La Circolare

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SIAMO ANGELI CON UNA SOLA ALA Non ricordo dove e chi l’ha scritto, ma questo mese di

forzato isolamento ci riporta a quell’immagine del film di Guareschi, dove Peppone e don Camillo sono alle prese con l’alluvione della Bassa e il prete recita la messa in chiesa, da solo, facendo fare l’eco alla sua voce dove dice che “Verrà

il giorno in cui le acque torneranno nel loro alveo e tornerà a splendere il sole. E se alla fine voi avrete perso ogni cosa, sarete ricchi se non avrete perso la fede in Dio”. La gente semplice del Monsegue a pag. 2

marzo

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2020 anno XXV

periodico dell’Associazione Club di Papillon diretto da Paolo Massobrio > Registrazione Tribunale Alessandria n. 443 del 3.7.93 > Poste Italiane S.p.a. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Alessandria > > Aut. Dir. Prov. PP.TT Alessandria > Progetto grafico: Studio Due S.r.l, www.studio-due.it > Impaginazione: Studio Due S.r.l > Stampa: Litografia Viscardi,

spedizione euro 0,50 Alessandria Alessandria

Nuova data per Golosaria tra i Castelli del Monferrato 9 e 10 Maggio 2020

l'iniziativa

l'appuntamento

4 luglio La Giornata di Resistenza Umana

Prorogate fino al 5 luglio le cene in ComPagnia per Venezuela e Portogallo

ISSN 2532-5973

l’editoriale di Paolo Massobrio


segue da pag. 1

do Piccolo del Dopoguerra stava dunque sull’argine con il cappello in mano e il capo chino, convinta che da un punto certo si sarebbe ripartiti. Sono passati decenni e il nostro mondo piccolo di oggi è stato sconquassato da un imprevisto devastante, il Coronavirus. Beppe Severgnini, sul Corriere della Sera del 22 febbraio si è chiesto perché siamo diventati tanto sensibili. “Forse perché insieme sono diminuiti gli imprevisti e in tasca portiamo uno strumento che ci consente di conoscere le condizioni del traffico, la posizione del taxista che verrà a prenderci, le previsioni meteo, gli sforzi che abbiamo compiuto durante la giornata. Gli imprevisti esistono, lo sappiamo: ma li abbiamo messi in una casella apposita, come nel gioco del Monopoli.” E al termine del suo ragionamento si chiede: “Chissà se impareremo qualcosa da quanto sta accadendo. Per esempio se ricorderemo di essere fragili. Se capiremo che, mentre passiamo in questo mondo, possiamo affrontare meglio le difficoltà unendo le forze e le intelligenze, davanti al coronavirus e a tutto il resto”. E sembra di rileggere la poesia del Viaggio di Montale: “E ora, che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l'ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo”. Il che vuol dire che anche una circostanza così strana può diventare in qualche modo una prova e, come tutte le prove un’opportunità? Francesco Alberoni sul Giornale fa un’analisi sulla società odierna che ad un certo punto (forse l’Europa, forse gli equilibri del mondo) è diventata un sistema sempre più disordinato. “Ma oltre un certo grado di

disordine succede sempre una crisi che distrugge e costringe a riscostruire... a cercare giorno dopo giorno soluzioni nuove per inventare il futuro”. Alessandro D’Avenia, sempre sul Corsera il 9 marzo ha scritto un pezzo intitolato “Tempo di Miracoli”. E racconta di Alice, una musicista ebrea, molto brava, che venne deportata, ma continuò a insegnare musica a suo figlio piccolo tanto che quella bellezza divenne il nutrimento che salvò lei e il suo bambino. Scrive quindi D’Avenia: “I miracoli esistono: siamo noi. Quello di Alice, con i dovuti distinguo, adesso è chiesto a noi: fare meglio di prima quello che sappiamo e possiamo fare, per servire gli altri, e dare loro speranza, come quelle ragazze che a Torino si sono offerte di fare la spesa per gli ultrasettantenni del loro condominio”. Però davanti alla paura, perché di questo si tratta, ciascuno di noi ha bisogno, e anche urgente. Ed è Julian Carron, sul Corriere della Sera del primo marzo che si chiede: “Cosa vince la paura di un bambino? La presenza della mamma”. Come il figlio di Alice nei campi di concentramento, questo metodo vale sempre e per tutti. E non serve “reagire convulsamente o guardare tutto dal buco della serratura della nostra misura razionalista, che alla fine è assolutamente incapace di liberarci dalla paura e di far ripartire la vita”. “In questi momenti – dice ancora don Carron – nessun compito è più decisivo che intercettare quelle persone in cui si vede in atto un’esperienza di vittoria sulla paura... sono così rare tali persone che le si nota immediatamente”. Romano Levi, il grappaiolo angelico, avrebbe scritto sull’etichetta di una sua grappa: “Siamo angeli con una sola ala”, per dire che soltanto insieme può

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ripartire qualcosa. Un altro religioso, mons Angelo Scola, è intervenuto sul Foglio, il 6 di marzo, dicendo che come Renzo Tramaglino anche noi siamo impauriti della nostra stessa paura. Ed è in questi momenti che uno si fa le grandi domande, del genere “Chi sono io? Perché vivo? E quale direzione intendo dare al mio cammino terreno?” Sono domande che ci riguardano e ci obbligano a un bilancio, dove tutto sommato fino ad ora la carica del peso andava a pendere per la parte buona. Ma a che è servito questo passato positivo se non produce gratitudine adesso, ovvero una coscienza pronta ad affrontare anche sfide ignote, che tuttavia non sono merce per eroi, ma per gente normale e possibilmente semplice. Dello scritto di monsignor Scola voglio tuttavia ricordare la parte finale, che riguarda la politica, perché il Coronavirus rimette in gioco anche quella, dovendo fare i conti col bene comune. “Già Platone stabiliva un’interessante analogia fra il politico e il tessitore che per ottenere una stoffa liscia ma resistente deve essere capace di intrecciare un solido ordito con una tenera trama, al fine di comporre gli opposti pareri e le opposte opinioni”.

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ra, nel raccogliere queste riflessioni mutuate dalla lettura quotidiana dei giornali si capisce che nella tragedia di questi giorni si sta facendo strada anche qualcosa di diverso e nuovo per affrontare un futuro che non viva nella scontatezza del nostro tran tran. Certo ci siamo dentro tutti: i negozianti e i ristoratori che non potranno reggere molto a lungo; i produttori che fanno parte di quella filiera del gusto che si è improvvisamente fermata. E persino noi che abbiamo imbastito un sistema di comunicazione

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che sta subendo dei rimandi se non delle cancellazioni. E poi c’è la quotidianità che è tornata ad essere ammantata di silenzi, e tanti hanno riscoperto cosa vuol dire far da mangiare agli altri, anche solo in famiglia (e dove se no?), quindi avere degli orari perché la vita insieme non può essere disordinata. Ce lo ha insegnato Suor Germana, che proprio il 7 di marzo, a 81 anni, ci ha lasciati, salutata nei giorni a seguire da tutti i giornali italiani. Era passata di moda forse, ma nella sua missione aveva ben presente cosa teneva unita una famiglia, a cominciare dai piccoli gesti da condividere insieme, compreso il momento di mangiare. Oggi ci vien da chiedere: cosa tiene insieme una nazione? Il bisogno e la responsabilità, come fu nel Dopoguerra; quel bisogno generalizzato che accende una luce sull’idea di bene comune, che diventa appunto assunzione di responsabilità per tutti. Di questo abbiamo urgenza per comprendere, come tutti i testimoni che ho scomodato poco sopra, che una battaglia o una guerra che a dir si voglia si vince insieme, come gli angeli dall’ala mutilata di Romano Levi. Ora noi di Papillon, nel nostro piccolo, siamo qui e siamo insieme a tutti voi anche per questo. P.S. A corollario di quanto scritto, è commovente leggere dell’iniziativa di un gruppo di ristoratori (che è la categoria più colpita) che ha promosso, coordinati da Alberto Lupini (italiaatavola.it) una raccolta fondi per sostenere le unità di terapia intensiva dell’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo e dell’Ospedale Spallanzani di Roma. E così il sito Tannico che insieme a una gruppo di cantine ha scelto di sostenere per il medesimo motivo il Sacco di Milano.


FINO AL 5 LUGLIO

4 LUGLIO

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Golosaria tra i castelli del Monferrato XIV edizione subisce un cambiamento di data, per cui l’appuntamento con il gusto sarà nel weekend del 9 e 10 maggio.

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L’evento, che ogni anno attrae migliaia di appassionati, quest’anno metterà a tema le Colline del Vino, con un numero importante di adesioni da parte dei Comuni, delle location e degli espositori di cibo e vino, oltre che delle strutture ricettive e ristorative dislocate in tutto il territorio.

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SPOSTATA AL WEEKEND DEL

9|10 maggio 2020 Castelnuovo don Bosco, Cocconato, Fubine Monferrato, Grana, Grazzano Badoglio, Masio, Moncalvo, Montechiaro d’Asti, Montemagno, Castello di Piea, Portacomaro, Rocchetta Tanaro,

Cuore della manifestazione saranno il Castello di Casale Monferrato, con i produttori de ilGolosario, le cucine di strada e i birrifici artigianali, e il Castello di Uviglie, che diventerà la casa del vino con Barbera&Champagne, mentre in tante altre location la festa proseguirà con assaggi, incontri e degustazioni. Ecco chi ci sarà!

ROSIGNANO MONFERRATO,

Altavilla Monferrato,

Scurzolengo, Serralunga di Crea Terruggia, Viarigi, Vignale Monferrato.

CASALE MONFERRATO Castagnole Monferrato,

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SABATO 4 LUGLIO 2020 GIORNATA DI RESISTENZA UMANA

Al santuario di Graglia e a teatro con “La passione” di Sordevolo Siamo nel Biellese, in un contesto paesaggistico prealpino di rara bellezza, e vivremo una giornata all'insegna del gusto, dell'arte e della spiritualità. Luoghi dove coesistono tracce di antichissime tradizioni e nuovi solchi tracciati da giovani produttori che investono nel territorio. Ci ritroveremo al Santuario di Graglia, e sarà l’occasione per visitare la basilica ascoltando le parole del Rettore Don Eugenio Zampa, e al termine incontreremo sul piazzale antistante i produttori agroalimentari e dell’artigianato locale. Alle 13.00 pranzeremo tutti insieme al “Ristorante del Santuario” con un menu che racconta la varietà delle materie prime del biellese e la loro ottima interpretazione nel piatto grazie allo chef Sergio. Nel primo pomeriggio ci sposteremo in auto di qualche chilometro per raggiungere due minuscole frazioni di Graglia. La prima tappa è un caseificio artigianale (Cascina Montefino) incastonato in un paesaggio suggestivo a ridosso delle Prealpi Biellesi. Qui, avremo la possibilità di degustare e di acquistare tome di latte vaccino fresche e stagionate (in primis il Maccagno) ma anche

il gelato di loro produzione realizzato con il latte appena munto. Pochi minuti di viaggio ed eccoci in un’altra bella realtà che ha già avuto molti riconoscimenti a livello nazionale. Si tratta del microbirrificio Birra Elvo, alle pendici del Monbarone. Seduti comodamente nel loro spazio green all’aperto, degusteremo una selezione delle loro birre a bassa fermentazione in pieno stile tedesco. Terminato questo appuntamento, nel tardo pomeriggio raggiungeremo infine il borgo di Sordevolo, dove alle ore 21.00 assisteremo allo spettacolo “La Passione” di Sordevolo. Massima espressione di teatro popolare corale con protagonisti 400 attori e figuranti cittadini sordevolesi compresi tra i 5 e gli 80 anni. La rappresentazione della Passione di Cristo si tramanda di generazione in generazione, ininterrottamente da due secoli, e viene replicata ogni 5 anni. Ogni edizione registra oltre 30 mila spettatori provenienti da tutto il mondo.

PR AN ZO M EN U DEATOL MIS TO

P R O G R A M M A

AFFETT E, SALAM 'D L'ULA, COPPA, LARDO) LES BIEL (PALETTA NIERA) ANTIPASTO PIEMONTESE (GIARDI ALPINE E ERB E ALL NO FOR FRITTATINA AL

10.30 Ritrovo partecipanti presso il Santuario di Graglia 11.00 Incontro di presentazione della Giornata e del progetto “Botteghe di Montagna e di Città” INTERVENGONO Don Eugenio Zampa (Rettore del Santuario di Graglia), Riccardo Lunardon (Presidente Fondazione Santuario di Graglia), Elena Rocchi (Sindaco di Graglia), Giovanni Vietti (Presidente Acqua Lauretana SpA) CONDUCONO Paolo Massobrio e Arnaldo Cartotto (Delegato Club di Papillon di Biella)

POLENTA CONCIA E SALVIA AGNOLOTTI DI CARNE AL BURRO MENABREA STUFATO DI VITELLO ALLA BIRRA NO CON PATATE AL FOR CROSTATA CON CREMA E FRUTTI

DI BOSCO

CAFFÈ I DELL'ENOTECA DI PAPILLON VIN ANA RET LAU UA ACQ

ALL'ESTERNO DEL SANTUARIO SARÀ ALLESTITO UN MERCATINO DI PRODUTTORI AGROALIMENTARI E DI ARTIGIANI DEL LUOGO

COME ISCRIVERSI

12.00 Visita guidata al Santuario e alla mostra di quadri “In volo da Loreto”

ADESIONE A GIORNATA COMPLETA

13.00 Pranzo al Ristorante del Santuario di Graglia

COMPRENSIVO DI SACCHETTO DA VIAGGIO GOURMET PER LA CENA E BIGLIETTO PER LO SPETTACOLO

SOCI

15.00 Visita al Caseificio e Agri Gelateria Cascina Montefino (Graglia, fraz. Taià, 1)

euro 70

16.00 Visita al birrificio Birra Elvo (Graglia, fraz. Vagliumina)

NON SOCI euro 75

ADESIONE A MEZZA GIORNATA

17.45 Arrivo a Sordevolo e visita libera al Museo della Passione

NON COMPRENDE SACCHETTO DA VIAGGIO GOURMET PER LA CENA E BIGLIETTO PER LO SPETTACOLO

SOCI E NON SOCI

20.00 Ritrovo all'ingresso dell'Anfiteatro Giovanni Paolo II e ingresso ai posti assegnati.

euro 30

PER ADERIRE INVIARE UNA MAIL, INDICANDO L'OPZIONE SCELTA A info@clubpapillon.it

21.00 Inizio rappresentazione “Passione” di Sordevolo (3 ore circa)

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assaggiare un terzo vino di Castorano, di Irene Cameli: il Marche Rosso “Ozio” 2016. Certo è che Montefalco, non solo per i vini, rappresenta un’enclave particolare proprio per la cucina. E mi dicono gli amici che merita anche Oleum (prossima tappa, promesso). Passeremo la notte nel fascinoso hotel Cenacolo di Assisi, attesi dal direttore. Il giorno dopo ci aspetta un tour de force, ma se le premesse sono queste, c’è solo da essere felici.

il diario di viaggio

L’ultimo diario finiva all’inizio dell’anno, dopo i primi dieci giorni che erano coincisi con la Convention dei Delegati dei Club di Papillon. Abbiamo voluto scrivere subito una nuova Circolare, in questi giorni, perché nel frattempo, in soli due mesi, i cambiamenti sono stati tanti, sia di date di eventi poi spostati e sia delle condizioni di ciascuno di noi, dovute al Coronavirus. Col tempo che avremo a disposizione in queste settimane spero sia piacevole leggerci e magari scriverci. Da parte nostra è un modo per dire a ciascuno: Restiamo Uniti!

12 gennaio Si parte per Montefalco: vino ma anche cucina qui vanno a MILLE! È la prima settimana dell’anno, quella della ripresa dopo le vacanze lunghe. E già nel week-end ci sono state le convention dedicate al Club di Papillon, coi Delegati di tutta Italia, e alla guida ai Ristoranti, coi collaboratori. Ora, subito dopo il pranzo, eccomi in viaggio con Alessandro Ricci verso Assisi, per incontrare i produttori radunati nell’Associazione Vini Veri. Saranno una cinquantina, ognuno con una propria storia. Alle otto di sera arriviamo a Montefalco, dove hanno organizzato una serie di cene itineranti nei ristoranti dei paesi intorno: a noi tocca un’ottima cena alla Locanda del Teatro, proprio sulla piazza. Ci sediamo, e a sorpresa scopriamo che i commensali ai tavoli di fianco a noi sono dei produttori che incontreremo domani (Casebianche di Torchiara, Aldo De Giacomi e Walter Mattoni di Castorano. Che goduria i loro vini!), ma soprattutto sono produttori che mi riconoscono, avendo ricevuto il premio Top Hundred a Golosaria negli anni passati. Assaggiamo due ottimi piatti come la tagliatella al mattarello con ragù bianco di chianina e carciofo fritto e il filetto di maialino in crosta di spezie piccanti con salsa di fichi e senape. Che sorpresa questo posto! Poi ci dirigiamo da Re Tartù, che è il nostro locale dell’anno in Umbria, dove Andrea e sua moglie Ilaria (cuoca) ci obbligano a sederci e ad assaggiare un altro paio di piatti. E anche qui scorgiamo una tavolata con alcuni produttori di vino leggendari che si abbineranno ai loro involtini succulenti. Fra i produttori, oltre a Francesca Bea, che abita proprio di fronte, anche il giovane patron del Podere Giardino di Reggio Emilia, con un fragrante Lambrusco dell’Emilia rosè brut; quindi l’inenarrabile Stefano Novello di Ronco Severo di Prepotto, una delle cantine della nostra predilezione che ci ha fatto assaggiare il suo Friulano 2017, ma soprattutto un Pinot grigio in magnum del 2014. E infine un’altra cantina per cui nutriamo un debole, fin da quando l’abbiamo conosciuta: Cascina delle Rose di Barbaresco. Notevole il Barbaresco 2014, fragrante la Barbera d’Alba superiore “Donna Elena” 2016.

Andrea Funghi, patron del ristorante Re Tartù

13 gennaio Ad Assisi insieme ai produttori nature di tutta Italia L’appuntamento è alle 10 del mattino in un salone ampio di un hotel alla periferia di Assisi. Ci sono i banchi di degustazione dei produttori di tutta Italia dell’Associazione Vini Veri e la curiosità, da parte mia, è davvero tanta. Gianpiero Bea, che mi ha invitato, presidia un banchetto coi suoi vini e con quelli delle monache trappiste di Vitorchiano e mi presenta il neo presidente della loro Associazione, Paolo Vodopivec di Colludrozza di Sgonigo che in realtà conosco fin dai suoi esordi quando col fratello venne in Piemonte con una comitiva messa insieme da Rino Fontana, in cui c’erano Josko Gravner e Alessandro Sgaravatti e mangiammo al Cascinale nuovo di Isola d’Asti. Quanto tempo è passato e quante storie si sono intrecciate da allora. Ad esempio con Loris Follador, titolare dell’azienda Casa Costa Piane di Valdobbiadene, amico sodale di Gianfranco Soldera. Anche lui è qui con le magnum dei suoi vini (il Bianco Anno Domini, vino frizzante è un capolavoro e rappresenta l’assemblaggio di tutti i vigneti) prodotti nella zona del Prosecco: me lo serve il figlio preannunciandomi questa novità. Assaggio i vini di Skerlj, fra cui il Terrano della mia predilezione, accanto a Malvasia e Vitouska; ma mi intriga Cà dei Zago di San Pietro in Barbozza: un grande perché il suo Colli Trevigiani bianco frizzante a fermentazione spontanea in bottiglia è una testimonianza autentica del valore di queste terre dove non c’è solo glera, ma anche verdiso, bianchetta e perera. Senti la viola e la prugna dentro a quel colore oro speziato. Bravo Christian! Rimango basito quando assaggio il Roero Arneis “Desajà” 2016 di Cascina Fornace, cantina del genere “naturale” che lavora a Santo Stefano Roero, enclave su cui da anni sto avendo particolare soddisfazione. È un Arneis molto concentrato, sicuramente fuori dagli schemi degli Arneis classici, che ha un suo perché. Ma dei suoi vini mi ha stupito ancor di più il Roero Valdovato 2014 che aveva una speziatura molto particolare. E gli fa da contr’altare

Che dire, dopo un viaggio di 5 ore filate è stato come trovarsi a casa con questi vini straordinari (tutti nessuno escluso) e con questi produttori. Non potevamo non passare anche dal ristorante l’Alchimista, che per anni, a ragione, è stato il simbolo gastronomico di Montefalco della nostra guida. E qui ne abbiamo approfittato per la Circolare

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un altro angelo matto, Tirelli, vignaiolo in Costa Vescovato che dovrò incontrare di nuovo perché il suo Derthona era qualcosa di particolare: entra dolce ed esce salato. Volti altissimi per il Cortese Muntà 2010 che aveva note di caffè. Curiosi i vini che provengono da Pastorello (Parma) dell’azienda agricola Crocizia, da bere e da ribere il Lambrusco Marc’Aurelio 2018, profondo, terroso, equilibrato. Così come i vini del Podere Cipolla (il n.5 Malvasia dell’Emilia, il Lambrusco Reggiano). Proseguendo il giro per l’Italia eccomi davanti a un Montecucco degno di nota, che produce Pierini&Brugi. Mi inchino al Sugherettaio 2015 riserva, ma anche al Montecucco Sangiovese Ginepraio 2016. Ma che piacevolezza i Vermentino 2018 e 2019. Sempre in Toscana, esattamente a Terranuova Bracciolini merita conoscere i vini di Pian del Pino, soprattutto il fantastico Colorino in purezza 2015 denominato Salix. Mentre il Montecucco Le Calle è una mia conoscenza dello scorso anno per cui nutro affetto e stima e quel suo 2015 riserva è perfetto. Nel Lazio segnalo il Cesanese del Piglio dell’azienda agricola La Visciola di Piglio, ma non male anche il campione di Carlo Noro, il Collefurno. Questa la mia degustazione avvicente, mentre l’amico Alessandro Ricci ha completato il quadro con altri assaggi, ovvero di tutte le aziende che già fanno parte del mio Golosario: Da Zidarich a Zampaglione, da Boccella a Ferrandes.

giorni dopo. Se questo è il rispetto che hanno le corone radiose, andiamo bene.

Paolo Massobrio con gli amici del Lions Club di Alessandria

15 gennaio Incontri in Monferrato E finalmente, con Andrea, come ogni anno, da ormai quattordici anni, riprendiamo il nostro secondo giro per il Monferrato, il primo dell’anno, dedicato a Golosaria Monferrato. Ci aspettano a Uviglie e a Moncalvo, a Fubine e a Portacomaro e quindi a cena con la sindaca di Vignale Monferrato, Tina Corona, per iniziare a immaginare iniziative per accogliere la gente che verrà a trovarci. Quest’anno sarà tutto più arioso, più ampio, sia nelle location principali e sia nel novero delle opportunità, essendo ormai 30 il numero dei paesi che hanno manifestato un interesse ad esserci.

Alle 15,30, dopo un doveroso riposo in auto, ripartiamo alla volta di Genova, non senza aver fatto una sosta a Recco da Manuelina, nella focacceria smart e accogliente. La degustazione che abbiamo svolto ad Assisi è stata interessante, non ci sono dubbi, ed è stato curioso incontrare tanti ristoratori, fra cui il patron della Brinca di Né, che ricercavano questo tipo di vino altamente distintivo. Devo ammettere che il fatto di ritrovare alcune aziende simbolo di una certa storia, che ho raccontato già molti anni or sono, molto spesso sulla Stampa, mi ha reso felice: non erano sogni o manie strane quei modi di produrre il vino; dopo vent’anni sono qualcosa di solido che ha fatto scuola. Ci sarà un perché.

Ogni volta che succede di fare questo viaggio in pieno inverno, i paesi appaiono come una coperta, che tiene al caldo i rapporti fra la gente, in attesa della Primavera che è come una promessa. E lo vedi, negli occhi di chi incontri: un oste, un negoziante, un produttore di vino... vedi che aspetta anche il lui il raccolto, come il contadino o il vignaiolo. Ecco, Golosaria nasce per favorire questo anticipo di raccolto, ma soprattutto per dire che bisogna crederci a questo territorio così speciale.

14 gennaio Una serata particolare con i Lions ad Alessandria Roberto Siri, presidente di turno del Lions di Alessandria, mi ha voluto per una serata conviviale, con i propri soci (una sessantina) dedicata alla scoperta della provincia di Alessandria. Ora, stravolgendo un po’ il format di questi incontri ho pensato che era interessante far parlare i prodotti più che le persone, per cui ho iniziato la serata facendo mettere in tavola il glorioso pane San Pastore che Irene produce in Val Borbera, con il salame cucito di Corte di Brignano, abbinato al Baratuciat, che porta il nome di Preja 2018 di Enrico Druetto. Un attacco che nessuno si aspettava, per dire che la provincia che abitiamo è un tesoro di ricchezze, che derivano da due fattori: i saperi e il terroir. Per questo può nascere un grande bianco in Monferrato come il Preja, oppure un pane da un grano autoctono o un salame di straordinaria fattura, come il Cucito del Giarolo.

16 gennaio. Divertirsi alle Fattorie Cremona Qualcuno mi dica se conosce Persico Dosimo. Se sa dove si trova. Io non lo sapevo prima di ricevere l’invito di Cesare Baldrighi a visitare le sue Latterie Cremona e soprattutto lo spaccio che, chiamare in questo modo, mi sembra alquanto riduttivo. Questo paesino da niente dista una manciata di chilometri da Cremona ed è importante per la presenza di questo caseificio cooperativo in espansione dove si produce Grana Padano e Provolone, oltre a una declinazione dello stesso in varie versioni. Tuttavia la novità è stata la ristrutturazione di quello che era un granaio del Consorzio Agrario, ovvero due costruzioni speculari molto alte e ampie all’interno. Per ora è stata ristrutturata una metà, che ha dentro lo spaccio coi prodotti delle Latterie, ma anche una selezione di prodotti del territorio fra cui quelli del salumificio Bettella. Davanti al luccicante banco dei formaggi ci sono poi dei tavolini mangiainpiedi per prendere un aperitivo, ma la vera attrattiva è quella specie di galleria che si apre dietro al bancone dove inizia un percorso multimediale che racconta la storia delle Fattorie Cremona, ma soprattutto i segreti per la realizzazione dei formaggi. Si usa dunque il sistema dei touch point per rispondere

La serata si è protratta fino alle 11 di sera, perché molte sono state le domande dei partecipanti, come sempre accade, su tutto l’universo mondo della mia professione. Ed è stato bello ricevere tanti attestati di stima, ma anche notare la partecipazione di amici che in città hanno condiviso con me e con noi di Papillon tanti aspetti. Peccato che la direzione dei Buoi Rossi, dove eravamo ospiti, non abbia avuto il coraggio di dirmi che il bravo cuoco giapponese era in partenza. Ho solo ricevuto un languido comunicato stampa, come tutti, pochi la Circolare

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alle domande che alla fine portano alla virtuale realizzazione di una forma di Grana o di Provolone.

(60 anni), già avvenuto, del nostro amico Riccardo, che ci è molto caro per tantissimi motivi, uno su tutti la sua sensibilità umana, la sua capacità di amicizia che è esplosa in questi ultimi anni dopo che ha dovuto affrontare la prova di una malattia inaspettata.

Non mi aspettavo questa novità, come neppure l’imponenza del caseificio, che ho visitato con Baldrighi appena prima di ripartire. Certo questo è un modo di guardare avanti, moderno e meno verboso di come solitamente viene organizzata la comunicazione in un’azienda. Se in tutte le province d’Italia ci fosse una realtà come questa, si realizzerebbe una rete di luoghi dedicati alla conoscenza della nostra arte casearia. Ma ci vogliono persone illuminate, che inizino a immaginare cosa può rappresentare una produzione tipica per un territorio.

Ora, le feste di compleanno mi hanno sempre annoiato, compreso quella che mi riguarda, tanto che la festeggio sempre e da sempre coi famigliari e quattro amici, sempre loro, sempre quelli (cambiano soltanto i vini). Però questa sera è stato diverso, e non solo per le pizze buonissime. Dove stava la diversità? Nella capacità del festeggiato di essere davvero al centro dei rapporti che erano convenuti quella sera, tant’è che Ricky, quando ha preso la parola ha ricordato una frase di Giovanni Paolo II “Non abbiate paura della vostra giovinezza e di quei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di durevole amore!" E poi la poesia di Ada Negri messa nell’invito: Mia Giovinezza "Non t'ho perduta. Sei rimasta, in fondo all'essere. Sei tu, ma un'altra sei: senza fronda nè fior, senza il lucente riso che avevi al tempo che non torna, senza quel canto. Un'altra sei più bella. Ami, e non pensi essere amata: ad ogni fiore che sboccia o frutto che rosseggia o pargolo che nasce, al Dio dei campi e delle stirpi, rendi grazie in cuore. Anno per anno, entro di te, mutasti volto e sostanza. Ogni dolor più salda ti rese; ad ogni traccia del passaggio dei giorni, una tua linfa occulta e verde opponesti a riparo. Or guardi al Lume che non inganna: nel tuo specchio miri la durabile vita. E sei rimasta come un'età che non ha nome: umana fra le umane miserie, e pur vivente di Dio soltanto e solo in Lui felice. O giovinezza senza tempo, o sempre rinnovata speranza, io ti commetto a color che verranno:- in fin che in terra torni a fiorir la primavera, e in cielo nascan le stelle quand'è spento il sole" (Ada Negri)

Cesare Baldrighi nello spaccio delle sue Latterie Cremona

17 gennaio Docente a Brescia del Master sul marketing del vino Alle 14 in punto sono atteso all’Università Cattolica di Brescia dove terrò la mia prima lezione del Master in Comunicazione per il settore enologico e il territorio. E la lezione riguarda “Analisi del processo distintivo del mondo del vino dal 1986 ad oggi”. Una lezione di 4 ore, davanti a 12 studenti, molto più giovani di me, ai quali si apre un mondo perché a loro appare solamente il presente, ma non sanno quale sia stato il passato che ha condotto all’oggi. E così parte la mia disamina, settore per settore, fino al vino, per mostrare come nell’arco di oltre 30 anni i cambiamenti siano stati sostanziali. In questa lezione ci sarà soltanto spazio per le domande e non faremo alcuna esercitazione scritta, cosa che invece verrà fatta nelle altre lezioni.

«Come è vera la poesia di Ada Negri, Mia giovinezza – ha detto Riccardo - dove si dice che l’autentica giovinezza è nella maturità. Soltanto nella maturità quello che nella giovinezza è stato intravisto, sperimentato frammentariamente, diventa condizione

Mi hanno fatto un sacco di domande quei ragazzi e alcuni mi hanno pure scritto una mail privata, dove mettevano in dubbio il fatto che una passione fosse un ostacolo. Io ho risposto di getto così: “Cara amica non ho dimenticato la tua mail che rimane anche per me una sfida per dimostrarti che se ci credi, tu hai delle risorse che sono uniche. Te lo dico anche se non ci conosciamo, ma i problemi che rilevi nella tua mail (concorrenza, guadagni che non arrivano, invidie e ignoranza) si superano perché è tutta una questione di atteggiamento: verso di sé e verso gli altri. La gente ha bisogno della passione degli altri. Ma spero che nelle prossime tre lezioni questo quadro si chiarisca meglio”. 18 gennaio A Vittuone nella pizzeria Top d’Italia: Dell’Angolo Ed eccoci, stasera, alla pizzeria Dell’Angolo di Vittuone di Giuseppe Rizzo; siamo in una trentina per festeggiare il compleanno la Circolare

Paolo Massobrio con lo chef Giuseppe Rizzo e l’amico Riccardo Bandera

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continua. “La vita non deve passare, letteralmente, dalla giovinezza alla vecchiezza, ma è la giovinezza che deve crescere sempre di più. E quando accade questa giovinezza nello spirito?…” È quel momento in cui la vita – lo spirito: ragione e affettività – è come sgombra da ogni “ma”, da ogni “se”, da ogni “però”. Il momento in cui è possibile l’abbandono a qualcosa di totalizzante. Quando si può dire: “Sì, ti riconosco”, senza ombre. O accade allora o non accade più.» (Luigi Giussani). E a quel punto il clima in sala è cambiato, e il cazzeggio, l’Inter e il Milan, la politica, sono andati in secondo piano. Eh sì, valeva la pena esserci solo per quelle parole. 19 gennaio Una domenica a Salò sulla strada per Verona È domenica ed è un po’ grigia. Per cui non è granchè invitante partire nel pomeriggio per raggiungere Verona: domani inizia un tour di incontri per la prossima edizione di Vinitaly and the City. Poi ho promesso ad Alfonso che farò una tappa a casa sua a Salò, coi suoi amici del Club di Papillon, per capire cosa possiamo fare insieme durante l’anno. E Alfonso mi fa trovare la tavola imbandita con il salame di Podavini Carni di Puegnago, un formaggio della Val Trompia, i vini dell’azienda Trevisani di Soprazocco di Gavardo e il Benaco Rosso dell’azienda di Sergio Delai di Puegnago. E poi i suoi amici, che sono proprio speciali (Fabio Randone, Mauro Marcarini, Bruno Marelli e Antonio Mancuso) perché ognuno ha una passione autentica per il gusto: c’è chi ha l’albergo (Mauro) chi ha tentato con una boutique del gusto (Fabio), chi ha fatto iniziative memorabili per il paese (Bruno) e infine chi, dalla sua Calabria ci ha portato un olio straordinario del frantoio Roperti di Conflenti (Antonio).

rare presentazioni dei vini di questa storica azienda. Un’occasione per stare insieme, ma anche per conoscere meglio la figlia Federica, bravissima, che subito ha impresso la sua impronta nella maison con un Vermouth straordinario tirato fuori dal cassetto dei ricordi. Siamo al Vun, il locale dello chef Aprea, bravissimo, che è assai gettonato per questa serie di eventi con le aziende del vino. Tuttavia non è la prima volta che noto una certa discrasia fra ciò che mette in tavola e l’abbinamento con il vino. Ora, dalle 13 alle 13,30 il tempo passa per le chiacchiere fra di noi con il Vermouth e gli amuse bouche. Un tempo che suggerirei, ai posteri che organizzano eventi, di rendere il più corto possibile per due motivi: i colleghi del giornalismo del vino non hanno nulla da dirsi, e in molti casi si detestano (sono finiti i tempi in cui c’era Veronelli da ascoltare). Il secondo motivo è che diventa seccante dover aspettare l’ultimo che arriva. Poi c’è un terzo motivo: una buona parte dei giornalisti ancora lavora, e dopo le 15 diventa proibitivo attardarsi oltre. Tuttavia Pio Boffa e la figlia Federica sono dei maestri delle relazioni e attorno a quel tavolo ovoidale si apre una bella conversazione sui vini, con domande in libertà, sulla scelta o meno dei cru di Barolo e su altro. Interviene anche il nipote Cesare, puntuale ed educato. Il primo vino che viene servito, in magnum, è lo Cardonnay Piodilei 2015 (il millesimo dei 30 anni di questo vino), che si sarebbe dovuto abbinare al piatto dello chef a base di uova. E in verità sarebbe stato un abbinamento perfetto se lo chef non avesse pensato, di sua sponte, di metterci un piatto in più. Morale: l’ottimo Chardonnay è finito prima che arrivasse il piatto giusto, con un certo imbarazzo perché di quelle Magnum non ce n’erano più. Andrà meglio col Barbaresco classico 2007 e quindi il Barbaresco “Il Bricco” 2010; poi con il Barolo “Mosconi” (annate 2016 e 2015); anche se fra aperitivo e piatto in più il tempo volge al termine. E quando tocca abbinare il vertice, ossia il cru di Barolo “Ornato” di due annate storiche (2009

Con gli amici del Club Papillon di Salò

Mangiamo e parliamo, ma lo spettacolo più bello è vedere che la gente si mette insieme, grazie alla semplicità d’animo di Alfonso, che non ha progetti su nulla e su nessuno, se non quello d’essere insieme. Ci raccontiamo la vita, commentiamo quei prodotti straordinari che hanno procurato, e poi ci diamo appuntamento per un secondo incontro, nella canonica della chiesa principale di Salò, con altri amici, fra un mese. Come si fa a creare un Club di Papillon? Così, mettendosi insieme e stando davanti al gusto, anche il gusto di parlarsi. 21 gennaio Pio Cesare, il grande, si presenta al Vun Pio Boffa, il gran patron della Pio Cesare di Alba mi aveva chiamato azitempo perché fossi con lui e altri miei colleghi ad una delle la Circolare

Pio Boffa presenta i suoi vini al ristorante Vun

e 2000), non solo qualcuno se ne deve andare, ma arriva in tavola il non-abbinamemento per antonomasia: la stagionatura di formaggi a grana invecchiati, che notoriamente sono amari. E quindi, sommando amaro con l’amaro della tannicità del Barolo, il risultato è amarissimo. Alla fine, se dovessimo dare le pagelle, un bell’8 va a Federica e a suo padre Pio che con signorilità hanno digerito e retto tutta la situazione, 10 va ai vini che comunque hanno tenuto la scena per tutto il pranzo ed hanno fatto i racconti di una grande terra e di una grande famiglia; l’insufficienza va al servizio e allo chef che, forse preso dalla sua notorietà e dalla voglia di far brillare le stelle, non si è accorto che stava ponendo sé, il suo schema, la sua idea, davanti al vino. Detto questo, mentre vi rimando a leggere il pezzo

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sui vini che abbiamo assaggiato, pubblicato su ilgolosario.it io mi riassaggio un goccio di Barolo chinato, che hanno ricominciato a produrre, mentre la sera stessa a casa ho aperto un Piodilei 2001, come avevo promesso a Federica. Questa faccenda dei pranzi di lavoro nei locali di grido pone una serie di interrogativi. Il primo è questo: chi è il protagonista del pranzo? Chi dobbiamo servire e assecondare? Il protagonista è il vino, che quindi non ha bisogno di amuse bouche o piatti che ne deviano il suo apprezzamento; il secondo elemento sono gli ospiti portati dall’azienda. Se lo chef pensa che per i giornalisti questo sarà un momento gastronomico indimenticantibile per cui non devono immaginare restrizioni di orario, ha sbagliato di grosso. Siamo tutti i giorni al ristorante e un pranzo è persino un sacrificio, dovendo anche scrivere, guidare, muoversi. Quindi un poco di immedesimazione ci va. Noi saremmo venuti tutti e ovunque: per quei vini e per quella famiglia. Forse non è chiaro che non eravano lì per il brivido del bistellato.

Prima il giornalista di riferimento della Stampa, per quanto concerne le degustazioni di vino? Non interessa. Tuttavia questa politica di imposizione non mi pare abbia dato grandi frutti in termini di comunicazione, se lo paragoniamo a Montalcino o alla Valpolicella. Ogni giornalista, lo dovrebbero sapere le agenzie, ha la sua vita. Ci sono quelli (la maggioranza) che seguono il programma diligentemente perché hanno il tempo per farlo e quelli, come me, che devono ritagliare il proprio tempo per le degustazioni, ma anche per scrivere, seguire altre cose che riguardano il mondo della comunicazione e talvolta trovarsi di fronte a emergenze. Quindi il non poter essere a cena il mercoledì sera, in chissà quale ristorante e con chissà quali produttori, secondo il buon senso, deve diventare un motivo dirimente di esclusione? A quanto pare, per l’agenzia ogni giornalista è uguale. Anche se la presenza di alcuni in un territorio, spesso, porta a raccontare altro, ad esempio una cucina diversa, un sistema produttivo, un ambiente. No qui ad Alba siamo blindati. Punto e a capo. Ma ai produttori di Barolo, Barbaresco e Roero va davvero bene così?

Federica Boffa presenta i vini in degustazione

27 gennaio Grandi Langhe Sì Nebbiolo Prima No La stagione delle anteprime dei grandi vini viene aperta dalle Langhe, che invita giornalisti, buyer e ristoratori ad Alba. Sarebbe stato bello poter fare le degustazioni assistite con i sommelier, come avviene a Verona o in Toscana, ma la tre giorni che precede Grandi Langhe, che si chiama Nebbiolo Prima ha un’organizzazione un po’ rigida per cui manda una nota categorica alla mia segreteria dopo che ha fatto presente che la sera dell’arrivo non riuscirò ad essere ad Alba per cena. Scrive l’agenzia: “Ricordo come già anticipato, che è obbligatorio partecipare al programma completo. Aspettiamo quindi Paolo per la prima cena di domani e restiamo a disposizione”. Ora, mettetevi nei panni di un giornalista che ha 35 anni sulle spalle di lavoro e ditemi cosa può rispondere a una richiesta perentoria come questa? Me ne sto a casa. E mi concedo la giornata di lunedì 27 gennaio dove gli assaggi, purtroppo, sono in piedi ai banchi, con i produttori. E qui scopro che l’amico Claudio Rosso, ha avviato una nuova avventura enologica, Tenuta Garino. Bravo! Detto questo, tutto serve, ma manca la possibilità di concentrarsi, come permettono di fare in tutte le altre aree d’Italia dove alla fine puoi prendere appunti. Si può dire che è miopia? Ora, capisco che nel pacchetto che offrono ai produttori di vino ci sono le cene con i giornalisti, le visite in cantina e quant’altro, ma un vaglio delle varie professionalità che vengono invitate non andrebbe fatto? Non interessa avere a Nebbiolo la Circolare

Claudio Rosso di Tenuta Garino debutta a Grandi Langhe

Da Gennaro Di Pace a Perno dove si vedono le stelle Nel mio ipotetico soggiorno langarolo avrei voluto andare a provare la cucina di Gennaro Di Pace a Monforte d’Alba, in frazione Perno. E siccome già avevo prenotato, non ci ho pensato due volte ed ho mantenuto l’appuntamento. Il luogo dove ha aperto il ristorante che porta il suo nome è sotto il castello di Perno, dove ci sono pure la chiesa e la cantina di Mario Fontana, sommo produttore di Barolo. Ora, i proprietari del castello, che sono anche produttori di eccellenti vini (in etichetta il nome è infatti di Gregorio Gitti), fra cui una Nascetta che ci ha conquistati (ma 30 euro?), così come un Nebbiolo niente male, hanno chiamato questo cuoco calabrese. Un cuoco di Saracena (dove si produce il mitico Moscato ambrato), che già avevamo sulla nostra guida con la corona radiosa. Gitti lo ha convinto a venire in questo angolo di Langa che sta rinascendo e la sorpresa, dopo la cena, è stata doppia. Intanto perché abbiamo mangiato veramente bene, confermando di fatto la corona che già deteneva in Calabria. E poi perché sia lui che la sua compagna nel lavoro e nella vita, Rosanna, sono stati bravissimi, accoglienti.

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Era destino che ci vedessimo quanto prima. E subito ho mandato diario di viaggio


messaggi di entusiasmo a Francesco Saliceti che fra i primi scoprì Gennaro a Saracena e al sindaco Beppe Sala, che conosce molto bene i vini di Gregorio Gitti. Poi ho scritto anche a Mario Fontana:“Ma non mi dici nulla di un posto così?”. Qui davvero si può dire senza tema di smentita che sta per nascere una stella.

Gennaro Di Pace con la moglie Rosanna

Ma sul cibo cerchiamo progetti più duraturi Nel frattempo ci sono state le elezioni regionali, in Calabria e in Emilia Romagna, e nei giorni a seguire se ne parla. Cosa che faccio anch’io nel mio articolo di commento su Avvenire di ogni mercoledì. Il giorno dopo un'elezione la rincorsa è a ridurre i vincitori a sconfitti e gli sconfitti in qualche modo a vincitori... I numeri in fondo sono qualcosa di relativo se passati al setaccio del politichese. Una cosa però è certa: mai come questa volta ha contato l'enogastronomia. E non solo per il "re del tonno" candidato in Calabria e per l'arrivo delle Sardine che hanno scombinato i piani a qualche partito, ma per il profluvio di selfie e foto accanto a prosciutti, formaggi, tagliatelle e chi più ne ha più ne metta. È il medesimo motivo per cui i politici vanno in massa al Vinitaly: crea consenso associare la propria immagine a qualcosa di vincente come il vino. E così per la cucina, visto che ogni venerdì mattina l'argomento più gettonato in ufficio sembra essere l'ultima puntata di Masterchef. Ma nel frattempo, mentre si gioca con il cibo, il tam tam mediatico ci dice che la morìa dei negozi è sempre più grave, per cui fa notizia l'iniziativa di un Comune della Bergamasca che toglierebbe le tasse a chi apre. Ma quanto dura? Non è una domanda che sorge dallo scetticismo, intendiamoci, ma dal fatto che – come ha rilevato nei giorni scorsi il sociologo Alberoni – «non abbiamo un'idea del mondo che stiamo costruendo». È questa la preoccupante sensazione che proviamo ogni volta che un appuntamento elettorale diventa una bulimia mediatica di litigi. Ed è un po' poco pensare che la televisione in genere farebbe ascolti solo con le trasmissioni dedicate ai cibi e ai litigi di ogni ordine a grado. Persino Sanremo non è più Sanremo se non c'è uno scandalo che lo avvia agli ascolti. Ora, tale reattività generale alimenta quell'assenza di progetto, o meglio, relega la progettualità a qualcosa che non merita d'essere preso in considerazione. Lo dico pensando al Manifesto di Assisi, presentato pochi giorni fa, preludio di un percorso che avrà l'apice alla fine di marzo e che la Circolare

finalmente torna a parlare di un modello di civiltà su cui meriterebbe aprire un dibattito ad ampio raggio. E non vorremmo che, una volta passata la notizia, anche questo fosse qualcosa da trattare con superficialità, mentre ciò che conta è il consenso elettorale. Non può funzionare a lungo così, perché ora che il sasso è stato tratto – ovvero la sfida di creare un'economia a misura d'uomo – qualcuno deve provare a dare risposte e non può far finta di girarsi dall'altra parte perché a maggio c'è un nuovo appuntamento elettorale. Un'economia a misura d'uomo riflette anche sui negozi e sulle dinamiche dei piccoli centri non nell'ottica di un rattoppo, ma di una visione che mira a costruire qualcosa che si definisca civiltà. Il premier Conte è stato ad Assisi e ha le motivazioni per provare a lavorare su un Consiglio dei ministri dedicato. Se vuol restare in sella a lungo, un'idea forte deve svilupparla. (Avvenire, 29 gennaio) 31 gennaio Cena di gala in onore all’Amarone 2016 Ed eccoci all’anteprima dedicata all’Amarone, annata 2016, che inizia con la cena di gala nel solito ristorante Vittorio Emanuele in piazza Bra. Una cena dove partecipano giornalisti e produttori e che ogni volta mi ha permesso di conoscere nuove persone. Riesco quindi ad arrivare appena in tempo, dopo il solito aperitivo, e a sedermi al tavolo per assaggiare una decina di Amarone di annate precedenti a quelle che assaggeremo domani. Notevole ad esempio l’Amarone della Valpolicella della zona Valpantena di Corte Figaretto, così come quello di Fasoli Gino e di Secondo Marco. Ma come sempre, il giorno dopo, saranno tante le scoperte, che qui di seguito vi vado a raccontare. Sono arrivato a Verona, come ogni anno, in una bella sera tutt’altro che fredda (non ci sono più i giorni della merla di un tempo eh eh). Alle 21 iniziava la cena di gala con i produttori del Consorzio della Valpolicella e i giornalisti e quella faccenda delle temperature più autunnali che estive poneva non poche domande. Che Amarone avremo domani? Domani nel senso del futuro, non del giorno dopo, dove al Palazzo della Gran Guardia mi attendevano 54 campioni di Amarone 2016 da assaggiare in anteprima. Questa volta nel senso letterale del termine, visto che due terzi dei campioni che mi apprestavo a mettere in bocca alla cieca erano ancora di botte. Detto questo ecco i miei assaggi migliori che tutto sommato sono stati tanti, segno che l’annata è davvero in buona salute e merita una particolarissima attenzione. Perché il 2016, nonostante una primavera difficile per la difesa delle uve, grazie al lavoro in vigna dei produttori e al buon clima estivo con notti fresche si rivela un millesimo da ricordare per l’Amarone classico. La stagione vendemmiale 2016, partita con estremo anticipo, ha avuto un brusco rallentamento nei mesi di maggio e giugno a causa di una primavera molto piovosa. Le condizioni di elevata umidità hanno creato qualche attacco peronosporico nelle zone più pianeggianti e meno ventilate. Un grande recupero si è avuto nella parte finale, la più importante, nei mesi di luglio, agosto e, ancora in corso, settembre. In quest’ultimo periodo, le sommatorie termiche sono risultate molto alte. Insomma il 2016 è un'annata da ricordare per complessità, equilibrio e eleganza. Un'annata, il 2016, che si pone su un livello qualitativo potenzialmente superiore rispetto a quelle del 2013 e del 2014. E nei due terzi dei campioni si immagina un periodo di invecchiamento più lungo. Dagli assaggi in generale

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segno il fatto che non è stata del tutto abbandonata la piccola botte, che in molti casi, purtroppo, si faceva sentire, con le sue note di vaniglia e a volte di vernice. E questo è ciò che si è evinto in un primo gruppo di Amarone, che io definisco "piacioni" e costruiti. Il secondo gruppo è quello degli Amarone speziati, che evocavano la piacevolezza dei gherigli di noce (quante sorprese ai vertici). Il terzo gruppo era invece degli Amarone alla ricerca di un’eleganza identitaria, dove la mineralità aveva un suo peso specifico. Spezzo poi una lancia al rilancio (scusate il quasi gioco di parole) della Valpantena, gloriosa zona dell’Amarone, che in questa degustazione ci ha dato la sorpresa di un’ottima soddisfazione, almeno con tre cantine (Corte Figaretto, Costa Arente e Collina dei Ciliegi), al netto di Bertani che da sempre presidia la zona e anche questa volta si è presentato con la schiena dritta e un Amarone comme il faut. Ora in tema di cambiamenti climatici, qualcosa da dire ci sarebbe, visto che i vigneti qui in Valpantena sono ad altezze importanti. Ma veniamo agli assaggi, partendo dalla rosa che abbiamo ritrovato poi in semifinale. Con alcune sorprese come l’Amarone de I Tamasotti di Mezzane di Sotto che aveva delle belle note di frutta macerata; quindi Tinazzi di Lazise con un fruttato lineare e una trama tannica fine. Ottima la speziatura invitante di Fattori di Terrossa di Roncà e così di Gamba di Marano di Valpolicella, mentre hanno avuto conferma piena gli Amarone di Giovanni Ederle di San Mattia di Verona (nostro miglior assaggio dello scorso anno) e ovviamente di Roccolo Grassi di Mezzane di Sotto (primato difficile da contrastare) e anche di Clementi di Marano di Valpolicella, che fra i primi, anni fa, valorizzammo. Ma ai vertici dei miei assaggi, ovvero sul podio, sono arrivati, alla fine, tre Amarone 2016. Si tratta di Lavagnoli della Val Squaranto nel comune di Verona, un vino che è un racconto coerente dal naso alla bocca, con frutta e spezie che si rincorrono e una spada acida che sostiene il finale minerale. Davvero un bell’esemplare, che rappresenta per noi una new entry del Golosario. Del medesimo valore Corte Figaretto di Verona che mostrava una bella stoffa già al naso, dentro a un equilibrio esemplare piacevole, lungo e persistente. Il terzo dei top porta il nome di Stefano Accordini di Fumane su cui ho scritto: “Al naso è lui! Ovvero tutto ciò che vi aspettavate da un Amarone: avvolgente, fresco, equilibrato". Proseguiamo con altri assaggi entusiasmanti: Tenuta Chiccheri di Tregnago (una conferma che continua a lavorare bene), Santa Sofia di San Pietro in Cariano (capace di essere filigranoso); I Vigneti di Ettore di Negrar (incisivo già al naso, minerale, elegante e grasso quanto basta), Bennati di Cazzano di Tramigna (frutto polputo e trama fine); La Guaite di Noemi di Mezzane di Sotto (un’altra conferma con un Amarone pieno, fruttato e filigranoso); Costa Arente di Marano di Valpolicella (una new entry per noi che fa massa critica sulla Valpantena); Fratelli Degani di Marano di Valpolicella (esemplare speziatura in un equilibrio piacevole); Pasqua di Verona (frutta sotto spirito profonda e piacevole); Riondo Collis di Monteforte d'Alpone (floreale intenso e intrigante); Bolla di San Pietro in Cariano (piacevole equilibrio). Questa la prima impressione di un’annata con tante punte che è un invito a scoprire il vino di un territorio ricchissimo di sfumature. Eh sì, perché ora che si fa? Si va a conoscere meglio questi campioni, ma aumenta anche la curiosità di andare a scoprire tutto il resto dell’universo mondo di questo vino davvero straordinario. Alla prossima (in Toscana questa volta). la Circolare

L’Amarone di Corte Figaretto, tra i migliori assaggi delle Anteprime 2016

Finita la degustazione, cosa fa un critico? Si mette in auto, nel garage dietro il Palazzo della Gran Guardia, e si fa una sonora dormita, giusto per essere in condizione di ripartire. In questo caso per Valeggio sul Mincio, per acquistare i tortellini della gastronomia Ramelli, che fra l’altro ha una selezione di prodotti del Golosario che è pazzesca, davvero ricercata. La titolare mi viene a salutare e insieme parliamo del loro lavoro, mentre arriva un cabaret di sosse (qui le chiacchiere di carnevale le chiamano così) che non mi faccio certo scappare, ma anche di broccoletto di Custoza sott’olio (è di Corte Lonardi). Ma che sorpresa, poi, andare al bar di fronte, il 18ViaRomanaCafè, dove ti servono una tazzina di Gianni Frasi. E allora inizi a parlare di quel personaggio straordinario che era e sembra d’esser parte di una famiglia. Alle 17 finalmente prendo la strada per Alessandria: stasera avremo qualcosa di buono da mangiare.

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Il broccoletto di Custoza acquistato alla gastronomia Ramelli

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2 febbraio Nel Monferrato con gli amici Prove di Golosaria, se così si può definire la domenica mattina al Santuario di Crea, con gli amici di Silvana (che ora sono anche miei amici) del quartiere Certosa di Milano. È una giornata di sole e la messa delle 11 viene preceduta dalla processione della Candelora. Poi la messa affollata dove mi trovo a stringere la mano a Carlo Cassinis, mitico produttore del Rubello di Salabue, ma anche a Simona Cavallaro. E sembra proprio d’essere nel clima della nostra manifestazione, soprattutto quando ci attardiamo a fare una passeggiata per le cappelle del sacro monte. A pranzo, a casa nostra, mangeremo i tortellini di Valeggio. Una goduria! La Circolare che sto scrivendo ora, ai primi giorni di marzo, è qualcosa di inimmaginabile rispetto al mese che passerà, dove il Coronavirus arriverà persino a rendere proibitivi questi incontri. E mentre mi sto guardando indietro, scopro quanta ricchezza avevamo prima dell’esplosione di questa piaga. 3 febbraio Il Mondo di Ederle Ed eccomi per l’ennesima volta a Verona, per una due giorni di incontri dedicati a Vinitaly and the City che nel frattempo sta prendendo forma. Stasera sarò a cena con Gianni Bruno, brand manager di Vinitaly, in un posto fantastico: l’agriturismo in zona San Mattia di Giovanni Ederle che lo scorso anno figurò fra i produttori migliori dei nostro assaggi di Amarone 2105 e ricevette a Golosaria il ricoscimento Top Hundred. Tuttavia non pensavo che avesse un posto così accogliente, bello che sta al centro di un progetto di accoglienza con oltre 50 camere a disposizione. E che buona la cucina: uovo pochè su cavolo nero con Monte Veronese, bigoli al ragù di Corte San Mattia, i tortellini di pecora Brogna della Lessinia con burro fuso, l’agnellone di pecora Brogna arrostito con purea di patate, ma c’è pure il coniglio alla cacciatora per finire con la torta di pane al cioccolato. Su tutto un assaggio dei suoi vini che ti porta in una situazione paradisiaca.

scrivere i piatti su un foglio e che comunque poi le spiegherò il motivo. Ma lei imperterrita mi chiede di cancellare le foto. Ora, se non vuole che venga memorizzato il menu declami i piatti a voce, sennò, cara signora abbassi le pretese, anche perché non siamo proprio da Bocuse. Anzi, per dirla tutta, il menu non mi è sembrato con tutta quell’originalità per cui si rischia di copiarlo altrove. Ma così va il mondo. 5 febbraio A Piacenza la cucina sostenibile Viaggio a Piacenza, all’Università Cattolica, per partecipare a un talk-show condotto da Tinto, sul tema della cucina sostenibile. Con me anche il professore Ettore Capri, anima di questo progetto, la collega Fernanda Roggero e Filippo Sinisgalli chef del ristorante il Palato Italiano di Bolzano. Il tema è quanto mai ambizioso: “La sostenibilità nella ristorazione può salvare il Pianeta?”. Forse proprio il Pianeta no, ma è chiaro che se ognuno fa la propria parte, partendo dalla cultura del non-spreco, che di fatto si impara guardando proprio i cuochi (fu l’intuizione del nostro libro Avanzi d’Autore di dieci anni fa), insieme ci si mette su un cammino virtuoso. Il talk sarà comunque divertente e ricco di spunti, tant’è che prima di partecipare alla giuria della miglior ricetta RicibiAmo, riceverò diverse richieste di interviste. Alle 11 siamo tutti al tavolo dove assaggeremo 11 piatti. Con noi anche Fiamma Valentino del ministero dell’Ambiente, Bruno Ruffini docente Alma e Isabella Chiussi dell’Osteria del Bersò di Sorbolo che vinse il contest dello scorso anno. Alle 13 il verdetto, che vede sul podio una cuoca non professionista. Ma devo già partire alla volta di Milano, nel frattempo su Avvenire esce un mio pezzo dedicato proprio al tema del non spreco. Ve lo ripropongo.

Quando ho conosciuto Giovanni non immaginavo che avesse questa forza imprenditoriale così centrata. Anche l’elenco dei produttori denunciato in testa al menu, denota una capacità di scelta per far vivere il territorio che non è da pochi. Mi è andata meglio della sera dopo, alla trattoria Al Metano da Anna di Verona, un ristorante di pesce carino nell’arredamento, dove la cameriera mi redarguisce perché fotografo il menu. Le dico che lo faccio perché altrimenti dovrei

Un momento del talk-show dedicato alla cucina sostenibile

Con Gianni Bruno nell’agriturismo di Giovanni Ederle (al centro)

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L'economia domestica ai tempi dei social La Giornata nazionale contro lo spreco alimentare di oggi viene accompagnata dalla notizia confortante che si spreca meno che in passato. Intendiamoci: non siamo ancora all'optimum, perché il fresco di breve durata è il primo ad essere sacrificato, ma è chiaro che una certa sensibilità al non spreco è ormai entrata nella mentalità comune. Il paradosso dei giorni nostri è che uno strumento che sarebbe dovuto servire per evitare lo spreco, il frigorifero, in realtà è diventato il suo contrario. Si butta ciò che viene dimenticato in fondo a quell'armadio che una volta la settimana viene riempito fino all'orlo, quasi a documentare un benessere. Anche

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questo fa parte dei cambiamenti sociali, dove quella figura di sapiente economia domestica che andava sotto il nome di massaia è sparita, senza sostituzione. Non si acquista ciò che serve alla giornata, ma ciò che in teoria può servire in una settimana, magari caratterizzata da una vita sociale intensa, fuori dalle mura domestiche. Tuttavia, questa endemica stortura contemporanea sembra aver trovato una correzione, se è vero che la sensibilità a non sprecare sta attecchendo. E il merito a chi va? Difficile dirlo, certo è che la nostra epoca, dove l'informazione attraverso i social ha un suo peso, talvolta trova dei filoni virtuosi dietro ai quali ci si accoda. Spesso i mezzi social sono stati additati come negativi, origine delle cosiddette fake news, mentre invece rispecchiano comuni sentimenti (che non c'entrano con la verità delle cose, sia chiaro) portati alla comune conoscenza. I social non sono il male nella misura in cui vengono utilizzati per uno scopo buono. Di certo sono un indice di libertà, se è vero che una faccenda come il coronavirus ha potuto restar nascosto, nonostante fosse stato individuato da un medico cinese, immediatamente ammonito dalle autorità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e ora i social stanno impazzendo al contrario, creando un panico che in molti casi rasenta la discriminazione. Persino il mitico Carnevale di Ivrea, quello della battaglia delle arance, è finito sotto la mannaia dei social per un comportamento discutibile del suo Generale, che è stato invitato a dimettersi. Anche qui i segni dei tempi: una volta si vociferava, oggi si esibiscono le prove in pasto a tutti. E siamo tutti sotto osservazione. Anche il cibo lo è: si possono mostrare le ombre, ma anche le luci. I ministeri dello Sviluppo economico, della Salute e delle Politiche agricole hanno annunciato l'arrivo del NutrInform Battery, che indicherà per ogni cibo il valore dell'apporto nutritivo. Un barlume che apre a una nuova via della comunicazione. Anche se si può fare di più, molto di più, per arrivare a un'informazione più completa che contempli nozioni di sostenibilità. E soprattutto di self life (leggasi durata di un prodotto). (Avvenire) 6 febbraio Le trote affumicate di Verrès Giornata di viaggi quella odierna: con Andrea andiamo a Torino per appuntamenti e poi ad Aosta, per una cena con i nostri collaboratori. Ma prima di arrivare in città, ci fermiamo a Vèrres, dove incontriamo Lorenzo Quaccia, un giovane affumicatore di trote (l’azienda si chiama Altura). Un amico me ne aveva par-

lato tempo fa e la curiosità di incontrare Lorenzo e il suo socio Edoardo Zanuttini, guidati dall’imprenditore Fabio Zinotti, era davvero forte. Beh, devo dire che il viaggio è valso la pena, perché il prodotto era semplicemente straordinario. Lo conosceremo a Golosaria Monferrato, ma soprattutto ne parleremo sul prossimo numero di Papillon che sarà pronto per l’estate. La trota realizzata a caldo e a freddo e declinata in una serie di prodotti era il prodotto che mancava in Vallèe. Siamo orgogliosi di essere arrivati primi anche questa volta. Giovani così hanno bisogno di un’accelerata di notorietà subito, perché cresca in loro la fiducia. Giudice a Masterchef E anche quest’anno ed esattamente questa sera, è andata in onda la puntata di Masterchef dove sono i critici enogastronomici a dir la loro. Eravamo in 10 e un po’ attempati, giacché chiamati a giudicare i piatti in voga negli Anni Ottanta. Com’erano? Bè, chi ha visto la puntata avrà colto il mio disappunto e quello degli altri miei colleghi: la semplicità in cucina non è più contemplata a quanto pare. Nei giorni a seguire in diversi, anche se meno dello scorso anno, mi diranno di aver visto la puntata (per forza c’era Sanremo quella sera).

I 10 critici enogastronomici nella puntata di Masterchef

7 febbraio Incontro a Diano Marina: al sapore di Aromatica Niente riposo questa settimana: ci aspettano a Diano Marina per una riunione dedicata alla prossima edizione di Aromatica, prevista per la fine di aprile. E mentre discutiamo sul programma e sui coinvolgimenti vari per questa festa che è rinata, arriva un personaggio simpaticissimo, Romano Damonte, sindaco di Diano Castello, che di professione produce uova nella sua azienda Uovo Del Castello. Uova buonissime fra l’altro, che ci omaggia alla fine della chiacchierata, dedicata a una manifestazione, in programma a fine agosto, che ha per tema il Vermentino. E mentre chiacchieriamo assaggiamo il Vermentino di Balin al secondo Roberto Novaro, produttore di Diano Castello, che lo scorso anno vinse il premio per il miglior Vermentino giudicato dal pubblico. Se tutte le riunioni fossero così… ma in realtà dovrebbero essere fatte proprio in questo modo, perché se hai occasione di incontrare un giornalista che si occupa di divulgare le cose buone d’Italia, tutto diventa un’occasione reciproca.

L’affumicatore di trote Lorenzo Quaccia

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E poi l’incontro con Pino Banana Ma non è finita, perché sulla via del ritorno io e Andrea decidiamo di fermarci a Savona in un locale che non conosciamo: Pino Banana. Il nome già ci lascia qualche dubbio, la zona ancor di più: un quartiere di città abbastanza anonimo, che alla sera vede chiudere tutti i negozi. Tranne questo, che vende frutta e verdura e alla sera si trasforma in un locale informale, con qualche piatto ben fatto ma soprattutto una selezione di vini che ha dell’incredibile. E mentre ci sediamo sul nostro tavolo a trespolo, vediamo la scena

zia che sta producendo una storia. Eh sì perché Alessandro e Paola ci fanno conoscere questi formaggi (uno che porta il nome di Monscera va praticamente a ruba ed è un ingrediente principe della pizzeria gourmet); poi Jodi ci fa conoscere il suo amico artista, che ha un baffo sì e uno no, e sta con noi a raccontarci del suo genio che si alimenta nella quotidianità di quel paese. Poi c’è Edoardo, figlio d’arte, che ha in mente un riscatto del Prunent, l’ecotipo locale del nebbiolo, in grande stile. E tutti insieme si muovono. È così che cresce una cività.

Pino Banana al lavoro

La visita di Paolo e Silvana al caseificio di Jodi Maccagno

di Pino, che è un oste autentico: fa accomodare la gente, serve il vino, ad un certo punto capisce che conosciamo alcuni prodotti esposti, come la pasta dei Monti Sibillini e inizia a insospettirsi. Quando ci propone i vini ed io lo sfido a farmi assaggiare ciò che posso non conoscere, inizia una sequenza entusiasmante. E dopo una mezz’ora si attua la magia che, tutte le persone che sono li a mangiare e a bere, diventano familiari. Era tanto tempo che non incontravo più un oste di questa fattura, autentico fino al midollo, capace di mescere il vino, morale nella sua proposta gastronomica che alla fine valorizza, in un equilibrio esemplare, frutta e verdura. 8 febbraio A Villadossola da Jodi Quando arriva il week end ci si rilassa vero? È così che funziona. Però dipende dal tipo di relax che uno cerca. Io e Silvana ad esempio, verso le 10 prendiamo l’auto e andiamo a Cosasca, che è una frazione di Trontano, poco lontano da Domodossola. Ci andiamo perché Alessandro e Paola (ricordate gli amici della pizzeria gourmet Tu di Villadossola?) avevano piacere di presentarmi Jodi e Marina, orgogliosamente casara, del caseificio Dellapiazza. Arriviamo in questo borgo e in un casetta di pietra e legno ci imbattiamo in questo caseificio straordinario: un banco per la vendita dei prodotti, non solo formaggi, ma anche salumi (un crudo straordinario, fatto da loro), mieli, uova, una saletta rustica con i tavoli di legno dove ci accomodiamo e iniziamo ad assaggiare i loro prodotti, abbinati al mitico Prunent di Edoardo Patrone, che poche settimane prima avevo recensito sulla Stampa. E siccome Edoardo è un signore d’altri tempi, anche se è giovanissimo, si premura di portarci una magnum (che finisce inesorabilmente).

9 febbraio Seconda cena a Salò, pensando a Maria d’Asburgo Seconda cena a Salò, questa volta nella bellissima canonica del Duomo cittadino, con il parroco mons. Gianluigi Carminati, la professoressa Liliana Aimo, che è una studiosa di storia (ha preparato un’insalata russa piemontese e le trote in saor), Andrea Piana, già presidente della Banda musicale di Salò; quindi gli amici del Club di Papillon che avevamo incontrato la scorsa volta, fra cui Bruno Marelli con la sorella Elena, che è presidente dell’Associazione O.P.E.R.A. Siamo in una bellissima sala affrescata, e gli amici hanno preparato dei piatti squisiti, fra cui la zuppa di cavolo nero, zucca e castagne, preparata da Elena. Il tema della serata è la creazione di un evento dedicato alla visita in Riviera dell’Imperatrice Maria d’Asburgo, che fa parte dei Duemila eventi, nome dell’Associazione che organizza. Quando la gente si mette insieme per uno scopo tutto diventa più gustoso. Anche la cena, con il parroco che è stato tutto il tempo

Questo pranzo me lo ricorderò per tanto tempo. Intanto perché è stato una sorpresa, ma soprattutto perché ci ha fatto vedere un’amicila Circolare

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Cena a Salò, nelle sale affrescate della canonica del Duomo

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ad ascoltare, i vini che ha portato Alfonso (della cantina Taver dei fratelli Bocchio di Manerba). Sarebbe bello che si realizzassero questi desideri, e già per il 9 di marzo hanno messo in calendario una polenta carbonera con la farina di Storo (che verrà poi rimandata). 10 febbraio A Verona si celebrano gli Evo Days Ieri sera da Salò sono poi arrivato a Verona, per partecipare alla due giorni dedicata all’olio: l’Evo Days. Una serie di seminari sempre interessanti che a me sono serviti per mettere a fuoco il tema della mosca olearia, che non avevo ben presente in tutta la sua complessità. Alla sera la cena di gala nella sontuosa villa Le Cedrare di Illasi. Il giorno dopo scriverò il mio pezzo per Avvenire, che uscirà puntualmente il mercoledì. Ve lo ripropongo. La mosca olearia minaccia i nostri ulivi Fa sempre sorridere il detto della semplificazione per antonomasia: "Piove: Governo ladro" che oggi può essere ribaltato, davanti a qualsiasi catastrofe, con la causa effetto del cambiamento climatico. Che è sotto gli occhi di tutti, soprattutto in questo inverno tiepido, ma che in certi casi risulta una semplificazione. Nei giorni scorsi a Fiera Verona si è tenuto Evoo Days, il forum dedicato alla filiera dell'olio extravergine di oliva e organizzato da Sol&Agrifood. Una teoria di seminari apparentemente tecnici, che tuttavia m'hanno aperto la mente proprio sul tema dei luoghi comuni. E mi spiego: il mondo dell'olio è attanagliato, oltreché dalla Xylella che sembra avanzare oltre i confini del Salentino, anche dalla mosca olearia. Una mosca dispettosa che depone le uova nel frutto dell'olivo, deteriorandolo. Detto ciò, gli esperti hanno imparato ad analizzare le annate disastrose come il 2014, ma anche il 2016 e il 2019, dove di olive italiane raccolte ce ne sono state poche. Meno preoccupanti sarebbero stati il 2017 e 2018. Dunque non è il cambiamento climatico la causa effetto, anzi, pare che le estati molto calde, come pure gli inverni rigidi, siano forieri di strage per la mosca olearia. Il problema più grosso sarebbe rappresentato dagli oliveti abbandonati le cui olive non raccolte diventano dei veri serbatoi di riproduzione della terribile mosca. E qui si apre una considerazione sul tramonto della civiltà contadina che avrebbe lasciato tracce, talvolta pericolose, nelle campagne. Ma quale ruolo è stato dato ai sindaci per monitorare una situazione che ad ogni fitopatologia sfugge di mano? I sindaci rappresentano la prossimità con il territorio, ma sembrano relegati a semplici burocrati pieni di trappole amministrative dentro cui muoversi. E diventa mortificante non poter dare risposte. Per combattere la mosca olearia non sono mancati i prodotti delle industrie di fitofarmaci che hanno attenuato un poco la preoccupazione, salvo scoprire che l'Unione Europea, dal giugno di quest'anno, bandirà uno di essi: il dimetoato. Da qui la necessità di un lavoro di squadra, ossia un monitoraggio della mosca su vasta scala per addivenire ad interventi di prevenzione con rame e caolino e anche argilla. A San Casciano Val di Pesa un produttore ha creato anche reti anti insetto, ma il costo a ettaro si avvicina ai 30 mila euro. Quanto dovrebbe costare quell'olio? La conclusione a cui sono giunto è tuttavia questa: l'olio italiano di oggi ha dei costi suppletivi che non giustificano più certi prezzi stracciati sugli scaffali. La lotta alle avversità si può attuare solo dentro a una rete (illuminante l'esempio di Terre dell'Etruria che raggruppa 3.300 olivicoltori) e la coltivazione dell'olivo è destinata ad avvicinarsi sempre di più al biologico, con obbiettivo residui zero. Luci e ombre, dove servirebbe un barlume anche istituzionale. (Avvenire, 12 febbraio) la Circolare

13 febbraio A Bologna con Alleanza Cooperative Oggi invece si va a Bologna, per un incontro di lavoro con gli amici di Alleanza Cooperative. Bisogna parlare di Vinitaly and the City, ma anche di un evento che si potrebbe svolgere a Roma prima dell’estate con i vini di questo mondo che saranno protagonisti. Due ore intense di lavoro, con gli amici di Veronafiere, e poi un saluto e un arrivederci con i prossimi incontri, dove man mano si conoscerà la squadra che parteciperà a questo evento. Da Bologna un salto ad Alessandria, per lasciare giù Fabio e far salire in auto Andrea: destinazione Genova, per una cena di lavoro all'Hostaria Ducale dove s’è insediato l’ottimo Davide Cannavino. E arriviamo con una pioggerellina fastidiosa che rende ancor più caldo il rifugio in questo ristorante elegante, dove la cucina, ma anche la cantina, diranno qualcosa di importante alla città. Vogliamo scommetterci? 14 febbraio Preview del Mercato Centrale di Milano Dalla mia Alessandria, oggi che è venerdi, mi dirigo a Milano per partecipare a un evento storico. Umberto Montano, ha deciso di fare una conferenza stampa con i cantieri in corso per raccontare il progetto del Mercato Centrale di Milano. Un progetto ambizioso, che ormai sta arrivando al termine, dove ci saranno ristorantini tematici, artigiani alimentari, molti del nostro Golosario e poi tanta musica e divertimento. La conduzione della tavola rotonda, dove interviene anche il sindaco di Milano Beppe Sala, viene affidata a Bruno Vespa, che interpella i vari protagonisti di questa avventura, fra cui Montano e anche l’architetto Stefano Boeri. Ad un certo punto Umberto scende dal palco e mi dà la parola per un commento, che faccio volentieri, augurando a questo luogo di aprire per il mese di aprile, come è stato più volte annunciato. Dopodiché, si apre un gigantesco buffet ispirato alla cucina di strada che fa immaginare il clima che si respirerà in questi ambienti della stazione centrale, recuperata in maniera magistrale. È stato davvero gentile Umberto a chiedermi un commento e darmi lo spunto per parlare delle Botteghe della Colleganza, che è un’altra iniziativa, come quella del Mercato, per permettere a questi professionisti, non solo di esistere ma anche di arrivare a uno sviluppo del proprio business. Detto questo, faccio appena in tempo a scendere nel garage, recuperare la valigia e salire sul treno per Firenze. Alle 17

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L’intervento di Paolo Massobrio con il patron del Mercato Centrale Umberto Montano

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ho un appuntamento, che slitta di un’ora, per via dell’incidente ferroviario all’altezza di Lodi. Ma riuscirò ugualmente a incontrare gli amici di Grosseto, che stanno immaginando di rifare un evento come Maremma Food Wine Shire. Poi l’unica scelta possibile, per la sera di san Valentino dove tutti i ristoranti sono pieni, sarà cenare in albergo, da solo, in attesa della giornata di domani, quando inzieranno le degustazioni in Anteprima dei vini toscani. 15 febbraio PrimAnteprima e cena alla Ménagère Il primo giorno, nei locale della Fortezza Da Basso sarà per me un tour de force: 185 vini assaggiati, passando in rassegna tutti i Consorzi forse meno noti dell’universo toscano. Riporto l’esito dei miei assaggi con gli articoli pubblicati su ilgolosario.it. L’anteprima del sabato, alla Fortezza da Basso prevede i Chianti Rufina, Col d’Orcia, Carmignano, Montecucco, Maremma Toscana e Valdarno di Sopra. Queste le doc dei miei assaggi. Non ce l’ho fatta per le Colline di Pisa e le Colline Lucchesi. Le annate in assaggio erano del 2018, ma anche molto 2017, qualche 2016 e qualche raro 2019 che già ha fatto capolino, soprattutto con i rosati. Buone annate? Il 2018 sicuramente, mentre sulle altre appaiono luci e ombre. Tutti gli assaggi sono stati fatti alla cieca, e questi, per me, sono i migliori risultati di quest’anno. Partiamo con il Chianti Rufina M’è rimasto in mente il “Cedro” della Fattoria Lavacchio di Pontassieve (Fi): aveva una ciliegia profonda fino all’evidenza del suo nocciolo. Molto buono, rotondo, tannico, esemplare. Un’azienda che ci farà piacere conoscere ancor meglio. Del medesimo livello è stato poi il campione del Podere Il Pozzo sempre di Pontassieve (Fi): Chianti Rufina 2018. Nervoso, scalpitante, minerale, con una bella rotondità in bocca e note fruttate generose. Con qualche nota di confettura si è presentato il Chianti Rufina “Vigneto i Domi” de I Veroni di Pontassieve (Fi), e nel complesso era un bell’esemplare che offriva pienezza e setosità tannica. Detto questo, altri campioni degni di nota per l’annata 2018 sono stati i Chianti Rufina di Colognole e Fattoria di Grignano, entrambe di Pontassieve (Fi). Andando all’assaggio del 2017, non abbiamo rilevato le eccellenze del 2018, benché due cru della Fattoria Lavacchio (Ludiè Vigneto Casanova e riserva Cedro) di Pontassieve (Fi) abbiano avuto i voti più alti, mettendo in rilievo, per noi, il valore di questa cantina. Buono anche il 2017 riserva di Fattoria Selvapiana (Vigneto Erchi) di Pontassieve (Fi); notevole il Chianti Rufina riserva della Fattoria di Grignano che aveva ampi effluvi fruttati, note minerali e animali, molto piacevole la tannicità placida che incontrava la freschezza dell’acidità. La doc Orcia, sempre più interessante La doc Orcia si è dimostrata sempre più interessante e la cantina che più ci ha colpiti è stata Campotondo di Castiglione D'Orcia (Si): ottimo il Mezzodì 2018; favoloso il Banditore 2017, grande anche Il Tocco riserva 2016. Un’altra cantina che ci ha dato soddisfazioni è stata quella di Marco Capitoni di Pienza (Si), che fra i primi ha creduto nelle potenzialità di queste terre. Ed eccolo con buoni risultati soprattutto sull’Orcia riserva 2016. la Circolare

Novità è poi l’Orcia riserva “Memento” di Olivi Le Buche di Sarteano (Si), ma del campione 2013. Bene anche l’Orcia Sangiovese riserva 2015 di Podere Albiano di Trequanda (Si), sorpresa per l’Orcia Sangiovese “Sesterzo” 2015 di Poggio Grande di Castiglione d'Orcia (Si): piacevoli note balsamiche, come degustare un after eight con cioccolato nel sottofondo. Nei 2017 emerge l’Orcia Sangiovese 2017 di Sassodisole di Montalcino (Si), che ha una speziatura animale e qualche nota erbacea. Un frutto più espansivo e un equilibrio tipico lo abbiamo trovato nell’Orcia “Bucaccio” 2016 di Terre Senesi di Castiglione d'Orcia (Si). Infine, Marco Capitoni dice la sua anche con un Toscana Sangiovese “Frasi” 2016. La doc Carmignano: qualche discontinuità Per quanto riguarda la doc Carmignano, siamo partiti in quarta con i primi assaggi, ma poi abbiamo registrato una certa discontinuità: di annate e di produttori. Via dunque con la Tenuta di Capezzana di Carmignano (Po) che consideriamo un’azienda leader. Il Toscana Bianco 2018 è molto intenso al naso, fine e speziato. E sempre di Capezzana ci ha colpito il Barco Reale rosato Vin Ruspo 2019, che aveva un equilibrio gradevole ma anche sostanza. Delle altre annate ha colpito la finezza del Carmignano 2016 de Il Sassolo di Carmignano (Po): molto gradevole con un concerto fruttato e speziato intrigante il Carmignano riserva Il Circo Rosso 2016. Tenuta Capezzana poi emerge di nuovo con il Toscana “Ugo Contini Bonacossi” 2016, mentre dice la sua con due vini la cantina Colline San Biagio di Carmignano (Po): il Toscana “Vigna Toia” 2017 e il Toscana "Donna Mingarda" 2016. La doc Montecucco: ogni anno qualche scoperta Ed ora eccoci alla doc Montecucco, che ogni anno ci porta a scoprire sempre qualcosa di nuovo. E non si smentisce neppure in questa anteprima dove spicca la bontà dell’unico 2018 presentato dell’azienda Poggio Trevvalle di Campagnatico (Gr): Montecucco Rosso Pontolungo dalle piacevolissime note floreali, dove avverti il mallo di noce e ne apprezzi l’equilibrio in un sorso pieno. Un preludio che dice quanto ci sarà da aspettarsi, di buono, dal millesimo 2018. Fra i Rosso della doc Montecucco, annata 2017, era eccellente il Tiniatus dell’azienda Le Pianore di Monticello Amiata (Gr) e poi il campione riserva 2016 di Collemassari di Cinigiano (Gr). Nel comparto del Montecucco Sangiovese spicca subito il leader, Salustri di Poggi del Sasso (Gr), con un campione del suo “Terre D’Alviero” 2016 che è ancora in divenire, alla ricerca di un equilibrio per quello che è da sempre un Montecucco di razza. Sorpresa assoluta, invece per il Montecucco Sangiovese 2016 dell’azienda Peteglia di Montenero (Gr), che riceve il massimo dei riconoscimenti (un rarissimo 5 *). Un vino molto fine e complesso, che ha note di ciliegia ampie e in bocca si esalta nella sua pienezza e rotondità. Complimenti davvero! Si conferma eccellente un altro nostro amore: Poggio Stenti di Montenero D'Orcia (Gr), col suo “Tribulo” 2016 e così il 2016 l’Addobbo di Vegni Medaglini di Cinigiano (Gr). Chiude la tappa dell’anteperima un 2013 interessante di Poderi Firenze di Arcidosso (Gr). I migliori campioni della doc Maremma Toscana Tocca ora alla doc Maremma Toscana. Dove segnaliamo subito la piacevolezza del Vermentino “Le Gessaie” 2017 de le Sode di

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Sant’Angelo di Massa Marittima (Gr). Fra i rossi il primo a spiccare è Alberto Motta di Grosseto con il Maremma Toscana Ciliegiolo “Motta Bio” 2019. Un bel millesimo che appare con note animali già molto complesse e un esemplare equilibrio. Ritroviamo poi Poderi Firenze col suo Ciliegiolo “Scriresa” 2016 e il Ciliegiolo 2017 dell’azienda la Pierotta di Scarlino (Gr), che spicca per quelle note di pietra focaia. Nella vastità della Maremma ecco il piacere puro del Toscana Rosso di Berretta 2017 di Montalcino (Si), anche qui molto toscano nella sua espressione benché abbia un 10% di cabernet sauvignon. Ma della stessa intensità è il campione di un leader come Terenzi di Scansano (Gr) che ci convince con il suo Bramaluce 2018 (anche qui una pietra focaia spiccata e una frutta ben presente). Al numero 28 dei nostri assaggi maremmani scopro poi di aver gradito il Maremma Toscana Rosso di Rocca di Frassinello 2016 di Gavorrano (Gr) che si mostrava con una particolare eleganza. E al numero 30 ecco per noi una conferma che fa piacere: Basile di Cinigiano (Gr) con il Maremma Toscana Rosso Comandante Bio 2016. Molto buono l’uvaggio di Nittardi di Castellina in Chianti (Si), il Maremma Toscana Rosso "Nectar Dei" 2016, che ho definito “solenne” nel suo intercedere in bocca. Sorpresa per il taglio bordolese con sangiovese però al 40% della cantina Castelprile-Prelius di Castiglione della Pescaia (Gr): è un Maremma Toscana Rosso 2015 decisamente elegante e pieno. Due Maremma Rosso 2017 degni di nota sono poi quello della cantina Brancaia di Radda in Chianti (Si) e quello di Mocali di Ciacci Tiziano di Montalcino (Si) con note balsamiche e una filigrana speciale. Dell’annata 2016 ci ha convinti Belguardo di Grosseto per il suo effluvio fruttato intenso.

L'ultimo assaggio: la doc Valdarno di Sopra Ultimo assaggio: la doc Valdarno di Sopra dove spicca il Sangiovese riserva 2012 però della Fattoria Fazzuoli di Terranuova Bracciolini (Ar) e il Valdarno di Sopra rosso “Petruna” 2018 de Il Borro di Loro Ciuffenna (Ar) prodotto in anfora. Un campione davvero interessante che sembra aver salvato l’anima di una terra. Del Valdarno Sangiovese 2018 ci è piaciuto il campione del Podere Il Canasciale (“Ottantadue”) di Mercatale Valdarno (Ar). Sui Toscana Rosso riemerge per la seconda volta la Fattoria Fazzuoli con un rosso frutto di varie uve (sangiovese, prugnolo gentile e cabernet franc) prodotto senza solfiti. Ci ha colpito l’equilibrio e l’autenticità, nel senso di un vino buono. Dopo questi assaggi, la ritirata in hotel è stata provvidenziale: 3 ore di sonno profondo, poi mente locale per riportare per iscritto ciò che avete appena letto e infine una sorpresa che davvero non mi aspettavo: La Ménagère, un locale nel centro di Firenze, che vede alla guida lo chef Fabio Barbaglini. Un genio, che ho ritrovato in quei piatti eccezionali (fu il sottoscritto a scoprirlo circa 20 anni fa quando era al Caffè Groppi di Trecate), ma soprattutto un locale moderno, divertente, dove vendono fiori, musica, convivialità, visto che ho mangiato su un lungo tavolone di legno, servito da un pool di ragazzi davvero bravi. Leggerete su Papillon e su ilgolosario.it il racconto di questa meta davvero imperdibile a Firenze. 16 febbraio Chianti lovers e cena da Picchi Seconda giornata di degustazioni, denominata Chianti Lovers. E qui gli entusiasmi del giorno prima sono un po’ calati, come accadde pure lo scorso anno. Ecco il resoconto. Se dovessimo giudicare l’annata 2019 dai Chianti assaggiati domenica 16 febbraio andremmo verso un giudizio negativo. Il problema è che, al netto del Chianti classico e di alcune ottime performance della doc Chianti Rufina, il resto del mondo chiantigiano sembra rimasto fermo, senza un filo conduttore e una coerenza sul prodotto. Questo registravamo alle prime Anteprime 15, 20 anni fa, questo registriamo oggi. Ecco dunque gli assaggi di domenica 15 febbraio: Chianti e Morellino di Scansano. Gli 86 assaggi di Chianti 2019 Iniziamo dai Chianti 2019 e dai nostri 86 assaggi. Si parte bene con l’agricola Tamburini di Gambassi Terme che si presenta con un Chianti assai tipico e fruttato. Meglio ancora col Chianti 2019 di Buccia Nera di Arezzo un rosso di sostanza e rotondità dove la frutta parla di ciliegia e di mela: gradevole. Di buon equilibrio con un fruttato che copre le note animali è il Chianti 2019 del Castello di Oliveto di Castelfiorentino, mentre non si smentisce la Fattoria Uccelliera di Crespina Lorenzana che esprime purezza. Il Chianti che ottiene un giudizio più che lusinghiero è poi il 2019 dell’azienda Il Corniale di Montaione, dove finalmente avverti quelle note di pelliccia animale in una complessità olfattiva interessante e un sorso tondo e di setosa tannicità. È invece balsamico l’ottimo Chianti 2019 de Il Sosso di Lucignano che ha un carattere elettrico. Bisogna poi andare, dopo numerosi assaggi, sempre alla cieca, al campione di Poggio Bonelli di Castelnuovo Berardenga, che ha un equilibrio davvero convincente. Notevole è poi la stoffa del Chianti 2019 della Tenuta Moriano di Montespertoli, mentre una buona sorpresa ce la danno i Viticoltori Senesi Aretini soprattutto col loro Chianti 2019 bio.

Primo giorno di Anteprime a Firenze

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Di altre zone segnaliamo l’indiscussa leadership di Mannucci Droandi di Montevarchi col suo Chianti Colli Aretini Docg 2019. Ha una viola invitante e una piacevolezza speciale. Nell’area del Chianti Montespertoli Docg 2018 voti alti vanno a Castello Sonnino di Montespertoli dove si ritrova una certa finezza, dentro a un sorso pieno di sostanza ed equilibrio. Fra i Chianti Superiore 2018 ci è piaciuto il Castello del Trebbio di Pontassieve: e sul taccuino io ho scritto: “Il Chianti come deve essere”, col suo finale amaricante molto espressivo dell’area. Da provare il Chianti Montalbano riserva 2017 di Cantagallo, dalla tempra intensa e persistente. Soddisfazione per il Morellino di Scansano E ora veniamo al Morellino di Scansano, i cui campioni 2019 invece ci hanno portato di fronte a un’annata che può dare soddisfazioni crescenti. In tutto 38 campioni assaggiati fra cui 11 riserve 2017. Il primo nome che ritorna e che a questo punto vorremmo conoscere meglio (lo abbiamo cercato fra i produttori ieri dopo la degustazione ma non era nella sua postazione) è Alberto Motta di Grosseto. Il suo Morellino di Scansano 2019 si presenta subito con complesse note animali e speziate. In bocca c’è sostanza con una spalla importante che chiude con una piacevole tannicità e un finale che vira all’amaricante. Ci sa fare. Buono anche il Morellino di Antonio Camillo di Manciano, già nostro Top Hundred: qui si avverte una nota più fruttata. Molto bene il Morellino 2019 della Cantina LaSelva di Magliano in Toscana che ha invece note di ananas e fiori e poi in bocca manifesta la sua complessità e tipicità. Ci ha poi fatto piacere registrare l’affermazione di un’azienda leader come Le Pupille di Grosseto col suo Morellino pieno che aveva note di sottobosco. Le stesse note che abbiamo avvertito nel campione di un’altra azienda leader che è Mantellassi di Magliano in Toscana. Un Morellino ampio ed equilibrato. La ciliegia tipica la ritroviamo viva e pulita nel campione di Massi di Mandorlaia Conte Guicciardini di Montespertoli. Qui c’è eleganza in un sorso avvolgente che svela una fine tannicità. Bene anche il campione di Moris Farm di Massa Marittima, una delle nostre prime aziende che hanno acceso la luce su questo vino. C’è freschezza nel suo Morellino 2019 e note di sottobosco intriganti. Decisamente accattivante il Morellino 2019 del Podere Casina di Istia d'Ombrone dove i tannini sono ben levigati e l’acidità foriera di freschezza. E ora un Morellino 2019 che ci ha proprio colpito: colore rubino piuttosto concentrato, profumo intenso di un frutto particolare che si apre lentamente per mostrare tutta la sua stoffa in un sorso dove acidità e tannicità sono bel calibrate. È il Morellino “Spiaggiole” di Poggio Maestrino (di Tenute Calì) di Magliano in Toscana. Bravi! Ma a seguire ecco Poggio Trevvalle di Campagnatico, che non è nuovo ai nostri assaggi (anche ieri abbiamo assaggiato un suo vino eccellente). Qui le note di viola che emergono da un rubino scarico offrono in bocca una bella stoffa. Bene anche Poggio Argentiera di Tierre di Grosseto che si distingue per quell’erba verde appena tagliata. Il Morellino che forse ha rappresentato la sintesi di ciò che ti aspetteresti è comunque quello dell’azienda San Felo di Magliano in Toscana, altro leader della denominazione. Ha un bel fruttato e si presenta lineare nel suo sviluppo: è pieno, ricco, capace di contenere la sua acidità delineando bene la tannicità. Altro campione molto interessante è stato poi quello della Tenula Circolare

ta Pietramora di Scansano. Dei due Morellino 2019 abbiamo preferito il Brumaio al Petramora, ma entrambi erano molto interessanti pur nella diversità: frutto puro il primo, sottobosco il secondo; in entrambi i casi un equilibrio convincente. Quindi l’azienda Val di Rose di Grosseto, con un Morellino profondo, ma capace di finezza che trasporta un sorso complessivamente elegante. E infine la sorpresa che ci ha fatto piacere, avendoli conosciuti lo scorso anno meglio. Sono i Vignaioli del Morellino di Scansano che avevano tre campioni, tutti giudicati alla cieca con volti alti. Ma il più alto è stato il campione Vigna del Benefizio, un Morellino esemplare, rotondo, fresco e fruttato. Era invece speziato ed eccellente il campione bio del cru Roggiano, mentre il Roggiano classico ci ha dato i descrittori dei grandi vini: caffè molto evidente, note di rosa e di spezie, in bocca potente. Un gran bel lavoro questa cantina. Citiamo infine i migliori Morellino di Scansano riserva 2017: ancora Alberto Motta, quindi Bruni di Fonteblanda che aveva un rosso filigranoso; le Pupille, Moris Farm, Val delle Rose e ancora una volta, con due Morellino sorprendenti, i Vignaioli che giocano su note balsamiche (il Roggiano) e speziate (Il Sicomoro). Prossima puntata, il Chianti classico. Questa sera mi sono fatto un regalo: il mondo di Picchi. Eh sì bisogna chiamarlo proprio così il fantastico mondo di Fabio Picchi, che l’amico Gianni Mercatali mi ha portato a visitare. Perché un mondo? Perché in una piazzetta del centro di Firenze si affaccia la trattoria storica dove ancora elencano a voce i piatti storici e mitici della cucina locale, ma è anche un bar, e quindi un sushi bar (si chama Cibleo ed ha appena 18 posti); quindi una bottega di specialità e infine un teatro dove si mangia pure, che ha un proprio cartello di spettacoli coordinati da Maria Cassi, moglie di Fabio Picchi. Il quale viene a salutarci e a mostrarci questo suo mondo. Che bell’incontro, che gioia vedere che è possibile tutta questa bellezza. Io Fabio lo incontravo talvolta alla Prova del Cuoco, ma non immaginavo questa vita immersa dentro al gusto. Ci lascia con suo figlio Giulio che conduce la storica trattoria Cibreo e nel mentre ci viene a salutare la titolare dell’azienda Capezzana di Carmignano, che sta facendo un evento con i propri importatori americani e desidera farci assaggiare le bottiglie che ha pensato per loro. E come dire di no a quel Villa Capezzana del 2010 o alle Ghiaie della Furba del 2016, fino al loro mitico Vin Santo, che assaggiai la prima volta, 30 anni, da un caratello di 100 anni che mi aprì il conte Ugo Contini Bonaccossi in persona.

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L’istrionico Fabio Picchi con il figlio Giulio

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17 febbraio Chianti classico: ci siamo! È lunedi e dopo aver fatto il compito dedicato agli assaggi del giorno prima, mi dirigo per la degustazione sempre interessante del Chianti Classico. E anche qui le sorprese sono tante. Eccole. In Toscana sono tutti concordi che l’annata 2016 abbia dato dei buoni risultati; nel 2017 molti hanno fatto – anzi rifatto – rispetto all’annata precedente, delle riserve, mentre il 2018 si presenta come un’annata buona ma con luci e ombre, ovvero con campioni da manuale, altri fin troppo costruiti, altri che non riescono a rendere il sorso meno corto di quanto si presenta. Tuttavia il Chianti Classico è il terreno di grandi professionisti e la stoffa si sente, per cui i nostri assaggi di tutti i 67 campioni del 2018 ci hanno dato conferme e anche qualche novità. LE NOVITÀ Partiamo da queste, ossia dalle aziende che non abbiamo sul Golosario 2020, ma che saranno oggetto della nostra attenzione nel corso dell’anno. Iniziamo dal Chianti Classico 2018 di Cà di Pesa di Greve in Chianti (Fi) con il “Burrone”. C’è una certa finezza in un sorso che si presenta pieno e pregnante di frutto. Bella la frutta del Chianti di Casa Emma di Barberino Val d'Elsa (Fi) che tende alla confettura ed ha un’intensità che appare una sorta di elevazione (è per questo che si avverte l’incenso? Ahahah). È un rosso minerale e di buon impatto anche grazie ai suoi tannini. Colazzi di Impruneta (Fi) con il Chianti “Bastioni” spicca di frutta sotto spirito ed ha un’evoluzione coerente in bocca. Voti alti per il secondo Chianti della Fattoria Carpineta Fontalpino di Castelnuovo Berardenga (Si) con il “Montaperto”: c’è un profumo suadente di rose, in un sorso caldo; è un vino che si usa definire “croccante”, grazie all’ottimo risultato dei tannini. Bella novità per noi. E così anche per l’Antico Podere Gagliole di Castellina in Chianti (Si) con il Chianti “Rubiolo” che ha un’ampiezza fruttata piacevole. È invece profondo al naso con note di inchiostro e grafite e un cuore di ciliegia, il Chianti de L’Erta di Radda di Radda in Chianti (Si): molto buono anche nella sua espressione rotonda che accompagna i tannini. Stessa valutazione per il Chianti di Panzanello di Greve in Chianti (Fi): anche qui una bella profondità al naso e un equilibrio gradevole. Stoffa forte e rara eleganza per il campione della Tenuta Casenuove sempre di Greve in Chianti (Fi). Il Chianti classico dell’anno va però ascritto al Podere La Cappella di San Donato in Poggio (Fi) che raggiunge il vertice dei nostri 5 *. La sensazione al naso è quella di una caramella di frutti rossi, presagio di un sorso esemplare, corretto, giustamente tannico. Proprio un bell’equilibrio. Infine, fra le nostre novità, la sorpresa del Chianti classico della Tenuta la Novella di Greve in Chianti (Fi), che è aitante: al naso un fruttato intenso che poi in bocca si concentra con il nocciolo del frutto espressione dei suoi tannini ben levigati.

sempre di Gaiole in Chianti (Si). La medesima sostanza l’abbiamo trovato nel Chianti classico del Castello di Monsanto di Barberino Tavarnelle (Fi) e in quello del Castello di Volpaia di Radda in Chianti (Si). Molto bene San Giusto a Rentennano di Gaiole in Chianti (Si) con un Chianti che tende al frutto sotto spirito, ed è grasso nella sua espressione tipica. Bene anche quest’anno La Castellina di Castellina in Chianti (Si) con un naso profondo che arriva al rabarbaro. Il finale è morbido e amarognolo, l’equilibrio è esemplare. Il loro “Cosimo Bojola” che ci ha colpito è affinato in anfora. Il Chianti Classico di Monteraponi di Radda in Chianti (Si) ha una ciliegia complessa al naso ed è interessante la sua articolazione al palato. Voti altissimi per il Chianti classico 2018 di Rocca di Castagnoli di Gaiole in Chianti (Si). Alle note fruttate si aggiunge una piacevole mandorla e chiude con un tannino perfetto. È poi fine il Chianti classico di Rocca di Montegrossi di Gaiole in Chianti (Si), che si esprime cosi al naso ma anche con la sua setosità in bocca. Tenuta di Nozzole di Greve in Chianti (Fi) non si smentisce e si presenta con un Chianti classico dal frutto composto e rotondo che al termine esprime finezza. L'ANNATA 2017 Abbiamo poi assaggiato una serie di 2017 con queste evidenze: Borgo Scopeto di Castelnuovo Berardenga (Si), Castello di Paneretta di Barberino Tavarnelle (Fi), Fontodi di Panzano in Chianti (Fi) col Filetta di Lamole; Lamole di Lamole di Greve in Chianti (Fi); quindi Isole e Olena di Barberino Tavarnelle (Fi); Pomona di Castellina in Chianti (Si), che lo scorso anno ci colpì col miglior campione della nidiata e il risultato alla cieca di questo 2017 ne è una conferma. Ottimo anche Querciabella di Greve in Chianti (Fi), Renzo Marinai di Panzano (Fi) (che conosciamo per la prima volta), Vallepicciola di Castelnuovo Berardenga (Si), Vecchie Terre di Montefili di Greve in Chianti (Fi). LE RISERVE 2016 Come sfizio abbiamo assaggiato poi alcune riserve 2016 dove il top è stato il Chianti Classico di Fontodi “Vigna del Sorbo” di Panzano in Chianti (Fi). È tutto, giovedì si assaggiano i Vino Nobile e venerdì i Brunello. Col treno, questa sera, rientrerò ad Alessandria, finalmente: domani un giorno intero di lavoro e poi di nuovo in viaggio per Verona e infine per Montepulciano per proseguire le mie anteprime. Buona notte.

LE CONFERME Ebbene, se queste sono state le novità, andiamo a vedere le conferme. La prima è del Chianti classico delle cantine Carpineto di Greve in Chianti (Fi) che ha una particolare ricchezza in bocca a dispetto di certi campioni dell’annata che sono risultati un po’ “corti”. Avvolgente il campione di Badia a Coltibuono di Gaiole in Chianti (Si); vino, fresco, tannico e piacevole quello del Castello di Meleto la Circolare

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I banchi d’assaggio alle anteprime del Chianti Classico

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Nel frattempo, in settimana, esce il mio consueto pezzo di Avvenire del mercoledì che ricorda un campione della Cooperazione, Mons. Adriano Vincenzi di Verona. Cooperare, legge che va oltre le stelle (Michelin...) C'è bisogno di cooperazione, oggi più che mai in un mondo che procede veloce e rischia troppo spesso di escludere. Nel campo agricolo ciò ha permesso il mantenimento di intere aree del Paese, salvando paesaggi vitivinicoli, olivicoli, ortofrutticoli e di tutti i settori. Poi la cooperazione è stata l'intento di tanti imprenditori, che hanno mosso i passi per creare ulteriori elementi di occupazione. E – se andiamo indietro negli anni – quante figure di sacerdoti hanno favorito questo mettersi insieme, per aumentare la forza dei soggetti che si uniscono! Le stesse banche cooperative restano un prototipo di mutua assistenza che ha avuto origine da sacerdoti illuminati. Uno di questi ci ha lasciati pochi giorni fa: monsignor Adriano Vincenzi, salutato nella sua Verona da una folla che ha imparato da lui l'umiltà di fare un passo indietro per favorire l'inclusione. Perché la cooperazione è anche questo: fare un passo indietro per andare avanti, insieme. È il leit motiv del Festival della dottrina sociale, che nacque a Verona su ispirazione di monsignor Vincenzi nel 2010 secondo il motto: «Sguardo lungo e tempo per maturare». Egli lo ha ripetuto a novembre a conclusione della IX edizione, dove l'ammonimento più incisivo è stato: «Occorre tanta gente che fa bene quello che deve fare, non è il momento degli eroi». Altrimenti si assiste a ciò che lui ha chiamato «lo scontro tra i migliori», mentre è solo lavorando che è possibile capirsi e soprattutto comprendere che è il bene comune a determinare l'azione. Parole auree che dovrebbero risuonare nei palazzi della politica, dove più che aggregazioni si vedono solo "migliori", e sempre più numerosi... Anche il mondo della ristorazione è uno specchio di questi "migliori"; ma il fine di un'azione non può essere il luccichio delle stelle (Michelin). Per questo mi ha colpito l'iniziativa di Matteo Baronetto, chef del Cambio di Torino, di creare una nuova Academy con la Piazza dei Mestieri, un'altra realtà torinese nata nel solco della dottrina sociale e che da 15 anni si occupa di educazione soprattutto dei ragazzi più fragili della società. Il Cambio ha già introdotto 13 allievi della Piazza come apprendisti, il che rappresenta un reale ingresso nel mondo del lavoro; nel 2019 sono state 42 le collaborazioni che hanno integrato il team del Cambio. Un modo per creare valore sociale e culturale che ha un comune denominatore: la volontà di recuperare il saper fare aggiornandolo alle esigenze contemporanee. E sembra di risentire le parole di monsignor Vincenzi quando a novembre disse che «ciò che crea è la nostra debolezza, che tuttavia non indebolisce l'azione». Una prospettiva davvero nuova, il cui segreto sta in una parola semplice: cooperare. (Avvenire, 19 febbraio) 20 febbraio Il Vino Nobile 2016 si presenta Ieri sera sono arrivato a Montepulciano a una buona ora, giusto per godermi il mio hotel preferito, Il Riccio, che è proprio nel centro storico, in una via dietro la piazza dove si affaccia il Duomo e al mattino imbastisce una colazione fantastica. Scarico la posta e poi mi dirigo come ogni anno alla cena di gala, che in occasione dei 40 anni della Doc è officiata dallo chef Roberto Rossi del Silene di Seggiano. Il giorno dopo gli assaggi, meditati e rilassati, di un’annata che, pur avendo luci e ombre in tutta Italia, in questa enclave mi ha la Circolare

convinto. Ecco il mio report. La cena di gala dell’Anteprima del Vino Nobile ha celebrato ieri sera un compleanno importate per la Doc. E per l’occasione lo chef Rossi ha cucinato dei fagottini d’anatra che sono risultati da abbinamento perfetto. A tavola abbiamo, dunque, già provato il piacere generalizzato di questa denominazione, per esempio col maestoso 2016 della Fattoria del Cerro che aveva tanta frutta; Caterina Dei di Montepulciano (Si) ha portato una doppia magnum di riserva 2004 del suo “Bossona” a testimoniare quanto sia imponente la longevità di questo vino. Tutti sono poi rimasti colpiti dal Vino nobile di Montepulciano “Vigna Scianello” 2012 de La Ciarliana di Gracciano di Montepulciano (ed io ho fatto la mia bella figura avendolo scelto; ma poi Gigi Brozzoni ha risposto con un ottimo campione di Romeo). Poi non potevo non assaggiare il nostro Top dei Top, ovvero il Nobile di Lombardo di Gracciano di Montepulciano (Si), nel millesimo 2016. I CAMPIONI DELL'ANNATA 2017 Ora, a parte queste divagazioni su assaggi estemporanei che comunque mi hanno fatto innamorare ancora una volta di questo vino, che presto prenderà la denominazione di Vino Nobile di Montepulciano Toscana, o qualcosa di simile, per superare l’impasse della confusione, soprattutto sui mercati esteri, con il Montepulciano d’Abruzzo, eccoci davanti ai campioni dell’annata 2017: pochi per la verità (appena 28). Ma sono stati sintomatici del valore di questa annata che la si può tranquillamente definire buona. Se infatti nei giorni precedenti avevamo avuto la sensazione di una certa flessione e difficoltà sull’annata 2017, a Montepulciano devo riconoscere che i produttori hanno imparato a lavorare bene. Sì c’erano alcuni campioni che alla fine risultavano corti, ma in generale non abbiamo riscontrato artifizi tecnici che in qualche modo (tipo un certo uso del legno) cercavano di camuffare la difficoltà di un’annata. Quindi chapeau ai produttori di Montepulciano: esame superato sul 2017 per un vino godibile, generalmente equilibrato e in alcuni casi di buona sostanza. Ma lo ripeto: più eleganza che muscoli. SUL PODIO Partiamo allora dalla semifinale e dalla finale dove sul podio sono finiti tre campioni. Volete sapere subito quali? Dei a questo punto diventa regina incontrastata che ad ogni anteprima si impone ai primi posti. Il suo Nobile 2017 era molto suadente già al naso con note di caffè e di spezie, di liquirizia, poi ha un alcol avvolgente e una tannicità pregnante. Brava Caterina! Ma eccoci alla rinnovata sorpresa della Ciarliana con un 2017 che manteneva note aromatiche di frutta per un sorso di grande equilibrio. Sorpresa infine, anzi conferma, per Boscarelli di Montepulciano (Si) che alla prima tornata esce con i 5* e poi in semifinale se la gioca con gli altri due mostrando la sua capacità di interpretazione e tipicità. Delicate le note verdi (senti il rosmarino) ma poi un’intensità di caffè e cioccolato giocati in un equilibrio davvero spettacolare e una tannicità setosa. Siamo poi andati ad assaggiare le altre riserve di questa azienda e vi assicuro che è “tanta roba” come si dice in gergo. Notevole il Costagrande riserva 2016 perfetto il Sottocasa 2015. E qui si sen-

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te la mano di un grande enologo, che ama il vino come un figlio: Maurizio Castelli. Detto questo, eccoci agli altri 4 semifinalisti: Le Bertille, Le Bèrne, Romeo, Vecchia Cantina di Montepulciano, tutti di Montepulciano (Si). Insomma i magnifici 7 di quest’anno. Ma appena dietro eccoci con un altro gruppo di cantine che ha avuto punteggi sopra la soglia del buono: Il Molinaccio, Antico Colle, Podere Casanova, Lombardo, Valdipiatta, Gracciano della Seta, Colombarbia e Fattoria del Cerro, tutte di Montepulciano (Si). Dall’assaggio della selezione 2017 segnaliamo grandi i campioni di Gattavecchi di Montepulciano (Si) e Lunadoro di Valiano di Montepulciano (Si). Della riserva 2016 svetta in testa Carpineto, al pari con Fattoria del Cerro e Boscarelli (quasi 5 *); a seguire Bindella, Trerose (di Valiano di Montepulciano), Bérne, Icario, Fassati (di Gracciano di Montepulciano).

Osteria Perillà, che vede in cucina un cuoco giovane e grandissimo, Marcello Corrado, ha cambiato volto, con nuovi spazi che stanno per annunciare l’apertura di un hotel dentro la Rocca. Ma Pasquale ha acquistato anche la residenza del vescovo, così chiamata, a Montalcino, che il giorno dopo farà visitare a Vittorio Sgarbi, in visita anche lui all’Anteprima del Brunello. Dire che la cena è stata fantastica non rende l’idea, anche perché insieme a quei piatti abbiamo bevuto il nuovo brut da sole uve sangiovese, che si chiama Ada (senti proprio l’anima del sangiovese in quelle bollicine e non ti capaciti di tanta goduria) e che Pasquale ha dedicato ad una delle sue figlie. Presto uscirà un bianco da uve greco, mentre l’assaggio dell’ Orcia Petrucci annata 2014 sarà spettacolare. E poi con sua moglie e due sue collaboratrici, quella sera, ci siamo raccontati la vita, come accade sempre davanti a un vino buono ma anche a una persona d’animo profondo come Pasquale, che sento amico ogni volta di più.

Delle annate precedenti ottimo il Nobile 2016 di Tiberini, bella la selezione Sor Aldo di De Ricci, entrmi di Montepulciano. Notevole il 2015 di Triacca selezione il “Poderuccio”, e ancora Dei con la riserva Bossona 2015. Non male anche il 2015 riserva di Podere Casanova. Tutte aziende di Montepulciano. È tutto, a domani con il Brunello!

21 febbraio Il Brunello 2015 alla cena di gala con Bartolini Il Brunello di Montalcino millesimo 2015 viene promosso. Questo mi sento di dire dopo 144 assaggi.

Alcuni dei campioni di Vino Nobile di Montepulciano portati in assaggio

Stasera mi sono tolto una soddisfazione: cena all’Osteria Perillà di Rocca d’Orcia con Pasquale Forte. Era tanto che non ci incontravamo e immaginavo che i suoi progetti fossero andati avanti. La stessa

Un’ottima annata quella che porta la data del 2015. Ottima in generale ma in particolare per il Brunello di Montalcino che sembra aver trovato una coerenza generale, segno che quando l’uva è sana, il lavoro in cantina è solo un accompagnamento. Vincono dunque l’eleganza e la finezza nel 2015, mentre l’opulenza riscontrata in altre annate è rara, ma questo davvero non sembra un di meno per un millesimo che si fa bere, è immediato, con vini già pronti e godevoli. 2015: ELEGANZA, FINEZZA, PRONTEZZA DI BEVA Personalmente ho ritrovato il mio Brunello, con quelle fini speziature animali in molti campioni, l’intensità del frutto e in molti casi quei tannini perfettamente levigati dentro a un sorso di piacevole pregnanza. Certamente il 2015 sarà un’annata di riserve, che nel 2014 sono state pochissime, per cui rimandiamo al prossimo anno. Le aziende migliori? Tante, sui 144 campioni assaggiati alla cieca. Ora, se la soglia delle eccellenze (dai 4* in su) ha interessato più del 60% dei campioni, tanto per intenderci, l’asticella delle cantine che andiamo a citare in questo articolo necessariamente si alza, per evitare di fare un elenco lunghissimo. Quindi ecco i migliori assaggi, che sono arrivati alla soglia dei 5*, partendo da un gruppo di cantine a noi nuove, rispetto al riconoscimento Top Hundred, che saranno prese in considerazione per il prossimo Golosario 2021. BRUNELLO DI MONTALCINO 2015: LE SCOPERTE La prima è la Fornacella, che aveva pienezza e mineralità, ma anche una complessità evidente data dalle sue note animali. Un bel campione. Sorpresa inaspettata la lettura del nome La Colombina, per il campione che ha avuto i 5* della perfezione. Bel naso, fine, frutta speziata e un equilibrio in bocca esemplare con tannini ben levigati. Un prototipo davvero tipico di questa annata che conferma la piacevolezza della bevuta. Bene anche il Brunello di Montalcino 2015 de La Fiorita che aveva anche note mandorlate. Una frutta vinosa ha accompagnato l’assaggio de La Magia, mentre la filigrana l’abbiamo trovata nel Paradiso di Cacuci col suo sorso pieno e di carezzevole tannicità. Bell’equilibrio nel Brunello di Piancornello e una speziatura tipica che vira a sentori animali con il Brunello di Renieri. Sorpresa

Marcello Corrado, chef dell’Osteria Perillà

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poi nel leggere il nome di Roberto Cipresso che esce per la prima con un Brunello di Montalcino tutto suo davvero esemplare: sul mio taccuino ho scritto “ha tutto quello che deve avere un Brunello elegante” con il bagaglio di ricchezza che consente questa annata. Ottimo il Brunello dell’azienda San Giacomo, che spicca per la freschezza alla fine di un sorso complesso. Decisamente pieno il Brunello di San Carlo. Nuovo per noi è poi Casisano, una cantina che ci ha fatto conoscere un Brunello con note balsamiche e un finale giustamente tannico di lunga persistenza. BRUNELLO DI MONTALCINO 2015: LE CONFERME Bene, ed ora le conferme, che in un’annata così importante sono state tante, per cui le cantine che citiamo, con mia grande soddisfazione, sono quelle che hanno raggiunto il punteggio che sta intorno ai 5*. Iniziamo dal fondo questa volta, per andare al campione 141: Ciacci Piccolomini d’Aragona, bravi! Si impone anche il Castello di Romitorio e l’ottima Carpineto, che in queste anteprime si è sempre distinta, nel Chianti come nel Vino Nobile, ma qui con il Brunello ci ha dato forse il meglio con un bicchiere ricco già al naso, rotondo e pieno. Felici di annoverare anche quest’anno, fra i top, Caprili e poi un tris di storici come Argiano, Caparzo e Agostina Pieri che spicca per le note fruttate e animali insieme ed è ricco quanto basta per farsi bere con voluttà. Notevole il Brunello di Villa i Cipressi che ci fa pensare a un versante di Montalcino benedetto dalla buona sorte. Via con un altro tris di conferme: Tenuta di Sesta con un Brunello fragrante, la Tenuta la Fuga, esemplare al naso e infine

Le Potazzine con quella speziatura delle grandi annate che qui interpretano in maniera magistrale. Eccoci poi all’affermazione di un nostro amore, che è Ridolfi e di un grande del territorio come Salvioni. Leggere poi il nome di Podere Brizio, nostro top hundred di tanti anni fa, fra i Brunello setosi e balsamici ci ha fatto piacere, a conferma di una storia che prosegue. E ottimo anche il Brunello di Pian delle Vigne che ha profondità ed equilibrio, così come il Brunello di Mastrojanni che è un esemplare di tipicità davvero notevole: note calde animali e tannini finissimi. Evviva per il Brunello di Lambardi (e che gioia vederlo spiccare, essendo affezionati da tanti anni al suo lavoro) e per quello del Marroneto. Non male Greppone Mazzi e Il Poggione (ma potevano smentirsi questi giganti?) Ampio lo spettro aromatico al naso del Brunello di Fuligni, mentre il campione di Fattoi si è distinto per la sua mineralità. E infine, anche se è stato il primo dei Brunello assaggiati che poi abbiamo voluto riassaggiarlo per avere conferma di quella pienezza immediata è il Brunello di Montalcino 2015 di Col d’Orcia, grande come e più di sempre. Anche il colore non troppo carico è coerente nel presentare la sua bella stoffa. Si può dire, anche se non li dico mai, che la scalarità del sorso che termina con quei tannini precisi mi ha portato a un vino croccante. Evviva il Brunello di Montalcino 2015! E infine la cena di gala del Brunello, che quest’anno è officiata da Enrico Bartolini. E farà la sua gran bella figura. Con me al tavolo, l’onore di avere il conte Marone Cinzano di Col d'Orcia, ma anche i produttori delle cantine Cordella, La Colombina, Sassodisole, Agostina Pieri. Di tutti assaggiamo i loro Brunello, passando una serata molto piacevole, per quanto mi riguarda la migliore di questi ultimi anni. Domani, con calma, verso le 10.30 si riparte per Milano, con dentro, non lo nego, la solita nostalgia per la bella Toscana. P.s. Ho scoperto un posto che voglio mettere nel mio Golosario: si chiama Il Colle è Cibo come Vita, proprio all’uscita del casello di Barberino del Mugello.

Paolo Massobrio e il sommelier Gastone Ugurgieri durante le degustazioni di Benvenuto Brunello

Lo chef Enrico Bartolini alla cena di gala da lui officiata

22 febbraio Scoppia il Coronavirus e a Milano appare il deserto Il Coranavirus, che scientificamente verrà nominato Covid-19 fa breccia anche in Italia. Anzi, le avvisaglie sono preoccupanti perché due zone, quella lodigiana con epicentro a Codogno e quella di Vo’ Euganeo sono già state blindate: zona rossa con divieto di entrata e uscita. Perfino l’autogrill nei pressi di Lodi sulla MilanoPiacenza è sbarrato. In un battibaleno Milano diventa deserta,

Il produttore Roberto Cipresso col suo primo Brunello

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le scuole resteranno chiuse dopo la prova di una settimana che coincideva con il Carnevale. Il giorno dopo partirò per Padova, ma anche qui l’albergo che mi ospita è abbastanza vuoto e per le strade, il giorno dopo, si troveranno comodamente i parcheggi. Lunedì a Verona, la riunione con gli amici di Alleanza Cooperative e Veronafiere viene fatta a distanza, con un collegamento via Skype perché sono stati annullati i permessi aziendali per allontanarsi dal proprio posto di lavoro. E da qui ai prossimi giorni sarà un’escalation di cancellazioni di appuntamenti, uno dopo l’altro. Il telefonino è ormai diventato un frenetico strumento di consultazione del sito dell’Ansa e della Stampa, che dà la misura della crescita costante del fenomeno: salgono i contagiati, ma anche i morti, soprattutto anziani o soggetti con varie patologie, mentre il numero dei guariti, progressivamente, si attesterà sul 10 e poi sull’8 per cento. Al momento, ancora non si riesce a dare una dimensione al fenomeno, che tuttavia cresce di giorno in giorno e diventa preoccupante. E sui social di scatenano le tesi più curiose che poi invadono le chat dei vari gruppi, ognuno con la sua verità: chi minimizza, chi ha visioni apocalittiche. Il giorno dopo scriverò una mia riflessione su Avvenire, nel consueto appuntamento del mercoledì. Un tempo per ritrovare il piacere di star insieme Il barista del mio quartiere a Milano domenica era molto arrabbiato: avevano annullato la partita di calcio. «Ma che c'entra, se uno sta male va all'ospedale a curarsi – è sbottato mentre serviva i caffè –, cosa vuol dire bloccare la partita?». Davanti a lui la gente al banco non commentava. Quando poi avrà saputo che alle 18 doveva chiudere le serrande, come sarà rimasto? Le precauzioni per cercare di limitare l'espandersi del Coronavirus stanno mettendo a dura prova proprio il comparto più vivace, quello del tempo libero, della convivialità, del turismo. In poco tempo le strade sono diventate deserte e lo spettro della recessione sta tramutandosi in realtà. Davanti all'emergenza gli atteggiamenti sono i più disparati, vanno dall'incoscienza al panico, che sono le due facce della stessa medaglia. Si vorrebbe parlare di Vo' Euganeo e di Codogno in positivo, ma citando le tipicità enogastronomiche di quei luoghi si rischia di ghettizzarli senza motivo. L'esposizione mediatica viaggia a livello mondiale e per una persona che sta dall'altra parte del mondo Codogno è Italia, punto e a capo. Quante volte gli strateghi del marketing ci hanno spiegato che era difficile promuovere una valle, una città, una regione agli occhi di un mondo che, rispetto al nostro Paese, ha pochissimi punti di riferimento: Roma sicuramente, ma anche Milano e Venezia che in qualche modo ricorrono nei bollettini di questa guerra contro un virus sconosciuto. Fra i messaggi che mi sono arrivati sul telefonino, mi tengo stretto quello di Alejandro che vive in un Paese poverissimo come il Venezuela e dice: «Penso che quello che sta accadendo sia un'occasione per iniziare la Quaresima guardando il nostro niente e volendo il bene che abbiamo ricevuto, anche il bene comune». Non so se il barista del mio quartiere potrà avere questa percezione, ma è proprio nella difficoltà, nella mancanza di qualcosa, che matura di più la consapevolezza di ciò che avevamo, di ciò che siamo. E il domani non potrà essere come prima. Anche il rettore del santuario di Oropa, dove si sono recati i miei amici a pregare, ha detto che «questa occasione ci permetterà di ritornare a desiderare ciò che il Signore ci ha sempre regalato, di riscoprire che tutto è dono, non solo la messa negata in molti luoghi, ma anche la salute, il lavoro, la libertà di viaggiare, di comperare, di divertirci, di ritrovarsi fra amici». Anche la politica oggi deve la Circolare

fare i conti come non mai su cosa sia il "bene comune": significa fare scelte, anche dolorose dal punto di vista economico e sociale, mettere al centro le vere priorità. Fra cui la ricostruzione di una filiera, quella agroalimentare e turistica, che oggi sta pagando un conto salatissimo, come del resto ciascuno di noi. (Avvenire 26 febbraio) 26 febbraio Una degustazione storica da Bersano Il primo appuntamento che salta è un convegno al Carlo Porta di Milano dedicato alla sostenibilità nella ristorazione. Avevamo invitato gli operatori della nostra guida e l’adesione era stata entusiastica, anche con mia sorpresa: tutto cancellato. Se ne riparlerà più avanti. Così ne approfitto per andare alle cantine Bersano di Nizza Monferrato per fare una degustazione che desideravo da tanto tempo, visto che nella mia cantina c’era una bottiglia di Barbera del 1986, primo anno di produzione, che mi aveva colpito per la sua integrità. E difatti, guidati dall’enologo Roberto Morosinotto, abbiamo passato in rassegna una teoria di vini, uno più sorprendente dell’altro: dal Sauvignon al Ruché, ma anche il Grignolino aveva un suo perché e persino il Pinot Nero. Dopodiché l’affondo sulle Barbera: dal Costalunga alla Cremosina (superiore) fino alla Generala (che oggi è un Nizza) assaggiata in più annate, compresa la grandiosa del 2007 e poi del 2000 e del 1999. Abbiamo chiuso col Barolo “Badarina” 2012. Una degustazione memorabile, con la sorpresa di stringere la mano a Ugo Massimelli, uno dei titolari della Bersano, che mi ha portato Filippo Mobrici. Il giorno dopo, i nostri appunti di degustazione finiranno sul portale ilgolosario.it, con un pezzo firmato con Stefano Tucci che era con me. E in fondo ho voluto scrivere che avevo voluto fare questa degustazione in cantina per svariati motivi. Il primo è quella Barbera d’Asti Generala 1997, secondo anno di produzione che, prelevata nella mia cantina, mi aveva stupito (ma poi anche il 1996 è stata altrettanto sorprendente). E non avrei mai immaginato un’integrità del genere. Il secondo motivo era respirare una storia che mi appartiene. Nel 1986 partecipai alla mia prima bagna caoda nel Museo Bersano, ma Peppino Zola, amico di lunga data e figlio di quell’Angelo Zola, fondatore dell’Associazione Italiana Barman, mi aveva parlato a lungo dell’amicizia fra Arturo e Angelo, quando a Viverone facevano la bagna caoda e Arturo portava il Dolcetto. Chi era Arturo Bersano? Un visionario, un leader del mondo del vino, un ambasciatore che aveva la netta percezione del valore del Monferrato in quanto a vini.

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Paolo Massobrio e Filippo Mobrici con Ugo Massimelli (al centro)

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E quindi della Barbera. La degustazione di questo mercoledì è stata una conferma: la Barbera, vino di caratura internazionale senza se e senza ma. Complesso come i grandi vini rossi del mondo, decisamente grande quando invecchia, ma già rorido di promessa quando è giovane. Stefano, che è anch’egli figlio di queste terre (lui è di Mongardino, io di Masio), ha descritto bene questi assaggi che sono stati un regalo per tutti noi. Come lo è stata la stretta di mano con Ugo Massimelli, colui che insieme al suo amico Biagio Soave ha dato una continuità affettiva ed effettiva a questa cantina preziosissima per tutto il territorio.

Roberto Morosinotto, enologo della cantina Bersano

27 febbraio A Carmagnola e poi a Verona con cena ai 4 Cuochi Ci si incontra a Carmagnola, nei locali del Comune per ragionare sulla prossima edizione della Fiera Nazionale del Peperone, in programma a inizio settembre. E insieme si decide di lanciare il secondo premio giornalistico dedicato alla città e al suo prodotto simbolo. Una riunione veloce, dalle 11,30 alle 13, per poi partire alla volta di Verona: stasera cena ai 4 Cuochi e poi domani la riunione con i sindaci di Soave a Bardolino per mettere a fuoco il programma di “Aspettando Vinitaly and the City”. Ma intanto i rumors di uno slittamento di Vinitaly cominciano a prendere fiato. È una giornata dove sembra ancora tutto apparentemente normale. Mercoledì sera siamo stati a cena a Canelli, all’Osteria dei Meravigliati, ed era piena di gente, che si divertiva in quel locale colorato con la cucina tipica astigiana. Ieri sera ai 4 Cuochi di Verona non c’era il pienone ma nemmeno il vuoto, però la cameriera si lamentava che in settimana s’era vista poca gente. Stasera sono andato a cena in un locale delizioso, l’Osteria delle Zucche Vuote di Quargnento, alle porte di Alessandria e il clima era sereno: 10 persone in tutto. Nel mio girovagare sono persino andato a Vighizzolo d’Este, passando dai confini coi Colli Euganei con i cartelli che indicavano Vo’, che è uno dei grandi paesi del vino. Ed ho avuto una percezione di normalità, ma non è proprio così: la domenica mattina ad Alessandria, la chiesa della messa delle 11 sarà semivuota.

cominciamo ad ipotizzare il 9-10 maggio. Facciamo un giro di chiamate, avvisiamo i nostri partner, riposizioniamo l’evento e troviamo il consenso di tutti i Comuni e anche degli espositori. Con la possibilità di sinergia con l’evento Nizza È Barbera e Riso & Rose in Monferrato. Il giorno dopo anche Vinitaly decide di spostare la data e si va verso metà giugno. Nel frattempo stilo l’elenco degli appuntamenti che stanno saltando come dei birilli. In pratica si sono salvate appena in tempo le Anteprime Toscane. Chiude il ristorante Or di Grintorno di Agazzano che era partito con l’ottimo Vincenzo Martella e la sua brigata, ma la congiuntura che vede Piacenza fra le zone più a rischio non consente di sostenere costi senza prospettive di ricavo. Salta il convegno dedicato alle De.Co. lombarde, previsto a Passirano la sera del 28 febbraio. E poi saltano tutti gli appuntamenti che avevamo in programma per Vinitaly and the City, che andrà riprogrammato. Dopodiché salta la nostra assemblea con pranzo il 15 a Bogomanero, salta la lezione all’Università della Pizza del 16 marzo, ma anche Olio Capitale a Trieste in programma dal 21 al 23 marzo. La situazione si sta aggravando e l’Italia viene indicata nel mondo come un paese ad alto rischio. Una situazione così non era mai successa. Muore Daniel Thomases Non c’era quest’anno alle Anteprime in Toscana: di solito veniva a quella del Brunello di Montalcino ed io imperterrito lo fotografavo sulla sua risata. Era un americano stregato dalla Toscana, dove viveva ed aveva collaborato a stretto contatto con Luigi Veronelli, essendo uno spirito libero e poco malleabile. Ricordo un pezzo memorabile, che scrisse sulla rivista di Gino, dedicato alle fasi di uso della barrique, dove scrisse molte verità, dalla fase del sentito dire per cui i produttori fecero pagare ai consumatori le loro sperimentazioni alla fase scientifica, dove l’uso della barrique ha smesso d’essere una moda o un’ideologia, ma è diventata, come doveva essere, un semplice strumento di lavoro. Gli feci i complimenti, per la lucidità di quel pensiero, poi tante pacche sulla spalla, ogni volta che ci si incontrava, soprattutto in Toscana, dove lui dimostrava la sua tempra di degustatore. Ti ricorderemo, io e Marco Gatti, con ammirazione. Pari a te, oggi, è rimasto solamente Virgilio Pronzati: la medesima perizia, la medesima testardaggine di conoscere fino in fondo tutto dell’universo mondo del vino.

2 marzo Spostata Golosaria Monferrato. E anche Vinitaly Nel week end prendiamo la decisione di spostare Golosaria Monferrato: non sarà possibile farla nel weekend del 28-29 marzo e la Circolare

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Un’immagine di Daniel Thomases a Montalcino due anni fa

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4 marzo I Designer per il Monferace Siamo in pochi e quindi confermiamo la riunione della giuria per un packaging sui cartoni delle bottiglie di Monferace. L’architetto De Lucchi ha visionato nel suo studio i 58 lavori che sono arrivati alla segreteria del premio ed ora tocca a noi, con Guido Alleva, presidente dell’Associazione Monferace, Carlo Montalbetti di Comieco con Alice Zappa ed Eleonora Finetto e quindi Giuseppe Perrone e Monica Deevasis di Studio Due, dare il nostro parere. Alla fine, dopo aver selezionato i 7 lavori migliori, il verdetto, che sarà comunicato a Vignale Monferrato durante Golosaria Monferrato: domenica 9 maggio, con l’allestimento della mostra di tutti i lavori realizzati. E questa di fatto sarà l’ultima riunione prima di un periodo di fermo, ma anche l’ultima volta che potrò venire a Milano. Vado a cena con mio figlio alla Trattoria della Trisa e francamente resto infastidito dal fatto che un locale, in un clima di emergenza che poi diventerà più stringente, usi il criterio di far sedere la gente che man mano arriva vicina, riempiendo il locale come fosse un bicchiere, per comodità di servizio. Vuol dire che mi ha preso la fobia del Coronavirus? Oppure mi ha dato fastidio la cameriera che, stizzita, faceva fatica a dire quali erano le etichette dei vini a bicchiere disponibili? In ogni caso al servizio va un faccino storto (qualcosa non va). Ancora a Verona per due giorni: ma si resta sospesi Mentre anche Cibus di Parma viene rinviato, a settembre, e così molte altre manifestazioni del settore enogastronomico, vado a Verona per capire, insieme a Sara Benedetti, come riformulare la proposta di Vinitaly And the City dopo i cambiamenti di data. Ci troviamo, alla fine di una giornata di tensioni e di decisioni, a riscrivere scenari. Prima al Caffè Carducci di Verona, che è un posto davvero accogliente, con una scelta di vini a bicchiere molto interessante. Ma lo saranno anche gli amuse bouche di aperitivo; quindi cena al ristorante Antica Torretta di Verona, dove anche qui c’è una selezione competente di vini che accompagna una cucina di buona soddisfazione. Il giorno dopo a Verona non riuscirò a fare alcuna riunione e vivo una giornata da turista obbligato, dove a mezzogiorno mi godo la pizza margherita di Guglielmo Vuolo in viale del Lavoro, quindi attacco il mio pc nel mio albergo e poi la sera a cena con due amici all’Osteria del Fil de Fero di Sommacampagna. Nel frattempo mercoledì è uscito il mio secondo pezzo in piena epoca Coronavirus. Eccolo. Ma per fortuna la campagna non chiude Le più importanti fiere enogastronomiche di settore, ma non solo quelle, sono sotto scacco per via del Coronavirus, che di fatto sta isolando l'Europa dal resto del mondo. Cancellate moltissime date di marzo, persino il Pro Wine a Düsseldorf, che pochi giorni prima era stato invece confermato; ora gli occhi sono puntati su Vinitaly a Verona, che che sarebbe dovuto andare in scena nella parte alta di aprile e che viene spostato di due mesi (dal 14 al 17 giugno). Tuttavia questo virus è arrivato come una guerra che non ha date di scadenza. Ci si appiglia ai Tg, e mai prima d'ora s'era registrato un picco di ascolti all'ora di pranzo, per attendere la notizia che si vorrebbe "comprare" – se fosse possibile. Ieri serpeggiava quella di un numero a tre cifre per le guarigioni e di la Circolare

un certo rallentamento, che è un dato assodato in Cina, mentre si vorrebbe lo fosse anche per l'Italia. C'è poi la notizia discordante che riguarda i vaccini: Trump parla di due mesi, gli scienziati di due anni: un conto è il desiderio e un altro la realtà. Le due cose si sono scollegate, vedendo i dibattiti in tivù, ma anche i distinguo dei partiti che usano una tragedia per animare schermaglie che alla gente provocano solo riluttanza. Fa digerire meglio la notizia, tutta da verificare, che le piogge di questi giorni, migliorando la qualità dell'aria, mitigherebbero i contagi. E intanto la Coldiretti invita ad andare nelle aziende agrituristiche perché la campagna non si ferma. Sì, è vero: neanche la vita si ferma, però questa situazione ci sta mostrando che, quando si è entrati nell'era della globalizzazione, poi è difficile tornare indietro. Siamo tutti interconnessi: lo sono le fiere che promuovono i nostri vini in quell'area di miglioramento che sono i mercati esteri, ma se vengono meno vanno in affanno gli alberghi, che stanno chiudendo a singhiozzo volontario per evitare altri costi. E così per tutto il resto: l'autarchia produttiva è un sogno che appartiene al passato, oggi vince la dipendenza, che una scellerata politica dei dazi mina alla radice. Questo per dire che, se va a rompersi un equilibrio, tutto il sistema globale vacilla, soprattutto in termini di occupazione e di squilibrio fra ricchi e poveri. Il coronavirus ha messo in luce tante ferite aperte, che poi possono trascendere nel panico, nella paura, nel razzismo addirittura, mentre oggi abbiamo bisogno di riappropriarci di ciò che la nostra civiltà ha costruito, ma soprattutto abbiamo bisogno di statisti. La politica si gioca a livello globale, e non solo quando si affaccia un'emergenza. (Avvenire, 4 marzo) 5 marzo Cambio di un’epoca: siamo sulla Stampa on-line Se si può dire che è finita un’era, lo spunto ce lo dà La Stampa, che dopo mesi di trattative e scioperi decide di spostare on-line una parte del giornale, compresi gli inserti dove da oltre vent’anni scrivo le mie recensioni di vino, mentre Raspelli da qualche anno in più scrive quelle dei ristoranti. TuttiGusti si sposta nella sezione TopNews a pagamento, insieme a TuttoScienze e altri inserti. Era inevitabile che anche i giornali iniziassero il percorso di ridimensionamento. La foliazione attuale è diventata un lusso, che non è più supportato da una raccolta pubblicitaria adeguata. Tuttavia il lettore, il fedele lettore del giornale, si trova in qualche modo mortificato. Non trovare più le firme che bene o male si seguivano da anni impoverisce un giornale, che forse dovrà fare altre dolorose scelte, mentre la spiaggia dell’informazione on-line avrà da fare delle scelte nel campo della qualità. Il mio pronostico è che in futuro troveremo in edicola sempre meno quotidiani, e tutti più o meno somiglianti al Foglio, ossia solo approfondimenti e foto essenziali: la cronaca viene spostata sull’on-line, ma dove già si è abituati ad atterrare, soprattutto di questi tempi. Delusione? No, per niente, è solo una sfida dove non ho intenzione di tirarmi indietro. Le sfide, del resto, sono il sale di ogni sana professione. 7 marzo Angelo Gaja compie 80 anni e scrive. Angelo Gaja oggi compie 80 anni. E a sorpresa mi invia una lettera, molto bella alla quale rispondo immediatamente, mentre vado in cantina a prendere due bottiglie del 1986: un Darmagi e un Costa Russì. Invece sulla Stampa on-line scrivo un articolo che prende spunto dalla mia degustazione e che riporto in parte qui di seguito:

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“Pensare diverso” è da sempre stato il mantra della famiglia Gaja. Scrive Angelo Gaja in un messaggio: “Al raggiungimento degli ottant’anni non voglio privarmi di un atto di vanità: esibire i buoni risultati che i miei figli hanno ottenuto con le ultime annate messe sul mercato. Dal 1996 al 2011, per 16 anni, avevo rinunciato alle denominazioni Barbaresco e Barolo per i vigneti singoli, in favore della denominazione Langhe Nebbiolo. Tuttavia furono i miei figli a dirmi che il progetto non faceva parte del loro pensiero: volevano anch’essi avere possibilità di produrre Barbaresco e Barolo con il nebbiolo in purezza. Ci furono un paio d’anni di discussioni e poi cedetti non ritenendo possibile imporre ai figli un progetto che non apparteneva loro. Così non sono geloso dei buoni risultati ora esibiti”. Ad esempio i 100/100 da Vinous di Antonio Galloni (Usa) e dalla rivista Falstaff per il Barbaresco Sori Tildin 2016; medesimo punteggio al Barolo Sperss 2015 da Jeb Dunnuk (Usa), mentre l’italiano Doctor Wine e Wine & Spirits (Usa) sono concordi nel dare 100 al Barbaresco Sorì San Lorenzo. Un trionfo decisamente unico che va dunque ascritto a Gaia, Rossana e Giovanni, cui personalmente vorrei aggiungere altre chicche della maison di Barbaresco delle quali non si parla quasi mai: lo Chardonnay Gaja & Rey 2015 assaggiato alla cieca con 10 grandi Chardonnay del mondo e l'Altemi di Brassica 2013 (sauvignon servitomi da Francesco Longhi al ristorante Loro di Trescore Balneario), altra perla di mineralità filigranosa che rimarca i frutti esotici. Tanti auguri Angelo! (lastampa.it)

“Caro Angelo, intanto molti cari auguri per domani. Come passa il tempo: quando compisti i 70 anni scrissi un articolo memorabile sulla Stampa, dove chiusi dicendo che tuo papà verrà ricordato per il Barolo, tu per quel pensare diverso che hai applicato (ovvero il Darmagi) mentre i tuoi figli saranno ricordati... per il Barbaresco. Come vedi sono stato profetico, ma a ben vedere anche i tuoi figli pensano diverso: da te tanto per cominciare. E non è poca cosa perché nella vita di una famiglia tutto è circolare e tutto passa sempre al setaccio di quel fenomeno che si chiama tradizione (tradire, ovvero trarre dal passato ciò che ci sembra attuale oggi. Ma il DNA non viene intaccato, è sempre quello). Grazie allora per quello che sei e per questa riflessione “paterna". E grazie per avermi coinvolto in questi pensieri. Questa sì che è amicizia.

Angelo Gaja con la sua famiglia nella foto pubblicata su lastampa.it

8 marzo Una festa rovinata: siamo nella zona rossa L’8 marzo era la festa della donna, ma credo che molti la ricorderanno per essersi svegliati – ed io fra questi – nella zona rossa. Ebbene sì, oltre a Lombardia, anche 14 province, fra cui Alessandria, dove abbiamo casa e ufficio. È domenica e prendiamo atto che non ci possiamo più spostare (sospeso anche l’appuntamento a Milano delle 10 di questa domenica) e dobbiamo riorganizzare il lavoro. Con Silvana mettiamo subito in atto un piano di smartworking, per cui la maggior parte dei nostri dipendenti lavorerà da casa. Nei due uffici ci saremo da una parte io con una persona e nell’altro Silvana con altre due persone, per il resto saremo in contatto via mail fino al 3 di aprile. Nel pomeriggio ci vediamo con Andrea e Simona che è quella che abita più lontano e man mano arrivano altri collaboratori che si prendono i documenti per lavorare a distanza. Il lunedì sarà una giornata di assestamento e martedì manderemo un messaggio a tutti i nostri contatti per dire che Ci Siamo! Francesco Longhi del ristorante Loro di Trescore Balneario

Alla sua lettera che ho sintetizzato in questo scritto c’era poi un altro passaggio molto bello: “Dico anche ai figli che debbono tenere i piedi per terra, loro sì che non debbono esibire, non sarà sempre festa, arriveranno le spine nel fianco, le annate difficili, quelle che loro dovranno anche sapere sacrificare in parte se non anche nella totalità per proteggere la dignità della denominazione/marchio che sono in etichetta. Dirà il tempo se il progetto che hanno intrapreso sia quello giusto: al momento li premia, ma stanno tra i “così fan tutti”, non hanno ancora raccolto il messaggio di mio padre PENSARE DIVERSO che pure io non manco di ricordare loro. O forse è meglio così. Il tempo dirà.” E qui la mia risposta, che è stata immediata: la Circolare

Non essendo in giro scriverò in prima persona la Notizia del Giorno; aprirò la porta. Ma nel frattempo tutti lavoreremo per chiudere in anticipo, rispetto agli altri anni, Il Golosario 2021, mentre il Portale IlGolosario.it tratterà temi legati allo stare a casa. Marco Gatti, scrive di getto un pezzo per il portale che riportiamo qui, mentre sul fronte vino iniziamo a immaginare il calendario delle degustazioni dei Top Hundred 2020. Come ci si sente? Se devo essere sincero non è la disperazione o la tristezza il sentimento che ci sta attraversando, ma una certa positività. In queste situazioni verrà fuori l’affezione vera al proprio lavoro, alle persone, agli amici, ai colleghi e, soprattutto ai famigliari. E di questo bisognerà essere grati. La navigazione è piena di incognite e di turbolenze. Ma anch’io come tanti in questi giorni sono dell’idea che ce la faremo.

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Ecco l’articolo di Marco Gatti COSA CI SALVERÀ? È bastato un pipistrello a mandare in tilt il mondo È stato sufficiente un animaletto, e che non era nemmeno con i poteri di Batman, ma minuscolo, insignificante, a smascherare la grande menzogna, a provocare quello che sembrava impossibile. Noi uomini e donne del 2020, abituati a muoverci tra New York, Parigi e Pechino, e a guardare la vita dai grattacieli usando le più sofisticate tecnologie, abbiamo scoperto di essere vulnerabili. Mortali, esattamente come i nostri antenati, su su fino all’uomo della pietra. Quelle che fino a ieri erano considerate certezze, tutte svanite, in una manciata di giorni. Con la parte di umanità “ricca” che si ritrova al fianco di quella “povera”, con l’impossibilità a disinteressarsene, perché soldi e benessere, son ben poca cosa se non son usati per uscire insieme da questa nuova, comune, povertà. La paura il “rumore di fondo” di queste giornate dove in gran parte del pianeta regna il silenzio. Ma alle prese con questo nemico sconosciuto, in una guerra per cui non servono le armi più sofisticate, la sfida lanciata dal piccolo pipistrello dei boschi della Cina, mentre da un lato coinvolge tutti i continenti, dall’altra ci mette ciascuno, uno per uno, di fronte alle domande più profonde dell’esistenza, che, forse, il correre forsennato del nostro vivere ci avevano fatto dimenticare. Una ferita, per noi, la fatica di questi giorni di artigiani, ristoratori, vignaioli, alle prese con chiusure forzate e preoccupazione per la ripresa. Chi crede, sa che la preghiera, oggi spesso estranea al vivere quotidiano perché considerata “inutile”, in realtà è il modo di guardare a sé e al prossimo più vero. Per tutti, la paura si può vincere solo stando insieme, ciascuno con la sua domanda di senso, sapendo che più che mai ora, non è il momento dell’egoismo, ma della generosità, dell’aiutarsi, anche eroico se del caso, del lottare perché gusto e bellezza abbiano il sopravvento su quel maledetto virus che si chiama paura.

Marco Gatti

10 marzo Tutta Italia blindata Non è durato neanche un giorno il provvedimento della rossa che ci riguarda: oggi il premier Conte ha firmato un decreto ancora più restrittivo che rende rossa tutta Italia, fino al 3 aprile. Tutto bloccato, ovunque, sotto l’hastag #iorestoacasa, mentre il numero di infettati supera i 10 mila. Ma il picco, dicono, è ancora lontano. Anche il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio è stato trovato positivo e mi dicono anche un caro nostro amico, Franco, che fino a qualche anno fa gestiva il nostro bar preferito di Alessandria, il Gipsy (Forza Franco!). I giornali escono con titoli che rimarranno nella storia, a documentare gli eventi peggiori, qui sotto riportiamo il Corriere della Sera. la Circolare

Sui social arrivano i messaggi più disparati, che non tranquillizzano per nulla le persone. Molte sono fake news e danno consigli di carattere alimentare come bere molta acqua e soprattutto arance e limoni. Già, ma visto che c’entrano i pipistrelli l’aglio no?

La prima pagina del Corriere della Sera del 12 marzo

Muore Suor Germana La notizia è stata ripresa da tutti i giornali, stamattina: sabato sera è morta a 81 anni Martina Consolaro, conosciuta come suor Germana. Ora, noi Germana l’abbiamo conosciuta e incontrata svariate volte: ricordo al primo Salone del Gusto di Torino: l’accompagnai io, d’accordo con Carlin, giocando sul Diavolo e l’Acqua santa. Ma poi la incontrai in diversi momenti pubblici, uno su tutti mi sta a cuore ed è la Giornata di Resistenza Umana del febbraio del 1999 quando cenammo a Cocconato d’Asti. E c’erano Franco Maria Martinetti, il conte Riccardi, Edoardo Raspelli, che l'aveva portata in televisione e aveva collaborato alla sua Agenda abbinando i vini alle ricette. Nel 1994 gli dedicammo la copertina del 10° numero di Papillon dove lei ci rilasciò questa intervista che ci sembra quanto mai attuale. «Sono innanzitutto convinta di una cosa: il bene bisogna farlo bene. La cucina, ho imparato col tempo, è una cosa buona che può anche trasmettere messaggi. Il mio motto è infatti: "Ditelo con un piatto". Significa che molte volte i problemi in famiglia nascono anche per le difficoltà della donna a gestire la casa, e quindi anche la cucina. Per questo nei miei corsi che svolgo al Punto Famiglia di Torino insegno proprio a utilizzare la cucina per vivere determinate situazioni. C'è il piatto per chiedere cose speciali, quello per premiare, quello per perdonare... Dico sempre che "lo stomaco è vicino al cuore" quindi certi mes-

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saggi si capiscono meglio dopo aver assaggiato un buon piatto. La casa deve diventare insomma un luogo dove si torna volentieri. Come è possibile altrimenti creare una famiglia se la casa è vissuta come un albergo in cui la sposa è disorientata in cucina? In cucina invece occorre starci con gioia. Io per esempio insegno piatti semplici: poi per amore una inventa altre cose e impara a essere creativa. La prima lezione dei miei corsi parte dalla prima colazione. Insegno per esempio che senza le calorie si è incapaci di manifestarsi come persona. L'unica cosa che non sparisce è proprio il cibo, che diventa persona nella persona. In più ci si regala del tempo per stare insieme. Se al mattino ogni italiano si scambiasse un cucchiaino di miele, per esempio, assorbirebbe un lubrificante cerebrale, oltreché un energetico naturale. E nei miei consigli dò priorità assoluta all'utilizzo dei prodotti tipici italiani, "locali" e "stagionali": fanno capire meglio il progetto di Dio sul mondo. Pochi sanno per esempio che i cavoli sono verdure d'inverno e tra le più anticancerogene che esistono. In fondo, far scoprire alla gente le cose che abbiamo intorno, che nascono grazie alla forza del sole al momento giusto e non artificialmente è anche una missione».

La copertina del numero 10 di Papillon, uscito nel 1994

Queste parole, sono diventate da allora una sorta di manifesto permanente dell’azione del Club di Papillon, da cui sono scaturite tante iniziative: dal libro dedicato alle ricette regionali, l’Ascolto dei Sapori, al Manifesto del Naturale Ordine del Gusto fino alla creazione di una nostra agenda in chiave moderna, Adesso 365 giorni da vivere con gusto, che è partita proprio dal suo assunto per cui se uno pensa alla propria casa in cuor suo dice: "Che bello!”. Per questo Suor Germana era fra i soci onorari del Club di Papillon, una sorta di gruppo di saggi, che ci avrebbe accompagnato nelle azioni future. Grazie Martina, grazie per la tua amicizia! Nel mio articolo che apprirà su Avvenire mercoledì 11 marzo, non posso fare a meno che riprendere alcuni spunti di Suor Germana, quanto mai attuali in questi giorni dove si è costretti a stare a casa. Le edizioni locali dei giornali mostrano i portoni chiusi dei ristoranti più famosi: “per ferie” c’è scritto, e la riapertura coincide per tutti con il 3 aprile. Che succederà da qui a quella data non ci è dato di sapere e, purtroppo, neanche di immaginare, ma certo è che dentro a queste ferie forzate c’è un limite di resistenza oltre il quale molte attività, soprattutto di giovani che avevano un futuro, rischiano di saltare. E in crisi sono finiti anche rider, perché la Circolare

la gente non apre più la porta di casa e men che meno si fida di ciò che arriva da fuori. Però si fida dei pacchi a domicilio della grande distribuzione, che avrebbe triplicato le consegne, mentre i ristoranti che non vogliono gettar la spugna, hanno inventato la vendita dei piatti take away entro le 18. Sarà un caso, ma l’inizio di queste restrizioni cui tutti siamo sottoposti, coincidono con la Quaresima... e l’attesa della Pasqua assume un significato di purificazione generale. In ogni caso, per credenti e non, l’evidenza di una situazione dove è impossibile dominare gli eventi è palese. Tuttavia questo tempo ha dalla sua tanti aspetti di purificazione, ad esempio nei rapporti quotidiani coi propri famigliari. E si è insieme a vivere l’avvicendarsi degli eventi, scoprendo che la solidarietà non viaggia su smarthphone e social, ma chiede gesti, ad esempio di prevenzione per se stessi e gli altri oppure di attenzione ai più deboli, come accade in alcuni condomini di città dove i più giovani si mettono a disposizione per fare la spesa agli anziani. Ma c’è un altro aspetto che stiamo riscoprendo: la tavola, il ritorno del rispetto degli orari, la non scontatezza di un piatto cucinato o di un prodotto di stagione. Ed era tanto tempo, nella frenesia della nostra vita, che non ci si accorgeva di questo. Sabato scorso è salita in cielo Martina Consolaro, meglio conosciuta come suor Germana, autrice di best seller dedicati al cibo che diventa un legante famigliare e un modo per comunicare. La intervistai nel 1994 e le sue parole appaiono quanto mai attuali oggi. «La casa deve diventare un luogo dove si torna volentieri. Come è possibile altrimenti creare una famiglia se la casa è vissuta come un albergo in cui la sposa è disorientata in cucina? In cucina invece occorre starci con gioia, partendo da piatti semplici, poi per amore si impara a essere creativi. Insegno poi che senza calorie si è incapaci di manifestarsi come persona. L'unica cosa che non sparisce è proprio il cibo, che diventa persona nella persona. In più ci si regala del tempo per stare insieme. Se al mattino ognuno si scambiasse un cucchiaino di miele, assorbirebbe un lubrificante cerebrale e un energetico naturale. Per questo consiglio l'utilizzo dei prodotti tipici "locali" e "stagionali": fanno capire meglio il progetto di Dio sul mondo.” (Avvenire, 11 marzo) 12 marzo L’Italia fa un passo avanti: zona rossa totale La Circolare si chiude qui, e quando arriverà nelle case, speriamo che tutto quello che abbiamo documentato in questi giorni resti solo un ricordo. Al momento di chiudere questo numero, la situazione è che l’OMS ha dichiarato lo stato di Pandemia, mentre il Governo, dopo aver stanziato 25 miliardi per l’emergenza ha messo in zona rossa tutta l’Italia con la conseguente chiusura di tutti i negozi (tranne alimentari, farmacie, edicole e tabacchi). Durante le tramissioni televisive della sera, ieri, c’è stata una brusca interruzione per l’ennesima dichiarazione straordinaria del premier Conte, che ha nominato un commissario per l’emergenza ospedali. Il picco dei casi positivi ancora non è arrivato, mentre il virus si sta espandendo in tutta Europa, in America e in altre parti del mondo. Si resta a casa, e non consola certo vedere in tivù la pochezza umana del Grande Fratello che pretenderebbe di distrarci. Fanno invece tenerezze le iniziative di persone solari, come Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia e nostro amico, che ogni sera registra un messaggio con una poesia, una frase, un racconto: 5 minuti di tenerezza, perché il rumore, in questi giorni di silenzio quasi assordante, dà fastidio.

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Voglio chiudere queste ultime righe con un collage di immagini diario di viaggio


beneauguranti: un invito a ricordare la vitalità della nostra Italia, ovvero ristoranti dove siamo stati negli ultimi due mesi, che in questo momento restano chiusi, come tutti, ma che presto – ne siamo certi – torneranno ad essere le nostre case. Ecco gli amici dell’Osteria dell’Umbreleèr di Cicognolo, dove ho assaggiato l’ultima cassouela dell’anno. Al ristorante Loro di Trescore Balneario sono stato orgoglioso della corona che portano e d’essere il locale dell’anno della Lombardia per la nostra guida. Poi c’è il trio del Patio di Pollone, dove il 29 di gennaio, in una giornata che sembrava primavera, mi sono commosso nel

riscontrare la capacità di fare una cucina sempre nuova. Al Pompiere di Verona, Marco mi ha stupito con i suoi piatti filologici e la passione per i prodotti e i vini (e a sorpresa, al tavolo accanto, in un locale pienissimo, ho trovato Alessandra e Andrea, i nostri collaboratori valdostani, con altri due loro amici). Un altro campione del prodotto, che davvero bisognerebbe frequentare di più per la passione che ci mette è l’oste del Campo delle Stelle di Vanzago. La cena a Canelli, dai Meravigliati era in questo locale allegro e siamo stati bene, mentre a La Morra, la sosta da Nesto è stata una rivelazione: bel locale e tutta la sua esperienza di cuoco savonese trapiantato nelle Langhe.

Lo staff dell’Osteria dell’Umbreleèr di Cicognolo

Pierantonio Rocchetti, chef del ristorante Loro di Trescore Balneario

Lo chef Sergio Vineis con lo staff del ristorante Patio di Pollone

Chef Marco Dandrea del ristorante Al Pompiere di Verona

Lo chef Giovanni Re ai tavoli del Campo delle Stelle di Vanzago

La sala dell’Osteria dei Meravigliati di Canelli

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diario di viaggio

Alessandro Franco del ristorante Nesto a La Morra


la testa), gli interpreti NATURALI del Rinascimento che inevitabilmente ci aspetta e della RICOSTRUZIONE cui dovremo tutti mettere mano e sono fiducioso che SÌ (con quello spirito e con quella concretezza) POTREMO FARCELA. Un abbraccio (virtuale, si può!)

lettere al direttore

IL NOSTRO ABBRACCIO

Giovedì 12 marzo io e Marco Gatti su ilgolosario.it abbiamo postato un video e l’editoriale della Circolare che abbiamo anticipato via mail ai soci del Club di Papillon e a tutti i citati sulle nostre guide. E immediatamente sono arrivate queste risposte, che vi giriamo. Ma attenzione: ogni giorno su ilgolosario. it, al mattino, ma soprattutto a fine giornata, alle 18 ci sarà un video sorpresa e anche una serie di ricette dei nostri cuochi. Carlo Fiori - Guffanti Formaggi – Arona (No) Caro Paolo - senza dimenticare Marco - ho visto il tuo messaggio e letto il tuo editoriale. Da sempre (20 anni?!) traggo stimolo dalle tue interessanti commentate esperienze e dalle riflessioni che le animano e da quelle che ispirano. Anche in questa occasione sai essere coinvolgente e ti ringrazio, mentre mi sento di potermi permettere di parteciparti le mie emozioni/sensazioni da Coronavirus. Di fronte alla consapevolezza della nostra fragilità che oggi emerge fragorosamente a spezzare quell'idea di onnipotenza (?) su cui abbiamo costruito quasi tutti i nostri comportamenti (tutto il mondo e qualsiasi cosa a portata di un "clic"!) messa invece in grandissima crisi da un microscopico ma pericolosissimo virus, mi vengono in mente antichi (?) insegnamenti. Il prete dei ragazzi all'oratorio che ci raccontava del delirio di arroganza della torre di Babele e della sorte di divisione distruttiva tra gli uomini che ne è stata la conseguenza; la signora maestra che, già dalle scuole elementari, ci faceva riflettere sulla necessità di saperci dosare anche nel desiderio più che legittimo di ricerca e di verifica della possibilità di superamento dei limiti mostrandoci l'illustrazione (del Doré?) di Icaro che, sfidato il Sole e il Cielo con strumenti inadeguati, precipitava nel mare miseramente affogando; la nonna che, la sera, ci raccontava come Pinocchio finisse derubato avendo scioccamente creduto al gatto e alla volpe, seminando zecchini nel Campo dei Miracoli per averne l'indomani una rigogliosa – impossibile - fioritura (meravigliosa anticipazione degli sciagurati eventi alla Lehmann Brothers). Mi dilungo con tutto questo per dirti che i mondi nobili del cibo altrettanto nobile che tu conosci (e che in parte anch'io pratico e penso un po' di conoscere) hanno in sé così tanta "antica" (non "vecchia") concretezza da poter essere il lievito della ripresa cui si dovrà metter mano post Coronavirus, obbligati come saremo a ripartire (quasi) da zero. Con il lavoro rispettoso delle regole fondamentali (si è fatta esperienza imparando dai "vecchi", - quindi niente: tanto! tutto! e subito! - si dissoda - nel senso che ci si prepara anche strutturalmente a dovere - si semina cioè si pongono le basi per ottenere il meglio da ciò che l'esperienza ha indicato come importante aver organizzato - si lavora fisicamente e poi, forse, SI RACCOGLIE. Si mette il prodotto sul mercato, se ne incassa il prezzo-ricavo, si tolgono i costi e resta (magari) il margine che serve per vivere e per tenere efficace il dissodamento sempre da rinnovare. Quanti artigiani (eccezionali) conosci così e spesso messi "da parte" dal mondo ONNIPOTENTE che adesso è entrato in crisi? Ecco, io li vedo (e io penso agli allevatori/ casari sparsi in tutta Italia, produttori di vere eccellenze e senza grilli per la Circolare

Matilde Poggi - Azienda Agricola Le Fraghe, Presidente Fi.Vi. di Cavaion Veronese (Vr) Caro Paolo, Grazie di questo messaggio che ho molto apprezzato. Il tuo gesto è molto generoso, è una luce che si accende nel buio. Ci accorgiamo di nuovo di essere fragili e uomini in mezzo ad altri uomini. Questa sosta obbligata ci obbliga a pensare e a meditare. Un abbraccio Sergio Circella - Ristorante La Brinca di Ne (Ge) Grazie Paolo e Marco! Grazie sempre per il lavoro d’informazione e cultura che fate. Un abbraccio Glenda, Viviana, René e Maria Grazia - Enoteca El Vinatt di Milano Grazie per il messaggio. Apprezzatissimo. Con stima e affetto, Michele Ventura - Cantina Michele Ventura di Sorano (Gr) Oggi degustazione a distanza: dopo le strettissime restrizioni che hanno comportato tempi lunghissimi prima di poter testare i campioni, Isvea ha preso in carico i nostri vini. Si prepara un rosé di uve grange surmaturo fermentato in bianco. Si continua a lavorare. Tra una settimana pianteremo 3.500 barbatelle che andranno in produzione tra 5 anni, uva. Tra 10 anni ne faremo il primo vino. Come non essere ottimisti. Ce la faremo. Grazie di esserci accanto. Gunnar Cautero - Osteria della Stazione di Milano Caro Paolo, grazie per le tue parole nel contributo filmato. Sì, torneremo più forti di prima. Un abbraccio Carlo De Sanctis Ristorante L'Angolino da Filippo di San Vito Chietino (Ch) Ciao Paolo, è un onore per me scriverti qualche riga dopo aver visto il tuo video. Il momento attuale è brutto e il futuro è incerto più che mai. Sono passati solo due giorni dalla chiusura dell’Angolino Da Filippo e già mi sembra una eternità. La voglia è di andare avanti con tutta la determinazione e forza che ci contraddistingue. Mi ricordo benissimo la sera della tua visita alcuni anni fa e la bellissima recensione che ci hai fatto, per non dimenticare la calda accoglienza riservataci a Milano. Speriamo al più presto di riabbracciarti, un caro e affettuoso saluto. P.s Il brodetto alla sanvitese ti aspetta di nuovo

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lettere al direttore


Daniela - ristorante Locanda del Sole di Chivasso (To) Ciao Paolo, sono Daniela della Locanda del Sole, il ristorante del burro del Parco Gran Paradiso, e di Chivasso, la città dei nocciolini. Questo momento noi lo stiamo vivendo giorno per giorno e abbiamo lottato prima ampliando i tavoli da 80 x 80 cm a 100 x 100 cm disinfettanti, mascherine e guanti; ora da ieri sera abbiamo messo sui social il nostro Menu Piemontese a Domicilio. Io sto rincuorando tutti i nostri gruppi social, perché ci sono molti giovani che non sanno che cosa vuol dire uscire dalla cosiddetta area di comfort, per vivere alla giornata come succede adesso. Stiamo facendo un grande progetto con la Tenuta Roletto, produttori di Erbaluce in Cuceglio, e quindi ritengo che in momenti così bisogna progettare e costruire il nostro nuovo futuro. Spero di vederti presto perché sono sempre in debito di un panetto di burro. Buona vita e a risentirci Monica Soldera - Azienda Agricola Case Basse di Montalcino (Si) Buongiorno Signor Gatti, buongiorno Signor Massobrio, grazie, di cuore. Roberto Astuni - Hotel Alla Corte di Bassano del Grappa (Vi) Grazie!!! La primavera ritorna sempre! Laura Ruggieri - PR - Roma Grazie Paolo per le riflessioni di oggi sulla newsletter, nutrimento dell'anima. Un abbraccio in uno dei passaggi più "grandiosi" che forse, se ce la facciamo, possiamo far diventare questa esperienza. Tino Testa – Cavallermaggiore (Cn) Grazie Paolo per aver ricordato su più testate Suor Germana nel momento della sua dipartita. Hai fatto una bella sintesi della persona che ha aiutato tante persone ad "alimentare" la loro vita di coppia e a valorizzare il loro matrimonio. Grazie. Giorgio Gnavi - Società Agricola Carlo Gnavi di Caluso (To) Grazie di cuore per il vostro pensiero, per la vostra vicinanza e la vostra condivisione. INSIEME CE LA FAREMO!!! Un abbraccio goloso e a presto Bianca Rosa Zumaglini, Candelo (Bi) Carissimi amici, grazie del vostro gradito pensiero. Questa tristezza che ci pervade, sapendo che questo nemico è capace di colpire quando e chi vuole, ci rende tristi e indifesi. Che la Santa protezione della nostra Madonna di Oropa scenda su tutti noi e… non solo! In attesa di un nostro prossimo convivio, porgo cari saluti a tutti e un arrivederci. Agostino e Raffaele Guglierame, Pornassio (Im) Buonasera, grazie per le belle parole di incoraggiamento e la solidarietà che ci state dimostrando. Noi siamo, causa l'anagrafe, tra quelli più a rischio ma da buoni Italiani e "montanari" non demordiamo. Sicuramente, appena si potrà, ce la metteremo tutta per ripartire, determinati a raggiungere obiettivi sempre più gratificanti e prestigiosi. la Circolare

Ancora grazie e un caro saluto. Riccardo Bini - Ristorante De Bini di Milano Siete fantastici, ma passato questo brutto momento surreale, sarà molto difficile ripartire per molti, me compreso. Una certezza positiva esiste; persone come voi che supporteranno, con il proprio lavoro e passione, un mondo che tende a svanire. Saluti e grazie Alberto Mina, Milano A PAOLO, NEI GIORNI DELL’EPIDEMIA La tua malinconia nessuno la capisce, perché si scherza, perché la vita è triste, perché non c’è un cortile, non c’è una curva della strada, una grondaia arrugginita, un vecchio palo nella vigna che si lascino guardare senza farti domandare. Non c’è niente del vecchio salice tra i campi abbandonati, dell’orto dietro al fico, del pollaio con la rete rammendata che non ti parli. Fumi e aspetti, mentre il mitico toscano si dilegua nella sera ripetuta di un’attesa che precipita a sua volta dietro al gioco delle mille processioni. È che sei lì, con quel cuore arroventato, non sai bene dove stare quando tutto si riaccende e pensi all’antico temporale della tua terra, all’onda lunga della gente, come un mare, che ti guarda; ai pensieri, che hai piantato in tutta Italia, per la prova generale. Non sai niente. Hai nelle mani un vecchio cesto; fumi piano, passi il pollice nell’occhio, e sai guardare.

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lettere al direttore


LE BOTTEGHE DELLA COLLEGANZA

L’iniziativa de ilGolosario e Club di Papillon per salvaguardare le botteghe di montagna e quelle di campagna

Il dato certo è che le botteghe di montagna e delle periferie di provincia stanno scomparendo. Un allarme a cui il Club di Papillon e la guida ilGolosario hanno deciso di rispondere con LE BOTTEGHE DELLA COLLEGANZA, un’iniziativa che punta a salvare le botteghe autentiche, facendo del rapporto tra colleghi il fulcro dell'azione.

BOTTEGA CHE VUOLE ADOTTARE

IN COSA CONSISTE?

Enoteca Soliti Ignoti - Casale Monferrato (Al) La Botteghetta - Verona (Vr) Casa del Parmigiano di Parola - Saluzzo (Cn) Calcagno 1946 - Castelletto M.to (Al) Golosa Alchimia - Romano di Lombardia (Bg) Il Genuino - Torino (To) -16° Artigiani del Gelato - Lainate (Mi) Casa del Parmigiano di Frati Giovanni - Busto Arsizio (Va) “Deli” - Rossoele Srl - Livorno (Li) Vida Snc - Gelateria Gran Gelato - Monza (Mb) Macelleria Vicenzutto - Fiume Veneto (Pn) Enoteca Celani - Frosinone (Fr) Sara&Mariano - Morazzone (Va) Macelleria Salumeria Canuto Aldo - Gallarate (Va) Panificio Gatto - Gallarate (Va)

“I negozi di montagna e di campagna - spiega Paolo Massobrio - molto spesso sono anche produttori di specialità artigianali che nascono dalla conoscenza profonda delle biodiversità di un luogo. Sul Golosario ci sono svariati esempi di queste realtà che tuttavia non possono trovare soddisfazione nella sola clientela locale, ancor più in località che diventano turistiche pochi mesi l’anno. Da qui l’idea di promuovere l’adozione da parte della Bottega di città della Bottega di campagna (o di montagna)” L’adozione consiste nel creare un rapporto commerciale riferito a un prodotto o a più prodotti distintivi realizzati dalla Bottega di campagna. In città, la Bottega, può portare il valore di questa distinzione indicando di aver aderito all’adozione con la Bottega di quel luogo che produce il tal prodotto. L’intento è quello di creare un matching attraverso un elenco di Botteghe di città disposte ad adottare e un elenco di Botteghe di campagna che chiedono, in forza del loro prodotto distintivo, di essere “collegate”. Tutte le storie della Colleganza saranno raccontate sul Golosario.it e presentate alla prossima edizione di Golosaria Milano 2020. Ma intanto, a un mese dal lancio dell’iniziativa, ecco l’elenco di chi ha deciso di aderire al progetto: da una parte gli adottati, dall’altra gli adottanti ai quali invieremo subito i dettagli per mettersi in contatto con i primi.

BOTTEGA CHE VUOLE ESSERE ADOTTATA Chiabai Silvana, Giuditta Teresa - San Pietro al Natisone (Ud) Panificio A Mattra - Santa Domenica Talao (Cs) Pasticceria Centini - Teramo (Te) Cuore di Pane Bio - Cabella Ligure (Al) La Culma - Cossato (Bi) Centini Cholates - Bisenti (Te) Il Montanaro - Zocca (Mo) DEG di Mainero Gabriele e Diego Snc - Villafalletto (Cn) La Soleggiata - Cerrione (Bi) Pasticerria Ceruti Madonnina - Serralunga di Crea (Al) Frangipane di Manfredelli Daniela - Val di Lana (Bi) L'albero del Pane - Visso (Mc) Salumeria Montanari - Camerino (Mc) Re Norcino - San Ginesio (Mc) Pasticceria Vissana - Visso (Mc)

P.S. La faccenda del Coronavirus ha rallentato le adesioni, ma speriamo che nei prossimi mesi questa comunità cresca ancora di più.

la Circolare

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I NOSTRI LIBRI 2020


CONNESSI SEMPRE le iniziative de ilgolosario.it

PER TUTTO IL PERIODO DI EMERGENZA Dall’ufficio di Alessandria, presidiato pressoché da Paolo Massobrio tutti i giorni, sono nate due iniziative che vogliono coinvolgere tutta la community di Papillon e di Golosaria.

LA RICETTA DELLA SERA Una proposta da realizzare in casa che i cuochi del Golosario, uno al giorno, hanno deciso di offrire a tutti, per vivere questo momento di isolamento dove tuttavia il gusto può giocare una grande parte. La prima ricetta, del 12 marzo è stata la Triade di fagioli di Giovanna Martire (Degusteria Magnatum di Longobardi di Calabria), la seconda, del 13 marzo è lo Spezzatino di coniglio al profumo di caffè di Matteo Scibilia dell’Osteria della Buona Condotta di Ornago.

IL PENSIERO DELLA SERA Di solito viene pubblicato alle 18, a fine giornata lavorativa. E si tratta di poesie, di brani letti in videoclip, di canzoni, di riflessioni brevi. Due minuti per stare con qualcosa di bello. E qui sono stati invitati tutti gli amici del Club di Papillon. A rompere il ghiaccio, Luigi Galluppi, delegato del Club di Papillon del Varesotto, che ha esordito commentando questa frase di Seneca: “Il destino conduce chi lo asseconda; trascina via chi gli si oppone”. Il secondo contributo è una poesia originale scritta di getto da Alberto Mina e pubblicata in fondo alle lettere ricevute.

RIMANETE CON NOI, GIORNO DOPO GIORNO siamo su ilgolosario.it, ma anche sulle pagine facebook: I Vini del Golosario | Golosaria | Paolo Massobrio | Marco Gatti


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