Circolare 2 - 2021

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COME ANDRÀ A FINIRE? Quando avevo 27 anni e stavo per sposarmi, lavoravo già

all’Ufficio stampa della Coldiretti, in Piemonte. E il direttore, come ogni buon direttore, foss’egli di un giornale o di una società, aveva deciso di farmi incontrare tutte le situazioni di quel mondo di cui avrei dovuto occuparmi.

Quindi il movimento giovanile, quello delle donne, i consiglieri ecclesiastici, le aziende agrituristiche, il consiglio direttivo fino ai rapporti con la politica. Si girava molto e i momenti più belli erano segue a pag. 2

ISSN 2532-5973

l’editoriale

di Paolo Massobrio

giugno

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2021 anno XXVI

periodico dell’Associazione Club di Papillon diretto da Paolo Massobrio > Registrazione Tribunale Alessandria n. 443 del 3.7.93 > Poste Italiane S.p.a. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Alessandria > > Aut. Dir. Prov. PP.TT Alessandria > Progetto grafico: Studio Due S.r.l, www.studio-due.it > Impaginazione: Studio Due S.r.l > Stampa: Litografia Viscardi,

spedizione euro 0,50 Alessandria Alessandria

La Colleganza È il tema di

2021

L’11-12 SETTEMBRE IN MONFERRATO, CON GLI “ORIZZONTI” E IL 6-8 NOVEMBRE A MILANO, CON “IL GUSTO DELLA RELAZIONE”

il libro

torna Adesso 2022


segue da pag. 1

quelli nelle aziende agricole, perché in quella spontaneità contadina maturava l’ascolto, che era prezioso e soprattutto infondeva passione, anche a me che dirigevo il giornale delle associazioni di prodotto che nel frattempo si erano formate. Ai dirigenti della Coldiretti e ai vari direttori forse stavo simpatico, anche se non sempre condividevano ciò che scrivevo, ma era la fotografia di un cronista, fresco della laurea in Scienze Politiche, che stava raccontando la trasformazione di un mondo, anche dal punto di vista dei riferimenti politici. E non potevo farci nulla. Mi ricordo però le serate con l’onorevole Renzo Franzo di Vercelli, che è mancato poco tempo fa all’età di 100 anni: gli si illuminavano gli occhi quando parlava dei giovani. “I giovani!” diceva con un’enfasi che gli riempiva la bocca. Io che seguivo da vicino il movimento giovanile ed ero un po’ dalla parte dell’educatore che faceva fatica a veder emergere subito le qualità (che invece poi sarebbero arrivate perché ogni cosa ha il suo tempo), lo guardavo pensando che avesse dentro tanta nostalgia per dire così. Sono passati 33 lunghi

anni, sono diventato padre di tre figli e anch’io oggi sento dentro il medesimo sentimento di quel vecchio onorevole della Democrazia Cristiana. Lo dico perché mi sono trovato, con Marco Gatti, a restare in silenzio davanti allo spettacolo di quei giovani vignaioli radunati da Nicolò nel suo agriturismo Ferdy a fine maggio. Oppure davanti al vino di Matteo Fenoglio che produce un fantastico brut in alta Langa e che ho conosciuto perché ha seguito una diretta su Instagram fra me e Nicolò. Mi ha poi lasciato senza parole la freschezza di Tanita Danese che oggi conduce l’azienda Fòngaro a Roncà, mentre Federica, la figlia di Pio Cesare che mi ha invitato a casa sua per celebrare i 140 anni della cantina, aveva la serenità di chi sa qual è ora il suo compito, dacché il papà, Pio, ce lo ha portato via il Covid due mesi fa. Però questi giovani tutti insieme, questo bagno di gioventù, compresi i miei figli e i figli dei miei amici e i ragazzi che mi hanno cercato perché hanno letto il mio libro (Mattia e Matteo di Bologna) sono lo spettacolo di una speranza reale per il nostro Paese. Io credo davvero che la Colleganza, che renderemo palese a Golosaria, sia un progetto

politico sociale già in atto che ha dentro la forza di questa generazione sotto i trent’anni, che si sta assumendo il proprio compito. Per questo (e lo dico agli amici di Papillon che sono pronti a tirare i remi in barca) bisogna esserci, perché lo spettacolo che abbiamo di fronte non può non scuoterci, o perlomeno non può evitare di avere la disponibilità della nostra presenza. Essere presenti, anche senza dover dire nulla, ma esserci, quasi a legare una storia che ha un inizio e poi un infinito, perché non si può mai parlare di fine quando il mondo davanti a te – e lo vedi dai giovani – va avanti, cammina... e progredisce. Con questo pensiero chiudo l’editoriale di questa Circolare che arriva dopo un periodo che è stato difficile per tutti, se penso ai tanti ristoratori preoccupati, agli amici produttori, ai titolari di una bottega. E dentro a questo pensiero metto anche una parola indicibile, che sono certo toccherà anche la vita di quei magnifici giovani che sto conoscendo: Provvidenza. Un fatto che spesso si fa presente, anche se puoi cercare tutte le ragioni del mondo nella casualità. Marzia, la mia amica, moglie del conte Riccardi, ha raccontato a mia moglie della

sua degenza in ospedale per una patologia che richiedeva il ricovero. Ed ha pure contratto il Covid. Ma anche lei, come la nostra amica Franca, si è affidata al Cottolengo con semplicità di cuore. E quello che sto scrivendo è come quando avevo 27 anni: pura cronaca dei fatti. Quando i medici hanno visto le lastre non ci volevano credere: dopo una settimana Marzia è tornata a casa e presto, sono sicuro, ci incontreremo a Priocca. Il nostro amico don Anas invece non ce l’ha fatta, ma anche Grazia Maria, 20 anni, e non per il Covid. Cosa vuol dirci il Mistero di fronte a tutto questo? E come andrà a finire, titolo dell’ultimo capitolo del mio libro, Del Bicchiere Mezzo Pieno, che ho presentato in 50 incontri on line? Qualcosa già lo possiamo presentire ed è in quel bicchiere che ha dentro tutto il dono della vita, la bellezza dei rapporti, ciò che ci ha fatto crescere e prendere coscienza di quello che siamo. Pre-sentire quel compimento che vivranno don Anas, Grazia Maria, Tony Hendra, Gianni Piccoli, Pio Boffa e i tanti che racconto in questa lunga Circolare, diario di una vita gustata e piena di sorprese. Che è proprio il centuplo di quaggiù.

I ISCURBITIOVALIT S

PILLON A P I D B CLU IL 2022

PER

i nostri libr i i a r e v e ic R a e la tesser a associativ

PER INFO E DETTAGLI VAI A PAGINA 24 la Circolare

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Caro Socio, Golosaria tra i castelli del Monferrato

che avrà come titolo gli Orizzonti (che si potranno godere da una Big Bench), sarà nello struggente mese di Settembre, l’11 e il 12, con tante novità, a cominciare dalla città di Casale Monferrato che avrà due poli di attrazione: il cibo e le cose buone (compreso lo street food) nel maestoso Castello della città e il vino con la cucina di Patrizia Grossi della Torre di Casale di Monferrato negli spazi dell’Hotel Candiani, dove si materializzerà Barbera & Champagne, in un’edizione più ordinata e di grande attrattiva. E poi oltre 20 paesi, che man mano stanno aderendo, per favorire quel festival tra le colline e i castelli, che è un appuntamento ormai irrinunciabile per tanti.

Golosaria Milano è invece annunciata

per il 6/8 novembre novembre, nello spazio consueto del MiCo di FieraMilanocity, anche qui con tantissime adesioni che ci stanno facendo felici e che non vediamo l’ora di farvi conoscere. Sarà un modo per materializzare il “Gusto della Colleganza” tema scelto per questa edizione ritrovata. Da poche settimane c’è un nuovo sito, www.golosaria.it dove tutte le informazioni in tempo reale sono a vostra disposizione.

CI SIAMO!!! la Circolare

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12 febbraio Al Cenacolo di Francesco e poi con gli amici del Ponente Ligure Continuano gli incontri a distanza per parlare del mio libro, Del Bicchiere Mezzo Pieno, che coinvolge anche alcuni dei protagonisti. Questa sera l’invito è arrivato da Francesco Sansone che mi ha contattato attraverso LinkedIn per partecipare a uno dei suoi “cenacoli” organizzati dall’Associazione Valore, che coinvolge imprenditori, uomini della Finanza e quant’alto. Con loro un’amabile chiacchierata di un’ora abbondante dove sono state diverse le domande. Il giorno dopo invece Maurizio Lega del Club Papillon del Ponente Ligure ha voluto organizzare un incontro su un tema a lui caro: il verde. E per questo abbiamo coinvolto Marco Ranocchia degli Orti di Assisi e Massimo Folador che, occupandosi di monachesimo benedettino, è all’origine di tante innovazioni anche in campo botanico.

il diario di viaggio

L’ultima Circolare arrivava al 10 febbraio, periodo grigio perché il lockdown stava entrando nel pieno e tanti fatti, belli ma anche brutti sono successi. Ve li racconto tutti, come sempre, col desiderio di non dimenticare nulla della vita che ci è data. 11 febbraio Quel salame fantastico di Cobue Non ricordo in che fascia fossimo in Piemonte e in Lombardia, ma impegni di lavoro mi avevano portato a Padova dove ho incontrato in totale sicurezza una serie di persone, perché non tutto si può risolvere con una call. E poi a Trento, con un pranzo sontuoso a Villa Margon in compagnia di Camilla Lunelli. L’ultimo appuntamento, nel pomeriggio, era poi a Pozzolengo, sulla via del ritorno, dove all’azienda Cobue c’era la riunione di alcuni produttori della Valtènesi, che qualche mese più avanti avrei rincontrato facendo una memorabile degustazione dei loro Chiaretto.

Quante sfaccettature ha il mio libro: lo puoi prendere da lati diversi e tutti raccontano qualcosa. Anche Marco Ranocchia, che è stato un campione di calcio e suo figlio milita nell’Inter ed è spesso ritratto e raccontato sui giornali, l’ho preso dal lato della sua passione che lui ha reso evidente con la creazione degli Orti in questo monastero benedettino di Assisi. Un modo, ha dichiarato, per lasciare un segno, che è anche una maniera per stare con se stessi e forse capire che la chiave del successo, nella vita, è semplicemente esserci.

Mi ha fatto piacere conoscere i genitori di Simona e Gilberto che portano avanti questa spettacolare azienda dedita all’ospitalità, con camere (bellissime), sala degustazione e ristoro, piscina, con alle spalle i colli morenici. Cobue è un’azienda vitivinicola della mia predilezione e ricordo ancora quando assaggiai tutti i vini che portavano il nome della mamma, per un articolo che poi sarebbe uscito sulla Stampa. E non sapevo scegliere se fossero i bianchi o i rossi i preferiti. I genitori, che hanno lavorato una vita a Milano vennero anche a Golosaria e da quanto mi hanno raccontato hanno respirato proprio quel clima di amicizia, di comunità che spesso dà forza alle persone per continuare a credere in quello che fanno. Interpreto così l’omaggio di un salame crudo di caratura “eccezionale” che producono loro e che ricordo a oggi come il miglior salame (accanto a quello del Cianta che troveremo più avanti) assaggiato in questo 2021.

Gli Orti di Marco Ranocchia nel monastero benedettino di Assisi

14 febbraio Viaggio in Maremma: benvenuto con l’acquacotta Si parte per la Toscana, viaggio di lavoro con tanto di convocazione ufficiale per realizzare un progetto editoriale su questo magnifico territorio. Ci accoglie Antonella Manuli, della Maliosa di Saturnia: un tè alle cinque del pomeriggio appena arrivati e poi la sistemazione nel suo B&B di Montemerano dove all’ora di cena ci fa arrivare una teglia con un’acquacotta spettacolare preparata dalla moglie di Azelio, che è un suo collaboratore. Io e Silvana guardiamo incantati quel ben di dio, ma quando guardo se in frigo c’è una bottiglia di vino prendo atto di una mancanza. Esco fuori e mi precipito nell’ottima Locanda All'Andreas che fa asporto e torno casa, con l’acquacotta ancora fumante, e una bottiglia del Bianco dalla Maliosa, da uve procanico che ricorderò come un sogno. Che bella serata: W la Maremma!

Il mitico salame di Cobue

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Maremma in provincia di Grosseto, uno di quei posti in cui solo le vetrine luminose testimoniano lo scorrere del tempo. Dice di non aver mai visto il mondo ma di aver lasciato il piacere di viaggiare alle sue opere d'arte: i coltelli, veri e propri strumenti. Lucio forgia le lame, le sposa con manici in corno di cervo, di alce, denti di cinghiale. Inizia la mattina alle 10 facendo scaldare braci fino alla temperatura che gli permetterà di addomesticare il ferro, di farlo andare dove vuole lui. Arte e chimica che si incontrano, perché i cicli di riscaldamento e di immersione nell'olio riducono il contenuto di carbonio presente nel ferro, lo rendono più duro, più elastico e meno fragile come in una ciclica metafora della vita, che modella ognuno di noi attraverso le prove e le difficoltà incontrate durante il cammino. Poi Lucio disegna a mano libera nel ferro la forma della lama, la scopre in realtà; ricalca il profilo del gioiello già presente nel pezzo di ferro grezzo, la slega dal superfluo, come già teorizzava Michelangelo. È un lavoro di liberazione, un riscatto pagato in sudore per portare alla luce delle opere d'arte, strumenti che permetteranno ad altri artisti di realizzare altri capolavori. Come un liutaio col musicista. Come Hattori Hanzo, il fabbro-samurai giapponese che realizzò la katana per la sposa in Kill Bill, il celebre film di Quentin Tarantino. Proprio lui, che una volta venne chiamato “maestro” con tanto di inchino da un gruppo di ospiti nipponici in visita, o forse sarebbe meglio dire in pellegrinaggio, nella sua bottega. Tra i suoi clienti i fratelli Alajmo di Padova, Massimo Bottura per la sua leggendaria “Osteria Francescana” di Modena e altri grandi chef che lavorano a Tokyo, Singapore, Parigi, San Pietroburgo, New York ma anche a Montemerano, nella piccola trattoria del suo amico Tiziano. Per ognuno c’è una lama e un manico personalizzato che va a migliorare il lavoro in cucina e magari anche quello degli ospiti a tavola, che più di un lavoro stanno vivendo un piacere che diventa anche tattile. Anche Andrea Bocelli ha sentito la lama con le sue mani e al tatto ha percepito la straordinarietà del prodotto. Perché avere a che fare con i coltelli di Lucio coinvolge tutti i sensi, come quella volta in cui un erede degli Swarovski passò invano ogni micron delle lame di Lucio con la lente di ingrandimento alla ricerca anche un singolo, piccolissimo, trascurabile difetto. Coltelli d'arte ma anche il recinto del vicino da riparare, perché non dimentica le sue origini nemmeno dopo 40 anni di costante apprendistato, iniziato all'età di 13 anni, nella bottega del nonno, a imparare come piegare ciò che per natura non si piega facilmente. “Artista e artigiano” come ama definirsi, coi piedi per terra: ha rifiutato collaborazioni con grandi aziende o di aprire il suo showroom in una metropoli, perché la qualità dei suoi prodotti non può essere replicata in serie; ogni lama ha una storia, ogni accoppiamento col manico è un incontro unico che non deve essere reso banale. “Il futuro è qualcosa che ti costruisci” ripete sempre Lucio e lui lo affronta col sorriso sulle labbra di chi sa far fronte alle difficoltà, con l'abilità d'artista che lo contraddistingue, con la forza di chi sa lavorare il ferro, di chi sa farlo cantare e pure suonare, letteralmente, come fa con la sua band jazz in cui suona il sassofono e l'armonica a bocca. Perché è sempre una questione di strumenti e di arte, di talento e lavoro. Dopo la chiacchierata diventa irresistibile, da parte di mia moglie, chiedere di acquistare uno strumento da cucina e Lucio sorride, divertito, perché quella scena l’avrà vista chissà quante volte. Con pazienza si mette al suo tavolo e incide il nome di colei che lo utilizzerà, quasi che ogni lama sia qualcosa da cui inizia un rapporto di stima e di amicizia.

Il benvenuto con l’acquacotta preparata dalla moglie di Azelio

15 febbraio A scoprire Saturnia e i vigneti della Maliosa Il giorno dopo, sempre per il nostro progetto editoriale, andiamo a scoprire Saturnia e un paio di negozi davvero spettacolari. Uno che mi colpisce è di una macelleria linda ed elegante, della famiglia Passalacqua, che riesce persino a fare consegne a Milano. Poi c’è la panetteria “La Gastronomica” che fa lo spettacolare pane toscano che non finiresti più di mangiare. A Montemerano è fornito di chicche del territorio anche il negozio Antichi Sapori che sta di fronte a un grande, Lucio Stefani, autore di coltelli bellissimi e preziosi, fatti a mano e creati a misura degli usi dei grandi chef (da Bottura agli Alajmo). Stiamo con lui a parlare, mentre ci fa vedere le lame e i corni con cui crea i manici. Una persona davvero speciale, che poi racconterò su IlGolosario.it in questo articolo che ripropongo. AFFETTARE CON ELEGANZA In Maremma l’incontro con Lucio Stefani che produce coltelli a mano per gli chef di tutto il mondo È stata Antonella Manuli, vignaiola in Saturnia, a portarmi a casa (bottega e casa) di questo artigiano felice, Lucio Stefani, che produce coltelli: da cucina, da caccia o da collezione. Personalizzati nella lama e nel manico, queste opere d'arte prendono vita dalle sue mani, come aveva imparato a fare dal padre. Conoscere Lucio tuttavia è molto di più che apprezzare la sua arte: è un'esperienza sensoriale. Intanto entri in una casa come tante, con il cortile, proprio all’inizio del centro storico di questo paese cartolina. Il suo laboratorio è quanto di più vissuto e dalle pareti pendono corni pregiati di vari animali, coi quali farà i manici. Senti il calore del fuoco, vedi il rosso dei carboni e delle scintille, annusi l'odore del metallo, ascolti la musica jazz che si diffonde. E non capisci se sei in una fabbrica, in un jazz club, in una bottega d'artista. Lucio è padrone della situazione e padrone del ferro. Lo piega senza spezzarlo, lui che è tutto d'un pezzo davvero. Conosce l'arte del lavorare i metalli perché di arte è permeata la sua vita: l'ha appresa dal nonno e dal bisnonno, facendo sua l’idea che “l'arte non è una posa” come canta Niccolò Fabi, ma è fatica, impegno, lavoro: è sporcarsi le mani, è sudore, è dignità. È un disco di John Coltrane in sottofondo, che disperde nell'aria le note che danzano con le scintille del ferro appena domato, braccato dalla pinza e colpito dal martello, i due aiutanti più fedeli. Lucio Stefani vive da sempre qui, in questo borgo medievale della la Circolare

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"Eh no, il vino deve essere buono, sennò ricadiamo dell’ideologia". E quindi cosa si sta facendo? "L’OIV (Office International de la Vigne et du Vin, che è un organismo indipendente di valutazione ndr) se ne sta occupando ora, hanno preso atto che bisogna entrare nel merito dei vini con lunghe macerazioni per esempio, ma anche di vini che nascono da un criterio di sostenibilità importante. Quindi vogliono mettere delle regole per identificare quella tipologia di vino che non si può certo chiamare naturale”. Cos’è un vino buono? "Sapere da dove arriva. Io, prima di assaggiare il vino, voglio vedere la vigna. Poi, per me è buono se ha sentori veri, anche antichi. Vini che sanno del territorio dove sono nati, che sono diversi da un’annata all’altra, perché il vino non si può mai standardizzare. Da una vigna puoi estrarre l’anima di un territorio".

Lucio Stefani con una delle sue creazioni

La giornata prosegue con un breve light lunch, dove incontro anche il collega Sergio Rizzo, firma di Repubblica, dopo aver visitato i vigneti di Antonella, curati da Lorenzo Corino secondo il suo metodo, che poi mi dichiarerà in un’intervista da cui voglio trarre un passaggio che deve fare pensare. Al pomeriggio eccoci all’appuntamento tanto atteso a Manciano e poi ritrovo nella Locanda del nostro pernottamento, da Andreas, dove mangeremo un agnello fritto spettacolare. In una giornata abbiamo fatto il giro del mondo, con tantissimi incontri, situazioni, paesaggi. La Toscana è entrata in zona rossa anche se la provincia di Grosseto ha pochi contagi rispetto al resto. Si vive tutto come un momento di attesa, dove tuttavia non ci si ferma. Alla sera guardo la nitidezza del cielo stellato e penso che questa è proprio l’immagine del dono e dell’immenso, quanto mai appropriato in questa giornata dove, se non facesse freddo, sarebbe da stare nella StarsBox della Maliosa, fra le vigne del Monte Cavallo, guardando quel cielo col cannocchiale, finché il sonno non viene a prenderci. Che bella giornata.

Lorenzo Corino e Antonella Manuli

16 febbraio Da Tozzi Green. Un incontro davvero speciale Il giorno dopo siamo in Romagna, a incontrare un’altra realtà, la Tozzi Green, che significa anche produzione di vini e un caseificio a Sant’Alberto di Ravenna. E poi a Casola Valsenio, in una realtà in divenire dove allevano ovini ma anche alberi da frutto e poi vigneti. Con noi Virginia Rizzo e il suo compagno Peter, che ci raccontano i progetti in divenire, oltre a una bimba in arrivo. Prima avevamo incontrato Natalia Tozzi, cugina di Virginia, e la sorella Agata, insieme ad Andrea Tozzi, zio di Virginia e Agata e papà di Natalia, che a cena ci ospiterà con la compagna Cristiana a casa sua, in centro a Ravenna, in una residenza antica che è ora è diventata un B&B di lusso: Casa Gugù. Assaggiamo i formaggi del caseificio, uno più buono dell’altro e i vini dell’azienda che mi avevano colpito al primo assaggio, soprattutto l’Albana.

CONSIDERAZIONI DI LORENZO CORINO "Senza voler essere ideologico io sto dalla parte del valore del luogo; se una scelta colturale impoverisce un luogo non va bene, e magari chi si è arricchito è uno solo. Il tema è l’origine, la salvaguardia dell’origine. Se si usano fertilizzanti, anticrittogamici e via dicendo l’origine non la trovi più perché il luogo si è impoverito". Se tu fossi ministro dell’Agricoltura dunque faresti come un altro astigiano, Gianni Goria, che mise mano alla riforma delle Doc? "Ah ah, sì farei così, anche perché lo vediamo tutti che gli impianti vitati hanno un invecchiamento precoce. C’è un perché a tutto questo, mentre sappiamo bene che il vigneto vecchio ha un valore, anche dal punto di vista della qualità dell’uva. La vigna non è una macchina produttiva, la vigna è ambiente. Quindi è urgentissimo rifare i disciplinari e che si rivedano in un’ottica di sostenibilità".

Fabio Cavallari, giornalista e amico di vecchia data ha raccontato la storia di questa famiglia attraverso libri, articoli. E sembra di vivere un momento nascente di impresa che ha avuto una spinta dall’entusiasmo del nonno, Franco, che ha voluto dare ai vini i nomi delle sue nipoti. E anche qui rivedi un pezzo di Italia che è stata capace di reinventarsi rendendo contemporanea una tradizione. Quanto entusiasmo. Questi sono i doni di un 2021 che sarà segnato da questi volti e da questi prodotti.

E che dire dei vini naturali? "È un dato di fatto, questi vini si sono imposti e a un certo punto hanno dimostrato di avere mercato". Anche se alcuni non erano buoni… la Circolare

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rone invece è stato diverso ed ero sicuro che su certe cose si sarebbero ritrovati. Su Avvenire la mia riflessione del mercoledì, sull’attualità delle chiusure. GENERAZIONI E TERRITORI, LE DIFFERENZE CRESCONO Al di là delle zone gialle, rosse e arancioni, quello che oggi interessa è come uscirne nel medio periodo. I provvedimenti per scongiurare la diffusione del Covid secondo le diverse varianti sono come la coperta di Linus: scontentano. Ma resta il problema della copertura che è una questione di bene collettivo. E mentre si discute sul ritorno a un lockdown totale, c'è invece chi invoca di attuare provvedimenti provincia per provincia. In Maremma per esempio, realtà che afferisce alla provincia di Grosseto, i contagi non sono stati così rilevanti come in altre aree; ma chi assicura che la "coperta" funzioni anche nelle prossime settimane? Ora, la polemica di questi giorni riguarda la scelta di chiudere repentinamente tutto, quando magari sarebbe stato accettabile un “patto di rincorsa” ossia l'adeguamento alle norme in un tempo consono, che nel caso della ristorazione (o dello sci) significava applicare la serrata dal lunedì. In questo modo rischiano di crescere conflitti su questioni temporanee, perdendo di vista quella principale: come facciamo a sperare su dati acquisiti certi? Ossia sulla conquista concreta di un contenimento del virus che, come abbiamo appreso dall'esperienza, avviene solo con un metodo: l'isolamento, il distanziamento, chiamatelo come volete, ma ci siamo capiti. L'anno di lockdown sta creando anche un divario fra generazioni: i più anziani disillusi che cercano vie d'uscita per pensare a un futuro sereno e i giovani che invece sperano in un rilancio delle attività. E se nel primo legittimo atteggiamento è l'individualismo che prevale insieme a un senso di finitezza, nel secondo emerge invece un sentimento di comunità e di sguardo su qualcosa che va oltre il finito. L'ho pensato la scorsa settimana, dopo la visita al caseificio cooperativo San Pietro di Goito, dove ho scoperto che dietro ai progetti di rilancio (come il Grana Padano ottenuto da animali che si nutrono di fieno dei prati stabili del Mincio) c'è un gruppo di giovani che, pur non avendo cariche ufficiali, si ritrova, comunica con l'esterno e immagina un futuro. È a questi che Stefano Pezzini, il presidente della cooperativa, guarda, perché il confronto intergenerazionale è una risorsa salvifica. Che non può essere mortificata da una generale incertezza. La certezza oggi la può costruire ciascuno di noi, in realtà, senza isterismi o fughe in avanti, semplicemente considerandoci insieme. Si può fare? (Avvenire, 17 febbraio)

Virginia Rizzo e il compagno Peter

Paolo e Silvana con l’amico Fabio Cavallari

17 febbraio A Milano con Comieco Da Ravenna a Milano, per incontrare il gruppo di lavoro di Comieco e immaginare la prossima edizione di Golosaria a Milano, programmata per il 6/8 novembre. Poi una call con Mondadori, che distribuirà il mio libro, Del Bicchiere Mezzo Pieno, dopo il successo di questi mesi, portato anche grazie ai tanti incontri online che sono stati organizzati. Uno di questi è domani con un collega che stimo molto, Leonardo Romanelli di Firenze. Una diretta sul suo profilo Instagram, che sarà molto seguita.

19 febbraio Spesa da Pantan di Civezza Uno dei momenti cult della mia settimana è la spesa al mercatino di Campagna Amica ad Alessandria. Si tiene in piazza della Libertà e io mi sveglio al mattino molto presto: lettura dei giornali e poi al mercato, mentre stanno ultimando l’esposizione della merce. Il primo banchetto è quello di Irene e della sua famiglia che panificano col raro grano San Pastore in Alta Val Borbera nell’azienda Cuore di Pane Bio. Prenoto la sera prima le mie pagnotte e quando arrivo sono pronte. Poi vado da Pantan, un contadino di Civezza, nel Ponente Ligure, che arriva ad Alessandria con i suoi profumi unici: i limoni, ma anche altri agrumi, il primo tarassaco, le uova, e soprattutto quei tenerissimi carciofi da mangiare in insalata col suo olio. Quella mattina a far la fila insieme con me c’era anche Lucia-

C’è un lato positivo di questo periodo discusso che è proprio il recupero di una serie di rapporti che forse mai sarebbe avvenuto. Leo ad esempio è un collega fiorentino che ha una sensibilità particolare e già lo scorso anno ci regalò una riflessione nei nostri “pensieri della sera” che tennero compagnia durante il primo, lunare, lockdown. Non è stato facile per me inviare il libro ai colleghi (e ad alcuni proprio non l’ho dato) perché certe riflessioni forse sono distanti da un certo modo di pensare. Qualcuno magari pensa a un libro su gastronomia e vino e magari resta deluso, perché nei miei ritratti c’è invece in gioco altro, che è l’umano sentire, la relazione, cioè quello che rimane dietro a un piatto o a un bicchiere. Con Leo Romanelli, ma anche con Camillo Langone, Andrea Guolo, Carlo Cambi, Gianfranco Manfredi, Roberto Perla Circolare

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no Mariano, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, che ha svelato la mia identità, per cui il produttore ha voluto fare una foto insieme con me.

per i parenti e questo credo l’abbia in qualche modo riscattata dalla condizione d’essere soltanto una casalinga. Ora, quella macchina pesante l’abbiamo caricata su un camion per portarla a Collobiano, nel museo delle contadinerie di una riseria, Il Riso di Nori, perché viva una nuova vita.

Ho lavorato dieci anni alla Coldiretti, quando ancora Campagna Amica doveva venire. Però già allora rappresentai un’avanguardia creando il “Vademecum per l’agriturismo in Piemonte”, una guida frutto delle verifiche che facevamo in primavera ed estate nelle aziende agricole che iniziavano questa avventura. Non tutte erano meritevoli di entrare nella guida e dopo la nostra relazione che era tesa a migliorare la loro offerta c’era il solito pellegrinaggio dal direttore della Federazione Provinciale per protestare. Ma per fortuna siamo rimasti fuori da queste pressioni, mettendo in gioco quello che il mondo contadino non conosceva ancora bene: la comunicazione. Che poi ebbe degli effetti concreti, perché la gente di città iniziava a frequentare questi posti, offrendo la giusta soddisfazione a chi aveva impostato correttamente la propria impresa. Scrivo questo perché la richiesta di fare una foto da parte di Pantan fa parte di questa storia, che oggi si gioca sui social, attraverso i post. Se non comunichi non esisti, benché tu faccia cose egregie.

Come cambia velocemente il tempo: quella macchina che stava nella stanza di mio fratello rappresentava una cifra dell’economia contadina, che provvedeva a tutto. Quando mia nonna Angiolina veniva a farci visita a Milano, era l’unica cosa che guardava con interesse, mentre il resto le andava stretto e non vedeva l’ora, benché fossero passate solo 12 ore, di tornare al suo paese, che rappresentava il mondo. Proprio come scriveva Pavese: "Il mio paese sono quattro baracche e un gran fango, ma lo attraversa lo stradone provinciale dove giocavo da bambino. Siccome sono ambizioso, volevo girare per tutto il mondo e, giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza di tutti: non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene, io vengo di là."

La macchina per fare le maglie recuperata dalla cantina

25 febbraio A visitare una cantina Reale Visita al caseificio San Pietro di Goito che produce il Grana Padano con il latte delle vacche che si nutrono del fieno dei prati stabili. Una storia bellissima di “Colleganza”, ma anche di gusto che racconterò in maniera approfondita su IlGolosario.it, colpito dalla modernità del loro approccio e dalla partecipazione di tanti giovani all’impresa. Dopodiché, con Stefano Pezzini eccoci a visitare la cantina Reale di Volta Mantovana che nella visita precedente, al tavolo del ristorante La Valle, mi aveva colpito con un Sauvignon dell’Alto Mincio, il Crestale, davvero straordinario. Ma anche i brut sono decisamente interessanti e a fine maggio saranno al vaglio della commissione di degustazione dei Top Hundred. A pranzo ci raggiunge un grande amico, Fabio Perini, imprenditore agricolo e mia vecchia conoscenza essendo stato il Delegato nazionale dei Giovani Coldiretti quando io seguivo, da segretario, il movimento giovanile del Piemonte (fu un’esperienza edificante, i cui rapporti mi porto appresso ancora oggi). Mangiamo i capunsei, il piatto tipico di questi luoghi, che è una versione autoctona dei canederli (ma chi è nato prima? E poi a Oviglio, vicino al mio paese, fanno i Pen, che sono della medesima famiglia ed hanno anche la De.Co.). Quando passo da casa a Milano trovo poi un’altra sorpresa: un’abbondante porzione di cassoeula di Peppino, il mio amico della Certosa di Garegna-

Pantan di Civezza e i suoi memorabili carciofi

22 febbraio Trasporto della macchina per fare la maglia Tempo scaduto, nella nostra vecchia casa di Milano, al quartiere Feltre dove sono nato, bisogna sgomberare la cantina per lavori necessari, legati alla bonifica da amianto. Io e mio fratello (che oggi è proprietario della casa) ci organizziamo e con due collaboratori di Alessandria sgomberiamo la cantina di mobili ormai inutili, scoprendo una cassa dei ricordi, con tante cose nostre, che prima o poi aprirò con curiosità. Ma il pezzo forte è la macchina per fare le maglie, che mia mamma teneva in casa. Un attrezzo in ghisa, che si movimentava attraverso un bilanciamento di pesi. Era la passione di quella ragazza di Masio, che venne ad abitare a Milano, nella grande città, con suo marito, mio papà, che dopo la guerra trovò un posto in banca. Faceva le maglie per tutti, non solo per noi famigliari, ma anche la Circolare

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no che anche quest’anno ha salvato il rito del piatto dell’amicizia.

Laboratorio perché scoprire che c’è una Fontina d’alpeggio stagionata 2 anni e mezzo che potrebbe essere un formaggio da grattugia sembra confermare che molti casari stanno accarezzando la medesima idea dei produttori di vino: spostare la maturazione più in là, quando l’economia si riprende.

Questi momenti di libertà, di incontro, hanno un qualcosa di più rispetto a due anni prima. C’è meno frenesia, c’è più ascolto e sembra d’essere tutti in attesa di una stagione migliore. Ma intanto non ci si priva di quello che si riesce a vivere, raccontandoci la preoccupazione per un parente ricoverato per il Covid o per i postumi dopo il contagio. Un momento della vita per certi versi surreale, che invece è parte del Reale (omen nomen).

Ma andiamo con ordine. Ecco la miglior Robiola di pecora assaggiata negli ultimi 12 mesi: la produce Roberto Bagnod ad Ayas con il latte di pecore Lacaune. Siamo nell’areale della Val d’Ayas da un produttore che figura fra i magnifici del Golosario 2021, a buon diritto, dove la sua eroicità è pascolare a 2.100 metri sotto il Monte Rosa verso il Col Bastoccia. Che buona questa robiola che mostra la purezza del latte, la sua acidità (se non è un formaggio vivo questo?) e poi una sapidità disarmante che pulisce il palato. Bellissima poi la storia di Marta (lombarda) e Massimiliano (aostano) che sono diventati la coppia più bella del mondo ed hanno “partorito” un formaggio quadro, quasi una contaminazione-provocazione: un taleggio della Vallée (?). In realtà lo hanno battezzato Coquadar fresco e viene prodotto col latte di una razza autoctona, la Castana, che ha una bassa resa di latte. Loro vivono tutto l’anno sopra Cogne, in località Gimillan a 1.800 metri, coi loro 20 capi: una gran bella storia da raccontare. Questo formaggio fa sentire i descrittori della stagionatura insieme a un profumo di castagne secche, fra il dolce e lo speziato, ma la persistenza viene poi trasportata da un’acidità finale piacevolissima. La fontina d’Alpeggio di Claudio Berthod era quindi perfetta, in elasticità e complessità. Al naso senti la frutta secca, in bocca la dolcezza che poi diventa speziata e leggermente piccante. Senti note di burro e una complessità pazzesca. Claudio alleva 200 capi che si nutrono nei pascoli più alti della Vallée, fino a 2.400 metri. A questo punto ho chiesto ad Andrea Barmaz, grandissimo esperto di Fontine, se concordava con ciò che stavo pensando io: Fontina perfetta. Ma la sorpresa che ha fatto discutere è stata la Fontina d'alpeggio prodotta da Dalbard a Pollein che ha prolungato la stagionatura a oltre 2 anni e mezzo. Quindi una fontina dura, striata di note aranciate che tuttavia al naso mostra sia le note erbacee originali sia la frutta secca. Questa Fontina viene prodotta senza utilizzo di fermenti ed è piuttosto estrema, anche per la persistenza intensa, come una cicoria, che chiede un utilizzo creativo magari in cucina. Io ho suggerito un grattugiata su una seupa à la Valpellinentze. Ma qui si apre anche il dialogo fra uso di fermenti o meno nei formaggi e sulle stagionature estreme. Altra sorpresa è stato poi il Gran Gessato di pecora di Bagnod, in questo caso un erborinato che somiglia, almeno nella lavorazione, al Castelmagno. Ma il risultato è diverso e la gessatura tende al cremoso. Questo cacio aveva 18 mesi di affinamento e mostrava una straordinaria pulizia in bocca e un amaricante aromatico, floreale, davvero caratteristico e particolare. Grandioso assaggio.

I tipici capunsei del Mantovano

Degustazione dei Formaggi Aostani con l’Accademia Questo webinar, come si dice oggi, me lo ricorderò a lungo e ringrazio l’amico Andrea Nicola, farmacista ad Aosta e delegato della sezione locale dell’Accademia della Cucina Italiana, per avermi coinvolto. In sostanza lui ha creato un’occasione di incontro, benché a distanza, per assaggiare sei tipi di formaggio pazzeschi che Stefano Lunardi del negozio Erbavoglio di Aosta ci ha recapitato anzitempo in una comoda confezione. E qui, per la prima volta, ho compreso che anche nel mondo dei formaggi si è insinuato un ragionamento analogo a quello del mondo del vino: combattere la crisi del momento con l’invecchiamento. Leggete il mio resoconto di quell’incontro, perché ne vale davvero la pena. SE FONTINE E FORMAGGI VALDOSTANI INVECCHIANO Degustazione con l’Accademia Italiana della Cucina di Aosta di 6 esemplari curiosi by Erbavoglio L’appuntamento era ghiotto e non potevo mancare: una degustazione on line di formaggi con gli amici dell’Accademia della Cucina di Aosta, capitanati da Andrea Nicola, farmacista in città. Per organizzare l’incontro Andrea ha contattato un grandissimo professionista, Stefano Lunardi, che in città apre Erbavoglio (rue Monseigneur de Sales, 14), un luogo caro al Golosario perché in quell’antica latteria radunano i formaggi di piccolissimi produttori e li affinano. Ma il bello dell’attività di Stefano, che ricerca formaggi vivi, è che in questo modo ha creato un laboratorio che guarda al futuro. Questo ho pensato quando passava in rassegna quei sei tipi di formaggio che mi sono stati recapitati in ufficio, in una scatola di cartone con un fondo di fieno e i sei pezzi di formaggi avvolti in una plastica protettiva. la Circolare

E infine, un’altra gloria del Golosario, ovvero La Petite Ferme di Gignod. Un produttore, Fulvio Cheillon insieme con la moglie Anna che, con latte di capra, secondo il metodo della coagulazione lattica (ovvero una forte acidificazione spontanea ottenuta attraverso la fermentazione del lattosio) produce tronchetti, piramidi, cuori e il glorioso crottin che viene stagionato anche tre anni. Quello che abbiamo assaggiato noi aveva un anno e mostrava note di crosta di pane con all’interno un cuore di latte amaricante e piccante che aveva una persistenza lunghissima. E per questo mal sopporta l’abbinamento con un vino.

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E qui s’è aperta un’ulteriore finestra, su un momento di consumo particolare, il cheese after dinner, da gustare con un Calvados, un Rum, un’Acquavite. Eccezionale. È stata un’ora edificante per due motivi. Il primo perché ha mostrato l’anima dell’Accademia della Cucina che è quella di stare al passo con le novità che accadono sul territorio; il secondo è stato l’incontro con un grande professionista come Stefano Lunardi, che ha realizzato un luogo e una professionalità che non potevano mancare in una città come Aosta, capoluogo di una regione fantastica.

fare un incontro a distanza per parlare dei nostri due ultimi libri, quello di Giulio e il mio, Del Bicchiere Mezzo Pieno, che Sapelli ha letto già da qualche mese. Un incontro impegnativo, per cui sia io che Daniele ci prepariamo come quando 40 anni fa eravamo alla vigilia di un esame (lui ha letto tutto il libro, di centinaia di pagine, io ho utilizzato i suoi bigini e ho approfondito alcuni capitoli centrali). Ecco alcune domande mutuate dai suoi scritti. Giambattista Vico, ma anche Miglio ci parlavano della ciclicità che sembra una legge che riguarda non solo la politica ma anche l’economia spicciola. Pensiamo alla rinascita di tanti prodotti che erano considerati una commodity (le farine ad esempio) oppure appannaggio solo dell’industria (le birre) o dell’indistinto (le pizze). Hanno trovato poi una strada verso la distinzione e verso il riconoscimento di un valore aggiunto. Daniele chiede: “Il consumatore non deve più essere dominante, ma almeno al pari del produttore...” (pag. 292) Qualche barlume di questa tendenza l’abbiamo vista in verità, ad esempio attraverso il vino che parte dal racconto di chi vive su un territorio e non di chi produce il vino che il mercato vuole... Paolo ha scelto dei profili dedicati al vino che infatti vanno in questa direzione che possiamo chiamare originale.

I formaggi di Erbavoglio

26 febbraio Lezione master del vino a Brescia, ma a distanza Anche l’università va avanti e con essa il mio Master sulla comunicazione del vino presso l’Università Cattolica di Brescia. Tuttavia bisogna scordarsi la lezione in presenza e procedere con quella a distanza. E io mi chiedo: “Come farò a parlare quattro ore e catturare sempre l’attenzione dei ragazzi?”. Alla fine ce la farò, perché dopo i primi momenti di impaccio si instaura un dialogo appassionato che passa in rassegna questi ultimi trent’anni del mondo del vino. Ma divertente sarà anche la prova che dovranno fare i ragazzi, ovvero fare un titolo per uno strumento di comunicazione scelto (giornale economico, cronaca locale, settimanale generico, giornale di settore), partendo dal mio articolo pubblicato poco sopra sui formaggi valdostani. Ne esce un’esercitazione molto interessante e l’applauso a distanza dei ragazzi lo prendo come un premio. 27 febbraio Due chiacchiere con Sapelli e Dan Giulio Sapelli è un economista di valore e in questi giorni è uscito con il suo libro Nella storia mondiale, dove disegna scenari di geopolitica mondiale e di economia. È un amico, iscritto da sempre anche al Club di Papillon. Così un altro amico, Daniele Sacco, decide di la Circolare

“Io mi sono ritrovato moltissimo in questo passaggio di Giulio. Significa che la produzione agricola e artigianale devono smetterla - come hanno fatto - di produrre solo per il mercato. I produttori di vino che descrivo sono persone che io e Giulio baceremmo sulla fronte. Ne sono un esempio Emidio Pepe, che pigia ancora l’uva con i piedi, cosa che oggi sembra da storytelling. In realtà i suoi nipoti, scientificamente, ti spiegano anche il perché, pigiando l’uva con i piedi, il vino bianco viene così, mentre per il vino rosso l’uva va pigiata in un altro modo. Lì ho ritrovato la tradizione che è attualizzazione. Angelo Gaja, poi, ha fatto vari percorsi. Ma a un certo punto ha capito che i suoi figli hanno ottenuto i suoi successi scegliendo di intraprendere strade differenti dalla sua. E lui è l’esempio di quel ‘seme del padre’ che favorisce lo scambio intergenerazionale. E così tanti altri personaggi come, ad esempio, Josko Gravner, che ha perso un figlio ma continua a stare nella vigna, convinto che il suo compito sia quello di ‘esserci’ e continuare anche per chi non c’è più. Oppure Giampiero Bea, che ha costruito una cantina ispirata alla biodiversità, ma a un certo punto si è fermato perché per andare avanti avrebbe dovuto eliminare un ulivo cui suo padre teneva molto. E ha tenuto la cantina ferma tre anni per evitare di dare un dispiacere al padre. Ed è qui che capisci cos’è il rispetto. E Bea fa un vino che può piacere o non piacere, esattamente come Maga Lino, che fa un vino che ad alcuni non piace. Ma lui fa quel vino lì. Il vino che faceva suo zio Carlo. Io ho raccontato questo: storie di gente che non ha seguito il mercato ma ha preso dalla storia e l’ha riattualizzata”. Daniele chiede ad un certo punto a Sapelli della “sostenibilità che è relazione” e poi del rapporto autentico fra l’uomo e l’animale e non artificiale, fino alla produzione stessa di prodotti artificiali. Paolo questa la chiama COLLEGANZA che va incontro al concetto stesso di Comunità, che non considera inevitabile la delocalizzazione, ma guarda all’economia circolare. Per Sapelli sono “La deflazione secolare e la grande distribuzione”

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a minacciare gli agricoltori, imponendo bassi salari in un’ottica di surplus alimentare. Ma altrettanto pericoloso è anche quello che lui definisce un “ecologismo per ricchi”, che impone di non allevare più gli animali perché aumenta la produzione di CO2. “Ma in realtà - spiega Sapelli - la stessa umanità senza il rapporto con gli animali decade. In noi vive il passato della storia della natura, non solo degli umani. La gente cerca fratellanza e colleganza con la tradizione di forme della natura meno evolute dell’uomo, ma che sono frutto della creazione divina. Se vogliamo salvare l’agricoltura occorre tornare a una forma di agricoltura biodinamica e al rapporto con l’allevamento animale, nel pieno rispetto degli animali stessi. C’è bisogno di economie morali, che hanno alla base un principio dove il profitto è solo un regolatore, non il fine. Migliorare la qualità della vita e dell’ambiente avendo come regolatore il profitto. È questo l’insegnamento straordinario che può venire dall’agricoltura”. DAN “La Salvezza è sempre presente nella storia basta saperla riconoscere e prenderla per mano” (pag 315). Da un libro che potrebbe sembrare apocalittico esce questa frase, dopo che parlate di alcune condizioni come ad esempio la necessità che la politica possa prendere decisioni rapide. E qui viene in mente il capitolo del libro di Paolo dedicato all’Expo dove si parla della POTENZA DEL LIMITE. L’anomia che Sapelli cita, significa poi vivere senza credere in nulla, che è il prodotto di uno Stato senza comunità. Ma questo nasce dentro il vuoto della politica o nella “massificazione della politica”? “Noi siamo circondati da un’antropologia negativa. Ma io conosco un sacco di persone per bene. E il libro di Paolo è pieno di antropologia positiva, ciò che serve per superare la crisi pandemica, puntando sulla persona. L’anomia è una forma di nichilismo di massa, dettato da situazioni che hanno spinto le persone a non credere più a nulla e a sentirsi completamente abbandonati. Qui lo Stato è completamente assente. Capitasse in Francia quello che succede qui, la Francia sarebbe paralizzata dagli scioperi. Il vero problema, che è condensato nella crisi della gioventù, è il non pensare più che i diritti hanno anche dei doveri. Il problema vero è che non c’è più l’obbligazione. Né morale, né giuridica, né religiosa. Il libro mio e di Paolo sono strutturalmente diversi, ma vanno nella stessa direzione, che è la ricostruzione dello spirito della comunità di destino”. A pag. 23 c’è quel passaggio su Miglio dove parla di una scienza unitaria dello Stato, che ricorda un po’ Cavour, evocato dallo stesso Draghi nel suo discorso. Perché Draghi non rappresenta l'élite non eletta dal popolo, come è invece facile dire di Conte? “In primo luogo la confusione è sul concetto di élite. Noi possiamo usarlo in senso sociologico, intendendola come coloro che hanno il potere. Ma il senso è anche tecnico, e in questo caso l’élite comprende coloro che hanno il potere di prendere decisioni. Che poi è il potere compulsivo dello Stato. Io sono legato al concetto di élite come sistema che raggruppa i ‘dotti’ della nazione. Come diceva Churchill ‘La democrazia è il miglior sistema che c’è... fino a quando non parli con gli elettori’. Dobbiamo renderci conto che la democrazia fondata sul principio di maggioranza è un sistema puramente procedurale. La maggioranza non contiene in sé la verità o la giustizia. Per questo la democrazia americana è la più grande democrazia, perché a fianco degli organismi eletti dalla maggioranza ci sono gli organismi non eletti. Occorre qualcuno che sia superiore la Circolare

al popolo. Io sono un ‘elitista’, penso che la storia la facciano le minoranze. Per quello io voglio i partiti, che sono la democrazia che si organizza, il rapporto diretto tra noi e un capo”. “In quanto a Draghi che viene considerato un tecnico, vi riporto un commento di Paolo Cirino Pomicino che ha detto: “Altro che tecnico, questo è uno dei nostri. È un politico”. E vedrete se non sarà vero.”

Un momento dell’incontro con Giulio Sapelli e Daniele Sacco

28 febbraio Un dialogo sulla Colleganza con Arnaldo Cartotto Bellissimo anche il primo dei due incontri organizzato da Arnaldo Cartotto, il nostro delegato del Club di Papillon di Biella. Questo riguarda proprio il tema che più ci sta a cuore, che è quello della Colleganza, per cui mi trovo a dialogare con Armona Pistoletto, Michael Silverman dell’azienda La Soleggiata, Alessandro Boggio Merlo della Fondazione Biellezza e Alessandro Zerbola dell’Apicotura LSG. Gente che si è messa insieme e i giornali locali, ricordano che questo incontro coincide con il terzo compleanno del Club di Papillon celebrato alla Città dell’Arte. Ma veniamo all’incontro, molto interessante, dove sono stati messi a fuoco i percorsi già intrapresi, le strategie e gli obbiettivi per il futuro riferiti al mondo della filiera del gusto biellese. Una realtà che conta diverse centinaia di imprese con migliaia di occupati, che andrebbe meglio compresa nella sua dimensione economica effettiva visto che la Regione Piemonte ha già avviato l’iter per il riconoscimento dei “Distretti del Cibo”, che nascono proprio con l’obiettivo di favorire la valorizzazione delle produzioni agroalimentari, salvaguardare il paesaggio rurale e la cultura locale e sviluppare l'offerta turistica. L’appuntamento ha poi identificato una strategia, ovvero fare rete: costruire alleanze e viaggiare uniti verso una meta condivisa. Tutto ciò che rientra nel concetto di Colleganza, che costituisce il presupposto per lo sviluppo di nuove modalità di offerta dei prodotti a livello locale, ma anche di alleanze di sistema con enti, associazioni, fondazioni e istituzioni pubbliche ai vari livelli. Perché solo dopo aver fatto rete nel territorio è possibile pensare di fare rete tra territori, che significa aprirsi a nuovi rapporti, scambiare esperienze e favorire con il racconto la conoscenza reciproca tra operatori, alimentando nuovi flussi turistici e diventando ambasciatori del gusto, sia quando si ospita, sia quando si è ospitati. Potrebbe essere già questo il manifesto programmatico della prossima edizione di Golosaria, che vuole affrontare un tema cruciale, quanto mai attuale oggi. Per questo stiamo raccogliendo esempi di Colleganza. Proprio così: per un mondo migliore.

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1 marzo Inizia il mese di marzo, nel buio del lockdown ma con tante luci Ogni volta che qualcuno mi avvisa che ha acquistato il mio ultimo libro su Amazon (Del Bicchiere mezzo pieno, quando nella vita conta lo sguardo), vado in fibrillazione e attendo di sapere cosa vi ha trovato. Stamane Carla, da Roma, mi scrive: “Ma perché non ci riempi ogni giorno il bicchiere, raccontandoci quello che fai?”. Ok ci provo, scrivo io in un post, che riporto poi su questo bicchiere immenso che è la Circolare, contenitore di tutti gli incontri di un anno. Stamattina abbiamo inaugurato Radio Golosaria, un podcast con la rassegna stampa del mattino, e Il Corriere della Sera è uscito con un articolo dedicato alla partnership fra IlGolosario e Bell’Italia, per tre mesi un estratto del nostro libro ammiraglio. Poi sono andato a Graglia, dove nasce l’acqua più leggera d’Europa, Lauretana, ed ho scoperto, insieme ai Vietti, la sensazione d’essere all’ultimo miglio, in quanto al Covid. Mi hanno salutato mostrandomi un articolo apparso su La Stampa dove si parlava di un mio incontro con i giovani produttori della zona che abbiamo svolto domenica parlando della Colleganza e questo mi ha fatto sentire vivo in mezzo alla gente, nonostante i collegamenti virtuali. Quando sono arrivato in ufficio c’erano ad aspettarmi tre soffici colombe dei giovani siciliani di Virtual Bakery che hanno voluto farmi avere il frutto del loro lavoro. Fra poco prepareremo la lezione del webinar di domani alle 18 per i produttori citati su IlGolosario. Quanti doni in un giorno solo: fra questi io ci metterei anche la canzone “Mi Manchi”, che Fausto Leali canterà stasera a Sanremo, e che l’autore Franco Fasano mi ha regalato durante il primo lockdown per pubblicarla sul portale IlGolosario.it. Può bastare? Vi voglio bene!

dove possa colpire. Avevamo le mascherine, il disinfettante spray in tasca, ma eravamo seduti a un tavolino di fianco ad altre persone che vivevano un momento normale. Abbiamo sfidato il pericolo? 4 marzo Su Club House la prima degustazione coi vini di Nenci Oggi, in ogni caso, devo fare il tampone, perché sono in partenza per Montalcino dove hanno allestito le Anteprime del Brunello 2016 che entra in commercio. È negativo vivaddio! Mi appresto dunque a guidare i secondo webinar per i produttori del Golosario che ha per tema “I materiali per la comunicazione. Cosa non deve mancare e i diversi canali”, mentre stasera su Club House, il nuovo social di cui tanti stanno parlando, con i primi esperti e influencer del genere, sono annunciato per una degustazione a distanza dei vini di Paolo Nenci di Chiusi, un giovane produttore che ho conosciuto lì un mese fa e con il quale abbiamo stretto rapporti. Oggi è uscito anche un mio articolo su di lui, sulle pagine Tuttigusti della Stampa dove commento i suoi vini ma parlo anche della sua propensione al racconto attraverso i social che gli sta dando tante soddisfazioni. È un modo per dare una scossa ai produttori di vino che ancora non hanno compreso che la grande occasione del Covid è quella di riappropriarsi del rapporto con il consumatore finale. Una via d’uscita nella direzione della cosiddetta multicanalità.

Il vignaiolo Paolo Nenci Il numero di Bell’Italia con il primo dei tre volumi de ilGolosario

2 marzo Nella Genova “Gialla” Un anno fa in questa data ero a Verona, per l’ultima uscita prima del lockdown ombroso della prima tornata. Oggi invece vado a Genova, con Andrea Voltolini, per un appuntamento istituzionale che termina a pranzo nella sede del Circolo Artistico del Tunnel ambientato in un palazzo storico della città. Con noi l'amabilissimo Maurizio Caviglia, segretario generale della Camera di Commercio di Genova, e Paolo Giampellegrini, già commissario per il Turismo della Regione Liguria. E chi si immagina quello che verrà da lì a poco? Io e Andrea ce la ricorderemo a lungo quella focaccia con il caffè, nel dehors di un bar, col sole che riscaldava tutti. Questo virus è misterioso perché non sai la Circolare

Ciao Tony! Uno pensa: ma i social a che servono? L’8 dicembre su Instagram mi arriva un messaggio di Carla Hendra per dirmi.“Tony è molto malato, da quando ha avuto un incidente in bicicletta. Con il Covid non lo vediamo da sei mesi”. E rimango di stucco, perché volevo inviargli il mio libro dove lui è citato in un capitolo struggente. Poi arriva un messaggio il 4 marzo: “Tony è morto!”. E scrivo il mio abbraccio a Carla, dicendole che sicuramente ora sarà con padre Joe. Lei mi risponde: “Sì veramente”. L’ultima volta che ci siamo visti è stato 7 anni fa quando lo accompagnai a trovare dei parenti di Carla nel Canavese, dopodiché andammo a cena al Piccolo Lago. Ma clamoroso fu quando Tony venne a Golosaria, a Stupinigi nel 2005, per presentare il suo libro Padre Joe, commovente. Eccoci insieme in una foto di allora. Non ti dimenticherò mai Tony!

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Il giorno dopo, i Brunello sono 141 e piano piano, al mio tavolo condiviso con altri quattro colleghi, inizio l’assaggio che perfezionerò il giorno dopo con tanto di finale. Gli assaggi sono come sempre alla cieca e la pausa pranzo avviene attraverso dei sacchetti con il cibo nelle vaschette di plastica. Si torna in albergo per riposare e scrivere; qualcuno accetta l’invito di una cantina che era arrivato anzitempo, ma per via del coprifuoco rimarrà a dormire in azienda. Il giorno dopo di nuovo ai tavoli d’assaggio dove registrerò, per il Brunello di Montalcino 2016 un’ottima annata. E il campione che svetterà al primo posto sarà quello di Agostina Pieri, accanto a Tenute Silvio Nardi, Palazzo della famiglia Loia, Castello Tricerchi, Collesorbo di Giovanna Ciacci e Terre Nere. Riparto per Alessandria, felice di queste giornate a Montalcino, del calore del Giglio e delle chiacchiere con i colleghi, con cui, rispetto agli anni precedenti, comincia a sciogliersi un poco il ghiaccio. Anche questo sarà l’effetto del Covid?

Tony Hendra e Paolo Massobrio al Salotto di Papillon di Stupinigi nel 2005

5 marzo Si parte per Montalcino. Ovvia!!! Si parte per Montalcino e non mi sembra vero. Un anno fa, a fine febbraio tornavo dall’Anteprima, il giorno dopo la cena di gala dove eravamo in 10 al tavolo e nessuno aveva ancora la percezione dell’allarme. Me ne accorsi all’Autogrill di Codogno che era completamente blindato senza possibilità di accedervi. Quest’anno il Consorzio del Brunello, nonostante la proclamazione di Siena come zona rossa, ha organizzato l’incontro riservato a una ventina di giornalisti anziché i consuetudinari 200. E quasi tutti ci ritroviamo nell’ottimo hotel Il Giglio che è una delle tavole radiose della nostra guida. Arrivo giusto in tempo per cena ed è una festa. Anche se sarò solo al tavolo, mentre il patron Mario fa girare le bottiglie di Brunello da abbinare ai suoi piatti (fra cui anche una memorabile scottiglia di coniglio che la signora mi preparerà per la cena del giorno dopo). Sembra una conquista parlarsi anche a distanza. E mi ha fatto tenerezza questa coppia di titolari che ha voluto tenere aperto hotel e ristorante nonostante il periodo problematico. Leggi nei loro occhi la soddisfazione di svolgere un mestiere che in questi giorni significa ancora di più accoglienza. Non li dimenticherò questi giorni bellissimi.

Paolo Massobrio con il sommelier Gastone Ugurgieri

7 marzo Il compleanno di Gaja e la cena di Drago Angelo Gaja compie 80 anni, ma la sua vitalità è quella di un adolescente curioso di tutto. Legge, come il sottoscritto, una decina di quotidiani ogni mattina, sempre in versione cartacea e poi sottolinea e talvolta interviene con suoi commenti che manda informalmente ad amici e giornalisti (ma è un po' che non si fa vivo). Per l’occasione ho scritto un paio di articoli, su IlGolosario e su La Stampa on line, facendo un parallelo quando scrissi l’articolo a sorpresa per i suoi 70 anni dove fui in qualche modo profetico quando dissi che il padre Giovanni sarà ricordato per il Barolo, lui per il Darmagi, quasi un segno di svolta e di ribellione rispetto alla mentalità langarola, mentre i suoi figli, Gaia, Rossana e Giovanni saranno ricordati per il Barbaresco. Oggi tutto questo si sta avverando, anche se Angelo, da par sua, sta maturando un sogno in Alta Langa che per ora è top secret, ma avrà la sua impronta. Ne scriverò anche su Avvenire, per raccontare di un atteggiamento positivo nella vita che cresce con l’età. E qui cito anche Alberto Dragonetti, medico, primario, che durante il Covid è riuscito a coinvolgere gli amici radunati nell’Associazione Tra Capo e Collo per fare una cena a distanza coi piatti in delivery del ristorante Liberty, nostra corona radiosa. Mi sono collegato anch’io quella sera,

Mario e la moglie dell’hotel Il Giglio di Montalcino

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per partecipare a un gesto bellissimo, pieno di vita. Perché davanti al tempo che passa, davanti alle difficoltà del momento non è il tirare i remi in barca la soluzione ideale della vita. Ma guardare avanti, come direbbe il mio amico Giorgio Salvan che produce vini su Colli Euganei:“Oltre il limite e oltre”, nome di un suo vino leggendario. Oggi su Avvenire commento i due eventi ai quali sono stato partecipe. QUELLA CENA VIA ZOOM E LA VIGNA DI ANGELO La Sardegna bianca festeggia la possibilità di frequentare i ristoranti fino alle 23, mentre il dopo festival di Sanremo sarà all'insegna di tutti in camera. È quanto si legge all'inizio di una settimana dove il volano dei contagi spinge verso quella che chiamano terza o addirittura quarta ondata. Sarà, in ogni caso, la più dura da vivere e da accettare per cui davvero ci vuole qualcuno di fianco a noi che ci scuota da quello sguardo ridotto che non ha più negli occhi l'infinito. L'ho pensato l'altra sera quando il dottor Alberto Dragonetti, chirurgo, otorino, presidente dell'Associazione Tra Capo e Collo del Niguarda è riuscito a convocare via zoom 120 persone, ognuno nella propria casa, per una divertente cena di solidarietà, favorita dal delivery del ristorante Liberty di Milano. Quell'associazione, con la raccolta fondi, si impegna ad aiutare i parenti e i pazienti che arrivano da lontano e finiscono nel reparto di Otorinolaringoiatria, ma anche per inserire i giovani e insegnare una professione che riguarda patologie fra il capo e il collo. Ecco cosa vuol dire avere gli occhi dell'infinito che all'orizzonte vedono il bisogno del mondo (stanno aiutando anche un'opera ospedaliera in Madagascar), anziché il finito di chi tira i remi in barca e cerca ossessivamente una “comfort zone”. Il 7 marzo Angelo Gaja, produttore di Barbaresco nell'omonimo paese, compirà 81 anni e a chi gli ha chiesto se avesse paura di invecchiare ha risposto: «Il segno che non sono abbastanza vecchio è che riesco ancora a meravigliarmi». E sta pure accarezzando il sogno di una vigna sua in quell'Alta Langa che ha girato in bicicletta palmo a palmo. Nel frattempo i tre figli hanno preso in mano le redini di un'azienda che ha un brand importante e stanno portando avanti la loro idea di vino, che è diversa da quella di Angelo, pur ottenendo consensi in tutto il mondo. Quando Angelo mi ha scritto una lettera dicendo che era felice dei risultati dei figli anche se non sono i suoi, ho visto il significato del seme che porta frutti inaspettati e imprevedibili, ma sani e vigorosi. E ho visto quell'in-

finito che si perpetua, come sguardo, e che passa attraverso un dialogo intergenerazionale che non è sempre scontato. Angelo Gaja figura così fra i 50 sguardi che ho voluto raccogliere nel libro Del Bicchiere Mezzo Pieno (Comunica Edizioni), per dire che c'è bisogno di guardare ogni giorno persone che hanno nel cuore questo senso di vittoria. Che passa anche attraverso una nuova vigna, i cui frutti maturi magari coglieranno altri. Ma è l'Infinito di cui abbiamo bisogno, oggi. (Avvenire, 3 marzo) 8 marzo Ad Aosta all’Institute e il premio ad Andrea Voltolini Non c’è tempo per riposare, ma il giorno dopo il ritorno dalla Toscana si deve già ripartire in direzione Aosta. Con me Andrea Voltolini, che fra l’altro, nel pomeriggio verrà premiato in un Concorso Letterario dedicato alle donne. Arriviamo ad Aosta al mattino e subito ci rechiamo nell’azienda Les Petits Riens che non conosce proprio nessuno. Me ne aveva parlato ammirato Claudio Gallina e così siamo stati da questi due giovani: lei milanese, lui francese. Sono Fabien e Stefania e producono dieci referenze di vini, uno più buono dell’altro, favorendo anche l’affinamento in recipienti di grès. A pranzo siamo ospiti dell’Institute Agricole Regionale con l’assessore regionale all’Agricoltura Davide Sapinet per parlare del futuro agricolo della Vallée. E con sorpresa ci favorisce un assaggio stratosferico di Jambon di Saint Oyen alla brace.

Il produttore di vino Angelo Gaja

Fabien e Stefania della cantina Les Petits Riens

Lo strepitoso Jambon de Saint Oyen alla brace

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L’Institute è davvero un’opera benemerita che ha dato fiducia a tanti giovani, cambiando di fatto i connotati della vitivinicoltura valdostana, ma anche di altre branche dell’agricoltura. Qui si fa sperimentazione seria, fin dagli inizi e mi ha fatto piacere scoprire nelle parole dell’Assessore il desiderio di valorizzare questa opera che ospita nel proprio college anche ragazzi che arrivano da fuori regione. E mi ricordo la prima volta che venni qui, era il 1986. Dovevo intervistare il canonico Joseph Vaudan, che era il direttore dell’Institute. Vent’anni dopo, quando presentai un mio libro a Courmayeur me lo vidi arrivare. “Sono venuto apposta per salutarla”. Certi incontri rimangono davvero per tutta la vita. LA BELLA ITALIA CAPACE DI CURARE I PARTICOLARI L'Institut Agricole Regional di Aosta da settant'anni sta a dimostrare la lungimiranza di una classe politica che nel dopoguerra vedeva una prospettiva. Una visione che è ancora attuale, se è vero che lo frequentano tuttora 230 studenti per imparare un mestiere legato al mondo agricolo, comprese le sperimentazioni sul campo. Il primo rettore fu il canonico Joseph Vaudan, che intervistai nella primavera del 1986 scoprendo la propensione della Vallée per una viticoltura originale. Sono tornato ad Aosta lunedì per sorprendermi dei nuovi progetti e per scoprire che la Regione ha in mente di ripartire proprio da questa fucina di sviluppo e di formazione. Ma l'assessore regionale all'Agricoltura Davide Sapinet mi ha confidato anche che vuole rilanciare i voucher per favorire, da parte di ristoranti e negozi, l'acquisto di prodotti della Vallée, così da creare quel circuito virtuoso che, visto da una prospettiva regionale, può funzionare: a differenza dell'analoga proposta ministeriale di Teresa Bellanova, che forse peccava di genericità e non ha avuto storia. Anche il collega della Lombardia Fabio Rolfi ha annunciato un bando da 1,5 milioni per favorire l'insediamento in agricoltura di over 40; un'altra prospettiva che si materializza solo con le amministrazioni di prossimità, le quali a loro volta stanno intuendo un ruolo non sovrapponibile a quello governativo, ma complementare. Dal governo ci si aspetta invece lo scatto che faccia diventare reale la parola fiducia, traducibile in un piano vaccinale efficace e nel Decreto Sostegno a permettere la vita di tanti imprenditori, piccoli e medi, che sono il nerbo del nostro Paese. Il concetto mi è stato manifestato da Giancarlo Aneri, imprenditore del vino conosciuto in tutto il mondo; Aneri è certo che i consumi siano fermi non per mancanza di liquidità, ma per un senso di depressione generale. Si attende la scintilla, che a Montalcino hanno voluto attivare subito mettendo in scena «Benvenuto Brunello» davanti a 30 giornalisti chiamati a testare il valore dell'annata 2016 – annata da raccontare. Per questo anche la possibilità che Vinitaly si possa svolgere a giugno, come previsto da FieraVerona, ha l'aria di una sfida ai blocchi di partenza. C'è voglia di ripartire, certo senza fughe in avanti irrazionali, ma sicuri del valore della propria merce: che in Italia si chiama turismo, capacità di fare impresa, accoglienza, qualità e stile di vita. Ma solo un'intesa istituzionale fra governo e periferia può mettere in moto quella visione che caratterizzò il dopoguerra. A Draghi la regia di un'Italia capace di prendersi cura dei propri particolari. (Avvenire, 10 marzo) 9 marzo Muore don Anas accompagnato da migliaia di amici Anas, al secolo Antonio Anastasio era un mio coetaneo, che conobbi durante gli studi in Cattolica. Era un ragazzo buono e solala Circolare

re già allora e con la sua semplicità di cuore si fece prete. Girò in varie situazioni in Italia, fra cui Grosseto, ma soprattutto divenne un punto di riferimento per tante persone, che si rivolgevano a lui per un confronto, una parola. Negli ultimi tempi era a Milano, in una comunità di sacerdoti della Fraternità San Carlo e, come tanti preti esposti, ha contratto il Coronavirus. Dopo il primo ricovero al Niguarda le sue condizioni si sono aggravate e in terapia intensiva ha vissuto un calvario, accompagnato ogni sera da un rosario con 3.000 persone collegate. È salito in cielo il 9 marzo e al suo funerale, mons. Massimo Camisasca, che ha fondato la Fraternità San Carlo, ha avuto parole di uno che lo considerava in qualche modo ancora presente. Anch’io qualche volta mi sono collegato per recitare il rosario, alle 21, con mia moglie che invece lo ha fatto tutte le sere. Un rosario per chiedere il miracolo, che poi nella forma si esprime non come vogliano noi, ma sempre in un compimento. Anas, come lo chiamavano da sempre era una persona sensibile tanto che componeva canzoni, suonava, scriveva, insomma declinava in una forma di comunicazione la sua gioia di vivere. E da questo punto di vista ci insegna ancora: non priviamoci mai dell’espressività che ci è data, perché questa è una forma di carità per tutti quelli che ci incontrano. (Lo ritroveremo nella parte dedicata alle lettere con un suo scritto del febbraio di quest’anno, alla vigilia del ricovero).

Don Antonio Anastasio

10 marzo Con il Soroptimist di Riccione Marco Magi e sua moglie Dora hanno organizzato un incontro via Zoom con il Soroptimist di Riccione, per parlare di sguardi e quindi del mio libro Del Bicchiere Mezzo Pieno. Un incontro anche questo frizzante, pieno di domande, che Marco e Dora hanno saputo condurre con serietà e leggerezza coinvolgendo tante socie intervenute. Era il secondo incontro con questa realtà, dopo la prima con l’Associazione di Alessandria, favorita da Monica Deevasis, e in entrambi i casi ho apprezzato l’intelligenza, il coinvolgimento. Sono tanti gli incontri via zoom. Questa settimana ad esempio ci sarà la degustazione dei vini di Tua Rita, azienda leader nella zona del Suvereto. Poi il 13 marzo il secondo incontro con il Club Papillon del Biellese e l’incontro con la nostra Motoko Iwasaki, Alessandro Boggio Merlo, Francesco Ferraris e Marta Foglio, giovani che hanno letto il mio e libro e che, favorito da Arnaldo Cartotto, il delegato Biellese di Papillon, hanno fatto delle acute considerazioni.

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Tutta questa ricchezza di incontri senza la situazione in cui viviamo, non ci sarebbero stati. E questo è confortante, perché il desiderio di relazione va oltre la fisicità. 12 marzo Da Hic et Nunc si respira aria di enoturismo Ricominciamo a girare per il Monferrato, perché Golosaria è prevista a inizio luglio. Nella nuova cantina della famiglia Rosolen a Vignale Monferrato, Hic et Nunc, ci accoglie Massimo Rosolen con il direttore Stefano Gervasoni e con Marta Sobrino di Well Com. Visitiamo la nuova struttura che ancora non ha potuto vivere un momento ufficiale di inaugurazione e resto colpito dagli spazi ampi, aperti, che favoriscono un’esperienza di enoturismo davvero avvincente. Poi ci sediamo al tavolo per riassaggiare i vini e rimango colpito, questa volta, dal loro brut a base di Grignolino (si chiama Mète) che mai mi sarei aspettato di registrare con così tanta finezza. Poi mi coinvolgono in una verticale del loro Cortese, che premiammo, col millesimo 2016 fra i Top Hundred e la conferma che sia un grande bianco che trae linfa da un territorio altamente vocato è sotto gli occhi di tutti. Dopo qualche mese l’enologo bresciano Massimo Gigola, tuttavia, finirà il rapporto con la cantina, ma c’è da dire che l’avvio è stato importante. Metà marzo 2021 non lascia tranquilli. Da una parte queste immagini di ripartenza, dall’altra la minaccia di un nuovo rigidissimo lockdown. Mi attendono a Verona per discutere sulla prossima edizione di Vinitaly, ma nel giro di pochi giorni arriva la decisione di saltare al 2022. Niente Vinitaly per due anni di seguito, anche se poi prenderà forma la Special Edition di metà ottobre. Meditiamo anche su Golosaria Monferrato e come lo scorso anno riposizioniamo la data a settembre, 11 e 12. Nel frattempo si spera nei vaccini, perché l’obbiettivo dell’immunità di gregge si possa raggiungere già per l’estate. Così è la vita.

quando Grazia Maria (“il Mistero a casa mia”, la chiamava Alberto) venne preparata per la prima comunione e quella notte non prese sonno. Aveva bisogno di tutto, ma l’amore che riceveva dai suo 4 fratelli, dal papà e dalla mamma Paola, che le si dedicava con ammirazione, l’avevano resa una presenza capace di ridare amore con un sorriso. Su Avvenire ho buttato giù i miei sentimenti, dopo aver appreso la notizia, pensando alle volte che quel Mistero è venuto anche a casa mia, a vivere della compagnia fra di noi. Ricorderò sempre la sua bellezza, immortalata da un grande fotografo in una foto con la sorella accanto. IL MISTERO NON FA PAURA MA SI RIVELA NEL SILENZIO Quando ci si sveglia, ormai il sole sale velocemente per irradiare di luce gli alberi pronti a sbocciare e persino i volti coperti dalle mascherine. E c'è silenzio intorno alle 6.30, quando ti chiedi se anche oggi la mente sarà bombardata dalle notizie, senza sapere quale davvero ti può interessare. Sono pensieri del mattino, misti al timore che qualcosa ti strappi via da ciò che vale la pena affermare, che non è mai un'angoscia, una paura, il dubbio su tutto e il sospetto sull'altro. C'è silenzio al mattino nel borgo di Santa Marta, fra i campi di riso, le rogge e le auto che sfilano sull'autostrada dei Fiori, appena dopo il casello di Assago. Paola e Alberto Mina domenica hanno perso la loro bambina, Grazia Maria, che in verità aveva vent'anni ma era fragile nel suo corpicino che spesso si contorceva. Ha avuto un arresto cardiaco dopo il ricovero in ospedale. E un silenzio diverso, soffice come una neve, è calato alla sera in quella bella cascina lombarda, a cui in tanti si sono collegati per recitare il rosario. Alberto e Paola sono miei amici carissimi, hanno generato 5 figli; lui è impegnato in relazioni internazionali, lei è insegnante e Grazia Maria, che non poteva par-

La degustazione da Hic et Nunc

Grazia Maria Mina

14 marzo Una notizia che non ci voleva. Grazia Maria Mina ci lascia Tutto è accaduto in un lasso di tempo brevissimo. Il ricovero in ospedale per una crisi respiratoria e poi la morte di questa ragazza di vent’anni che non ha mai camminato né parlato e aveva bisogno di tutto. È la figlia di Paola e Alberto Mina, due amici molto cari, e la partecipazione a questo fatto ci ha commossi. Per due sere la recita del rosario a distanza, poi il funerale seguito in streaming, con il prete, don Gianni Calchinovati che racconta la Circolare

lare e camminare e aveva bisogno di tutto, era una presenza che riempiva la vita a tutti. Aveva un linguaggio tutto suo: di sorrisi, di gesti, di sguardi che un grande fotografo come Bob Krieger seppe cogliere facendole un ritratto bellissimo. Mi hanno sempre colpito questi amici perché quella presenza che Alberto chiamava "Mistero" non aveva mai censurato nulla delle loro aspirazioni, della loro gioiosa famiglia, del rapporto con gli amici, condiviso in una casa o al ristorante, sempre con lei al nostro fianco. Le si dedicavano con amore esemplare e si capiva che quella era la loro

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risposta di fronte al Cristo sofferente; la loro offerta libera e lieta. Il silenzio di Grazia Maria, quello di Santa Marta, quello delle nostre mattine, sono il paradigma di come sarebbe necessario vivere questi momenti cruciali, senza baccani e senza aumentare le angosce. E poi c'è l'invito all'offerta che interpella ciascuno di noi, ora, perché questa è la vita adesso: è la nostra realtà. Che si può anche non accettare, ma ne va del gusto di una mattina di luce, ne va del tempo che ci è dato da vivere. Grazia Maria, coi tuoi silenzi ci hai detto tantissimo, anzi ci hai riempito la vita. (Avvenire, 17 marzo) 20 marzo Al master del Sole 24 Ore sull’enoturismo Stamane vengo coinvolto per un master sul turismo enogastronomico organizzato dal Sole 24 Ore con il Movimento Turismo del Vino. Una lezione appassionata, che traccia i passaggi di un fenomeno, nato sull’onda di una presa di coscienza che le ricchezze dei territori si possono far fruttare, proprio come la parabola dei talenti.

più mi folgora è la gelatina di tarassaco da abbinare ai loro ottimi formaggi. E poi ve ne dico un’altra: al Pam di Alessandria sono arrivate le mitiche cozze Mitilla di Pellestrina; mentre da Basko c’è la focaccia al formaggio di Manuelina! Cosa volere di più dalla vita? Credo che la prossima edizione del Golosario sarà ricca di novità e già sono più di 50 i nuovi prodotti che andremo a raccontare. Molti di questi, sono sicuro, verranno a Golosaria, sia in Monferrato sia a Milano, perché l’attesa delle nostre scoperte è viva ancor più di prima.

Fra gli allievi mi colpisce trovare anche alcuni produttori di vino, fra cui una ragazza della cantina Diego Morra che fa uno spettacolare Pelaverga di Verduno, premiato fra i Top Hundred 2020 e meta di un’uscita del Club Papillon del Varesotto che ogni anno organizza in autunno "Andiam per cantine". La carne fantastica di Peveragno e i prodotti del Duduro Rispetto a un anno fa quando il lockdown ci obbligò a chiudere gli uffici, quest’anno, con tutti gli accorgimenti del caso, riusciamo a lavorare in presenza. E in ufficio arrivano i campioni per il Golosario, fra prodotti e vini, che assaggeremo ogni settimana in sessioni collettive di degustazione che poi serviranno per le semifinali dei Top Hundred oppure per perfezionare il nuovo libro sul vino, L’emozione del vino, scritto a quattro mani con Marco

Le cozze Mitilla di Pellestrina sui banchi del supermercato Pam di Alessandria

21 marzo Col Club della Valtellina: San Giusepp tanti mestèe Anche la nostra amica Francesca Traversi ha dovuto rinunciare alla storica Fiera di San Giusep Tanti Mestèe che si tiene a Berbenno di Valtellina. E così abbiamo pensato di fare un incontro a distanza sul tema della Colleganza. Di questo incontro mi colpisce il progetto del recupero della pecora Ciuta, che sta coinvolgendo un gruppo di produttori che hanno salvato questa razza, non solo per fare formaggi, ma anche salumi. Con Francesca intervengono dunque Albino Mazzolini di RetroBottega e Michele Marchesi dell’agriturismo La Pecora Nera di Morbegno, gli allevatori Tommaso Pozzi e Marco Paganoni e Francesco Folini, titolare dell’omonima Cantina di Chiuro, già premiato fra i nostri Top Hundred. Ci stiamo preparando all’appuntamento di Golosaria Milano che avrà come tema “Il Gusto della Colleganza”. E questi incontri mettono in luce passioni, lavori, situazioni di rete che sono uno spettacolo, ancor più quando vedono all’opera dei giovani che scommettono su qualcosa che magari era stato abbandonato, per problemi di produttività. Ora la scelta sembra chiara: la qualità.

La gelatina di tarassaco di Cà del Duduro

Gatti. Fra questi arrivi due sono i prodotti che mi colpiscono: la carne dell’azienda agricola Besimauda di Peveragno che è di una tenerezza infinita, tanto che in famiglia decidiamo di fare un’ordinazione seria. Una carne che nasce da capi di razza bovina Piemontese, ai quali sono assicurati alti standard di spazio, igiene e comfort e un'alimentazione particolare a base di mais, orzo, frumento, carrubina e polpa di barbabietola, lino estruso e fieno locale. L’altra azienda agricola sta invece a Garessio, la Ca’ del Duduro, e lavora le mitiche castagne Garessine. Ma quello che la Circolare

22 marzo I Dialoghi del Vino Inauguro una serie di incontri-interviste con alcuni personaggi del mondo del vino che accettano di dialogare col sottoscritto. Inizio da Gaetano Marzotto presidente del Gruppo Santa Margherita, che festeggia i 60 anni del suo Pinot Grigio che ha fatto strike in America. Quindi Giancarlo Aneri, in procinto di lanciare il suo Prosecco Bio, ma anche un Amaro. Poi la divertente chiacchierata con Vitaliano Maccario che ci racconta di avere sconfitto la crisi

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con le matite: un astuccio per le sue bottiglie di Barbera che è diventato oggetto da collezione. Compie 50 anni l’azienda Caprai e il dialogo con Marco ci aprirà gli orizzonti sull’enoturismo. Segue poi l’intervista a Ilaria Tachis, bellissima, che ripercorre con me la storia del padre, un’icona del mondo enologico e prosegue il ricordo con questa cantina ambientata a San Casciano, dove produce un Merlot che si chiama “A Giacomo”. E ancora Fabiano Giorgi, titolare dell’omonima cantina che intervisto in un luogo clamoroso, sotto il castello di Cicognola, dove ha sede la bottega del vino regionale. Poi seguiranno Ruenza Santandrea, che ci svela il progetto dei vini di Romagna, Giulio Bava, che farà una premessa alla degustazione di Alta Langa; quindi Alberto Mazzoni, con cui parliamo dei vini marchigiani e infine (ma non è finita) Filippo Mobrici, presidente del Consorzio di Tutela della Barbera d’Asti e dei vini del Monferrato. Saranno molto lette queste interviste, perché ognuna svela dei lati inediti sulla commercializzazione e la promozione del vino, che servono a tutta la comunità enologica. Lo dico perché IlGolosario.it si offre per essere questa piattaforma di confronto.

del pesce fresco e del gelato artigianale. E loro glielo procurano, colpiti da questa richiesta, che sembra la ricerca di un segno, di un traghetto verso un’aldilà dove non ci sarà negato il gusto. Al di là dell’incontro con vecchi amici, la presenza di Franca, stupita, divertita e lieta, che ha raccontato quell’episodio fra i tanti che mi è stato di compagnia, non solo quella sera, ma per i giorni a venire. È come se avesse detto che ciò che mangiamo o beviamo magari lo diamo per scontato, soprattutto quando si eccede la misura (questo lo aggiungo io), ma realmente resta una cifra che risponde a un’esigenza di conoscere quell’ignoto che ha fatto il mondo e ha permesso la vita. In fondo è lo scopo per cui abbiamo fatto il Club di Papillon. 27 marzo La seconda Convention con i Delegati Ne parliamo durante la Convention dei Delegati on line, dove più di uno rimarca la ricchezza di occasioni che ci sono state durante questi primi tre mesi dell’anno. Le modalità rispetto a un anno fa sono cambiate, ma la mobilitazione è stata la stessa anche se non c’è stato “il pensiero della sera” che ha arricchito il primo lockdown. Però le persone incontrate sono state tantissime, sia grazie agli incontri dei Club, come quelli del Varesotto o di Pavia, sia quelli che ci sono stati grazie alla presentazione del libro. E ora, ma non solo ora, sempre, dobbiamo destarci, perché è facilissimo dimenticare soprattutto quando torna la cosiddetta normalità e gli incontri fortuiti di cui stiamo parlando sono alle spalle. E alle spalle rischiamo di mettere tutto, come la classica vasca con l’acqua e il bambino dentro. Chi ci aiuta a trattenere il valore? 28 marzo Compleanno di Silvana: un filmato emozionale Oggi anche Silvana, mia moglie, compie i fatidici 60 anni e per l’occasione ho organizzato con gli amici di Rushnet, i favolosi ragazzi che seguono la comunicazione social di Golosaria (ma ora anche di Cracco e di altre realtà) un video con il saluto, il com-

Fabiano Giorgi, dell’omonima cantina dell’Oltrepò Pavese, con Luigi Paroni, l'ex presidente dell'Enoteca Regionale

26 marzo Ritorno al Feltre Oggi è il giorno dell’incontro intorno al mio libro con il Circolo Feltre che sta per Quartiere Feltre di Milano, dove sono nato e vissuto fino all’età di 25 anni. Gli amici di una vita hanno organizzato una video intervista via Zoom moderata dal giornalista Giorgio Paolucci, con me e due protagonisti del mio libro: Piero Bertinotti con la figlia Paola del ristorante Pinocchio di Borgomanero e Franca Zambon, che lavora nella Rsa del Cottolengo e lo scorso anno ci mandò una lettera molto toccante sulla situazione che stava vivendo. E si inizia, sapendo che ci sono tanti amici della mia gioventù collegati, alcuni dei quali conoscono tante delle storie che vado a raccontare nel mio libro. Paola e Piero Bertinotti conquistano tutti con la loro spontaneità e soprattutto quando dicono che il motto della loro famiglia è “Non avere paura mai.” Sono tante le domande che gli vorrebbe fare il pubblico in ascolto, che alla fine decide di rimandare a una gita collettiva quando si potrà fare. Franca è spiazzante quando parla della dimensione umana del suo rapporto, e di quanto lei stessa si arricchisce giorno per giorno pur vivendo a contatto con la sofferenza. A un certo punto racconta di una signora, malata terminale, che esprime un desiderio, sapendo che molto presto dovrà lasciare questa terra: la Circolare

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Il brindisi a Silvana, con la Barbera d’Asti “Ai Suma” di Braida

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mento, una poesia di almeno 50 amici. Ho chiesto a tutti un contributo video col telefonino e ne è uscito un pout-pourri di amicizia vera. La colonna sonora di questo filmato è stata la canzone di Giorgio Conte, “Stringimi forte abbracciami prima che scada il tempo” e la conclusione l’ho voluta fare io, per quella che resta la persona più importante della mia vita. La vista del video a sorpresa, è stata qualcosa di inaspettato per Silvana, anche perché non immaginava che fossi riuscito a recuperare l’amico Maurizio in America o il monaco Fabrizio. Il nostro secondogenito, Marco Giacomo da Barcellona, è stato forse il più sorprendente perché le ha detto tutto quello che ha ricevuto da lei e di cui fa tesoro. Alberto Mina ha letto una poesia struggente. In un video la ricchezza di una vita, che ha stupito anche me, man mano che la raccoglievo. 30 marzo Arrivo ad Alba per Nebbiolo Prima Si parte per Alba, nella settimana Santa, per un’edizione speciale di Nebbiolo Prima, chiusi nell’hotel I Castelli, con sala degustazione riservata a 12 giornalisti e una terrazza ampia dove si fa colazione e si pranza. Tutto a distanza calcolata, con noi invitati che dovevamo consegnare un tampone negativo. Che dire? Come a Montalcino anche questa è stata una coraggiosa e doverosa iniziativa, voluta dall’Associazione Albeisa e curata dallo studio Ab di Anna Barbon. Abbiamo assaggiato in tutta tranquillità 350 campioni di vini, fra Barolo 2017, Barbaresco 2018 e Roero 2018. Quattro giorni intensi, in un clima cordiale fra colleghi che non si viveva da tanto tempo. Fra i numeri 1 del Barolo che sono spiccati nelle varie sessioni ecco quelli di Vajra (Bricco delle Viole) per il Barolo 2017 di Barolo, mentre la miglior Riserva 2015 è stata quella di Livia Fontana di Castiglione Faletto con il cru Bussia. Tra i Barolo 2017 di Castiglione Faletto, La Morra e degli altri Comuni assaggiati, a emergere è stata invece la cantina Oddero di La Morra, affiancata, tra i Barolo 2017 di Serralunga d’Alba, dal campione di Luigi Vico (Prapò). Passando ai Barolo 2017 di Monforte d’Alba, la mia

Le bottiglie in degustazione a Nebbiolo Prima, ad Alba

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preferenza è andata infine al Barolo Bricco San Pietro di Poderi Ruggeri Corsini. Tra i Barbaresco 2018 assaggiati, memorabile è risultato quello di Rizzi di Treiso, mentre tra i Barbaresco Riserva 2016, ad aggiudicarsi la medaglia d’oro è stato Albino Rocca di Barbaresco con la Riserva Ronchi insieme a Francone di Neive. Il miglior Roero 2018 è stato il “Bricco Medica” di Cascina Val del Prete di Priocca d’Alba, mentre tra i Roero Riserva 2017 ha primeggiato la Riserva “Sudisfà” firmata da Angelo Negro & Figli di Monteu Roero. Con Daniele Cernilli apprendiamo che Pio Cesare ha contratto il Covid ed entrambi gli mandiamo messaggi di incoraggiamento attraverso WhatsApp: “Ciao Pio, sono ad Alba con Cernilli e mi ha detto che hai preso il Covid. Spero tu stia bene. Un abbraccio, Ti voglio bene! Dopo due minuti di orologio di quel 31 marzo mi risponde. “Grazie caro Paolo. Sei molto gentile. Spero di uscirne… Anch’io Ti voglio bene”. E queste saranno le ultime parole che scambierò con questo grande uomo che il Covid si porterà via il 17 aprile, lasciando tutti attoniti. Il negozio per l’agnello di Alba Durante le degustazioni riesco anche a partecipare al terzo webinar per i produttori di Golosaria sul tema: “Scrivere di me: quando fare un comunicato stampa e come. I rapporti con i giornali”. Poi alle porte della città trovo anche l’agnello per la Pasqua, in un negozio del Golosario, Mussotto Carni in corso Canale, e mi accingo trionfante a raggiungere la famiglia ad Alessandria, per una Pasqua senza invitati, così come il Natale, Capodanno e il mio compleanno. E ci si mette davanti alla croce, anche quest’anno, seguendo i riti in Tivù con papa Francesco, che sembra per certi versi anche lui l’uomo della Provvidenza come lo sono stati i suoi predecessori. La via crucis, commentata dai ragazzi, sarà semplice e commovente. Buona Pasqua amici! MUOVERSI INSIEME DÀ PIÙ GUSTO ALLA VITA Gusto: il premier Draghi ha usato questa parola lunedì alla riunione coi governatori delle Regioni. «Il gusto del futuro», ha detto per l'esattezza: come qualcosa che mette in moto una spinta di cambiamento. Ma anche il Papa domenica ha usato una parola efficace: «Stupore» come «qualcosa che rimane aperto all'altro» e che – ha detto – risulta diverso dall'ammirazione. Leggo queste parole nei giorni in cui i giornali titolano che si avvicina l'immunità di gregge dopo le vaccinazioni di massa: si prospetta luglio. Ma ammirare il compiersi di un esito che tutti attendiamo è proprio diverso dallo stupirsi. Nel secondo caso non sei al balcone a guardare ma ti ritrovi in movimento, perché c'è tanto da ricostruire, soprattutto intorno a noi. Leggo che la chiusura delle scuole ha un risvolto drammatico che non è solo la didattica a distanza, ma il fatto che 160mila bambini in stato di povertà non possono accedere alla mensa e quindi a un pasto assicurato; figli di disoccupati o di madri abbandonate che sono in un limbo da cui non riescono a uscire. Il gusto del futuro allora riguarda ciascuno di noi perché c'entra con lo stupore nei confronti del prossimo, che ce la può fare se io mi commuovo: ovvero mi «muovo con». In questo periodo tanti giovani stanno scoprendo anche «Il gusto della colleganza», che è il titolo programmatico di una serie di incontri a cui ho partecipato, per stupirmi di quella

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capacità di mettersi insieme. In Valtellina dei giovani «collegati» stanno riscoprendo il valore della pecora ciuta, razza autoctona da cui hanno ricavato formaggi unici, mentre Francesco Folini di Chiuro (Sondrio) ha offerto in adozione i propri filari di chiavennasca. A Biella, sotto il Santuario di Oropa, altri giovani si stanno cimentando con un progetto che si chiama Biellezza, nome di una Fondazione creata da imprenditori del tessile che vogliono "restituire" energie al territorio che li ha generati. E progettano di abbracciare quelle micro-imprese agricole e artigianali che – messe insieme – potrebbero rappresentare un elemento di attrazione. Ecco, con queste persone ho visto concretizzarsi sia il «gusto per il futuro» sia lo «stupore» che si fa carico del valore dell'altro e conduce a iniziare un percorso di vicinanza... e di «colleganza». Leggo che il nostro export agroalimentare parte piano ma non saremmo a rischio di sorpasso, dopo che l'Italia nel 2020 era diventata per la prima volta "esportatore netto"; notizie incoraggianti che vorremmo leggere e documentare sempre più, contro la stucchevole guerra ingaggiata dai soliti furbetti: come quelli che provano a passare davanti agli altri per farsi il vaccino. Ma che «gusto» c'è? (Avvenire, 31 marzo) E Braida piantò un bosco Lo scorso anno ci aveva colpito il fatto che Beppe e Raffaella Bologna, in pieno Covid, avessero deciso di piantare una vigna. Commentai la cosa con Mario Calabresi, durante una diretta su Facebook e questo apparve come un tentativo di pace in tempo di guerra. Un visione verso il futuro. Quest’anno però i due fratelli sono andati oltre (perché non dimentichiamoci che a Rocchetta c’è un virus di sana follia) ed hanno deciso di piantare un bosco per avere, magari fra 100 anni, il legno per barrique autoctone. Aveva ragione il mio amico Tony Hendra quando diceva che la vite è una grande metafora della vita che ha dentro qualcosa di simile al parto, da cui nasce il vino, ma anche quel senso di infinito (e qui chiamo in causa il conte Riccardi) per cui nasce endemico il desiderio di lasciare un segno che sia duraturo. Che bella storia.

detto durante la veglia pasquale: «È possibile ricominciare sempre». Un incitamento che cade in un periodo dove c'è più di un motivo di depressione, se è vero che l'Istat ha conteggiato una Pasqua con un calo di acquisti del 40%; e una famiglia su 5 è convinta che le condizioni peggioreranno. Tuttavia un italiano su tre avrebbe già programmato le vacanze estive, mentre sabato pomeriggio era difficile trovare un uovo di Pasqua... Però gli auguri che solitamente giungevano, quest'anno si sono rarefatti: c'è un senso di attendismo (ben diverso da quello di attesa), che frena persino le relazioni; e non è un bene. Lo stesso papa Francesco ha invitato a riscoprire i luoghi della nostra quotidianità per avere quel senso di ripartenza che è necessario. Nel Monferrato, a Rocchetta Tanaro, la famiglia Bologna lo scorso anno decise di piantare una vigna in pieno lockdown; oggi ha piantato 146 querce provenienti da Allier, in Francia, per realizzare coi legni le barrique a chilometro zero. Un progetto che si realizzerà fra cent'anni, ma che dice una visione che abbraccia figli e nipoti. Sempre in Piemonte è nata la prima scuola italiana per pastori, che dovrà catturare l'interesse di tanti giovani per favorire un ricambio generazionale sulle malghe delle nostre montagne. Anche questo è un modo di ricominciare con una visione che possa andare oltre il breve periodo. Dietro a questo mestiere c'è la salvaguardia dei territori montani che dovranno riconquistare tanti tasselli di welfare, se è vero che in Italia sono spariti diecimila sportelli bancari e molti proprio in quella provincia che oggi viene indicata come la scelta ideale di vita. Ad Astino, sotto Bergamo, dove sorge un monastero del 1070, una società misto pubblico-privato non ha mai smesso di portare avanti il progetto di ristrutturazione per realizzare una scuola di cucina internazionale, ma anche un orto botanico e altre attività legate all'agricoltura. Il Ministero dei Beni Culturali lo ha scelto per il premio nazionale del paesaggio, mentre Bill Gates ha acquistato altri 12mila ettari di campi agricoli, giungendo ai 100mila. Si ricomincia dunque dall'agricoltura, sembra di capire da queste notizie che hanno il sapore di uno sguardo al futuro. Il cambio di marcia che si attende dal governo vada dunque in questa direzione. Perché bisogna sapere già ora cosa privilegiare dopo l'emergenza. (Avvenire, 17 aprile) I Lutti nel Monferrato Il Monferrato per noi è terra d’azione e in questi 30 anni sono state tante le relazioni intercorse con personaggi straordinari. Ma la cronaca purtroppo incalza e annuncia morti, in molti casi dovute al Covid, in altre ai casi della vita. Come Paolo Filippi, già presidente della Provincia di Alessandria, compagno di studi di Marco Gatti, colpito da infarto. Aldo Visca, sindaco di Cerrina non ha retto al Covid e ci ha lasciati anche lui. E poi Giulio Mortara, apicoltore di Ozzano e Pierangelo Colombano, sempre di Ozzano, autore di una Muletta leggendaria. Ha sorpreso anche la scomparsa di Marcella Bono, anima di Riso&Rose, che aveva una vitalità straordinaria e infine Carlo Cassinis, fondatore dell’azienda Vicara e inventore del Rubello di Salabue: aveva 92 anni.

La famiglia Braida dà il benvenuto alla primavera piantando un bosco di querce

CREDI NEL FUTURO? PIANTA UNA QUERCIA «L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante». Così Cesare Pavese nel "Mestiere di vivere" sembra far eco a quanto papa Francesco ha la Circolare

Carlo Cassinis è stato l’ultimo che ho incontrato de visu, con sua figlia e sua moglie, alla messa del Santuario di Crea. Era un milanese che aveva preso casa nel mitico castello di Salabue, sotto Crea e da lì aveva iniziato a considerare il Monferrato come terra di grandi vini. Poi nacque Vicara, acronimo di Visconti, Cassinis e Ravizza, tre produttori che si sono uniti per spingere ancora di più il valore della qualità. Era una persona buona, come lo erano tutti gli amici

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che ho ricordato e che hanno dato molto a questa terra. La prossima edizione di Golosaria sarà dedicata anche a loro.

scommessa su un luogo che era marginale per il vino, Fiesole, dove invece ha provato a rappresentare qualcosa di molto significativo, sia con i vini sia con la nuova cantina inserita in un palazzo nobile che presto diventerà un relais. Che dire, l’Italia che rinasce pezzo dopo pezzo ha bisogno anche di queste follie. E di tanto Colore. 12 aprile Con Poretti e Doninelli al Teatro Oscar Desidera Tra gli incontri virtuali più belli, mi ricorderò certamente di questo, inserito nei collegamenti del lunedì di Teatro Desidera, introdotti da Gabriele Allevi, con Giacomo Poretti e Luca Doninelli, che sono due personaggi ai quali ho dedicato un capitolo ciascuno nel mio libro Del Bicchiere Mezzo Pieno. Ora, non è facile raccontare un incontro, anche perché nell’archivio del Teatro Oscar on line si può visionare tranquillamente, seguendo un’ora di chiacchierata fra 3 tre amici. E già questo è uno spettacolo. Ma il fatto di incontrarci e di voler rendere pubblico un pensiero resta qualcosa di grande spessore umano.

Carlo Cassinis, fondatore dell’azienda Vicara

9 aprile A Fiesole da Bibi Graetz per una degustazione leggendaria Viaggio lampo a Fiesole, per partecipare a una mitica verticale del Rosso iconico di Bibi Graetz: il Colore, sangiovese di grande spessore, fratello del Testamatta, che si è imposto, da Fiesole, sui mercati internazionali. E infatti dalla tenuta di Bibi, dove eravamo appena una dozzina di giornalisti, il collegamento è stato con sei Paesi del mondo e in particolare con James Suckling da Hong Kong che ha guidato la degustazione. Gianni Mercatali, che ha curato le relazioni coi giornalisti è stato perfetto nel favorire la nostra accoglienza, che è stata ordinata, come quella che si è svolta nelle altre sei location del mondo. Mi sono segnato come grandissime queste annate del Colore: 2000 (la prima), 2001, 2003, 2006, 2008, 2009 e 2015. Mentre il Testamatta, che ci fece conoscere agli esordi il grande Toni Cuman, fu il vino Top Hundred della maison nel 2005. Dopo la degustazione, che ho raccontato nel dettaglio su La Stampa.it nel nuovo contest che porta il nome de IlGusto.it, Bibi è sceso in giardino dove abbiamo pranzato in modalità Covid (ognuno col suo sacchetto) bevendo il suo Colore bianco da uve ansonica allevate all’isola del Giglio. E lì ci ha raccontato la sua storia e la sua

Bibi Graetz, alla degustazione del suo Colore

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Con Luca ci conosciamo da 40 anni ormai, da quando salimmo su quella mitica Seicento per una notte di attacchinaggi con l’amico Dum Dum che al mattino fece colazione con una grappa. Abbiamo fatto tantissime cose insieme, ma le cose più belle sono quelle nate per caso, come le sere al bar della Battagliera ad ascoltare i discorsi della gente bevendo un improbabile vino o quella cena a porte chiuse dal Monsignore al secolo Gianni Azaria Borrelli. Cos’erano queste situazioni? Erano sete di vita, e di quell’inesauribile curiosità che non si è mai spenta. Ecco perché siamo ancora qui, davanti a un video, a raccontare. UN CAFFÈ SOSPESO PER CREARE RELAZIONE «Se un ragazzo lo diseduchi al gusto ne possiedi il pensiero». Questo giudizio riecheggiava lunedì sera durante una chiacchierata virtuale del Teatro Oscar-Desidera con Giacomo Poretti e Luca Doninelli, dove è stato rasserenante sentire evocare le parole «amicizia» e «sguardo», in un momento in cui si stanno perdendo queste sfaccettature della relazione. I ragazzi sono tornati a scuola e c'è chi alza le spalle pensando che non sia una priorità, ma solo un pericolo. E invece è da ammirare la preoccupazione che i nostri ragazzi possano vivere quello che gli psicologi chiamano il «confronto coi pari». Che il lockdown e la Dad hanno soffocato, lasciando sul tappeto conseguenze relazionali e perfino patologie come bulimia e anoressia, che rappresentano la negazione del gusto. Non si governa un Paese senza tenere conto di tutti i suoi aspetti: educazione, lavoro, sanità, parole chiave che viaggiano insieme. Dall'apertura delle scuole dipende poi la verifica che la curva pandemica sia in discesa, dopodiché sarà possibile la riapertura di bar e ristoranti che in queste ore sono al centro di proteste ma anche strumentalizzazioni, come tutti i fenomeni di piazza. Invece il Mio (Movimento Imprese Ospitalità) ha scelto il dialogo anziché tirare la volata al disordine. E se il ragionamento prenderà il sopravvento, si potrà anche migliorare una situazione che mostra evidenti disparità. Anche perché c'è da chiedersi, con tutta la frenesia di ricerche e di indagini date in pasto ai media, perché ancora nessuno ci dice quanti cassieri dei supermercati hanno contratto il Covid. Sono gli ambienti più sicuri del mondo, quei luoghi dove prendi un carrello magari infettato e ti porti a spasso il virus senza saperlo? E se non lo sono, allora prendiamoli a esempio di come col virus ci sia una convivenza accettabile. Detto questo, vien da chiedersi perché supermercati e autogrill vadano bene

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e i ristoranti no. È un appello a ragionare, intendiamoci, non una polemica. A Borgomanero Paola Bertinotti col padre Piero del ristorante Pinocchio hanno deciso di offrire caffè gratis ai volontari del vicino centro vaccinale e anche a chi fa la fila per l'inoculazione. Ed ecco riemergere le parola amicizia, ma anche gusto, relazione... e sguardo. Che tradotto significa: voglio premiare chi vaccina e chi si vaccina, perché questo è anche per me, per la mia attività, per un Paese che va guardato nella sua interezza. Sennò il particolare rischia di ucciderlo. (Avvenire, 14 aprile)

Bava che su questo giornale continua a seguirmi con partecipazione. Una persona speciale, piena di vitalità e di curiosità che guarda con ammirazione l’impegno dei figli ma anche dei nipoti. Roberto poi è a capo dell’Istituto del Vermouth Piemontese, che è un’altra aggregazione in grande espansione, esattamente come l’Alta Langa. E a guardare queste realtà nella radice della loro storia che è questo paese che Montanelli definì il Borgo ideale, è come una sicurezza. Le cose che hanno successo, nei tempi che non sempre decidiamo noi, hanno sempre una solida radice. E Pietro Bava lo sa.

13 aprile L’Alta Langa e l’amicizia di Pietro Bava L’Alta Langa sta spopolando. E dopo una partenza “alla piemontese” fra scetticismo e immobilismo, l’iniziativa che 7 aziende presero nel 1990 è diventata una realtà solida che annovera ormai 45 aziende produttrici delle quattro tipologie di brut Alta Langa (la Cuvée, il Blanc des Blancs, il Blanc des Noirs e il Rosé). Giulio Bava, presidente del Consorzio Alta Langa ha accettato di buon grado di accogliermi nella sede della sua azienda, a Cocconato d’Asti, per mettermi a disposizione tutti i campioni in assaggio, in modo da poter fare una fotografia attendibile del fenomeno che poi ho raccontato su IlGolosario. it. con stupore mio e dei miei collaboratori.

14 aprile Credere e la copertina

Era tanto che non passavo da Cocconato e il regalo più bello è stato il saluto di Pietro, il padre di Giulio, Roberto e Paolo

Paolo Massobrio con Pietro e Giulio Bava

La copertina di Credere dedicata a Massobrio

A sorpresa esce un’intervista di Giorgio Paolucci sulla rivista Credere, delle edizioni SanPaolo (le stesse di Famiglia Cristiana), ma chi immaginava che mi mettessero in copertina? Una sorpresa, anche questa volta generata dal mio libro Del Bicchiere Mezzo Pieno che continua a procurarmi relazioni e soddisfazioni, come mai era accaduto con un libro. C’è poi un altro aspetto che non avevo preso in considerazione ed è l’affezione di alcuni amici come Marco Gatti, Daniele Sacco, Giorgio Paolucci, Stefano Storti per questo libro, quasi fosse diventato una cosa loro. E questo fa da pendant con quelli a cui l’ho mandato e che non hanno mai dato cenni di risposta, nemmeno un grazie. Non gli sarà piaciuto? Esce il nuovo sito di Golosaria Anche Golosaria fa il suo rullo di tamburi, in vista delle prossime

Roberto Bava sorseggia un Americano

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edizioni autunnali del Monferrato e di Milano. E lo fa con un sito tutto nuovo, più moderno, più ricco e dinamico che vuole restare una vetrina permanente dedicata ai migliori produttori che vengono agganciati durante una manifestazione. Un progetto che fa tesoro della precedente edizione di Golosaria Fiera on line e che vuole dare una mano concreta sul piano della comunicazione. Ne parleremo a Moncalvo, durante un weekend di confronto con alcuni amici, ma intanto inizia il viaggio. Collegatevi! La gestione dei social è ormai un mood di lavoro che fa parte della quotidianità e permette di allargare il giro delle persone che possono conoscere quello che a nostra volta scopriamo. LinkedIn ad esempio è un social che sta dando tante soddisfazioni, mentre Club House è diventato troppo esclusivo per l’esigenza che ha di catturare l’attenzione in un dato momento. Su Instagram ho iniziato a postare ogni mattina una video-rassegna stampa che ha raccolto una community fedele di persone che ormai si collegano e dialogano con me intorno alle 8,30. Da questo punto di vista non tutto sarà più come prima: la voglia di raggiungere il maggior numero di persone è diventato un compito.

La homepage del nuovo sito di Golosaria

Ci lascia Pio! Alla fine Pio Boffa non ce l’ha fatta. Ci ha lasciati, stroncato dal Covid, all’eta di 66 anni. In questo articolo pubblicato su IlGolosario.it io e Marco Gatti lo abbiamo ricordato così, con le sue ultime parole.

dremo” tutt’e due avevamo provato una sorta di vertigine, era un lampo che sembrava un presentimento, tipico dei grandi uomini che, abituati ad essere avanti in tutto, in certi casi sembrano avvertire l’ora del destino che avanza. Tutt’e due, attoniti, abbiamo davanti la magnum di Barolo Ornato che ci aveva fatto avere. È di uno di quei grandi vini, immensi, con cui ha fatto onore al Piemonte nel mondo, e che si caratterizzano per quella nota sublime, elegante, un po’ austera, che è propria dei sommi Barolo e Barbaresco. Rossi di classe, nobili come l’amico comune Riccardo Riccardi, alla cui tavola, con la moglie Marzia, Franco Martinetti, i Bologna, insomma gli amici di una vita, tante volte li abbiamo versati nel bicchiere, sorprendendoci nel vederli, sorso dopo sorso, aprirsi come un grande cuore di Langa, lasciandoci affascinare dal loro far racconti, nel loro esser poesia, Bellezza. L’azienda, nata nel 1881, quando Pio Cesare, Cesare di nome e Pio di cognome, imprenditore di successo, venne attratto dall’idea di produrre per sé, la sua famiglia, i suoi amici e clienti una piccola e selezionata quantità di vini provenienti dalle colline del Barolo e del Barbaresco, è stato il suo sogno, il suo orgoglio, la sua passione. In oltre 40 anni di lavoro, con la presenza preziosa della moglie Nicoletta, ne ha fatto crescere la fama e la notorietà sul mercato nazionale e internazionale. A proseguire questa avventura, ora la figlia Federica e il nipote Cesare Benvenuto, che da tempo lo affiancavano alla guida della cantina. Federica condividendo il suo dolore lo ha definito “mio Re”.Al “nostro Re” che, dopo aver fatto in tutta la sua vita migliaia di chilometri, è partito per il suo più lungo viaggio, oggi dedichiamo come un abbraccio un suo Barolo. Pio ti vogliamo bene! Te lo abbiamo scritto il 30 aprile da Alba, mentre assaggiavamo i Barolo e I Barbaresco in anteprima e tu ci ha risposto subito: “Anch’io”. Non avremmo mai pensato all’epilogo che con dolore oggi ci travolge. Davanti a quell’sms quasi rassicurante nonostante il ricovero che è seguito, noi già ci vedevamo a casa di Marzia a Priocca, a un mese dal Natale di solito, a mangiare la bagna caoda e a cantare, perché l’amicizia aveva anche il privilegio di momenti così. Questo ci porteremo nel cuore con i tuoi vini e la tua bella famiglia; ci porteremo la tenacia di quel mezzogiorno a Milano(era all’inizio di questo strano periodo, oltre un anno fa), quando con orgoglio ci facesti conoscere Federica, perché era pronta alle sfide, mentre assaggiavamo quel PiodiLei di svariati anni indietro che era troppo poco. Come la vita che è troppo breve... e non me-

TI VOGLIAMO BENE PIO! Il Covid si porta via Pio Boffa, 66 anni, titolare della Pio Cesare di Alba “Algo se muere en el alma / cuando un amigo se va / Cuando un amigo se va / algo se muere / en el alma / cuando un amigo se va / Cuando un amigo se va y ya dejando una huella / que no se puede borrar”. Qualcosa muore nell'anima quando un amico se ne va... Quando un amico se ne va lascia una traccia che non può essere cancellata... Per noi Pio Boffa era, ed è, un amico carissimo. Intelligenza sopraffina e animo nobilissimo, ci onorava di quell’affetto, che quando nasce, per un piemontese Docg come lui, è così speciale, perché si esprime con gesti unici, superando quel pudore tipico dei piemontesi di tenersi dentro tutto “per non disturbare”. Ci eravamo sentiti poche settimane fa, prima del suo ricovero, e quando ci aveva detto, “vi faccio avere un mio vino, perché non possiamo vederci, e visto come van le cose, chissà quando ci rivela Circolare

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Una serata insieme a Pio Boffa

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CAMPAGNA SOCI 2022 CARO E R O T T E L O I C O S E (agosto) o sociale

n, che va n lo n il ’a p ll a e P d i d io Con l’iniz ssociativa al Club . a a nni di vit mpagna a a c 0 3 la i o e r u si ap verso i s IFICA ON SIGN L IL P A P ME DI O INSIE L L CLUB R A E E C R S E EN CONO APPART ONDO E M N U E i, ER limentar SOSTEN

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ritando di veder sulla tavola vini cattivi, può avere un sapore di eterno, proprio attraverso il calore di un vino buono come i tanti che ci hai fatto conoscere, non ultimo il millesimo 2017 di Barolo premiato nell’ultimo assaggio di 15 giorni fa. Ciao Pio! 18 aprile ABC il piacere di imparare Anche ABC il piacere di imparare è un’iniziativa interessante che Elena Ugolini, preside dell’Istituto Malpighi di Bologna, insieme a Paolo Spada, ha messo in piedi in questo anno, con grande soddisfazione. E mi ha coinvolto con un appuntamento una volta al mese, la domenica sera. Questa sera parleremo di disturbi alimentari, ragionando con Irene Massobrio, psicologa e anche mia primogenita. Ci siamo preparati per bene, con un dialogo fra di noi sulle radici della bulimia e dell’anoressia, colpiti dalla notizia che si è abbassata l’età dei ragazzi affetti da queste patologie. Un terreno difficile da affrontare, perché a volte i genitori si trovano impotenti di fronte a una faccenda che sembra colpevolizzarli, mentre non sempre è così. C’è di mezzo il rapporto coi pari, che ad esempio è stato negato nei lunghi periodi di lockdown e ci sono tantissimi atteggiamenti di fronte al cibo, fuori da ogni regola logica, che hanno radici nella crisi delle relazioni, dove spesso qualcuno non si sente accettato per come è. Devo dire che è commovente il lavoro che fanno gli psicologi, per aiutare le persone a riprendere in mano la propria vita. IL CONTENTINO NON BASTA PER SFAMARE I GIOVANI Lo spot televisivo della Barilla mi ha colpito per la sua contemporaneità. C'è una madre che non ha il solito volto felice da inquilina del Mulino Bianco, ma sembra preoccupata quando porge alla figlia (lo porge ma non lo condivide) un bel piatto di pasta. E la figlia a quel punto sorride, come se avesse ritrovato qualcosa. In quello spot immagino che tante madri si siano ritrovate, dopo un lungo periodo che ha acutizzato i disagi dei giovani, privati del loro rapporto coi pari, che non si può pensare sia stato sostituito dai social media. Anoressia e bulimia, lo stiamo registrando, sono in aumento e soprattutto è calata l'età dei ragazzi. Domenica sera ho voluto affrontare questo tema durante una diretta con gli amici di «Abc live, il piacere di imparare», per dire che il gusto è importante, e ne siamo convinti, ma non va preso come la panacea. Perché, come ha detto la psicologa Irene, può diventare una trappola. Lo è se si scatena il Binge Eating Disorder (svuotare il frigorifero a tutte le ore), ma è pure quando di fronte ai segnali di disagio dei nostri ragazzi pensiamo che tutto si compensi con una leccornia. Che è il lieto fine dello spot, anche se fa intravedere un percorso di sofferenza dove quel cibo, forse, non era sempre accettato. A quel punto mi son chiesto se mangiare possa essere terapeutico, ma la risposta della preside del Liceo Malpighi di Bologna, Elena Ugolini, mi ha spostato su altri campi: il cibo dev'essere quello che è, la terapia la fanno gli psicologi (anche Draghi dovrebbe saperlo) e magari in team coi dietologi affinché un ragazzo possa "riassegnarsi", trovando la forza di riprendere in mano la propria vita. E c'è sempre bisogno di qualcuno che venga in soccorso, perché non ci si salva da soli, parafrasando Papa Francesco. C'è una teoria degli scienziati della politica secondo la quale nella storia le guerre hanno avuto l'effetto di saldare la sintesi, ovvero di creare unità di fronte al pericolo. Sta succedendo questo in Italia? In parte sì e la compagine governativa ne è la Circolare

la prova, ma il tentativo di fughe in avanti e i distinguo possono rovinare tutto. Cosa permette allora di tenere la barra dritta? Una politica desiderosa di salvare tutti, senza lasciare indietro nessuno. Ricordate? Era lo slogan di un anno fa. I ragazzi non lasciamoli indietro; neanche in casa, noi adulti presi dallo smartworking (sigh). (Avvenire, 21 aprile) 19 aprile I Webinar col Bicchiere in mano. Ora basta! Quanti webinar davanti a un bicchiere, ma con i personaggi che stanno in un video. La Scolca, azienda leader del Gavi mi ha coinvolto per il secondo anno con Chiara Soldati che ha messo in assaggio due annate del suo Gavi etichetta nera. Quindi Tommasi, che ha voluto presentare in anteprima i vini della nuova tenuta sul lago di Garda, Le Fornaci, che produce Lugana e anche un Chiaretto. Quindi Albino Armani, un produttore leader della doc delle Venezie che ho avuto il piacere di conoscere e poi Lamberto Frescobaldi, che mi ha stupito di più con suo Pomino bianco che con certi rossi blasonati. I vini di solito sono sempre molto buoni e la pierre di turno è attenta perché tutto funzioni nel migliore dei casi. I titolari delle aziende poi si concedono generosamente a domande e considerazioni e anche ai complimenti dei leccaculo che di solito li elargiscono in abbondanza, soprattutto quando ci sono interessi. Io invece sono dell’idea che quando si parla di vino non è detto che si debba farlo in modo acritico, anzi. Ed è per questo che la tendenza di molte cantine è di aggirare l’ostacolo (che posso essere io col mio pensiero), invitando i miei collaboratori più giovani a presenziare. Eppure la critica è una risorsa. Non so se Lamberto Frescobaldi l’ha presa bene la mia considerazione sul Toscana Rosso Mormoreto 2017 che mi è sembrato un po' costruito, con note di legno che nel 2021 si pensava non ci fossero più. Però cari colleghi, le note di legno le avete sentite anche voi, suvvia. Perché vi scandalizzate e vi sbracciate cosi? Fate il vostro mestiere! 21 aprile Il Gusto.it ecco una bella nuova avventura Il progetto è clamoroso: La Stampa e Repubblica, ma anche altri dieci quotidiani del Gruppo Gedi uniscono le forze ed escono con un progetto editoriale dal nome semplice ed efficace: ilGusto. it. Il risultato è l’unione di due portali, Tuttigusti della Stampa e Sapori di Repubblica, con le firme storiche e nuovi collaboratori, giovani, che portano una bella ventata di freschezza. Anch’io faccio parte della squadra e Luca Ferrua, nominato direttore de IlGusto.it, lo comunica ufficialmente citando anche Enzo Vizzari, Edoardo Raspelli, Giuseppe Cerasa e tanti altri. Ci sono Marco Trabucco ed Eleonora Cozzella da Repubblica, ma anche Lara Loreti ed Elisabetta Pagani dalla Stampa, Insomma una squadra importante che esordisce con cinque sezioni animate ognuna da una decina di post. C’è poi un’edizione cartacea, che esordirà ogni tre mesi e anche su questa vengo coinvolto per commentare i 50 anni del Sassicaia, un mito fra i vini rossi del mondo. Il mio primo articolo sul vino, on line, sarà invece la degustazione del Colore di Bibi Graetz. Non avrei mai immaginato di ritrovarmi a firmare ancora di fianco a Enzo Vizzari, ma così è la vita. Tuttavia questa iniziativa è davvero interessante dal punto di vista professionale, perché il confronto con altre firme ti obbliga a metterti in discussione e a una

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tensione diversa. E ogni giorno, leggendo gli oltre 5 post che vengono pubblicati, cresce l’orgoglio di far parte di questa squadra e di questa palestra, dove tanti giovani e bravi produttori troveranno spazio per farsi conoscere. Già fra le mie scoperte che usciranno ci sono Les Petits Riens, i due giovani che ho conosciuto ad Aosta e Matteo Fenoglio che in alta Langa produce un brut metodo classico bio da uve pinot nero e moscato d’Amburgo. Ma che gioia aver potuto raccontare dei vini di Lucio Canestrari, titolare dell’azienda Coroncino a Staffolo, nelle Marche, con la sua teoria di Verdicchio, o di Luca Ferraris, coi suoi Ruché di un’azienda che va verso i 100 anni. L’avventura continua. Quanta ricchezza per chi ha voglia di comunicare. La Schita compie un anno Chi non conosce la Schita alzi la mano. È una frittella di farina e acqua, molto diffusa nell’Oltrepò Pavese, tanto che Cinzia Montagna ha creato una community intorno ad essa e oggi ha compiuto un anno. Si tratta di uno spunto gastronomico per ritrovarsi fra amici e bere vino, che ha anche tanti parenti in giro per l’Italia, se pensiamo al Borlengo o alla Piadina, alla Zampanella o alla Tigella. Per l’occasione ho accettato l’invito di Cinzia a partecipare ad una diretta sul compleanno della schita e l’ho pure invitata a cucinarla in diretta nella seconda puntata di Abc, insieme a Fabio Molinari che ha raccontato tutte queste parentele a Daniele Becchi, che ha presentato il Rivolto toscano cucinato in diretta da Federica Borasio e poi Giovanni Graziani, detto Ciccio Birra, che dai Colli Euganei ci ha mostrato lo Schisotto.

sorzio dei Vini di Romagna ed assaggiare le varie espressioni di questo territorio. L’appuntamento sarà la sera stessa a Faenza, in un hotel del centro storico dove mi aspetta Ruenza Santandrea, neo presidente del Consorzio che dovrà rispondere al mio fuoco di fila di domande sullo stato dell’arte del vino in quella regione. Una regione (consideriamola tale la Romagna!) che ha un suo quid nel trattamento del sangiovese come monovitigno, a differenza della Toscana che col Chianti è più bordolese. Ma la grande novità è anche l’accentuazione delle sottozone, che sono ben 12 con l’arrivo in più di Coriano, Verucchio, San Clemente e Imola. Un modo per caratterizzare l’apprezzamento del Sangiovese, ma anche per favorire quel turismo enogastronomico che in Romagna ha già dei punti attivi. Dopo un’ora siamo a tavola, per mangiare ciò che passa il convento (sigh!) ovvero il locale dentro l’albergo. L’unica consolazione è trovare in tavola l’Acqua Lauretana. Notte. Ruenza è una persona davvero speciale e man mano che la conosco comprendo cosa significhi la passione, il metterci il cuore dentro alle cose. La Romagna aveva proprio bisogno di una persona così, capace di valorizzare i giovani, di mettere in mostra le leve di un territorio che vanno dall’Albana ai vitigni minori, come la Cagnina (vino rosso dolce) che sta avendo un inaspettato successo. E poi sta nascendo il fenomeno della Rebola, bianco dell’entroterra riminese già conosciuto ai nostri assaggi, per cui in auto Ruenza chiama a viva voce Sandro Santini perché spieghi e me e a Cernilli cosa sta succedendo. Siamo in un momento nascente. W la Romagna!

Io spero che le nuove generazioni abbiano il piacere di trovarsi con una buona bottiglia e di improvvisare una schita o un pane cotto nella padella senza lievito come faceva l’amico umbro Roberto Tozzi dopo il turno di lavoro a Canale 5. La mia prima schita me la cucinò Giancarlo Caldone, sindaco di Volpedo, che aveva in progetto la De.Co. E anche lì si assaggiò la versione salata da abbinare ai salumi e quella dolce da farcire con la confettura alle pesche di Volpedo. Momenti memorabili, che sancirono amicizie e grandi bevute. Quindi lunga vita alla Schita!

Ruenza Santandrea

Cinzia Montagna mostra la preparazione della Schita

27 aprile In partenza per Faenza: si assaggiano i Vini di Romagna Questo appuntamento lo avevamo dovuto rimandare, causa il montare del Covid, per cui eccoci finalmente in un periodo parzialmente più tranquillo dove in due giornalisti, il sottoscritto e Daniele Cernilli, potremo finalmente sederci al tavolo del Conla Circolare

28 aprile Una giornata per 142 vini Il sommelier che ci serve i 142 vini di Romagna della prima sessione del mercoledì è davvero molto gentile e con me e Daniele, uno di fronte all’altro, segue alla perfezione i nostri ritmi di assaggio. Degustiamo alla cieca, ma quando scopriamo i nomi alla fine della giornata, mi accorgo che in questi anni abbiamo conosciuto bene e a fondo questo territorio. Iniziamo con la carrellata di Albana, dove spiccano il Podere La Berta, Tre Monti, Spalletti, Assirelli, Podere Morini e Tozzi, che era una conoscenza recente che mi aveva colpito. E poi Fiorentini, Giovanna Madonia, Merlotta, Zavalloni e Monticino rosso. Poi via con i magnifici Sangiovese 2020. Ed è confortante trovare conferme nei vini di Stefano Berti, Colombarda, Enio Ottaviani, Badia di Zola. Si prosegue coi 2019, dove la novità sarà il castello di Montessasso, il Podere la Gritta, Franco Galli, I Filarini, Giovanna Madonia, Zavalloni,

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Santini e Collina del Tesoro e il nostro Bissoni. Spettacolare I Sabbioni, Cà di Sopra, Torre San Martino. L’elenco preciso con annate e tipologie è riportato fedelmente su IlGolosario.it con tre articoli che fotografano questa mitica degustazione. Che è stata impegnativa il primo giorno, tanto che la sosta nell’avveniristica cantina bio La Massellina, alla fine, non me la sono goduta come meritava. Ma ci voglio tornare perché qui sta nascendo qualcosa di nuovo. Dopo la degustazione del pomeriggio dove ritroviamo Villa Bagnolo e Chiara Condello, ma anche la Colombina e Tenuta Casali, ci aspetta una cena rilassante, in un locale della campagna faentina della mia guida, Manueli, dove quel piatto di funghi con la faraona sarà riconciliante. Con noi il bravissimo direttore del Consorzio Filiberto Mazzanti e Ruenza Santandrea. Esce nel frattempo il mio articolo su Avvenire che commenta un nuovo passaggio sulle riaperture dei ristoranti che potranno servire i clienti nel dehors (per chi lo possiede). IL CUOCO OLTRE L’OSTACOLO. C’È CHI APRE NUOVI LOCALI Il detto «Piove, governo ladro» ci starebbe tutto, anche se dare colpe al meteo induce solo al sarcasmo dopo la ripartenza di lunedì, quando il temuto assalto ai dehors di bar e ristoranti non c'è stato. Anche perché c'è chi il dehors non ce l'ha proprio, e bisogna contare anche l'abitudine degli avventori del Sud che alle 19 – ma anche alle 20 – non si mettono a cenare... Però siamo seri, e lo dice un padre con la preoccupazione di un "liberi tutti" che seduce soprattutto i ragazzi, convinti che equivalga al messaggio di uno scampato pericolo; salvo scoprire poi che il contagio di un genitore può provocare complicazioni a catena: sul posto di lavoro o in altri ambiti: e allora di quale ripartenza staremmo parlando? Un dato per fortuna sembra acclarato: il virus avrebbe meno efficacia all'aperto, dicono i virologi; già, ma allora che ci stanno a fare tante deroghe, come quella che riguarda autogrill e supermercati? Il tema, al netto delle bufale che sono girate nei giorni scorsi, sembra sia stato affrontato almeno dai Nas, che hanno fatto ispezioni rilevando alcune irregolarità. Ci si contagia coi pos, forse col bancomat e anche con la macchinetta del caffè, per non dire di quando ci si scambiano contanti? Forse sì, forse no, ma la verità è che non possiamo vivere la situazione da inattivi, come se tutto fosse legato a un decreto o a una decisione del governo che sta a capo di un gregge destinato a seguire acriticamente, o viceversa ad obbedire agli istinti impulsivi di libertà: che è solo apparente se poi provoca esiti pericolosi. Serve insomma responsabilità personale, che significa ad esempio avere le attenzioni necessarie alla sanificazione, all'uso delle mascherine, agli assembramenti da evitare, anche all'aperto; se ciascuno non ci mette la sua volontà, alla fine si perde proprio la battaglia del lavoro, della ripresa, dunque della vera libertà. La ripartenza nei giorni scorsi ha dato comunque dei segnali, almeno a leggere dell'iniziativa di tre big della ristorazione milanese che hanno aperto nuovi locali nella metropoli lombarda: Cracco lo ha fatto con Carlo ai Navigli; Mario Rossi ha duplicato il suo Trippa con l'Osteria Alla Concorrenza in via Melzo, e Davide Oldani nella piazza di San Pietro all'Olmo domani inaugura Pan'Cot, temporany di cucina pop che vuole significare la volontà di portare avanti il lavoro dei suoi ragazzi. Tutti locali di nuova concezione, dove la spesa sarà più contenuta rispetto al format classico. E questi esempi rappresentano un atto di responsabilità: verso i dipendenti, verso i clienti, verso una società – la la Circolare

nostra – che ha bisogno di ordine. Anche perché oltre le frontiere le cose non stanno andando benissimo... (Avvenire, 28 aprile) 29 aprile Da Cesari e poi al San Domenico, vero ristorante italiano Il giovedì sarà un’altra giornata romagnola da incorniciare, dove ci aspettano poco meno di 100 vini, compresi gli Albana passiti. Ma soprattutto sarà memorabile per il pranzo nella cantina Cesari, che con Umberto ha scritto la storia dei grandi vini di Romagna. Il figlio Gianmaria ci accompagna a visitare la cantina e poi a pranzo con le immancabili tagliatelle. In questa sessione di assaggi si rafforza la convinzione che alcune cantine meritano non solo d’essere inserite nel Golosario, ma anche fra i Top Hundred 2021. Ritrovo Tenuta Mara; mi avvince Pian dei Venti, esce bene anche il Pinot Nero di Tozzi e poi la Sabbiona e Villa Papiano. Fra le Albana passite si impone l’Arrocco della Fattoria Zerbina, ma in maniera spettacolare Bissoni che fu nostro Top Hundred di due anni fa. Alla sera il compendio di tanta fatica è una cena al San Domenico di Imola, con il giovane Massimiliano Mascia in cucina e il maître storico, Natale Marcattilli in sala, fratello del mitico Valentino. Mangiamo nell’elegante dehors di fronte al parco, senza farci mancare il raviolo aperto, piatto iconico del locale. Quanta storia è passata da questi tavoli e da questa cucina che è il simbolo dell’eleganza italiana. Ruenza e Filiberto ci guardano

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Massimiliano Mascia, chef del ristorante San Domenico di Imola

Elisabetta Gimignani, titolare dell’azienda La Zerbina

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soddisfatti, come se fossimo a casa nostra e per tanti versi lo siamo, se pensiamo alle volte che sia il sottoscritto sia Cernilli abbiamo incontrato Gianluigi Morini. Il giorno dopo, la nostra squadra si ricomporrà con la visita da Elisabetta Gimignani della Fattoria La Zerbina, che citavo già nella mia prima guida del 1988 dedicata alle 100 cose buone d’Italia. È stato importante questo viaggio e lo sono stati gli assaggi. Ma soprattutto è stata una sorpresa il clima sereno con Daniele Cernilli che, dopo qualche mese nella sua newsletter settimanale, ha commentato come un fattore positivo di questo periodo il ritrovato rapporto con i colleghi. Sottoscrivo, era tanto che mancava questa risorsa umana. 30 aprile Mattia, non perdiamoci di vista! Riparto il venerdì, dopo aver incontrato a Bologna Mattia Mazzacurati, un ragazzo con la passione del vino, che ha letto il mio libro e vuole conoscermi. E ci facciamo una chiacchierata di un’ora, sperando davvero di non perderci di vista, perché questi incontri sono importanti. Faccio anche un salto nella spettacolare panetteria pasticceria Franco Frati a Corcagnano (Pr), che oltre al buon pane e alle focacce fa anche dei dolci alla mandorla molto buoni. Ora bisogna riposarsi, dal punto di vista gastronomico, perché le settimane a venire saranno altrettanto impegnative. In questa pasticceria non mi aspettavo di trovare i vini di Giovanna Prandini, la Perla del Garda, e questi sono indicatori di una

È un vezzo di noi giornalisti essere i primi a dare la notizia e la cosa riesce ancora a mettere adrenalina. Buon segno. Vespa, che è sicuramente un grande giornalista, ha consegnato ai vini la sua passione totale, verrebbe da dire. E quando gli chiedo qual è il Rosso della sua scuderia che gli sta dando maggiori soddisfazioni, mi conferma che è proprio quel Nero di Troia, che ancora una volta fra i primi raccontai sulla Stampa tre o quattro anni fa. Se riesco la prossima estate lo vado a trovare a Manduria. 4 maggio Da Ferraris per il Ruchè Il riposo dura poco, perché oggi mi aspetta Luca Ferraris nella sua cantina di Castagnole Monferrato per l’assaggio dei vini: le varie sfaccettature del Ruchè, ma anche un sorprendente Viognier da cinque asterischi tondi tondi. La sua cantina quest’anno compie 100 anni e sono tante le iniziative che ha messo in campo, anche nella direzione dell’enoturismo. Ce ne parla con partecipazione, felice anche di avere in cantina un bravissimo enologo come Luca Abrate, che tempo fa aveva una cantina in provincia di Cuneo che faceva dei vini molto buoni. La giornata monferrina si chiude al ristorante Bandini di Portacomaro, per una cena un po’ al freddo (che umiliazione per i cuochi dover lavorare in questo modo, penso fra me cercando di nascondere il disagio). Staremo bene. Bravi Antonello Bera e Massimo Rivetti!

L’ingresso della pasticceria di Franco Frati a Corcagnano

Luca Ferraris nella sua cantina a Castagnole Monferrato

scelta di qualità. Quando poi assaggerò i dolci, ma anche il pane, ne avrò conferma. Sarei felice di averli a Golosaria! Intanto Mattia l’ho messo in contatto con Matteo Ciocca, un altro giovane di Bologna che ha letto il mio libro. Vuoi vedere che questi due giovani insieme faranno rinascere il Club Papillon? 3 maggio Vespa ristoratore? La settimana di maggio inizia con una degustazione di un vino di Bruno Vespa, il Salento Bianco “Donna Augusta” dedicato alla moglie, frutto di uve chardonnay, fiano e verdeca e durante il collegamento condotto dall’enologo Riccardo Cotarella, scopro che a Manduria, nel Salento, sta per aprire il ristorante della famiglia inserito nel relais Li Reni. Colgo così al volo la notizia e intervisto Bruno al telefono per uscire per primo su IlGusto.it, anticipando il collega Luciano Ferraro sul Corriere della Sera. la Circolare

5 maggio La riscoperta della Milonga È stata una grande sorpresa, oggi, a pranzo con Filippo Mobrici e sua moglie Luisa riscoprire il ristorante Milonga di Agliano Terme. Un porto sicuro curato fin dagli esordi da Mauro Garberoglio, che fu preside della Scuola Alberghiera di Agliano e che ora prosegue con la moglie e il figlio, per un menu di grande soddisfazione. Ne scriverò subito su IlGolosario.it, ammirato anche dalla scelta dei vini, che denotano una ricerca abbastanza unica sul territorio. Come e perché mi sia sfuggita l’evoluzione fantastica di questa cucina ancora non me ne capacito. Un luogo accogliente e la codifica precisa dei piatti della nostra tradizione, con quegli gnocchi e quegli agnolotti davvero perfetti. Se non ci fosse stato Filippo, nessuno mi avrebbe sottolineato questa presenza. Ma i produttori

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di vino in Piemonte perché non danno una mano alla ristorazione, magari segnalando chi lavora bene, anziché andare ognuno per i fatti propri?

che le dà le chiavi, così può salire passando dal condominio di fianco” (sigh). Alle 18 mi collego per partecipare al nostro 4^ webinar per i produttori di Golosaria dedicato a “Il sito internet: la mia vetrina digitale”, con Fabio Molinari e Alessandro Ricci. Alle 19,30 sono nel dehors del ristorante Campidoglio a provare la cucina del nuovo chef Jacopo Maria Bracchi e ad assaggiare i vini scelti dall’ottimo Fabrizio Franzoi. Quando alle 21,30 mi dirigo a piedi nel mio hotel, noto che la città è completamente vuota e ubbidiente. Quanto mi mancava Verona, se penso che qui ci venivo almeno una volta la settimana quando si trattava di organizzare Vinitaly and the City. Domani tuttavia tornerò in Fiera per una riunione dedicata alla Special Edition di ottobre e la sensazione che si stia ripartendo me la godo tutta. 7 maggio In visita dai Tommasi per fare un giro d’Italia Mi aveva incuriosito l’impresa della famiglia Tommasi, viticoltori in Valpolicella dal 1902. E così ho chiesto di incontrarli e di assaggiare i vini di tutte le tenute del gruppo che spaziano dal Veneto alla Toscana, dalla Lombardia alla Puglia fino alla Basilicata. Ci fa compagnia Annalisa Armani, una donna molto capace nell’accoglienza, e Giancarlo Tommasi che è l’enologo capo di tutte le tenute, che a sua volta dialoga con altri enologi nei vari territori, del tipo di Emiliano Falsini per la tenuta Casisano a Montalcino

Il patron della Milonga Mauro Garberoglio

Col Circolo di Rovigo si presenta Del Bicchiere Incontro con il Circolo culturale di Rovigo per parlare del mio libro, intervistato da Paolo Avezzù, ex sindaco della città e socio storico del Club di Papillon. Poi il giorno dopo si parte alla volta di Verona, invitato da Crus et Domaines de France che propone qui la sua anteprima di Bordeaux. Siamo in una villa storica bellissima, Villa Cà Vendi, e la degustazione è guidata da Gabriele Gorelli unico master wine italiano. Interessante, ma i vini di Bordeaux vanno assaggiati anche un po’ meno acriticamente, perché hanno luci, accesissime, ma anche ombre. In ogni caso sarà una gran bella esperienza. Alle 15,30 sono già di fronte al mio albergo a Verona, ma è tutto buio e soprattutto chiuso. Chiamo al numero che c’è sulla porta e mi risponde forse la titolare che dice: “Ah non sapevo che arrivava a quest’ora, se aspetta un quarto d’ora le mando una signora

Jacopo Maria Bracchi e Fabrizio Franzoi del ristorante Campidoglio di Verona

Paolo Massobrio durante la visita alla cantina della famiglia Tommasi

La splendida Villa Quaranta

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e di Fabio Mecca per Paternoster in Basilicata e per la Tenuta pugliese Masseria Surani. Con noi anche Anna Barbon, che cura le pubbliche relazioni del gruppo. Assaggiamo vini molto buoni che racconterò su IlGusto.it a giugno, prima di andare nella spettacolare Villa Quaranta a Ospedaletto per una cena perfetta, elegante, come sono le camere di questo luogo che rimane un unicum in tutta la Valpolicella. Certo questa è una delle rare storie di una famiglia interamente impegnata nel vino, che ha fatto la scelta di diversificare, mettendo in gioco non solo un concetto di qualità altissima che quella sera si è sublimato con l’assaggio in anteprima dell’Amarone De Buris 2010, ma anche l’ospitalità, quella italiana, di lusso come in questo caso, o più informale come quella dell'agriturismo di Pitigliano. Con Giancarlo Tommasi ricordo che qui venni oltre dieci anni fa, per moderare un incontro con i cuochi e Gualtiero Marchesi, dopo la disputa di una partita di calcio. È uno dei ricordi più belli che trattengo del rapporto con Marchesi, che era quasi timido di fianco ai suoi colleghi più giovani. Ricordo ancora che mi confidò che amava il Chiaretto e se penso al loro ultimo vino che nasce nella tenuta sul Garda, Le Fornaci, quasi lo considero come un omaggio al Divino. 8 maggio In Valtènesi alla scoperta del Chiaretto Da Ospedaletto mi dirigo in Valtènesi, o meglio a Puegnago sul Garda, dove ha sede il Consorzio dei vini di quest’area. Mi

aspettano il direttore Alessandro Luzzago insieme con Juri Pagani che mi accompagna. Viene a salutarmi anche Giacomo Tincani dell’azienda La Basia, che fra i primi portammo alla ribalta, quando Elena Parona, la mamma, ci fece assaggiare quei vini fantastici, che venivano prodotti in maniera naturale e controcorrente. Ora, la degustazione che mi aspetta è di una cinquantina di campioni di Chiaretto, ma anche di San Martino della Battaglia, seduto su un tavolo con il lago di fronte. Un sogno. A pranzo arriverà anche il titolare del ristorante Il Gattolardo di Desenzano per portarci i suoi piatti col servizio Delivery. Che buoni i San Martino della battaglia 2020 di Cobue, Patrizia Cadona e della Feliciana. Il 2019 di Selva Capuzza e Pratello saranno altrettanto avvincenti. Poi via coi migliori Chiaretto: la Basia, Fattoria Cà Granda, Podere De Folli, Sei Terre, Ai Ronchi, Conti Thun, Vedrine, Pasini, Antica Corte, Le Chiusure, Leali e ancora Pratello, Cantrina, Cavaliere del Garda, Saotti, Tenuta del Garda, Sergio Delai che si posizioneranno rispettivamente primo e secondo. Dopo il pranzo mi ritiro nell’azienda Cobue, in una camera messa a disposizione, per un riposo prima di ripartire. Un posto incantevole, dove il silenzio sarà avvolgente. Questo è uno dei luoghi più belli per vivere l’enoturismo. E prima di tornare ad Alessandria, eccomi a Valeggio sul Mincio a comprare i tortellini da Re Tortellino e da Remelli, boutique del gusto sempre di alto livello. Nel bar di fronte prendo un caffè di Gianni Frasi. Ora si può partire! 10 maggio C’è il vaccino! Ed è arrivato anche per me il momento di fare il vaccino. Ci chiama la nostra dottoressa: potete venire in ambulatorio da me, mi hanno consegnato il vaccino di Jansen, che comporta una dose sola, senza richiamo. Che dire? Mi è andata bene, non solo per il tipo di vaccino che ha qualche comodità, ma soprattutto perché ero a casa, mentre temevo di dover disdire una serie di appuntamenti di lavoro. È bello quando tutto fila via liscio. Il collega Andrea Guolo con la moglie Tiziana Di Masi, attrice, scrive un libro bellissimo su storie di volontariato e inclusione. IN UN LIBRO LA BELL’ITALIA DISEGNATA DAI VOLONTARI Fra le specialità italiane evergreen vige quella di "dare i numeri", ovvero la statistica prêt-à-porter su ogni cosa. L'ultima riguarda il mondo del volontariato, che sarebbe entrato in crisi a causa della pandemia e della paura di molti anziani, già protagonisti appunto di tante iniziative solidali, di contrarre il virus. Ora, sarà anche vero e pure nella logica dei fatti questa statistica, ma i numeri non rendono ragione di cosa significhino certe azioni eroiche, messe in atto per permettere che l'altro possa esistere. Insomma, prima del governo è lo spirito del volontariato che ha messo in atto il «Nessuno resti indietro». Andrea Guolo, giornalista del gusto e collega di rara sensibilità umana, ha voluto mettere nero su bianco con la moglie Tiziana Di Masi, attrice, un libro dal titolo «#Iosiamo» (San Paolo), la cui prima copia è stata inviata a Papa Francesco. Sono storie di volontari, «che hanno cambiato l'Italia» (è scritto proprio così nel sottotitolo) prima, durante e dopo la pandemia. Ma chi avrebbe cambiato l'Italia? Norina Ventre, 93 anni di Rosarno, per esempio, che ha iniziato a dar da mangiare ai

Giacomo Tincani della cantina La Basia

Paolo Massobrio durante la degustazione dei Chiaretto

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suoi concittadini dopo estenuanti turni di raccolta di olive, arance o pomodori; negli anni Settanta girava con la sua mensa volante semplicemente per non farli sentire soli. Poi la popolazione dei raccoglitori è cambiata, anche nel colore della pelle, e per tutti lei è diventata "Mamma Africa": negli anni Novanta ha messo a disposizione la casa per fondare una mensa con lo spirito di una madre che si accolla il bisogno dei figli («I Care»). Ma – con la fede di chi vuol dare carne alle parole di Gesù: «Avevo fame e mi hai dato da mangiare» – ha preso sul serio soprattutto il ruolo di maestra, convinta che solo l'educazione potrà far superare i pregiudizi ed estirpare il razzismo. Intorno a lei, che ha scelto il cibo come chiave per esprimere vicinanza al prossimo, si sono aggregati a dare sostegno Coldiretti, Banco Alimentare, aziende come Callipo o anche privati. Andrea e Tiziana hanno voluto titolare con l'hashtag della condivisione il libro «#io siamo». E si capisce il perché anche con la storia di un ex clochard, Vito, anima del Refettorio Ambrosiano nel quartiere Greco di Milano, voluto nell'anno dell'Expo da don Giuliano Savina. Lì ha scoperto la «carezza di Gesù» attraverso il «cibo che sazia il cuore», titolo del secondo capitolo di questo libro scritto benissimo, che andrebbe diffuso in tutte le scuole per leggere ai nostri ragazzi un capitolo alla settimana. Chi accoglie l'appello? (Avvenire, 12 maggio)

alla fiera. Sulla Special Edition commenta entusiasta che è giunto il momento di dare un segnale forte di ripartenza: “Grazie Vinitaly, il mondo del vino c’è!”. È difficile staccarsi, perché Oscar è un fiume in piena, affabile, creativo, veloce. Ma a cena ci aspetta Gian Minetti, nel ristorante della Tenuta Carretta dove lo chef Flavio Costa fa una cena meritevole della Corona radiosa, senza se e senza ma. Il giorno seguente, dopo aver pernottato all’hotel I Castelli di Alba, l’ultima visita sarà a Mondodelvino a Priocca, con il direttore Enrico Gobino. Questi road show che ha deciso di fare la squadra di Veronafiere sono utili soprattutto per ascoltare e per capire cosa dovrà essere il Vinitaly 2022, su cui c’è grande attesa. Ma anche la Special Edition di ottobre permetterà di incontrare i buyer americani ed europei e tanta gente del mondo Horeca che sarà ripartito.

13 maggio Road show in Piemonte per Vinitaly Special Edition Gli amici di Vinitaly mi hanno chiesto di accompagnarli nel loro road show in Piemonte e la cosa non mi dispiace. Al mattino alle 10 ci riceve a Torino l’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa. Con me il direttore generale Giovanni Mantovani, il brand manager Gianni Bruno, il responsabile commerciale Roberto Foresti. Presentano il format della Special Edition di ottobre, che sarà una novità. All’ora di pranzo saremo a Cocconato d’Asti dai fratelli Bava, mentre alle 15 ci riceve nel maestoso castello di Costigliole d’Asti Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera D’Asti e Vini del Monferrato. E qui scopro l’ambizioso progetto di ristrutturazione che regalerà alla Barbera una sede davvero fantastica, con sale di degustazione, ristorante, sala convegni e quant’altro. Bellissimo! Alle 17 siamo a Castagnito per incontrare Piemonte Land e il suo presidente Matteo Ascheri. Alle 18,30 a Fontanafredda da Oscar Farinetti che ci riceve con suo figlio Andrea, per un aperitivo con l’Alta Langa della maison ma anche i suoi Barolo iconici. E Oscar annuncia l’apertura, nella primavera del 2022, del suo Eataly a Verona, proprio di fronte

Oscar Farinetti e Giovanni Mantovani

Roberto Foresti e Gianni Bruno con il direttore di Mondodelvino Enrico Gobino (al centro)

Roberto Foresti, Giovanni Mantovani e Gianni Bruno di Veronafiere con il presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato Filippo Mobrici (al centro)

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14 maggio Con la Gallia a Moncalvo E ora riposo: a Moncalvo, nella bella cascina Spinerola, che è un relais molto accogliente, con un giovane cuoco Nico Croitor alle cucine del ristorante interno Uvaspina, che si distinguerà per le sue creazioni perfette (una su tutti gli agnolotti). Con me e Silvana ci sono gli amici della Gallia, gruppo spontaneo di amici veri nato 20 anni fa nell’omonimo hotel di Courmayeur con Dario ed Elena, Gianni e Nicoletta e poi Paola e Alberto, i genitori di Grazia Maria. Ceniamo insieme, dopo aver fatto un salto in paese

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C’era bisogno eccome di tornare a mangiare insieme, perché solo il fatto di vedersi è come un ringraziamento corale, significativo più che mai oggi, che la vita stessa non è scontata. E poi La Capuccina è stata una meta significativa dove abbiamo toccato con mano il coraggio di una famiglia di andare avanti. Di Raffaella, ad esempio, mi ha colpito l’entusiasmo per i vini che producono (la loro Vespolina è senza ombra di dubbio la migliore in questo momento) e che era lo stesso di Gianluca che venne anche a Golosaria per debuttare. Ricorderemo poi quei fantastici agnolotti e il sorriso.

La cena con gli amici del Gallia

nella nostra mitica macelleria Micco; quindi il giorno dopo la visita alle opere del Moncalvo, al secolo Guglielmo Caccia e di sua figlia Orsola. Si cammina, si dialoga, fino al sabato pomeriggio, quando al rientro mi aspetta una degustazione di Barolo in ufficio coi miei collaboratori, dove il Barolo Bricco San Pietro 2017 di Ruggeri Corsini strappa applausi di approvazione. Gli amici sono il riposo dell’anima. E c’era un grande desiderio di ritrovarsi, perché le fatiche che con gli anni ci tocca portare hanno bisogno di un luogo dove possano essere riposte. Io non so come sarà il Paradiso, ma certo avrà i contorni del Monferrato, avrà il sapore di certi vini, ma soprattutto avrà il calore di questa amicizia che c'entra eccome con la parola destino. 16 maggio A Cureggio alla Capuccina, dove la serenità è di casa Domenica siamo invece a Cureggio alla Capuccina, che è l’azienda agrituristica che aveva creato Gianluca Zanetta con sua moglie Raffaella. Prima di sederci ai tavoli nel giardino con gli amici di Milano del quartiere Certosa, siamo stati a messa al Santuario di Boca, quello del crocifisso miracoloso. E la sorpresa è stata avere con noi don Carlo Casati, il prete della mia gioventù, in procinto di compiere 80 anni. Ha voluto ricordare alla messa Gianluca, che ci ha lasciato nell’agosto dello scorso anno e durante il pranzo i suoi genitori, Raffaella e uno dei figli sono venuti a ringraziarlo.

SI RIPARTE (DA QUELLO CHE CONTA DAVVERO) Nella campagna novarese, a Boca, paese che dà il nome a un vino rosso prestigioso, c'è un luogo conosciuto come Santuario del Crocifisso miracoloso, che si rifà a un dipinto della seconda metà del 1500. All'ampliamento di questo luogo partecipò persino l'Antonelli, allora appena ventiduenne, che fece le prove di quella che poi divenne la Mole Antonelliana. Ci sono stato domenica, per l'ennesima volta, sapendo che quella croce semplice, che spicca sul muro esterno dell'abside in corrispondenza del dipinto posto all'interno, è motivo di devozione di tanti pellegrini che vi appoggiano la schiena per chiedere di saper portare il peso della croce, magari aiutati da un Cireneo contemporaneo. E mai come in questi giorni dove sembra tornare la fiducia, c'è bisogno di ripartire coi propri fardelli di fatica. Pochi chilometri più in là, a Cureggio, paese dove nasce una cipolla buonissima, Raffaella ha riaperto la sua azienda agrituristica, La Capuccina, che sembra una casa di amici, con ampi prati, la sua Vespolina buonissima da accostare agli agnolotti fatti a mano. Ma non era scontato quel pranzo che ho potuto rivivere, perché nove mesi fa suo marito, Gianluca Zanetta, ci ha lasciati dopo anni in cura per una malattia che non lascia scampo. Ho rivisto i genitori di Gianluca, i suoi figli e una moglie convinta che tutto può andare avanti come se lui fosse presente. E mi è venuto in mente quel Crocifisso, che ha accompagnato il travaglio di una sofferenza indicibile, per rimettere gli animi in cammino: così mi sono sembrati mamma e papà di Gianluca, animati da una letizia di fondo e ammirati dalla determinazione della nuora. Due giorni prima eravamo a Moncalvo, anche qui a inseguire i dipinti di Guglielmo Caccia e di sua figlia Orsola, che si ammirano nelle chiese di San Francesco e di Sant'Antonio. Questo pittore, detto il Moncalvo, fu coevo del crocifisso miracoloso di Boca e attivò il suo manierismo facendo uso del colore, come aveva visto fare a Milano e poi a Roma, aprendo una strada nuova e incisiva nella comunicazione pittorica. Racconto di queste tappe, per dire che oggi, nel momento in cui si guarda con più fiducia il futuro, l'enoturismo è qualcosa che va immaginato oltre al puro consumo, perché ci si può arricchire di un cibo buono e di un vino fruttato, ma ciò che davvero dà valore è scoprire le storie che stanno dietro a un luogo e persino a una cucina. La relazione di oggi, anche se condizionata da un servizio a pagamento, ha proprio bisogno della “com-passione”. (Avvenire, 19 maggio) 17 maggio Cena a Montepulciano coi vini della Talosa E si riparte, perché le Anteprime Toscane sono un appuntamento imperdibile e la faccenda del Covid le ha solo procrastinate di qualche mese. Ora, avendo fatto quella di Montalcino due mesi or sono, e avendo avuto la collaborazione di Fabio Molinari, che a Firenze ha partecipato alle Anteprime dei vini toscani al netto del Chianti Chianti e della Vernaccia, io riprendo da Montepulciano,

Raffaella Fortina de La Capuccina

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con l’anteprima del millesimo 2018. Arrivo puntuale per la cena, ospiti dell’azienda La Talosa al ristorante il Pozzo, in una piazzetta in fondo al paese. E qui, con un coniglio e una fiorentina assaggiamo in verticale tre annate di due vini di questa azienda: il Nobile di Montepulciano riserva e la loro inenarrabile selezione “Filai Lunghi” che è stata fra i più convinti Top Hundred dei nostri assaggi. L’ospitalità è come sempre all’hotel Il Riccio, che sbuca nella piazza del Duomo. Stessa camera, stessa calda ospitalità da parte dei coniugi Giorgio e Ivana Caroti con la promessa

di una colazione d’autore, che sarà sempre al top. L’assaggio del Vino Nobile di Montepulciano 2018 del giorno dopo sarà anche quest’anno di ottima soddisfazione. Cito Braccesca, Antico Colle, Abbadia Vecchia, Boscarelli (superbo come sempre), Valdipiatta, Fattoria Svetoni, Gracciano della Seta, Gattavecchia, la Vecchia Cantina di Montepulciano, Dei, Fattoria del Cerro, Bindella, Lombardo, La Ciarlana, Poliziano, Valdipiatta fra i migliori assaggi. Nelle semifinali il campione di Gattavecchia mi convince su tutti per quella nobile speziatura e sale sul podio. Accanto a Braccesca e Vecchia Cantina di Montepulciano, Boscarelli, Svetoni e Fattoria del Cerro. Fra le riserve e selezioni mi segno poi, come grandi, il Vino Nobile di Montepulciano 2018 di Fattoria Svetoni, la selezione “Poggio Sant’Enrico” 2012 e la selezione 2018 di Carpineto. Parto dunque nel pomeriggio per San Gimignano, ospite di un albergo in centro, Il Pozzo, che ti permette di godere questa cittadina fra le più belle d’Italia. Alla sera cenerò al ristorante San Martino, una grande sorpresa, che condivido con l’amico Daniele Becchi, assaggiando i piatti di Ardit Curri, cuoco che mette in gioco un’intelligente contaminazione di cucina giapponese.

L’arrivo a Montepulciano per le Anteprime del millesimo 2018

Un momento della degustazione a Montepulciano

19 maggio A San Giminiano per l’ottima annata 2020 Sono tanti i degustatori che hanno raggiunto San Gimignano e per questo veniamo dislocati in varie sale, con postazioni distanziate. Per me è la prima volta che partecipo alle Anteprime di questo vino sul quale si scatena una discussione fra i critici che non trovano giusto valutarlo nelle annate giovani. Però il 2020 è molto interessante. Tuttavia nel palmares dei migliori assaggi 2020 ecco il mio risultato: che riporto nell’articolo scritto in tempo reale per IlGolosario.it. Al primo posto Cesani, Il Palagione e Vagnoni, seguiti al secondo posto da Signano e Teruzzi e, al terzo, Tenuta La Vigna. Assaggio anche le annate 2019 e 2018 dove spiccano Montenidoli, Palagetto, Alessandro Tofanari, Poderi del Paradiso, Il Palagione e Panizzi, oltre alle riserve 2018 di Casa delle Vacche, Fattoria San Donato, Tenuta Le Calcinaie e ancora Montenidoli. Alla sera la cena coi produttori mi trovo all’ottima trattoria Il Pino ed è un onore avere con me la signora Elisabetta Fagiuoli di Montenidoli, ma anche il titolare del Palagione, Giorgio Comotti, quindi Lorenzo Zonin di Abbazia Monte Oliveto, il giovane di Collina dei Venti e il titolare dell’azienda Teruzzi (notevole il 2017 Isola Bianca).

Alcuni dei campioni degustati alle Anteprime della Vernaccia di San Gimignano

Ardit Curri, chef del ristorante San Martino di San Gimignano

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Anche questo è un momento che mi è mancato nelle restanti anteprime: l’incontro coi produttori, le loro valutazioni, le loro storie. Giorgio Comotti dell’azienda Il Palagione ad esempio ha una storia bellissima, avendo scelto di venire a vivere qui, da Milano (mi pare fosse di Trezzo) in questa enclave dove ogni cosa parla di bellezza. È una persona simpatica e molto coinvolta in questa avventura e appena mi scappa un “che pirla” riferito a una gaffe che ho commesso lui dice: “Ma allora anche tu sei di Milano”. La provincia italiana è una miniera, e vista dagli angoli della Toscana cambia davvero i connotati di un’esistenza. Che nostalgia mi lascerà San Gimignano e soprattutto il suo vino. 20 maggio A Firenze col Chianti classico 2019 Si parte al mattino presto, direzione Firenze, ospite del bellissimo Hotel Santa Maria Novella, nell’omonima piazza proprio di fronte al chiostro dove è stata allestita la degustazione delle Anteprime 2019. Alle 11 sono già ai tavoli di assaggio, che avvengono in maniera agile attraverso un sistema di QRcode. Passo in rassegna tutti i campioni (pochi) del 2020 e i tanti del 2019, che viene considerata una buona annata, anche se alcuni campioni denunciano tracce di legno oppure una lunghezza inferiore alle aspettative. È un’annata da valutare attentamente, dove mi trovo ad assaggiare delle punte con volti alti e dei vini sotto la soglia dei 4 asterischi. Non ricordavo questa forbice nei Chianti classico 2018. Tuttavia le punte si manifestano eccome. Ed ecco

Lo splendido chiostro allestito per le Anteprime del Chianti Classico

la mia rosa dei preferiti dove si impongono diversi campioni bio: tra i 2020, hanno lasciato il segno il campione di Cà di Pesa Burrone, Fattoria San Giusto, Le Masse e Valvirginio, mentre nei 2019 a imporsi con cinque asterischi è stato il campione di Castello di Monsanto, con altri ottimi esempi quali i Chianti bio della cantina Bibbiano e de La Querce Seconda, oltre ai Chianti di Capraia, Casale dello Sparviero, Castello di Bossi, Rocca delle Macìe, Rocca Castagnoli e Tenuta di Arceno.

Gianni, patron del ristorante Accademia di Firenze

21 maggio Faccio un salto in Molise e torno Dopo una cena all’ottima trattoria Accademia in piazza san Marco a Firenze, dove ho apprezzato l’originale cucina abruzzese che mi ha servito il simpatico Gianni, inizia un viaggio lunghissimo, destinazione Montenero di Bisaccia, in Molise. Avevo promesso ad Alfredo Palladino della Tenuta Terre Sacre che sarei andato a trovarlo e così è stato. E lui mi ha ripagato con una cena pazzesca, a base di selvaggina (persino la lepre) insieme ai suoi amici e cucinata dal bravissimo Fabio Sparvieri. E qui abbiamo bevuto Tintilia, Falanghina, sia della sua azienda sia di Borgo di Colloredo di Enrico Di Giulio. Il Molise nel cuore, questo mi sento di dire dopo un viaggio pazzesco che tuttavia era meritato, perché le promesse vanno sempre mantenute. Mi piacerebbe tornare la prossima estate, per scoprire altri angoli di una regione bellissima. Ma bisogna già ripartire, e

Un momento delle degustazioni del Chianti Classico

La cena a base di selvaggina da Alfredo Palladino

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mi concedo due soste: una a Loreto, per andare a pregare nel giorno di Santa Rita da Cascia e l’altra a Senigallia nel bistrot all’aperto, Aniko, di Moreno Cedroni, dove mi procuro una teoria di piatti da asporto per la cena in famiglia. E li farò felici. 23 maggio A Brescia si celebrano i 20 anni dei Colli Longobardi Non c’è sosta. Al mattino presto mi attendono a Brescia per il primo appuntamento del Ventennale della Strada dei Vini e dei Sapori Colli dei Longobardi. Il presidente Flavio Bonardi mi ha voluto come testimonial di questo evento e quindi sono a fianco dei nove sindaci dei Comuni che partecipano a questa Strada. Un breve convegno nel chiostro del Museo Diocesano di Brescia e poi un pranzo coi produttori all’Osteria del Frate, in pieno centro, che è un pullulare di gente, quasi a dirci che il Covid è alle spalle. Leggendo i documenti di questa Strada dei Vini mi accorgo che ogni Comune è depositario di una ricchezza storico-artistica straordinaria, frutto di un popolo, i Longobardi, che hanno lasciato il segno a distanza di tanti secoli. Ma il collante è la vite, come si evince dal vigneto della Pusterla sotto il castello di Brescia che è una delle 9 città. E poi che vini straordinari fra Capriano del Colle e Montenetto, se penso a Lazzari, che fu Top dei Top nel 2018 a Golosaria, oppure a San Michele, che mi ha sorpreso recentemente con una verticale del bianco Otten, fino a Franzosi, che è riuscito a stupirmi col il suo Foja 2016. Ci rivedremo il 7, per la seconda puntata.

Con i sindaci dei Comuni della Strada del Vino e dei Sapori Colli dei Longobardi all’inaugurazione del Ventennale

ha tempo di ascoltarli. Sostenibilità, ambiente, inclusione, uguaglianza sono temi assolutamente presenti tra i giovani, Il problema è ascoltarli.” Un incontro inaspettato e profondo quello di oggi, con Mario che ha parlato anche della mia fame (in tutti sensi) di storie e di sguardi. “Il suo libro è un’esplosione di vita – ha detto – per questo Paolo è un grande raccontatore dei nostri territori, che non è parlare di ricette e di cuochi, ma dell’idea di mondo che hanno gli autori di queste ricette.” È una cosa rara ritrovarsi – dico io – sulle medesime onde di pensiero. Per questo è stato importante incontrarsi.

L’incontro con Mario Calabresi e Daniele Sacco

26 maggio Da Ferdy coi vigneron della montagna Giornata speciale, stamane, per stare con Nicolò e Ferdy e i loro amici vigneron, oltre dieci, sconosciuti ai più, radunati nel grande prato dell’agriturismo più cult d’Italia per assaggiare reciprocamente vini testardi, che nascono da una volontà di racconto del territorio. C’è Nicola Gatta, che in Franciacorta segue una strada tutta sua, ma ci sono anche produttori della Valcamonica e della Valtellina, oltre a quello che tutti chiamano il “maestro” che è Fausto Andi, sperimentatore indefesso in Oltrepò Pavese. Per l’occasione arrivano anche Marco Gatti e Ferdy in persona, il papà di Nicolò, che assaggia insieme con noi, mentre uno a uno i produttori si presentano. Da questa esperienza nascerà anche una cassetta con una selezione di sei bottiglie di vino, vendute insieme per proseguire il progetto “Wild Wine”, che è un esempio brillante di quella che noi chiamiamo la Colleganza.

25 maggio Con Mario Calabresi e Daniele Sacco a parlare di ripartenza L’appuntamento più atteso della settimana è quello con Mario Calabresi e Daniele Sacco, ospiti di una diretta organizzata da Mondadori, per parlare di ripartenza, secondo i nostri ultimi due libri, Quello che non ti dicono di Mario Calabresi e il mio Del Bicchiere Mezzo Pieno. Daniele ha fatto da moderatore fra me e Mario ponendoci alcune domande. Una risposta soprattutto mi ha colpito di Mario, quando ha parlato della politica rispondendo alla domanda se è davvero finita una stagione. “Io direi che sono logori i contenitori della politica, non le istanze o il prendersi cura in generale. C’è stato un momento in cui si pensava che bastasse cambiare il nome, da partito a movimento, ma la sostanza è rimasta la stessa. Sembra quindi che ci sia non solo incapacità di dare rappresentanza, ma anche di ascoltare. Si dice che i giovani sono distratti, ma non è affatto vero, il problema è che non si la Circolare

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L’arrivo all’agriturismo Ferdy (da sinistra: Paolo Massobrio, Nicolò e Ferdinando Quarteroni e Marco Gatti)

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Sono state tantissime le suggestioni di questa giornata, a cominciare dai dialoghi con Ferdy, che ha la sostenibilità (parola abusata) nel suo Dna, quando lo senti parlare di lotta allo spreco, anche dell’acqua. Alla sera siamo stati a cena, in pochi, alla Trattoria delle Miniere, in paese, perché Nicolò ci teneva a farci conoscere quel giovane che aveva lavorato con lui e ora ha preso la sua strada: Lorenzo Bonini, 28 anni. Una cena eccellente, radiosa, anche qui con la sguardo a darsi una mano. Non finirò mai di raccontare il valore che stanno mettendo in gioco questi ragazzi, con un atteggiamento che è una finestra sul futuro, perché senza una relazione non si va avanti, mentre insieme tutto fiorisce.

può risparmiare. Anche il personale addetto alla sicurezza sarebbe stato risicato, si legge. Ma il senno di poi non consola, pensando alle tante fragilità che ha mostrato negli ultimi anni un Paese che nel turismo ha uno dei suoi punti di forza. Qui intorno al lago ci sono stati anni dove i figli di chi aveva costruito una villa sull'onda del boom economico avevano voltato le spalle, perché i soldi per i Caraibi non mancavano. I miei suoceri, da Milano, invece, fecero il viaggio di nozze da queste parti, appena finita la guerra, perché il lago era un mito, che pian piano ha riconquistato le sue posizioni, anche grazie alle ondate di clienti russi, arabi, inglesi. E se questo non è il tempo per chiedere soldi – parafrasando Draghi – almeno lo sia per destinarli a un piano che rimetta in sicurezza un Paese che non può vivere, anche, nella fragilità infrastrutturale. (Avvenire, 26 maggio) 27 maggio Da Gemma Calabresi a imparare uno sguardo Il giorno dopo sono a casa di Gemma Calabresi, per una videointervista ripresa dai miei amici di Rushnet. Il podcast con Mario, dove Gemma ha raccontato i suoi anni drammatici, dopo l’uccisione del marito, quel 17 maggio del 1974, ha colpito tantissime persone. E su un giornale hanno scritto che questo dialogo dovrebbe essere diffuso in tutte le scuole. Perché c’è la positività di chi ha scelto di non farsi colpire di nuovo dal ricatto dell’odio, ma ha voluto percorrere la strada della vita. (il podcast si trova su Spreaker con il titolo "Altre/Storie")

Nicolò Quarteroni e il papà Ferdinando con Fausto Andi

La notizia che campeggia su tutti i Tg e i giornali è la tragedia della Funivia sul Mottarone. E dopo un colloquio con i giovani di Villa Pizzini, ecco la mia riflessione della settimana su Avvenire. LA SICUREZZA, PRIORITÀ PER IL PAESE CON LE OSSA FRAGILI Ivan e Sabina sono sconcertati, senza parole. Da 5 anni hanno ridato vita a Villa Pizzini, un ristorante con camere in cima al Mottarone, a pochi metri dall'arrivo della funivia, da dove si scorge il panorama più ampio sul lago che infonde una sensazione di infinito, perché la bellezza è infinito. Ci sono stato un anno fa, salendo per chilometri con l'auto, fino a varcare un casello dove paghi per raggiungere l'ultimo tratto, sempre in mezzo ai boschi. Lui 34 anni, lei cuoca, 30 anni, hanno cercato fin dagli inizi di fare una cucina il più possibile a chilometro zero, coltivando l'orto e allevando galline livornesi che danno uova buonissime. Alla partenza puoi anche acquistarle, come facemmo con Francesca Settimi che poco più sotto, a Colazza, ha aperto la sua scuola di cucina sul lago per gli stranieri che cercano questa cifra italiana per innamorarsi ancora di più del nostro Paese. «Domenica era una giornata bellissima – racconta Ivan – dove finalmente potevamo servire i clienti all'aperto, perché le temperature lo consentivano. Alcuni sono arrivati con la funivia, anche se la maggior parte della clientela ci raggiunge in auto, ma con questa tragedia la montagna non c'entra nulla – dice con l'orgoglio di chi ha guadagnato una posizione in un luogo quasi fuori dal mondo –, speriamo che la gente capisca, non possiamo far morire la montagna». E intanto la cronaca incalza per conoscere dove sta la responsabilità di una tragedia che ha spezzato la vita di 14 persone in una domenica di maggio. E si alza il tappeto di un'Italia che spesso nasconde i problemi, pensando che la prevenzione sia un costo su cui si la Circolare

Questa video-intervista me l’hanno chiesta gli amici, per realizzare un documentario di un’ora da proiettare davanti a 200 persone che talvolta si ritrovano per riflettere. L’ho fatto volentieri, perché ogni incontro che ho avuto con Gemma è sempre stato qualcosa che mi ha reso ricco. Ne scriverò su Avvenire, la settimana dopo.

Paolo Massobrio e Gemma Calabresi

28 maggio Dal Pinocchio e poi a Maggiora da Carlo e Tina e altre cose belle (e buone) Settimana movimentata questa di fine maggio. Ieri sera ho assaggiato una bistecca di Lauro Micco di una fassona di 11 anni che aveva una succulenza fuori dal comune. Al Gipsy’s bar invece i cugini Telesca hanno messo insieme uno spunto di Colleganza invitando a cucinare nel dehors del loro bar cult Seul Ki Kim, cuoco del ristorante Uri Sapori Condivisi di Roddino. Un modo

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per dare una mano a chi non ha potuto aprire perché di sera, a maggio, faceva freddo. L’olio ligure dell’azienda Oltre Olio che mi ha portato in ufficio Danilo Maffone con sua figlia Veronica è una ventata di freschezza in cucina. Poi un salto al Pinocchio di Borgomanero per organizzare un aperitivo-festa a sorpresa per i 60 anni del nostro amico Mario Gatti, che sarà ignaro di trovare tanti amici a festeggiarlo. Poi cena da Carlo e Tina, due ragazzi belli come il sole che conducono un ottimo ristorante a Maggiora, paese del Boca, ben rappresentato nella loro carta dei vini.

una stima, un’amicizia, una vicinanza. Era sornione e non giudicava mai con cattiveria, con severità sì. Una malattia che ha curato per tanti anni alla fine non gli ha dato scampo e ci ha lasciati alla fine di questo mese di maggio.

Si può dire che c’è una grande spinta alla ripartenza e appena si fa un fischio la gente arriva, come al Gipsy’s bar, come da Ferdy, che è pieno per tutta l’estate o Nicola Gatta che ha 1.000 persone prenotate per visitare la sua cantina. Ma anche in casa nostra crescono le adesioni a Golosaria, sia nel Monferrato sia a Milano, perché c’è tanto da comunicare, dopo due anni di black out. È un momento magico che speriamo possa durare a lungo.

30 maggio Semifinale dei Top Hundred 2021 con il salame del Cianta Ed eccoci anche quest’anno, per la ventesima volta consecutiva, alla prima semifinale per aggiudicare i 100 migliori vini d’Italia. In ufficio 60 campioni di vini, fra i più svariati e i due degustatori di sempre: Marco Gatti e Roberto Formica. Una domenica pomeriggio impegnativa e divertente nel medesimo tempo, che ci porta sulla soglia del 50% dei vini assegnati, che presto conosceremo nei dettagli (l’annuncio ufficiale sarà il 15 settembre, in partnership quest’anno con Vinonews24) anche con la presenza di alcuni produttori e spero di tutti i vini a Golosaria Milano.

Ci rimarrà il gusto della cassoeula, i suoi papillon fatti mano, l’epopea del Battivacco, perché fu anche ristoratore e tutta la sua simpatia smisurata perché chi si occupa di cibo e di vino non può avere il broncio. Ciao Toni.

Ma il bello di queste degustazioni, alla fine, sono i contorni, perché dopo l’assaggio professionale (che porta a sputare vini come l’Ornellaia o altro) le migliori bottiglie che uno desidera restano sul tavolo per accompagnare l’assaggio di alcune specialità. Come il sa-

Alessandro e Angelo Telesca del bar Gipsy’s con Seul Ki Kim e Paolo Massobrio

29 maggio Muore Toni Cuman Toni Cuman era un grande gastronomo e soprattutto un amico. Era sposato con Elisabetta Bastianello, occhi azzurri e pierre capace e la sua passione erano i vini, tanto da essersi coinvolto con una realtà di produttori, che esordì a Golosaria sotto il nome di Beladea. Ci sentivamo talvolta al telefono e così con Marco Gatti. Telefonate senza interessi secondari se non quelli di manifestare

La prima semifinale dei Top Hundred con Marco Gatti e Roberto Formica

Fabio Zanotti, alias Il Cianta, con il suo salame fenomenale

Toni Cuman

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lame Nobile del Giarolo del Cianta, al secolo Fabio Zanotti, titolare dell’agriturismo La Nuova Valle di Momperone. Un salame straordinario, rivenduto a Rapallo da Guido Porrati, che assaggiamo con il pane da grano san Pastore, accanto allo sfincione preparato dal Gispy’s bar e alla Robiola di capra di Adorno di Ponti. 4 giugno Fantastici i prodotti della Tuscia Che bravi quelli della camera di Commercio di Viterbo che hanno fatto una promozione capillare dei prodotti della Tuscia attraverso il contatto con 150 persone fra operatori e giornalisti ai quali hanno inviato una selezione dei loro prodotti più significativi per svolgere poi una degustazione a distanza. Ho aderito con partecipazione all’iniziativa anche perché una modalità del genere è un aiuto concreto alla realizzazione del mio Golosario. Eccomi dunque collegato con Teresa Fioretti e Gaia Giannotti dell’agenzia Rucola Studio che ha curato l’evento, per conoscere prodotti davvero unici. Come l’olio da olive denocciolate (era il progetto di Veronelli) della società agricola Sciuga Il Molino di Montefiascone, che mi ha permesso di risentire la finezza della cultivar Canino. Annalisa Torzilli per la sua Dop Tuscia dell’olio ha voluto acquistare un piccolo frantoio aziendale e dice: “Solo la natura raggiunge la perfezione”. Come darle torto. La Susianella è invece un salume col finocchietto e altre spezie legato alla città di Viterbo. Un salume di stile umbro-laziale, molto buono (anche per la consistenza della pasta) che propone il Salumificio Coccia Sesto di Viterbo. Ha una freschezza balsamica in bocca che si prolunga nel tempo. Fantastica la teoria di prodotti a base di lampone di Massimiliano Biaggioli dell’azienda Lamponi dei Monti Cimini di Bagnaia. Il mio prototipo era una confettura di lamponi con peperoncino che esaltava l’acidità del frutto. Ma lui fa anche lamponi e cipolle, farina di lamponi, purea di lamponi e sperimentazioni con le foglie della pianta per realizzare la tisana Lamponella, che può essere usata anche come base per la mixology, che esalta Gin e Vodka e i prodotti della distilleria Nannoni di Civitella Paganico (Gr). Grande, lo vorrei a Golosaria! Altra confettura che mi ha colpito è quella del Bosco Incantato di Alessandra Spina di Tuscania. Una confettura di fragole piena, saporosa, memorabile, buona (ho finito gli aggettivi). E poi le mitiche Lenticchie di Onano prodotte da Il Cerqueto ad Acquapendente insieme ad antiche varietà della Tuscia come il fagiolo tondo del Purgatorio e altro ancora. Superbo sarà poi l’assaggio

dei Maccaroni Canepinesi, conosciuti come fieno di Canepina, che rappresentano il top della tradizione della Tuscia viterbese. Prodotti da Pasta Fanelli a Canepina con farina di grani teneri antichi macinati a pietra non degerminati e uova intere per una pasta ricca di fibre, con poco glutine e altamente digeribile. Quindi il mondo delle nocciole di Federico Ferrari di Caprarola con la nocciola tonda gentile nell’impasto dei suoi piatti che offre nell'agriturismo. E infine i formaggi di Val Perino di Piansano con il pecorino stagionato in grotta e Antonella Finocchi dell'azienda Sapori di ieri di Caprarola con i suoi bio ortaggi e frutti tra cui nocciole, castagne e olive di cui viene curata l'intera filiera e soprattutto quei vasetti di erbe aromatiche (origano, timo, salvia, rosmarino e quant’altro) chiamate Erbe magiche, macinate fresche dopo la raccolta e addizionate di sale marino integrale per condire carni e pesce. È stato un viaggio che mi ha riportato all’estate scorsa, in quei due giorni fra Vitorchiano e Viterbo, in un territorio per certi versi vergine, che poi è la mia passione. Questa iniziativa, che posso dire in linea con quella di Pavia, che presentammo a fine anno, rappresenta un modo intelligente per promuovere i prodotti di un territorio. Un modo nato dall’esigenza del momento, ma che deve restare, perché davvero fa conoscere in tutto il mondo il quid dell’Italia del gusto. Golosaria Monferrato e una nuova location per Barbera & Champagne E ora che ovunque si parla di zona bianca, sale il desiderio di ritrovarsi. E quindi cresce anche la nostra Golosaria Monferrato che ha già 40 adesioni eccellenti, che saranno presenti nel castello di Casale Monferrato, con spazi sempre più ampi e comodi. Ma quest’anno c’è una seconda novità ed è la location di Barbera&Champagne, l’iniziativa dedicata alle bollicine e al vino simbolo del Monferrato. Non saremo più al castello di Uviglie come nelle passate edizioni, ma all’Hotel Candiani, dove è ambientato anche il ristorante La Torre di Patrizia Grossi. Una location vasta, comoda, che permetterà di posteggiare l’auto a Casale e di vivere la città, passeggiando fra un polo e l’altro di Golosaria. Lo abbiamo visto come un regalo a una città che ha creduto in noi e che vogliamo far conoscere sempre di più. Una città che rappresenta una vera capitale del Monferrato, giacché da qui si dipaneranno gli itinerari verso le altre 20 location, i castelli, gli eventi, col raduno storico dei Grignolino a Vignale Monferrato (la sera con

I prodotti della Tuscia Viterbese

Il sopralluogo all’hotel Candiani di Casale Monferrato

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Paolo Massobrio ed Edoardo Camurri durante la puntata de “I Maestri”

Patrizia Grossi e Paolo Massobrio nella storia pubblicata su Instagram dal ristorante La Torre

il sindaco Tina Corona saremo a cena da Geppe a Montemagno – grande come sempre – per imbastire gli eventi di Vignale) ma anche iniziative dedicate alla Barbera del Monferrato superiore Docg. E poi l’entusiasmo di Patrizia e di suo marito Paolo, dei figli Ottavio e Andrea, è stato un motivo per decidere. Pensate anche ai mangiari che accompagneranno le degustazioni, dislocate in due poli ampi, con l’enoteca delle migliori bollicine d’Italia. Si parte! In Rai a parlare di Maturità La Rai ha insistito parecchio perché andassi a Roma a registrare una puntata de I Maestri, dedicata all’esame di maturità e oggi alle 15,30 è andata in onda su Rai 3. Una chiacchierata di mezz’ora condotta dall’ottimo Edoardo Camurri con uno studente della Franciacorta, Riccardo Facchetti di 18 anni, che ha fatto una tesina sulla conversione di un’azienda al biologico. Divertente, anche il montaggio dei filmati con Gino Veronelli, Mario Soldati, Albanese che prende in giro i degustatori e la cronaca dell’anno del metanolo. Mi hanno scritto e telefonato in molti, da Paolo Teverini a mio nipote e mia suocera oltre agli amici di Papillon che a quell’ora hanno visto questa frizzante trasmissione dove sono stato felice di partecipare. Un modo per parlare di vino in modo pacato, davanti al futuro che avanza, che sono i giovani pieni di vitalità e di progetti. I sogni, avrei voluto dirgli, si avverano sai Riccardo? Ed ho pensato a Nicola Gatta, suo conterraneo, incontrato da Ferdy pochi giorni prima. la Circolare

MA UN CAFFÈ AL BANCONE NON BASTA PER RIPARTIRE Sono andato a prendere un caffè a casa di Gemma Capra, la vedova del commissario Calabresi, ucciso in un agguato il 17 maggio del 1974. Per lei il mese di maggio è pieno di significati e il 22, giorno di Santa Rita, Gemma si è rispecchiata perché, come insegnò la santa di Cascia, l'odio e la vendetta non possono determinare il resto della vita, soprattutto dei propri figli. Alla fine del dialogo mi ha poi confidato quello che nell'intervista trasmessa in un podcast del figlio Mario, aveva detto: «Non rinnego nulla del percorso della mia vita e mi sento in pace, anche perché questa è stata la strada per ritrovare il dono della fede». Ora, questa riflessione di una persona che ha fatto tesoro di quella che si chiama un'esperienza, mi ha riportato all'oggi, dove si parla di una libertà ritrovata, simboleggiata dal caffè al banco o dal coperto dentro a un ristorante. Si riparte, ma che misera cosa sarebbe il bere per dimenticare o lo strafare per affermare una conquista che è solo frutto di un atteggiamento collettivo. Cosa rimane invece di positivo, dopo questo periodo dove ciascuno ha dovuto fare i conti col limite? La risposta a questa domanda, ineludibile, è la condizione per poter ripartire veramente, con una solidità di coscienza che è il vero antidoto per non vivere con rabbia gli eventi della vita, che disegnano, anche in chiaroscuro, la “nostra” esistenza. Le cronache locali dei giornali di ieri erano tutte dedicate alle riaperture, ma i pubblici esercizi sono in apprensione perché non si troverebbe il personale. Sono affaticati i cuochi, dopo mesi di espedienti e l'impossibilità di programmare persino una spesa. E in più devono scontrarsi col paradosso che in tempo di crisi gli si presenta il conto di una manovalanza che non c'è più, perché il lungo periodo di inattività ha portato ad adattarsi a fare altri lavori, che magari vengono considerati più sicuri, come fare le consegne per Amazon, si legge. E l'Italia, vista dal fronte della ristorazione, sembra qualcosa da ricostruire, ma così per tanti altri settori che difficilmente rialzeranno la testa coi sussidi. Il tempo sembra scaduto anche per questa politica di respiro corto, sembrano dirci dall'Europa, e forse è arrivato il tempo degli investimenti, a patto che il sistema bancario sia pronto a dare credito, superando una lentezza endemica. «Cosa ci insegna questo periodo?» è dunque una domanda che merita un'analisi anche della Cabina di regia, perché la solidità di un Paese che diventa cosciente dei mattoni su cui ricostruire, non si materializza a spot. Ma con una strategia. (Avvenire, 2 giugno) 5 giugno Il Bianco di Custoza compie 50 anni. In alto i calici per Gianni Piccoli e Luciano Piona Mi ero sempre chiesto come mai, in vent’anni di assaggi per i

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Top Hundred, il Custoza avesse ottenuto il successo che andremo a documentare sul nostro volume L’Emozione del Vino. Poi l’ho capito durante l’assaggio di 10 campioni di annate diverse, tutte accomunate dai medesimi descrittori unici che trovano nell’uvaggio qualcosa di insolito se pensiamo all’originalità della Bianca Fernanda che è un biotipo del Cortese. Una giornata davvero entusiasmante vissuta nella location dell'Hotel Veronesi La Torre di Dossobuono (Verona) con la presidente Roberta Bricolo (cantine Gorgo) che ha preso il posto di Luciano Piona, scomparso prematuramente l’estate scorsa. È intervenuto anche il sottosegretario Gian Marco Centinaio, che ha dato prospettive al Custoza nella direzione dell’enoturismo, e poi tre colleghi che hanno condotto la masterclass, prima della cena officiata da Giancarlo Perbellini. Tutto sotto l’occhio perfetto di Silvia Baratta, titolare di Gheusis, e di Costantino Gabardi, support del Custoza.

ho potuto festeggiare i miei 60, chiuso in casa nel pieno della pandemia, mentre i suoi che cadevano il 29 maggio non sono stati festeggiati con gli amici ma in famiglia. Però i suoi amici mi han chiesto di pensare a un evento a sorpresa e così, dopo un

Durante la degustazione, mentre Alessandra Piubello raccontava la leggenda del fantasma (una Contessina) di Corte Gardoni, cantina di Valeggio sul Mincio, ho appreso che l’amico Gianni Piccoli non ha retto all’urto del Covid e alla vigilia di Natale ci ha lasciati. Era un uomo splendido, di una vitalità fuori dal comune. Ho passato la sera a cena con il figlio Mattia, enologo della cantina, assaggiando tutti i Custoza Mael della maison di annate differenti. Un modo per stare ancora con Gianni, che a Natale mi inviava i tortellini di Valeggio, le mele e il suo inenarrabile passito I Fenili, nostro Top Hundred di alcuni anni fa. Quanta storia anche noi, se penso ai bicchieri del Custoza della Cavalchina di Luciano Piona, abbiamo con questo vino, su cui la nostra attenzione resterà vigile.

Paolo Massobrio con Giacomo (a sinistra) e Sergio Poletti del Caseificio Palzola

L’arrivo di Mario Gatti (con sorpresa) da Piero Bertinotti

L’articolo di Paolo Massobrio dedicato ai 50 anni del Custoza pubblicato su ilGolosario.it

6 giugno Al Pinocchio con Mario Gatti: un ritrovo a sorpresa studiato nei dettagli Da Sommacampagna mi dirigo a Milano, per recuperare Silvana e poi andare al Pinocchio di Borgomanero. Mario Gatti ha compiuto 60 anni, è stato mio testimone di nozze, siamo amici da 40 anni. Abbiamo fatto la medesima facoltà e insieme avevamo la passione del vino, che consumavano alla Bottiglieria Provera in via Magenta. Suo padre Gianfranco era anche lui un appassionato e gli feci assaggiare il Ruchè del Parroco, la Barbera 1982 di Solive e il Picolit di un parroco del luogo. E lui mi disse: “Ragazzo bevi bene!”. Mario è uno dei quattro amici che da sempre festeggia il mio compleanno, l’8 gennaio: con lui Marco Gatti, Angelo Ponzo e Roberto Formica. Ma quest’anno non la Circolare

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Mario con il quadro di Francesco Toniutti

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sopralluogo al Pinocchio di Borgomanero abbiamo imbastito una storia, per cui avremmo fatto pranzo con altri sei amici in quel ristorante che lui ama particolarmente: domenica 6 giugno. Mario ha accettato, pur maturando il dubbio che i suoi amici più stretti, che sono molti di più della cerchia dei sette, non facessero nulla. L’ho persino convinto a non coinvolgere moglie e figli (in realtà miei complici) con la scusa di bere vini sublimi. Intanto i suoi amici, i colleghi di lavoro (lui è direttore di sede a Milano dell’Università Cattolica), i famigliari si davano appuntamento nel parco del ristorante, dove già erano posizionate 20 magnum di vino, fra cui un Custoza della Cavalchina del 2013, un Lugana della Perla del Garda bio 2016, un Buttafuoco storico e di tutto e di più. Durante la mattina ho poi perfezionato con Stefano Storti la strategia, dicendo a Mario di arrivare alle 13 perché il Comune di Borgomanero aveva in corso una cerimonia proprio lì nel ristorante. Nel frattempo tutti avevano posteggiato l’auto in un cortile chiuso e dalle 12,30 alle 13,10 hanno aspettato. È arrivato persino Sergio Poletti con suo figlio Giacomo per portarci tre forme di Gorgonzola Palzola grandiose (una piccante di svariati anni, una al tartufo, una morbida e dolce), che poi avremmo assaggiato con la complicità dei grandi vini rossi. Mario insieme ad Angelo Ponzo è arrivato alle 12,50, io l’ho accolto e fatto posteggiare di fronte al ristorante accanto alla mia

Mario Gatti con le magnum della sua festa

Il gruppo di amici coinvolti per la festa a sorpresa

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auto e a quella degli amici invitati al pranzo ristretto. Ci siamo seduti, in tavola sono arrivati gli stuzzichini con un bicchiere di bollicine, finché Paola Bertinotti ci ha detto che stava per terminare l'aperitivo del Comune con la consegna del premio “Burbanello Visinghentu” a suo papà Piero, che avrebbe desiderato ci fossimo anche noi, io e Mario, con gli amici al seguito, per fare una foto col sindaco. “Vi rubo solo 5 minuti - ha detto Paola - poi vi servo il pranzo”. A quel punto siamo entrati nel parco dalla porta del ristorante e quando s’è affacciato Mario è scoppiato un applauso interminabile. E lui è rimasto di sasso, commosso come non lo avevo mai visto: sua moglie Silvia e i suoi figli Marta e Lorenzo di fronte, Lorenzo Ornaghi già Rettore della Cattolica di fianco, i colleghi, gli amici e persino il musicista Walter Muto con la chitarra. È riuscito tutto alla perfezione e l’effetto emozione è stato travolgente. Poi Stefano Storti ha letto i frizzi, geniali, con tanto di citazione dei nostri sms clandestini di questi giorni per fugare ogni dubbio di Mario. Fra i regali un barbecue, una stampa dei suoi colleghi, un quadro che rappresenta il pranzo con pane e il vino di Francesco Toniutti, che fu una copertina del nostro libro Adesso, ma soprattutto lo smisurato affetto di tanti amici di una vita. Che bella domenica, indimenticabile. Cosa c’è di più gratificante nella vita di questo calore fra amici. Mario hai meritato tutto! 7 giugno A Castenedolo coi Longobardi e a Salò coi cuochi Bresciani Si riparte per la provincia di Brescia, appuntamento a Castenedolo per un convegno dedicato ai 20 anni della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Longobardi. E nella sede messa a disposizione del Comune c’è il pubblico delle grandi occasioni con 70 persone in platea. Dopo i saluti del sindaco Pierluigi Bianchini, il giornalista Massimo Tedeschi è entrato nel merito del convegno dando subito la parola all’Assessore Regionale all’Agricoltura, alimentazione e sistemi verdi, Fabio Rolfi, che ha commentato positivamente l’esperienza delle Strade dei vini. “La situazione del Covid ci spinge a essere pronti per quel turismo di prossimità che ricercherà sempre di più la gente. Per questo le Strade dei Vini sono lo strumento ideale per favorire il racconto dei nostri territori.” Con queste parole ha poi indicato alcune linee progettuali che dovranno tenere conto, nelle politiche regionali, di queste realtà aggregate che devono diventare sempre di più un punto di riferimento e di proposta distintiva. Il mio commento è stato invece una riflessione sul fatto che se una Strada arriva a vent’anni significa che i soggetti che si sono aggregati l’hanno considerata conveniente, altrimenti alla prima difficoltà e al primo contributo mancato sarebbero venuti meno. Detto questo ho elencato le parole chiave del turismo enogastronomico delle terre dei Longobardi, che sono la storia e l’arte, ivi compreso il racconto del genius loci dei paesi, quindi la promozione e poi il gusto che significa vini distintivi che nelle 4 espressioni del territorio hanno dimostrato cosa voglia dire un terroir che trae dal passato la forza per essere contemporaneo e poi prodotti, agricoltura, cucina che in ogni paese dovrebbero avere l’orgoglio di una denominazione comunale. L’intervento poi del giornalista e formatore Dario Mariotti ha posto l’accento sulla formazione, intesa come capacità di coinvolgere le persone, soprattutto i giovani e incanalare energie, mentre Gabriele Archetti, professore ordinario di Storia me-

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dievale dell'Università Cattolica di Brescia, ha fatto un gradito excursus storico ricordando l’origine del vigneto della Pusterla, che è il più grande in ambito urbano d’Europa, ma anche sul concetto di sapore che nel Medioevo evocava ciò che aveva a che fare con la salute e lo stile di vita. Suggestivo l’intervento di Domenico Pedroni, della Fondazione Provincia di Brescia Eventi, che ha detto: “La Bellezza sarà la nostra salvezza” e di Paolo Corvo, docente di Sociologia presso l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, che ha approfondito il tema del turismo enogastronomico. Quindi il saluto dei due past president della Strade del Vino e dei Sapori, Luigi Bandera e Maria Bigogno, che hanno rimarcato i passaggi di un lungo cammino. Flavio Bonardi, il presidente in carica della Strada ha chiuso dicendo: "La nostra Associazione assume un ruolo fondamentale di raccordo e di rete con le istituzioni regionali, provinciali, comunali e con i consorzi del vino. In questi vent’anni la Strada è cresciuta e oggi più che mai vuole essere un punto di riferimento per il territorio. Non siamo nati per “vendere vino o prodotti tipici”, ma siamo nati e oggi vogliamo sempre più “vendere" il Territorio”. A me ha colpito molto la partecipazione della gente e soprattutto il dato che i convegni stiano diventando sempre meno celebrativi e autoreferenziali e sempre più progettuali, nel senso di mettere a tema cosa significhi progettare il futuro, insieme.

le scarseggia. Eppure si sta insinuando un pensiero che li vorrebbe mettere in croce per la seconda volta, leggendo le dichiarazioni di qualche sindacalista che parla solo di sfruttamenti. E questo davvero è ingiusto, penso dalla terrazza dell'Hotel Eden di Salò dove passerò la notte.

Con i ristoratore bresciani a Salò

Ed ecco la mia riflessione del mercoledì su Avvenire, che riprende le suggestioni di questa giornata in provincia di Brescia.

Con Flavio Bonardi, presidente della Strada

Alla sera siamo a Salò, ospiti dell’Associazione cuochi di Brescia che si è ritrovata con alcuni produttori magnifici. C’è quello che alleva trote a Pertica Bassa (azienda agroittica Acquabianca di Arrigo Vampini), quello che fa formaggi particolari (Agrimor di Manuele Morandini) a Berzo Inferiore, c’è Pesei in Val Tronpia che produce piccoli frutti e ci delizia con un Gin ai frutti di bosco davvero niente male. È un momento liberatorio questo dei cuochi che si ritrovano e si premiano con una cena cucinata alla perfezione dallo chef del luogo, Carlo Bresciani, dove ci troviamo: la Cascina San Zago di Salò. Al mio tavolo il presidente della Strada dei Vini Flavio Bonardi, l’assessore Flavio Rolfi e la consigliera regionale Claudia Carzeri con cui intratteniamo simpatiche interviste ai cuochi che stanno vivendo un periodo difficile perché i conti non tornano e il personala Circolare

PROSSIMITÀ E SOLIDARIETÀ PER RIPARTIRE INSIEME Col sole di giugno, come un anno fa, sono in viaggio sulle sponde del Garda per lavoro. Una coincidenza che tuttavia mi porta a riflettere sui due periodi. Si nota la gente che esce di casa, ma la conta di chi non c’è più sembra come quando in Comune si stilava l’elenco di chi da una guerra non era tornato. Sabato si festeggiavano i cinquant’anni del Consorzio del vino Custoza ed ho appreso che Gianni Piccoli, vignaiolo a Valeggio sul Mincio, non c’è più: il Covid lo ha portato via alla vigilia di Natale. Per questo mi ha molto colpito che Flavio Bonardi, presidente della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Longobardi, per aprire i festeggiamenti dei 20 anni di questo sodalizio, abbia voluto la Santa Messa con tutti i sindaci in prima fila, nella Chiesa di San Faustino a Brescia. Un modo per abbracciare chi c’è e ha deciso di ripartire, ma insieme, e chi non c’è più ma ha lasciato un segno. Il Covid, a ben vedere, ha comunque un lascito: la scoperta della prossimità e della comunità. Alla festa dell’Associazione Ristoratori di Brescia che si è tenuta lunedì sera a Salò mi si è avvicinato Abramo, produttore di piccoli frutti in Val Trompia, per dirmi che in quella valle lavorano in gruppo: sono partiti in 22, ora sono in cinque, ma il sodalizio ha tenuto e ora riparte con nuovi progetti. E poi m’ha detto: “In corso Garibaldi a Mi-

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lano, al civico 83, un’edicola vende i miei piccoli frutti trasformati”. Non ci volevo credere: sono passati 10 anni da quando lanciammo “L’idea del Cavolo” a Golosaria, ossia un esercizio pubblico di città che adotta un’azienda agricola, e ora sono in campo persino le edicole che mettono a frutto la loro propensione alla relazione. Si chiama “Colleganza” questo e gli esempi non mancano se penso a due aziende agricole di montagna, in Piemonte e Lombardia, distrutte da una fatalità, che hanno potuto ripartire grazie alla colletta di chi dal proprio lockdown ha tifato perché nessuno restasse indietro. Anche a Breme, dove cresce una cipolla buonissima, anni fa un atto vandalico distrusse la produzione. E oggi si temono i furti notturni, tanto che i produttori hanno deciso turni di sorveglianza per dissuadere l’orda distruttrice che si trova a combattere, più che mai, con un desiderio di bene. Colleganza, prossimità, inclusione, solidarietà sono le parole che più ricorrono e che hanno come esempio tantissimi giovani. La buona politica sussidiaria non può che assecondare e ascoltare questo sentimento comune. Che sembra il viatico per ripartire migliori di prima. (Avvenire, 9 giugno) 8 giugno A Roncà ad assaggiare il Lessini Durello bio di Tanita Ma che forza della natura è Tanita! Una ragazza di 29 anni che come tutte le figlie o i figli ha scelto di fare un percorso tutto suo, possibilmente lontana da quella provincia natia che cominciava ad andarle stretta. E per ripicca si iscrive a Filosofia, che non ci azzecca con le sue origini rurali, anche se a lei è sempre piaciuto “ruscare” (dice così per parlare della potatura). A un certo punto il padre, come tutti i padri di questo mondo che capiscono che non devono interferire, si trova a un bivio: vendere l’azienda vitivinicola di famiglia o che altro? Una cantina che ha un brand molto forte, facendo un eccezionale spumante bio da sole uve durella. A quel punto Tanita Danese dice: “Ma questo è

ciò che in fondo ho sempre voluto”. E a capo dell’azienda Fongaro di Roncà arriva lei. La incontro nella sua azienda alle 12 in punto e sarà una ventata di freschezza. Non solo perché mi prepara una degustazione dei suoi 6 brut eccezionali, fra cui quello con l’etichetta viola che mi ha accompagnato tante volte, alla fine di una giornata. Superba sarà la riserva pas dosè che davvero somiglia a uno Champagne. Alle 13,30 siamo ai tavoli della trattoria Fattori di Terrossa, frazione di Roncà, a mangiare uno spettacolare baccalà, il coniglio con la polenta, i bigoli coi fegatini. Proprio come piace a me. E a lei. Mi ha commosso il racconto di Tanita, perché ho rivisto in lei la mia storia di padre, e dentro questa l’affetto maturo che un figlio alla fine sa restituire ai suoi genitori. E poi vedi la forza di una prospettiva che apre nuovi scenari nel mondo stesso del vino, perché il segno che lasceranno questi giovani sarà qualcosa di rivoluzionario. Grazie Tanita! Pio Cesare 140 anni Tornato a casa dal Veneto, stamane mi aspettano a Treiso, all’agriturismo Il Bricco della Pio Cesare che ha scelto di celebrare i suoi 140 anni di storia con un pranzo in casa, cucinato dalla moglie di Pio Boffa, Nicoletta, con la figlia Federica e il nipote Cesare a raccontarci dei loro vini: lo Chardonnay Piodilei 2018, i Barbaresco e Barolo 2017 fino al grandioso Barolo riserva 2000. Mi hanno poi colpito il Barolo “Mosconi” di Monforte d’Alba, che aveva note balsamiche ampie, accanto al mitico Barolo “Ornato”. Ma interessante anche il 2017 del comune di Serralunga, mentre dei Barbaresco era notevole il loro Barbaresco Pio, che fu il vino che io e Marco Gatti premiammo alcuni anni fa. A pranzo, l’aperitivo con la finta ostrica, che nasce da una mali-

Federica Rosy Boffa a Treiso

Tanita Danese nella sua azienda di Roncà

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zia contadina di giocare la freschezza con acciuga e limone, era perfetta con il Vermut che nonna Rosy beveva alle cinque del pomeriggio e che Federica ha voluto riprodurre sulla ricetta originale di famiglia. E poi i fiori di zucchina impanati, il tonno di coniglio, un piatto superbo di agnolotti del plin con una sfoglia finissima con dentro il ripieno di Nicoletta, per finire con i capunet ai fiori di zucchina e la salsiccia e un assaggio di formaggi, oltre al dolce abbinato al loro Barolo Chinato. Eravamo una dozzina, attorno a un tavolo in giardino, davanti a noi le vigne di Treiso. Mauro Carosso ha preso la parola per tutti dicendo una cosa che pensavamo: “Non è usuale che una famiglia piemontese ti inviti a casa. E questo è un segno di grande onore”. L’ho pensato anch’io e l’ho preso come uno stringersi a quegli affetti manifestati dopo la scomparsa di Pio, affinché non diventino formali. Perché la formalità passa, mentre la relazione si può rinsaldare. E quando saluto Nicoletta, lei mi ricorda quei pranzi a casa di Marzia Riccardi, insieme. Perché sono queste le cose che contano, le cose belle della vita. La Circolare “deve” finire qui Scrivo la parola “deve” perché sono talmente tanti gli eventi che

incalzano che avrei voglia di raccontarli tutti in tempo reale (su IlGolosario.it un po’ lo faccio no?). Ma a un certo punto bisogna chiudere il giornale, che andrà lavorato, impaginato, stampato, spedito. Domani sarò a Gavi per una degustazione di 50 campioni, dopo aver fatto una lezione, invitato da Giulia Berta, figlia di Chicco Berta che ha istituito un master dedicato ai giovani. Poi sarò atteso a Stresa per degustare i vini dell’Alto Piemonte. Il 19 e 20 giugno a Verona per le iniziative di Vinitaly verso la Special Edition di ottobre, fra cui Opera Wine; quindi a Vinadio con gli amici di Confartigianato di Cuneo e a Modena per assaggiare i Lambrusco e i vini dei Colli Bolognesi. E poi il 16 luglio a Diano Castello per il Premio al miglior Vermentino. Nel frattempo ci sono i ristoranti da provare per la nostra guida; ilGolosario da chiudere, con le tantissime novità di quest’anno (come farò a restare nella consueta foliazione?); il primo libro che chiuderò sarà invece L’Emozione del Vino, poi la nuova edizione di Adesso 2022 e una novità assoluta che è un libro dedicato ad Anna Dente, l’ultima ostessa. Ci stiamo lavorando. Grazie per avermi letto fin qui. Ci vediamo su IlGolosario.it, su IlGusto.it e ogni mattina su Instagram con la rassegna stampa in diretta.

CONVOCAZIONE

CONVOCAZIONE

ASSEMBLEA ORDINARIA ANNUALE

ASSEMBLEA ORDINARIA ANNUALE

SABATO 11 SETTEMBRE

SABATO 11 SETTEMBRE

presso Ristorante Accademia Via Goffredo Mameli, 29 alle ore 7 in prima convocazione e alle ore 20 in seconda convocazione

presso Ristorante Accademia Via Goffredo Mameli, 29 alle ore 7.30 in prima convocazione e alle ore 20.30 in seconda convocazione

ORDINE DEL GIORNO: Comunicazioni del Presidente Approvazione bilancio consuntivo 2020 Preventivo anno sociale 2021 - Varie ed eventuali

ORDINE DEL GIORNO: Comunicazioni del Presidente Approvazione bilancio consuntivo 2020 Preventivo anno sociale 2021 - Varie ed eventuali

IL PRESIDENTE

IL PRESIDENTE

ASSOCIAZIONE CLUB DI PAPILLON

ASSOCIAZIONE AMICI DI PAPILLON

a Casale Monferrato (AL)

a Casale Monferrato (AL)

Paolo Massobrio

Paolo Massobrio

IL GOLOSARIO NEGOZI

IL GOLOSARIO RISTORANTI

L’ E S P E R I E N Z A

D I

GOLOSARIA MONFERRATO

P A P I L L O N

A PORTATA DI TOUCH la Circolare

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farlo bene - i nostri clienti quando potranno tornare nel nostro locale e allora datti da fare: oggi accendi una luce e fatti vedere che ci sei all’interno, anche se con la porta chiusa, anche se con il magone o le lacrime, ma ci sei: sempre e comunque.

lettere al direttore

Apri anche il tuo cuore e sorridi. Davide

TENERE ACCESA UNA LUCE

Davide Gibertoni - Cosebuoneweb

Non spegnere la luce! Sii presente! Questo è un appello che riguarda anche te! In questi giorni, caro collega, passo davanti a tanti locali mentre faccio le pochissime consegne a domicilio e noto subito che all’interno è tutto spento, neppure una luce accesa, ma cosa ancora più grave è che non ti vedo all’interno. Sappiamo benissimo tutti che con l’asporto - tanto meno da farsi lontano dai nostri locali - non si vive e soprattutto non c’è futuro: ma spegnere la luce e non esserci significa aver perso! Poco importa se te lo puoi permettere o meno, ma importa esserci per dimostrare soprattutto a te stesso (e a tutti noi) che sei un vero combattente, pronto veramente a tutto! Non ricordi più il primo giorno, i progetti o i sogni che avevi? Hai dimenticato tutte le difficoltà incontrate? Io no! E sono ancora qui, ogni giorno! Tutti i giorni vado al lavoro e tengo la porta - per obbligo di legge - chiusa, ma io ci sono, ogni giorno e accendo la luce, ogni giorno facendo capire che se tutte le luci del commercio si spengono, in quel quartiere o in quella città, inevitabilmente tutti ci perdono: sarebbe degrado e le nostre città più insicure anche e non solo per i nostri figli. Vai nel tuo locale: fai le pulizie straordinarie, leggi un libro per creare qualche cosa di nuovo da proporre alla riapertura; usa quel maledetto telefono per farti sentire e vedere, anche se sei chiuso; dai forza e fiducia a chi viene nel tuo locale normalmente: per una volta non lamentarti, non parlare di Covid o dei debiti, ma piuttosto del tuo gatto o dell’amore incondizionato del tuo cane. Fai un video nel quale fai vedere che ci sei e che stai facendo anche quando non hai più nessuna voglia di fare. Un amico medico mi ha detto che se sorridiamo muoviamo meno muscoli di quando corrughiamo la fronte: e allora, almeno per convenienza, sorridiamo! Alleniamoci a farlo per quando riapriremo e alleniamoci per quelli che magari entrando non ci salutano mai, perché è con loro, è grazie a loro se riusciamo ad essere dei professionisti: sorridere ad una bella fanciulla, profumata ed educata sono capaci tutti! Nulla si cambia se continuiamo, noi per primi, a fare le stesse cose! Ma il sorriso non si vede con la mascherina! Falso: l’ho imparato da mio figlio che appena nato doveva subire le dolorosissime cure di medici ed infermieri che indossavano la mascherina. Se non sorridevano, anche se il sorriso non si vedeva, Giovanni piangeva e si dimenava come un matto, ma se sorridevano, anche sotto alla mascherina, gli occhi svelavano il sorriso nascosto e Giovanni, come per miracolo, si faceva fare di tutto. Noi siamo combattenti e nulla ci può fermare tantomeno questo maledetto virus: l’unica vera preoccupazione deve essere servire - e la Circolare

Grazie Davide per questa tua appassionata lettera e per il lavoro che fai, tutti i giorni, comunincando attraverso i social. Il tuo sprone a tenere la luce accesa è una metafora decisiva per essere sempre pronti e presenti a noi stessi. Lo dobbiamo a chi ci sta intorno. E soprattutto a chi ci è più caro.

DA UN’AMICA GIORNALISTA CON CUI ABBIAMO TIRATO SEMPRE DRITTO

Emma Camagna - Alessandria

Vale davvero la pena leggere, o meglio, gustare il volume Del bicchiere mezzo pieno - Quando nella vita conta lo sguardo, opera di Paolo Massobrio, giornalista alessandrino, massimo esperto di vini e gastronomo che ha girato mezzo mondo e in mezzo mondo è conosciuto. Monogamo felice da 30 anni, padre di tre figli, uomo di lettere ma anche di fede, un sacco di riconoscimenti al suo attivo, anima e animatore di “Golosaria”, rassegna di cultura e gusto, docente di documentazione e marketing in vari corsi e master e chi più ne ha più ne metta. Segno di riconoscimento l’impeccabile papillon, forse in ricordo della sua prima pubblicazione che si chiamava appunto - “Papillon” (ma la circostanza non è certa). Edito dalla alessandrina Comunica, posto in circolazione da Amazon, il libro è originale sotto i più vari aspetti, a cominciare dalla copertina, né poteva essere diversamente visto che a realizzarla sono stati gli ineffabili Giuseppe Perrone e Monica Deevasis, anima e corpo di Studio Due. Del bicchiere mezzo pieno... sì, è un libro di ritratti in cui la vita professionale, intensa e a volte turbolenta di Paolo Massobrio, uomo dedito al mondo del gusto, si intreccia con quella di 50 personaggi che hanno saputo cambiare i propri percorsi grazie a uno sguardo di positività sulla vita e sul proprio lavoro. Assurdo fare anticipazioni: mina la possibilità di gustarsi, come ho fatto io, la lettura del volume così da scoprire l’essenza di quanto scritto per rendersi conto della provocazione che ha armato la penna, anche se parlare di penna oggi fa ridere, di questo nostro concittadino che non mira a “farsi bello” (sebbene il termine gli sta a pennello) ma è un grande, uno di quegli alessandrini che non tutti conoscono - e non ne capisco bene il motivo - ma che tanto merita di essere conosciuto e apprezzato come merita (mi sia perdonato il gioco di parole). Lui tira dritto. E se lo può permettere. Emma Camagna

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lettere al direttore


Grazie cara Emma, questa tua lettera mi fa felice per due motivi: per un’amicizia che rimane salda negli anni e perchè tu hai letto il mio libro dove racconto tanti fatti anche intimi che mi hanno segnato negli anni. Ci siamo ritrovati alla Stampa, ma io ti ricordo quando coi primi numeri di Papillon facevamo le degustazioni alla cieca di bignè e cannoncini. E poi i risultati scuotevano la città. Anche allora abbiamo tirato dritto. E siamo ancora qui!

IL RICORDO DI OLIVIO

Famiglia Cavallotto - Castiglione Falletto (Cn) Carissimo Paolo, desideriamo ringraziarti di cuore per le belle parole e i ricordi che hai avuto per il nostro papà, Olivio. Lui sicuro Ti sorriderà timidamente e Te ne sarà molto grato da lassù... anche se lo sentiamo sempre qui vicino. Un grande e forte abbraccio a Te, caro Paolo, colmo di gratitudine. Con Amicizia e Stima, Laura, mamma Anna Maria, Giuseppe, Alfio e famiglia tutta. In questa frase di quel sorridere timidamente c’è tutta l’essenza di un uomo buono del nostro Piemonte che ebbi modo di conoscere prima di assaggiare i suoi e vostri maestosi vini che fanno parte della mia catina personale. Lo conobbi alla Coldiretti, lui era un consigliere regionale quando arrivai e il consigliere ecclesiatisco di Cuneo era il parroco di Neive, altro produttore di vino. Che storia straordinaria hanno scritto questi uomini delle Langhe.

VOGLIO CONDIVIDERE CON VOI IL RICORDO DELLA MIA MAMMA

Lavorarono sempre insieme in sartoria, che si ampliò fino ad avere 60 sartine negli anni '60; gli effetti della congiuntura del 1961-65 provocarono la chiusura dell’attività nel 1968. Continuarono a lavorare per i clienti affezionati (in questo modo hanno potuto garantirci gli studi), per noi, per i parenti e gli amici più cari, fino al 1990, anno della morte di mio padre. La morte, avvenuta quando mio padre aveva 74 anni, la segnò profondamente, ma piano piano riprese la sua solita visione tranquilla della vita che l’aveva costantemente accompagnata sino quando c’era mio padre. Nelle giornate trascorreva il suo tempo pregando il Santo Rosario completo, il breviario, leggendo le vite dei santi, meditando, dispensando fiducia e serenità a chi veniva a farle visita. Lo scorso anno, provata dai diversi interventi chirurgici subiti fin dall’età di 35 anni, non è più riuscita a stare seduta sulla sua poltrona ed ha trascorso questo ultimo periodo a letto, spegnendosi lentamente. La parola è diventata sempre più difficoltosa come l’alimentarsi, ma ha sempre conservato il sorriso per il momento dell’Eucaristia e anche per i nipoti (pronipoti), quando chiassosamente andavano a salutarla o giocavano in casa; l’unica preghiera che riusciva a ripetere a voce sommessa era naturalmente la giaculatoria: "Madre mia, Fiducia mia". La Mamma di tutti noi effettivamente l’ha ascoltata: è andata incontro al Signore Gesù e a Maria, serena come chi ha atteso da tempo e con fede questo incontro, proprio oggi sabato 8 maggio il giorno della Festa della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei. Grazie Gigi, ti ho chiesto di raccontarci di tua madre, che ha avuto anche il dono di avere un figlio sacerdote (tuo fratello) perché è un modo per conoscerti meglio, al di là di tutti gli interventi e i contributi che hai dato al Club di Papillon in questi anni. È curioso il dettaglio del giorno della sua dipartita: sembra un abbraccio atteso.

ESERCIZI DI SGUARDO

Gigi Camana - Mortara (Pv)

Amici Carissimi condivido con Voi il ricordo di mia mamma Maria Angela. Arrivata a Mortara alla fine degli anni '30, incontrò mio padre Francesco nella sua sartoria, che aveva aperto qualche anno prima, dove fu assunta come sartina. Entrambi erano cresciuti sotto il carisma del Beato Francesco Pianzola, che, proprio in Lomellina, aveva fondato la Congregazione delle suore missionarie dell’Immacolata Regina Pacis, dedicate all’educazione religiosa e all’assistenza dei poveri e delle mondariso. Di questo santo si è portato nel cuore una breve giaculatoria che l’ha accompagnata fino all’ultimo respiro: “Madre mia, Fiducia mia”. Si sposarono nel 1948, alle 8 di mattina per poter partire per il viaggio di nozze a Roma, scelto perché c’era un raduno dell’Azione Cattolica, essendo entrambi responsabili localmente dei gruppi giovanili. Nacquero dal loro matrimonio quattro figli: Gianni, Luigi, Maria Grazia e Claudia, che educarono e accompagnarono sul loro stesso cammino di fede. Una fede semplice che privilegiava l’accoglienza delle persone e la carità, con una vocazione spiccata a condividere ogni possibile occasione di incontro con gli amici in maniera conviviale a tavola. la Circolare

Luigi Galluppi - Club Papillon del Varesotto Caro Paolo, quando si dice il caso (caso?)! Ieri ho assistito ad un ulteriore bellissimo incontro - quello del teatro deSidera - dove hai parlato del tuo libro Del bicchiere mezzo pieno - Quando nella vita conta lo sguardo. Oggi cercavo, tra i libri "più in alto" e quindi più polverosi e meno utilizzati, il libretto dei 100 migliori vini d'Italia che hai ricordato ieri nell'incontro. Mi è capitato tra le mani un libretto che mi ero dimenticato di avere: ESERCIZI DI SGUARDO di Bruno Lauzi! Con tanto di firma autografa, commovente, perché segnata già dal tremore del Parkinson. Deve risalire al 2004 quando venne a Gallarate, non so. Comunque mi sono commosso guardando la sua firma e pensando a questo tema dello sguardo che evidentemente torna continuamente a sollecitarmi. Non sapevo avesse scritto una raccolta di poesie intitolata proprio "Esercizi di sguardo". Già perché anche a guardare le cose per ciò che sono realmente bisogna imparare e per imparare c'è bisogno di esercizio. Senti la poesia che dà il titolo alla raccolta: Esercizi di sguardo Il grosso è stato detto. Non rimane

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è per caso e nei miei 70 anni di vita, madre di tre figli e nonna di 7 nipoti, la Provvidenza si è manifestata tantissime volte. Con questo fatto ripetuto per tanti altri suoi racconti mi ha fatto sentire molto in sintonia con lei.

che qualche incrostazione di parole sul fondo del barile, tardi per controllare se valesse la pena raccontare altro di me. Dunque, silenzio. Bello è il tacere qui davanti al mare. Grazie per le continue sollecitazioni e provocazioni che mi offri con il tuo lavoro, con la tua passione e con la compagnia del Club. L.G. Caro Luigi, questa tua lettera ci dice che dentro una storia che va verso i 30 anni, quella di Papillon, c’è ora tantissimo da scavare per non disperdere le cose belle che abbiamo incontrato. Questa di Lauzi è una. E sembrerà strano, ma se non ci fosse una persona che se ne accorge, molte cose cadrebbero nell’oblio. Continuiamo a farci compagnia così, tenendo sempre la luce accesa che ci dice l’amico della prima lettera. Nei giorni scorsi ho mandato un messaggio sulla chat dei Delegati, perché era un po’ che non ricevevo messaggi. E ho avvertito tanta fatica, in questo periodo di ripresa. Ma né la fatica e neppure il dolore ci possono determinare sai? Per questo faccio il sacrificio di scrivere la Circolare, che è come una promessa inconscia che feci proprio a Bruno Lauzi, quando mi disse: “La Circolare, fa circolare le idee”.

QUELLO CHE HA SUSCITATO LA LETTURA DEL LIBRO

Maria Bracco Pezzana - Sori (Ge)

Caro Paolo, volevo condividere con Lei il piacere che mi ha dato la lettura del suo libro. Conoscevo il suo nome ma non la sua persona. Dopo aver visto l’intervista a Soul su Sat 2000 che seguo sempre, sono andata a ordinare subito il libro. Abito a Sori, vicino Genova e Recco, e non trovavano questo libro. Finalmente la settimana scorsa è arrivato ed è stata proprio una bella scoperta. Intanto lei è nato l’8 gennaio del 1961, io l’8 gennaio del 1951 esattamente 10 anni prima. Mio papà era un langarolo di Clavesana che dopo la guerra è venuto a Sori a scavare nelle macerie e ha conosciuto mia mamma, una Schiaffino, cognome tipico di Camogli. Scrivo stamattina dopo essere stata a Messa e aver sentito il Vangelo della vigna e della potatura e non ho potuto non pensarla. Tante sue pagine mi hanno fatto pensare alle vacanze trascorse a Carrù per il periodo della vendemmia. Inoltre mi ha commosso l’episodio con le suore di Vitorchiano. Era un mio sogno nel cassetto e nel maggio scorso con due amici siamo riusciti ad andare a Vitorchiano a trovare le suore delle quali sostenevamo già il progetto per il nuovo monastero in Portogallo. Proprio Suor Irene che lei cita, è venuta in parlatorio e abbiamo scoperto essere di Chiavari e sorella di un medico collega dei nostri amici. Quando Lei cita la Provvidenza e il caso... niente la Circolare

Le condivisioni sarebbero molte e ci vorrebbero tante pagine. Concludo dicendo che ho letto commovendomi molto pag. 201 perché quando il mio ultimo figlio Matteo (lavora al Pesto di Pra) aspettava il primo figlio Giacomo gli ho fatto un cd con sue foto da piccolo e tutte frasi dei salmi dove si parla della vita e la più importante era questa del salmo 138. La saluto caramente e ringrazio il Signore di averla messa sul mio cammino! Maria Bracco Pezzana Cara Maria, grazie per questa tua lettera e per le tante connessioni che ci trovano in sintonia. Anche l’ultima quando citi l’ultima pagina del mio libro col salmo 138: “Non Ti erano nascoste le mie osse, quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto I tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro. I miei giorni erano fissati quando ancora non ne esisteva uno”.

SGUARDI INFINITI

Maurizio Lega - Club Papillon del Ponente Ligure Caro Paolo, non ti ringrazio ogni volta per non intasare la chat ma ogni volta sei da ringraziare! Il mio libro preferito è La storia infinita, per la trama ma soprattutto per il fatto che il protagonista leggendo il libro ci entra dentro e Tu mi provochi lo stesso effetto. Leggo i tuoi articoli e poi diventano miei, ne divento parte. Io come tanti di noi che conosco oramai da tanti anni (lustri) abbiamo il “nostro Mistero Infinito ”. E con te, potrei dire con Papillon, il vino e il cibo non sono mai fine a stesso ma diventano meteria di Infinito. Grazie di cuore per questo sguardo infinito che nel campo “agro e gastro” abbiamo solo noi. Un buon pranzo e buona vita a tutti i papillonisti. Caro Maurizio, credo che per te che vivi in un luogo bellissimo fra il cielo e il mare, la percezione dell’infinito sia quotidiana. Ancora più con tua moglie, astrofisica di valore. I vostri sguardi mi insegnano sempre lo stupore. Che non è poca cosa. Obbliga ad alzare lo sguardo, quando tutto congiura perché restiamo piegati su noi stessi.

GUSTO, AMICIZIA E RELAZIONE

Pio Mattioli

Buongiorno Paolo, alcune informazioni e considerazioni. Il colloquio di ieri sera tra te e Luca Doninelli è stato eccezionale, bellissimo, e a me a fatto ritornare in mente il Teatro sul Sagrato a Fermo con le nozze di Cana e la cena in piazza del Popolo

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con voi due. Un incontro che ho ancora in mente e un ricordo commovente per me. Certo che potrebbe essere riproposto anche oggi per le nuove generazioni che non hanno avuto il privilegio di avervi ascoltato insieme. Un esempio perfetto di gusto, amicizia e relazione. Quante cose abbiamo fatto e quanti ricordi bellissimi conserviamo. C’è un perché a tutto questo, come dicevo poc’anzi a Luigi e sarebbe un peccato disperdere le cose lasciandole al ricordo. Ciò che invece ci muove oggi è la memoria delle cose vere che ci hanno corrisposto.

GRAZIE PAPILLON PER L’AIUTO AL VENEZUELA

Lorenzo Malagola - presidente Venezuela Lavoro e Persona Onlus Caro Paolo, vorrei ringraziarti di cuore per aver deciso di sostenere con un’erogazione liberale Venezuela Lavoro e Persona. Il Venezuela sta attraversando una profonda crisi non solo politico-istituzionale ma anche sociale, economica e valoriale. La pandemia globale non ha fatto che peggiorare la situazione, accentuando le diseguaglianze e rendendo ancora più difficile dare un sollievo alle persone che vivono ogni giorno in una terra martoriata da fame e povertà. Il contributo della tua Associazione arriverà là dove c’è bisogno, regalando una luce di speranza in questo momento particolarmente difficile. Sperando di poter contare anche in futuro sulla tua vicinanza e di poter presto collaborare, ti ringrazio di cuore e ti saluto con affetto,

ALESSIO PASSA DAI SETTE PONTI DA VITTORIO

Alessio Rovetta - pizzeria DaV “Da Vittorio” di Brusaporto Grazie a te Paolo è anche merito tuo se ho queste occasioni. Grazie per il valore della comunicazione per il valore di una persona che crede in te, come tu con me. Io ho dei valori, uno ormai raro, la riconoscenza ed io ne ho per te. È un messaggio tra uomini non tra giornalista e ristoratore. Grazie ancora. Caro Alessio, ci siamo conosciuti all’Universtà della Pizza di Vighizzolo d’Este e poi sono sempre venuto a trovarti: nella pizzeria di famiglia a Carrobbio degli Angeli e poi a Cenate di Sopra. Sono felice della tua avventura coi fratelli Cerea, che sicuramente daranno uno stimolo ulteriore alla tua professionalità. Grazie per la riconoscenza che mi dimostri. Ti abbraccio forte!

IL SALUTO DI VERONELLI, GRAN SIGNORE

di Giovanni Tonzig

Carissimo, sto leggendo con sommo diletto il tuo “bicchiere mezzo pieno”. Con particolare interesse ho letto delle tue travagliate frequentazioni con Veronelli. E mi è venuto in mente che anch’io avevo brevemente scritto di lui in un capitoletto del mio L’intimo intreccio – Storie di cibo e di gente. Ti allego il capitoletto, perché ho buoni motivi per credere che tu non abbia mai avuto occasione di leggerlo. Buon divertimento, ti abbraccio, grazie di tutto. Giovanni P.s. È proprio vero, quanta poesia ci può essere nelle vicende del cibo.

Lorenzo Malagola Grazie Lorenzo, estendo a tutti gli amici che hanno animato le Cene in ComPagnia, questo messaggio gradito. Alejandro e tutti gli amici del Venezuela sono nel nostro cuore.

OGNI MERCOLEDÌ MATTINA

Claudio Gallina

Leggo sempre i tuoi articoli il mercoledì mattina quando prendo il caffè prima di entrare in banca. A volte mi piacciono, a volte meno, ma mi sembra sempre di chiacchierare con te, come facevamo in Giappone la mattina aspettando le donne, sempre più lunghe. Stamattina non ho potuto. L'ho fatto adesso ed è veramente ben scritto, necessario, commovente. Ho voluto dirtelo, per quel che vale. Buona serata a te e a Silvana. Grazie a te Claudio, l’articolo di Avvenire al quale ti riferisci è quello del 19 maggio quando parlo di una nuova coscienza di enoturismo che ha bisogno di com-passione. Ne sono convinto, ora più che mai.

la Circolare

"Mi piacerebbe poter dire al cameriere, come qualche volta ho sentito dire da mio padre: «Faccia lei, mi fido, si faccia onore». Da Ferrer si poteva, anzi si doveva. E non occorreva neanche dirlo, ci pensava già lui. Su una tavola di legno, posta in bella evidenza al di sopra della testa dei commensali, era scolpita una famosa frase di Veronelli: lascia ti serva lui come gl’ispira. Perfetto, proprio quello che volevo io. Altrimenti, andare da Ferrer non aveva senso... Un giorno, entrando nel ristorante, notammo che una compagnia ci aveva preceduto e si era già sistemata a un lungo tavolo: in posizione centrale riconobbi subito Luigi Veronelli, allora popolarissimo per una serie di trasmissioni televisive, circondato da una corte di dignitari, palafrenieri e famuli. Ricordo che, vedendoci entrare, il sommo Veronelli non girò altrove lo sguardo con altezzosa indifferenza: accennò invece a un lieve inchino, ci salutava. Restai impressionato, mi parve il gesto di un gran signore. La sua sorte, comunque, non poteva quel giorno essere diversa dalla nostra, né sicuramente lui desiderava che lo fosse: non scelse, non chiese, non ordinò. C’era Ferrer ai fornelli, e tanto bastava”. Grazie Giovanni di questo bellissimo ricordo sia di Ferrer di Spotorno sia di Veronelli. E grazie anche per la poesia che anche tu produci intorno alle vicende del cibo e del vino. È proprio vero che sono un richiamo fortissimo alla nostra origine. Da dove veniamo e dove andiamo. Un abbraccio.

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lettere al direttore


DON ANTONIO ANASTASIO Chiudiamo le Lettere con una speciale, scritta da don Anas, che il Covid ce l’ha portato via, appena dopo quel febbraio. È la lettera di un amico, di un prete, che ci lascia un pensiero, forse distante da un certo modo di pensare, ma utile per capire che in questa nostra esistenza non c’è solo un peso e una misura. C’è anche un Oltre. “Dal 23 febbraio siamo chiusi in casa. Progressivamente, sempre più chiusi in casa. Continuiamo a lavorare con i mezzi della tecnologia. Noi preti vediamo le persone su Skype, facciamo gli incontri su Zoom e le notizie di tante persone, ma anche di diversi amici, ci giungono dal fronte, dagli ospedali. Siamo improvvisamente entrati in un mondo nuovo? Siamo passati dal giorno alla notte? Cosa è successo? Perché è successo? Certamente non abbiamo tutte le risposte. Certamente il Mistero ha ancora molte cose da dirci; ha molto a cui educarci, attraverso quello che ci sta facendo vivere. Ma più penso al mondo in cui abbiamo vissuto fino ad un mese fa, più penso ai ragazzi, alle persone che seguo, ma anche a noi preti, soprattutto a me, più mi sembra di intuire, di vedere un centro, in tutto ciò che accade nella parola “umiltà”. Sembrava di non avere bisogno di Dio. Sembrava che la nostra bravura, la nostra capacità bastasse. Sembrava che una vita un po’ borghese potesse bastare a darci un po’ di pace. Sembrava che la nostra pace fosse nei nostri piani. Sembrava che ciò che ancora ci mancava, per essere felici, l’avremmo realizzato con il nostro perfezionamento: crescere nel lavoro; fare più soldi; avere una pensione, senza pensieri. Per molti poi quest’individualismo significava fare a gomitate, avere successo, schiacciare gli altri; decidere cos’è utile e cosa è inutile; decidere chi è inutile: gli anziani, gli handicappati, i malati terminali… Si pensava e si pensa che l’utilità della vita sia un’utilità umana, sociale. Mentre l’unica utilità della vita è il rapporto con Dio. Solo così le nostre azioni e i nostri pensieri risuonano nell’eternità: se sono collaborazione con Dio. Ecco dunque che, in pochi giorni, tutta la nostra presunzione, il nostro orgoglio, è stato palesato, ma anche schiacciato dalla realtà, dagli avvenimenti. Ci siamo scoperti impotenti. Non volevamo riconoscerlo, almeno all’inizio. “Non è possibile – abbiamo detto – è solo un’in-

fluenza!”. Non si crede in Dio, ma in tutto ciò che può salvare o giustificare il nostro vivere borghese. Tutto è andato in pezzi. Eppure molti ancora resistono. Come l’ottimismo ingenuo di chi non approfondisce niente nella propria anima e scrive sui balconi: “andrà tutto bene”. Ma questa speranza non serve a quelli che ora stanno morendo in ospedale. Se non serve a loro, nemmeno a noi. La speranza è nel rapporto col Signore del tempo e dell’eternità; è nel rapporto con Lui oggi, in questa condizione, come in ogni condizione. Non eravamo, non siamo umili, per questo avvertiamo tutto il dramma dell’umiliazione. Ha detto un Padre della Chiesa: «Nel momento dell’umiliazione ti vedrai davanti ad essa come un bambino che non sa dove sbattere la testa. Tutto il tuo sapere sarà mutato in confusione, come quello di un bambino piccolo. Il tuo spirito, che sembrava così saldamente radicato in Dio, la tua conoscenza così precisa, il tuo pensiero così equilibrato, saranno immersi in un oceano di dubbi. Una sola cosa potrà aiutarti a vincerli: l’umiltà. Non appena tu te ne impossessi, tutto il loro potere svanisce». Ecco allora come possiamo riguadagnare questa speranza che ci sostiene; come possiamo rimettere la nostra salvezza nelle mani di chi ci salva davvero. A questo in fondo serve la preghiera del Rosario: ad entrare in questa scuola d’umiltà e d’amore che è la vita umana di Gesù e di Maria. Oggi tutto ciò che è superfluo non conta già più. Conta cosa amiamo davvero; conta Ciò che ci ama e ci fa esistere per sempre. È venuto il tempo di perdere l’orgoglio e guadagnare la carità. Ma non possiamo farlo da soli, dobbiamo stare con Gesù, guardare a Lui, guardare al crocifisso: questa è l’umiltà che ci apre all’amore. Come diceva bene don Giussani in una lettera da giovane prete: «Io, nella mia prima messa, ho chiesto a lui per me un’unica cosa: che mi tenga in croce con lui. Perché l’amicizia è una tal cosa che lascia irrequieti al pensiero di essere diversi dall’amico. Bisogna essere il più possibile uguali, identici. Uniti ed impastati insieme, aderenti l’uno all’altro così come la luce aderisce ai contorni delle cose: e se Lui è in Croce, tutto l’orgoglio mio deve consistere nel sentirmi come lui». Ecco allora contempliamo il suo amore per noi, la sua umiltà nell’umiliazione. Lasciamoci commuovere da tutta questa grazia, lasciamoci rinascere nello sguardo a lui; lasciamo rinascere nello sguardo a Lui la speranza delle cose grandi per cui siamo fatti e che oggi e sempre, unica, ci può sostenere”.

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