementa ri sostenuti e del mancato guadagno.
BORN IN SICILY
La Sicilia è stata nella storia crocevia di popoli, civiltà e culture e la sua evoluzione culturale, testimoniata da un ricco patri monio artistico, archeologico, architetto nico, museale, letterario, paesaggistico e ambientale, hanno fatto dell’Isola un ser batoio prezioso da cui attingere le risorse genetiche naturali, per diversificare le produzioni enologiche, vegetali e animali.
L’agricoltura BORN in SICILY conta pro duzioni a Denominazione di Origine (DOP, IGP) riconosciute dall’Unione Europea, Presidi SLOW FOOD e produzioni tra dizionali individuate dal Ministero delle Politiche Agricole; la Sicilia detiene il pri mato italiano di agricoltura biologica.
Le produzioni di grano duro e zootecniche
sono materia prima fondamentale per l’agroindustria.
La varietà qualitativa e la connotazio ne salutistica dell’enogastronomia ha raggiunto elevati livelli fin dal IV secolo
a.C. - quando Archestrato di Gela scrisse Hedypatheia, il primo trattato in versi di cultura gastronomica - coinvolgendo nel corso dei secoli sia le classi sociali do minanti e nobiliari, sia quelle contadine e popolari.
La forte spinta all´intensivizzazione delle colture ha portato al rischio di estinzione di tantissime varietà coltivate fino a qual che decennio fa.
Le esigenze dell’agroindustria hanno cau sato infatti la perdita di variabilità qua litativa dei prodotti agricoli e quindi dei derivati industriali, con l’omologazione del “gusto” e la perdita del tradizionale legame fra territorio, tradizioni e abitudi ni alimentari.
Oggi le migliori produzioni siciliane di qualità - vini, oli, frutta, ortaggi, formaggi, cereali e carni - sono ancorate a una bio diversità differenziata e non omologata che ne esalta le caratteristiche quali tative e coniuga la conservazione delle risorse genetiche e del germoplasma con la qualificazione delle imprese e dei prodotti.
Il settore agroalimentare siciliano ha puntato all’identità di gusti e sapori, trop po a lungo standardizzati e omologati. La riscoperta attuale della qualità della vita e della qualità alimentare rappresen ta una sorta di vero e proprio “umanesimo di ritorno”.
BANCA DELLA TERRA
L’iniziativa Banca della Terra ha l’obiet tivo di rafforzare le opportunità occu pazionali e di reddito delle aree rurali, valorizzare il patrimonio agricolo fore stale incolto e/o abbandonato nonché favorire il ricambio generazionale nel comparto agricolo.
L'Albo “Banca della Terra di Sicilia”, istituito presso l'Assessorato regiona le dell'Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea contiene le informazioni relative alla consistenza, destinazione e utilizzazione di:
- terreni e immobili della riforma agra ria che permangono nella disponibilità dell'Ente di Sviluppo Agricolo (ESA);
- terreni e immobili del demanio fore stale;
- terreni e immobili dell'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello svi luppo rurale e della pesca mediter ranea;
- terreni e immobili concessi in uso gra tuito da enti locali e/o altri soggetti pubblici;
- terreni e immobili concessi da privati alla Banca della Terra di Sicilia.
Nata nel 2016, la Banca della Terra fa vorisce l’incontro tra domanda e offer ta di terra, con la possibilità per i gio vani sotto i 41 anni di pagare il prezzo del terreno ratealmente, con un piano di ammortamento fino a 30 anni. In Si cilia si sono conclusi i primi due bandi che hanno assegnato oltre 500 ettari di terra a 15 giovani agricoltori singoli o associati.
BUL – BANDA ULTRA LARGA
Il Dipartimento Agricoltura della Regio ne Siciliana si pone l’obiettivo di coprire con segnale internet di almeno 30 giga le numerose aziende agricole lontane dai centri abitati, non raggiunte dalla fibra, per le quali l'assenza di segnale internet stabile pregiudica pesante mente l'applicazione di tecniche inno vative in tutte le fasi, dalla produzione alla promozione e commercializzazione dei prodotti.
Con avviso per manifestazione di inte resse sono state individuate circa 500 unità produttive interessate a fruire di infrastrutture di connessione e acces so alla rete internet con Banda Ultra Larga (BUL).
In seguito a uno studio delle migliori soluzioni tecniche per le diverse aree interessate, attraverso la sottomisura 7.3 del Programma di Sviluppo Rurale Sicilia 2014-2022 “Sostegno per l’in stallazione, il miglioramento e l’espan sione di infrastrutture a banda larga e di infrastrutture passive per la banda larga, nonché la fornitura di accesso alla banda larga e ai servizi di pubblica amministrazione online”, si provvederà alla copertura internet.
MARCHIO QS – QUALITÀ SICURA
La Regione Siciliana con la concessione d’uso del Marchio QS intende da un lato valorizzare i prodotti agricoli e alimen tari con un elevato standard qualitativo controllato e favorirne la diffusione attra verso l’adesione volontaria a specifiche norme di produzione; dall’altro garantire al consumatore maggiore trasparenza riguardo al prodotto e a tutte le fasi del processo produttivo, fornendo la traccia bilità del prodotto ed informazioni sulle caratteristiche intrinseche di qualità. Il Marchio QS può essere concesso in uso a tutti gli operatori dell’Unione Eu ropea compresi nelle categorie di pro duttori, condizionatori, confezionatori, operanti nel settore agro-alimentare e zootecnico, in forma singola o associata,
iscritti nel registro delle imprese della CCIAA o presso organismi analoghi di al tri stati membri dell’Unione Europea, che ne facciano richiesta alla Regione Sicilia na, Assessorato Regionale dell’Agricol tura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea – Dipartimento Regionale dell’Agricoltura.
I prodotti oggetto di applicazione del Marchio rispetteranno un disciplinare di produzione. I disciplinari sono curati da specifici “tavoli tecnici” individuati per ogni filiera produttiva e composti da tecnici delle aziende agricole, rappresen tanti delle Associazioni di categoria e del mondo della produzione e, ove necessa rio, da rappresentanti di Università e di Consorzi di ricerca. La qualità dei prodot ti contrassegnati dal Marchio è garantita attraverso l’adesione di tutti i componen ti della filiera al sistema di qualità.
I disciplinari di produzione sono ispirati ai principi specifici di salute e benessere degli animali, tutela dell’agro biodiversità e delle risorse genetiche (L.R 19/2013 – Born In Sicily), tutela dell’ambiente e salubrità delle produzioni agricole e ali mentari, aspetti qualitativi relativi alle caratteristiche intrinseche del prodotto, altri aspetti di qualità etico-sociale, eco nomica e ambientale.
Ad oggi la Regione Siciliana ha appro vato disciplinari riguardanti le filiere del grano duro e derivati, della carne bovina, dell’agnello e agnellone, del latte crudo vaccino e derivati, del latte crudo ovino e derivati, della carne suina.
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