La Circolare - maggio 2019

NON LASCIAMOCI RUBARE LA SPERANZA Il 19 giugno 2019 compiremo 27 anni. Non so se questa

è una notizia, come si dice in gergo, ma certo per tanti di noi questo lunghissimo periodo rappresenta una vita che in qualche modo abbiamo condiviso insieme. Anzi, è il cuore pulsante della vita, in quelli che si definiscono gli anni migliori, quando eravamo tutti

più giovani e incoscienti, mentre oggi che giovani restiamo sempre, abbiamo modellato la coscienza. Per festeggiare, faremo una Giornata di Resistenza Umana, in Valsesia, che per noi rappresenta un luogo che ha conservato tanto e ora segue a pag. 2

maggio

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2019 anno XXIV

periodico dell’Associazione Club di Papillon diretto da Paolo Massobrio > Registrazione Tribunale Alessandria n. 443 del 3.7.93 > Poste Italiane S.p.a. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Alessandria > > Aut. Dir. Prov. PP.TT Alessandria > Progetto grafico: Studio Due S.r.l, www.studio-due.it > Impaginazione: Gabriele Curato > Stampa: Litografia Viscardi,

l'evento

spedizione euro 0,50 Alessandria Alessandria

22 Giugno 2019

Resistenza Umana in Valsesia

novità

Esce il libro sulla Transumanza della Pace

In libreria anche il volume Mondo Caffè

novità

ISSN 2532-5973

l’editoriale di Paolo Massobrio

segue da pag. 1

si rilancia. Un luogo dove il senso dell’identità è molto forte, tanto da ispirare anche l’architettura. In questi 27 anni cosa abbiamo fatto? Non è il caso di fare dei bilanci, che hanno sempre il sapore di un’autocelebrazione anacronistica. Quel che è fatto è fatto, e non è poi così importante.

Ciò che conta sono invece le relazioni e in queste le persone che si sono affacciate sul nostro orizzonte. Circa diecimila persone hanno aderito a Papillon e molte di queste sono rimaste fedeli, condividendo le nostre riflessioni, o anche no: l’importante è aver creato un luogo di confronto franco, un paragone per tutti, che riguarda il lavoro, il gusto e la stessa vita di ciascuno, che è il bene più prezioso, alla fine.

ra inviatami quattro anni fa mi scrisse: “Non si lasci rubare la speranza”. Ed è questo il motivo per cui restiamo insieme, in fondo: non essere in balia degli eventi che ovunque sembrano parlare di morte. Ma non solo la morte fisica, intendiamoci: anche quella dei rapporti, quella dei paesi, quella di un certo lavoro fatto bene dove non è la prevaricazione la prima cosa cui si tende. In questo ultimo scorcio di tempo ho sentito dire da Gianni Rigoni Stern, che esce con un libro fortemente voluto da tutti noi (Ti ho sconfitto felce aquilina) che il superfluo — gli ha insegnato suo padre Mario — merita d’essere distribuito altrove.

Per questo ci sta accarezzando la proposta, maturata in un pomeriggio a Diano Marina, che gli eroici negozi degli alimentari dei paesi di montagna

Certo, più passa il tempo, più diventa incalzante la cronaca di chi ci lascia: Giancarlo Bini, Gianfranco Soldera e Corrado Barberis, per citare tre nomi con cui abbiamo avuto relazioni che oggi non ci sono più. In fondo al diario abbiamo pubblicato una struggente canzone di Guccini, Farewell, che racconta il brivido della gioventù, l’invincibile avventura “tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino, religione del tirare tardi e aspettare mattino”. Poi la parabola del “siamo come due foglie aggrappate su un ramo in attesa”. Struggente, ma nello stesso tempo non risolutiva, perché sarebbe un bell’inganno il nulla. Lo dico pensando a un’altra persona che ci ha lasciati, amica, Madre Anna Maria Canopi, badessa dell’Isola di San Giulio che in una lette-

possano essere adottati dai negozi di città. Così come fecero i macellai del Golosario quando ci fu il terremoto in Centro Italia. Adottare un lavoro, favorire una presenza dentro il Bel Paese, affinché tutto possa esistere, prima che il terremoto dell’indifferenza lasci il vuoto alle nuove generazioni. Su questa idea vorremmo incalzare la politica e magari mettere in atto azioni, insieme. Possiamo farlo, perché in fondo non siamo al mondo per restare soli, ma per godere dello spettacolo dell’altro. È lo spettacolo che, ogni volta che scriviamo la Circolare, cerchiamo di mostrare, stupiti dall’iniziativa delle singole persone, da un vino, da un piatto, da un luogo che non c’era, ma che poi diventa una casa per tutti. È l’Italia questa. A cui apparteniamo e a cui vogliamo bene.

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GIORNATA DI RESISTENZA UMANA IN VALSESIA SABATO 22 GIUGNO 2019

“La camminata alla scoperta della Toma d’alpeggio e dei Walser” Sarà una giornata nella quale scopriremo i luoghi e le tradizioni dei primi abitanti di queste terre, ovvero i Walser, antica popolazione che nel 1200, provenendo dalla Svizzera e dalla Germania, e dopo aver valicato il Monte Rosa, colonizzò la Valsesia. E per farlo, percorreremo a piedi una parte (2,5 km) di quello storico sentiero che, attraverso la Valle Vogna, conduce a Gressoney.

Traccia ancora viva della loro presenza saranno le case Walser risalenti al 1600 che visiteremo nella tappa finale in località Peccia (1.550 m) e le famiglie di pastori che lì incontreremo. Sarà anche l’occasione per assaggiare i loro salumi e i loro formaggi, tra i quali la Toma Valsesiana, nota come prodotto artigianale di grande autenticità. Piccole produzioni realizzate direttamente dai pastori negli alpeggi, che spesso vengono venduti solo nelle malghe senza raggiungere neppure la bottega!

Al termine della camminata, l’opportunità di una visita guidata ad Alagna Valsesia, il primo insediamento Walser del territorio e oggi stazione sciistica e meta di alpinisti di tutto il mondo.

PROGRAMMA ORE 10.00 Ritrovo e accredito al Mirtillo Rosso Family

COME ISCRIVERSI ALLA GIORNATA

Hotel a Riva Valdobbia, via della Barriera, 8 (3 km prima di Alagna Valsesia)

Il costo della Giornata è di 60 euro per i soci e 65 euro per i non soci.

Per info e prenotazioni: info@clubpapillon.it o tel. 0131261670 int. 0202 (Salvatore Di Stefano).

ORE 11.00 Partenza in navetta per il Rifugio Valle Vogna

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ANTICIPATA ENTRO MERCOLEDI’ 19 GIUGNO FINO A ESAURIMENTO POSTI

in fraz. S. Antonio (1.300 m). Aperitivo di benvenuto con prodotti locali

ORE 12.00 Partenza a piedi per l'antico sentiero sterrato

EQUIPAGGIAMENTO CONSIGLIATO: K-way o simile, scarpe sportive/ginnastica, zainetto con bottiglietta d’acqua, cappellino parasole.

ORE 13.00 Arrivo in fraz. Peccia a 1.550 m. Malga e casa

In caso di maltempo, la giornata avrà comunque luogo con un programma alternativo durante il pomeriggio.

della Valle Vogna (tragitto di circa 2,5 km)

Walser. Incontro con i malgari locali e pranzo al sacco con degustazione dI salumi, formaggi e altri prodotti tipici. In abbinamento, i vini Ghemme e Gattinara dell'azienda Torraccia Piantavigna di Ghemme (No)

ORE 15.30 Ritorno a piedi al Rifugio Valle Vogna e poi in

navetta arrivo al Mirtillo Rosso Family Hotel

ORE 17.00 Visita guidata di Alagna Valsesia ORE 19.00 Santa Messa alla Chiesa di San Michele (500

m dal Mirtillo Rosso Family Hotel)

ORE 20.00 Cena al Mirtillo Rosso Family Hotel

MENU Vitello tonnato alla vecchia maniera, mini tartare di fassona piemontese con maionese alla senape, lingua di vitello con bagnet verde •

CONVENZIONE PERNOTTAMENTO AL MIRTILLO ROSSO FAMILY HOTEL: • Camera Comfort con prima colazione euro 100 • Camera Comfort con prima colazione e accesso alla Spa interna nella giornata di domenica (vasche idromassaggio, sauna, bagno turco, docce emozionali) al costo di euro 140 Per prenotare (indicando la convenzione in essere), telefonare allo 016391810.

RESTIAMO IN CONTATTO...

• Ogni giorno attraverso la NOTIZIA DEL GIORNO pubblicata su ilgolosario.it e inviata via mail a tutti i soci.

• GOLOSARIA MILANO sarà al MiCo-FieraMilanocity nei giorni 26-27-28 OTTOBRE. • Il modo migliore per continuare il dialogo è ISCRIVERSI AL CLUB DI PAPILLON per l’anno 2019. Potete farlo andando su clubpapillon.it

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IL GOLOSARIO NEGOZI

IL GOLOSARIO MONFERRATO

• Riso Carnaroli con mirtilli di bosco e crema di toma stagionata

della Valle Filetto di trota alla valsesiana in crosta di polenta gialla con burro asolo aromatizzato alla salvia e ratatouille di verdure •

• Torta di pane con salsa ai frutti di bosco, terra al cioccolato fondente e panna montata aromatizzata al pino mugo

In abbinamento i vini dell'Enoteca di Papillon

ASSOCIAZIONE CLUB DI PAPILLON via R. Ardigò, 13/b • 15121 ALESSANDRIA • tel. 0131261670 • fax 0131261678 info@clubpapillon.it • clubpapillon.it

6 febbraio A Verona con i sindaci di Vinitaly and the city Sono a Verona e quello di oggi sarà il 24° incontro dedicato a Vinitaly and the city, il fuorisalone del vino che andrà in scena in città dal 5 all’8 aprile. Quello di oggi è l’incontro dedicato ai sindaci di Soave, Bardolino e Valeggio sul Mincio che partecipano per il secondo anno consecutivo, in contemporanea, alla manifestazione. E anche con loro il clima è decisamente collaborativo, come se l’anno precedente avesse permesso di affrontare tutte le problematiche di un rapporto fra consulenti e personale della Fiera una volta per tutte. Quest’anno, poi, il progetto che avevo immaginato comincia a prendere forma, nella direzione di una presenza importante del vino. Le adesioni saranno addirittura clamorose e anche il Palazzo del Vino Sostenibile e dintorni che troverà casa a Palazzo Carli, si comincia a connotare con una selezione di altissimo livello.

Quando rientro a casa per l’ennesima volta da Verona, mi immagino quei paesi e la loro bellezza: Soave, una chicca dove ho passato una notte in piena vendemmia. E qui c’è uno dei vini bianchi che più mi avvince (di Gini, Cantina del Castello di Stocchetti, La Cappuccina, Pieropan, Suavia, Coffele, Prà, Nardello, Tamellini, Monte Tondo, Sandro De Bruno, Le Mandolare i miei preferiti) e che continuo a scoprire (quest’anno Balestri Valda). Poi Bardolino, che è una doc in grande spolvero. Questo è un paese che fa sognare, dove ho sostato poco (dovrò farci un weekend con mia moglie). E infine Valeggio sul Mincio, quello che forse ho frequentato di più e che mi ha sorpreso, quest’anno, con i tortellini della bottega Ramella, in centro, che in realtà è un luogo dove mangiare e stare in compagnia.

E poi mi chiedono perché mi piace così tanto andare in Veneto?

il diario di viaggio

L’ultima Circolare finiva il 3 febbraio, al termine del nostro viaggio in Alsazia dove abbiamo incontrato la magnifica Christine Ferber. Ricominciamo dunque da lì, per raccontarvi un periodo molto intenso di avvenimenti e di incontri. Buona lettura a tutti.

5 febbraio Ricibiamo a Piacenza Non c’è solamente il vino sostenibile, ma anche la cucina. A questo infatti era ispirato il concorso promosso da “Piace Cibo sano” in collaborazione con l’Università di Piacenza. Un evento voluto nel giorno destinato alla lotta contro lo spreco alimentare a livello nazionale. Arrivo dunque nella residenza Gasparini dell’Università Cattolica di Piacenza, mentre è in corso un convegno sul tema della tavola sostenibile. E proprio in quel momento interviene il professor Ettore Capri, che è particolarmente sensibile a questi argomenti, tant’è che è con lui che mi sono confrontato per realizzare a Verona il Palazzo del Vino sostenibile e dintorni. Verso l’ora di pranzo è dunque il momento del concorso, dove si confronteranno chef professionisti, futuri chef e chef di casa. La giuria, presieduta dal Giancarlo Morelli, mi vede insieme ad altri cuochi ed esponenti dell’Università. Un’ora e mezza di assaggi, dove con Giancarlo ci spalleggiamo nel fare domande e commenti, quasi fossimo sul set di una trasmissione televisiva. E in realtà è proprio questo che inchioda la gente alla sedia, cui segue la gara. Al termine il verdetto, che decidiamo in pochissimo tempo, giacché le idee sembrano per tutti molto chiare.

Oddio, è la prima volta che partecipando a un concorso mi rendo conto che bisogna fare attenzione a quello che ti danno da mangiare, della serie “Vuoi farmi morire!”. Una concorrente particolarmente creativa, per dare croccantezza a un piatto sapete che ha fatto? Ha messo il guscio dell’uovo sbriciolato sopra. Vabbè. In ogni caso è stato un momento divertente e istruttivo, dove la creatività maggiore è comunque arrivata dagli chef di casa e dagli emergenti. Ma non siamo ancora al top: con la cultura degli avanzi si possono davvero creare grandi cose. Quest’anno non le abbiamo viste, ma il 2020 son certo che sarà l’anno buono.

8 febbraio A Milano il Buttafuoco Storico con Gene Gnocchi Giornata vinosa oggi a Milano con un incontro che mi ha sorpreso: la celebrazione dei 23 anni del Buttafuoco Storico. A Palazzo Bovara hanno deciso di regalarsi una giornata, con un doppio talk show moderato da Gene Gnocchi, al quale siamo stati invitati, unici giornalisti, io e Marco Gatti. Con noi il ministro per le Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi, e soprattutto il magnifico Marco Maggi, giovane produttore presidente di questo sodalizio unico. Ora, la sala era straripante di gente e il momento della degustazione libera dei vari tipi di Buttafuoco ha reso ragione di quello che è: un grande rosso dell’Oltrepò. Ne scriverò sulla Stampa, incuriosito anche dal sodalizio di questi 14 produttori che si autodisciplinano sottoponendo il vino a un giudizio critico che poi viene impresso sul collo della bottiglia ogni annata (i fuochi, che vanno da 1 a 6).

Un momento del talk condotto da Gene Gnocchi

I premiati del concorso promosso da Piace Cibo sano

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diario di viaggio

Il Buttafuoco è un grande rosso. Non ci credete? Allora spiegatemi perché mai una tipologia di vino simile, prodotto più o meno con le medesime uve, si trova nei ristoranti di tutta Italia come una chicca.

Sto parlando del Barbacarlo di Maga Lino, o meglio del Montebuono, che non solo ha una schiera fitta di estimatori, ma riesce a farsi pagare in maniera importante. Cosa manca allora al Buttafuoco in quanto tale? La domanda è rimasta sospesa come una provocazione, ma ero certo che Marco Maggi l’avrebbe incassata come un omaggio alla riflessione.

che ha quell’eleganza misurata. La carta dei vini ha un’inclinazione verso etichette bio e la scelta dei vini a bicchiere è molto interessante. Anche lo Champagne di aperitivo fa parte del genere: è un biodinamico. Detto questo, il tono della cucina di Aliberti è la purezza degli ingredienti, che lui riesce a far esprimere in maniera solare e vera. Ha un pallino, che è quello della lotta agli sprechi e la sua compagna, Lisa Casali, che a maggio diventerà moglie, dice che la sua non è soltanto una cucina di maniera, ma una vera e propria vocazione. Per capirci: ha stretto un rapporto con un coltivatore di Settimo Milanese, che coltiva un orto ricco e perfetto, fonte di tante delle materie prime che lui utilizza. Ma anche la carne, il pesce, i formaggi fanno parte di un racconto di sostenibilità e molti sono mutuati da quella Valtellina dove negli ultimi tempi ha cucinato con soddisfazione.

Dopo l’apertura con un paio di amuse bouche (tra cui il Kombucha al cardamomo: un tè fermentato aromatizzato al cardamomo servito con un gambo di broccolo in succo di rapa rossa e piastrato), è un invito quel panettone e zabaione, ovvero una versione salata del dolce simbolo di Milano. Di ogni piatto lui segna i chilometri a fianco, per dire da dove arrivano le materie prime.

Ceci, con castagne e cime di rapa sarà un piatto dove senti davvero la pienezza di quel legume mentre Orto urbano (10 km) è una piacevole commistione fra aceti ed erbe selvatiche. Le chiocciole con bietola sono eccezionali, mentre Portanuova è un piatto dove si combinano trota affumicata, panna acida e cavolo cappuccio.

Ma l’esplosione della creatività di Franco, la sua filosofia, condivisa con Lisa, è in quel piatto, Zucca, dove lui utilizza tutte le parti della zucca. Dalla buccia viene estratto un brodo che poi diventa una salsa; la zucca viene grigliata sulla brace, poi fatta macerare per due giorni con olio sale e aceto, cotta al vapore e tagliata a metà; i semi vengono tostati e impiegati come elemento croccante del piatto; la parte esterna della polpa diventerà la crema, il resto della zucca viene porzionato come una fetta di torta e servito con la crema e il brodo in un piacevole incontro di consistenze e tonalità di arancione. E il sapore è di un equilibrio e di una pienezza unica. Questi sono i piatti che compongono il suo menu degustazione "A due passi da Milano", mentre il menu denominato "In Città" è dedicato a otto luoghi di Milano. Abbiamo assaggiato, dalla carta, anche il luccio con rapa arcobaleno ed erba cedrina, il raviolo (la pasta è fatta con le patate e senza uova) con ripieno di porri e patate in un brodo di piedini e lo spaghetto realizzato con la sua conserva di pomodoro. Fra i secondi era delicato e piacevole il salmerino con la pelle cotta e fritta con insalata di alghe.

Eccezionale il Biancocostato con cicoria che viene prima passato su fuoco vivo per cauterizzare la carne, poi marinato e messo in forno per una notte intera così cuoce nel suo grasso e resta morbido. Dopo di che viene sfibrato a mano e ricomposto a forma di parallellepipedo; viene infine grigliato e servito su foglie di cicoria. Un piatto che insieme alla Zucca riordinerei ogni volta che torno qui. Non ho assaggiato, ma lo farò appena possibile la faraona con senape, miele e pera: ci andrò apposta solo per quello!

Apoteosi coi dolci, perché Franco Aliberti è un abile pasticciere e quindi preparatevi alla suadenza della sua Nocciola con caffè, cioccolato fondente e latte e la straordinaria Mela con vaniglia biscotto e spezie (senza zucchero).

Che dire, dopo un giro invernale di ristoranti cosiddetti "stellati” che ti cucinano la spesa del camioncino gourmet, finalmente mi sono entusiasmato. Qui c’è ricerca, ambizione, cultura, passione e soprattutto un obbiettivo: esaltare la purezza della materia prima senza nascondere nulla. Una cucina integralmente italiana. E

Si brinda al Buttafuoco Storico con il ministro Gian Marco Centinaio

Sorpresa ai Tre Cristi di Franco Aliberti Può essere che una cucina sia capace di stupirti ancora? Non è facile, per un critico che si occupa da decenni di provare piatti, ma talvolta scatta quella che si può definire “emozione”, o l’emergere di una novità. I fornitori di cibi gourmet hanno semplificato la vita dei cuochi, togliendo loro pian piano la conoscenza e omologando verso l’alto i menu. Materie prime eccelse, ma emozioni sempre più rare. E invece questa sera è stata un’esplosione di sapori netti, veri, di creatività misurata. Franco Aliberti è una vecchia conoscenza (anche se lui è giovanissimo). Lo conobbi a San Patrignano, quando frequentavamo una manifestazione denominata Squisito. Poi l’avventura a Riccione di un locale con Andrea Muccioli, che è durato poco. E infine la parentesi in Valtellina, dove ha ritrovato se stesso, anche come cuoco. Qui a Milano ha riportato tutto questo, con in più l’idea di coltivare un orto alla periferia della città per avere le materie prime giuste, ma anche con l’intento di impostare una cucina dedicata al non spreco, complice la sua fidanzata che a maggio diventerà sua moglie, al secolo Lisa Casali.

Di seguito riporto il testo della recensione di quella che ritengo la miglior esperienza a Milano, a oggi.

Tre Cristi: finalmente una grande esperienza a Milano La cucina di Franco Aliberti: originale, solida, di alto livello Conoscevo Franco Aliberti, ne avevo apprezzato le sue elaborazioni geniali, ma non pensavo a questo livello decisamente originale, solido, alto, che esprime, da novembre 2018, nei locali dei Tre Cristi, in zona Porta Nuova Varesine (Via Galileo Galilei, 5 - tel.

02 29062923) a Milano.

Franco arriva da esperienze dirette al ristorante Vite di San Patrignano, si è formato ai fornelli di Massimo Bottura e, dopo una parentesi a Riccione, eccolo protagonista di quella che si preannuncia la tavola più innovativa e desiderabile di Milano. Il locale si presenta con un dehors abbastanza ampio e raccolto, una sala con una quarantina di posti a sedere e la cucina a vista, dove Franco conduce una brigata di tre altri giovani cuochi. Il personale in sala è preparato, accogliente e sorridente, come l’arredamento, la Circolare

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siamo solo agli inizi. Ma già diciamo che la novità oggi a Milano è questo Tre Cristi, che sta portando una ventata di originalità con i piedi ben saldi a terra. È il momento della piena maturità di Franco Aliberti. Che oltre a creare ricette, disegna e realizza i piatti che impiega al ristorante ispirandosi agli ingredienti utilizzati: una foglia di verza, un gambo di broccolo, una fetta di pane... che vengono plasmati da un termo stampante, che usa la polvere di ceramica. I suoi piatti/scultura per ora sono completamente bianchi, ma presto vedremo anche il colore – ovviamente solo colori naturali – nella nuova capsule collection presentata al Salone del Mobile.

Voti alti al Sovana “Cor Unum Rosso” di Villa Corano 2016, carezzevole con le sue note di confetture e sentori di latte e menta.

Piacevole la sua ampiezza e la sua trama tannica.

Avvolgente il Neronotte della Tenuta Roccaccia, un’azienda che lavora decisamente bene. Nelle terre Pisane segnalo la Fattoria Fibbiano. Il suo Terre di Pisa Sangiovese “Ceppatella” 2013 era setoso, molto piacevole nel dipanarsi del suo equilibrio. Poi bisogna andare alla Tenuta di Ghizzano per trovare un campione che unisce il calore alla nota verde, sicuramente grazie al petit verdot che si unisce a merlot e cabernet per il Costa Toscana Rosso “Nambrot” 2016.

Applausi a scena aperta per il Toscana Rosso “N’Antia” 2015 di Badia di Morrona, taglio di due cabernet e merlot. Tanta roba, ma soprattutto eleganza infinita.

Nella doc Carmignano la sorpresa è stato il campione di Podere Allocco col Carmignano 2016 (sangiovese, cabernet e syrah).

Aveva una nota fruttata non sfacciata, una gran bella struttura.

Bello anche il Carmignano di Castelvecchio 2016 che gioca anche col canaiolo. Profondo, verticale con note di menta ed erbe aromatiche è poi il Carmignano 2016 della Tenuta Capezzana, che si conferma leader di questa doc. E poi un nostro vecchio amore, che recensivamo già all’inizio degli anni Novanta sui 100 migliori vini d’Italia: la Piaggia con il suo Poggio de' Colli, cabernet in purezza, di grande impatto e struttura. Ma lo stesso si può dire del Ghiaie della Furba 2015 e dell’Ugo Contini Bonacossi di Tenuta Capezzana (sangiovese in purezza), ai vertici assoluti.

Veniamo ora alla doc Montecucco col Sangiovese in purezza di Poggio L’Apparita, già nostro Top Hundred, con un rosso croccante, placido e molto elegante che ha saputo ben interpretare l’anima del sangiovese. La sorpresa è stata tuttavia una cantina per noi nuova, ovvero Casale Pozzuolo con il Montecucco Sangiovese Rosso della Porticcia 2015. Notevole, tanto da meritarsi i nostri rari 5 asterischi (*), che vanno al vino perfetto. E sicuramente lo riassaggeremo.

E che dire dell’azienda Otto Ettari col suo Sangiovese 2015 che aveva un’eleganza davvero esemplare, ma soprattutto una trama fine con la seta dei suoi tannini. Conferma anche per Poggio Stenti, un nostro amore, con questo Tribulo 2015 da manuale.

E infine una conferma che ci ha fatto felici, perché ci avevamo visto giusto: Il Montecucco Sangiovese “La Querce” di Poggio Mandorlo annata 2012. Fantastica interpretazione dell’eleganza del sangiovese. Rara avis, una riserva 2014 che per curiosità abbiamo assaggiato: il Poggio Lombrone di Collemassari, che aveva una freschezza spinta e tanto da dire negli anni a venire: "Bravo!"

Certo il Montecucco Sangiovese riserva 2013 di Basile “Ad Agio” è un’altra storia, e quell’effluvio di macchia mediterranea me lo ricordo ancora come un vino di grande impatto.

Passiamo in Val di Cornia. E qui il Sangiovese “Rodantonio” 2016 di Giomi Zannoni ci ha conquistati. Senti subito note di confettura intensa, di pugna, per poi esprimersi in un sorso caldo e di pregevole equilibrio, tanto da sfiorare i 5 asterischi della perfezione.

Questo il vertice, anche se mi sono piaciuti i rossi di Poggio Rosso (Fufluna) e quelli di Terradonnà, sangiovese in purezza.

Sulla doc Colline Lucchesi faccio fatica a esprimermi: risultati modesti, a eccezione della Tenuta di Valgiano che ha presentato il Palistorti 2016 (sangiovese, syrah e merlot) di bell’impatto fruttato.

La doc Orcia merita un doveroso chapeau: e qui l’elenco di infittisce con la sublimazione dell’Orcia Riserva “Capitoni” 2015 di Marco Capitoni ma anche il Leone Rosso e la Cenerentola di

Lo chef Franco Aliberti del Tre Cristi a Milano

9 febbraio Partenza per Firenze a degustare i Sangiovese Evviva si parte! Mi aspetta una settimana intera di assaggi, cominciando con i Chianti per finire col Brunello di Montalcino. Erano anni che non facevo tutto il filotto di degustazioni, ritagliandomi soltanto il Vino Nobile e il Brunello. Parto dunque in treno da Milano, e mi preparo per gli assaggi della prima giornata, dedicati ai vini dei vari Consorzi territoriali, considerati minori. Una degustazione serrata, con alcune chicche che meritano d’essere messe in evidenza.

Le Anteprime Toscane incoronano il Sangiovese, ma…

Prima giornata alla Fortezza da Basso di Firenze con i vini dei Consorzi cosiddetti “minori” Ovvero Consorzio Bianco di Pitigliano e Sovana; Vini terre di Pisa, Carmignano, Montecucco, Val di Cornia, Maremma Toscana, Colline Lucchesi, Montecarlo, Orcia e Valdarno di Sopra.

Ho assaggiato 94 vini, puntando soprattutto su quelli di annata e scartando le riserve. Che dire? Intanto ha fatto capolino qualche bianco 2018 e qualche rosso 2017. La maggior parte erano 2015 e 2016, ma anche 2013. Non pervenuti campioni 2014, che a quanto pare sembra un’annata da dimenticare.

Sfoglio allora gli appunti, che alla fine incoronano una doc, che personalmente amo parecchio ed è il Montecucco, in Maremma.

Poi la conferma del buon lavoro che continuano a fare le cantine che negli anni abbiamo premiato fra i Top Hundred. Spicca subito Sassotondo con un giallo intenso del suo Bianco di Pitigliano superiore “Isolina” 2017. Un vino virile, minerale, piacevole e intenso. Ma non mi è dispiaciuto affatto il 2018 della Tenuta Roccaccia con un Bianco di Pitigliano superiore “Oroluna” che aveva una trama filigranosa. Sassotondo mi torna poi col Sovana “Ombra blu” 2016 rosso in prevalenza di sangiovese e merlot. la Circolare

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Donatella Cinelli Colombini che crede intensamente in questa doc e si vede. Buono l’Orcia Rosso de Il Poggio sia nei campioni 2015 che 2016.

Fra gli Orcia Sangiovese ancora Marco Capitoni con il Troccolone 2017, ma anche Sassodisole e Campotondo. E infine, di Castelnuovo Tancredi ci è piaciuto l’Orcia Rosso frutto di sangiovese e merlot.

Di Valdarno di Sopra, doc su cui vorremmo ritornare presto, segnaliamo i vertici dei campioni di Mannucci Droandi, La Salceta, Petrolo, con suoi rosso bio e infine Tenuta Sette Ponti.

Mentre nella Maremma Toscana diciamo subito che la sorpresa che non mi aspettavo è stato l’Alicante, soprattutto il campione di Cantine Bruni, l’Oltreconfine grenache 2017 che evocava frutti esotici rari, note calde speziate e tanta fragranza.

Non conoscevo l’azienda Le Sode di Sant’Angelo ma il suo Maremma Toscana Sangiovese “Sassi Dautore” 2017 è stato una folgorazione per equilibrio e grande intensità. E così Ribusieri col Sololaura 2016, molto buono. Fra gli uvaggi mi ha colpito il Maremma Rosso de la Chimera d’Albegna che aveva note floreali di iris ed erbe officinali (sangiovese, cabernet e merlot).

Ottiene il massimo dei punteggi, invece il Maremma Toscana Rosso della Rocca di Frassinello, nostra cantina del cuore. Avete presente un profumo di incenso puro, come entrare in chiesa? Poi una declinazione vellutata, ma anche incisiva in intensità e persistenza.

Eccezionale anche il Maremma Toscana Rosso di Basile, il Comandante Bio 2015, che mescolava profumi animali a frutta e una piacevolezza complessiva nella sua espressione rotonda davvero notevole. Molto buono anche il Rosso della Tenuta Rocca di Montemassi, che sfiorava la freschezza con la speziatura delle note di caffè. Ottimo quello del Conte Guicciardini Massi di Mandorlaia con quella ciliegia nera piacevolissima. Grande la Fattoria San Felo e poi Moris Farm, leader della doc. Uno dei migliori Morellino di Scansano 2018 è risultato è quello dei Vignaioli del Morellino “Roggiano”. Sorpresa per il Morellino 2018 di Col di Bacche e dell’azienda I Cavallini, di interpretazione equilibrata.

Quindi il Morellino di Poggio Brigante, altra new entry del nostro Golosario. La nostra degustazione finisce qui. Ci aggiorneremo con le prossime. Infine il Morellino di Scansano 2018.

10 febbraio Chianti lovers Ed eccoci alla seconda giornata, ovvero la domenica, dedicata ai Chianti, al netto del Gallo Nero. E anche qui mi aspetta una giornata di assaggi infiniti, che poi riporterò puntualmente nei miei appunti. Stasera andremo a cena a Firenze, in un bel locale in centro, il Frescobaldi, con l’amico Gianni, che collabora alla nostra guida. Al tavolo di fronte a noi i coniugi Verdini, che mangiano la specialità della casa, il caviale, come succede anche a noi. Qui di seguito il resoconto della seconda giornata di degustazioni.

A Chianti Lovers i miei assaggi sono stati 134. Ma qui ho provato meno entusiasmo del giorno precedente. Troppi Chianti diversi e modesti. In ogni caso mi è piaciuto il Chianti docg 2018 dell’agricola Tamburini. Notevole il Chianti 2018 di Camperchi, il migliore di tutti i 2018.

Voti alti per il Chianti delle Cantine Leonardo da Vinci (non male nell’anno di celebrazione del Maestro) e per quello di Casa di Monte. Elegante il Chianti 2018 del Corniale, de Il Palazzo e de Il Sosso. Quindi Le Fonti a San Giorgio e le Fonti azienda agricola. Fra i Chianti dei Colli Senesi 2018 spicca la Fattoria Il Poderaccio.

11 febbraio Chianti Classico Gallo Nero Ed eccoci nella mitica Leopolda per la degustazione dei Chianti Gallo Nero. Ora, senza togliere nulla al resto, che mi ha comunque regalato le punte di cui ho scritto, debbo riconoscere alla mia amica Silvia Fiorentini che cura le relazioni del Consorzio, che la differenza si sente. Lo scriverò sulla Stampa, in un articolo riassuntivo di tutti gli assaggi toscani. E quest’anno, a differenza delle degustazioni fatte in passato, ho ritrovato una qualità diffusa e coerente. Ecco la mia degustazione, giocata sui vari paesi del Chianti.

Chianti Classico ci siamo!

Terza giornata di Anteprime Toscane col Gallo Nero: una manciata di campioni del 2017 e tutti i campioni del 2016. In totale 130 assaggi Ora, dei Chianti 2017 partiamo subito con l’esemplare, in tutti i sensi dell’azienda Bibbiano, un sangiovese in purezza di perfetto equilibrio. Si comincia bene! Nel campione di Castellare di Castellina 2017 spicca la ciliegia con note speziate di cuoio. In bocca è ancora allappante, prodigo di anni di invecchiamento.

Denuncia un 5% di canaiolo, che a mio parere fa la differenza.

Piena soddisfazione per il Chianti del Castello di Monsanto che è sangiovese al 90% e poi canaiolo e colorino. Un classico, elegante oltre misura, caldo piacevole, sontuoso.

Ma ottimo anche il Chianti classico del Castello di Volpaia: austero, con quelle note leggermente fumè e una profondità goduriosa: al sangiovese aggiunge un 10% di merlot.

Dello stesso valore (altissimo quindi) è poi il Chianti classico della Fattoria San Giusto a Rentennano (anche qui il 5% di canaiolo), che evocava erbe officinali, per consegnare un grande rosso.

Piacevolissimo il Chianti classico di Isole e Olena dove al sangiovese si aggiunge un 15% di canaiolo e un 5% di syrah. La ciliegia spicca nella sua purezza, con una nota rotonda al palato e piacevolmente fresca. Bella sorpresa poi per Monteraponi: avvince la suadenza vellutata, ma anche quelle note speziate che ricordano

Cena a Prato da Francesco Secci La sera sono a cena nel locale di Francesco Secci, vulcanico patron di questo doppio locale Dek Italian Bistrot, che dà sulla piazza del Duomo di Prato. Un luogo dove prendere l’aperitivo coi suoi salumi di pesce che lo scorso anno hanno debuttato a Golosaria Milano e poi un ristorante informale, con tante proposte, tutte molto buone (anche la pizza), che si riempie ogni sera di stranieri, di giovani, di appassionati. E si beve anche molto bene.

Francesco Secci (al centro) con Daniele Capece e Stefano Canfailla

la Circolare

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il caffè. E poi un 100% sangiovese il Chianti classico di Riecine, che non deve tradire per il colore rubino più scarico degli altri.

Dietro c’è una gran bella stoffa, che ci ha portato ad assaggiare un Chianti d’antan e d’annata. Bravi. Buono anche il 2017 di Rocca di Castagnoli, uvaggio tipico con 10% fra canaiolo e colorino.

Sorpresa per il campione della Tenuta di Arceno (15% di merlot) che appare molto fruttato e si fa quasi mangiare, tanto è pieno il sorso che poi si trascina in una tannicità setosa. Ecco i nostri migliori assaggi dei campioni 2017, dove emerge una considerazione che poi ci accompagnerà durante l’assaggio dei 2016: le aziende affermate, in Italia e nel mondo, sono ai vertici e non sbagliano un colpo. E queste trascinano il brand e anche il folto gruppo degli altri produttori, che hanno offerto assaggi decisamente quasi sempre sopra la media.

Chianti Classico 2016 Oltre 100 i campioni in assaggio di questa annata. Ottimo il Chianti classico degli Agricoltori del Chianti Geografico, che mostrava note calde invitanti. Superbo il Chianti Classico 2016 di Borgo Scopeto, ancora in fase di allineamento con alcol e acidità pronunciati, ma già con un equilibrio piacevole (90% sangiovese e il resto colorino e merlot). E ora ecco una novità, che subito s’è accaparrata i 5 asterischi della perfezione. È la cantina Casale dello Sparviero di Castellina in Chianti (95% sangiovese, 5% canaiolo). Qui è davvero molto intensa la ciliegia di Castellina (mi vien da chiamarla così, conoscendo i vini di questo terroir). In bocca lo ascolti nella sua rotonda espressione, è tannico quanto basta per dare eleganza e seta a un sorso piacevolmente intenso. Altro Chianti classico molto espressivo lo abbiamo trovato a Castelnuovo Berardenga: un 100% sangiovese per il Castello di Bossi che offriva una piacevole, fine trama in bocca.

Sul mio taccuino segno poi come piacevole sorpresa, lo speziato Chianti classico di Colle Bereto di Radda in Chianti che mi ha ricordato qualcosa di veramente tipico, con quella tendenza alla confettura, sostenuta da una buona acidità. Ma eccoci ancora a Castellina in Chianti, con il campione 2016 di Concadoro per un classico sangiovese e canaiolo (al 5%) anche qui simpatico per le sue note speziate intriganti. Piacevole anche il Chianti 2016 del Conte Guicciardini “Belvedere Campoli” e una new entry sul Golosario per la Fattoria Le Fonti di Poggibonsi. Un fruttato al naso che nascondeva un buon corpo. Andando avanti nei miei assaggi (siamo alla metà) ecco un’altra cantina nuova, Fietri con il suo sangiovese 100% un po’ speziato, gradevole anche col suo finale amarognolo. Speciali i due Chianti classico di Fontodi dove il Filetta di Lamole era più complesso nella sua espressione elegante e fruttata. Sempre a Gaiole in Chianti diamo il benvenuto all’azienda I Sodi: il suo sangiovese e canaiolo (7%) ha sfiorato i 5 asterischi. Aveva note profonde al naso e poi un equilibrio spettacolare in bocca con la chiusura galoppante della sua tannicità filigranosa.

Eccellente anche il Chianti classico da sangiovese in purezza del Palagio di Panzano, mentre Isole e Olena ottiene a pieno titolo i 5 asterischi della perfezione.

Ma intanto un Chianti classico di Castellina in Chianti dell’azienda, nomen omen, La Castellina continua a seminare consensi per i vini di questo paese. La partita si gioca fra Greve e questo Comune. E quindi mettiamo in pista Lamole di Lamole che fa il Chianti classico etichetta bianca con sangiovese e un 10% di vitigni autoctoni. Sono al campione 132 e questa azienda, Ormanni, mi intriga. È di Barberino Tavarnelle e il suo Chianti classico la Circolare

ha un equilibrio da manuale e un finale amarognolo dentro a un sorso di piacevole complessità. Curioso il Chianti classico del Podere Capaccia che mette un 5% di ancellotta: naso ampio e freschezza esemplare. Buono!!! Ma lo stesso mi sento di dire del Podere Castellinuzza di Paolo Coccia. Siamo a Greve e il suo rosso è eccezionale nell’espressione intensa, al naso e in bocca, che esprime pienezza. Saltiamo ora a Castelnuovo Berardenga con Poggio Bonelli autore di una speziatura felice che esprime al mio palato una certa tipicità del Chianti come l’ho sempre pensato.

Guardo sul mio taccuino i rari 5 asterischi e leggo Villa Pomona.

Siamo ancora a Castellina in Chianti per un sangiovese al 100% e una conferma che questa è una sorta di capitale del classico. Un Chianti classico di carattere il suo, con frutta piena e speziata, gradevole tannicità.

Manca poco alla fine: il campione 152 recita Santo Stefano, azienda di Greve in Chianti. Siamo al ping pong di eccellenze fra un paese e l’altro. Questo è un altro Chianti classico nel senso reale del termine, di buona espressione tipica.

Ma attenzione al Chianti Classico "Vallenuova" di Tolaini (Castelnuovo Berardenga), che vira verso note di confettura è pieno di buon corpo. Un Chianti che rispecchia molto bene l’annata. Il campione 164 che mi piace per l’equilibrio perfetto è di Radda in Chianti: Val delle Corti, mentre un vino che mi riempie di soddisfazione, ancorché l’azienda è stata premiata fra le 100 migliori d’Italia quest’anno a Golosaria, è Vallepicciola (Castelnuovo Berardenga) col suo sangiovese in purezza che figura persino aggressivo, galoppante, pieno. Cinque asterischi pieni.

La mia degustazione finisce qui. È stata oltremodo entusiasmante e mi ha riavvicinato a molte aziende davvero cresciute. Sta a voi poi valutare se ha vinto Castellina, Greve o Castelnuovo Berardenga. Per me, dentro al mio cuore, ha vinto il Chianti classico Gallo Nero. Questo è certo!

Vogliamo riportare una nota del Consorzio Vino Chianti Classico: il Consorzio confida nella professionalità della Stampa perché il nome della denominazione "Chianti Classico" non venga modificato o abbreviato. Scrivere "Chianti" al posto di "Chianti Classico" significa cambiare radicalmente la notizia che stiamo comunicando. Questi due nomi, infatti, rappresentano due Docg con territorio di produzione, storia e consorzi distinti e separati.

Se si vuole trovare una locuzione alternativa a "Chianti Classico" suggeriamo l'uso della parola "Gallo Nero", simbolo iconografico e sinonimo della Docg "Chianti Classico".

Mi telefona la figlia di Giancarlo Bini Mentre esco al riparo dalla pioggia, mi telefona la figlia di Giancarlo Bini, l’amico di Suvereto che è mancato il 15 gennaio. Mi chiama per dirmi che papà ci teneva tanto a me. E la cosa mi commuove. E poi mi annuncia che in primavera farà una giornata dedicata a lui, dove coinvolgerà tutti i suoi amici.

Queste sono le soddisfazioni di un mestiere: la riconoscenza di un rapporto umano. Una cosa gratuita, che non sai perché e percome accade. Lo dico perché, alla fine di tutto questo sbattersi, cosa rimane veramente? Il successo? Quello svanisce come una bolla e non serve a riempirti le giornate, quindi la vita. I più fortunati, credo, sono quelli che hanno dei rapporti umani solidi, che non sono fondati su nient’altro che su un’amicizia. Se penso a un’amica che è di questo genere, mi viene in mente Marzia Riccardi, che stimo profondamente proprio per questo gusto dell’amicizia che persegue. Ogni pranzo con lei ha sempre qualcosa di memorabile, qualcosa che è per sempre.

Giancarlo e Lella Bini sono stati così.

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Con un Brunello che non c'è!

Devo rientrare a Milano: una pausa doverosa perché la cena di stasera al Mudec non la posso perdere: Gianfranco Soldera mette all’asta alcuni formati speciali del suo vino del 2010, il poco che è rimasto dopo l’atto vandalico che ha subito nella sua cantina. Ci saranno 200 persone, invitate dall’onorevole Maurizio Lupi, che ha chiesto di destinare il ricavato della serata all’opera delle Suore della Carità e dell’Assunzione di Milano. Arrivato a Milano, i fumi del Chianti Classico sono smaltiti: mi cambio nel garage di fronte alla stazione dove ho posteggiato l’auto e vado al Mudec, purtroppo in una sera dove Milano è nel caos, con strade interrotte e disagi di ogni tipo. E quindi arrivo in ritardo, quando la cena è già iniziata e tutti sono seduti ai loro tavoli. Al mio trovo l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia con sua moglie e altre personalità che non conoscevo. Vado a salutare Gianfranco Soldera, che è al tavolo centrale con il collega Loris Follador ed è felice.

Mi dice che l’operazione al cuore che ha fatto a fine anno gli ha ridato 20 anni di vita. In tavola i vini di Josko Gravner, di Follador e il suo, servito rigorosamente nei bicchieri tondi condivisi con l’amico Rino Fontana. Al momento dell’asta, Maurizio Lupi mi chiama sul palco per commentare i vini e presentare i gioielli, che porteranno alla fine a un ricavato di 110mila euro. Una serata davvero speciale, merito anche dei piatti di Enrico Bartolini, che terminerà verso la mezzanotte, Non sapevo che Gianfranco Soldera stesse facendo un road show con quelle bottiglie, per serate di beneficienza come questa. Quasi un milione di euro in beneficienza, con iniziative a Londra, in Giappone e in Italia. Ed è curioso, perché non si finisce mai di conoscere le persone. Uno pensa a Soldera come a un burbero e invece c’è un’inclinazione profondamente umana. Mi piace ricordarlo con questa immagine, che poi ho subito girato a Marco Gatti quella sera: c’è tutta la sua serenità di un momento dove non ha voluto dire una parola, ma semplicemente si è goduto l’abbraccio caloroso di tanta gente: dalle umili suore a personaggi altolocati. Il vino ha la magia di unire tutto questo.

Gianfranco Soldera durante la cena al Mudec

12 febbraio Incidente domestico Una bella dormita a Milano ci voleva proprio. Stamane ho un appuntamento in Regione per Vinitaly and the city e poi passo da Alessandria, prima di ripartire per Montepulciano. Tutto fila via liscio... e invece no. Questa mattina tocca a me fare i conti con la Circolare

quella che si chiama sfiga: scivolo nella doccia perdendo completamente il controllo del mio corpo e vado a sbattere i denti sul lavandino. Mi guardo allo specchio e non ci voglio credere. È bastato un secondo. Nonostante questo riesco ad andare all’appuntamento in Regione con i Consorzi di tutela dei vini e poi a correre dal mio dentista ad Alessandria, che mi fa la diagnosi e riesce a rimettermi in sesto, nonostante due corone saltate e un canino rotto.

A questo punto prendo atto che da qui a fine giugno dovrò incontrare parecchie volte il mio dentista, che è decisamente un angelo.

Pensavo di non riuscire a partire per Montepulciano e invece la sera dopo arriverò puntuale come sempre alla cena di gala coi produttori, pronto per la degustazione del giorno successivo.

Intanto esce il mio pezzo su Avvenire, come ogni mercoledì, che mette in luce l’ennesima contraddizione tutta italiana.

Milano fa la cannibale ma la qualità è nei borghi Si è conclusa a Milano la Borsa internazionale del Turismo e si scopre che gli italiani, lo scorso anno, hanno compiuto un numero consistente di viaggi all'estero più del passato: 10 milioni.

Dunque la crisi dov'è? È la prima domanda che ci si pone davanti a un dato contraddittorio che non è nuovo nel nostro Paese. Ma, sempre nei giorni in cui apriva la Bit, un quotidiano usciva con questi due titoli: «Ogni giorno in Italia chiudono 34 ristoranti» e poche pagine più in là, nelle cronache locali: «Turismo a Milano, raddoppiato in dieci anni il numero di alberghi e ristoranti»...

Fenomeni contraddittori (ci si chiede in realtà dove chiudano e dove aprano questi ristoranti...), ma che ci sia un proliferare di locali a Milano è sotto gli occhi di tutti; la vivacità che offre la città, a quanto pare, sta convincendo i giovani che magari abitano a Roma a farsi un week end a Milano. Una volta era il contrario: contraddizioni anche queste? Per fare un po' d'ordine fra questo bailamme di dati bisogna riconoscere che lo stile italiano del mangiare e bere sta conquistando i millennials e non solo; però a lasciarci le penne sono le cento, mille città e borghi d'arte del nostro Paese, che invece soffrono. Si trova infatti in periferia il maggior numero di locali che chiudono senza riaprire, mentre nelle grandi città (Milano in testa) i locali del food & beverage cambiano magari gestione ma non chiudono, almeno per ora. Però anche questo non è del tutto vero, perché può capitare che qualcuno interpreti bene il proprio ruolo e il successo arriva a sorridere anche in una piccola città. Pochi giorni fa sono stato a Prato: città raccolta, bella, ma evidentemente cannibalizzata dalla ricchezza diffusa di Firenze; ebbene un giovane ci ha aperto il suo Dek Italian Bistrot, accanto a quella che lui chiama "salumeria di pesce". Un doppio locale, con dehors sulla piazza del Duomo cittadino, dove chiunque si può accomodare: giovane o meno, famiglia o gruppo di amici. E ci sono anche stranieri, perché è girata voce che a Prato si può incontrare in un sol colpo la cifra della qualità italiana: che sia un salume, un formaggio, una pizza o un piatto della nostra tradizione. Questo indirizzo è l'ennesimo di due mesi di viaggi e racconta quanto la scommessa sulla qualità, legata al racconto del cibo e del vino, sia vincente, ancor più quando fa luccicare il genius loci di un posto. Forse è proprio questa – la qualità – il fattore che sopravvivrà a crisi, flussi dei viaggi e chiusure perenni...

A questo punto vien da chiedersi: ma come viene premiata questa scelta di qualità, che è un contributo reale al turismo e al viaggio?

Chi la riconosce insomma? Per ora nessuno, a parte chi ne scrive.

Un po' poco per un Paese che ha bisogno di strategie.

(Avvenire 13 febbraio)

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14 febbraio L’annata 2016 del Montepulciano: buona Dopo la consueta cena di gala, che permette sempre di assaggiare le bottiglie di annate precedenti, la notte all’Hotel Riccio, che è un classico che mi onora. I due coniugi Giorgio e Ivana Caroti gestiscono quell’hotel con una cura assoluta e la colazione è sempre un momento di gusto. Alle 10 sono già nella mia postazione di assaggio e il risultato è decisamente di ottima soddisfazione, come ai bei tempi, quando il Montepulciano sapeva stupire. Ecco i miei migliori bicchieri.

Un 2016 convincente per il Vino Nobile Ed eccoci a Montepulciano, ad assaggiare l’anteprima del Vino Nobile, che in tante occasioni in questi anni è riuscito a stupirci.

Un vino che il suo terroir rende rotondo, con una complessità unica, che lo differenzia parecchio dai campioni toscani che lavorano col sangiovese. Qui l’ecotipo si chiama, non a caso, prugnolo gentile e il disciplinare prevede che sia prevalente al 70%.

Ora, avremo tempo di entrare nel merito delle uve utilizzate, qui vogliamo soltanto dire che l’annata 2016 è stata di buona soddisfazione, con una serie di campioni che avevano una coerenza fra loro, senza staccarsi troppo dalla cosiddetta tipicità. Un’annata dunque da prendere in considerazione, da acquistare, perché avrete la certezza di impattarvi con un Vino davvero Nobile e Tipico.

Ora passiamo ai nostri migliori assaggi che sono stati effettuati alla cieca. E manco farlo apposta, scopro che ad aprire gli assaggi (già con voti alti) era il Vino Nobile di Caterina Dei, che ci ha sempre dato grandi soddisfazioni, anche in annate meno felici. Caterina ha poi dedicato al padre un vino, Il Madonna della Querce (era un 2015), che considero clamoroso. Tornando al 2016, il colore rubino trasparente ti porta poi a un ampio bouquet fruttato. Il profumo è prorompente, ampio e ti rincorre in bocca l’amarena e la setosa tannicità. Brava Caterina!

Qualche salto più avanti ed ecco il piacevole Vino Nobile di Salcheto, che ha quel profumo tipico di ribes, e si mostra elegante.

Aveva invece note floreali (un bouquet) il Vino Nobile di un altro leader, Bindella. Una finezza particolare, con le sue note minerali e l’effluvio di erbe officinali.

Voti sopra la media hanno ottenuto anche Icario e Romeo, Poliziano e Fattoria del Cerro. Ma siamo solo a metà dei nostri assaggi. Ed eccoci ad apprezzare l’amarena mista a ribes dell’ottimo campione di Gracciano della Seta. Qui il sorso diventa ancora più complesso, perché senti anche note speziate di caffè e cioccolato. È piacevolmente tannico, allappante, insomma ha tutto per essere incoronato ai vertici dei migliori campioni di quest’anno.

Ma che dire di uno storico produttore della nostra predilezione, Tenuta Valdipiatta, che presenta il suo campione speziato e piacevolmente rotondo?

Bene anche Il Molinaccio e La Combàrbia, che aveva note di confettura, ma poi la freschezza lo portava all'eleganza. Una sorpresa. Non male anche la valutazione che riguarda la Vecchia Cantina di Montepulciano col suo Nobile 2016 che aveva quella speziatura mista a note animali, rimarcando una solida tipicità.

Al campione 120 ci siamo fermati, immaginando di chi fosse. Ma poi, visto il nome, è stata una sorpresa e sarà una new entry del Golosario: è Lombardo e nella semifinale dei migliori sei campioni arriverà 1°. È un rosso che ha speziature profonde, un bell’esemplare che va in profondità, con note di pelliccia e profumi tipici dei frutti freschi. Un vino ficcante, croccante in bocca. Siamo poi andati a conoscerlo e al banco abbiamo assaggiato anche la Circolare

il Vino Nobile Poggio Saragio 2015 che è il loro vino di punta.

Benvenuti sul Golosario!

Andiamo avanti con La Braccesca, il cui Vino Nobile, da semifinale, aveva profumo molto intenso e profondità unica. Un velluto, caldo, piacevole, intrigante. Ma lo stesso punteggio (ovvero il massimo) lo ha ottenuto una delle nostre cantine del cuore, già Top Hundred e protagonista di Golosaria: Metinella. Un rosso incisivo che aveva addirittura una nota di zenzero al naso e in bocca un equilibrio spettacolare, quello che desideri da un Vino Nobile. In finale è arrivato terzo.

E che dire de Le Bertille, altro notevole Vino Nobile, dove la piacevolezza del frutto si sposava con note di cuoio. Sul mio taccuino, senza conoscere il nome ho scritto “È Lui!”. Nel senso che questo era il prototipo del Vino Nobile come piace a noi, interpretato da un enologo di cui abbiamo la massima stima: Lorenzo Landi.

E prima di terminare, con un altro Vino Nobile 2016 che ci ha stupito ed è arrivato secondo, voglio dire che di voti intorno ai tre asterischi ce n’erano pochi. Il 75% era sui 4 e oltre e questo già dice del buon livello di questa annata. Bene il Vino Nobile di Podere Casanova, quello di De' Ricci e quello del Podere della Bruciata.

Ma ecco la sorpresa di una new entry del Golosario prossimo: Fanetti. Il suo Vino Nobile aveva addirittura note di fiori di arancio e poi una complessità speziata dove si mescolavano spezie intense (caffè) ai frutti tipici del prugnolo gentile, ovvero il ribes. Che bella soddisfazione!

Ho poi assaggiato le selezioni 2016 ed ha sbaragliato il campo Tenuta Valdipiatta. Delle riserve 2015 hanno preso i cinque asterischi ovvero il massimo: Le Bertille, Lunadoro e Carpineto, ancora una volta straordinario. Fra gli assaggi outsider questo clamoroso de La Ciarliana 2012, che mi ha dato anche un Rosso di Montepulciano 2017 sugoso e perfetto. Sempre fra i migliori.

Cena alla Taverna del Pian delle Mura Stasera la cena è stata in un posto desiderabile, con una fata che cucina i piatti della tradizione in maniera encomiabile e un signore che mi ha servito i vini della doc Montecucco. Che bella sosta: ho fatto un po’ di strada da Buonconvento, dove il Consorzio mi ha destinato per l’ospitalità, per arrivare in questo borgo piacevole, ma ne valeva la pena, compreso il rischio di daini e cinghiali sulla strada.

Ci vuole una serata così: di silenzio e di gusto, prima di immergersi nuovamente nel vortice degli assaggi, dei produttori, dei colleghi. Questi giorni di febbraio sono poi molto belli: col sole, quasi fosse scoppiata la primavera. E la Toscana assume una luce che considero pura magia.

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Luisa Battistini, cuoca della Taverna del Pian delle Mura a Castiglione d’Orcia

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15 febbraio Il Brunello 2014: ni Siamo alle battute finali, per la grande degustazione del Brunello di Montalcino annata 2014. Un’annata un po' controversa, che mi impegna su tanti campioni da passare uno ad uno. Ecco il risultato dei miei assaggi, con qualche sorpresa degna di nota.

Gli assaggi del Brunello di Montalcino 2014 Un’annata modesta, inutile nascondercelo, dove i vini erano perfetti al naso ma in molti casi cadevano in bocca. Mancanza di corpo e di complessità. Tuttavia non abbiamo trovato, come in passato, quelle disparità produttive, tipo abuso o mal uso, del legno o altri difetti che magari abbiamo riscontrato nei Chianti (non nel Gallo Nero a dire il vero) durante la settimana. Andiamo subito al sodo, dicendo che su 120 assaggi, il campione più rappresentativo è stato quello di San Polo. Decisamente equilibrato, interessante, piacevole, sostenuto da una buona struttura. Sorpresa per Renieri, che si colloca immediatamente dopo e che ha convinto per il suo equilibrio. Ma che dire di Albatreti che si prende il terzo posto sul podio dopo l’exploit dello scorso anno come miglior Brunello?

Ho degustato alla cieca, per cui l’esito l’ho scoperto solo dopo. E dunque voti alti (pochi per la verità: neanche un 25% sopra i 4 asterischi, per capirci) per Pian delle Querci, Podere Brizio, Poggio Landi, Podere Canapaccia, Ridolfi, già nostro Top Hundred che s’è presentato con una struttura speziata, molto tipica.

Bene anche San Giacomo e San Carlo. Particolare, ma piacevole il Brunello di Montalcino 2014 di Sanlorenzo. Una conferma che ci ha fatto felici è poi Sassodisole, molto tipico, con note speziate, animali e fruttate, un altro dei nostri Top Hundred. E quindi anche Tassi Franci, altro campione del nostro privilegio, mentre ci ha colpito la pienezza e l’equilibrio del Brunello della Tenuta Buon Tempo, new entry del nostro Golosario. Si distingue il Brunello di Tenuta Le Potazzine e quello di Silvio Nardi, mentre ci ha sorpreso quello di Terre Nere. Sorpresa anche per la cantina Ventolaio, prossima new entry del Golosario e quindi Argiano. Siamo alla metà degli assaggi. Via allora con Belpoggio, che aveva una particolare piacevolezza speziata così come Canalicchio di Sopra.

Sorpresa per il campione di Canneta, piacevole quanto il Brunello 2014 di Capanne Ricci. Si distingue molto bene Carpineto con un Brunello coerente con la tipicità e il Castello Tricerchi. Bell’equilibrio nel Brunello di Cava d’Onice e di Ciacci Piccolomini d’Aragona. Si impone molto bene Col d’Orcia, storica cantina, insieme a Collemattoni e Cordella. Bravi Cupano e Donatella Cinelli Colombini, sorpresa per Elia Palazzesi Collelceto.

Una conferma per noi sono stati poi Fanti e Franco Pacenti.

Ottimo il campione di Fornacella e di Gianni Brunelli. Si confermano all’altezza Greppone Mazzi Ruffino, il Poggione e La Fiorita (notevole interpretazione). Quindi il Paradiso di Manfredi e il Pino. Esemplare La Poderina e Lisini. Sopra la media Mastrojanni e Mocali. Insomma un gruppo di aziende su cui si può fare affidamento. Fra conferme e novità.

16 febbraio In viaggio verso Milano la notizia più triste: è morto Soldera Dopo la cena di gala della sera, con i tempi lunghi di servizio e la difficoltà ad assaggiare comodamente i vini, si riparte alla volta di Milano. E lì, mentre sono in viaggio, mi chiama una collega dicendomi che stamane è accaduta una tragedia: è morto Gianfranco Soldera. Mi fermo con l’auto immediatamente e provo a chiamare Angelo Gaja, ma non risponde; quindi Josko Gravner, la Circolare

ma è in vigna. Chiamo Pasquale Forte e mi dice che lo ha appena saputo dal sindaco di Montalcino, che poi renderà pubblica la notizia durante il raduno di tutti i produttori per la cerimonia ufficiale di Benvenuto Brunello. Chiamo Rino Fontana e mi dice che il giorno prima era con lui, in giro per le vigne. Si sono lasciati quella sera e il mattino dopo un malore lo ha colto mentre era alla guida della sua auto.

Ma quanto è strana la vita? Lunedì eravamo insieme: lui era felice e sereno, entrambi siamo tornati a Montalcino, per non rivederci più. Mi fermo a Tabiano, nella trattoria del fratello di Gene Gnocchi, e scrivo di getto un articolo per il quotidiano La Stampa, che uscirà il giorno dopo. Il mio giornale e il Corriere della Sera, saranno i due quotidiani che in pagina nazionale ricorderanno Gianfranco. Ma poi il giorno dopo, scriverò un articolo più ampio, sul Sussidiario.net che vi ripropongo qui.

Il ricordo di una cena con Gianfranco Soldera per i suoi 80 anni

Non c'è più Gianfranco Soldera Gianfranco Soldera, uno dei più celebrati produttori di vino italiani nel mondo, non c’è più. Sabato mattina la sua auto s’è schiantata contro una pianta, in quella zona di Montalcino, Case Basse, che dava il nome alla sua cantina leggendaria dove dagli anni Settanta aveva deciso di fare il vino più buono del mondo.

Un vino che nel millesimo 2013, l’ultimo in commercio, è valutato 500 euro a bottiglia, figurarsi le altre bottiglie da collezione.

Ora, Gianfranco Sodera era un tipo burbero, uno senza mezze misure, poco amato nel territorio, lui veneto d’origine ma milanese come luogo di lavoro (faceva il broker assicurativo) e ilcinese come produttore di vino. Non era simpatico a tanti, ai quali i suoi metodi per fare il vino (sceglieva un acino alla volta, a mano, perché fosse perfetto e il resto lo scartava) figuravano come una provocazione. Però io gli volevo bene, perché dietro a un grande vino ho sempre pensato che ci fosse una passione umana speciale per ritrovare quel racconto atavico del rapporto fra l’uomo e la terra che alla fine crea qualcosa che si avvicina all’arte. Negli anni Ottanta ci vedevamo spesso, ai Castagni di Vigevano o a Sant’Espedito: in cinque o sei ad assaggiare le migliori bottiglie che un ex orafo di Valenza, Rino Fontana, recuperava per passione. E così si assaggiavano i vini del papà di Angelo Gaja, di Giovanni Conterno, di Josko Gravner. Il sogno per ogni appassionato. Mi accompagnava sempre Fabrizio Venturini (che oggi è monaco alla Cascinazza, alle porte di Milano ed è mastro birraio), perché la guida al ritorno era un’impresa.

Quando ha compiuto 80 anni, due anni fa, proprio in questi giorni che celebrano la nuova annata che entra in commercio del Brunello di Montalcino, ho voluto stare con lui, come ai vecchi tempi. E gli ho rubato un’intervista che poi ho pubblicato in

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diario di viaggio

Giappone. Molto divertente. Aveva pochi amici fedeli e ripeteva a noi giornalisti che eravamo dei frustrati perché avremmo dovuto parlare solo e sempre di cinque, massimo sei produttori: Soldera, Josko Gravner, Roberto Conterno, Mauro Mascarello e Loris Follador che, ironia della sorte, lunedì sera era seduto di fianco a lui e s’è aggiudicato una McKenzie da cinque litri del suo raro vino del 2010. Raro perché nel 2012 un suo ex dipendente malvagio gli aprì i rubinetti di 10 botti, mandando nelle fogne un patrimonio.

E Soldera che ha fatto? Ha imbottigliato in grandi formati il poco vino che è riuscito a salvare e l’ha messo all’asta, per opere di beneficienza, raccogliendo quasi un milione di euro. È stato a Londra e lunedì sera era a Milano, al Mudec, invitato da Maurizio Lupi (l’onorevole, ex ministro, che gli era amico). Io ero a Firenze ed ho interrotto le mie degustazioni per essere con lui, insieme ad altre 200 persone di umanità varia: appassionati, uomini del mondo della finanza, della politica, della cultura e dell’editoria. E poi quelle religiose che affettivamente chiamiano “suorine”, che nel quartiere di via Martinengo a Milano portano avanti un progetto, la Casa di Sam, per aiutare le famiglie più disagiate, i bambini.

Gianfranco Soldera aveva messo a disposizione tre Jeroboan (bottiglie da tre litri) e una McKenzie (5 litri) da sorteggiare previa offerta. A fine serata abbiamo raccolto 110mila euro e tutti abbiamo assaggiato quel vino raro, che sapeva di spezie nobili (caffè e cioccolato), ma soprattutto di territorio. Lui non ha voluto parlare, e quando è salito sul palco per consegnare un simbolico assegno alle religiose, quasi si nascondeva. Però era felice: io lo guardavo dal mio tavolo e lui era con quel suo bicchiere rotondo che aveva fatto fare apposta e si godeva quel vino, che la sciagura non aveva distrutto del tutto. Era felice, perché a fine anno aveva subito un’operazione, che lo aveva rimesso in sesto. E quando mi ha visto mi ha detto: “Ho guadagnato vent’anni”.

Due giorni dopo sono ripartito per Montalcino e così anche lui, insieme al fidato Rino Fontana. Io ho assaggiato i 120 campioni di Brunello annata 2014, che lui non ha voluto produrre, perché il risultato della vendemmia era modesto, mentre Gianfranco era in giro per le sue vigne, in una bella giornata di sole, a coccolare nuovi progetti. Sabato mattina, ancora in giro, da solo, con la sua auto, per quelle strade di campagna conosciute da una vita, dove la moglie Graziella, esperta botanica, aveva una collezione di rose unica, che per Gianfranco era il simbolo della sanità di quei terreni, coltivati in maniera assolutamente naturale. Ma probabilmente era la sua ora: l’auto è finita contro un albero e non c’è stato nulla da fare.

E io guardo ancora la foto che gli ho scattato lunedì, che mi aveva chiesto Marco Gatti. La guardo mentre a cena con don Carlo Casati, sabato sera, gli chiedo dove sta il merito: «Sai Paolo – mi dice – il teologo Von Balthasar sosteneva che l’inferno probabilmente è vuoto». E allora io penso che Gianfranco vivrà attraverso la casa di Sam, i suoi figli Mauro e Monica e il genero Paolo, che sono cantina. E poi attraverso i suoi vini, la sua interpretazione che è diventata un metodo, la sua anima generosa che voleva nascondere, ma che era qualcosa a immagine e somiglianza. «Cos’è l’uomo perché te ne ricordi?» si domanda il salmista. Ogni uomo è un’opera agli occhi di Dio. Grazie Gianfranco!

A cena con gli amici e don Carlo Stasera si sta a cena con gli amici della Certosa di Garegnano, da Fabrizia e Massimiliano. E io ne approfitto per portarmi delle bottiglie di vino che devo assaggiare, fra cui i due brut della Cantina Manuelina di Santa Maria della Versa che trovo eccezionali. A la Circolare

sorpresa arriva anche don Carlo Casati, il prete della mia gioventù e quella sera condivido con lui lo scoramento della scomparsa di Gianfranco Soldera. Gli racconto della cena al Mudec, della sua scomparsa improvvisa e gli chiedo il senso di tutto questo. La risposta di don Carlo è quella che ho riportato in fondo all’articolo scritto per il Sussidiario.net.

L’inferno è vuoto. Oppure, come ci provocò una volta Luca Doninelli durante una sua pièce declamata in una delle nostre Giornate di Resistenza Umana, esattamente davanti alla scalinata della cappella del Paradiso del Santuario di Crea, anche di là c’è pochissima gente: è il Purgatorio il più affollato. Ma fra i pochi che trovi in Paradiso ci sono personaggi impensabili, anzi presenze clamorose. Che significa tutto questo? Che la nostra misura è comunque e sempre ben poca cosa, rispetto al Mistero che sovrintende la vita.

Con don Carlo Casati e gli amici della Certosa

19 febbraio A Erbin a respirare la Valpantena La pausa toscana è stata salutare e riposante rispetto al tran tran, ma ora che sono tornato bisogna rispettare gli appuntamenti accumulati, riprendere in mano i lavori, andare a Verona per il Fuorisalone e mettere in pista il programma, che si sta componendo, di Golosaria Monferrato. Nel frattempo la nostra squadra di lavoro si è ricomposta: Silvia Torti e Simona Novelli prendono il posto di Claudia Gerosa e Raffaella Carraro. Quindi i primi appuntamenti insieme a Milano, dove incontro anche Andrea Cuomo e Anna Muzio, che nel frattempo hanno ultimato di scrivere il libro dedicato al caffè: Mondo Caffè, che uscirà come ottavo volume della collana i Libri del Golosario di Cairo Editore. Il ritmo è decisamente sostenuto ma, ironia della sorte, questa sera mi trovo in un’altra oasi di pace, ovvero in località Erbin, sopra a Grezzana, in Valpantena. Ero curioso di vedere il relais della Collina dei Ciliegi di cui mi aveva parlato Massimo Gianolli e sono stato appagato.

Un posto da sogno, con delle camere bellissime e una cucina decisamente all’altezza di questo luogo.

Peccato essersi fermati così poco: alle 10 del giorno dopo devo già essere in Fiera a Verona, però un posto così bello ti riconcilia col mondo. Arrivi alla sera e le luci del borgo assomigliano a un villaggio natalizio; in uno dei tre dehors ti fumi in pace il tuo antico toscano e la luce del mattino presto (con una colazione fantastica) ti mette energia. Voglio tornare!!!

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La Locanda Ca’ del Moro della Collina dei Ciliegi a Erbin

21 febbraio Col maestro Ugo Nespolo Due giorni a Torino questo fine settimana, per incontri vari e anche per assaggiare qualche buona tavola (mi è piaciuta La Madia, vicino alla Gran Madre, per esempio). E fra gli incontri più interessanti quello con il maestro Ugo Nespolo, nel suo studio che in realtà è un palazzo intero. Un palazzo con tante stanze, una più sorprendente dell’altra, non solo per le sue opere d’arte, ma per le collezioni. Ce n’è una di cineprese, per esempio, e c’è persino un mini cinema per le proiezioni. La sala convegni è altrettanto creativa e arredata con una serie di strumenti musicali. È stato un bel regalo vivere questa ora insieme.

Gioia: la prima parola che m’è venuta in mente appena varcata la soglia del suo studio è stata gioia. Eh sì, perché la compagnia di quei colori ovunque ti giri, gli ambienti uno diverso dall’altro, ma sempre con un accenno di personalizzazione artistica, ti mettono di buon umore. Ugo Nespolo è un grandissimo personaggio. O meglio, un grandissimo italiano perché dentro la sua creatività c’è il Dna del nostro saper fare.

Nello studio di Ugo Nespolo, con il sindaco di Carmagnola Ivana Gaveglio e Renzo Sola

22 febbraio Fra il Festival di giornalismo enogastronomico e il libro di Vullo Stamane è giornata di congressi e di convegni. A Torino c’è il festival di giornalismo enogastronomico e per il secondo anno di fila mi hanno chiamato per fare un intervento, nella sessione la Circolare

dedicata a "La Gastronomia, scienza del futuro". Con me la collega di Repubblica Licia Granello e quello della Stampa Carlo Bogliotti. Ma nel backstage c’è un tourbillon di persone che vanno e vengono: da Oscar Farinetti al presidente della Coldiretti Ettore Prandini, da Giorgio Calabrese a Vito Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Finita la giornata, che ho passato fra incontri da una sala all’altra, eccomi in un altro palazzo di Torino, già sede della Provincia, per presentare il libro di Salvatore Vullo, funzionario dell’assessorato regionale all’Agricoltura dal titolo Il Piemonte Agricolo, tra memoria e futuro. In sala tantissima gente, che non vedevo da chissà quanto tempo. Con me a presentare il libro, l’assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero e il segretario della Camera di Commercio di Torino, Guido Bolatto. Il libro è praticamente una minuziosa cronistoria di cinquant'anni dell’agricoltura piemontese, mondo per il quale Salvatore, che ha al suo attivo tanti libri, alcuni dedicati a Sciascia e alla cultura della sua Sicania, ha lavorato con una passione speciale.

Nel libro sono stati ricostruiti fatti, incontri e anch’io vengo citato diverse volte per interventi a convegni che non ricordavo più. È passato tanto tempo e questo libro, che ha messo uno dietro l’altro dei fatti, è capace di far vedere un quadro. Mi ha colpito, perché un lavoro del genere è certamente un monito per la politica, che si alterna al governo di un qualsiasi ente, spesso dimenticando cosa è stato fatto in precedenza. Il vero spreco di risorse credo si annidi proprio lì, nella discontinuità, quasi che per la politica questa sia un valore e una sorta di creatività gratuita. A me sembra semplicemente un’imbecillità.

Per questo dico grazie a Salvatore Vullo, che ha amato il suo lavoro, tanto da trarre, dal suo osservatorio privilegiato, un pezzo di storia, con tanti protagonisti.

23 febbraio A Garbagnate a parlare di spreco Da Torino a Milano, con una sosta che davvero mi ha sorpreso: la trattoria Della Ripa a Robecco sul Naviglio, vicino a Magenta, dove un giovane chef mi ha mostrato cosa vuol dire amare la stagionalità. Ne scriverò subito un articolo per il Golosario.it.

Il giorno dopo sarò a Garbagnate, al festival della fede, per fare un intervento sul tema dello spreco.

Dove mi trovo a dialogare con una sessantina di persone, invitate dal parroco, che è un mio lettore di Avvenire molto attento.

Avevo accettato subito l’invito, lusingato dal fatto che qualcuno apprezzasse le mie riflessioni settimanali, che vanno sotto il nome della rubrica Appelli di gusto. E non ci si immagina quanta gente avrebbe qualcosa da dire. La forza della comunicazione è proprio questa e un incontro pubblico è un regalo, perché la cosa più interessante è vedere in faccia chi ti segue.

24 febbraio In Valsesia a immaginare la Resistenza Umana Toccata e fuga in Valsesia, stamane, per porre le basi della prossima Giornata di Resistenza Umana che faremo il 22 giugno. Ci incontriamo dunque al Mirtillo Rosso, con Stefano e con suo suocero, Cesare Ponti, per immaginare quali scenari possiamo mettere in gioco per assaporare la Valsesia. Il risultato, dopo un sopralluogo che faremo due mesi dopo, sarà il programma pubblicato su questa Circolare.

Una giornata che cade, come molte altre in passato, proprio intorno al 19 giugno, che è il giorno del nostro compleanno: Papillon nacque esattamente 27 anni fa.

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25 febbraio A Padova in una bell’osteria con i musicisti spagnoli Serata a Padova, prologo di una tre giorni in Veneto, e la sera capitiamo in un’osteria affollatissima, a due passi dal Duomo, che ha un menu strettamente locale e una scelta di vini anche a bicchiere di meditata selezione. È l'Antica Osteria Dal Capo. I tavoli sono talmente vicini che alla fine mangiamo con tre musicisti spagnoli, simpaticissimi, in tour in Veneto. Che dire: abbiamo mangiato davvero bene, ma soprattutto abbiamo vissuto un clima da vera osteria, come non capitava da tempo.

Quando l’ho scritto sul Golosario.it, più di un amico di Padova mi ha telefonato dicendomi: «Ma sei andato dal Capo?». «Sì, perché?

La conosci?». «È la mia osteria preferita». Ah che bello, e perché non me lo hai mai segnalato? Ora: nel 2017 abbiamo fatto Golosaria a Padova, nel 2018 abbiamo presentato il Golosario al Caffè Pedrocchi con annesso la guida ai ristoranti... e nessuno ha mai pensato di dirci che quello era un posto della nostra filosofia?

26 febbraio All’Università della Pizza e poi con Gianni Rigoni Stern a chiudere il libro Toccata a fuga: a Vighizzolo d’Este per una lezione di marketing e comunicazione ai futuri protagonisti della pizza contemporanea; quindi a Padova per una riunione di lavoro alla scuola Dieffe e infine ad Arcugnano con Gianni Rigoni Stern e sua moglie Lella per le ultime battute dedicate al libro che uscirà a fine mese: Ti ho sconfitto felce aquilina. Un libro sofferto, secondo me molto bello, che racchiude la storia di Gianni nei dieci anni in cui si è messo sulle tracce della Transumanza della Pace.

Riporto di seguito una bozza di introduzione che poi abbiamo deciso di non riportare, per fare un solo pezzo conclusivo. Ma la regalo volentieri agli amici di Papillon, che tanto si sono spesi in questi anni per sostenere questo progetto.

Muoversi con qualcuno vuol dire commuoversi Non conoscevo Gianni Rigoni Stern fino a pochi anni fa, mentre un pomeriggio di settembre di dodici anni fa, a Isera, avevo conosciuto suo padre Mario, scoprendo in lui una certa predilezione per il Trentino. A Gianni, invece, ci arrivai per caso nel 2014: un incontro pubblico durante una manifestazione dedicata ai formaggi, a Castegnato, in provincia di Brescia. Avevamo sentito parlare della “Transumanza della Pace” e l’argomento ci sembrava adeguato per l’incontro di quella domenica pomeriggio.

Era una giornata di sole, lui era arrivato puntuale con sua moglie Lella e con la cartella marrone con dentro tutto il materiale da distribuire agli astanti. Pochi per la verità, anche se quell’incontro in qualche modo aveva segnato alcuni dei presenti e io stesso ero fra quelli. Le immagini che ci aveva fatto vedere tramite un video, di quella gente contemporanea che usciva lentamente da una guerra cruenta e cercava di ricominciare a vivere, sembrava qualcosa di mai saputo, nonostante la lettura assidua dei quotidiani.

Ci salutammo senza particolare enfasi: Gianni è un omone che incute timore ed è di poche parole e subito ripartì per Asiago.

Però quell’incontro con dieci persone era stato qualcosa di speciale, insomma qualcosa che aveva scosso anche chi, come me, fa di mestiere il cronista, modera incontri di ogni genere, ascolta persone e stende interviste.

Cosa vuol dire commuoversi? L’ho capito due giorni dopo quando ancora pensavo a quella strana transumanza pacifica fra l’Italia e la Bosnia e volevo dirlo a Gianni Rigoni Stern. Ma la telefonata la Circolare

non fu delle più felici: «Mi hai fatto venire da Asiago per incontrare dieci persone…». Aveva ragione, e la cosa non mi scoraggiò più di tanto: «Gianni però io volevo dirti che dopo averti sentito parlare, volevo coinvolgere i miei amici per aiutare questo progetto. Che ne dici?» «Va ben…».

Ora i miei amici sono quello del Club di Papillon, un’associazione di consumatori dediti al gusto che una volta l’anno indice le Cene in ComPagnia: ovvero dei momenti spontanei in ogni dove, dove di solito partecipano un migliaio di persone che provano a esercitare il senso di dividere il pane per condividere un bisogno.

Quale? Quello della prossimità che ti viene incontro, per caso o non per caso, scegliete voi.

Noi abbiamo scelto per tre anni di sostenere questo progetto, arrivando a raccogliere 34.775,00 euro e contagiando anche le amiche della Compagnia Musicale Nadeshiko di Tokyo, grazie a Motoko Iwasaki, membra del nostro sodalizio, che per tre anni sono venute in Italia a fare dei concerti per sostenere il medesimo progetto. Insomma una catena di incontri e di gente che si è “mossa con” facendo propria una scossa, così come accadde a Gianni e a sua moglie Lella quando per la prima volta andarono a fare un giro da quelle parti: era il 2008.

Con Gianni è poi capitato di organizzare svariati incontri, non ultimo un viaggio a Srebrenica, per vedere da vicino questa realtà e conoscere quelle persone a cominciare dal fido Edo. Da lì si è perfezionata l’idea di questo libro: impresa non facile per uno come Gianni che ha una devozione non banale verso suo padre, uno dei giganti della letteratura.

In verità il libro nacque dopo l’ennesima visione di quel filmato, una sera a Biella, durante un altro di quegli incontri poco riusciti rispetto alle aspettative. Ormai ci avevamo fatto il callo, anche se quella storia risentita chissà quante volte aveva nuovamente provocato qualcosa in me e in lui. E così ci siamo sentiti subito al telefono: «Gianni, bisogna diffondere il più possibile questa opera, appena siamo in tempo: mi sembra che ci sia ancora tanto da fare e c’è bisogno che sempre più gente si muova con…». Ecco, nel momento in cui Gianni ha detto di sì, è iniziato il racconto puntuale che leggerete nelle pagine a seguire, che è un atto di umiltà di un uomo che ha deciso di mettere a disposizione tutto, per costruire la pace in maniera molto concreta.

Personalmente sono grato a Gianni di aver accettato questo invito e sono sicuro che questo libro farà fiorire altre iniziative e potrà scuotere altre coscienze libere, capaci di esercitare la pace, che come scrive Rigoni Stern - richiede un lavoro costante.

rischiamo di arrivare alla vigilia di ogni appuntamento elettorale con una protesta nuova (per le europee cosa c'è da aspettarsi?).

Detto questo, i dibattiti che si sono svolti lo scorso fine settimana al Festival del Giornalismo alimentare di Torino hanno acceso più di una lampadina su quella parola – qualità – che viene continuamente svilita. Lo ha detto il professor Giorgio Calabrese quando, parlando dei semafori rossi e verdi ideati in Inghilterra, ha dovuto spiegare che l'alt all'olio di oliva e il via alle bibite gassate era più che un paradosso. Un paradosso che fa pensar male. Ma la scoperta che serpeggiava fra gli addetti ai lavori era che anche in Italia, lentamente, stanno scomparendo le cucine. E chi ci aveva pensato? Eppure sembra proprio che le nuove coppie, quando mettono su casa, abbiano in mente che la cucina può anche aspettare, in subordine alla televisione. È una questione di costi, dicono, ma fors'anche di concezione dell'esistenza, che diventa di certo più povera se manca la tavola, intesa nel suo senso più completo. La sera stessa da Torino sono passato a Milano per scoprire che il traffico, all'ora di cena, deve ormai fare i conti con i gruppi di biciclette che consegnano a casa hamburger, pizze, piatti. Il servizio delivery spopola e già si parla di consegne in bicicletta fatte dai mercati all'aperto: il primo esperimento a Torino nel quartiere Santa Rita. Nulla di male: è il nuovo che avanza; ma il desiderio di osservare di persona e riconoscere un prodotto di qualità che fine sta facendo? Non si cucina, non si fa più la spesa, non ci si guarda in faccia intorno a una tavola, al massimo ci si accomoda a fianco sul divano davanti a un video, col telefonino in mano (e qui l'America, intesa come modello e stile di vita, sembra abbia vinto)... Ora mi chiedo: possiamo assistere inermi a questo stravolgimento? Spero che almeno i parroci, che organizzano i corsi prematrimoniali, abbiano in serbo una lezione sul valore della cucina, della tavola, della convivenza sana dentro le piccole comunità domestiche.

(Avvenire 27 febbraio) 2 marzo La cena in ComPagnia (le Cene in ComPagnia...)

Cene in ComPagnia in tutta Italia, per sostenere i due progetti di quest’anno: la realizzazione del libro, che metteremo a disposizione di Gianni Rigoni Stern per le sue azioni di foundraising, e il progetto di microagricoltura in Burundi della nostra amica Fides Marzi. Questa sera ho invitato gli amici di sempre per la cena a casa mia, che è iniziata come tutti gli anni con la visione del filmato.

Su Avvenire questa settimana mi sono soffermato sul tema della crisi del latte in Sardegna, provando a dire la mia.

Nuove famiglie, tutta tv e poca cucina Ora che le elezioni in Sardegna sono passate, sommessamente, mi vien da chiedere: ma la parola qualità (riferita al latte s'intende) l'ha mai pronunciata qualcuno? Ogni tanto si accendono fuochi di protesta intorno a prodotti considerati commodity, senza pensare che la vocazione del nostro Paese è quella di superare l'indistinto per portare nel mondo prodotti di qualità. Detto questo, l'aumento statalizzato del prezzo del latte in Sardegna non è la soluzione: è una pezza dal sapore vagamente elettorale. Più interessante sarebbe capire quali suggerimenti di marketing, quale racconto possa scaturire, quale piano industriale possa mettere in atto una Regione, custode di una tradizione e di un sapere. Se il passo del nuovo governo regionale non sarà in questa direzione,

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E mi si apre il cuore a pensare che insieme ci siamo scossi dall’abitudine, dal tran tran del tempo libero, per dedicarci a qualcuno che ha bisogno di coscienze sveglie. Cene in ogni parte, che quest’anno hanno anche coinvolto altri amici, penso a Brescia, a Palermo, a Monza che a loro volta hanno fatto iniziative autonome, molto efficaci. In queste situazioni ti scontri sempre con due condizioni: la generosità della gente e la misura borghese. Cioè di chi magari si entusiasma, ma solo una volta, per evitare di sconvolgere troppo il proprio status quo. Ricordo iniziative entusiaste negli anni passati, ma poi il tiepido l’anno dopo, come a dire. «Ho già dato». Anch’io nel mio piccolo posso essere così, non voglio giudicare nessuno. Però dico che io e i miei amici di Papillon ci siamo arricchiti stando davanti a Gianni Rigoni Stern oppure a Fides Marzi, che hanno fatto seguire all’emozione della prima volta, un progetto, passo dopo passo. E questo sì, diventa interessante. Fa capire che la propria vita può essere spesa diversamente. E non è che si è più poveri, vi assicuro.

3 marzo A Genova c’è il Wine Festival!

Stamane sono a Genova, per partecipare a una bella manifestazione sul vino, organizzata dagli amici di Papille Clandestine. È il Genova Wine Festival, dove in una bella sala di Palazzo Ducale sono radunate 50 cantine, fra cui alcuni nomi noti come Gravner o la cantrina Produttori di Barbaresco. Un full immersion in una serie di cantine conosciute e sconosciute, in particolare Casa del Diavolo che mi farà assaggiare una Bianchetta genovese carica di autenticità. È stata l'occasione per gustarsi anche un po' di Genova, andando a pranzo nell'ottimo ICuochi, che mi ha lasciato una buona impressione. E dopo tanti anni mi accorgo di avere avuto un rapporto strano con questa città: di fatto la conosco poco, non l'ho mai frequentata più di tanto pur essendo a poca distanza da quell'Alessandria dove per dirla alla Ivano Fossati - già si sente il mare.

6 marzo La bigolada di Castel d’Ario È un giorno di marzo, un mercoledì qualunque e, senza prenotare, vado diretto alla trattoria della Stazione di Castel d'Ario che gli amici mi avevano segnalato. Solo che succede un fatto strano: a un tratto la strada si interrompe: vigili, tanta gente per le strade e deviazione delle auto. Che sarà successo? Per una strada esterna raggiungo finalmente la stazione e l'omonima trattoria, entro e chiedo se ha un tavolo. Il ragazzo di sala mi guarda come se fossi un ufo e mi dice: «No, guardi, qui è prenotato da settimane».

«Ullallà - penso fra me - ma possibile che in un giorno feriale qualunque un locale tutto sommato di passaggio abbia questo successo?» Poi guardo il manifesto appeso di fronte e scopro che oggi è il mercoledì delle Ceneri e qui si celebra la bigolada. E difatti sul fondo del viale vedo una fila di bancarelle. Mi dirigo verso lo stand che sforna i bigoli, ma c'è una fila lunghissima. Mi accontenterò di un panino con l'hamburger.

Mi ha dato un senso di appartenenza questa storia della bigolada: tutto il paese in strada, probabilmente le scuole le hanno chiuse e chi poteva magari ha preso un giorno di ferie per esserci. Semplicemente per esserci, per prendere il suo piatto fumante di bigoli, un bicchiere di plastica con un vino dozzinale e assaporare il gusto di appartenere a un luogo. I volti dell'enogastronomia hanno anche questi risvolti amici.

Stamane su Avvenire commento una notizia di cronaca che mi ha fatto tenerezza. Due signori in pensione hanno riaperto il loro negozio di alimentari semplicemente per offrire un luogo in paese.

Con gli amici per la Cena in ComPagnia a casa Massobrio

la Circolare

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I negozi alimentari, un presidio prezioso Riaprite quel casolino! Ovvero il negozio di alimentari che accende la luce dentro un paese, ma anche luogo di incontro e di scambio di notizie, quantomai essenziali nell'oggi dove vige un regime di incomunicabilità. Nel mio paese, fra le colline del Monferrato, i negozi di alimentari chiudono ad anni alterni, schiacciati dalla concorrenza dei discount anche dei paesi vicini.

E quella signora che si avvicina ai 90 anni è convinta che il suo orto venga devastato dai vicini un po' dispettosi. Se avesse potuto andare a prendere il pane come faceva da sempre, le avrebbero detto che sono arrivati i cinghiali e che bisogna stare all'erta. Anche sui Colli Euganei ci sono i cinghiali, che devastano un'area viticola riconosciuta fra i campioni del biologico. L'altra sera a Padova ho assaggiato un vino magnifico prodotto a Teolo, paese di rinomati ristoranti, dove i casolini hanno ormai chiuso da due anni. Ed è così che Guido e Maria, settantenni in pensione, hanno scelto di riaprire il vecchio negozio, perché gli si stringeva il cuore nel constatare che a Teolo chiudevano anche l'asilo, la stazione dei carabinieri, la guardia medica... Un paese dalla morte annunciata, hanno scritto i giornali, benché l'attrattiva turistica sia sempre attiva. Ma può esistere un turismo sconnesso dalla vita ordinaria di un paese? La risposta è pleonastica e a questo punto bisogna andare a vedere chi e perché ha deciso di smantellare quell'organo di organizzazione del territorio che era la Provincia. Se un paese muore, il grido del sindaco può arrivare al massimo in Regione, che ha tuttavia una somma di problemi: non esiste più un'amministrazione di prossimità di secondo livello. E tutto questo sta diventando grave. Poche settimane or sono in tivù è apparso un servizio sui pensionati che vanno a godersi il resto del tempo all'estero, perché i costi in Italia erodono i pochi risparmi messi via. Ma sono stati intervistati anche emigranti italiani, che hanno lavorato una vita all'estero e ora, con incentivi adeguati, potrebbero tornare nel loro paese d'origine. Neanche per sogno, hanno risposto: al mio paese l'ospedale dista parecchi chilometri, non ci sono più negozi, hanno tolto persino la banca... Insomma neppure l'effetto nostalgia attrae i nostri ex concittadini in quello che ancor oggi viene battezzato come il Bel Paese. Chi sta pensando a salvare queste situazioni che in realtà rappresentano il vero volto di una crisi insanata? Se lo chiedi, ti dicono che bisogna aspettare le Europee, una consultazione che in passato aveva uno scarso appeal, ma che oggi è carica di molti significati. Ma dopo le Europee ci sarà progettualità o ancora involuzione? Intanto i Bei Paesi franano, dentro una solitudine assordante!

(Avvenire 6 marzo) 7 marzo La cantina di Giacomo L'invito di Beppe Bologna era decisamente irresistibile: «Ci vediamo da mio zio Carlo (trattoria I Bologna, ndr) per assaggiare qualche bottiglia della cantina di mio padre, al secolo Giacomo Bologna. Saremo in 8». Be’, come mancare? E, soprattutto: come fare, se non prenotare una camera al piano di sopra per raggiungere casa il giorno dopo?

La degustazione è stata di quelle mitiche, che rappresentano il sogno di ogni appassionato. Soprattutto per la parte francese, ovvero gli Champagne Cuvée Dom Perignon Vintage 1982 e 1990, lo Champagne Vintage Krug Collection 1973, lo Champagne Emmanuel Brochet Les Hauts Chardonnays 2010. Ma che sorpresa le vecchie bottiglie italiane, così longeve da non sembrare vero: un la Circolare

Barolo di Fontanafredda del 1939, un Barolo di Giacomo Borgogno Riserva 1947, un Barolo di Mascarello & Figlio del 1964, un Barolo di Pio Cesare del 1964, un Nebbiolo di Barbaresco di Vacca Francesco del 1971, una Barbera “La Monella” dell’Enoteca Braida del 1969.

Sorpresa delle sorprese, un Bricco dell'Uccellone del 1982, il primo che produsse Giacomo Bologna, 37 anni fa. Una Barbera che aprii nel febbraio del 2005, quando don Giussani andò in Paradiso.

Era la bottiglia che tenevo per quando sarebbe tornato a casa mia. E pensai, allora, che sarebbe stata l'ultima volta che assaggiavo quella meraviglia. Stasera, dopo 14 anni, l'ho ritrovata, esattamente come allora, come se 14 anni non fossero passati. Non una punta di ossidazione, niente, se non la perfezione del vino che migliora col tempo.

Ma dai: una Barbera!

La mitica degustazione da Beppe Bologna

scaricate che sono superiori agli anni passati, più diventiamo insopportabili per certi colleghi. Mi hanno riferito che hanno posto il veto sulla nostra presenza in un certo posto a Milano dove fanno il circo dei cuochi, per la presentazione di un libro che mi stava cuore. Tranquilli: non ci saremmo mai andati, semmai andiamo al ristorante.

Come dice il detto? Tanti nemici...

11 marzo Con Papillon Milano al Museo Branca Iniziativa del Club Papillon di Milano, questa sera, ovvero la visita al Museo Branca. Appuntamento alle 19 davanti all’ingresso di questa storica fabbrica di liquori, dove ci aspetta una persona davvero simpatica, Marco Ponzano, che in pratica ha concepito il valore di un museo legato a un’azienda, creando una rete fra realtà simili, presenti ormai in tutta Italia. Fulvio Tonello, insieme al Delegato del Club Luca Ligabue, ha radunato una trentina di persone, incuriosite dalla ricchezza di questa azienda. E si scopre che il Fernet è un prodotto leader in Argentina, dove viene miscelato con la Coca Cola. E che dire poi dei manifesti che ogni anno lanciavano una campagna diversa del prodotto e del brand, dimostrando il valore di una comunicazione efficace già un secolo or sono! Curioso lo spazio dove vengono rappresentate tutte le spezie che concorrono alla ricetta del celebre Fernet oppure quello dedicato alle imitazioni del Fernet, con marchi insospettabili che hanno cercato di scimmiottare un prodotto di successo.

Ci sono dei simboli del food e beverage che si legano inevitabilmente alla storia italiana, all’ingegno del saper fare. Uno di questi è sicuramente Branca. È stato importante per tutti gli amici di Papillon, quella sera, stare davanti a questa storia. Fa parte della vocazione stessa di Papillon: conoscere, valorizzare chi ha fatto e fa ancora oggi, grande l’Italia.

L’entusiasmo per il Bricco dell’Uccellone 1982

8 marzo IlGolosario Ristoranti Si chiamerà IlGolosario Ristoranti la nostra quinta edizione del GattiMassobrio, che in questo mese sta uscendo in allegato a Bell'Italia in tre libriccini speciali. Con Marco Gatti abbiamo definito già la copertina e di conseguenza la strategia per il prossimo anno con l'idea fare una guida sempre più distintiva, diversa dalle altre, necessaria per scoprire il cuore di un'Italia vera in tavola.

Ce lo stanno riconoscendo in molti e questo non fa che renderci felici. E più salgono i riconoscimenti che si evincono dal buon successo dell'iniziativa di Bell'Italia, ma anche dalle app a pagamento

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Con Fulvio Tonello, Luca Ligabue e gli amici del Club di Papillon di Milano al Museo Branca

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Lo spazio dedicato alle spezie che concorrono alla ricetta del celebre Fernet

13 marzo A Verona si premia il design delle bottiglie Giornata a Verona, credo per la trentesima volta. Ma oggi è per un evento speciale, ossia la giuria del premio Vinitaly Design Int'l Packaging Competition. Vi partecipano le aziende vitivinicole che mettono in gara alcune bottiglie che secondo loro rappresentano innovazione. Oltre 300 campioni divisi in 8 categorie, da valutare, guidati dal presidente di giuria Cristiano Seganfreddo. Con me altri cinque membri, esperLa bottiglia di Palmento Costanzo ti nei propri campi: dal design che ha vinto il premio Vinitaly De- alla grande distribuzione. E per sign Int'l Packaging Competition la prima volta, in giuria, hanno inserito un giornalista di settore, il sottoscritto. Il lavoro è durato tutta la mattina e su ogni bottiglia ognuno di noi assegnava un voto che poi veniva sommato ed elaborato, per arrivare alla rosa dei finalisti. Ha vinto l’azienda Palmento Costanzo che fa il vino sull’Etna, ma buone posizioni le ha conquistate anche l’azienda Gorghi Tondi, con le sue etichette divertenti. È stato molto interessante e il fatto che fossi presente io ha convinto i giurati ad aprire la bottiglia vincitrice. Un eccellente rosso, segno che un design raffinato va di pari passo con una qualità eccezionale.

Anche questo, se ci pensiamo bene, è Vinitaly.

Cena da Paola a Isola Rizza Stasera la cena è in un ristorante della mia predilezione, ovvero Perbellini a Isola Rizza. E ancora una volta ho provato la piacevolezza dell’accoglienza, l’intelligenza del servizio del vino a bicchiere e poi una cucina sempre più intrigante, degna della nostra corona radiosa. Bravissimo il solido giovane cuoco Francesco Baldissarutti e brava tutta la brigata. Paola è la splendente padrona di casa, che vi porgerà un menu intrigante, che mantiene sempre un ottimo rapporto qualità/prezzo. Che sfiziosità l’uovo in camicia su vellutata di burro di malga, crudo di Montagnana fumè e fagioli cannellini; le lumache stufate in pentola di pietra con raperonzoli, bernese alla senape e ibisco. Fra i primi i tortelli farciti di patata arrosto in consommè di coniglio alla cacciatora; fra i secondi la ricciola alla griglia con polenta al cavolo nero e salsa

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di vitello (fantastico equilibrio), ma anche il capriolo allo spiedo e crocchetta di ricotta con broccolo fiolaro e salsa al pino mugo.

E come dolce? Ma c’è da chiederlo? La Millefoglie stracchin no?

Paradiso.

14 marzo Viaggio a Trieste e cena radiosissima al Cjasal Si parte per il Friuli Venezia Giulia, destinazione Trieste, ma prima di raggiungere l’ottimo hotel Savoia Excelsior Palace che dà sul porto, mi fermo a cena al Cjasal.

Mi son fatto servire dall’oste, il padre di due ragazzi fantastici, un vino a bicchiere di un produttore davvero ottimo: Vigna Malina.

Ne scriverò subito, in un articolo che ripropongo di seguito, perché davvero non riesco a capire il silenzio delle altre guide su un posto così clamoroso.

Paola Secchi anima del Perbellini, con lo chef Francesco Baldissarutti e lo staff in cucina

La riflessione di Avvenire di oggi è sui cambiamenti, non solo quelli climatici, ma anche il cambiamento della cosiddetta aspettativa di vita. Leggete qui.

I giovani chiedono salvagenti per la Terra La nonnina del mondo ha compiuto 116 anni. È di Fukuoka e alla domanda sul momento più felice della sua vita ha risposto: «Ora».

Per la cronaca l'uomo più vecchio del mondo, 114 anni, è nato a Firenze e non rinuncia a un bicchiere di vino a pasto. Ebbene, al di là di ogni considerazione, quel commento della nonnina che ha fatto coincidere la felicità con l'istante in cui vive m'è sembrato diverso dal carpe diem, per cui si apprende che due diciottenni su dieci si ubriacano sistematicamente nei fine settimana. Quel senso di pienezza nel presente, così come il senso della misura del nonno d'Italia, sono il frutto di una vita conquistata e non bruciata, ed è una bella soddisfazione sapere che si può arrivare così.

In questi giorni fioriscono le viole, ma a quanto pare non è ancora il loro momento. È dietro l'angolo la paura di una nuova ondata di siccità, ma anche di un repentino cambiamento meteorologico che potrebbe falcidiare i frutteti in una sola notte. Insomma si stanno sfaldando alcune certezze e i giovani in prima battuta se ne accorgono. Il 15 marzo sarà un venerdì "caldo", nel senso che i cambiamenti climatici e il surriscaldamento della Terra verranno messi a tema nelle piazze, non solo in Italia. Lo hanno già battezzato "sciopero per il clima" e "un nuovo Sessantotto", mentre ci sono forze politiche a cui non sembra vero che dalla parte giovane del Paese arrivino contenuti gratuiti per l'azione politica. E qui sorge una preoccupazione, che in parole franche si chiama "strumentalizzazione". Il problema dei cambiamenti climatici è molto più grave di un'annata agraria che va male: rischia di imporci una modifica sostanziale di stile di vita e quindi il modo di nutrirci che finora, tutto sommato, ha portato a un allungamento delle aspettative di vita. I giovani di tutto il mondo chiedono risposte, che significa mettere in gioco studi sugli adattamenti di certe varietà, quindi non mortificare la ricerca e immaginare un mondo migliore nel senso letterale del termine. In Italia i partiti di chiara emanazione ecologista sono falliti e talvolta si sono resi ridicoli nella schematicità con cui hanno bloccato certe scelte. Vogliola Circolare

no risorgere con questa buona occasione? Il neo-segretario del Pd Zingaretti nel primo discorso ha evocato Greta, la studentessa svedese che è divenuta un simbolo; è una sensibilità meritevole, ma guai se il problema posto in questi giorni dovesse diventare una questione di destra o di sinistra. L'appello che proponiamo è allora che i partiti una volta tanto ascoltino, guardino lo spettacolo di giovani che sensibilizzano altri giovani ed evitino di appropriarsi di qualche piazza. I giovani chiedono fatti, non intenzioni. E per questo ci vuole un progetto. Un lavoro.

(Avvenire 13 marzo)

Al Cjasal siamo già nel futuro, ma qualcuno fa finta che non esistano Provate a immaginare cosa vorreste, come idea, come formula, come piatti, per il vostro ristorante ideale. Mentre ci pensate io vi dico già che il sogno si chiama Al Cjasal a San Michele al Tagliamento.

Siamo al confine con il Friuli Venezia Giulia, in quella che è una calda, antica osteria della famiglia Manias. Il patron Enzo è in sala con la moglie Rosellina, ma in cucina ci sono due ragazzi straordinari: i figli Stefano che si è formato a Montescano (aveva 19 anni) quando Enrico Bartolini iniziava la sua avventura, mentre Mattia è andato nelle cucine del sommo Massimiliano Alajmo.

Hanno rispettivamente 32 e 29 anni, e in questo momento il ristorante sta vivendo una delle sue espressioni più alte. Dei dolci si occupa la pasticciera Elena Falliero, per 4 anni responsabile della pasticceria della famiglia Alajmo. Ma sulla guida Michelin non c’è menzione, capite? Troppo lontano arrivare fino a qui?

Ora, appena seduti, mentre vi porgono il menu, vi sfregherete le mani perché ci sono le porzioni intere, le mezze porzioni e i cicchetti: tipo 12 euro, 8 euro e 4 euro. E ordini parecchie cose.

Guardi poi la carta dei vini e non sembra vero scoprire prodotti sconosciuti e immediatamente grandi. Se vi capita chiedete il Bianco delle Venezie di Angelo Scaroni, oppure i superbi vini di Vigna del Malina. Vi arriverà un cesto di pani fragranti, di sfoglie croccanti e anche di grissini fatti in casa, con le farine del molino di Codroipo. Fanno anche una serie di impasti come il Big Cjasal con pane, latte, polpetta di manzo, pancetta croccante, cipolla e avocado, rifinita con salsa tartare. Per i formaggi la selezione è di Guffanti, per i salumi un solo nome: D’Osvaldo. E ora i miei assaggi favolosi: il cannolo veneziano ripieno di baccalà mantecato, rape, cipolla e olive, ghiotto oltremisura; il coniglio allo spiedo con cialda di mais e avocado (fantastico). Da provare il raviolo di avocado con granchio bollito, salsa piccante e semi di chia. E poi il loro gratinato del giorno, fino ai cjarsons con cavolo fiolaro, stracchino, trota affumicata, liquirizia e rosmarino. Fra i secondi avrei voluto l’agnello alla brace, in porzione intera, con aglio nero e crema di carote al curry, lime, miele alla lavanda e cavolo fiolaro.

Ma come non scegliere l’alzavola alla brace col suo fondo e noc-

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ciola, emozionante. Fra i dolci il cannolo di sfoglia con mela cotta e crema chantilly. Se ritornassi riproverei tutto, ma anche l’ostrica fritta con gremolada di rapa; i cappelletti di fagiano, le seppie in pentola, il risotto agli agrumi con zenzero, dentice e radice di liquirizia e le mazzancolle e calamari con riduzione di mandarino e pistacchi e latte di cocco.

Quest’anno è a oggi la miglior sosta delle Tre Venezie: corona radiosa che si candida a diventare la miglior tavola di tutta la regione. Mi hanno commosso. Mi vien quasi da dire, con Marco Gatti, che la nostra guida è fatta proprio per valorizzare gente così: persone vere, che lavorano con prodotti autentici e che coccolano il cliente in una maniera encomiabile.

Al Cjasal: la famiglia Manias con la pasticciera Elena Falliero

15 marzo Convegno a Trieste Olio Capitale Stamane sono a moderare il convegno di apertura di Olio Capitale, invitato da Enrico Lupi, presidente nazionale delle Città dell’Olio. Con me Roberta Garibaldi, che fa un excursus interessante sul turismo enogastronomico in Italia e all’estero. Ma c’è anche Diana Candusso, responsabile Area Enogastronomia PromoTurismoFvg, che racconta l’esperienza della Regione, decisamente all’avanguardia. Un’ora e mezza di lavoro, mentre la fiera comincia a popolarsi. È l’unica fiera del genere dedicata interamente all’olio, con produttori che arrivano da ogni parte d’Italia.

L’olio non è come il vino, ha meno attrattiva, tuttavia questa fiera si è radicata a Trieste e noto che i ristoratori locali la tengono in grande considerazione. È il frutto di un percorso, anno dopo anno, che ha consolidato una certa tradizione e quindi ha acceso i riflettori su un prodotto, che può davvero cambiare i connotati della cucina.

Trippi, la miglior tavola della Valtellina Questo ristorante è una rivelazione e ha superato le aspettative.

Ce ne avevano parlato in diversi e dunque non vedevamo l’ora di provarlo. È facilissimo da raggiungere: seguite la strada verso Bormio e sulla sinistra, appena siete nel Comune di Montagna, c’è questo ristorante dall’ambiente da osteria, ma elegante, dove all’ingresso non passa inosservata la selezione di oli, prodotti e vini della Valtellina, con produttori conosciuti e sconosciuti. Se poi fate come me, ovvero prendete una camera nell’emozionante Balzi Retici, che è il più bell’hotel della zona, a Poggiridenti, sarete felici. In sala ci sono due ragazze, di cui una davvero competente sui vini, che non si tira indietro dal consigliare produttori e che m’ha messo sulla strada di uno ottimo come Marino Lanzini, che non conosce pressoché nessuno, ma che è già grande con il suo Rosso di Valtellina 2016 prodotto a Ponte. E che dire dell’Inferno di Pizzo Coca, altra azienda di Ponte Valtellina di Lorenzo Mazzucconi. Detto questo, mentre scorgevo il menu ecco la prima delle sorprese: una selezione di pani, fra cui quello di grano arso del panificio San Marco, in Puglia, nostro campione del Golosario, ma anche di Vulaiga e dell’Antico Forno di Tirano. Questo per assaggiare un olio come entrée. E che olio: Franci di Montenero d’Orcia. Che dire? Sembra di assaggiare ilGolosario, accanto a una serie di prodotti presi dalla lista dei presidi di Slow Food. Si inizia con gli antipasti: bresaola artigianale servita al naturale, battuta a coltello di Fassona, trota "mi cuit" con verdure di stagione, sformato di pasta brisée ai carciofi con fonduta di Reggiano delle Vacche Rosse (stagionatura 40 mesi). Di primo ho preso i pizzoccheri, prodotti in casa con due farine, e fra me ho pensato: sto assaggiando i migliori pizzoccheri della mia vita. Croccante la pasta, generosa la presenza della verza, non invadente il bitto.

Perfetti e in porzione abbondante. Non ho potuto fare a meno di assaggiare anche il taròze qui, anziché la solita mappazza che spesso ti rifilano i ristoranti tipici, ho apprezzato la croccantezza dei fagiolini dentro la morbidezza dell’insieme. Avrei voluto anche la polenta taragna o la minestra d’orzo, la “Dumega” del Silvano; mi attraeva quella crema di carote con burrata d’Andria, capperi di Pantelleria e crostini di pane di Fobello, ma come si fa? C’erano anche le pappardelle di segale con salsiccia e cime di rapa e un risotto Vialone Nano stagionato 22 mesi con pistacchio di Bronte, acciuga e scorza di arancia. Fantasia e tradizione, ma soprattutto solidità in cucina. Il cuoco Gianluca Bassola è davvero bravo e non lascia nulla al caso. La sua trippa in umido con i quattro tagli è da manuale, mentre la faraona cotta a bassa temperatura e

Trippi in Valtellina da una corona all’altra Da Trieste parto per la Valtellina, un viaggio lunghissimo, che mi conduce agli antipodi. Arrivo alle 19, prendo la mia camera nel magnifico Hotel Retici Balzi e poi vado a cena in un altro ristorante fantastico che mi ha molto colpito: Trippi a Montagna Valtellina. E anche qui ho trovato segnali di qualcosa di nuovo.

Per esempio, ironia della sorte, mi sono ritrovato in un posto dove c’erano in vendita una ventina di oli, fra le migliori referenze del mio Golosario. Una sosta clamorosa, dove alla fine, salutando il cuoco gli ho detto: «Prima d’ora, praticamente, non avevo mai mangiato i pizzoccheri». Vi ripropongo il mio articolo: la Circolare

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Gianluca Bassola del Trippi

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ripassata in forno è una delizia di morbidezza. Altri secondi: la tagliata di cervo con crauti in agrodolce e il baccalà in oliocottura con polenta di mais biancoperla e radicchio tardivo in agrodolce.

Mi fa impazzire la sua conoscenza dei prodotti, la sua capacità di giocare con i gusti più sfiziosi del nostro Paese. Se credete, ordinate anche la selezione di formaggi (fra cui lo Storico Ribelle), prima del gelato al fiordilatte mantecato al Braulio con Panùn o la imperdibile torta di grano Fiorina con amaretti e mele. Hanno anche un menu per bambini e sono talmente bravi, Gianluca ed Elena, che già si meritano il massimo dei nostri riconoscimenti.

La riscossa della Valtellina parte anche da loro. Bravi!

16 marzo Alla scoperta di Giò Porro o della bresaola sublime Un sabato di sole che splende sulle montagne della Valtellina. Qui dai Balzi Retici il panorama è bellissimo e il silenzio invita alla meditazione. Stamane sono atteso da Andrea Porro, che guida l'azienda insieme al fratello Diego dedicata al padre Giò Porro che praticamente ha codificato la bresaola Metodo Zero, ovvero prodotta senza nitriti e nitrati. Un’avventura coraggiosa, unica, con un laboratorio di produzione che ha le medesime caratteristiche di una fabbrica farmaceutica. Una novità assoluta per l’Italia e anche per il mondo, che racconterò presto sulla rivista Ryoritsushin.

L’assaggio dei quattro esemplari di bresaola, che faremo al ristorante Cerere di Montagna, sarà da restare a bocca aperta, soprattutto quando arriva la bresaola prodotta con la carne di kobe che praticamente si scioglie in bocca. Non avevo mai assaggiato un prodotto del genere, che poi è frutto di una vita di studi e di sperimentazioni di Giovanni Porro, che ha codificato il sistema e ottenuto le autorizzazioni del caso. Li conosceremo presto a Golosaria, ne sono certo.

L’evoluzione dei territori la si tocca con mano. A un tratto, dentro a quella che viene chiamata tradizione, si innesca qualcosa di nuovo per cui non sarà più tutto come prima. In questi due giorni ho visto ristoranti che faranno storia e che comporranno un nuovo racconto, ma anche produttori di vino, imprenditori, come i fratelli Porro, che hanno portato non solo innovazione, ma rivoluzione. È sempre entusiasmante esserci in questi momenti nascenti. Il mio stesso hotel, i Retici Balzi, è qualcosa di superbo dal punto di vista dell’accoglienza, che dice quale debba essere il modello da perseguire. Davanti a tutto questo qualcuno mugugnerà, qualcun altro sarà sospettoso. E allora saremo certi che questo è il futuro che avanza. Proprio così: la tradizione è fatta salva dentro al cambiamento.

17 marzo Il premio Profeta in Patria Mi sveglio la domenica di buon’ora: lettura dei giornali, qualche articolo da scrivere al volo e poi, fatte le valigie, vado a Berbenno di Valtellina dove si tiene la festa di San Giusep tanti mestè.

Prima della messa, la banda suona in segno di festa, poi la ritrovo in piazza a Berbenno dove Francesca Traversi celebra il premio Profeta in Patria che quest’anno viene attribuito a Cristina Scarpellini di Provinea, Emilio Mottolini e alla memoria di Padre Ugo De Censi un missionario, fondatore dell'Operazione Mato Grosso, che dev’essere stata una persona straordinaria a vedere i volti

Assaggi di giovani promesse della Valtellina Pomeriggio di assaggi, con la delegata del Club Papillon della Valtellina Francesca Traversi, che ha radunato alcuni giovani produttori di vino. Ed ecco i campioni di Stefano Beltrama con il rosso Le Gaggine; dell'azienda Marugiat con il rosso Igt Alpi Retiche; di La Spia con il Valtellina Superiore e il Valtellina Superiore Sassella PG40. Mi ritiro alla sera nel mio hotel, prima di andare a cena nel ristorante sotto, Il Poggio, dove proverò anche qui una cucina soddisfacente, che mi permetterà di fare un nuovo racconto della Valtellina.

Un momento con i giovani produttori di vino della Valtellina

Con Tiziano Traversi, Francesca Traversi, Fides Marzi e Giancarlo Speziale

Ivan Sutti della pizzeria Eden

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dei suoi ragazzi che cantano in coro per rendergli omaggio. Nel frattempo mi raggiunge Fides con Giancarlo, che animano con Francesca il Club di Papillon della Valtellina. Il tempo per una foto insieme e poi riparto, con sosta da un altro personaggio Ivan Sutti, che ha trasformato la sua pizzeria di famiglia in un luogo dove si celebra la pizza contemporanea. Si chiama Eden, di nome e di fatto. E anche qui, dopo la visita di Marco Gatti dello scorso anno, segno un altro punto di innovazione assoluto.

Sono le 13,30 e in una domenica di marzo col sole sarebbe da dire: torno a casa finalmente. E invece no: torno, ma a Trieste, perché il presidente delle Città dell’Olio vuole che sia io a moderare il convegno dal titolo "Ristorazione 4.0, nuovi scenari tra qualità e sostenibilità".

E riprendo il mio viaggio, che ormai è famigliare, con quella strada che da Lecco porta a Bergamo e poi via verso il Triveneto. Ma quanta soddisfazione da questi viaggi, quante cose che avrò da raccontare.

Ma il Terrano assomiglia alla Barbera?

Arrivo alle 20 a Sgonigo, per provare una trattoria che alla vista sembra abbastanza spartana: Gustin. Una trattoria affollata di gente che mangia la pizza, la domenica sera. Mi portano il menu e la carta dei vini e a sorpresa scopro che posso assaggiare tutti i vini a bicchiere. E non mi faccio pregare due volte: tre bicchieri di Vitouska e tre di Terrano. E in una trattoria che codifica anche i migliori piatti della tradizione, faccio una sosta di conoscenza, dove emerge un produttore davvero bravo: Lupinc. Quando vado al bar a pagare, chi sta davanti a me è un giovane produttore del luogo. E me lo presentano, anche se non sanno chi sono (tuttavia credo di averli incuriositi visto che è inusuale un cliente che assaggia sei bicchieri di vino). A quel punto, scoprendo che produce Terrano gli dico: «Questo vino mi ha ricordato la mia Barbera».

Lui abbozza: non credo di avergli fatto un gran complimento. Ma probabilmente non conosce la Barbera. Arrivo all’hotel alle 21,30 e nella sala convegno stanno smobilitando. Ironia della sorte: c’era stata una manifestazione dedicata al Terrano.

18 marzo Convegno con Fipe a Trieste Mattina di pioggia e bora a Trieste, ma il fascino di questa città rimane intatto, anzi, è proprio la bora che la rende Trieste. Faccio un giro per la città, prima di entrare nel salone del Porto, di fianco a un Eataly molto bello a vedersi. Oggi è la volta di un convegno dedicato al mondo della ristorazione e con me ci saranno Roberto Calugi, direttore di Fipe, Tano Simonato di Tano Passami l’olio, Carlo Antonio Feruglio, membro della Camera di Commercio Friuli Venezia Giulia, Marcello Scoccia, capo panel e vice presidente dell’Organizzazione nazionale assaggiatori olio di oliva ed Enrico Lupi, il presidente dell'Associazione Nazionale Città dell'Olio. Fra il pubblico molti ristoratori triestini che intervengono con una certa vivacità, soprattutto quando Tano snocciola i dati del suo ristorantino dove la voce “Olio” ha una certa importanza nell’economia degli acquisti. E finalmente si parla del tramonto del carrello degli oli, che è un’iniziativa pressoché ingestibile. Meglio la carta degli oli, che invece è una maniera più oculata per presentare un prodotto che richiede la diretta partecipazione dell’oste, così come si fa per i vini a bicchiere.

Mi fanno pensare i dati del direttore di Fipe, sui quali incentrerò la mia riflessione della settimana su Avvenire. Eccola. la Circolare

Ma il boom della cucina assomiglia a una bolla Non riesco a mettermi in coda ai tanti articoli usciti ieri che hanno commentato il suicidio di Luciano Zazzeri, 63 anni, sommo chef della Pineta di Marina di Bibbona. Il taglio dettato chissà da quale ispirazione era più o meno questo: un mestiere difficile, stress da prestazione e poi un elenco di cuochi europei (neanche una decina) che hanno scelto la medesima fine. Ora non so cosa possa risultare da un paragone statistico con altre categorie lavorative, dove magari quella dei cuochi rischia di risultare ancora un'isola felice. Immagino tuttavia che il gesto estremo sia una combinazione di tanti fattori, più che una condizione lavorativa.

Ed è una faccenda che riguarda l'intimo di ciascuno, non certo un aspetto di sociologia spiccia. La notizia della scomparsa di Zazzeri stava girando già domenica sui social e ieri a Trieste a un consesso di cuochi ci si domandava dove stesse andando il mestiere. Roberto Calugi, direttore generale della Fipe, snocciolava una serie di slide con luci e ombre: 20 miliardi di euro di prodotti acquistati dalla ristorazione per un giro di affari di 237 miliardi. Si mangia sempre più lontano dal proprio nido domestico, giacché ben 85 miliardi sono generati dai consumi fuori casa e 152 in casa. Fra coloro che mangiano fuori casa dalle 3 alle 5 volte la settimana c'è una fetta del 26,1%, e il dato tende ad aumentare. Dunque stiamo parlando di un settore tutt'altro che depresso dal punto di vista del Pil. Certo fra le ombre si legge che, nel giro di poco tempo, su 4.700 nuove aperture di esercizi dediti alla ristorazione, ci sono altrettante chiusure; e il dato più allarmante è che il 70% chiude nel giro di 5 anni. Milano sta diventando la città di riferimento e ormai i cuochi "importanti" fanno a gara ad aprire lì il loro secondo locale: da Heinz Beck a Gennaro Esposito. Un motivo ci sarà: Milano garantisce un flusso di clientela per almeno 10 mesi l'anno, altrove non è così. Ma dove sta il livello di saturazione di questa offerta generata dalla cucina? È il dato che ci piacerebbe commentare, prima che altri facciano il passo più lungo della gamba. La liberalizzazione delle licenze, da questo punto di vista, sarebbe da analizzare in maniera scrupolosa per capire dove si è spostata, geograficamente, l'offerta. Ma chi commissiona questi studi? L'unico dato certo su cui il mondo del food si crogiola è che le case delle nuove famiglie avranno cucine sempre più ridotte, per cui la propensione al pasto fuori casa aumenterà. Peccato che non stiano aumentando gli stipendi, mentre forse si inflaziona un'offerta a basso prezzo e di scarsa qualità che deve fare riflettere. Siamo nel mezzo di una nuova bolla: sgonfiamola un poco, prima che scoppi con danni deflagranti, anche sulla salute.

(Avvenire 20 marzo) 20 marzo Esce il libro di Luca Doninelli: La Dieta sono io Finalmente a casa, dopo tanti viaggi lontano dalla mia Alessandria. E a casa bisogna fare il punto con tante cose: l’imminente Golosaria Monferrato, ma anche la posta cartacea che è sempre più rara ma comunque si accumula sulla scrivania. Fra i libri arrivati ce n’è uno, dell’amico Luca Doninelli, che ha per titolo La dieta sono io. Ovvero il racconto della sua perdita di 40 chili, dopo aver seguito i consigli di Raffaella Monti, una nutrizionista molto brava, che già collaborò con noi nell’edizione di Adesso del 2011.

Fra i ringraziamenti, oltre a quello per lei, anche uno che mi riguarda: «A Paolo Massobrio, che mi ha fatto capire cosa significa mangiare bene».

Mi ha colpito questo pensiero di Luca nei riguardi di qualcosa che c'entra con la qualità. Anche perché la dieta non è mai antitesi

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al gusto, questo l’ho sempre pensato e tutti i nutrizionisti con cui ho avuto a che fare me lo hanno confermato. Piuttosto il gusto va a braccetto con il senso della misura, che è una dimensione di cui ci si deve appropriare, sempre.

La copertina del libro di Luca Doninelli

21 marzo Ci lascia un angelo I giornali danno la notizia che è andata in cielo madre Canopi, che era la badessa delle benedettine dell’Isola di San Giulio. Aveva 87 anni, ed era inferma da qualche tempo, tant’è che sei mesi fa quando andai sull’Isola riuscii solo a farle avere un biglietto. Mi ha colpito il fatto che questa mistica sia andata in cielo il giorno della festa di San Benedetto da Norcia. Una coincidenza che solo il Mistero sa spiegare, ma che è significativa. Come quando morì don Giussani, nel medesimo giorno della cattedra di Pietro.

Devo al mio lavoro l’incontro con madre Canopi. Mi telefonò tanti anni fa perché voleva un consiglio circa la gestione del ristorante dell’isola. E mi ricevette con alcune sue consorelle. Io mi portai appresso Oreste Primatesta, che è il suocero di Tonino Cannavacciuolo e ascoltammo le sue esigenze. Poi so che lei mi leggeva su Avvenire e teneva in considerazione il nostro libro Adesso. Ogni anno mi ringraziava, dicendo che traeva diversi spunti da quelle pagine. La lettera più bella, me la scrisse il 28 ottobre del 2015: «Non si lasci rubare la speranza, poiché chi spera nel Signore non resta deluso. Coraggio, lei è un uomo molto positivo. È bello ritrovarsi dopo tanti anni che ci eravamo conosciuti qui in monastero. Il Signore ha in mano le nostre vite e mai ci abbandona». Ora, io dico che è confortante, nelle pieghe di un lavoro come quello che faccio, imbattersi con persone così, che talvolta ti riportano all’altezza dei tuoi desideri, che sono diversi dalle illusioni che ti regala il mondo.

Giudice a Masterchef Stasera va in onda la puntata di Masterchef, una delle ultime della serie, dove appaio fra i giudici. In realtà non riesco a vedere subito come è stata montata la puntata, che avevamo registrato a novembre, con 14 colleghi. Ma dai messaggi che ricevo via sms scopro che sono in tanti quelli che guardano Masterchef, anche fra le persone più insospettabili. E mi dicono che Joe Bastianich mi ha dato la parola e che il verdetto sulla coppia che ha vinto riguarda proprio il piatto che avevo premiato. Quando rivedo la puntata scopro anche che la motivazione che leggono è quella che avevo scritto io.

Non sono nuovo alle apparizioni in tv, dopo oltre 30 anni di lavoro, ma questa di Masterchef è stata pazzesca. Nei giorni a seguire riceverò tantissime domande su come è andata. Di gente che segue la trasmissione e che vuole sapere dei retroscena. La domanda più frequente è sulla qualità dei piatti: «Erano veramente buoni?» Vabbè, l’alta cucina è un’altra cosa, però il fatto che questa trasmissione abbia così tanti proseliti è stata una sorpresa. E persino l’occhio con cui vieni guardato nei giorni a venire, cambia. La televisione ha una forza altissima in termini di reputazione. Ed è la prima volta che lo percepisco in maniera così importante.

ferenza stampa da preparare, c’è da coordinarci per l’evento che è alle porte. Nel primo pomeriggio riesco a partire per San Polo di Piave, dove mi aspettano per la celebrazione dei 60 anni della cantina di Ormelle. Una cantina che ha una storia curiosa, perché da Spa è passata a cantina cooperativa, facendo un percorso inverso rispetto a tante altre realtà. Ci troviamo coi relatori al ristorante Gambrinus, prima di andare in un salone dove arriveranno 200 soci. Il direttore dell’Informatore Agrario modera un talk show affrontando vari temi legati al mondo del cibo e del vino.

Sono lusingato dell’invito che mi hanno fatto, perché l’esperienza della cooperazione la considero qualcosa di altamente moderno. E la storia della cantina di Ormelle ne è la conferma. Mia nonna Angiolina, per esempio, portava l’uva alla cantina sociale e viveva questo momento con un certo orgoglio, anche se poi il vino che ne derivava non era esattamente quello prodotto con le sue uve. Ma credeva nel lavoro collettivo e se l’uva aveva una gradazione superiore alle altre ne andava fiera. Quando mio padre si mise a fare il vino, dopo la pensione, le chiese se gli vendeva l’uva. Ma non ci fu nulla da fare.

Fu lì che capii qual era l’orgoglio della cooperazione, che questa sera ho rivisto a san Polo di Piave.

23 marzo In gita a Vezzolano assaggiando l’Albugnano Sveglia al mattino presto (alle 5) e colazione alla pasticceria Adria, proprio di fronte al mio B&B. Una pasticceria modello, molto bella e con buoni prodotti. Del resto se il pasticciere Adriano Mason si alza a quell’ora, significa che ha una morale nello svolgere il proprio lavoro che non è da tutti. Alle 10,30 devo essere ad Albugnano, ovvero a 500 chilometri di distanza da dove mi trovo e, ironia della sorte, mi fermerò per un secondo caffè solo nella mitica pasticceria Galla, dove Fabrizio, maestro pasticciere, mi accoglie con le sue novità, compresa una colomba buonissima. Di questo scriverò su Avvenire, perché Fabrizio mi ha insinuato una riflessione sulle fatture elettroniche.

forme impastate che avrebbe infornato al mattino presto. Per lui il pane era solo così, non c'erano altre vie. Ma anche i cuochi, un tempo, si alzavano presto al mattino per andare al mercato: quello del pesce, quello della verdura e il macellaio lo andavano a trovare proprio nel momento in cui lavorava la mezzena per mettere i tagli sul banco. Oggi non è più così: arriva tutto porzionato e sottovuoto. Di tutto e di più. Mi ha colpito lunedì scorso vedere gli stand presenti al congresso sulla cucina italiana, Identità Golose.

Il pubblico era composto in prevalenza da cuochi; gli stand erano di artigiani alimentari e di sponsor. Ebbene, dove c'era la fila? Ai due stand che proponevano i prodotti gourmet, tanto per non smentirsi. Comunque il mio viaggio di quella mattina presto si è concluso, ironia della sorte, in un'altra pasticceria, cinquecento chilometri più in là. Una pasticceria luccicante, piena di gente e di dolci e lo spazio dell'osteria ridotto a una sala di lettura. Ho allora chiesto al giovane titolare se facevano ancora da mangiare e lui mi ha risposto che i suoi genitori hanno chiuso all'inizio dell'anno, da quando hanno introdotto la fattura elettronica. Diventava tutto complicato, mi ha spiegato, soprattutto nel rapporto con i contadini per approvvigionarsi dei prodotti migliori. E a questo punto mi sono chiesto: ma che mondo stiamo costruendo se costringiamo a far chiudere le imprese più autentiche, come può essere una piccola osteria di paese che ha sempre fatto le cose per bene? Pochi giorni dopo leggo che in soli tre mesi di fattura elettronica sono sparite due milioni di partite Iva: il 40% di chi la detiene non ha emesso fatture. Se sommiamo questo dato alle imprese come l'ex trattoria del signor Galla, ci troviamo di fronte a qualcosa di preoccupante. E ancora una volta la burocrazia con la sua ansia di controllare tutto e tutti uccide quella che è una microeconomia. Che è come tirare la volata a chi ti rivende i prodotti sottovuoto: comodi, sicuri e pazienza se perdiamo un'originalità.

Alla faccia del chilometro zero tanto sbandierato. Ma chi omologa in qualche modo l'Italia fa solo una battaglia suicida.

Madre Canopi e la lettera che scrisse a Paolo Massobrio nell’ottobre del 2015 L’esterno della Pasticceria Adria a San Polo di Piave

Paolo Massobrio nella giuria di Masterchef

22 marzo A Verona ultima riunione e poi a San Polo di Piave Oggi è l’ultima riunione a Verona per Vinitaly and the city, dopodiché ci rivedremo alla vigilia della kermesse e per tutto lo svolgimento di Vinitaly. Ci sono alcune cose da correggere, c’è la conla Circolare

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Fabrizio Galla nella sua pasticceria di San Sebastiano Po

Chi si alza all'alba (e chi cerca scorciatoie) L'Italia che si sveglia all'aurora è quella che ha il sapore del caffè al bar. Un pensiero che mi ha colto ieri l'altro a San Polo di Piave: alle 6 del mattino era già aperta la pasticceria Adria con le sue brioche appena sfornate e un lavorio nel laboratorio che probabilmente era iniziato da ore. Quanta gente si alza al mattino presto per portare a termine un lavoro ben fatto? Di contro c'è chi si riposa e cerca scorciatoie. Come i panettieri, che rinunciano alle lunghe lievitazioni in nome di un mercato che cambia. E mi viene alla mente mio zio, che dormiva su una sdraio accanto a quelle la Circolare

Ad Albugnano, la destinazione è l’Abbazia di Santa Maria di Vezzolano con 40 amici del quartiere Certosa di Garegnano. Abbiamo organizzato una gita, con visita all’Abbazia, quindi santa messa officiata dal nostro don Carlo Casati e poi un magnifico pranzo da Cà Mariuccia, che è un’azienda agrituristica fantastica. E dopo aver mangiato sarà di una bellezza indicibile trovarsi sull’aia a cantare, in cerchio, come facevamo quando eravamo ragazzi.

Si canta, si guardano i volti buffi che imitano gli animali della canzone dell’arca e si pensa al tempo che passa. Cosa rimane quando il tempo passa? Oggi mi sento di dire la felicità di aver vissuto una

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storia, che è passata anche attraverso il canto, la semplicità degli affetti, la possibilità di verificare la fede. E poi tante cose buone, e belle, come la giornata di oggi.

il miglior risotto dell’anno. Poi ci sono i produttori dell’azienda Donnalia di Salussola, che volevo conoscere e che mi ritrovo qui, ma anche quelli dell’azienda SanVitis di Olevano Romano. Josè Carbonell e la moglie Raffaella Fossati, i due coniugi che ci ospitano, sono fantastici: lui ha una conoscenza smisurata per i vini, lei si appassiona subito al Club. Il delegato, alla fine della cena offre il suo gelato e inizia a guidare un coro di canti.

Sono stanchissimo, ma decisamente felice. Questa serata è stata inaspettata, non la immaginavo così bella e così ricca di incontri. È proprio vero che la realtà ti supera sempre. Ora spero che gli amici di Monza mettano in pratica i loro propositi: questa sera abbiamo assaporato cosa significa stare insieme davanti al gusto. Adesso ci vuole la tenacia per non tradire le aspettative. Ed è la fase più difficile. Ma quando si supera, inizia una strada di situazioni belle.

Un momento della giornata ad Albugnano con gli amici della Certosa

non si muove con qualcuno, se non si prende in seria considerazione una strada che abbiamo deciso di percorrere insieme. È pazzesco: non ci sarebbero cose belle, incontri, scoperte se ciascuno di noi non si mettesse in moto. Eppure quanti motivi ci sarebbero per starsene a casa, per andare avanti d’istinto facendosi trasportare dagli eventi. Invece la costruzione ha un altro sapore. È come andare in mare aperto nuotando (ma fin dove puoi arrivare da solo?) oppure con una barca, che ti porta lontano, per attraccare su un’altra riva. Il Club di Papillon ha il volto di questa barca.

25 marzo A Milano Identità Golose (5º risotto) Stamane sono a Milano, perché Chiara Quaglia e Piero Gabrieli mi hanno invitato alla presentazione del loro Almanacco sulla pizza. Un momento informale, riservato ai giornalisti, dove cucina Antonio Cera. E cosa cucina? Un risotto ovviamente, il quinto consecutivo. Durante la sosta incontro diversi cuochi, ma anche tanti colleghi, che partecipano al Congresso dedicato alla cucina italiana. Massimo Bottura ha appena fatto la sua lezione e nei corridoi c’è chi ironizza su ciò che ha detto. Mi colpisce la presenza di tanti pizzaioli, che oggi sono giustamente equiparati ai grandi chef, perché stanno portando avanti un progetto di valore intorno a un prodotto italiano che viene guardato in tutto il mondo. Nella presentazione dell’Almanacco, scorrono i volti dei protagonisti di questa rivoluzione, che era impensabile solo una decina di anni fa.

Un altro pezzo di Italia del gusto, che è stato messo sui giusti binari.

ticolo. Chiamo immediatamente al telefono un amico comune, Mario Bonardo, e apprendo che in realtà si è tolto la vita. Ma come? Restiamo ammutoliti. In ufficio Francesca mi conferma la cosa. Aveva pochi anni meno di me, era un ragazzo gioioso. Ci eravamo persi di vista negli ultimi anni, ma che ricordi di quando mi portava i suoi pomodori cuore di bue, orgoglioso del lavoro che condivideva coi fratelli e i genitori.

Maurizio non è questo, non si può definire da questo, mi ha detto Alberto. La vita è fatta anche di attimi, che a volte ti portano nell’abisso. Ma uno non è fatto per essere definito da un attimo, anche se le sue conseguenze sono definitive. Durante l’omelia, due giorni dopo nella chiesa di Bra gremita di gente, don Carron lo chiamerà amico.

Un amico che ci è sempre presente, per la positività che ci ha dato.

26 marzo Golosaria Monferrato: conferenze stampa ad Asti e Alessandria Oggi è la giornata delle conferenze stampa di Golosaria Monferrato: alle 11 ad Asti e alle 17 ad Alessandria. In entrambi i casi, una buona partecipazione e il coinvolgimento di alcuni simboli che ci accompagneranno. Ad Asti il pane che sarà protagonista a Portacomaro, il salame cotto di Tabacchetti e la Barbera che invece si manifesterà nel castello di Uviglie. Ad Alessandria il pane ottenuto dal grano San Pastore e i formaggi di capra prodotti a Fubine da Capra Amica. E poi i vini dell’ultima cantina che abbiamo scoperto, Hic et Nunc di Vignale Monferrato.

Dopo la cena si sta insieme cantando. Dirige Davide Forgia

Il piacere di stare insieme con gli amici

A Monza nasce il Club di Papillon Ma non è finita, perché mi aspettano a Monza, per la serata fondativa del Club di Papillon locale. Davide Forgia, il neo delegato, ha radunato 22 persone, nello spazio accogliente di Profondo Rosso Distribuzione Vini, per fare una Cena In ComPagnia a favore dei nostri obbiettivi di quest’anno e per iniziare l’avventura della nostra amicizia qui a Monza. E mi trovo Alcide e Laura, amici da sempre, Antonio Cozzi e suo figlio Emanuele, che cucinerà

24 marzo A Mortara (4º risotto) Domenica a Mortara: c’è l’assemblea annuale dei soci di Papillon e quella dell’Associazione Amici. E come tradizione ci troviamo alla trattoria Guallina a mangiare l’oca. E qui mi accorgo che mangerò il quarto risotto consecutivo (il primo al Gambrinus, il secondo da Cà Mariuccia, il terzo a Monza). Arriva Gioacchino Palestro, il re dell’oca e poi man mano i delegati dei Club di Papillon di tutta Italia, finanche dalla Sicilia. Approviamo il bilancio, che avrà un residuo di 3.546,60 euro che va a compensare anche quest’anno le perdite degli anni passati.

Quante occasioni di incontro abbiamo avuto quest’anno. E ogni volta è un momento di amicizia profonda. Il tempo di un anno sembra passare a ritmi vorticosi: ci eravamo visti a Magenta alla Convention, con un compito e ora lo stiamo svolgendo, passo dopo passo.

Nel vortice della vita c’è anche questo ritrovarsi, che sempre ci richiama a qualcosa che non ci sarebbe. Non ci sarebbe l’amicizia, se uno

Piero Gabrieli a Identità Golose, con Antonio Cera e Corrado Assenza

La presentazione di Golosaria ad Asti con il pane, il salame cotto e la Barbera…

… e ad Alessandria con il pane grosso di Tortona, il vino e i formaggi di capra

L’Almanacco della Pizza 2019

Il pranzo del Club alla Guallina di Mortara

Il gruppo del Club di Monza alla Cena in ComPagnia

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Muore Maurizio Costantino Mentre sono al Congresso mi arriva la notizia che è morto Maurizio Costantino, un amico di Bra, che faceva il coltivatore ortofrutla Circolare

C’è grande attesa per questo evento che quest’anno coinvolgerà 30 paesi in festa. Usciranno articoli a tutta pagina sulla Stampa e sul Secolo XIX, e poi ci sarà la sorpresa di Striscia la Notizia che annuncerà l’evento. Sulla Stampa del giorno dopo scrivo un articolo

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che cita una cantina del Monferrato che mi aveva colpito, tanto da chiamare al telefono il titolare alle 10 di sera per complimentarmi. È la cantina Brignolio, ma – guarda i casi della vita – pochi giorni prima che uscisse l’articolo quella persona è mancata. Aveva solo 52 anni: mi ha chiamato il suo enologo per darmi la notizia.

Anche a Striscia annunciano l’evento di Golosaria Monferrato

Vita e morte che si rincorrono. Questi mesi sono un continuo di colpi di scena. Fermate il mondo che voglio scendere, diceva qualcuno. Ma in realtà tutto ti porta spesso a stare in silenzio, perché né l’eccesso di vita e neanche la morte, abbiano a travolgerti.

28 marzo Toccata e fuga a Ortovero Proprio oggi, antivigilia di Golosaria e compleanno di Silvana, mi tocca un viaggio fino a Ortovero, nel Ponente Ligure, dove ha sede l’Enoteca Regionale della Liguria.

C’è una serata speciale, prologo di Aromatica a Diano Marina, dove cucinerà il bravo Marco Sacco, chiamato a interpretare la cucina della Riviera.

Una serata molto interessante, con vecchi amici come Virgilio Pronzati e Luigino Filippi. Ma c’è anche l’assessore Stefano Mai, un po’ arrabbiato per un articolo uscito su Repubblica dove si dice che i vini liguri sono poca cosa. In realtà stanno crescendo parecchio e la sera, ospite dell’azienda BioVio di Bastia d’Albenga, sarà la riprova che questa è una terra da scoprire. Ma cosa avrà ispirato quel giornalista a scrivere una facezia del genere? Non ditemi che lo ha fatto per trovare un argomento a caso funzionale alla solita battaglia ideologica. Se siamo ancora a questo livello, c’è da preoccuparsi.

Da BioVio a Bastia d’Albenga

29 marzo Vigilia di Golosaria a preparare la passeggiata Siamo alla viglia di Golosaria che ha come tema i Cammini del Vino. E io la passo andando a Fubine Monferrato, per fare il perla Circolare

corso del cammino di oltre 12 chilometri che domenica percorreranno i partecipanti di Golosaria. Un itinerario affascinante, da Montemagno a Quargnento, lungo sentieri che non avevo mai visto, con orizzonti mozzafiato. È il Monferrato intimo che conoscono solo i coltivatori della terra. Che bel pomeriggio. Nel mentre le squadre sono già al lavoro a Casale e a Uviglie. Alla sera, ci ritroviamo a cena con Luigi Galluppi, Fulvio e tutta la sua bella famiglia, nel ristorante Gubistrò di Casale, prima della battaglia.

Questa giornata della vigilia sarà uno dei ricordi più belli che porterò con me. Come la passeggiata del sabato mattino a Casale, con il titolare del bar in centro che mi offre il caffè perché è grato di quello che stiamo facendo per la città e così la signora che sforma i krumiri Rossi. Anche queste sono soddisfazioni.

30 marzo Golosaria col sole e le Barbera da sorpresa Inizia la kermesse di Golosaria e come ogni sabato mattina alle 10 siamo nel cortile del castello di Casale Monferrato, in un via vai di espositori che stanno perfezionando gli allestimenti. La giornata è di sole e il taglio del nastro avverrà all’ingresso del castello con la gente che già è arrivata da Milano pronta per fare il suo tour. Arriva Pierangelo Taverna, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, con il quale abbiamo deciso di dedicare questa edizione all’amico Roberto Maestri.

Poi a seguire la sindaca di Casale Monferrato, Titti Palazzetti, l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero, l’onorevole Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera della Lega che al Corriere della Sera aveva dichiarato il giorno prima che non poteva essere alla manifestazione di Verona sulla famiglia perché doveva andare a Golosaria. E poi altre autorità, che insieme alla Monferrina, a me e a Marco Gatti, tagliano il nastro di avvio.

Quest’anno le due location principali avranno l’aiuto fattivo dei soci del Club di Papillon: Luigi Galluppi e Luca Ligabue a Casale; Fulvio Tonello a Uviglie. La partenza si dimostra subito sostenuta e molti chiedono di poter compilare il cruciverba che permetterà di ricevere una pagnotta realizzata col grano San Pastore, ma anche di devolvere all'Associazione di Promozione Sociale Cambalache una cifra messa a disposizione da Evolvere, la società per l’energia pulita. Lasciamo Casale verso le 13,30, dopo aver fatto il giro di tutti i produttori, sempre eccellenti e sempre di più. E ci dirigiamo a Uviglie dove con Marco Gatti condurremo due straordinarie degustazioni dedicate alla Barbera, da gustare con una pagnotta monstre che un panettiere di Milano, Alberto La Fata, ci ha voluto regalare attraverso Fulvio Tonello. Alle 16, una pausa per andare a Fubine Monferrato a inaugurare la mostra dell’artista Peter Nussbaum, con il sindaco Lino Pettazzi e con le autorità del Comune. Nel frattempo arrivano informazioni da tutte le location che sta arrivando parecchia gente.

Alla sera, mentre a Casale Monferrato si accendono i fuochi delle cucine di strada, ci dirigiamo tutti a Moncalvo, per la cena coi soci di Papillon. Siamo alla trattoria Corona Reale e ci raggiunge a sorpresa l’assessore regionale al Turismo Antonella Parigi.

Sarò stanco, ma dentro di me penso: “Quanto è bella Golosaria!”. Ho visto davvero gente felice, come l’amico Luca Biondolillo che è venuto coi suoi amici e la sua famiglia e tanti altri; ho visto coppie che hanno scelto di assaporare la primavera vivendo il tepore e la bellezza di queste colline. E domani sarà ancora più importante, perché si accenderanno tante altre location, per mostrarsi in tutta la loro bellezza.

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Paolo Massobrio e Marco Gatti danno il via alla nuova edizione di Golosaria

L’inaugurazione al Castello di Casale Monferrato

Brindisi con le autorità Al Castello di Uviglie con Cesare Chiesa, sindaco di Rosignano Monferrato, la Monferrina e Maurizio Cebraro del Castello di Uviglie

Assaggi e acquisti tra gli espositori

Le cucine di strada nel Castello di Casale Monferrato

Degustazione con il presidente del consorzio della Barbera Filippo Mobrici

L'inaugurazione della mostra di Peter Nussbaum (al centro) a Fubine

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a Portacomaro, dove gli amici hanno reso vivo il ricetto del paese, creando una scuola dedicata alla panificazione dei grani antichi.

E Johnny Fongo, maestro panettiere, è dietro il banco a spiegare.

Alle 16, con Andrea e Carlo Cerrato, presentiamo il libro dedicato alla leggenda di Aleramo e Adelasia e a sorpresa scopriamo che fra i presenti c’è la mamma di Roberto Maestri. Che insieme ricordiamo con tanto affetto, grazie alla regia di Cinzia Montagna e all’Associazione Marchesi del Monferrato. Intanto a Casale le cucine di strada hanno finito tutto e anche le ostriche a Uviglie e gli agnolotti di Patrizia Grossi sono agli sgoccioli.

31 marzo Sold out e il ricordo di Maestri con sua mamma La domenica di Golosaria inizia dalla Tenuta Montemagno, dove ci attende un gruppo di camminatori capitanati dal nostro Arnaldo Cartotto di Biella. Con loro anche Franco Grosso, autore di un libro, che sta per uscire con La Stampa, dedicato proprio ai cammini e che presentiamo insieme con l’Assessore Parigi. C’è aria di festa e di spensieratezza nel primo gruppo che parte, per percorrere a piedi 15 chilometri fra le colline. Se non fossi impegnato a svolgere il mio programma, mi sarei aggregato anch’io, perché questa è una delle iniziative più belle di quest’anno che fa percepire proprio come sono i “cammini del vino”. Marco Gatti e Roberto Formica incontreranno il gruppo alla distilleria Mazzetti d’Altavilla. Io invece raggiungo Vignale Monferrato dove sono radunati i produttori di Grignolino, come ogni anno, e procediamo al conferimento del premio all’amico del Grignolino che va al musicista Gianni Coscia e allo sportivo Roberto Bettega.

E Gianni Coscia sfodera la sua fisarmonica e ci regala un pezzo struggente, scritto proprio su queste colline. Le stesse, veniamo a sapere, dove Lucio Battisti si ispirò per scrivere “Emozioni”.

A un tratto, Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco, insieme a Guido Carlo Alleva, presidente dell’Associazione Monferace, annunciano un’iniziativa comune: un concorso per giovani designer, per individuare un packaging che racconti questi luoghi dove nasce il Grignolino. Con Gianni Coscia andiamo a pranzo alla Tenuta Montemagno, dai fratelli Barea, che registra il sold out, ma dai messaggi che arrivano da tutte le altre location c’è il pienone ovunque. Bisogna correre per rifornirsi di bicchieri (quest’anno sono in policarbonato, per motivi di sicurezza, e qualcuno purtroppo si lamenterà). Da Montemagno ci dirigiamo

Facciamo un salto a Castagnole Monferrato, dove si celebra il Ruchè, e come ogni anno raggiungiamo Grazzano Badoglio, prima alla Tenuta Santa Caterina e poi al chiostro del monastero che fece erigere Aleramo. Ci aspetta Andrea Ceruti, con la tradizionale torta di Aleramo, che ha ispirato anche una serie di biscotti. E davanti al pubblico di affezionati, procediamo al taglio che sancisce la chiusura simbolica di questa edizione di Golosaria. Nel frattempo Federica raccoglie da tutte le location i numeri, che parlano di una generale soddisfazione: 25 mila persone almeno.

Un’edizione da incorniciare: per il bel tempo, per la gente che è venuta a trovarci, per le tante persone che hanno partecipato al gioco e alle passeggiate. Se tutte queste persone si sentiranno come me questa sera, con gli occhi pieni di quelle immagini di colline, col sapore di quei vini, con il senso di un’amicizia ritrovata, il Monferrato potrà esplodere, dal punto di vista turistico. Con Silvana, Marco e Roberto sentiamo i nostri collaboratori, anche loro stanchi ma felici per la buona riuscita di tutta la manifestazione. Abbiamo raggiunto i livelli di soddisfazione della prima mitica edizione del 2007: eravamo tutti più giovani, ma l’entusiasmo, si può dire, è rimasto lo stesso.

L’assessore Antonella Parigi con il libro di Franco Grosso dedicato ai cammini storici del Piemonte

La partenza del gruppo di camminatori dopo la presentazione alla Tenuta Montemagno

La festa di chiusura di Golosaria a Grazzano Badoglio con il taglio della torta di Aleramo

A Vignale Monferrato con Roberto Bettega e Giovanni Coscia, Amici del Grignolino 2019

L’esibizione di Gianni Coscia

I titoli dei giornali celebrano il successo di Golosaria

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La presentazione del libro sulla storia di Aleramo e Adelasia e il ricordo di Roberto Maestri

A Portacomaro durante uno dei laboratori di panificazione di Johnny Fongo

Il pubblico al Castello di Uviglie per degustare Barbera & Champagne Brindisi con Tiziano Barea della Tenuta Montemagno

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La presentazione del concorso dedicato agli under 30 per il nuovo packaging del Monferace

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Il Peter Pan della Padania compie 70 anni E durante la kermesse di Golosaria c’è stato anche il tempo per andare a fare gli auguri a Gioachino Palestro, detto il Peter Pan della Padania. I suoi figli (Daniela cuoca al ristorante Accademia di Casale e Davide da poco alle redini di un nuovo locale a Mortara) gli hanno organizzato una festa con i suoi più cari amici, gli amici di sempre. E hanno voluto anche noi. Così arriviamo nel magnifico Palazzo Treville e ci troviamo immersi in una di quelle situazioni di amicizia che abbiamo vissuto tante volte: ci sono il Balin, Romano Dogliotti, gli amici di Rocchetta Tanaro, Guido Venturini e i suoi figli. Si brinda! È proprio il caso di dirlo: una vita. Gioachino Palestro lo conobbi a casa di Giacomo Bologna, quando iniziò a tirare fuori i suoi inenarrabili prosciuttini d’oca. Poi durante il mitico Treno dal Monferrato del 1992, da cui è iniziata tutta l’avventura di Papillon, Gioachino ci fece la sorpresa di apparecchiare la stazione della sua città per tutti i passeggeri del nostro treno d’epoca. Risotto con le rane e tanto vino. Voglio riprodurre qui la foto di Gioachino in cima al treno, con Romano Dogliotti, a significare quanto la vita sia fatta anche di occasioni memorabili. Come questa. E sono onorato dell’amicizia che sempre dimostra, e che spero di potermi meritare.

tutti i nostri prodotti. In auto chiamo Antonio Santini per dargli la notizia, mentre il telefono squilla in continuazione. Questa sera andremo a cena a Verona, all’osteria del Frate.

Nemmeno la soddisfazione di vedere le pagine dei giornali locali, che escono di martedì. A Verona mi fermerò per dieci giorni consecutivi, per seguire le varie iniziative di Vinitaly. Ma intanto mi viene da pensare a quel signore d’altri tempi, Corrado Barberis, che camminava tantissimo per mantenersi in salute. Lo ricordo con me alla trasmissione Pinzimonio su Alice Tv, e in tantissimi convegni, fin da quando lavoravo alla Coldiretti. Era curioso di tutto e talvolta, con Antonio Santini, ricordavamo i suoi dialoghi intorno al gras pistà, e altre specialità della Pianura Padana, che lui, bolognese d’origine e con tante cittadinanze onorarie (ricordo quella di Cingoli), amava in maniera particolare.

Corrado Barberis a Golosaria Milano nel 2007

2 aprile In TV col Garda Doc Alle 11,30 di martedì siamo in Comune per la conferenza stampa con i sindaci delle città che hanno aderito al Fuorisalone, il sindaco di Verona e i vertici di VeronaFiere. Arriva anche il presidente del Garda Doc che è il vino ufficiale della manifestazione. Mi danno quindi la parola per raccontare come e dove sarà presente il vino e poi subito a TeleArena per un primo talk show dedicato.

Intanto l'Arena esce con uno speciale di 80 pagine dedicato a Vinitaly e con una pagina intera di intervista al sottoscritto dove paragono la città Scaligera a Roma, in quanto a densità di bellezze artistiche.

Piove questa sera a Verona, mentre vado in Valpolicella a provare un locale, di quelli che vengono celebrati dalle guide, ma che hanno alcune lacune e soprattutto una serie di prezzi del vino a bicchiere che non giustifico. Ne scriverò sul Golosario.it facendo un riassunto delle migliori soste di questi ultimi tempi, ma anche di quelle critiche.

I festeggiamenti per il 70esimo compleanno del “Peter Pan” della Padania Gioachino Palestro sulla locomotiva del Primo Treno Enogastronomico del Monferrato nel 1992

1° aprile Si parte per Verona, mentre muore Corrado Barberis Faccio solo in tempo a stare in ufficio per una mezza giornata e già devo partire per Verona: mi aspettano per i dettagli di Vinitaly and the city. Ma intanto mi raggiunge la notizia che è morto il professor Corrado Barberis. Aveva 92 anni, era un amico al quale dedicammo il premio della civiltà contadina di Golosaria Milano. È stato presidente dell’Insor, l’Istituto di Sociologia Rurale e ha scritto un numero impressionante di libri dedicati a catalogare la Circolare

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La presentazione di Vinitaly and the City 2019

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Rivera, il fondatore della Gazzetta dello Sport che era di Masio, il nostro paese. E subito l’informatissimo Stefano Lorenzetto mi ricorda che i primi caratteri della Gazzetta si chiamavano Cairo.

Al momento della premiazione, Vittorio Feltri si emoziona quando il figlio lo cita. Lui che aveva soprannominato questo come il “Premio Stalin”. Alla fine ci salutiamo tutti alla spicciolata, mentre Marco Gatti mi dà un passaggio in Regione per una riunione di lavoro. Alle 16 sono già in treno per raggiungere TeleArena, dove parteciperò a un altro talk show.

Una giornata emozionante, piena di colpi di scena, ma soprattutto l’incontro con tanti amici, che fanno parte del mondo del giornalismo. Stasera andrò a letto presto, appena in tempo per assaggiare un piatto di pesce da Ruggero, il ristorante proprio vicino alla fiera e al mio albergo.

L’articolo dell’Arena dedicato al Fuorisalone del Vinitaly

3 aprile A Milano al premio Aneri e il libro di Eliso Rivera a Urbano Cairo Parentesi milanese, stamane, perché alle 12 all’Hotel Principi di Savoia si celebra il premio Aneri, che quest’anno verrà destinato a Mattia Feltri, giornalista della Stampa. C’è tutto il mondo del giornalismo, coi direttori delle varie testate, fra cui Michele Brambilla, neo direttore di Qn, di provenienza La Stampa. Arriva anche Mario Calabresi, con sua mamma Gemma, che quando mi vede esordisce: “Ti ho visto a Masterchef!”. Poi arriva Antonio Ricci, che ringrazio per la segnalazione di Golosaria a Striscia, che è stata un’efficace sorpresa; quindi Luca Ubaldeschi, altro neo direttore (del Secolo XIX) che proviene anch’egli dalla Stampa.

Giancarlo Aneri è in fibrillazione, anche perché presenterà in anteprima il suo Pinot nero. Ci raggiunge Urbano Cairo e quando ci incontriamo gli consegno la prima copia del libro dedicato a Eliso

Michele Brambilla, Mario e Gemma Calabresi, Luca Ubaldeschi e Maurizio Molinari

Mattia Feltri alla premiazione

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Paolo Massobrio con Urbano Cairo e la copertina del libro di Eliso Rivera

4 aprile Allestimenti sotto la pioggia e cena al Bersagliere Giornata di allestimenti per Vinitaly and the city sotto la pioggia e da Alessandria arrivano Simona Novelli e Salvatore Di Stefano per allestire Palazzo Carli, dove ci sono i 10 dispenser di Wineemotion con le ottanta bottiglie di vino sostenibile. Mi portano anche la guida con la descrizione degli 80 vini, mentre nel resto delle piazze procedono gli allestimenti dei palchi e delle varie enoteche. Alla sera ci rifugiamo da Leo, alla trattoria Bersagliere, dietro l’Arena, per una cena davvero degna del faccino radioso.

E anche questa volta scoprirò nuovi vini, come il Pinot Nero di Corte Quajara.

Che ritmi ragazzi! Alla sera guardo l’app che conta i passi e sono sopra i 10mila. Neanche la pioggia è riuscita a fermarci. Domani è il giorno dell’inaugurazione.

5 aprile Katia Ricciarelli inaugura Palazzo Carli Dopo una mattina a seguire gli ultimi dettagli eccomi finalmente in piazza dei Signori, alle 17 per l’inaugurazione di Vinitaly and the city. Ospite d’onore, quest’anno, è Joe Bastianich, che proprio la sera, nel cortile del Mercato Vecchio terrà un suo concerto. Ci salutiamo, ricordando la puntata di Masterchef dove sono stato fra i giudici e lui mi conferma lo stupore del continuo crescendo di pubblico. Alle 18, con il presidente di VeronaFiere e il comandante di Palazzo Carli, inauguriamo il palazzo del Vino Sostenibile e dintorni e a sorpresa arriva Katia Ricciarelli, che è legata a una cantina marchigiana, il Podere Sabbioni, fra le 80 presenti, a cui dedica una canzone lirica. Fra il pubblico tanti produttori di vino, da Chiara Lungarotti a Giovanna Prandini, da Antonio Zaccheo di Carpineto a Giovanna Tantini. Tutti stupiti dalla bellezza della

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location e dall’iniziativa che viene illustrata dal professor Ettore Capri, dell’Università Cattolica di Piacenza, in rappresentanza del progetto Viva, al quale aderiscono 16 delle 80 aziende. È stata esemplare la collaborazione dei militari per far sì che tutto funzionasse per il meglio. Katia Ricciarelli mi ha sorpreso per la disponibilità nell’anno in cui festeggia i suoi 50 nel mondo della lirica. Encomiabile la collaborazione del Consorzio dell’Asiago, presente a Palazzo Carli con quattro stagionature del suo formaggio.

sarà decisamente convinto, come convincente è stato il coraggioso abbinamento con il bianco di Gravner.

C’erano 400 ospiti quella sera alle Gallerie Marcatali, ovvero il mondo del vino con i suoi principali rappresentanti. A un tratto ci viene incontro Ettore Prandini, il neo presidente confederale di Coldiretti e tanti altri amici. Bartolini questa sera è stato perfetto, anzi si è superato, e il supporto logistico di Luca Legnani, titolare di Papillon 1990 Catering, è stato fondamentale nel rispetto dei tempi. Il nome di Bartolini lo aveva suggerito Marco Gatti e quindi anche per noi è stata una gran bella soddisfazione. Vinitaly è partito sotto un ottimo auspicio.

Alle 19 devo essere in Cortile Mercato Vecchio per presentare tre realtà del progetto Verona Wine Top. E fra queste, l’azienda Ugolini, con i titolari che dialogano con me davanti al pubblico e l’azienda F.lli Recchia, che già conoscevo, senza avere contezza della dimensione aziendale molto importante. La terza realtà è quella della Botteghetta, un negozio di specialità locali, proprio dietro l’Arena, che ha puntato tutto sulla valorizzazione dei vini. Appena terminato, arriva Joe Bastianich che dà il via al suo concerto. La piazza si riempie e, a sorpresa, scopro che l’enoteca dedicata agli Champagne è assai gettonata. Non mi resta che dirigermi verso l’auto, non senza aver fatto una sosta (sono praticamente a digiuno) all’Enoteca Zero Sette, dove mi servono come se fossi uno di casa che arriva a cena. Berrò un Durello di Fongaro, giusto per autopremiarmi.

L’ingresso a Palazzo Carli

La Botteghetta, vincitrice del Wine Top della Camera di Commercio di Verona con Ugolini e i Fratelli Recchia

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L’inaugurazione con Katia Ricciarelli Il libretto dedicato alle cantine presenti a Palazzo Carli con i loro vini nei dispenser di Wineemotion

6 aprile La cena di gala di Vinitaly dedicata a Leonardo.

Grande Bartolini Oggi è la preview di Vinitaly e anche il secondo giorno di Vinitaly and the city. Arriverà anche Marco Gatti, mentre alle 12 mi aspettano in piazza Signori per guidare una degustazione con sette vini del gruppo Santa Margherita e quattro stagionature di Asiago.

Una degustazione decisamente divertente. Il resto del pomeriggio lo passerò girando le varie location: Piazza dell’Arsenale, dove c’è l’enoteca delle Bollicine e quella dei grandi vini rossi italiani selezionati dal Golosario; quindi Palazzo Carli, dove il pubblico è decisamente rilevante come qualità e sa cosa scegliere, avendo a disposizione ben 10 assaggi dai dispenser. Nel pomeriggio si apre Opera Wine e scopro che almeno 30 aziende presenti a Palazzo Carli sono anche rappresentate nell’iniziativa di Wine Spectator.

Finito il giro, che condivido con Marco Gatti che nel frattempo mi ha raggiunto, c’è giusto il tempo per andare in albergo a cambiarsi per la cena di gala che quest’anno è dedicata a Leonardo.

Officerà Enrico Bartolini che, dovendo interpretare in qualche modo la cucina di Leonardo, farà una serie di piatti decisamente stupefacenti. In sequenza: Menu welcome (melanzana moderna alla brace; cannolo di salmone e salsa di agrumi; foie gras e ciliegie; panino al vapore farcito di merluzzo mantecato lenticchie beluga, salsa all’aceto e tartare di gambero ostrica con rafano e mela verde; gnocco di carciofo e mandorle); Menu servito al tavolo (carota di Polignano, zuppetta di limone e seppioline; risotto allo zafferano e salsa civet; vitello alla royal; albero di mele con gelato alle mandorle e zabaione al rosolio). Il momento dell’applauso

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7 aprile La politica e il Premio Betti alle Regioni Stamane è il primo giorno di Vinitaly e come sempre io e Marco lo iniziamo dallo stand di Giacomo Bologna, questa volta assaggiando l’Ai Suma 2016 alle 10 del mattino. Poi ci sarà l’inaugurazione, che vedrà anche un dialogo moderato da Bruno Vespa prima dell’istituzionale saluto delle autorità, dove interviene anche il vicepremier Matteo Salvini, che arriva con una felpa bordeaux con la scritta Vinitaly. Fra il pubblico c’è anche l’ex ministro all’Agricoltura ed ex segretario del Pd Maurizio Martina, che viene fatto accomodare in seconda fila. Arriva pure Paolo De Castro, anche lui defilato dopo che pareva fosse tramontata la sua candidatura alle Europee. Ma al termine di Vinitaly, invece, rientrerà in gioco. Detto questo, si prospetta per quest’anno un Vinitaly piuttosto politicizzato: arriverà il premier Conte nel pomeriggio, quindi il vicepremier Di Maio e via via altre autorità.

Alle 13 c’è il primo Pranzo d’autore, ovvero lo spazio che da svariati anni curiamo con Marco Gatti. In cucina Daniel Canzian di Milano che apre alla grande la serie dei 4 appuntamenti. Alle 15 siamo alla prima sessione di Young to Young, con i giovani comunicatori che racconteranno tre giovani produttori (Chiara Condello di Predappio col suo Romagna Sangiovese Predappio Riserva 2016, Francesco Maggi di Canneto Pavese col Buttafuoco e Marco Benedetti, neo produttore della Valpolicella col suo primo Amarone).

Alle 16,30 io e Marco siamo a officiare una cerimonia con tutti gli assessori all’Agricoltura che consegnano il premio Angelo Betti (ex Cangrande) a una personalità per ogni Regione che si è distinta particolarmente. Ci sono anche due presidenti di Regione: quello della Calabria, Gerardo Mario Oliverio, e quella dell’Umbria, Catiuscia Marini. Il momento è particolarmente sentito e ci fa piacere essere noi i moderatori insieme col vicepresidente di VeronaFiere Renato Valente e il direttore commerciale Flavio Innocenzi. Qui di seguito tutti i riconoscimenti, regione per regione, che vogliamo citare perché rappresentano in qualche modo la storia del vino italiano.

Per il Piemonte Vincenzo Gerbi; per la Valle d'Aosta Agostino Buillas (ristoratore); per la Liguria Viticoltori Ingauni Società Agricola Cooperativa; per la Lombardia Luca Formentini; per il Veneto Armando De Zan; per il Friuli Venezia Giulia Manlio Collavini; per la provincia autonoma di Bolzano Franz Pratzner; per la provincia autonoma di Trento Enrico Zanoni; per l' Emilia-Romagna Pierluigi Sciolette; per la Toscana Ferdinando Guicciardini; per l'Umbria Roberto Di Filippo; per il Lazio Giovanni Terenzi; per l'Abruzzo Francesca Margiotta; per il Molise Azienda Vitivinicola Terresacre; per le Marche Adriano Lorenzi; per la Basilicata Paride Leone; per la Puglia Giuseppe Baldassarre; per la Calabria Roberto Ceraudo; per la Campania Ciro Giordano; per la Sicilia Nino Caravaglio e per la Sardegna Giovanna Chessa. la Circolare

Alle 19, io e Marco Gatti siamo già a palazzo Carli, per vedere come è andata questa giornata, che in loco confermano sia stata di ottima partecipazione. Subito dopo eccoci in piazza San Zeno, dove l’enoteca dei vini internazionali selezionati con Tannico ha destato un certo interesse. Quella di stasera è la serata dedicata alla Valle D’Aosta. Al sottoscritto il ruolo di intervistatore dell’assessore Laurent Vierin prima del concerto del gruppo L'Orage. C’è aria di festa, nonostante il freddo e qualche sprazzo di pioggia, che non fa demordere i fan di questo gruppo di giovani davvero bravi. Riusciamo alla fine a infilarci in un nostro locale del cuore, Il Calmiere, dove ci sta proprio bene un bollito con la pearà.

Anche stasera è passata: Vinitaly and the city sta registrando successi, con gruppi come i Negrita e Le Vibrazioni. Ma tutte le iniziative messe in atto per far vivere un’esperienza in città stanno ottenendo consensi. Io e Marco siamo provati dal freddo e dalla stanchezza, ma quando c’è soddisfazione e soprattutto quando si è insieme in un'avventura, tutto ha un altro sapore.

I giovani produttori presenti alla prima sessione di Young to Young

In piazza San Zeno: protagonista la Valle d’Aosta

8 aprile Chiamparino e Cirio, il fair play piemontese fra gli stand Secondo giorno di Vinitaly e ultimo del fuorisalone. Per il primo, alle 11 abbiamo la sessione di Young to Young con tre nuovi giovani produttori (Giovanni Abrigo di Diano d’Alba con il Dolcetto di Diano d’Alba Superiore Garabei 2016, Davide Lazzari di Capriano del Colle con il Riserva degli Angeli 2015 e Laura Pacelli di Malvito con il Malvarosa 2016). Ad ascoltarli un gruppo di oltre 30 blogger. Nel frattempo, i nostri ispettori stanno assaggiando i prodotti dello spazio Agrifood per il riconoscimento IlGolosario. Al ristorante d’autore c'è Viviana Varese, che colpirà tutti per la cucina ingegnosa, davvero ottima. Ed è una soddisfazione vedere che le nostre proposte ottengono consensi. Alle 13

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mi aspettano nel padiglione del Piemonte per intervenire sull’anno del Dolcetto, proclamato dalla Regione Piemonte. E sono con il presidente della Regione Sergio Chiamparino e l’assessore Giorgio Ferrero. Durante l’incontro mi colpisce l’intervento del nipote di Quinto Chionetti, che fa un’illustrazione lucida del loro vino simbolo, il Dolcetto di Dogliani. E lì prendo nuovamente la parola per ricordare quanto Quinto Chionetti rimane la strada maestra da seguire, giacché lui, già negli anni Novanta, aveva capito che quel vino era paragonabile alle grandi etichette. Appena terminato l’incontro arriva il candidato del centrodestra Alberto Cirio e c’è l’incontro con Sergio Chiamparino, che conferma lo stile di rispetto piemontese. Fanno una foto davanti al prosciutto di Teo Costa che il giorno dopo finirà su tutti i giornali. Esco dalla sala e mi sfila davanti Di Maio con la neo fidanzata e il codazzo di gente. Sembra d’essere in un film. Alle 14 sono nel padiglione che ospita la Regione Valle D’Aosta per moderare un incontro che siglerà un’iniziativa fra la Fiera del Tartufo di Alba e la Fontina d’Alpeggio che poi verrà celebrata nella fortezza di Bard a dicembre. E arriva Alberto Cirio, che lo scorso anno ad Alba concepì con l’assessore Vierin questa iniziativa.

Mi rimane un piccolo spazio per andare ad assaggiare dei vini e faccio un giro fra gli stand. Incontro Bruno Vespa con il suo enologo Riccardo Cotarella e mi fanno assaggiare le novità, fra cui un Nero di Troia, interessante; nello stand della Sicilia trovo Cosimo Cautela, di Campogrande di Tripi, che non rinuncia mai a questo appuntamento. Alle 18 siamo già in taxi, io e Marco Gatti, per fare il solito giro di Vinitaly and the city. È l’ultimo giorno e i dati sono

più che confortanti. Le degustazioni segneranno un +30% rispetto allo scorso anno, con la sorpresa degli Champagne, dell’enoteca dei vini internazionali, delle oltre 5.000 degustazioni di Palazzo Carli dove il vino più gettonato pare sia stato l’Uno percento di Ermes Pavese, il quale in seguito mi dirà di aver ricevuto molte mail che chiedevano dove trovarlo. Anche le masterclass guidate dal sommelier Marcello Milo andranno alla grande. Il giorno dopo i giornali parleranno di 80mila persone nelle quattro location di Vinitaly and the city. Un successone, il cui merito voglio darlo alla regia paziente e precisa di Paolo Curione che ha portato perfettamente a termine il mandato che gli era stato consegnato. BRAVO! Con Marco Gatti troviamo alla fine un tavolo alla Vecchia Fontanina, in pieno centro a Verona, vergando la conferma del faccino radioso.

9 aprile La finale del premio Agrifood-Golosario Terzo giorno a Vinitaly, con l’ultima sessione di Young to Young (Davide Zoppi di Ca Du Ferrà con il suo Vermentino Colline di Levanto, Moreno Nardin di La Corvée di Lavis con il Müller Thurgau Viàch e Silvano Tarducci di Padelletti di Montalcino con il Brunello di Montalcino riserva), mentre al ristorante d’Autore troviamo in cucina Giovanni Ricciardella, del ristorante Cascina Vittoria di Rognano che mieterà consensi pure lui. Alle 14,30 con la redazione di Papillon assaggiamo i prodotti che ci hanno segnalato i collaboratori per il riconoscimento Agrifood-ilGolosario. Ogni anno usiamo questo metodo: un gruppo di collaboratori nuovi e sconosciuti il primo giorno; un gruppo di redattori interni e infine la degustazione plenaria con me e Marco, che prendiamo atto delle scelte della nostra redazione e decretiamo i meritevoli. Alla fine, emerge questa classifica, che il giorno dopo riceverà il riconoscimento, con la categoria degli evergreen ossia quei produttori che sono già stati premiati negli anni passati, ma che hanno manifestato continuità e innovazione. Ecco il risultato della selezione di quest’anno:

PASTA EVERGREEN Rustichella d’Abruzzo - Pianella (Pe) - Paccheri ai frutti di bosco SFIZIOSITÀ Rinci - Castelfidardo (An) - Paccasassi Riti Alimentari - Acquasanta Terme (Ap) - La Favalanciata (crema di fave) SFIZIOSITÀ EVERGREEN Tenuta Cà dal Lauv - Prignano sul Secchia (Mo) - Aceto di ciliegia SALUMI MA! Officina Gastronomica - Madesimo (So) - Brisaola Macelleria Gastronomia Mosca - Biella - Paletta Biellese Salumificio Bedogni - Langhirano (Pr) - Prosciutto Crudo di Parma SALUMI EVERGREEN Salumificio Patrone - Venturina Terme (Li) - Prosciutto Crudo

Con l'assessore Stefano Mai per Vite in Riviera

LIQUORI Amaronna - Niscemi (Cl) - Amaro di carciofi di Niscemi Anonima Distillazioni - Gubbio (Pg) - Aquamirabilis Gin 4312 Rossa - Paternò (Ct) - Amara PREMIO SPECIALE - Ice Wer - Godega Sant’Urbano (Tv) proposte finger food

BIRRE EVERGREEN Baladin - Piozzo (Cn) – Beermouth BIRRE IGA Birra Salento - Leverano (Le) - Real Iga Birrificio del Forte - Pietrasanta (Lu) - Il Tralcio 2017

10 aprile La vite in Riviera Ultimo giorno anche di Vite in Riviera, lo stand innovativo della Regione Liguria che a Vinitaly ha lanciato un concorso che destina ai partecipanti di un quiz 100 bottiglie di vini liguri. Con l’assessore Stefano Mai facciamo il giro di tutti i produttori, scoprendo una straordinaria vitalità delle aziende di questa regione.

Un bel modo di essere presenti a Vinitaly, che ha mostrato il valore di un gioco di squadra. Bravi!

FORMAGGI A.P.O.C.C. - Crotone - Ricotta affumicata La Casara - Roncà (Vr) - GialloBlu Consorzio Vacche Rosse - Reggio Emilia - Parmigiano 30 mesi

BIRRE Birrificio Aleghe - Coazze (To) - Brusata alle castagne Piccolo Birrificio Clandestino - Livorno - Brown Ale Ribadi - Cinisi (Pa) - Sicilian Pale Ale Con Cosimo Cautela

Quante cose nuove anche quest’anno, quante scoperte curiose. La più clamorosa forse è quella di Ice Wer che ci ha presentato Francesco Donadini: una realtà dedita ai finger food che ha meritato una menzione speciale. Con questo risultato, stasera andremo a cena a Verona in un ristorante che ha la corona radiosa: La Canonica. E a sorpresa incontro Andrea Cecchi a un tavolo che mi confida: è la mia tavola preferita e non solo da oggi.

Con Marco Gatti, Federica Borasio, Alessandro Ricci, Fabio Molinari e Fulvio Tonello per la giuria del premio Agrifood-Golosario

Premiazioni e finalmente a casa Giornata di premiazioni, oggi. Al ristorante d’autore abbiamo convocato i ragazzi che si sono aggiudicati il Young to Young 2019. Ovvero Zoë Burgard del blog Italian Grapevine per la sessione di domenica; Thomas Taddeo, alias Hipster Wine, per la sessione di lunedì e Anna Bregola del blog B Wine per la sessione di martedì. Poco prima c’era stata la premiazione di AgrifoodGolosario con gli assaggi dei vari prodotti selezionati. E il pranzo d’autore, sorpresa delle sorprese, è stato con Silvia Moro del ristorante Aldo Moro di Montagnana, che ha decisamente fatto strike con alcuni piatti fantastici (insalata di gallina padovana in saor; raviolo inverso con Parmigiano Reggiano e piccoli germogli;

DOLCI Brontedolci - Bronte (Ct) - Bron Cake Fabrizi - Jesi (An) - Duchessa di Visciole Tidò Dalla Vite - Verona - Caramella Tidò Amarone DOLCI EVERGREEN Canditfrucht - Barcellona Pozzo di Gotto (Me) - Macaron al cioccolato e arancia PASTA E PANE De Mori - Cossato (Bi) - Grissini Pasta Michele Portoghese - Calenzano (Fi) - Mezze maniche

I protagonisti della seconda sessione di Young to Young

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L’ultima sessione di Young to Young

Il gruppo dei premiati Agrifood-Golosario 2019

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costine di agnello con caprino, frutti di bosco e bietola; mousse ai lamponi e lime, yogurt bianco, meringa ed erbe aromatiche).

Al mio tavolo, insieme ai premiati, c’era anche il papà di Silvia, emozionato. Credo che questo trionfo che i commensali hanno attribuito a sua figlia, sia stato il compenso ideale per quei critici che ancora, per logiche loro (immagino alquanto meschine) non attribuiscono i giusti riconoscimenti a questa ragazza prodigio.

Mobile e oggi è il giorno ideale per incontrarci, insieme con Motoko e Claudio Gallina. Dobbiamo mettere a fuoco i nostri progetti italo-giapponesi e così ceniamo in un locale fuori Milano, per evitare il caos del fuorisalone del Mobile riuscendo a passare insieme un paio di ore. Domani invece partiamo per Rimini, io e Silvana, e faremo due soste degne della corona radiosa. La prima è la Locanda Mariella a Calestano, sulle colline di Parma che conducono a Langhirano. Una corona come piace a noi con una sorpresa: una cantina spettacolare, insospettabile, dove trovo molti vini che ho anche nella mia cantina. E Mariella mi confida che siamo della stessa generazione e siamo cresciuti proprio con quelle etichette.

Non avevo mai pensato, prima di questo momento, che la cantina fosse lo specchio di un’epoca ben precisa. La seconda sosta, con gli amici inseparabili della Gallia è stata invece a Forlì, nel locale dei Gardini. E lì ho ritrovato il papà di Luca, in gran forma e uno staff in cucina e in sala capace di dare emozioni. Ci voleva proprio questa parentesi fra amici e cose buone.

I vincitori di Young to Young 2019

questa azienda allevano vacche di pezzata rossa e fanno dei formaggi, ma anche degli yogurt, davvero interessanti. Sarà una cena bellissima, con vecchi e nuovi amici che mi hanno ricordato un evento clamoroso che facemmo a Belluno città nel 2010. Il giorno dopo io e Fabio Molinari saremo a Udine per condurre due lezioni di formazione sul tema delle botteghe artigianali nell'era digitale, del rapporto con il web e dell'importanza di saper costruire una propria immagine (e una propria storia), invitati da Promo Friuli Venezia Giulia. Un momento intenso di confronto, che sarebbe potuto durare anche oltre le 8 ore destinate. Ma ci aspettano a Brescia, per l’ultima delle Cene in ComPagnia, che il Club Papillon di Brescia ha organizzato da Savino Poffa, del ristorante Mangiafuoco. E anche qui diverse conoscenze, come i salumi del Salumificio Colli Storici di Pozzolengo, i salumi Bettella, quindi Giovanna Prandini coi suoi vini, nonché i vini dell’azienda Cantrina e il Panificio Marini di Brescia che ha prodotto per l’occasione il pane dedicato a Srebrenica.

Partiamo verso le 22,30, domani sarà l’ultimo giorno di lavoro in ufficio per tutti. Taglieremo la colomba e ci faremo gli auguri. Ma soprattutto io vorrò ringraziare uno a uno i collaboratori per come hanno affrontato questo periodo, che di fatto ha segnato dei successi.

Silvia Moro dell’Aldo Moro di Montagnana al ristorante d’autore

Vinitaly finisce qui, alle 15 di ogni anno, con la mestizia che comporta il tornare a casa. Siamo stati insieme 5 giorni io e Marco, e altri 5 li ho passati con gli amici di Fiera Verona per portare a casa dei risultati. Si è stanchi ma soddisfatti. E domani già si ricomincia.

Vinitaly per sempre!

La Locanda Mariella di Calestano si conferma corona radiosa

L’agriturismo Busa dei Sbrase di Taibon Agordino

11 aprile A Milano pensando al Giappone Neanche un giorno intero a casa e già si riparte: destinazione Milano per incontrare la nostra amica Suga Tomoko, del gruppo di Ryoritsushin. Lei è in Italia per seguire un evento al Salone del

Con Roberto Gardini al ristorante Casa Mare di Forlì

15 aprile Una settimana speciale ancora nel Triveneto È una settimana speciale quella che si apre a metà aprile ed è la settimana che porta alla Pasqua. Ma anche qui non c’è grande spazio per sedersi sugli allori. Mi aspettano a Verona all’ora di pranzo e poi ad Agordo, a vedere gli spazi del Palaluxottica e infine a cena in un’azienda agrituristica fantastica, Busa dei Sbrase, dove finalmente ho assaggiato il carpaccio di schiz, un antipasto di formaggio fresco, che è proprio una specialità del luogo. In

Con Claudio, Motoko, Silvana e Suga

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Savino Poffa e Alfonso Caletti con il pane dedicato a Srebrenica del panificio Marini di Brescia

Su Avvenire una mia riflessione dopo l’incendio che è divampato a Notre Dame. la Circolare

Quante città sotto la bolla del cibo. E se esplodesse?

Silenzio. È la parola, anzi l'esigenza di queste giornate, che hanno negli occhi l'immagine di Notre Dame avvolta dal fuoco. Il risveglio al mattino ci ha dato le immagini del fuoco domato e in sottofondo le preghiere di chi era accorso davanti a un simbolo dell'Europa. Sarà un caso che tutto sia capitato all'inizio della Settimana Santa, mentre al centro del dibattito politico c'è l'Europa, ma davanti a Notre Dame ci siamo sentiti un po' tutti come di fronte a qualcosa che ci appartiene. E la distruzione porta a pensare subito alla rinascita, quasi un invito a stare in silenzio davanti al percorso della risurrezione. Parigi è Notre Dame, Milano è il Duomo, Barcellona è la Sagrada, mentre la rincorsa mediatica sembra a voler parlare sempre d'altro, quando si cita una città e il suo genius loci. C'è per esempio una bulimia di luoghi dove il cibo è al centro, in maniera forse esagerata. Ventimila persone hanno fatto la fila per andare al Mercato centrale di Torino, dicono le cronache, mentre Nomisma avverte il pericolo "bolla" per i troppi ristoranti che stanno stravolgendo i volti delle città.

Sembra una torre di Babele dalla crescita incontrollata: chiudono i negozi al dettaglio (meno 11% in dieci anni) ma crescono bar, take away e posti dove il cibo viene somministrato a tutte le ore.

E il silenzio viene sommerso dal ticchettio delle forchette, magari anche in questa settimana dove ci si dovrebbe fermare almeno un giorno. Sembrano un monito quelle immagini di Parigi che ci hanno inchiodati inerti, ovunque fossimo. Senza misura non ci potrà mai essere gusto, senza silenzio non si arriva alla riflessione.

Dove stanno andando le nostre città, che hanno nuove skyline quasi a voler imporre l'immagine che il lavoro è la sola alchimia che permette il progresso? Ma se le agenzie del lavoro interinale ci dicono che per l'estate i posti di lavoro richiesti sono nel campo del turismo, della ristorazione e dei negozi, significa che la bolla ancora non è scoppiata e tutto asseconda una vocazione del nostro Paese, interconnesso fra turismo ed enogastronomia. Tuttavia il problema è che questa evidenza, anziché diventare oggetto di un'analisi e di un progetto, serve spesso ai politici per dire che "siamo i primi del mondo" e tanti bla bla. Chi analizza invece la bolla? E chi la incanala verso una direzione che non sia di consumo schizofrenico, quanto piuttosto di racconto? Perché bisogna pur dire e scoprire perché Milano è il Duomo, pur accanto al risotto giallo; Barcellona è la Sagrada, pur con la paella e Parigi è Notre Dame, comunque e per sempre.

(Avvenire 17 aprile) 18 aprile A Sinio un socio di Papillon Non c’è pace neanche oggi che è il Venerdì Santo. L’unico buco per onorare un appuntamento, per un progetto innovativo che faremo a Golosaria, è stasera. E quindi ci troviamo a Sinio, nel grazioso castello di Denise Pardini, perfetta cuoca e padrona di casa e lavoriamo un paio d’ore. All’entrata del castello mi ferma un signore che a sorpresa mi dice: «Io sono socio del Club di Papillon, so tutto di lei». E facciamo una foto insieme. Lui ha anche una cantina di famiglia, la cantina del Conte di Grinzane Cavour, che ci colpì per la schiettezza dei sapori, tanto da premiarla fra i Top Hundred.

L’ho sempre detto: è un lusso conoscere i propri lettori. È il lusso di qualsiasi giornalista o comunicatore che a dir si voglia. Con La Circolare questo lusso accade. E sono ben cosciente del rischio che corro ogni volta: mettere in piazza una vita di relazioni e dare dei giudizi (quelli in corsivo come questo). Perché lo faccio? Per favorire

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un confronto, un paragone, per far circolare idee. Il regalo più bello, in questa stagione, mi è arrivato da Matteo Scibilia, che un mese fa mi ha scritto: «In questi giorni di ospedale e convalescenza, leggere La Circolare mi sta aiutando a riprendere il lavoro. Grazie Paolo, grazie Marco».

Foto con il socio di Papillon incontrato a Sinio

Pasqua e Pasquetta Una Pasqua ideale: a casa io e Silvana, mentre i figli hanno deciso di andare a Barcellona, da Marco che lavora laggiù. Così ci dedichiamo a fare la spesa: gli agnolotti di Emiliana Pesce ad Acqui, il capretto sublime cucinato dalla figlia di Lauro Micco a Moncalvo; le formaggette di Roccaverano e i grissini di Trisobbio. Ma anche la scoperta della macelleria agricola Giorgio Facchino di Trisobbio che a sua volta fa degli agnolotti degni di nota. Poi la domenica di Pasqua, a messa dai nostri amici monaci della Cascinazza e infine Pasquetta con gli amici e la sorpresa di Teresa e Stefano Dondi, che sono venuti coi loro tre figli.

Abbiamo mangiato in giardino, nonostante il vento, e il pranzo è terminato come avevo sempre desiderato: col canto. E quando abbiamo intonato la prima canzone è stato come se tutti ci fossimo rivolti alla medesima cosa: la bellezza che è tra noi. A volte i canti sono come delle preghiere.

25-27 aprile A Diano Marina c’è Aromatica!

Ma appena sceso a Malpensa, il 25 aprile, devo già partire per Diano Marina. Mi aspettano ad Aromatica, la manifestazione dedicata a una delle peculiarità della Liguria e del Ponente ligure. Il primo incontro, alle 18, è un’intervista al sottoscritto e a Luigino Filippi sul mondo delle guide: l’Espresso e il Golosario a confronto. Il giorno dopo toccherà a me intervistare il bravo dietista Stefano Beschi, che risponderà a tutte le mie domande, almeno una ventina, davanti a un pubblico che man mano si ingrossa, di fronte al palco e ascolta, immedesimandosi su un tema che tocca da vicino tanti di noi. Nel pomeriggio degustazione di 25 campioni di vini liguri che aderiscono alla rete di Vite in Riviera con l'ottimo Ivano Brunengo. E fra questi emerge prepotente l’Ormeasco di Maffone. Alla sera cena a quattro mani nel ristorante Golosamente, con Tano Simonato.

Sabato 27 il talk show più importante, dedicato al turismo lento e moderato dal sottoscritto. E qui, ho riascoltato l’esperienza virtuosa delle strade dei sapori in Friuli Venezia Giulia con Diana Candusso; ma ho anche conosciuto Umberto Curti, che ha scritto un libro sul turismo esperienziale, mentre il coordinatore del Campionato Mondiale di pesto al mortaio, mi ha aperto un mondo: 100 selezioni prima di arrivare alla finale di pesto al mortaio che si tiene ogni due anni a Genova. Trenta di queste all’estero.

Ma non è finita, perché con la scusa del campionato hanno ripreso a produrre i mortai di marmo ed è cresciuta la produzione di basilico. E chi si immaginava una cosa del genere?

Fra tutti, però, mi ha colpito Gilberto Volpara, un ragazzo della Valpolcevera, che collabora alla tv locale Primocanale, e che ha fatto una battaglia per salvare i negozi degli alimentari nei piccoli paesi.

A Diano Marina va in scena Aromatica

Quanti incontri fantastici: un ragazzo che si preoccupa di insegnare il dialetto ai più giovani e che capisce il valore dei negozi di prossimità dei paesi per i quali poi la Regione ha promosso un bando per permettere di acquistare a fondo perduto i beni necessari al funzionamento. Di sicuro lo rivedremo a Golosaria Milano, perché il manifesto della Bottega Italiana deve fare un passo avanti. E lo faremo insieme.

Tavole preziose Durante questi viaggi non sono mancati assaggi che arricchiranno ancor di più la nostra guida. A Cipressa sono stato da U Titti, che è un locale inserito nella frazione Lingueglietta, un paesino cartolina, uno dei più belli del Ponente Ligure, con le stradine di pietra, la chiesa romanica. La tavola è stata superba (abbiamo assaggiato spuma di patate affumicata, scampi, porri e testina di vitello; passatelli con astice, broccoli e acciughe; sampietro con panissa, aglio nero fermentato, mandorle, capperi e cipolle borettane; nocciole, gelato alla farina di polenta e mais), tanto da farci pensare seriamente alla corona radiosa. Stessa situazione l’ho provata a Donnas, dove ho pranzato, dopo una visita al borgo antico al ristorante Le Coeur du Pont. E ricorderò la fragranza di quella seupa à la Valpellinentze.

Non conosco i criteri che informano le altre guide, di certo il nostro è l’entusiasmo. Un entusiasmo che di solito si manifesta quando trovi in tavola i prodotti di stagione, che hanno acquistato e raccolto proprio per te. E poi un amore smisurato ai particolari, che denota un senso di accoglienza talvolta fuori dal comune. Da U Titti e da Le Coeur du Pont ho provato proprio questo.

28 aprile Ad Aosta Sabato pomeriggio ad Alessandria, mi son chiuso cinque ore in ufficio per scrivere la Circolare; quando sono arrivato a casa erano già tutti a dormire e io avevo ancora del lavoro: assaggiare 12 bottiglie di vino.

Il giorno dopo in viaggio ad Aosta: a Donnas, per partecipare alla fiera Lou Courti e Lou Poulayé, con l’assessore Vierin. Una fiera che mi ha colpito molto, non solo perché ambientata in un borgo molto bello, che è poi un paese del vino unico, dove l’architettura delle vigne sorrette dai topioni ti porta indietro nel tempo. In più questa volta ho notato una distinzione e una cura da parte dei vari produttori di Campagna Amica (si vede che siamo vicini alla Francia, mi verrebbe da dire). Straordinaria la mostra dedicata alle varie razze di galli e galline.

In quella fiera la cucina di strada era curata dall’associazione valdostana dei ristoratori, che hanno stretto un patto con la Regione, per mettere a disposizione degli eventi la loro professionalità. Ma questo non faceva concorrenza al ristorante del paese, che invece offriva (col tutto esaurito) un altro momento di relax, diverso da quello all’aperto. Insomma un modo intelligente di far emergere le qualità.

Bravi.

Debutta il libro di Gianni Rigoni Stern Alle 17 in piazza Chanoux ad Aosta, debutta il libro di Gianni Rigoni Stern Ti ho sconfitto felce aquilina. Gianni e Lella sono già arrivati da Asiago nel pomeriggio e nella tensostruttura della manifestazione Les Mots - Festival della Parola in Valle d’Aosta è tutto pronto. Sul palco veniamo intervistati entrambi: un’ora di incontro davanti a una platea di circa trecento persone, sedute e attente. Vengono a trovarci anche Marilena Bertolin, Livio Vagneur, presidente del Consorzio della Fontina, Claudio Gallina, oltre all’assessore Vierin.

Riccardo e Chiara del ristorante U Titti di Cipressa

La presentazione del libro Ti ho sconfitto felce aquilina ad Aosta Il pranzo di Pasquetta con i Dondi nel giardino di casa

23 aprile A Milano e poi a Parabita Si torna al lavoro a Milano e poi si parte per il Salento, destinazione Parabita, a incontrare due nuovi collaboratori delle nostre guide, ospiti di Antonio e Lilli, che nel frattempo stanno accarezzando l'idea di produrre vino. Una toccata e fuga, fino al 25 aprile, a vivere l’atmosfera della famiglia, coi loro nipoti e i figli.

Che bel regalo! la Circolare

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Dopo la degustazione dei vini liguri di Vite in Riviera con Ivano Brunengo

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A Donnas una interessante scoperta: il ristorante Le Coeur du Pont

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Con Gianni Rigoni Stern e l’assessore Vierin

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E anche questa volta Gianni si commuove, mentre parla di quelle persone che ha incontrato in questi anni, alcune delle quali, dice, non ci sono più. Quando dico che dentro a questo libro c’è tanto Mario, dal pubblico parte un applauso spontaneo. Ma l’intento è proprio quello di andare oltre al mito, perché uno scrittore famoso è stato anche un padre, il cui frutto è questa tenacia, tema della manifestazione, di suo figlio Gianni, che alla fine ha detto: «Mio padre mi ha insegnato al rispetto di ogni persona, alla pace e a evitare il superfluo, che semmai va distribuito agli altri».

29 aprile A Roma per La Prova del Cuoco Si parte il lunedì, sveglia alle 5. Il treno per Roma è alle 7 in punto. Alle 10 sono già dentro gli studi della Dear, dove per cinque giorni sarò giudice alla Prova del Cuoco, con Elisa Isoardi.

Un ritorno, dopo un po’ di tempo che mancavo. E qui incontro tanti cuochi e pasticcieri. Mi colpisce Salvatore De Riso, che durante la manifestazione, mentre Elisa mi chiede di raccontare come ci siamo conosciuti, dice di essere riconoscente di quella volta. E si riferisce al Salone dei Sapori di Milano quando per due anni consecutivi vinse un premio con la torta di ricotta e pere e con il dolce di Amalfi. Allora con Marco Gatti guidavamo una giuria che valutava i migliori prodotti selezionati da una super giuria di 500 professionisti.

Il clima che si respira alla Prova del Cuoco è sempre cordiale. E in più, alla faccia di chi disprezza le trasmissioni televisive, qui va in scena un contenuto, che informa la scelta degli ingredienti e le ricette: lo stile di vita e la stagionalità dei prodotti, oltre alla cultura del non spreco. E a sentire i commenti del pubblico, sembra che questa filosofia stia facendo breccia.

Selfie con Elisa Isoardi

semifreddo agli agrumi e cremoso con amaretti e rum) uno più buono dell’altro. Carta dei vini con diverse chicche ricercate, dove primeggia una nostra cantina di Cori: Carpineti.

Vincenzo lavorava in Polizia, ma la passione per la cucina lo ha sempre attratto. E oggi è felice e lo si capisce da come sceglie le materie prime, dalla concezione del locale, dall’amore per i particolari. È stata una gran bella sosta. Un posto dove inviterei chiunque, a occhi chiusi, ad andare.

1º maggio Su Avvenire mi occupo della regia che talvolta riescono a fare le istituzioni.

Con il pasticciere Salvatore De Riso

Assaggi a Roma e la sorpresa di Sermoneta Essere a Roma mi permette di provare una serie di cucine. A iniziare da Pipero, che mi ha colpito positivamente, con la cucina del bravo Ciro Scamardella. Discutibile la formula dell’Avvolgibile di Adriano Baldassarre già cuoco del Tordomatto. Un locale volutamente e forzatamente spartano, con un menu popolare (ben eseguito) dove tuttavia non ho compreso l’assenza del vino a bicchiere e l’obbligo a bere in quei bicchieri da osteria (il vino va rispettato suvvia!). Sempre generoso il Grazia Deledda proprio di fronte al mio albergo sulla Nomentana, mentre la sorpresa delle sorprese è stata una puntata a Sermoneta, paese caratteristico, bandiera arancione del Touring. Un borgo fra i più belli d’Italia, che merita il viaggio, a sei chilometri da Latina. Nei pressi l’Abbazia di Valvisciolo, coi monaci cistercensi attivi e paesi arroccati fino a 1.600 metri. Fra questi Bassiano, patria del celebre prosciutto.

La tavola della nostra predilezione è stata tuttavia al ristorante Bonifacio VIII, in pieno centro. Una creatura di Vincenzo e Barbara, che in quel locale con un bel dehors hanno saputo trasmettere tutto il calore e la passione per la cucina. Mi ha commosso l’insalata di carciofi di Sezze Romano (eccezionale), l’involtino di verza col formaggio come lo faceva la mamma di Vincenzo. Buonissimi gli strozzapreti ai carciofi, guanciale e paglino serviti in un cestino di parmigiano e i paccheri con crema di fave, pecorino e croccante di pancetta. Ai secondi la coscia d’oca al forno con patate arrosto e una straordinaria scottona. E infine tre dolci (tiramisù,

A cena da Vincenzo e Barbara al Bonifacio VIII di Sermoneta

Paolo Massobrio nella giuria della Prova del Cuoco

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Buone idee dalla natura (e dai borghi sperduti) Sono tante le riflessioni all'inizio del mese di maggio, nell'ultima tornata di ponti dove è andata in scena la potenza della primavera.

Ma i fiori non profumano più, dicono gli scienziati: si difendono dall'inquinamento con l'emissione di fragranze che poi si disperdono. Ma anche le fragole hanno meno sapore, secondo una ricerca di Agroter: 7 italiani su 10 sarebbero alquanto delusi. Così il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) sta studiando nuove varietà. Qualcosa sta mutando nella natura, proprio mentre cresce l'attenzione dei nuovi contadini verso quel bene comune, fonte di salute, che è la natura stessa.

Nei giorni scorsi a Donnas mi sono imbattuto nella festa "Lou courtì e lou poulayé: orti e pollai di montagna" e mi ha colpito vedere fra i banchi ordinati di Campagna Amica una teoria di prodotti che componevano la filiera della salute. Ad un banco ho acquistato un antinfiammatorio naturale, una crema a base di cera d'api e iperico, di fianco al banchetto del miele e a quello delle mele renette trasformate in succhi. Ma ho scoperto che l'Associazione ristoratori, che raggruppa associati anche in borghi sperduti dove è difficile lavorare tutto l'anno, hanno fatto un patto con la Regione per partecipare a tutte le fiere della Vallée.

Un modo per lavorare, mettendo a disposizione la propria professionalità per un fattore turistico. Coltivatori, artigiani, cuochi, se invitati da un regista, possono far parlare il proprio territorio creando un nuovo racconto. E quei contadini non hanno frutti insapori: verrebbe meno l'aspettativa dei clienti. Da Donnas a Diano Marina, dove per quattro giorni è stata messa in scena Aromatica: le due manifestazioni mi hanno dato l'effetto di un laboratorio di idee che va oltre la sagra. Show cooking, dibattiti, tutti incentrati sui benefici che possiamo trarre dalla natura stessa. Se uso le erbe aromatiche non ho bisogno del sale, se consumo l'olio prodotto in loco mi porto a casa un protettore della salute, come ha certificato l'Airc (Associazione Italiana per la ricerca sul Cancro) secondo cui l'acido oleico spegne le infiammazioni intestinali che causano tumori.

Ma dove comperi l'olio del contadino? Nelle botteghe di quei borghi, oggetto delle visite di questi giorni, che stanno soffrendo.

La Regione Liguria ha emesso un bando per finanziare a fondo perduto l'acquisto di strumenti vitali per questi negozi eroici. Ma bisognerà arrivare agli sgravi fiscali e magari all'adozione da parte di un esercizio di città di uno eroico. Se le menti lucide che ho incontrato in Valle d'Aosta e in Liguria in questi giorni riusciranno a lavorare ci arriveremo. Ma ci vuole una regia di prossimità. È questa la funzione delle Province, finalmente al centro del dibattito politico, che si spera possa definire il loro ruolo. L'Italia dei centri minori ne ha proprio bisogno.

(Avvenire 1 maggio) la Circolare

2 maggio A San Vito Romano il Bellone si chiama SanVitis Penultimo giorno a Roma per la Prova de Cuoco e un'altra incursione fuori porta di quelle strepitose. Gli amici dell'azienda SanVitis hanno organizzato un momento di degustazione nella nuova enoteca Tre Bicchieri, proprio nel centro di questo borgo antico e bellissimo, con cinque chiese e un castello che domina la collina. E fra le sorprese, l'arrivo del sindaco, Maurizio Pasquali, da sempre socio del Club di Papillon, che nel 2004 mi fece conoscere l'Uvapane di Alfredo Mastropietro. Così veniva chiamato il bellone localmente e quel bianco fu così sorprendente che non so quante volte l'ho citato. Ora, dopo 15 anni, la scoperta che un gruppo di amici di San Vito, sempre insieme ad Alfredo, ha deciso di aprire un'azienda dove il bellone svetta, tant'è che lo scorso anno è stato fra i Top Hundred di Papillon. La serata è stata un susseguirsi di sorprese: dall'assaggio di tre annate di Bellone, dove il 2017 mi ha dato le medesime grandi emozioni di quel 2003 degli inizi e un Cesanese 2015 con la caratura dei grandi vini. Ma che bella promessa anche il 2016 e il 2017. A condurre la degustazione con me, il giovane enologo della cantina, Daniele Proietti, accanto a Massimo Orlandi, uno dei soci di SanVitis che ha fortemente voluto questo incontro. Alla fine, un buffet con la porchetta nelle salette di questa enoteca che, ho annunciato, dovrà diventare la sede dei vini Panda.

Quanta gente, quanta voglia di far brillare un paese, peraltro bellissimo, non lontano da Subiaco. Massimo Orlandi è venuto con sua mamma Gina (che dicono faccia delle fettuccine impareggiabili), ma c'era anche Alfredo, felice di vedere fiorire questa storia e persino Piero Riccardi, titolare dell'azienda Cantine Riccardi Reale, che è stata a sua volta un altro Top Hundred 2018 con il Collepazzo. Esco verso le 21,30 per tornare a Roma, e mi sento non solo contento, ma caricato di una responsabilità, perché la voglia di esprimersi di questi

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Con Alfredo Mastropietro, Maurizio Pasquali e Massimo Orlandi

Con Giusy e Valentina della SanVitis

diario di viaggio

paesi merita d'essere assecondata. Per questo vorrei tornare quanto prima, mentre in auto, al telefono con Marco Gatti commentiamo che è persino curioso che vini come quelli di SanVitis, ma anche di Riccardi Reale, non siano ancora entrati nel novero delle aziende da prendere in seria considerazione. Meno male che c'è Golosaria, viene da dire! In ogni caso sono convinto che se Giusy e Valentina non mi abbandoneranno, faremo belle e grandi cose per questa terra.

Promesso.

3 maggio Arrivederci Roma Oggi, venerdì 3 maggio è l'ultimo giorno a Roma e si disputano i quarti di finale. Alla fine vince la squadra del peperone, ovvero Piergiorgio, esperto di spezie, originario dello Sri Lanka. Ci rivedremo fra 10 giorni, per un'altra settimana romana.

Oggi ci siamo divertiti, con Claudio Lippi in giuria, che è stato al gioco regalandoci un sacco di gag. L'impegno di una settimana fuori casa non è poco, ma tutto sommato ne è valsa la pena.

4 maggio Ai 30 anni del Banco Alimentare della Liguria il Campionato del Pesto Sette ingredienti: basilico Dop, aglio di Vessalico, pinoli, olio extravergine di oliva, sale, parmigiano reggiano (o grana padano) e pecorino (fiore sardo). Con questa salsa speciale a Genova Bolzaneto il Banco Alimentare ha festeggiato i suoi primi 30 anni, presente il presidente nazionale Andrea Giussani e 10 concorrenti che si sono sfidati realizzando in 20 minuti la ricetta. Alla fine, chiamato in giuria col collega Roberto Perrone, la nomina della vincitrice: una mamma che ha interpretato alla perfezione la ricetta.

Erano dieci salse una diversa dall’altra, eppure gli ingredienti erano gli stessi. È stato un bel modo per coinvolgere tutti gli enti e volontari, che ogni giorno rendono possibile questa opera di carità che destina cibo a chi ne ha bisogno. Orgoglioso d’essere stato con loro.

Cena in ComPagnia 2019

curiosità. Nella foto Marco Gatti e Roberto Formica, mentre posizionano le bottiglie per la degustazione: 90 campioni da testare uno a uno, in tre ore di assaggi.

Sembrava difficile trovare 100 vini diversi ogni anno, senza mai premiare le aziende degli anni passati e invece la qualità e l’arrivo di nuove aziende sul mercato si sta dimostrando un fatto inarrestabile.

Quest’anno usciremo anche con una pubblicazione con la descrizione di tutti i nostri assaggi memorabili del 2019, in attesa di provarli, uno a uno, a Golosaria Milano.

Ecco l'esito delle Cene in ComPagnia di quest'anno CLUB DI RIFERIMENTO

LUOGO CENA

CITTÀ CENA

NO PERSONE

Alessandria Bari

casa Massobrio casa Minerva casa Perrelli c/o ristorante Miyabi c/o chiesa di Villa di Salò c/o ristorante Mangiafuoco c/o ristorante Il Braciere c/o parrocchia di San Giacomo c/o ristorante Gallina Ubriaca c/o Pro Loco di Burolo c/o Az. Agr. Michele c/o oratorio di Cambiago casa Crescioli casa Ligabue casa Giannattasio casa Croci casa Dallaglio casa Staccia/Alfieri casa Platani c/o Profondo Rosso distribuzione vini casa Settimi casa Doria c/o canonica della Parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani c/o hotel Federico II casa Camana casa Schiantarelli casa Martelli casa Gnutti casa Carbone casa Notari casa Don Camillo c/o ristorante Da Carlo casa Sipala c/o Furfulera casa Bonicalzi casa Vitali casa Bossi casa Meazzini

Alessandria Bari Bari Biella Salò (Bs) Brescia Catania Cesenatico (Fc) Cesena Burolo (To) Marina di Altidona (Fm) Cambiago (Mi) Bassano del Grappa (Vi) Milano Milano Legnano (Mi) Reggio Emilia Reggio Emilia Rivalta (Re) Monza Colazza (No) Padova Padova

11 12 17 28 12 29 20 16 31 38 28 22 7 12 12 13 8 6 11 25 9 48 10

280 240 280 280 335 590 200 220 400 600 500 440 170 240 250 260 160 120 170 470 190 360 200

Palermo Mortara (Pv) Mortara (Pv) Lari (Pi) Bordighera (Im) Sanremo (Im) Ventimiglia (Im) Spotorno (Sv) Riccione (Rn) Siracusa Tartano (So) Gallarate (Va) Casciago (Va) Cassano Magnago (Va) Brinzio (Va)

59 20 6 5 20 20 16 18 24 14 14 15 11 8 8

1.160 400 120 100 320 280 215 375 300 320 338 350 300 170 200

Biella Brescia

Marco Gatti e Roberto Formica durante la sessione della degustazione dei Top Hundred

6 maggio Il libro del caffè al Salone del Libro La Circolare finisce qui, alla vigilia di una settimana dove al Salone del Libro di Torino verrà presentato il nostro 8º libro della collana i Libri del Golosario di Cairo Editore. Un’opera completa, con le migliori caffetterie del mondo, le ricette di 30 chef con il caffè, ma anche la descrizione dei caffè del mondo e dei modi di consumarlo. Lo hanno scritto Andrea Cuomo e Anna Muzio e alla fine ne è uscito un libro che definirei indispensabile.

Ci ritroveremo fra qualche mese. Buona Primavera-Estate a tutti.

La copertina di Mondo Caffè

Catania Cervia - Cesenatico Forlì - Cesena Ivrea e Canavese Marche Sud Martesana Marostica Milano

Modena - Reggio Emilia

Monza Novara Padova

Palermo Pavia Pisa Ponente Ligure

Rimini - Riccione Siracusa Valtellina Varesotto

Con la mamma vincitrice del Campionato del Pesto per i 30 anni del Banco Alimentare

5 maggio I vini Top Hundred 2019 Sessione plenaria di degustazione dei Top Hundred, i 100 migliori vini d’Italia che annunciamo ogni anno, dopo un road show di degustazioni. Questa volta siamo più avanti rispetto ai 17 anni passati e l’elenco che uscirà a settembre sarà come sempre ricco di la Circolare

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TOTALE RACCOLTO

diario di viaggio

683 la Circolare

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EURO RACCOLTI

11.903

Club ForlĂŹ - Cesena

Club Ponente Ligure, casa Notari

Club Valtellina

Club Biella

Club Varesotto, casa Bonicalzi

Club Ponente Ligure, casa Carbone

Club Varesotto, casa Vitali

Club Milano, casa Ligabue

Club Marche Sud

Club Rimini - Riccione

Club Bari, casa Perrelli

Club Modena - Reggio Emilia, casa Dallaglio

Club Pavia, casa Camana

Club Padova, canonica della Parrocchia

Club Martesana

Club Bari, casa Minerva

la Circolare

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la Circolare

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CAMPAGNA SOCI 2019 • MI ISCRIVO

I CAMMINI DI GOLOSARIA MONFERRATO 2019: NON SOLO UNA PASSEGGIATA

lettere al direttore

Arnaldo Cartotto, Biella

Apriamo la parte dedicata alle lettere con una canzone di Francesco Guccini, che abbiamo richiamato nell’editoriale. Una canzone che apre una luce sull’esistenza.

FAREWELL

contrassegno (in contanti al corriere)

bonifico bancario

carta di credito

E sorridevi e sapevi sorridere coi tuoi vent'anni portati così, come si porta un maglione sformato su un paio di jeans; come si sente la voglia di vivere che scoppia un giorno e non spieghi il perché: un pensiero cullato o un amore che è nato e non sai che cos'è.

Giorni lunghi tra ieri e domani, giorni strani, giorni a chiedersi tutto cos'era, vedersi ogni sera; ogni sera passare su a prenderti con quel mio buffo montone orientale, ogni sera là, a passo di danza, salire le scale e sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore, quando aprivi la porta il sorriso ogni volta mi entrava nel cuore.

Poi giù al bar dove ci si ritrova, nostra alcova, era tanto potere parlarci, giocare a guardarci, tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino, religione del tirare tardi e aspettare mattino: e una notte lasciasti portarti via, solo la nebbia e noi due in sentinella, la città addormentata non era mai stata così tanto bella.

Era facile vivere allora, ogni ora, chitarre e lampi di storie fugaci, di amori rapaci, e ogni notte inventarsi una fantasia da bravi figli dell'epoca nuova, ogni notte sembravi chiamare la vita a una prova.

Ma stupiti e felici scoprimmo che era nato qualcosa più in fondo, ci sembrava d'avere trovato la chiave segreta del mondo.

Non fu facile volersi bene, restare assieme e pensare d'avere un domani, restare lontani; tutti e due a immaginarsi: "con chi sarà?" In ogni cosa un pensiero costante, un ricordo lucente e durissimo come il diamante e a ogni passo lasciare portarci via da un'emozione non piena, non colta: rivedersi era come rinascere ancora una volta.

Ma ogni storia la stessa illusione, sua conclusione, e il peccato fu creder speciale una storia normale.

Ora il tempo ci usura e ci stritola in ogni giorno che passa correndo, sembra quasi che ironico scruti e ci guardi irridendo.

E davvero non siamo più quegli eroi pronti assieme a affrontare ogni impresa; siamo come due foglie aggrappate su un ramo in attesa.

"The Triangle tingles"... farewell, non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d'estate con qualcosa di fragile come le storie passate.

Forse un tempo poteva commuoverti ma ora è inutile credo, perché ogni volta che piangi e che ridi non piangi e non ridi con me.

la Circolare

Caro Paolo, questo è il resoconto di una bella esperienza vissuta in compagnia.

Tenuta di Montemagno, ore 9 di domenica 31 marzo 2019: le premesse per una grande giornata di Golosaria Monferrato c’erano tutte, dal cielo azzurro al parcheggio pieno di autovetture fino alla sala gremita di gente per la presentazione del libro dell’amico Franco Grosso sui Cammini del Piemonte, con la presenza tua e di Antonella Parigi, Assessore Regionale alla Cultura e al Turismo.

Un caffè e poi via, partenza per una passeggiata di circa 15 km tra panorami stupendi, visita a borghi antichi, infernot, mostre di arte contemporanea, palazzi storici, degustazioni di cibi e vini a ogni tappa. Insomma, un grande festival del gusto, che non è un concetto circoscritto solo alla parte enogastronomica. Se questo è stato il contorno, ciò che voglio testimoniare con queste mie parole è il lato umano, direi antropologico, di una manifestazione come Golosaria che rende protagonista un territorio, i suoi abitanti, le sue tradizioni e le sue bellezze. Golosaria è progetto, partecipazione, aggregazione, condivisione, convivialità, accoglienza, cultura e forse molto altro ancora. Questo è quanto hanno percepito i miei venti amici biellesi — su circa trenta partecipanti al cammino tra Montemagno, Fubine e Colle Manora — di cui metà soci di Papillon: e dei quali mi faccio interprete per ringraziare chi organizza la manifestazione, cioè voi, e i veri attori dell’evento, cioè gli abitanti di tutti i luoghi che abbiamo attraversato. Ci sono rimasti nel cuore i sorrisi e la simpatia con cui siamo stati accolti; la generosità nell’offrirci i loro vini migliori in accompagnamento a cibi non banali (gli agnolotti e tanto altro a casa Mondino, i vini, i friciulin verdi e i crostini con il bagnet verde e rosso dell’infernot della Volpe a Fubine, per fare solo alcuni esempi); la ritardata inaugurazione della mostra di Nussbaum in attesa dell’arrivo del nostro gruppo, ma solo dopo averci suggerito di assaggiare le crostate che ci avevano preparato; la competenza di chi ci ha illustrato la Cappella Bricherasio e la cripta; la curiosità di qualche anziano che ci ha chiesto da dove venivamo e ci ha accompagnati per qualche breve tratto; e, infine, il simpatico incontro con Marco Gatti alla Distilleria Mazzetti di Altavilla, ripreso nella fotografia scattata da Federica Borasio al gruppo Biella e che rimarrà nel ricordo di tutti noi. Viva il Monferrato, viva Golosaria e viva il Club di Papillon!

Grazie Arnaldo di questo resoconto partecipato. Hai colto perfettamente il senso di Golosaria e sembra di leggere le stesse parole della mia amica giapponese Kiyoko Sone, direttore della rivista Ryoritsushin, quando venne nel Monferrato due anni fa a vivere la medesima esperienza. Credo che la direzione di questa manifestazione

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lettere al direttore

sia proprio il coinvolgimento delle persone che abitano i paesi, per invogliarli a mostrare il loro bene comune, i loro gioielli. Chi lo ha fatto con noi quest’anno è stato premiato dalla visita di tanta gente, che è un auspicio affinché si possa credere che un territorio è meta turistica. Ma mi è piaciuta anche la tua sottolineatura del lato umano della faccenda, che ha colpito anche me. Il frutto di questa iniziativa riuscita è dovuto anche al coinvolgimento del Comune di Fubine che di fatto ha messo in atto una strategia di sistema, coinvolgendo anche altri paesi. Esattamente nella direzione di quanto abbiamo sempre desiderato con Golosaria.

UNA CENA IN COMPAGNIA PUBBLICA

Salvatore Ferrara, Palermo

Dopo oltre 10 anni di difficoltà il Club di Papillon di Palermo è tornato in piena attività con iniziative pubbliche. La “scusa” buona — anzi ottima — è stata la Cena in ComPagnia che ci ha permesso di raccogliere 1.160 euro da destinare ai due progetti sostenuti quest’anno ovvero l’iniziativa di Fides in Burundi e di Gianni Rigoni Stern in Bosnia. Ma ritrovarsi dopo così tanto tempo è stato anche un bel modo di ringraziare due persone che ci hanno lasciato e che tanto hanno significato per questo Club, ovvero Nicasia Zagone, tra i membri dei primi direttivi del Club a Palermo, e Maurizio Miccichè, indimenticato patron delle Cantine Calatrasi. È stata una cena da ricordare anche per quanto

abbiamo potuto assaggiare a partire da chi ha voluto mettere a disposizione i suoi prodotti: Raimondo Canzone con i pregiati salumi di sua preparazione e la carne di Caccamo, il Molino Ferrara di San Cataldo (CL) che ha proposto la sua pasta di grani antichi siciliani. E infine un sontuoso finale di dolci (il cannolo gigante, la cassata, la torta con fragoline) offerti dall'antico Caffè Spinnato. Ad accompagnare il tutto i vini della Tenuta Cuffaro, che a sua volta sta curando un progetto di solidarietà in Burundi. La cosa più importante però, almeno per quanto riguarda il nostro Club, è stato riuscire ad allargare la dimensione del gesto. Questo ha consentito di scoprire un mondo bello, sano, solidale, fatto di produttori dell'Italia che il fondatore del Club da anni cerca di raccontare. Un mondo sempre più sotto l'attacco della omologazione del mercato e che, se collaboriamo, possiamo contribuire a difendere e a preservare.

Un grazie speciale anche alla splendida location che ci ha ospitato: l'hotel Federico II di Palermo.

ULTIME NOVITÀ

Caro Salvatore, sono felice di quanto scrivi che è il risultato di un confronto che abbiamo vissuto insieme, dove a un certo punto ci siamo detti che valeva la pena fidarsi per rendere pubblico un momento. È stato un modo per uscire dal cerchio stretto dei propri amici e dire a tutti ciò che guardiamo. Guardiamo il prossimo che ci viene incontro e proviamo a prenderlo sul serio, come stiamo cercando di fare con la Transumanza della pace. Ora c’è bisogno di diffondere il più possibile il libro di Gianni Rigoni Stern, perché il lavoro non finisce qui.

LE NUOVE APP 2019

PROSSIMI APPUNTAMENTI COL PAPILLON 18 - 24 agosto 2019 RIMINI - FIERA MEETING PER L’AMICIZIA TRA I POPOLI 2019 Alla fiera di Rimini, nell’ambito della 40^ edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli, si svolgerà l’incontro organizzato dal Club di Papillon dal titolo "Tradizione italiana fonte di una nuova socialità" in programma il giorno domenica 18 agosto alle ore 19.00 nell'Arena Cdo for Innovation.

Tra i relatori, Paolo Massobrio, Gianni Rigoni Stern, che presenterà il libro "Ti ho sconfitto felce aquilina", Fides Marzi e Francesca Settimi.

prossimi appuntamenti

26 luglio 2019 PATERNO CALABRO (CS) CONCERTO DELLA COMPAGNIA MUSICALE NADESHIKO

Grande ritorno in Italia della Compagnia Musicale Nadeshiko di Tokyo. Presso il Santuario di San Francesco di Paola di Paternò Calabro, dalle ore 21.00, le giovani musiciste giapponesi proporranno un concerto tra arie d’opera e canzoni d’autore con interessanti incursioni nella musica tradizionale del Giappone.

Organizzato in collaborazione con il Club di Papillon guidato da Francesco Saliceti, vedrà la partecipazione di Paolo Massobrio insieme a Motoko Iwasaki.

la Circolare

30 agosto - 8 settembre 2019 CARMAGNOLA (TO) FIERA NAZIONALE DEL PEPERONE DI CARMAGNOLA Nel cuore della città di Carmagnola la 70^ edizione della Fiera dedicata al famoso peperone. Dieci giorni di eventi gastronomici, culturali, artistici, sportivi ed esperienze creative e coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età. Una grande area espositiva con proposte enogastronomiche di tutti i tipi, oltre 200 espositori, seminari d'assaggio e talk che, durante i due week end dell'evento, saranno condotti da Paolo Massobrio presso l'Accedemia San Filippo.

Per tutti i dettagli del programma e le info: www.fieradelepeperone.it

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lettere al direttore e prossimi appuntamenti

IL GOLOSARIO RISTORANTI

Il nuovo GattiMassobrio si fa digitale con una guida per iOS e Android dedicata ai migliori locali dove mangiare in tutta Italia: oltre 3.000 segnalazioni, sempre aggiornate e facilmente ricercabili.

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GOLOSARIA MILANO QUATTORDICESIMA EDIZIONE