La Circolare 1 - 2021

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TRA FINITO E INFINITO

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n lunedì mattina, con mio fratello, sono an-

dato nella nostra vecchia casa di Milano per sgomberare la cantina: ordine condominiale. E in cantina c’era un attrezzo pesantissimo, in ferro, tutto nero, che mia mamma usava per fare le maglie. Aveva imparato a casa sua, a Masio,

nel Monferrato perché mio nonno Paolo e mia nonna Angiolina sapevano cosa voleva dire fare di necessità virtù, attuando quell’economia circolare che era vitale nelle campagne del primo doposegue a pag. 2

ISSN 2532-5973

l’editoriale di Paolo Massobrio

febbraio

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2021 anno XXVI

periodico dell’Associazione Club di Papillon diretto da Paolo Massobrio > Registrazione Tribunale Alessandria n. 443 del 3.7.93 > Poste Italiane S.p.a. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Alessandria > > Aut. Dir. Prov. PP.TT Alessandria > Progetto grafico: Studio Due S.r.l, www.studio-due.it > Impaginazione: Studio Due S.r.l > Stampa: Litografia Viscardi,

spedizione euro 0,50 Alessandria Alessandria

Monferrato 3-4 luglio

webinar

La comunicazione efficace in 8 lezioni: per tutti i soci

il libro

Tutte le presentazioni “Del Bicchiere mezzo pieno"

Milano

6-7-8 novembre


segue da pag. 1

guerra, quando poi, a causa delle malattie della vite e dei bachi seta, per la miseria incombente dovettero emigrare in Argentina. Ho trovato ricovero, per quella macchina artigianale, in un museo di civiltà contadina a Collobiano e questo mi rincuora, perché quel simbolo di autoproduzione è un invito che già ho visto cogliere in Trentino, da giovani che realizzano a mano capi bellissimi. E questa faccenda che sia circolare non solo l’economia, ma anche la storia dei piccoli gesti, conduce a una parola inaspettata che è progresso, giacché la sfida di oggi è rendere contemporaneo ciò che merita salvare della tradizione, spesso offuscata da tanti strati di superfluo. Questo anno noi lo abbiamo voluto affrontare con il bicchiere mezzo pieno, metafora mutuata dal titolo del mio libro di racconti, ma anche atteggiamento di stupore per guardare chi, anche in un periodo di evidenti difficoltà, ha avviato nuovi progetti. E sono stati molto spesso giovani, ossia quelli di cui la politica sembra non oc-

cuparsi, ma che hanno usato un tempo sospeso per mettere in atto nuove iniziative. Leggerete nel diario i racconti di questi giovani, che hanno aperto un negozio, hanno riconvertito un locale, hanno piantato una vigna come se “ci fosse un domani”. Già, il problema che assai spesso riscontriamo è trovarsi di fronte chi continua a sbandierare che non c’è un domani (lo leggiamo tutti i giorni sui giornali) e chi il domani lo costruisce oggi. Volando più in alto si potrebbe parlare della dicotomia fra chi ha negli occhi l’ombra del finito, ovvero delle cose già sapute e di una nostalgia dolciastra e chi invece ha nel cuore un senso di infinito, che parte dalle cose che può vivere nell’oggi. In Italia manca un serio rapporto intergenerazionale e da questo tunnel solo i giovani, da cui merita imparare, potranno tirarci fuori. Per questo le storie dei ragazzi dell’agriturismo Ferdy o quella di Giacomo Perletti e di tanti altri che abbiamo incontrato anche recentemente sono lo sguardo sul futuro che significherà anche battaglie. E non è vero che la politica è morta perché,

come diceva Gaber, la politica è partecipazione. Ma dirò di più: la politica è Colleganza. Parola che ci guiderà in questo nuovo anno, per dire che solo chi ha lo spirito di mettersi insieme può vincere. Leggendo i giornali ogni mattina c’è una cronaca legata alle mosse dei partiti che è destinata a destare sempre meno interesse, se non per qualche appassionato di strategie, come se il destino del nostro Paese fosse un eterno Risiko. E c’è chi può permettersi di giocare, soprattutto chi ha finito e sta tirando i remi in barca e chi non se lo sogna nemmeno, perché è chiaro che sta lavorando. Ora, i giovani che sto conoscendo, anche attraverso i nuovi social (Club House è l’ultimo) o negli incontri promossi dai Club di Papillon in questi mesi, sono di lavoratori creativi che domani esprimeranno una politica nuova, avendo ben presente ciò che è accaduto oggi: l’unità del Paese è un valore che ha spiazzato i giocatori della poltrona e anche i patetici doppiogiochisti.

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i apre una fase nuova, obtorto collo, che si impone anche leggendo (pure su que-

sta Circolare) il lungo e doloroso elenco delle persone che non ci sono più. Ma la fase nuova dovrà vederci tutti in prima linea, aggrappati a chi ha dentro una speranza, che è l’unico atteggiamento ragionevole di fronte alla paura e all’angoscia. Sperare però non è un atteggiamento da sciocchi, ma esattamente un modo di affrontare la vita, avendo dentro un principio di vittoria. Mio nonno e mia nonna ce l’avevano e hanno spianato la strada ai miei genitori che hanno visto la rinascita e ci hanno consegnato anni dove la realtà è stata la crescita. Ora questa crescita può tornare solamente insieme, come continua a ricordarci il Papa, vivendo quello che abbiamo messo come titolo programmatico della prossima edizione di Golosaria a Milano “Il Gusto della Colleganza”. È la scommessa che lanciamo all’inizio di questo anno e che continueremo a documentare, nei mesi a venire, avendo negli occhi quel bicchiere. Che può essere sempre mezzo pieno perché davvero, se ci guardiamo intorno, non si parte da zero, ma da un impeto di rincorsa. Chi è con noi al Via?

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GRAZIE PER ESSERE INSIEME CON NOI

Alejandro e due collaboratrici dell'associazione "Travajo y persona"

Con questa pagina voglio ringraziare tutti i soci di Papillon che hanno rinnovato l’adesione, anche in un anno difficile, quelli che lo faranno e i nuovi che hanno scelto di vivere insieme questo percorso. Poteva spezzarsi il sogno di Papillon, perché anche la nostra realtà deve fare i conti con le entrate e le uscite, e invece il segnale che ci è arrivato è stato quello di ANDARE AVANTI. Con questo auspicio vogliamo ringraziare anche quelli che, in un anno così complicato, hanno partecipato alle cene in ComPagnia, per cui la raccolta di 7.500 euro ha un grande significato, ancor più per i nostri amici del Venezuela o per le Monache Trappiste di Vitorchiano che sono già in Portogallo.

Vi invitiamo già da ora ad essere a Golosaria Monferrato nei prossimi 3 e 4 luglio e a Golosaria Milano il 6-7-8 novembre Tutto questo, compresa la vostra convinta generosità, sono l’esempio della Colleganza: un contributo affinché tutto possa esistere. Grazie! Paolo Massobrio la Circolare

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Il monastero femminile trappista nelle campagne di Palaçoulo in Portogallo


chiusi. Però il tartufo c'è – mi racconta Paolo Olivieri, cercatore di trifole – e proprio ai primi di novembre se ne sta raccogliendo di buono. Manca il mercato, anche se il prezzo ad Alba è crollato: 100-150 euro l'etto per le pezzature più piccole e sui 180-250 per quelle più grosse, che non si riescono a piazzare. A Grinzane Cavour si è celebrata la tradizionale asta internazionale e un lotto di due esemplari per 900 grammi complessivi è stato acquistato da un facoltoso signore di Hong Kong a 100.000 euro: due volte il prezzo dell'oro. Ma sono eccezioni, come il tartufo venduto in alcune boutique del gusto in centro a Milano che mantiene i prezzi dell'anno passato: 500 euro l'etto. «Paradossalmente – dice il nostro cercatore – è meglio trovare tartufi piccoli per soddisfare una clientela privata che pezzature più grandi che non hanno acquirenti». La pandemia produce anche risvolti del genere: dopo la confusione sul secondo lockdown, la corsa agli acquisti di prodotti non necessari ha subìto uno stop, quasi che novembre sia un limbo dove si attende, incapaci di decidere, confortati solo dalle notizie che il vaccino è vicino e che forse «si salverà il Natale». Ma anche qui bisogna capirsi, perché il Natale è comunque salvo e salvato; ciò che invece resta in bilico è il sistema di commercio creato attorno a una festa che subirà ridimensionamenti, con disagi economici facilmente prevedibili. C'è comunque un modo per «salvare il Natale» che sta nella metafora stessa della giornata odierna, San Martino: prendersi a cuore l'altro, scoprendo il dono delle persone che ci sono state date nel cammino della vita e che possono essere sole, in una situazione che non favorisce le relazioni. Tutti siamo dotati di telefonino se non di pc e il modo per farsi presenti è alla portata di ciascuno; basta superare la barriera della paura che blocca ogni reazione e ripartire dalla prossimità. Perché è sempre insieme che si vede un orizzonte più nitido e si recupererà anche il senso di un Natale che lasci un segno. Con o senza tartufo.

il diario di viaggio

L’ultima Circolare è stata inviata prima di Natale. Partiamo quindi dal mese di novembre per raccontare questo periodo, per una lettura che, pur tracciando fatti talvolta drammatici, abbia il sapore della Primavera. 9 novembre Lezione Università della Pizza Fino all’ultimo avevo sperato di poter fare la lezione in presenza, al Molino Quaglia di Vighizzolo d’Este, ma settimana dopo settimana la situazione dei contagi è precipitata e siamo ripiombati in un un nuovo lockdown. Così ci siamo collegati attraverso una delle tante piattaforme di lezione, con i ragazzi in presenza, attenti, che hanno seguito per più di un’ora la mia lezione dedicata alla comunicazione e al marketing ed hanno fatto anche domande. Non è facile fare lezioni a distanza e mi immagino cosa voglia dire per tanti insegnanti, anche amici, per cui questa forma è divenuta la loro normalità. Però se dopo i primi minuti di impaccio riesci a trovare il tono giusto del racconto, tutto diventa più coinvolgente e così è stato, almeno a sentire Simone Calore che mi ha mandato un messaggio dicendomi della soddisfazione degli allievi. Che però mi è sempre piaciuto vedere in faccia, sapendo che prima o poi li avrei ritrovati in qualche pizzeria di successo, come è accaduto con Simone Rovetta dei 7 Ponti di Cenate di Sopra o Alessandro Bassa di Villadossola. Ma stavolta va così: speriamo di riagganciarci.

18 novembre Call e appuntamenti disdetti: ci si consola con una cassoeula L’agenda inizia a stravolgersi, come accadde a marzo: appuntamenti disdetti, alcuni anche importanti dal punto di vista del lavoro, e una serie di call che andranno a riempire le giornate, ma non sostituiranno ciò che rappresenta un aspetto del lavoro, che ovviamente non verrà riconosciuto da alcun “ristoro”. Tuttavia le premesse di questa nuova serrata sono veramente grigie e preoccupanti, per chiunque abbia un’attività in proprio, a cominciare dai ristoratori che devono vivere la mortificazione del rapporto con i propri dipendenti in primis e poi con i clienti. E a tal proposito chiamo Christian Magri, che a Settimo Milane-

I pizzaioli di Molino Quaglia durante Pizza Up 2019

Riporto su Avvenire le mie riflessioni novembrine, nella consueta rubrica del mercoledì, Appelli di Gusto. LA LEZIONE DI SAN MARTINO In questo periodo, ogni anno, il telefono squillava ripetutamente e gli amici chiedevano dove andare a mangiare il tartufo. Più il prezzo del prezioso fungo ipogeo era conveniente, più s'ingrossava l'ondata di chi partiva per Langhe e Monferrato, per Acqualagna o San Miniato. Quest'anno il telefono è muto e i ristoranti sono la Circolare

Christian Magri con la sua cassoeula take-away

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se gestisce l’ottimo, omonimo ristorante coronato e gli chiedo se riesce a recapitarmi ad Alessandria la cassoeula, che è un rito di questa stagione e che a un piemontese che ha legami forti con la Lombardia non può mancare.

21 novembre Muore Roberto Vitali Roberto Vitali era un collega speciale: scriveva sull’Eco di Bergamo e seguiva la nostra attività con una passione particolare. Gli avevo scritto, il 1° novembre, per ricordargli che quest’anno Bergamo aveva fatto strike sui nostri mezzi: il Cabernet dell’azienda Le Corne come miglior vino rosso dei Top Hundred; l’agriturismo Ferdy, corona radiosa rossa unica della nostra guida IlGolosario ristoranti. E lui mi aveva risposto che era in ospedale, ma mi aveva rassicurato: “No Covid, no grave”. E invece dopo 20 giorni se n’è andato, all’età di 74 anni, perché il cuore non ha retto. Che vuoto.

Christian è stato perfetto: con un corriere sono arrivate ad Alessandria le porzioni di cassoeula da condividere con la famiglia e da abbinare a un Barbacarlo di Maga Lino, come quando andavamo, di questi tempi, alla tavola del Monsignore al secolo Gianni Azaria Borrelli. Al posto della polenta, il fragrante pane San Pastore che Irene sforna a Cabella Ligure e poi il piacere di stare insieme, guardando un film, con mia figlia Irene. Ogni spunto di positività è importante viverlo insieme, in questi frangenti. E noi ci stiamo impegnando.

Fa una certa impressione vedere su WhatsApp l’ultimo messaggio e poi il silenzio, come se davvero un amico oggi c’è e domani potrebbe non esserci più. Fa impressione perché questa velocità con cui la pandemia dilaga ti fa precipitare in un senso di incertezza che non avevo mai provato. Roberto era una persona buona, oltreché un appassionato giornalista che amava la sua terra. Davvero ci mancherà moltissimo.

È già passata una settimana e siamo all’appuntamento del mercoledì di Avvenire. QUEI POETI SOCIALI DELLA COLLETTA ALIMENTARE Cesare Ponti, insieme col fratello Franco ha traghettato l'azienda di famiglia verso lo sviluppo, aprendo l'acetificio storico ai sottaceti, per favorire poi il ricambio generazionale. Oggi si occupa di iniziative sociali a capo di una fondazione novarese che finanzia progetti per associazioni dedite al recupero di beni artistici ambientali. E spiega: «Noi approviamo i progetti, diamo un contributo del 50%, ma il restante arriva dalle donazioni. E in quest'avventura ho scoperto una solidarietà che mai mi sarei aspettato dai privati: non c'è Paese al mondo che abbia un terzo settore come il nostro». Anche papa Francesco in "Fratelli Tutti" si è occupato del fenomeno declinando la figura dei "poeti sociali". E scrive: «In certe visioni economicistiche chiuse e monocromatiche, sembra che non trovino posto i movimenti popolari che aggregano disoccupati, lavoratori precari e altri che non rientrano nei canali già stabiliti […] Essi sono seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo, come in una poesia. In questo senso sono "poeti sociali", che lavorano, propongono, promuovono e liberano». Anche gli amici del Banco Alimentare sono poeti sociali che non demordono, arrivando a promuovere, per la prossima settimana, una Colletta Alimentare di acquisto card, da 2, 5 e 10 euro, per drenare quel mare del bisogno che si sta ingrossando. E mi sorprende una coincidenza: Cesare Ponti lo conobbi a una riunione del Banco Alimentare, dove fui colpito dal desiderio di "restituzione" che aveva questo imprenditore. Quante storie ha avviato questa opera, se penso che anche Camillo Schiantarelli, medico chirurgo primario del reparto di Medicina dell'Ospedale di Mortara in pensione dal 1° dicembre scorso, si è occupato della stessa cosa. Ma non come una parentesi della vita, giacché allo scoppio della pandemia ha fatto il volontario nel suo ospedale, salvo contrarre il Covid 19: polmonite bilaterale. E nelle settimane scorse si è rimesso subito a disposizione nell'ambulatorio di Ematologia. Gli amici però lo conoscono anche come micologo e membro della squadra italiana dei medici sciatori, essendo nato a Vilminore, quando imbastì le prime discese con Fausto Radici. Ora, questa storia di vita che comunque scoppia e si dà, è stata una ventata di aria fresca, nei giorni in cui si discute del Natale, con o senza cenone. E se il Natale fosse innanzitutto un grande abbraccio, come quello che sanno offrire Cesare e Camillo che, anziché isolarsi, metaforicamente parlando, si mettono a disposizione? la Circolare

L’amico giornalista Roberto Vitali

22 novembre Esce “Del bicchiere mezzo pieno” Oggi è il giorno in cui su Amazon arriva il mio libro, “Del bicchiere mezzo pieno”, che ha per sottotitolo “Quando nella vita conta lo sguardo”. Un libro diverso da tutti quelli che ho scritto fino ad ora, che cambierà anche la prospettiva del periodo che avremo di fronte, almeno per me. Sembra profetico aver messo nero su bianco le storie di quelle persone che hanno dimostrato di avere uno sguardo positivo sulla vita e sul lavoro, perché è proprio

Il debutto del libro Del bicchiere mezzo pieno

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con questo approccio che si ha bisogno di stare in un periodo difficile come quello che ci aspetta.

ciale. Ma, ironia della sorte, l’articolo mutuato dal mio racconto che parla della revoca della stella Michelin avvenuta nel 2010, all’apice del successo, esce proprio il giorno in cui viene presentata la guida rossa, avara di novità, con qualche piccolo declassamento come lo chef francese Marc Lanteri del castello di Grinzane Cavour e qualche nuovo due stelle (appena tre), peraltro meritato visto che si tratta, finalmente, di Davide Oldani.

Quando esce un libro, per un autore, è come la nascita di un figlio: è tuo, ma devi già mettere in conto che seguirà altre strade perché una volta in mano al lettore diventa suo. E uno apprezza e viene colpito da un racconto, mentre un altro da una storia diametralmente opposta. Esattamente come un quadro, una musica, qualcosa che evoca sentimenti che tuttavia diventano soltanto delle persone che ne vengono percosse. Anche a me il libro sembrerà ogni volta una cosa diversa, e lo dico pensando alle presentazioni che inizierò a fare, usando tutti i mezzi a disposizione: dalle dirette Facebook a quelle di Instagram, Linkedin, Zoom, per raggiungere amici, molto spesso i protagonisti stessi del racconto e anche gente nuova. Inizia un’avventura di comunicazione che non avevo messo in conto. 24 novembre Rossana Turina a spasso con me Il primo incontro pubblico sarà con la mia amica Rossana Turina da Bricherasio, che ha inventato un format “A spasso con me” su Facebook dove ogni settimana porta i suoi amici a conoscere luoghi e persone che lavorano nella campagna. E insieme con Guido Porrati, il bottegaio di Rapallo di Parlacomemangi, facciamo una chiacchierata sul mio libro, che verrà seguita davvero da tantissima gente.

L’articolo di Franco Bechis pubblicato su Il Tempo dedicato a Del bicchiere mezzo pieno

Le dirette su Facebook ed Instagram stanno diventando il luogo di una nuova normalità con cui si passa il tempo. Ci sono poi i podcast radiofonici che stanno prendendo piede e le dirette di Linkedin. Anche i compleanni si festeggiano così: oggi è quello di Stefano Dondi, che è l’amico che ha ispirato il mio libro, e che dalla sua casa di Fidenza saluta gli amici collegati un po’ ovunque. Divertente! Ora c’è da aspettarsi un tutorial su come presentarsi: in pigiama, in tuta o eleganti e truccati? E lo sfondo? Vabbè andiamo al sodo.

Muore Anna Dente E nel giorno in cui in qualche modo si celebra la cucina italiana sui giornali, ci lascia Anna Dente, l’ostessa di San Cesareo, alle porte di Roma, che era in un Hospice da più di un mese, assistita dai figli e da suo marito. Era una cuoca straordinaria, esaltata all’estero e ignorata dalla critica guidaiola. Aveva codificato la miglior cucina romana, quella dei prodotti di stagione, quella ghiotta che nell’estate del 2019 provammo per l’ultima volta, in una cena memorabile, fra amici. Non potrò mai dimenticare quella videotelefonata che mi volle fare a fine ottobre, dal suo letto, sorridente e serena. Quel giorno capii quanto valeva la verità di un rapporto, quanto erano state importanti quelle telefonate che talvolta mi faceva per commentare la sua venuta a Golosaria o la situazione del lavoro che svolgeva. Ed ogni volta mi chiedeva quando sarei andato a trovarla. La ricorderò per la sua

Paolo Massobrio con Rossana Turina

25 novembre Esce il Tempo di Roma Franco Bechis, direttore de Il Tempo di Roma batte tutti ed esce con una pagina dedicata al mio libro, prendendo spunto dal racconto che più lo ha colpito: Piero Bertinotti, il cuoco over 80 di Borgomanero che è al timone del suo Pinocchio, trasformato da trattoria per camionisti a ristorante elegante. Mi ha fatto piacere che Franco abbia scelto questo brano perché lo sguardo sulla vita di Piero Bertinotti è davvero qualcosa di spela Circolare

L’ultima cena fra amici alla tavola di Anna Dente, nel 2019

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simpatia, la sua generosità, la sua voglia di cogliere nei suoi clienti la massima soddisfazione. Ma non finisce qui, perché la memoria di Anna Dente dovrà restare viva, e proprio in questi giorni ho cucinato una sua ricetta con il cavolo nero. Per ricordarla.

rappresentato, in maggioranza, da gente che aveva studiato. Anzi. A Castello d’Annone mi trovai per esempio dei giovanissimi che stavano per prendere in eredità, di fatto, le aziende vitivinicole dei propri genitori: ricordo Mario Fontana di Castiglione Falletto e Stefanino Morra di Castellinaldo. Assaggiavamo i loro vini, e sentivamo i racconti di quella civiltà contadina che quell’anno era stata scossa, nel mondo del vino, dallo scandalo del metanolo. Giacomo Bologna mi accoglieva nella sua cantina a Rocchetta Tanaro che stava fra la caserma e il mio paese, Masio. E lì vidi nascere la squadra del vino italiano che si confrontava e scalpitava per raggiungere i mercati del mondo. Fra i miei compagni di caserma, i Paricò (paricorpo), avevo legato subito con Nicola Gaiero di Dogliani. I suoi genitori avevano un mulino e lui, come me, era laureato: io in scienze politiche e lui in economia. Ci misero entrambi nell’ufficio del maresciallo Preziosi, che gestiva i permessi. E quindi avevamo i rapporti con tutti gli avieri della caserma. Lui era simpatico, dotato di una ironia rara. Ci mandarono in missione a Cuneo, un giorno, per ritirare una lettera e quel viaggio mi permise di ricevere, in seguito, la tessera “degli uomini di mondo che avevano fatto il militare a Cuneo”, iniziativa goliardica di Piero Dadone costruita intorno a una frase di Totò. Poi Nicola lo persi di vista: io giornalista, lui commercialista, finché pochi anni fa mi rintracciò su Facebook per chiedermi se volevo partecipare a un’iniziativa di Confartigianato di Cuneo dedicata ai prodotti tipici. Accettai e ci ritrovammo a Cuneo, durante la Fiera del Marrone del 2019. Cenammo insieme e poi facemmo un tratto di strada lungo i portici della città vecchia dove lui mi raccontò la sua passione per il ballo e la musica popolare, in tutta Europa. Sempre su Facebook ci messaggiammo qualche mese fa e lui mi disse che aveva contratto il Covid. “È dura - mi scrisse - l’ho preso male”.

Ecco su Avvenire una riflessione che parte da un bel libro che ho finito di leggere: Quello che non ti dicono di Mario Calabresi. PALLE DI NEVE, SPARI E QUESTA STRANA ATTESA DI FINE NOVEMBRE Il risveglio di fine novembre ci dice che siamo vicini alle riaperture, ma guai a pensare di andare a sciare. Strano, avrà pensato qualcuno: se c'è un'attività che si svolge all'aperto è la discesa su neve, mentre la risalita può essere ben gestita in sicurezza, come già si sono attrezzati in varie località... Così per giorni leggeremo del tira e molla di fronte all'ennesimo colpo di spugna su un'economia, quella della montagna, che rischia di vedere annientata la stagione. Le palle di neve quando rotolano possono diventare valanghe e all'insorgere dei primi cenni di esasperazione si affaccia sempre qualcuno che mesta nel torbido. Il grido d'allarme arriva dal Censis, che nel rapporto Tendercapital presentato al Senato segnala 5 milioni di italiani con difficoltà ad accedere a pasti decenti: se ne sono aggiunti 600mila rispetto allo scorso anno. Intanto nei giorni scorsi, in Piemonte, sono stati denunciati spari alla sede di Amazon e non è la prima volta che accade. Piccoli segnali verso quello che sta diventando un nuovo capro espiatorio che sottrarrebbe opportunità al commercio nostrano: come se la globalizzazione non fosse mai stata digerita. Bisognerebbe leggere il libro di Mario Calabresi, "Quello che non ti dicono", per capire come si ingrossano le palle di neve che poi trascendono in una violenza senza logica, se non quella costruita dagli ideologi della confusione. Ma intanto il ministero per le Politiche agricole esce con una pubblicità che rammenta: «Se hai un ristorante, una mensa, un catering, un agriturismo, un'attività di ristorazione dentro a un hotel, puoi accedere al fondo perduto per gli acquisti di prodotti dell'agroalimentare italiano». Ma se le attività sono ferme, poco serve, anche se l'iniziativa vale per gli acquisti effettuati dal 14 agosto. Tuttavia pochi lo sanno, sennò perché avrebbero dovuto acquistare spazi pubblicitari? E se Londra annuncia di aprire i ristoranti, mentre Parigi è più cauta, a Roma si attende e i ristoratori che non riescono a stare con le mani in mano sfornano panettoni "firmati", ingrossando l'offerta delle pasticcerie, anch'esse in affanno. Si prospetta un ingorgo commerciale, dopo un mese di novembre dove neppure il delivery è ripartito in maniera convincente come nel primo lockdown. Siamo in attesa, e non solo perché sono giorni d'Avvento: quali saranno le prossime iniziative fuori dall'emergenza? Qualcuno ci starà pensando?

E qui mi fermo, dicendo che bisogna conoscerli bene i piemontesi. Ogni parola che svela informazioni personali ha sempre un peso enorme. Come quando di una persona ti dicono: “Non sta bene”. Al che uno pensa a un raffreddore e invece è una malattia grave. Nicola Gaiero è morto, il Covid se l’è portato via. L’ho saputo leggendo la cronaca della Stampa della sua provincia, dove hanno pubblicato la sua foto, senza neppure il sorriso. Aveva 59 anni, la mia età.

26 novembre Muore il Paricò Uno degli anni più belli che ricordo è quello del 1986 quando partii per il servizio militare. Fu un anno sospeso, dove non ero più in università ma neanche nel mondo del lavoro. Non era niente: gli studi stavano alle spalle e il lavoro era tutto da inventare, da conoscere. Un anno di lontananza, prima a Taranto, per il mese di CAR (centro addestramento reclute), poi 11 mesi in una piccola caserma, a Castello d’Annone, con 100 avieri. Come ebbi a scrivere varie volte, fu un anno curioso per me, perché uscito dall’ambiente dell’università scoprivo un mondo che non era la Circolare

Il “Paricò” Nicola Gaiero

27 novembre Il bollito di Beppe Sardi Beppe Sardi, il cuoco di Rocchetta Tanaro che ad Alessandria gestiva il ristorante Il Grappolo, mi avvisa che tutte le settimane cucina il bollito da asporto, ma anche i salamini di vacca alla Barbera, la trippa... Questo al Caffè Alessandrino in piazza Garibaldi

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ad Alessandria, gestito dalla figlia. Inizia insomma un nuovo lungo periodo dedicato al delivery, ma le reazioni sono ben diverse dal primo lockdown: c’è meno entusiasmo nel percorrere nuove strade e anche la gente è meno reattiva rispetto a marzo.

Da Antonino apprendiamo che sta producendo panettoni e sotto Natale arriverà a sfornarne circa 50mila. Un numero sorprendente, che in parte va a compensare l’inattività dovuta alla chiusura dei ristoranti. Paola Bertinotti ha invece deciso di cambiare la destinazione di alcuni suoi spazi, aprendo una sorta di enoteca con possibilità di aperitivo che poi immette in una sala per situazioni più informali rispetto al ristorante classico. E diventano migliaia quelli che seguiranno queste chiacchierate oltre la diretta del sabato mattina. Una bella strategia per mantenere vive le relazioni.

Però mi colpisce l’impegno che ci mettono tanti cuochi e non è una cosa che si può dare per scontata. Beppe serve il bollito con cinque delle sue salse: lo acquisti imbustato e te lo porti a casa, quasi come la promessa che presto si potrà tornare a frequentare quei locali che accendevano una luce in città e favorivano le relazioni, anche quelle del lavoro.

Golosaria Fiera Online per Natale Siamo nel pieno delle nostre fiere digitali, che hanno preso il posto della fiera fisica. Golosaria Fiera Online ha già svolto il suo primo mese, e sono state migliaia le persone che si sono connesse alla nostra piattaforma in 3D o semplicemente al sito internet dedicato. Fra pochi giorni debutta anche l’Artigiano in Fiera live e la comunicazione cambia decisamente prospettiva. Certo non è la stessa cosa, una fiera fisica da una virtuale, però la sfida resta quella di catturare l’attenzione della gente su un lavoro, che è quello dell’artigianato alimentare di qualità, che sceglie di comunicare. E questo accade in un periodo dove la depressione dei consumi e dei consumatori si percepisce, perché la reattività è diversa da quella dei mesi precedenti. Si è tutti proiettati ad immaginare un Natale come è sempre stato, ma l’aumento dei contagi sta diventando preoccupante e, al di là dei vaccini, l’unica strategia possibile è il distanziamento. 2 dicembre L’importanza del sole Il sole in un giorno d’inverno, anche se siamo ancora in pieno autunno, è qualcosa che infonde una certezza e illumina, non solo ciò che hai di fronte, ma anche dentro se stessi. In questa stagione, quando ero piccolo, c’erano le nebbie spesse che coprivano ogni cosa, ma quando poi spuntava il sole era quasi una sorpresa e i raggi rimbalzavano di luce. Anche oggi mi capita di vivere questa sorpresa, quasi un accorgersi di ciò che si era dimenticato. Siamo ai primi di dicembre e su Avvenire scrivo sempre di attualità e di incontri che diventano illuminanti.

Beppe Sardi e la figlia con il loro “bollitone” da asporto

28 novembre La diretta Facebook di Papillon Stamane insieme a Marco Gatti inauguriamo i sabato con la diretta Facebook: un’ora a parlare di argomenti vari con alcuni ospiti, fra cui Antonino Cannavacciuolo e Paola Bertinotti, ma anche Niccolò Quarteroni dell’agriturismo Ferdy e tanti altri. Stiamo esplorando le potenzialità che offrono i diversi social, materia sulla quale mi impegnerò per tutte le vacanze di Natale, sondando il mondo di Facebook, di Instagram, di Linkedin, dove sarò ospite di dirette, ma anche protagonista di una serie di post. Un nuovo ambito di comunicazione, diverso da quello della carta stampata, più immediato, e ad ampio raggio visto il numero di persone che in poco tempo si raggiungono e in ogni dove.

I MILLENNIALS CHIEDONO PIÙ SPAZIO, SUBITO Marta Basso è una ragazza di Vicenza che ha sviluppato un suo mondo di relazioni sul social Linkedin, dove spesso pubblica (in gergo si dice "postare") alcune videoriflessioni dedicate ai «cari ragazzi e ragazze», ossia ai millennials. E molto spesso parla di rapporto intergenerazionale, quello che nella gestione di questa fase difficile sembra scomparso. Poco più che ventenne, lei si immedesima naturalmente con i bisogni di una generazione che sembra tagliata fuori dalle decisioni, parcheggiata in un lockdown forzoso che potrebbe minare la risorsa più importante di una persona: la speranza, e dunque la sua visione del futuro. Marta ha fatto anche la scuola da sommelier, che è un ottimo esercizio per capire quanto la conoscenza sia frutto di elementi sopiti che abbiamo dentro di noi, come l'olfatto per esempio, e che sono capaci di raccontare tante cose a chi li sa ascoltare. Mi ha colpito il suo eclettismo e l'insistenza con cui consiglia di guardarsi dentro, perché ogni persona è bellissima ma soprattutto perché può diventare competente nella misura in cui è capace di tenere una relazione che può avere un impatto sul mondo. Ora, qui non si tratta di ripetere quanto sia vantaggioso essere giovani, quanto di pensare che tutti

Un momento della diretta su Facebook con Marco Gatti e Antonino Cannavacciuolo

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quelli che si approcciano al mondo adulto – che vuol dire lavoro, errore, successo, carriera, famiglia – hanno comunque delle risorse che non si possono far implodere: devono esprimersi. Il titolo del libro del Papa appena uscito, Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore, è pertanto un auspicio che va in questa direzione, ma soprattutto mira dritto alla relazione, perché è evidente che «nessuno può salvarsi da solo». Di quale relazione parliamo però, se proprio il lockdown plumbeo di novembre l'ha inibita? Non è certo la spesa compulsiva che domenica scorsa si è vista a Milano e Torino la risposta, evidentemente, perché nelle nostre azioni – proprio perché non ci si salva da soli – occorre tener conto di tutto e di tutti. Certo, dopo aver intercettato Marta su un social, oppure dopo aver impiegato del tempo a conoscere gli artigiani che quest'anno si sono messi in mostra in un'edizione virtuale della manifestazione pre-natalizia milanese «Artigiano in Fiera», si comprende che non sempre la realtà è tutta nera o tutta bianca. È possibile invece una relazione, un dialogo, una riflessione, un tentativo di cercarsi anche attraverso mezzi che prima mai avremmo preso in considerazione. L'appello di oggi è dunque quello di non scartare nulla affinché le nostre giornate siano vive di queste relazioni. Ma c'è un appello anche al governo, che non potrà parcheggiare a lungo i millennials: se infatti non favorisce una certa inclusione dei giovani anche nelle decisioni più drastiche, ci si ritroverà in un clima di depressione generale che di sicuro non vogliamo, e nemmeno ci possiamo permettere.

come l’agriturismo Ferdy di Lenna, che a sua volta viene immortalato in video. Detto questo, sarà per il lockdown che incolla più a lungo la gente alla televisione o sarà per la possibilità di far viaggiare le immagini sui social, questa uscita a Porta a Porta verrà vista da tantissima gente. Biondi Santi, che Brunello! Anche le degustazioni a distanza hanno il loro fascino, se condotte col rispetto dei tempi. La casa Biondi Santi che detiene la storia del Brunello del Montalcino ha dedicato un appuntamento, solo per me, con l'amministratore delegato Giampiero Bertolini e l’enologo Federico Radi. Mi ha fatto piacere questo confronto, che segue una degustazione, quella volta collettiva, dove debuttava il Rosso di Montalcino della Maison e dove io misi l’accento sul prezzo non proprio economico (60 euro). Questa volta era di scena il Brunello riserva 2012 che in qualche modo rappresenta l’ultimo di Franco Biondi Santi. E l’evento meritava una considerazione. Un Brunello filogico e coerente con i vini della Maison, tradizionali e portati alla longevità, eleganti, maestosi. Il prezzo della bottiglia non sarà uno scherzo: 490 euro, mentre le prossime riserve, se ho capito bene, avranno anche formati Magnum e saranno dei millesimi 2013, 2015 e 2016. Un vino che tuttavia dovrebbe invecchiare ancora, giacché da quel rubino trasparente c’è una stoffa di lenta evoluzione. Al naso senti il tamarindo sulla frutta rossa, e poi speziature nobili e più avanti una viola madida che si trascina nelle spezie. È sapido e cerca il suo equilibrio. Che soddisfazione e che gran cosa stare di fronte all’evoluzione di un Brunello così.

3 dicembre Mi chiamano a Porta a Porta!!! Mi arriva una telefonata da Roma per registrare, a Milano, un intervento a Porta a Porta, la trasmissione di Bruno Vespa dedicata alle guide. È un classico, che avviene dopo l’uscita della guida Michelin, ma quest’anno gli invitati sono un po’ cambiati. Non c’è più il rappresentante della guida dell’Espresso, perché l’edizione 2021 non ci sarà: restiamo noi col Golosario e il Gambero Rosso come guide cartacee, con l’aggiunta della guida Touring. Curiosa la presentazione della guida Bibenda, con il suo inventore Franco Ricci che si fa ritrarre in uno store dove sfogliano un libro che però non è quello che si trova in vendita, perché la guida è solo online e attraverso un’app. Lo scopri andando sul sito dove si parlano di numeri mirabolanti di utenti che hanno scaricato il tutto. BOOM!

Mi ha molto colpito il dialogo con Giampiero e Federico, perché in questo caso siamo di fronte a un brand e alla necessità di monetizzarlo utilizzando tutte le leve del marketing, dove il posizionamento del prezzo non è per nulla secondario. Ho chiesto a Federico se continuerà sulla strada di un Brunello tradizionale e magari non immediato, come quella del passato, e la sua risposta è stata un misto di rispetto e di sfida. Perché anche nel marketing la qualità rico-

L’intervista di Valentina Finetti, registrata in un bell’Hotel di Milano, mi permette di raccontare la filosofia della nostra guida che mette sullo stesso piano il ristorante importante con la trattoria. E colpisce la nostra scelta di aver premiato un simbolo della sostenibilità

Paolo Massobrio presenta ilGolosario Ristoranti 2021 a Porta a Porta

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L’eccezionale Brunello riserva 2012 della cantina Biondi Santi

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nosciuta conta. Giampiero Bertolini poi mi ha detto una cosa che m’ha fatto pensare: “Noi stiamo lavorando ora a una pianificazione aziendale fino al 2030 almeno”. E chi se la immaginava una visione del genere? Lo dico pensando alla politica di casa nostra che ha come prospettiva la prossima emergenza, mentre un’azienda seria si impone una visione a largo raggio, capace di assorbire un periodo problematico com’è questo. Bravi, questa è stata un gran bella lezione! (E che soddisfazione, dopo l’assaggio della degustazione, finirsi a casa quella bottiglia rara). 5 dicembre Viaggio a Milano E dopo il sole arriva anche la neve e io mi trovo in una Milano imbiancata e spettrale, dove non ci sono i bar aperti se non per un caffè da asporto. Mi ha chiamato Piero Muscari, un collega che pubblica sui suoi strumenti social interviste a personaggi di umanità varia. Il format si chiama “Un Caffè che Vale” e l’intervista che andrà in onda il 15 dicembre verrà apprezzata per l’efficacia dell’intervistatore. Ma sono tantissimi gli impegni dedicati alle registrazioni. Mi intervista Radio Bruno, quindi il Comune di Govone per la consueta fiera di Natale che quest’anno si consuma online. Poi c’è Alessandra Colonna, che conobbi come produttrice di vino e che oggi su Linkedin promuove una serie di incontri. Per quattro lunedì sarò ospite del suo “In Vino veritas”, dove si affrontano temi come Vulnerabilità, Errore. Prima un ospite e poi il sottoscritto che affronta il tema visto dal mondo del vino, per 4 settimane. Questo terreno delle dirette sui social (ho iniziato a farne una tutte le mattine, sabato e domenica comprese, dedicata alla lettura dei giornali, su Instagram) mi ha portato a recuperare tanti rapporti. Per esempio con Daniele Sacco, mio compagno di università, ma anche di vacanze. Oppure persone che avevo incontrato tanto tempo fa, come Francesco Sansone, e che ora hanno sviluppato proprie iniziative, sempre sui social. Da qui un impegno quotidiano, giornaliero, per imparare nuovi linguaggi e nuovi ingaggi di persone, che grazie al mio libro sta diventando un’avventura appassionante. Bisogna rimettersi a studiare!

no come un qualcosa di distintivo e di unico. Poi corro al casello dell’autostrada per incontrare un vecchio amico, Antonio Bianchi, che mi porge una bottiglia del suo prezioso olio di Polpenazze del Garda, che fra i primi recensii, 33 anni fa, sul mio inserto dedicato alle cose buone d’Italia. Un incontro fugace e vero, dove il tempo non ha scalfito una stima e in più con in mano un dono che mi sembra enorme, come quando per la prima volta assaggiai quell’olio. Gesti semplici, spazi che hanno la durata di un istante, penso davanti all’albero pieno di luci che sembra riempire la casa di una positività. Una volta tutto questo finiva nel tritacarne delle giornate indaffarate e neanche ne avresti segnato la traccia. Oggi ti ricordano ciò che conta: la tua casa e i suoi gesti, i vecchi amici, una cosa buona che, come tutte le cose buone, ti rende più certo. 9 dicembre Ci lascia Luisa Arecco Domenico Arecco era tranquillo quando qualche settimana fa mi disse che sua moglie doveva fare una piccola operazione all’ospedale di San Donato a Milano. Quasi una questione di routine. L’ha salutata dopo averla accompagnata all’ingresso, ma non l’ha più rivista. Ci ha lasciati con il suo sorriso e la sua voglia di vivere, accanto a suo marito col quale andava a provare i ristoranti, che spesso venivano recensiti con puntualità sulla nostra guida. Chiamo subito Domenico e partecipo della sua disperazione che ci ha colti tutti d'improvviso. Lo saluterò poi di persona a Torino, insieme a suo figlio, alla recita del Rosario, nella chiesa che sta proprio dietro la redazione della Stampa. Lo saluto insieme a tanti amici che si sono stretti per vivere questa faccenda che riguarda il mistero della vita. È inimmaginabile il dolore quando si perde una persona cara com’era la sua Luisa. La ricordo con noi in Giappone, nel 2018, durante un viaggio fantastico, insieme a Motoko che ci ha portati a visitare gli angoli più belli della sua terra e ad assaggiare specialità esclusive. E poi alla festa per il loro anniversario di matrimonio al ristorante Condividere di Torino: eravamo al tavolo con lei e Dome-

L’intervista di Piero Muscari all’interno del format “Un caffè che Vale” Luisa e Domenico Arecco

6 dicembre Albero di Natale Ci voleva il lockdown per inchiodarmi un paio di ore ad allestire con mia moglie l’albero di Natale e il presepe. E in tutti questi anni è praticamente la prima volta che partecipo attivamente a questo evento dove scopro che le palle, le luci, gli angeli, fanno parte tutti di epoche diverse della nostra vita e quasi la raccontala Circolare

nico. Poi questa notizia, che ci chiama tutti a cercare le forze per continuare a vivere, in un anno pieno di queste notizie che non avremmo mai voluto ricevere. Penso a Domenico nei giorni a seguire, penso a quanto ha seminato con Luisa: un grande senso di amicizia. Ecco, questa immagino sia la consolazione più bella per andare avanti. Insieme. E lei ancora con noi. Come dimenticarla!

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Su Avvenire del 9 dicembre parlo di Milano e degli Ambrogini d’oro. SANT’AMBROGIO, GLI AMBROGINI E L’OPEROSITÀ DI UNA CITTÀ Due evidenze hanno accompagnato lunedì la consegna degli Ambrogini d'oro a Palazzo Marino: la foto ben impostata col Duomo alle spalle della coppia Ferragni-Fedez e la ripresa della figura di sant'Ambrogio evocata anche dal sindaco Sala. È la prima volta che ho la percezione del seme del patrono di Milano, ancor più dopo aver letto un articolo di padre Francesco Braschi nel portale d'informazione ilSussidiario.net su «Operosità, concretezza e leale collaborazione con chi detiene il potere»; quasi che sant'Ambrogio abbia dettato il manifesto della milanesità. Ora, al netto dei notiziari dei giornali tutti incentrati sulla coppia musical-social, fra i premiati c'era anche il professor Vittadini, creatore appunto de ilSussidiario.net e della Fondazione per la sussidiarietà. Il quale ha commentato il genio di Milano come luogo di «laicità costruttiva, aperta, disponibile a rischiare. Una società plurale che ha saputo condividere, contaminarsi, aprirsi, inventare soluzioni sempre nuove ai diversi bisogni. Una città che si costruisce dal basso». Alla domanda sul merito ecco invece la risposta: «Nella mia vita non credo di aver fatto nulla di speciale: ho sempre e solo desiderato avere persone come esempi da seguire». E il "manifesto" avviato dal patrono di Milano si arricchisce nel tempo proprio di questa catena di esempi che rendono la società milanese unica nel suo genere, dove tanti tratti della "Milan cunt el coeur in man" si ritrovano tuttora. Il Duomo stesso è simbolo di operosità e concretezza, tant'è che conoscere la sua storia diventa spunto per immaginare la ripartenza. E il panettone, che Milano anni fa codificò con la Denominazione Comunale insieme ad altre ricette dell'identità meneghina, avrebbe nella fattura originale quattro protuberanze che simboleggiano le guglie del Duomo o la corona della Madunina. Poi l'industrializzazione e i problemi di confezionamento hanno appianato la parte alta, che dovrebbe invece essere il vanto della cosiddetta produzione artigianale. L'appello di oggi è allora ricercare, a tutti i livelli, le forze che stanno dentro la storia del nostro Paese, giacché governare senza guardare al passato non può costruire neppure il presente. A proposito di panettoni: pare che il prezzo sia salito del 5%; ma non sarà certo questo a frenare l'entrata nelle case di una dolcezza rassicurante, come la storia che ci ha condotti fin qui. Gianluigi Morini, ci lascia un padre della ristorazione italiana Muore anche Gianluigi Morini e la notizia fa subito il giro dei social prima e dei giornali poi. Con Marco Gatti, lo premiammo in maniera solenne a Golosaria nel 2008 e oggi lo abbiamo ricordato in questo articolo che riproponiamo, pubblicato sul nostro IlGolosario.it

ceramiche rare, da quella cantina delle meraviglie divenuta famosa in tutto il mondo, per la brigata d’eccezione. Il genio di Morini fu quello di aver voluto al San Domenico, solo persone fuori dal comune, animate da valori forti. A partire da quel Nino Bergese, che, conosciuto come “il re dei cuochi", che cucinava solo nella case dei nobili piemontesi, aveva codificato la cucina borghese. Morini si incaponì e convinse Bergese a cambiare modo: da cuoco errante a cuoco di un locale tutto suo, che è rimasto pietra miliare per la codifica dei piatti della cucina borghese, che era differente dalla cucina di corte. Ora, Bergese, dopo aver dato fama internazionale al locale, ha avuto come allievo prediletto Valentino Marcattilii, che dopo aver collaborato con il grande chef per ben 7 anni, fino alla morte del maestro, dopo una serie di stages presso i più rinomati ristoranti di Francia, al suo ritorno ha assunto la direzione delle cucine del ristorante diventandone comproprietario. Oggi ai fornelli Massimiliano Mascia, nipote di Valentino, che rappresenta la nuova generazione del ristorante nel segno della continuità nell’innovare e nel rinnovarsi. Natale Marcattilii, fratello di Valentino, Massimiliano, Giacomo e tutti i ragazzi del San Domenico hanno reso omaggio a Morini con queste parole: “Con Morini nasce il ristorante che siamo onorati di portare avanti da 50 anni preservandone l’identità, lo spirito di avanguardia e il sogno di un luogo di condivisione e grande calore, quello di una famiglia che lui stesso ha voluto creare. Era e rimane un amico fraterno.” Con Morini il San Domenico ha raggiunto fama internazionale che ne ha fatto un’icona del gusto Italiano nel mondo. Ma da signore qual era, ha sempre avuto l’umiltà dei grandi. Per arrivare al ristorante usava la bicicletta. Anche nei momenti più difficili non perdeva mai il senso dell’umorismo. Ancora poco tempo fa aveva scherzato sulla sua fama del suo essere una buona forchetta: «Mi han sempre chiesto perché ho sempre tanto appetito; semplice la risposta: a so né a mezdè (sono nato a mezzogiorno)». Noi lo ricordiamo a Golosaria, quando i Marcattilii, su invito di Morini accettarono di venire a Torino, alla Piazza dei Mestieri a fare una cena memorabile che riportava in Piemonte le radici della loro storia. Ma come dimenticare quelle due serata a Imola, con Morini che aveva le sembianze del conte Riccardi, nel suo modo nobile di vivere l’accoglienza. Mangiammo il raviolo aperto, scendemmo in quella cantina ordinatissima e clamorosa che solo Pinchiorri pareggiava, mentre Morini ci raccontava della sua avventura negli States dove avevo aperto un locale. Se dovessimo dire cos’è un concentrato di passione, di attenzione ai massimi livelli per l’ospite, di italianità, non potremmo che ricordare questo posto e quei momenti memorabili. Ci ha lasciati a 85 anni, essendo della leva 1935.

CI LASCIA UN GRANDE. GIANLUIGI MORINI Intelligente. Sempre elegante. Con quel sorriso buono che parlava del suo amore per la vita. Lo vogliamo ricordare così Gianluigi Morini, fondatore giusto 50 anni fa (l’apertura il 7 marzo 1970) di quel San Domenico di Imola, che è stato, ed è, un ristorante unico, nel suo essere stato pensato per far conoscere al mondo intero la grande cucina italiana, la sua eccellenza, la sua voluttà, il suo calore. Un ristorante che Morini sin dagli esordi aveva voluto indimenticabile, caratterizzato da un’accoglienza raffinata e calorosa, da un’atmosfera fuori dal tempo tra opere d’arte, argenti e la Circolare

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Marco Gatti e Paolo Massobrio con Gianluigi Morini a Golosaria, nel 2008

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10 dicembre Altre dirette dedicate a Del Bicchiere Mezzo Pieno Proseguono a ritmo serrato le dirette dedicate al mio libro. Molto bella quella con Carmelo Ferraro, l’avvocato che ha fondato l’Associazione M’Impegno, che è anche socio del Club di Papillon. Poi una diretta con gli amici del Club di Papillon di Cesenatico, grazie a Jean Marie Ghidetti. Stefano Storti, membro dell’Associazione “Amici di Papillon” che sostiene la nostra opera con altri imprenditori, mi invita invece a un dialogo su Zoom con i suoi amici, mentre Striscia la Notizia fa passare la recensione del libro, a margine della puntata del 16 dicembre. Il giorno stesso riesco ad andare a pranzo in un locale fantastico, Ciz, cantina e cucina in via Premuda, con Antonella Manuli della Maliosa, anch’ella protagonista del mio libro e quel momento me lo ricorderò a lungo, perché poi chiuderanno tutto, inesorabilmente. Non c’è dubbio che questo periodo serva per capire fino in fondo il valore delle cose e delle relazioni. Tutto ci obbliga a stare sempre più con noi stessi sapendo che dovremo riconquistare ciò che a fatica abbiamo costruito. È il tema della mia riflessione su Avvenire di questa settimana. RINUNCIAMO A CIÒ CHE CI SEMBRAVA NORMALE Nel bailamme colorato di queste settimane, c'è chi non molla e combatte la sua buona battaglia lavorativa. Carlo Pastori, che è stato mio compagno di scuola e si è dato alla musica arrivando persino a Zelig, è sceso in strada con la fisarmonica e le zampogne. E la gente stupita si affacciava ai balconi, salutava, sorrideva. Mi ha commosso questo "delivery show" che sta coinvolgendo tanti artisti, che mostrano il talento della propria espressività, sapendo in cuor loro che c'è bisogno anche di questo in una seconda ondata che sta accentuando l'insicurezza - si allarmano gli psicologi - con gravi ripercussioni sugli adolescenti. «Un artista non sarà mai povero», diceva la protagonista del Pranzo di Babette, ma il mondo dello spettacolo va tuttavia sostenuto, prima che tante realtà vengano demolite dall'incombere degli eventi. Leggo su un giornale locale che i pasticcieri si lamentano per chi fa le torte in casa, mentre i produttori di dolci hanno subìto l'arrivo dei panettoni artigianali di cuochi e pasticcieri che già sono al sold-out. Antonino Cannavacciuolo, per fare un esempio, ne ha sfornati 40 mila e fatica a star dietro alle richieste, mentre le fabbriche hanno ridotto la produzione prima e ora rischiano l'invenduto. Ma anche il Moscato, che è il vino di Natale per antonomasia, si appella ai consumatori: i produttori hanno ancora in cantina l'ottimo 2019 che rischia di restare lì. Ne ho ordinate quattro casse per Natale per i miei cognati e ho saputo che il produttore, che non viene dal mondo contadino ma dalla finanza, è andato di persona a fare le consegne. E senza alcuna vergogna, ma con l'orgoglio di chi è grato di un ordine e anche di contribuire a limitare gli spostamenti. Spostamenti che sono diventati il tormentone della settimana, quando il Governo ha finalmente compreso, si spera, che un Paese va governato, nel senso che non basta dichiarare aperture o chiusure se non si applica con realismo lo svolgimento di un weekend di shopping pre-natalizio. La colpa è degli italiani che sono imprevidenti? Mah, forse… tuttavia il Governo è uno specchio fedele di questa leggerezza che stanno pagando in tanti, a cominciare dai commercianti, che la Circolare

avrebbero potuto gestire il lavoro su orari più lunghi e favorire appuntamenti mirati coi clienti. Ma il senno del poi non serve, mentre nei prossimi giorni sarà decisivo prendere atto che, per attenuare la diffusione del virus, occorre rinunciare da subito tutti a ciò che un anno fa ci sembrava normale. È il prezzo che dobbiamo pagare, per tornare a un ordine che torni a essere norma (normale) e per ricostruire tutte le filiere lavorative, anche quelle del gusto. Muore anche il grande Bava di Cannobio a 81 anni I figli mi hanno avvertito tardi: è morto Giuseppe Bava, un personaggio straordinario, che gestiva la mitica Enoteca Bava di Cannobio, punto di riferimento per tanti produttori che poi si sono fatti conoscere in Svizzera. Era uno dei soci onorari del Club di Papillon e ai miei occhi ha sempre rappresentato una figura italiana, come Gualtiero Marchesi. Anche lui amava la musica e cantava la lirica, mentre la moglie Corina dipinge. In mezzo a quelle bottiglie di vino che selezionava c’era tanta bellezza, e anche tanta fede. Leggeva Avvenire, era l’idolo dei suoi nipoti. Insieme abbiamo vissuto dei momenti bellissimi: una Giornata di Resistenza Umana a Cannobio, un intervento a Golosaria e al Meeting di Rimini. Poi ci siamo persi di vista negli ultimi anni, ma Giuseppe era una di quelle persone per cui bastava un niente per riallacciare una relazione. Suo figlio Gabriele mi ha detto che se n’è andato via sereno. Sereno come quelli che hanno assaporato il centuplo quaggiù. Mi chiedo perché sono mancato così tanto a Cannobio, ma la vita, il lavoro, talvolta ti portano dove non vorresti e spesso lontano dagli angoli del tuo Piemonte. La prima volta che andai nell’enoteca Bava era il 1982. Una mattina faccio un incidente in auto e sfascio la fiancata dell’850 Fiat di mio papà. Che se ne accorge la mattina prima che io glielo dica e questa faccenda mi mortifica: come quando senti di aver tradito la fiducia della persona più importante per te. Così, mentre vado in Università, appena arrivato alla stazione di Cadorna della metropolitana, prendo un treno e vado a Luino, dopo aver comprato un libro di Adriano Celentano in edicola che si intitolata Il paradiso è un cavallo bianco che non suda mai. Lo leggo in treno, poi a Luino prendo il traghetto e vado a Cannero e a Cannobio. Entro nell’enoteca e mi accoglie quel signore gentile, che conoscerò meglio solo qualche anno dopo. Poi mi metto sul molo e finisco il libro. I miei amici e anche la mia fidanzata mi cercano, non avendomi visto tutto il giorno. Allora non c’erano i cellulari, quindi chiamo coi gettoni da una cabina del telefono. Silvana mi verrà a prendere al treno, verso sera. Era la prima volta che provavo il bisogno di distrarmi e ricordo

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Giuseppe Bava (al centro) con Paolo Massobrio nel 2003

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tutti i dettagli di quella giornata: il tepore del sole in primavera in riva al lago, l’abbraccio di Silvana, il libro di Celentano e il sorriso buono di Giuseppe. Si ricomincia a vivere. 17 dicembre Un tapulone per salutare Marco Due giorni fuori da Alessandria mi aspettano nella bolla del lockdown. Alla Malpensa, alle 20 circa arriva da Barcellona mio figlio Marco Giacomo, e io lo vado a prendere, ma prima passo dal Pinocchio di Borgomanero a prendere la cena, che consumeremo a casa a Milano: il tapulone di Piero Bertinotti. Un’occasione per salutare Paola, la figlia, che mi mostra i cambiamenti che hanno messo in atto nel locale, con la creazione di una sala enoteca per momenti più informali. E poi per salutare Piero, protagonista del mio ultimo libro.

gustare l’Italia. Alle 8 del mattino la prima meta è da Ermanno Accornero, per consegnargli una foto che ho trovato nel mio archivio insieme a suo fratello Massimo, che non c’è più, dopo un incidente sul lavoro, in cantina, di tanti anni fa ormai. E lui mi regala una bottiglia speciale, che è il suo primo Ruché. Ne approfitto per proseguire i miei esercizi sui social, registrando una diretta dove Ermanno mi racconta delle difficoltà del mondo del vino in questo momento. Proseguiamo poi per Moncalvo, nella mitica macelleria di Lauro Micco, campione della carne di razza bovina piemontese a filiera corta: acquisto i capponi, la carne, le quagliette e giro un video sui negozi della piazza di Moncalvo, dove arriva anche un magnifico produttore di Grazzano Badoglio, Natta. Terza tappa dai Bologna a Rocchetta Tanaro, praticamente un rito, per prelevare le lasagne della vigilia impastate da Mariuccia. Anche qui un filmato per Instagram, che stempera un poco la me-

Il tapulone a casa con una bottiglia di Barbera I Cipressi di Chiarlo sarà un trionfo e Marco non poteva ricevere miglior benvenuto in Italia. Ma anche Piero mi ha colpito per l’ennesima volta, con la sua pacata letizia in questo periodo sospeso, dove l’unica possibilità è il delivery per i suoi clienti. Io dico, e col libro l’ho affermato, che in momenti come questi c’è proprio bisogno di stare attaccati a queste rocce.

Prima tappa del tour monferrino da Ermanno Accornero

Piero Bertinotti nella cucina del suo Pinocchio a Borgomanero

18 dicembre A Roma primo viaggio in treno dopo un anno La mattina, sveglia alle 5,30, per andare a prendere il treno, destinazione Roma. Monica Mondo mi ha voluto negli studi di Tv2000 per un’intervista dedicata al mio libro, che l’ha colpita molto: ho accettato volentieri, con un viaggio di andata e ritorno velocissimo di tre ore per arrivare a Roma con ripartenza alle 14. Arrivo alla stazione, prendo un taxi, entro in una sala deserta ricavata in un albergo di fianco alla redazione e con Monica stiamo insieme un’ora, per un’intervista al volo, della serie “buona la prima!”

A Moncalvo, nella macelleria di Lauro Micco

Poi si torna a casa, ad Alessandria, con Marco che raggiungerà tutta la famiglia. Sembra un miracolo essere ancora tutti insieme, per passare il Natale: dal Portogallo, fra due giorni, ci raggiungerà anche Giovanni, in pausa dal suo Erasmus. 19 dicembre E chi mi toglie un viaggio in Monferrato? Andiamo a far la spesa, io e Silvana, in giro per il Monferrato. È la spesa per Natale, ma anche per i nostri figli che attendono di la Circolare

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Ultima sosta dai Bologna, a Rocchetta Tanaro

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stizia del momento, perché vedere i cuochi inattivi e il locale chiuso un po’ mette tristezza. Quando arriveranno i tempi migliori? È stata una ventata di vitalità questo giro di tre ore. Quanto è davvero importante incontrarci, parlarci, anche se non è possibile abbracciarci. Ora, se il mondo del vino accusa una flessione del 20% compensata in alcuni casi con la vendita ai privati, i negozi stanno lavorando bene, mentre i ristoranti soffrono, ancor più in una regione come il Piemonte dove la stagione del tartufo è stata annientata. Resistete, verrebbe da dire, ce la faremo! Ma non riesco a pronunciare frasi fatte. Non riesco proprio. So solo stare lì davanti a loro, anche se in cuor mio penso che ce la faremo. 20 dicembre Golosaria Fiera Online: due mesi connessi e golosi Oggi terminano i due mesi di messa in onda di Golosaria Fiera Online, un evento che è stato visto come un’assoluta novità e ha dato visibilità a una fiera in 3D differente da tutte le altre iniziative, che magari si sono risolte con un semplice sito. Anche noi tuttavia abbiamo messo in campo un ulteriore sito, www.golosaria.it, che ha permesso la navigazione sugli smartphone e un collegamento più agile. La partenza della Fiera in 3D ha avuto alcune evidenti difficoltà, che abbiamo notato essere comuni a tante altre iniziative virtuali; questo ci ha costretti a intervenire, per intere notti, giacché il primo giorno ha visto un accesso record, come faceva già presagire la conferenza stampa svolta online con 12.500 visualizzazioni. Abbiamo modificato immediatamente l’atterraggio della piattaforma su un nuovo server e siamo ripartiti, arrivando nei giorni successivi a una navigazione più fluida. Ma soprattutto abbiamo svolto un’azione di comunicazione molto ampia, profonda ed efficace, portando gli utenti direttamente a visionare gli shop online degli espositori. Come risultato finale abbiamo avuto un numero di accessi a Golosaria Fiera Online ben superiore a quelli della fiera fisica, ma anche il sito di Golosaria, con circa 80mila visualizzazioni di pagina, ha avuto una performance importante per cui possiamo contare più di 50mila persone che si sono collegate, mentre attraverso le campagne sui social abbiamo raggiunto un areale di utenti importante: • 1.211.155 di copertura (numero di persone raggiunte dai post) • 9.733.744 impression (numero di volte che gli utenti hanno visto una nostra pubblicità 8.5x) • 104.602 click totali • 911.412 visualizzazioni dei video totali • 2.191.449 interazioni con la pagina Tutto questo si è poi intrecciato con l’incombere degli eventi legati al Covid e con il crescere della depressione, soprattutto dei consumi, come attestano tutte le statistiche. Fra gli utenti di Golosaria, i ristoratori e i titolari di botteghe, benché ci abbiano seguito (in 1.500 hanno assistito alle premiazioni della guida ai Ristoranti per fare un esempio), si sono trovati in un limbo di incertezze e di inattività. È quindi mancata l’iniziativa di ingaggiare rapporti (per esempio il servizio chat è stato utilizzato pochissimo) fra operatori e produttori. Tuttavia è stato consolante osservare il costante rapporto tenuto con noi, che è avvenuto attraverso una generale attenzione ai social, ma anche con l’adesione di tantissimi (davvero inaspettata) al Club di Papillon, che è la forma per restare in contatto tutto l’anno. la Circolare

Detto questo, cosa abbiamo imparato? Sicuramente a comunicare più intensamente e a saper affrontare gli ostacoli, forti di una reputazione per cui la gente ci ha comunque seguiti. Abbiamo poi preso atto che la fiera fisica è insostituibile da un lato, ma che dovrà essere sempre di più supportata, in parallelo, da una fiera digitale che prolunghi il tempo di ingaggio e fidelizzi un rapporto. Per questo siamo già al lavoro per uscire a marzo con un sito innovativo, che sarà il preludio delle prossime Golosarie (in presenza, nel Monferrato a luglio e a Milano a inizio novembre), dove vorremmo raccontare più a fondo e con più incisività il lavoro e il valore delle realtà che aderiranno. Ogni giorno che passa arrivano sul tavolo della nostra redazione storie e prodotti, che puntualmente assaggiamo e recensiamo, rilanciandole tutte sui social, offrendo quindi la spalla ai beneficiari di fare altrettanto. Golosaria sta diventando insomma una catena di trasmissione di conoscenza vitale. Perché dentro di noi c’è il desiderio che tutto possa esistere.

Uno stand di Golosaria Fiera Online 2020

21 dicembre Oltrepò da assaggiare Grandiosa iniziativa quella che arriva dall’Oltrepò Pavese e che ha visto la discesa in campo, per la comunicazioni e i rapporti con i giornalisti, di Veronique Enderlin. Che ha coinvolto davvero tanti, per seguire una degustazione da casa commentata da me e Marco Gatti. Tutti hanno ricevuto il kit con le bottiglie, i salumi, i formaggi e le confetture da accompagnamento. Tre puntate, che sono state divertenti e istruttive. Il 23 dicembre anche una partecipata conferenza stampa con l’assessore Rolfi. Ne abbiamo scritto su IlGolosario.it e lo riproponiamo per farvi partecipi di una cosa fatta molto bene. OLTRE IL PO C’È DI PIÙ: IL DOPPIO BINARIO AD ESEMPIO Come si crea l’occasione per bere (attenzione “bere", che è un concetto che va oltre a quello di “assaggiare” o di “degustare”). Per “bere” ci vuole un vino che sia "tanta roba", per capirci, e poi deve avere accanto qualcosa che lo trascini nel gioco dell’accoppiamento. La nostra amica Cinzia Montagna, che vive fra il Piemonte e l’Oltrepò Pavese con qualche incursione nel Mantovano, ha riabilitato la schita, ad esempio, che è una sorta di pane fritto (non vorremmo banalizzare la ricetta Cinzia, perdonaci, anche a nome del petauro). Ebbene, questa ghiottoneria senza companatico serviva alla gente delle campagne per ritrovarsi, magari in una stalla, agli inizi del

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Novecento, o in un garage fino ai giorni nostri, insomma in posti lontani dall’ufficialità casalinga (bastano un fornelletto da campo e una padella) e dallo sguardo di mogli o di genitori, per bere, con voluttà. Ora, gli amici del vino dell'Oltrepo’ Pavese (intesi come Consorzio di Tutela dei Vini dell'Oltrepo’ Pavese, Distretto del Vino di Qualità dell'Oltrepo’ e Consorzio Club del Buttafuoco Storico) hanno accettato di buon grado il coinvolgimento in un progetto ampio voluto dalle istituzioni locali (Regione Lombardia, Camera di Commercio di Pavia, Unioncamere Lombardia) e dalle associazioni agricole di categoria, per incontrarsi tre volte in una videodegustazione coi vini e i prodotti dell'Oltrepo’ pavese, selezionati da un’entità super partes: noi. Sei vini, tre risotti (ma che roba pazzesca è il Carnaroli da Carnaroli Pavese che mantiene i chicchi turgidi e pieni) aromatizzati ora con i disidratati di ortiche, di peperone di Voghera, di fragole di Rivanazzano; quindi tre salumi (la filzetta, il cresponetto di Varzi, il salame crudo di Canneto Pavese); tre formaggi selezionati da Vaghi (caciotta, taleggio e quartirolo) abbinati a tre mieli monoflora dell’azienda Campo Giardino di Cervesina (acacia, castagno e tiglio) e a tre confetture de I Dossi di Gambolò con cipolle di Breme e albicocche, con sola cipolla rossa e poi con i petali di rosa. Quindi tre dolci (la mitica torta Paradiso di Vigoni, le Offelle di Parona e le ciambelline al riso dell’Offelleria di Parona). Ora detta così sembra un elenco, ma in verità, pur essendo a distanza, in 100, radunati dalla pasionaria Veronique Enderlin dopo aver spedito a casa di ogni giornalista il kit di degustazione, è stata una felice e bella esperienza che ha dimostrato quanto sia possibile il racconto anche fatto così. Un racconto che è partito con un focus sul Pinot nero, coltivato in ben 4.000 ettari: superba la versione brut, filologica quella vinificata in rosso (eleganza, in entrambi i casi). Quanto c’è ancora da scoprire, dunque, su questo vitigno coltivato in una terra benedetta e bellissima che attraverso questo vino gioca la chiave dell’unicità. Unicità, certo, parola abusata, ma per noi chiarificatrice di cosa abbiamo trovato, in vino e prodotti, che ad esempio non si trovano altrove, non hanno analogie. Lunedì 28 siamo invece andati a scovare due vini che rappresentano le “aree di miglioramento” per dirla col gergo del marketing: il Riesling (grandioso vino paglierino brillante – anzi oro – con riflessi verdognoli, che ha tutti i descrittori dei grandi bianchi del mondo, compreso un accenno minerale spiccato) e il Buttafuoco, il grande rosso dell’Oltrepo’, la bottiglia importante, il compagno di arrosti e brasati, mai celebrato e considerato come merita, nei ristoranti che contano (forza amici ristoratori: fate scoprire queste chicche, al Nord come al Sud!). Ora, se per Marco Gatti il Buttafuoco è il vino imprescindibile e non da oggi, per Paolo Massobrio il Riesling è un’appassionante materia di studio per rilevare i cru, o anche solo le aree che ne offrono espressioni diverse e sempre interessanti. Ma la goduria, nel senso di “bere”, è arrivata mercoledì 30 gennaio con il Bonarda (nell’interpretazione “la Mossa perfetta”) prodotta da chi finalmente ci crede e la mostra col suo colore scuro e concentrato come se la croatina fosse inchiostro. Un rosso brioso, pieno, fruttato, e finanche tannico setoso tanto da pulire il palato alla perfezione (non ditemi che col cotechino di stasera non ce l’avete!). E qui si è aperta una felice considerazione, assaggiando quel Sangue di Giuda, frizzante anch’esso, ma amabile. Sono infatti i rossi del doppio binario, perché col salame dei Fratelli Daturi (nelle degustazioni precedenti c'era il salame di Varzi la Circolare

di Valverde) e il pane Miccone, il Bonarda va a nozze, ma se nel salame si aggiunge più aglio, allora la goduria è con il Sangue di Giuda. E così col Quartirolo: Bonarda col miele di tiglio ma Sangue di Giuda con la confettura di rose. Col risotto alle fragole, vanno poi bene entrambi, ma la medesima cosa vi invito a fare col cotechino e la verza. È il doppio binario della goduria oltrepadana, una nuova declinazione del gusto, che riportiamo a voi, cari amici lettori, in questo ultimo giorno dell’anno, che sarà beneaugurante, dopo la mezzanotte, con le lenticchie e con qualcuno di questi vini. Scegliete voi! Intanto Auguri radiosi! Ci si avvicina al Natale Quest’anno non c’è lo stress da regalo e Amazon sembra diventato un grande alleato. Ma il Natale del 2020 sarà anche ricordato per le connessioni a internet, gli aperitivi e gli auguri a distanza, fin sotto la vigilia. A me tocca una diretta con Federico Menetto e i suoi amici di Panathon, fra cui alcuni cari colleghi. Poi la presentazione del mio libro con Angelo Frigerio del gruppo Tespi e anche del suo libro di editoriali. Mentre su Avvenire pubblico la mia riflessione dedicata al dono. ANCHE IL CIBO È UN DONO E AIUTA A SUPERARE LE PAURE All'antivigilia di questo Natale prendo in prestito una frase di sant'Ildegarda di Bingen che mi sta a cuore: «Tutte le cose che possiamo vedere, toccare e percepire con il gusto sono state create da lui. Ed egli le ha viste tutte in qualche modo indispensabili per l'uomo: per l'amore totale, per la paura, l'ubbidienza e la prudenza in ogni occasione». Ora, fra i motivi di questa faccenda «indispensabile» che tocca da vicino ciascuno, quello della paura è il più affascinante e il più attuale. Una cosa buona, intesa proprio come un piatto cucinato, un frutto, un prodotto, evocano immediatamente l'amore totale ma sono nel contempo un antidoto alla paura, perché il gusto, così come la bellezza, la musica, la poesia, rendono immediatamente più certi. Eh sì, di fronte allo scombussolamento delle nostre esistenze che ha scardinato alcune certezze effimere, c'è bisogno di andare al fondo di una questione: dove sta la felicità? Chi e cosa può riempire la vita, se è vero – come attestano alcuni psicoterapeuti – che la spinta sociale a essere performanti e a dare il massimo ha subito un rallentamento? Leggo ancora la relazione che mi ha porto una giovane psicologa e sottolineo: «Accettare la propria fragilità, invece che cercare di eliminarla a tutti i costi (perché la fragilità esiste e ha un senso), può essere l'occasione di ri-assegnarsi». Non l'avevo mai sentita questa parola del professor Fabiano Bassi, «riassegnarsi», ma suona come uno stato nascente, dove si inizia a percepire il valore di se stessi, sotto una dimensione diversa dal cercare un continuo consenso. Sei già stato voluto, e sta qui quell'andare a fondo che l'occasione del Natale può fare emergere. Ora, leggo che in Italia ci sono 5 milioni e mezzo di volontari e questo esercito silenzioso cresce soprattutto fra i giovani, mentre prima era affollato dagli over 65enni. E penso che anche questa propensione a dedicare del tempo faccia parte di quel processo di riassegnazione reciproca, come evoluzione di due fragilità che si incontrano e capovolgono la prospettiva. Ci sarà anche il dono del cibo, oppure di un piatto, in questa gara di solidarietà, dove spiccano i ristoratori milanesi che domani porteranno in corsia, a medici e infermieri, i loro piatti. Ma il volontariato, che ci mette al primo posto in Europa come ore pro-capite dedicate al prossimo, passerà inosservato agli

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occhi della politica? Che mentre litiga sembra non aver tempo per pensare, per esempio, a come valorizzare il terzo settore che è in forte crisi. Eppure è un elemento che nasce dal basso e funziona, anche se sembra non riguardare il manovratore. Muore don Fabio. Quei preti padri. Se ne va anche don Fabio, don Fabio Baroncini, un prete granitico come le rocce della sua Valtellina, che è stato padre di tanti amici e che pure io ho conosciuto anche se tangenzialmente. Marina Corradi, collega straordinaria che scrive su Avvenire e su Tempi ne ha tracciato un ricordo bellissimo, per raccontare cosa significa essere padri. Lei lo chiamava il Nero, per come era vestito e per quel carattere ruvido che incuteva un certo timore. Ma dentro di sé aveva un cuore pieno di bellezza e anche di tenerezza. E sosteneva che ogni cosa che accadeva aveva un senso, anche un grande dolore. Per questo don Fabio veniva chiamato nei casi più difficili. Marina ricorda la sua rabbia quando perse due figli in gravidanza e lui le disse che “Ogni dolore è per una grazia più grande, nella misura in cui è offerta a Dio, per gli altri. Altrimenti la sofferenza è come una massa di dolore cieco, stagnante. Se la offri, infine il dolore scorre, e defluisce”. Nel mio libro, Del Bicchiere Mezzo Pieno, rammento un episodio che riguarda il mio amico Dario, il quale perse il suo migliore amico, Wollo, durante una gita in montagna, dove erano in centinaia. E arrivò immediatamente don Fabio, che senza tentennamenti disse che la vacanza doveva andare avanti, perché la vita e la morte facevano parte del medesimo mistero. Quel fatto cambiò letteralmente la vita a Dario, che all'inizio si era ribellato, ma poi provò l’abbraccio della vita che appunto defluisce e ricomincia sempre. Da parte mia conservo un ricordo bellissimo. Era l’anno 2000 e un nostro caro amico, Giancarlo Cesana, in visita a una missione in Paraguay subì un incidente in auto dove perse la vita sua moglie Emilia, 53 anni. Era il 1° di novembre, giorno di festa, ma anche di memoria dei santi e poi dei morti e per i tre figli di Giancarlo e Emilia quella situazione sarebbe stata ancora più difficile se fossero rimasti a casa. Mi chiamò un amico, forse su suggerimento di don Fabio: i ragazzi hanno bisogno di stare di fronte a una cosa bella, pensaci tu. Li portai a Cocconato d’Asti, alla trattoria Regina e poi all’Abbazia di Vezzolano. E lì don Fabio ci raccontò nei dettagli perché quell’Abbazia romanica, secondo la cultura del tempo, era stata costruita in quel luogo, con quella luce, in quella situazione

protetta dalle colline che erano anche vitate a freisa. Tutti lo ascoltavamo, affascinati, dopo aver mangiato delle cose buone, complice il patron che aveva capito la situazione. Il giorno dopo, dal Paraguay, mi chiamò Giancarlo, per ringraziarmi, ma in realtà ero io che ringraziavo i suoi amici, per aver vissuto quella situazione dove don Fabio ci aveva fatto vedere cosa voleva dire che la morte e la vita facevano parte del medesimo mistero. Me lo ricordo ancora adesso, a distanza di vent’anni, quel pomeriggio limpido nel Monferrato. Ricordo l’imbarazzo di non saper che dire, davanti ai suoi figli, ma il più grande, Giovanni, appena entrato mi venne incontro sorridendo, dicendomi. “Io sono Giovanni”. Io ci sono, insomma, sono qui con questi amici, con mio nonno che vuole parlare con te di vino, con don Fabio, che se ne stava zitto a pranzo e guardava l’evoluzione di quegli istanti che segnalavano qualcosa che aveva a che fare con la partecipazione alla vita. 25 dicembre È Natale E siamo arrivati anche quest’anno al Natale, chiusi nella nostra casa, ma tutti insieme. Non più viaggi; saremmo andati a Barcellona a trovare Marco, oppure in Portogallo da Giovanni e dalle nostre monache trappiste di Vitorchiano. E invece siamo qui, a mangiare tutti insieme, a stare intorno a un regalo di Natale che ci hanno fatto i figli: un giradischi dove far girare i vinili. Poi a giocare a Risiko, a guardare un film, a seguir la messa alla tivù. Me lo ricorderò a lungo questo piacere della normalità, questo abbraccio fra di noi che desideravamo da tanto tempo. Il frugare nel frigorifero, prendere una bottiglia e dividerla insieme. Gesù è venuto per fare compagnia all’uomo, proprio come ce la stiamo facendo tutti noi.

Paolo e Silvana a Natale con i figli. Da sinistra: Giovanni, Irene e Marco Giacomo

29 dicembre Marcolino Positivo. Si inverte il senso di un aggettivo Poi succede che si avvicini il giorno della partenza: Irene torna a Milano con Giovanni, che poi partirà per Lisbona, Marco si sta organizzando per rientrare a Barcellona. Fanno il tampone, ma Marco risulta positivo al Covid e deve rimandare la partenza. Subito anche noi ci precipitiamo a fare il tampone molecolare: i figli a Milano e noi ad Alessandria. Arriva l’esito: tutti negativi, ma con l’obbligo della quarantena, mentre Marco resta isolato in una camera con bagno a fianco. Non ha sintomi, sta benissimo e per 15 giorni resterà nella sua stanza, servito di tutto punto da me e Silvana, finché l’esito del tampone alla fine sarà negativo.

Don Fabio Baroncini

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È stato un momento di spavento, dove ti passano davanti gli scenari più diversi. Ma poi alla fine tutto si risolve nel migliore dei modi. E qui ti viene da chiederti: “Ma ti ricorderai che la vita ti è davvero data in ogni istante?”. Su Avvenire del 30 dicembre, il mio appello di gusto è per l’unità. ADOTTIAMO UN ALVEARE: CI INSEGNA A STARE UNITI Dal Friuli m'è arrivato un vasetto di pietre di vigna. E il profumo della terra era inebriante come una promessa, la stessa che sta sotto la coltre di neve per risvegliarsi in primavera: metafora di questi giorni dove tutti attendiamo una svolta. Apprendo che Giulio Mortara, apicoltore di Ozzano Monferrato che pensava al miele anche come cosmesi, è morto a 77 anni, causa Covid. Chissà se ha conosciuto i giovani di 3Bee di Fino Mornasco (Como) che hanno avviato un progetto di adozione di alveari mettendo in rete più di 150 apicoltori in tutt'Italia. Sono arrivati a 850 milioni di api adottate, dando a tutti la possibilità di monitorare l'alveare dal cellulare, ma anche di ricevere mieli rarissimi come quello di barena. Inverno e primavera si rincorrono sempre, come il buio e la luce. E se Confcommercio annuncia una strage di imprese, i giovani non demordono e mettono in campo iniziative, utilizzando in maniera virtuosa i social in aiuto alle aziende famigliari. Inizia così il nuovo anno, fra chi resta al palo e chi avanza ipotesi che saranno utili per il futuro, che già si sta disegnando e a cui occorre guardare con simpatia e serietà. Da sempre inizio ogni anno con un buon libro: stavolta sarà Le regole del cammino di Antonio Polito, che ha per sottotitolo In viaggio verso il tempo che ci attende. L'autore ha scelto come metafora gli itinerari di san Benedetto, in quell'Italia di borghi e paesi dove anch'io sono stato, immaginando la vita a quei tempi a confronto con quella di oggi. Cos'hanno in comune le due epoche, se non la necessità di una ricerca interiore che – dice Polito – «serve a ritrovare se stessi e il senso di comunità»? Su un giornale recente si paventava invece uno scenario all'insegna del «non saremo più buoni, ma uno contro l'altro»... Tutto è possibile, perché nella vita c'è sempre l'opzione fra bene e male. Ma esiste anche la via indicata da Polito, ossia un ritrovato senso di comunità e una politica capace di mettere al centro la responsabilità verso chi ci vive accanto. E qui si apre il tema quanto mai attuale della libertà individuale e del benessere comune, al centro del dibattito sulle vaccinazioni. Fra due giorni si entra nel 2021: brindo dunque alle sfide che ci attendono con una bottiglia di Abissi, il brut di bianchetta ligure di Piero Lugaro affinato in fondo al mare. Ha il sapore della risalita.

che fa riflettere, che pone tante domande sulla vita che è alle spalle e su quella che è di fronte. Un modo originale per raccontare un viaggio, che è sì un itinerario in Centro Italia sulle orme di san Benedetto, ma è pure il viaggio metaforico della nostra vita, fatta di ostacoli e pianure, di salite e anche discese. È la vita insomma, viviamola il più intensamente possibile. Questo è l’augurio che mi faccio e che faccio.

La copertina del libro di Antonio Polito, vicedirettore del Corsera

31 dicembre Buon anno: a letto alle 11 Ero sicuro che non avrei resistito fino a mezzanotte, e la bottiglia giusta l’ho aperta a cena con Silvana. Ma soprattutto non mi andava di accodarmi al coro sull’anno da dimenticare, perché alla magia che il giorno dopo tutto sarà meglio non ci crede più nessuno. Viviamo purtroppo con una continuità di emergenza che si protrarrà ancora per molto tempo. Quindi domani sarà tutto sommato come ieri. Oppure no?

Eccoci ancora in video Il calendario degli incontri in modalità virtuale, per parlare del mio libro, si infittisce già all’inizio dell’anno. E il 2 gennaio è il Club di Papillon del Varesotto che organizza un bell’incontro dedicato a Bruno Lauzi, figura centrale del mio libro. Il 3 gennaio andremo invece in Abruzzo, con il Club delle Virtù, che è una minestra della tradizione contadina attorno cui si è condensato un sodalizio. Il Professor Beppe Fidelibus, docente di filosofia, mi incalza di domande, con una profondità che sorprende tutti. E di questo gli sarò davvero grato. Il 4 gennaio è invece la volta di Marta Basso, voice di Linkedin, giovanissima attivista sui social, che ha letto tutto il libro e mi pone una serie di domande. Poi con Marco Gatti il 5 gennaio faremo una diretta per incontrare i nostri amici e lettori all’inizio del nuovo anno, mentre con i confratelli della Gallia ci collegheremo con Jesus Carrascosa e sua moglie Jone che sono a Madrid, per una chiacchierata. Sorpresa il 4 gennaio, quando davanti alla tv, Enzo Iacchetti chiude la puntata di Striscia La Notizia con ilGolosario in mano. E il giorno dopo su Amazon le vendite fanno schizzare il volume al 1° posto. Infine il 6 gennaio, la diretta, seguitissima, su Instagram con Nicolò Quarteroni dell’agriturismo Ferdy.

No, non è vero, un giorno non è mai uguale a un altro e ognuno ha la sua sorpresa. Il mio anno per esempio è in felice compagnia di un bel libro, Le regole del cammino, che ha per sottotitolo In viaggio verso il tempo che ci attende di Antonio Polito. Ed è un libro

Come si può intuire, queste vacanze hanno rappresentato l’aurea occasione di prendere confidenza con i social e di incontrare tanta gente. Ma soprattutto tanti giovani, curiosi, partecipi, non solo quelli che mi hanno intervistato, ma i tanti che ci hanno seguito e magari

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Iscriviti al Club di Papillon per il 2021 CARO LETTORE E SOCIO Con l'inizio dell'anno sociale (agosto) si apre la campagna associativa al Club di Papillon, che va verso i suoi 29 anni di vita. Appartenere al Club di Papillon significa sostenere un mondo e conoscerlo insieme. È il mondo del gusto, dei piccoli artigiani alimentari, dei negozi eroici, dei produttori di vino che portiamo ogni anno alla ribalta, insieme a quella che consideriamo l'autentica ristorazione italiana. I soci di Papillon durante l'anno ricevono:

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a partecipare alle nostri iniziative (locali e nazionali) con l'ingresso gratuito in tutte le aree

I NOSTRI LIBRI in omaggio LA NOTIZIA DEL GIORNO ovvero la preziosa rassegna stampa quotidiana online E poi tutte le convenzioni in essere riservate ai soci.

Iscriviti subito al Club di Papillon RICEVERAI I NOSTRI LIBRI E LA TESSERA ASSOCIATIVA

Modalità di iscrizione: - con versamento su bollettino di conto corrente postale c/c 10211159 intestato a: Associazione Club di Papillon; - con bonifico bancario (richiedi le coordinate tramite il modulo associativo o scrivendo a info@clubpapillon.it); - in contrassegno inviando via fax, al numero 0131261678, il modulo associativo qui accanto; - con carta di credito


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non mi conoscevano. Seguiranno poi messaggi, sottolineature, commenti sulla lettera del libro che per molti rappresenta una novità. L’anno inizia con questa ventata di freschezza ed è più di un valido motivo per mettersi in gioco. “È bello vivere – scriveva Cesare Pavese – perché vivere è cominciare, sempre e in ogni istante”.

alla bell’anima che hanno. Siamo alla vigilia del mio 60° compleanno (sarà l’8 gennaio) e lo festeggerò senza gli amici, che fisicamente non potranno esserci, ma il vuoto più grande sono tutti questi solidi bastioni di una vita, della mia vita, che non ci sono più. E un compleanno assume un po’ il sapore della mestizia. Ciao Beppe! Nel giorno dell’Epifania, ecco la mia riflessione su Avvenire, nella consueta rubrica “Appelli di gusto” dove ricordo la figura di Agitu, la pastora etiope della Valle dei Mocheni in Trentino, massacrata prima della fine dell’anno.

Enzo Iacchetti presenta ilGolosario a Striscia la Notizia

5 gennaio Ci saluta Beppe Fassino Anche il nuovo anno ci porta lutti. In questo caso è Beppe Fassino di Moncucco Torinese, 72 anni, un vero animatore del Basso Monferrato, che conoscevo da una vita. Fu una delle prime persone che conobbi quando nel 1983 lessi che aveva aperto al suo paese una Bottega del Vino. Lo andai a trovare, da Milano a Moncucco Torinese, per conoscere l’iniziativa, ma anche per avere spunti sulla mia tesi di laurea, che poi virò verso un’analisi statistica. Quando mi laureai, lui mi presentò al presidente della Coldiretti del Piemonte, Carlo Gottero, per farmi assumere e creare l’ufficio stampa regionale. Con lui andai in viaggio a Bruxelles, a Londra, in Francia, dove era di casa. Divenne assessore all’Agricoltura della Provincia di Asti. Organizzammo persino un’edizione di Golosaria nel castello del suo paese, nella primavera del 2009 quando il figlio era sindaco e fu un successo che ancora viene ricordato. Poi tante iniziative, quando decise di dedicarsi ai viaggi, per portare la gente all’estero, ma anche nel suo Monferrato, attraverso la Corriera del Freisa. Negli ultimi tempi lo incontravi nei convegni, sempre con la macchina fotografica appesa al collo, per immortalare dei momenti. Come quando, nel castello di Pino Torinese, celebrammo i 500 anni del Freisa e quella fu l’ultima volta che ci incontrammo. Poi il Covid lo ha portato via. Quante vite si è portato via questo stramaledetto virus antidemocratico, che attacca i più deboli, i malati. E li uccide. Senza pensare

LE PERSONE, VERA RISORSA DELLA COMUNITÀ Apro per caso una pagina di TripAdvisor sui ristoranti della mia città e scopro che di diversi locali è annunciata l'apertura alle 20. Che non ci sarà, evidentemente, perché in questo caso la tecnologia digitale non è riuscita a star dietro agli slalom colorati dei Dpcm. E i numeri si rincorrono, con quasi 100mila locali che avrebbero chiuso e altri che attendono di sapere come sarà questo primo mese dell'anno, dove fa storcere il naso la chiusura nei fine settimana. In tanti, hanno poi annunciato per oggi lo stop al delivery a causa delle compagnie che offrono questo servizio, i cui costi, alla fine, sarebbero insostenibili. Vorremmo svegliarci pensando che è vero che i ristoranti aprono questa sera, oppure che tutte le difficoltà vanno verso una risoluzione più rapida, ma la realtà è un'altra e con questa bisogna fare i conti, senza rinunciare a mettersi in gioco. Anch'io avrei voluto svegliarmi per sapere che Agitu, la pastora etiope-trentina è ancora là con le sue capre, nella Valle dei Mocheni, dopo che il 1° gennaio avrebbe festeggiato il compleanno. Ma la violenza l'ha fermata nel pieno dei suoi 42 anni, il 29 dicembre, lasciando tutti sgomenti e con una domanda: l'altro è una risorsa per me? Agitu lo è stata, e la sua è una storia di integrazione riuscita se è vero che in pochi giorni dopo la sua tragica fine, una raccolta fondi è arrivata alle soglie dei 100mila euro. Che serviranno per portare la salma nel suo paese e per dare continuità al suo progetto, magari attraverso una fondazione. Desiderava anche ristrutturare un vecchio asilo per realizzare un polo culturale-gastronomico nella valle dei Mocheni. È incredibile questa capacità di realizzare ciò che magari nessuno aveva pensato prima. Ed è la forza della persona questa, che diventa risorsa per la comunità, che oggi si interroga, coi fratelli giunti a Frassilongo, su come dar seguito a una presenza che prima non c'era. Non è il solo caso che conosca: anche in Valtellina ho un'amica, Fides Marzi, figlia delle guerre in Burundi da cui fuggì. E dopo aver appreso le tecniche della caseificazione in Valtellina, ha deciso di tornarvi, ogni tanto, per trasmettere i suoi saperi e combattere la malnutrizione endemica. Fides e Agitu: due storie di rinascita e di una montagna generosa che le ha accolte, con il male sempre in agguato, che tuttavia non può cancellare i sogni e neppure prestare il fianco agli stop verso il prossimo, come se il carnefice avesse vinto col suo impeto distruttivo. Agitu e Fides fanno parte di un altro racconto: quello della stima umana e dell'amore che fanno fiorire anche luoghi di casa nostra. 10 gennaio Su Tv 2000 con Monica Mondo Domenica sera va in onda su TV 2000 l’intervista che mi ha fatto Monica Mondo in studio a Roma e con sorpresa il mio telefonino segnala di tante persone che la stanno seguendo. Monica mi

Paolo Massobrio con Beppe Fassino

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ha fatto tante domande sul mio libro, per una mezz’ora intensa. Chiudendo la puntata con una canzone di Bruno Lauzi: Ritornerai. Non era in diretta ma è come se lo fosse stato, visto che non abbiamo dovuto fare tagli o prove, ma è andato tutto spedito. E davanti al video non è semplice rispondere colpo su colpo a domande che non conoscevo. Però Monica è davvero una grande professionista perché è andata a toccare le figure e gli sguardi che più descrivono il libro, senza rinunciare a commentare l’attualità. È stata una bella occasione. Con la tivù davvero hai la sensazione di entrare nelle case della gente e di familiarizzare con ciascuno. È diverso dai social, che pur continuano a coinvolgermi (l’ultimo è Mario, sommelier dalla Russia con una diretta Instagram). Poi mi hanno colpito i messaggi di Matteo Fenoglio, giovane vignaiolo di Serravalle Langhe che si sta cimentando con l’Alta Langa e mi scrive dopo la diretta con Ferdy, colpito dal mio racconto su Soldera; quindi Mattia Mazzalurati da Bologna che mi ha trovato in uno dei tanti incontri e che desidera incontrarmi. Quindi Cristiano Caselli da Macerata, che ha deciso di reiscriversi al Club di Papillon. Poi Alessandra Mortaro dalla provincia di Verona, giovane giornalista con cui faremo una diretta Instagram efficace. Quanta vita si mette in moto. Certo che stando fermo avrei perso una grandissima occasione di incontro.

L’intervista a Soul di TV2000 con Monica Mondo

11 gennaio Si riprende l’anno sociale Finalmente liberi di ritrovarci ai nostri posti di lavoro per riprendere l’anno. C’è da impostare le nostre iniziative, a cominciare dalle due Golosaria: nel Monferrato e a Milano, poi le lezioni a distanza: con Promo Turismo Friuli Venezia Giulia siamo a parlare di sostenibilità davanti a un pubblico di operatori, sempre on-line. Mi tocca anche una lezione di 4 ore per gli studenti del Master dell’Università Cattolica, che alla fine mi riesce, dopo aver impostato tre pause di un quarto d’ora ciascuna. Devo gestire anche la discussione di una tesi di laurea di una studentessa, Giada, che nel precedente master mi ha chiesto di seguirla. E poi ci sono le nuove attività: la partnership con Bell’Italia che vuole pubblicare tre estratti de ilGolosario allegati ai numeri di marzo, aprile e maggio; un nuovo libro, questa volta dedicato al viaggio che vorrei far uscire prima dell’estate; un libro a quattro mani sul vino, scritto insieme a Marco Gatti, per celebrare i 20 anni dei Top Hundred. Quindi le lezioni per gli operatori del Golosario sulla comunicazione, il primo giovedì di ogni mese. E naturalmente la cura dei social: da Linkedin dove sono seguito già da 1.500 professionisti, a Instagram (oltre 4.500), Facebook, Twitter e altri nuovi social. la Circolare

Non c’è tempo di annoiarsi insomma e anche se, per ora, i viaggi sono inibiti, ma le giornate sono piene di fermento e di desiderio di relazione. Ogni mattina su Instagram verso le 8,30 leggo i giornali in una diretta di un quarto d’ora con chi mi segue e oramai si è formato un gruppo di fedelissimi. Basta organizzarsi e si riesce a fare tutto. Ce la farò anche quando dovrò girare per l’Italia?

L’estratto del Golosario realizzato per Bell’Italia in tre volumi

Su Avvenire del 13 gennaio prendo spunto dalle dirette Linkedin con Alessandra Colonna per parlare del limite e di come può diventare un’occasione. I RISTORATORI IN GINOCCHIO (E IL SILENZIO DEL GOVERNO) L'ha battezzata "In vino veritas" la sua diretta su Linkedin, dove ogni lunedì alle 18.30 Alessandra Colonna convoca un migliaio di professionisti a interrogarsi su una parola. Nella scorsa puntata era “errore” e, oltre al sottoscritto ospite fisso, c'era anche il generale di brigata aerea dell'aeronautica Marco Lant che ha disquisito sull'importanza del lavoro di squadra per arginare quello che talvolta accade. E si è arrivati anche ad evocare la potenza del limite, che era uno dei quattro capisaldi con cui ci siamo rappresentati al Padiglione Italia di Expo. Tutte parole di attualità, che tuttavia stridono con la realtà che ogni mattina viene rappresentata dalla cronaca. Perché, se è vero che il limite diventa una potenza nella misura in cui attiva la creatività, è anche noto che l'errore è sopportabile fin quando non diventa perseveranza. E qui il pensiero va a chi ci governa, dove l'incapacità di fare squadra ci butta in un senso d'incertezza ancora più profondo, mentre la rincorsa all'emergenza sembra non volere far tesoro dell'esperienza precedente. Prendiamo la categoria dei ristoratori, che sono disorientati e addirittura impauriti, insieme a baristi e altri colleghi del settore food e beverage con cui stanno minacciando la “disobbedienza civile”, partita da un un cuoco di Pesaro che in poco tempo ha ricevuto adesioni. Da un'altra parte, la mitica Associazione dei Ristoranti del Buon Ricordo ha lanciato l'appello "Non c'è più tempo!", dopo 11 mesi di chiusure a ripetizione. E anche loro evidenziano che non sono stati certo i locali messi in sicurezza a favorire i contagi. In ogni caso non ci sono più tante strade da percorrere se non tre di cui una a vicolo cieco: chiudere. Le altre due sono: poter lavorare in sicurezza, per sé e per i clienti, sfidando la possibilità di fare impresa, oppure ricevere i giusti ristori per ripartire. Detto questo, mentre i cuochi del Buon Ricordo rammentano che fanno un lavoro che spesso li impegna per 16 ore e che questa fatica sembra essere calpestata come quando si cancella la dignità di una

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persona, ci chiediamo chi risponde, oggi, a questo appello. Anche perché sembra chiaro, a leggere i giornali di ieri nelle cronache locali di tutta Italia, che la situazione sia diventata insostenibile e, a catena, rischia di contagiare altre categorie di lavoratori, oggi nelle medesime condizioni. Tuttavia, credo che manchi una parola che è stata evocata anche nell'incontro su Linkedin di lunedì: Ascolto. Sembra che dal Palazzo non solo non ci siano risposte, ma anche una irritante sordità. Anche le Convention di inizio anno si svolgono da lontano Siamo ancora casa e ufficio, tutti i giorni, e i collegamenti via Zoom si sprecano. Uno veramente interessante sarà con Fra Alessandro Brustenghi da Assisi, soprannominato “il tenore di Dio”, che accetta di dialogare sul mio libro. Quindi il collega Maurizio Vitali con il Club di Papillon della Martesana, il 19 gennaio, organizzato da Gianadrea Sala: una presentazione del libro con una diretta Facebook. Ma Alessandra Colonna, nell’ultimo appuntamento di In Vino Veritas, mi fa trovare padre Natale Brescianini a commentare il tema della vulnerabilità su Linkedin. Poi Aldo Bongiovanni, fondatore di Tibiona, sabato 18 gennaio fa una diretta Instagram con me. Ma anche le convention con i Delegati dei Club di Papillon e con i collaboratori della guida si svolgeranno a distanza. Nel primo caso ricevo le relazioni da tutte le delegazioni e domenica 17 gennaio ci dedichiamo 2 ore per commentarle. E così la domenica dopo con i collaboratori della guida, che saranno anche in tanti, pronti a ricominciare. Della Convention con i Delegati di Papillon mi ha colpito la sottolineatura di tanti circa il momento del lockdown, dove si è creata una certa unità e anche una mobilitazione fra di noi come se avessimo percepito per la prima volta il valore del nostro esserci. Esserci per il gusto di creare una relazione; esserci per rendere viva quell’amicizia iniziale dove abbiamo scelto di sfidarci a conoscere più a fondo il gusto. Tutta questa vitalità ritrovata, che si evince anche dagli incontri che vengono organizzati per presentare il libro, non era affatto scontata. Poteva anche non esserci e ci saremmo trovati all’inizio del nuovo come dei reduci, magari anche un po’ invecchiati e angosciati. E invece per tanti si è trattato di una nuova giovinezza, di un’energia che mai avrebbero pensato di ritrovare. Da questo punto di osservazione, è confortevole andare avanti. Così come faremo con la guida ai ristoranti, doverosa per sostenere un mondo che si è trovato di colpo in affanno. Cari Amici e Delegati, provo a inviarvi un documento di sintesi della Convention che abbiamo svolto in modalità Zoom domenica 17 gennaio 2021. E abbiamo aperto con la canzone dell’appartenenza di Giorgio Gaber che dice: “L’appartenenza non è un insieme casuale di persone non è un consenso a un’apparente aggregazione, ma è avere gli altri dentro di sé”. Credo che queste parole siano illuminanti all’inizio di un anno che si trascina quello precedente, dove abbiamo dovuto fare i conti con l’imprevisto. E dopo aver letto le relazioni di tutti quelli che l’hanno inviata vi comunico subito due sensazioni. La prima riguarda come ci siamo ritrovati e questo lo abbiamo fatto con un sentimento di gratitudine. Perché ci siamo e perché il Covid ha toccato noi solo tangenzialmente, per cui è un dono grande poterci rivedere e relazionare. Dal mio osservatorio, poi, ho visto arrivare tante relazioni, cosa che succedeva a fatica negli anni passati, dove si è posto l’accento, la Circolare

in molti casi, su un’esperienza fatta: quella dei lunghi mesi del primo lockdown dove abbiamo inventato i pensieri della sera e le ricette. Comunque il periodo di marzo, aprile e maggio è stato ricco di iniziative e di coinvolgimento e di questo ne siamo coscienti tutti, anche se non è stato facile smuoverci da un certo torpore. Poi c’è stato un secondo livello di esperienza che sono state le cene in ComPagnia (ma anche qui, mi chiedo: nell’impegno che abbiamo profuso avevamo Alejando dentro di noi?). Perché lui ci ha dentro di sé, come le monache di Vitorchiano. Alla fine abbiamo raccolto 7.500 euro, che entro breve erogheremo in parti eguali alle due opere che abbiamo deciso di sostenere. Per il 2021 cercheremo di capire quando si potranno fare in presenza e per quale bisogno. Adesso sarebbe precipitoso. La terza occasione di esperienza è stata Golosaria Monferrato, bellissima, e poi le iniziative sporadiche che ci sono state nei vari club. Tutte hanno confermato il desiderio infinito della gente di relazionarsi, molto più di prima, e quanto abbiamo proposto è stato vissuto come qualcosa di memorabile. C’è infine un quarto coinvolgimento che è scaturito dai mesi precedenti e che è l’uscita del mio libro, che ha prodotto fino a oggi 30 incontri. Ogni incontro, con stupore, ha allargato il giro di persone da incontrare ma nello stesso tempo ha svelato sfaccettature di lettura diverse e prodighe di altri incontri e di sviluppi. Da questo punto di vista occorre non abbassare la guardia, soprattutto per l’intero mese di febbraio e promuovere subito altri incontri, perché poi la disponibilità a seguirli verrà meno, per cui non si può pronosticare troppo un’intenzione, che pure, da troppi, è stata manifestata. Le relazioni che mi sono state inviate hanno offerto spunti interessanti di lavoro e alcune le vorrei inviare in un documento we transfer. Ci saranno le relazioni di Erio Sbaragli, Arnaldo Cartotto, Gianandrea Sala, Jean Marie Ghidetti, Salvatore Sipala, Luigi Galluppi, Matteo Florean, Maurizio Lega, Fulvio Tonello, Salvatore Ferrara, Luigi Camana. All’interno di queste relazioni saranno tanti gli spunti che incontrerete, di esempi di cose fatte, di riflessioni sull’appartenenza e di come favorire un rapporto intergenerazionale che coinvolga il Club. Arnaldo Cartotto ha ben sintetizzato questo aspetto dicendo, al termine della sua relazione: “Non domandiamoci cosa possiamo fare noi per loro, i giovani, chiediamo a loro cosa possono fare per noi, per dare continuità alla nostra azione, magari innovandola”. C’è poi una frase che Francesca Settimi, mutandola dal Piccolo Principe ci ha inviato, che dice: «Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave». In ogni caso il coinvolgimento con i giovani, dove è stato favorito (penso a Matteo Florean con Marta Basso o a Fulvio) ha prodotto delle interessanti riflessioni. Dobbiamo lavorarci senza mai mollare la presa e l’attenzione, tenendo conto che quando parlo di giovani immagino anche i 40enni che, come nel caso di Fulvio, hanno dato una linfa nuova al Club e una maturità nel prendere iniziative. Ma anche con Arnaldo, col progetto della Fondazione Biellezza, stiamo lavorando con dei giovani ed è molto interessante. Durante la discussione è poi venuta fuori l’esigenza di offrire an-

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che modalità di incontro più ludiche non solo per noi ma per tutti. E qui abbiamo pensato che sarebbe bello fare un incontro con Francesca Settimi sulla panificazione, oppure uno con Marco Gatti su come si scelgono i Top Hundred. Tanto per iniziare. Poi c’è la disponibilità anche di cuochi amici come Sergio Barzetti, di fare qualcosa di casalingo o di altri sul tema dei formaggi. Nel frattempo, per tutti gli operatori citati su IlGolosario (anche ristoratori) abbiamo realizzato 8 lezioni che andranno in onda ogni primo giovedì di ogni mese, alle ore 18. Durante la discussione sono arrivate anche due proposte: la prima di Arnaldo di fare più momenti come questi, magari con cadenza ogni 40 giorni, l’altra di Silvana di fare un grande evento, tipo il Treno del 1993 per salutare il ritorno alla normalità. Ma questo immagino sarà possibile solo nel 2022. Per il 2021 sarebbe bello poterci trovare da Ferdy, che quest’anno abbiamo scelto come simbolo della Colleganza, tema su cui lavoreremo quest’anno. 19 gennaio Quando muore un patriarca Quando muore un patriarca del vino, in Langa, si avverte un fragore come qualcosa che affonda dentro la neve. Olivio Cavallotto, 90 anni era uno di questi, barolista a Castiglione Falletto, uno dei miei preferiti assoluti, le cui magnum conservo per i momenti migliori, come quando festeggiammo i nostri 30 di matrimonio e quel bicchiere condiviso con gli amici fu memorabile. Olivio lo conobbi alla Coldiretti, quando per dieci anni ricoprii, come primo lavoro, il ruolo di capo ufficio stampa alla Federazione Regionale del Piemonte. Mi ha sempre colpito il suo volto buono che ha trasmesso ai suoi figli. Lui, credo sapesse, perché l'ho scritto anche sui muri, che io sono un barolista di Castiun. E il suo Bricco Boschis è un riferimento imprescindibile. Grazie Olivio! È il testo del messaggio che ho postato su Linkedin con il volto buono di Olivio e che in tanti hanno visualizzato.

Il barolista Olivio Cavallotto

Esce Buono come il latte! Iniziativa di principio d’anno by Golosaria è questa sezione nuova del nostro sito che riguarda l’Osservatorio del Latte, ovvero tutto ciò che ruota intorno al mondo del formaggio. Uno spazio diviso in tre sezioni: case history, attualità e ricette che avrà notizie orila Circolare

ginali per diventare un punto di riferimento in un campo che è sempre stato all’attenzione di Golosaria. Ma sarà anche il terreno di un esercizio divertente, per raccontare come si mettono le mani in pasta, con il latte. La prima esclusiva che raccontiamo è l’uscita della Focaccia col formaggio di Manuelina nei supermercati Basko. Un’iniziativa figlia di questo periodo che ha visto la chiusura dello store di prodotti di fronte allo storico ristorante e anche del punto a Milano negli spazi della Rinascente. È nata questa sperimentazione, dove la focaccia si avvicina molto all’originale, a giudicare dall’assaggio giunto in anteprima. La ricetta con cui apriamo la sezione è invece la torta al formaggio di Luigi Veronelli, ricetta di Natale che mi regalò nel Natale del 1985 quando feci la mia prima intervista.

La focaccia di Manuelina sbarca nei supermercati Basko

20 gennaio Le enoteche a metà? Ma è mai possibile che le enoteche debbano chiudere alle 18 mentre al supermercato il vino si può acquistare direttamente? Dilaga la nostra protesta, con un post su IlGolosario.it che riproponiamo e che verrà ripreso anche dai giornali. ENOTECHE A METÀ: QUESTA SÌ È UN’INGIUSTIZIA Voglio partire da un fatto curioso che mi è successo proprio ieri. Su facebook abbiamo pubblicato un post sul mio ultimo libro Del Bicchiere Mezzo pieno – Quando nella vita conta lo sguardo. Come sapete è un libro di racconti di un’umanità varia e il bicchiere rappresenta una metafora. E poi non c’è neppure scritto che sia di vino. Ma tant’è. Dopo un’ora arriva un avviso di “VIOLAZIONE DELLE NORMATIVE” perché, vi è scritto sotto: “Gli annunci non possono promuovere l’acquisto e la vendita di alcol”. Ora, se la prima reazione è stata quella di una risata, la seconda è stata di scrivere, senza ironia (ed è stata dura trattenersi) al centro assistenza per spiegare di che si trattasse. E tutto si è risolto. Però la faccenda mi ha fatto pensare, perché per analogia anche il Governo si comporta così, con la differenza che poi non ti risponde a procede con l’accetta nel decurtare la libertà di impresa a interi settori. Ciò che in questi giorni fa trasecolare, ad esempio, è un’ingiustizia palese, per cui le enoteche possono restare aperte fino alle 18, mentre i supermercati che pure vendono vino sono aperti fino alle 20 e anche oltre. Per cui: se uno esce dall’ufficio e vuole portarsi a casa una bottiglia di vino, deve accontentarsi di ciò che passa il convento, ovvero la Gdo, con grave danno per le enoteche. Ma

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cosa c’è sotto, quale idea può aver portato a questa ingiusta norma che mortifica una professionalità, quella degli enotecari oltre alle cantine che forniscono le enoteche medesime? Possiamo immaginare che da qualche scrivania romana qualcuno pensi che l’acquirente di vino in enoteca sia un avvinazzato che esce con la bottiglia stappata e beve a canna fino alla fermata dell’autobus. Oppure che il vino è un bene non necessario e quindi va limitato, anche se la Gdo può far quello che vuole. E qui ci risiamo, come il gioco del Monopoli dove capita di tornare al Via. Nel primo lockdown avevamo stigmatizzato certe imbecillità, come quella di sanzionare chi acquistava vino, facendo presente che non è inasprendo norme inutili e limitanti che si aiuta un Paese. Non me lo deve dire Conte, il ministro di turno e nemmeno il vigile solerte, quale sia la necessità fra le mie mura domestiche, dove non si nasconde un popolo di ubriachi, che sarebbero tuttavia più lucidi di certi burocrati abituati a scrivere con l’accetta.

L’immagine pubblicata su ilGolosario contro la chiusura delle enoteche

Anche su Avvenire, continua la battaglia contro le chiusure. Ecco il pezzo del 20 dicembre. È TEMPO DI SOSPENSIONE PER BAR E RISTORANTI Monica e Luis hanno utilizzato la lista di broadcast del telefonino per l'ultimo appello ai clienti affezionati: «Abbiamo bisogno di voi: pagate ora un pranzo per una persona e venite in due entro il 31 marzo. O nel 2021». Quaranta euro in due, come i saldi di fine stagione o il 3x2 della Gdo che tuttavia lavora con ondivaghe precauzioni per la sicurezza. Non tutti rilevano la temperatura all'ingresso e non risulta che ci sia qualcuno che sanifichi i carrelli della spesa che passano di mano in mano. Invece il ristorante non va bene: sarebbe un luogo di assembramenti, anche se non di focolai, visto che la cronaca non rileva questo allarme. Ma la cronaca è ben strana: si è già stancata di fornire i dati dei contagi benché l'indice tamponi/positivi oscilli intorno al 5%; ma non bisogna essere ottimisti, altrimenti il rischio è di abbassare la guardia. E magari vien da dar ragione a cuochi e camerieri che sono a rischio col lavoro. Intanto lo smartworking sembra una certezza acclarata: rimarrà per molto tempo, mentre i giornali offrono ai superstiti della scrivania i tutorial per preparare la schiscetta. E se il capo di abbigliamento più gettonato nelle compere natalizie è stato il pigiama, il resto degli acquisti è in stallo (e il vino in enoteca è proibito dopo le 18, ma al supermarket no. Ingiustizia). Si attende la Primavera, che è metafora di una ripartenza, ma anche un obbiettivo temporale dove la speranza è che si allentino le restrizioni. Le cronache locali dei giornali, in questi giorni, offrono un quadro realistico: multe e chiusure per i ristoratori "disobbedienti" che venerdì scorso hanno aperto, col risultato di aver messo al centro dei dibattiti televisivi le loro istanze, ma anche addio all'ultimo negozio di alimentari di un paesino, che invita tutti ad andare, anziani o giovani, a prendersi il carrello (non igiela Circolare

nizzato) del supermercato più vicino. Un affinatore di formaggi di Arona, Giovanni Fiori, ha dichiarato di aver perso i clienti di bar e ristoranti, ritrovando però i privati. Alla stregua dei vinnaioli, che hanno orientato la vendemmia 2020 a vini da invecchiamento (sempre che la cantina sia capiente per favorire la capitalizzazione di bottiglie), si orienta verso stagionature anch'esse prolungate. Il formaggio e il vino saranno migliori, forse, ma quando finirà questo senso di sospensione? Ora è dal Recovery Fund che si attendono risposte, ma anche la politica sembra sospesa. E domandarsi fino a quando, non è un gran bel segnale. Anche i giornali parlano di... E anche la carta stampata si dedica al mio libro, prima con un articolo di Camillo Langone su Il Foglio, nella sua rubrica “Preghiera” dove conclude il pezzo dicendo “Potessi avere metà dell’ottimismo di Massobrio. E un quarto della sua cantina”. Poi Roberto Perrone su Il Giornale, con una mezza pagina che ripercorre alcune tappe autobiografiche e che titolano “Dal Monferrato a Milano col bicchiere mezzo pieno”, il racconto di 35 anni di cultura del cibo nel Bel Paese. Ma non sono i soli articoli che sono usciti, anzi, cronologicamente il primo è stato di Stefano Dondi su IlSussidiario.it, ossia di colui che di fatto ha ispirato la nascita del libro, una sera a cena a casa sua. Poi su Tempi, che è un periodico online, dopo la pluridecennale esperienza cartacea, l’onore di una recensione partecipata del suo fondatore Luigi Amicone che si è rammaricato di non avermi seguito assiduamente in questi anni. Il primo articolo su un quotidiano, il 10 gennaio, è stato invece di Gianfranco Manfredi sul quotidiano del Sud che ha titolato “Ha dato l’anima al vino e al cibo”. Ogni presentazione del mio libro, sia a voce sia scritta, coglie sempre un’angolatura particolare e in questo ritratto ci sono gli anni dove l’enogastronomia è diventata un fenomeno, che ora in qualche modo si deve reinventare senza buttare via ciò che di buono è stato fatto. Credo sia stato importante ricordare da dove siamo venuti, per capire dove potremmo andare. Quasi un percorso di sguardi che va da Jean Valenti, Zola, Marchesi e Veronelli a Ferdy oppure Giacomo Perletti ad Oltressenda Alta.

L’articolo di Roberto Perrone uscito su il Giornale

23 gennaio Confartigianato Cuneo presenta gli itinerari col panino Un altro aspetto di questo periodo è certamente la creatività. E quelli di Confartigianato Cuneo di creatività ne hanno da ven-

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dere, non solo per le due iniziative dedicate alle Eccellenze della propria provincia che sono poi finite in due volumi molto belli (il primo dedicato ai ristoranti, il secondo alle pasticcerie), che ho presentato sia nel 2019 e sia nel 2020, a settembre a Fossano, ma per ciò che hanno inventato per il 2021. Sono partiti dal panino d’autore, che fa venir voglia di mangiarlo solo a guardarlo ed hanno realizzato “Passeggiate Gourmet”, itinerari nei luoghi più nascosti e belli della loro provincia. Detto così sembra una cosa semplice, ma in verità è complessa, nella sua realizzazione. Hanno creato uno zaino apposito, hanno codificato una serie di panini, hanno promosso degli itinerari a piedi aiutati da un’associazione locale. Insomma hanno coinvolto il territorio. E così sabato pomeriggio mi hanno voluto alla conferenza stampa virtuale, in collegamento con l’Open Baladin di Cuneo, perché l’abbinamento che i camminatori troveranno nelle zaino è con le birre. Io sono stato rapito dalle immagini del primo itinerario, in mezzo alla neve, ma anche dall’impegno nel realizzare quei panini, con i migliori prodotti della Provincia Granda. Se mi chiedessero quale delle tre iniziative mi è piaciuta di più, direi senz’altro questa, perché accende il desiderio in un momento dove c’è bisogno di sognare e immaginare un modo per stare con qualcosa di bello, e anche di buono. Vedremo dunque come si evolverà il programma, ma intanto ecco gli itinerari mese per mese: a gennaio il Sentiero delle Cappelle di Carrù, quindi il Sentiero del Pescatore a Fossano (febbraio), il percorso di Santa Lucia a Dogliani (marzo), la passeggiata al Pis del Pesio in val Pesio (aprile), la camminata al lago Biecai in val Ellero (maggio), la passeggiata tra Sale Langhe e Sale San Giovanni nel Cebano (giugno), la camminata ai Laghi di Chianale in val Varaita (luglio), il Sentiero dei Laghi di S. Anna di Vinadio (agosto), il giro nel gruppo Provenzale in val Maira (settembre), il sentiero delle Grandi Vigne nel Braidese (ottobre), del Lupo a Montelupo Albese (novembre) e il sentiero lungo il Maira a Savigliano (dicembre). Per informazioni www.creatoridieccellenza.it.

La crisi della politica, prima che arrivasse Draghi (scelta necessaria su cui avevo fatto una scommessa col direttore di Italia Oggi Pierluigi Magnaschi) è al centro del mio articolo su Avvenire del 27 gennaio. AAA CERCASI UNA VISIONE PER RIPARTIRE. IN FRETTA Con la caduta dell'Impero romano, mi ha ricordato padre Natale Brescianini in un dialogo social, il monachesimo benedettino rappresentò un punto di ricostruzione, di rinascita e anche d'aggregazione. Si stava parlando di vulnerabilità, tema quanto mai attuale oggi, e l'idea di guardare la realtà col binocolo della storia ha infuso un senso di speranza, giacché la storia la possono fare anche i singoli (come fece san Benedetto) che però hanno una visione. Ed è quella che manca in un momento dove i giornali sono pieni di barzellette sulle dichiarazioni di rappresentanti che sono stati votati dal popolo. E se il più celebrato è il senatore Ciampolillo, che ha messo la residenza su un ulivo e pensa di combattere la xylella col sapone, poteva risparmiarsi il paragone l'onorevole Vinci, che è arrivato a chiedersi come mai i ristoranti sono chiusi mentre le mense degli ospedali no. Ora, se non siamo alla caduta dell'impero, perché come potenza abbiamo perso punti nella storia e tanti altri li stiamo buttando all'aria in assenza di visione, siamo al maltrattamento della nostra democrazia. Da qualche parte bisognerà pur ricostruire, non sapendo bene quali saranno i danni e quando ci si potrà rimboccare le maniche. E non è solo questione di imprese (170mila autonomi e 30 mila imprese hanno cessato l'attività entro il giugno del 2020), ma anche di salute. Un campanello di allarme arriva dagli adolescenti affetti sempre più da due patologie legate all'alimentazione: anoressia e bulimia. Due facce della stessa medaglia: la depressione. Che, se ieri colpiva pressoché ragazze intorno al 14 anni, oggi interessa anche maschi dodicenni, con un netto raddoppio dei casi in coincidenza col lockdown. Il rifiuto di ciò che nutre, che vale per chi non assume cibo (anoressico) o per chi mangia senza una misura ma poi lo vomita (bulimico), è proprio l'assenza di una visione, poiché significa il rifiuto della vita, il cui principio si attiva con la nutrizione. Questo allarme dunque dice che non possiamo più vivere nell'incertezza: provoca disastri inimmaginabili. Ma l'incertezza istituzionale cui stiamo assistendo non fa altro che amplificare l'angoscia. Per questo non fanno più sorridere le macchiette dei politici, che stonano con lo spegnimento del sorriso sulla bocca di tanti giovani, ma anche di anziani che, leggendo le cronache locali, sono costretti a chiudere il negozio, la partita Iva, ciò che insomma dava loro una visione. Per questo l'appello che lanciamo oggi, perché non ci venga spento anche il gusto, è uno solo: fate presto! 28 gennaio Con Mauro Corona agli Stati Generali della montagna Mi invitano a moderare un convegno, sempre in forma online, sugli Stati Generali del Lavoro della Montagna che fisicamente si tiene a Courmayeur, ma di fatto avviene in modalità remota, con il collegamento online dei vari soggetti, compreso il sottoscritto, invitato dall’organizzatore Piercarlo Barberis. Il tema del mio incontro era “La nuova agricoltura di montagna e la sostenibilità di breve e lungo periodo” e fra gli ospiti che ho sollecitato con le mie domande c’era anche Mauro Corona, scrittore, alpinista e scultore italiano, anche se un personaggio del genere, che appare spesso in televisione è Mauro Corona e basta. A parlare c’erano poi Davide

La locandina di Confartigianato Cuneo che presenta l’iniziativa delle passeggiate gourmet la Circolare

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Sapinet, assessore all’Agricoltura della Regione Valle d’Aosta, la manager Susanna Sieff della Fondazione Cortina2021, in procinto di aprire i Mondiali di sci (sarà il 7 febbraio); quindi Francesco Montanari, un simpatico e concreto professore di diritto tributario, da cui ci aspettavamo novità sui contributi e opportunità per la montagna, ma il piatto era vuoto ed ha virato su una serie di priorità da girare alla politica che nel frattempo era uscita dal ristorante (metafora per dire che si stava formando un altro governo). Fantastico l’intervento di Ludovica Beatrice Rubbini del San Brite, l’agricucina di Cortina premiata dalla nostra guida con la corona radiosa e fra le 22 tavole memorabili dell’anno. Una storia agricola, c’è anche il caseificio, che assomiglia molto a quella di Ferdy. Quindi l’intervento dei rappresentati di Way, che hanno dimostrato come si può governare l’agricoltura di montagna con i droni. Ha chiuso l’assessore all’Ambiente di Courmayeur Ephrem Truchet. Insomma una chiacchierata davvero molto interessante, partita con il cahier de doléance di Mauro Corona sull’abbandono della montagna e finita con tante immagini di prospettiva. La giovane Ludovica del San Brite, che dovrò andare a trovare quanto prima, è stata illuminante e mi ha offerto la medesima sensazione di chiarezza sul futuro di Nicolò Quarteroni. Ma anche Mauro Corona, che gli organizzatori in qualche modo temevano per la sua imprevedibilità, è stato alle mie domande e alla fine il dialogo è risultato anche simpatico. Del resto Corona ha fatto il primo intervento, ma anche se non era richiesto ha seguito tutto il convegno ed è pure intervenuto nelle conclusioni. Conquiste del moderatore.

Mauro Corona e Paolo Massobrio agli Stati Generali della Montagna

Anticipo qui il mio articolo di Avvenire del 3 febbraio, perché è dedicato proprio ai temi della montagna discussi nel convegno di cui sopra. POVERA MONTAGNA, SEPOLTA DALLA BUROCRAZIA È stato interessante assistere agli Stati Generali sul lavoro della montagna dove, in qualità di moderatore, ho potuto interloquire fra gli altri con Mauro Corona, che ha disegnato un quadro inquietante della cosiddetta «montagna povera», che ha comunque i medesimi vincoli ambientali e paesaggistici della montagna ricca: per cui per fare una tettoia ci vogliono anni, dopo un peregrinare fra commissioni di vario genere. Si chiama burocrazia il male che mortifica la gente di montagna, che chiede solo di poter agire perché altrimenti un territorio si inselvatichisce. Eppure per abbattere un albero ci vuole la presenza delle guardie forestali, che magari sono sotto organico. E poi ci sono casi disperati, come chi ha ricevuto addirittura 16mila euro di multa per aver costruito una tettoia di riparo per la legna. O quel giovane, Felila Circolare

cino, che ha investito su 80 pecore, una stalla e un progetto per ragazzi con qualche disabilità: è partito con molto entusiasmo e coraggio, salvo poi vedersi revocati i contributi. E chi si occupa di lui se in fondo la montagna spopolata non porta voti ai politici? In assenza di idee – ha chiosato Corona – si mettono dei vincoli; ma tutto questo fa male e rimarca l'immagine di un Paese senza una visione. Da Varese la Coldiretti tuona contro la medesima burocrazia che non permette uno sviluppo ai giovani. Ed è un paradosso se pensiamo come aumenta a dismisura la disoccupazione, nonostante il blocco dei licenziamenti... Perché chi vuole costituire un'impresa agricola deve misurarsi col proprio spirito di sopportazione? Al contrario a Busto Arsizio il Comune ha deciso di affidare 50 ettari di terreni rimasti incolti, favorendo il ritorno dei giovani. È un segnale incoraggiante, anche se non basta perché poi l'iter burocratico è tale che si rischia che quegli stessi giovani beneficiari alla fine lascino perdere esasperati. Un altro caso: sulle montagne dell'Alta Val Borbera, a Dova, don Luciano Maggiolo ha creato una cooperativa agricola con allevamento, agriturismo e una festa in pieno agosto che ha favorito l'autofinanziamento del progetto. Ma anche don Luciano, 80 anni, ora deve desistere, dopo aver combattuto per 55 anni per evitare lo spopolamento: non c'è più la voglia di prendere il testimone e l'unica strada percorribile resta la costituzione di un museo che renda viva almeno la memoria, mentre un'attività sui social ha fortunatamente destato qualche interesse per continuare a gestire l'azienda agrituristica. Sì, il quadro della montagna oggi è coperto da troppe ombre e la luce può venire soltanto da una politica che si piega al concetto di sussidiarietà, così da chiedere semplicemente a chi ha voglia di impegnarsi: «Di che cosa avete bisogno, voi giovani intrepidi che avete ancora un sogno?». 29 gennaio Degustatore vini cercasi Stanno un po’ scemando le degustazioni dei vini a distanza, almeno rispetto alla prima parte dello scorso anno. Sono sempre di meno le aziende che ti chiamano per vivere questa esperienza che, tutto sommato, non è male, come quella che celebra un traguardo importate della cantina Valle Isarco che ci ha inviato tre tipologie di Sylvaner e tre di Kerner (questo decisamente superiore). Però, tornando alla frequenza di questi assaggi, fra il sottoscritto e i miei collaboratori che a loro volta vengono contattati per il medesimo motivo, la media di una alla settimana ha tenuto anche nel primo mese del 2021. Non so quanto o come funzionino le degustazioni private, ma credo che, con una buona organizzazione sia una strada percorribile e anche divertente, anche se tutti speriamo che possano riprendere i tour in cantina e, proprio oggi, mi è arrivata una notizia desiderabile: Benvenuto Brunello viene confermato, in presenza, ai primi di marzo. Eccoci! Certo quando chiama Riccardo Cotarella, tutti ci sono, salvo poi cadere nel solito vizio di parlare troppo, permettendo ad esempio che il vino si scaldi. Lo rilevo nella chat e c’è subito il paraculo che deve dire che invece no, la temperatura è perfetta. Ma cosa ne sai della temperatura della stanza del mio ufficio? Dopo mezz’ora dall’inizio deve intervenire la scala gerarchica della cantina, scambiando un evento online da uno in presenza. Poi Cotarella ci mette del suo invitando a parlare i giornalisti che “contano”, secondo lui, e provocando la reazione di altri, me compreso, ad abbandonare la lunga presentazione. Questo per dire che può andare a schifio un evento in presenza come mi è capitato di raccontare qui altre volte, per via magari di

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uno chef che vuol essere lui il protagonista e non il vino. Ma la maggior parte delle volte disturba anche un evento online condotto con gli stessi tempi e le medesime dinamiche di un evento in presenza. A differenza del fatto che un giornalista chiede la parola, in presenza, mentre online, chissà perché decide Cotarella secondo la sua personale preferenza di pesi e di misure, simpatie e opportunità. C’è un detto milanese che dice “Offelèè fa ‘l to mesté”. Sei sei un enologo, dunque fai l’enologo. Magari il moderatore, che è un mestiere, lo fai fare a chi è capace, sapendo che userà una tecnica non secondaria: immedesimarsi in quelli che si avrà di fronte. 1° febbraio ABC nuove forme di comunicazione e tanti altri incontri Elena Ugolini, cara amica, insegnante a Bologna, mi deve avere intercettato su Linkedin, nelle dirette con Alessandra Colonna e a quel punto mi ha agganciato per invitarmi nella sua realtà, che ha costruito insieme a Paolo Spada. Si chiama ABC Live ed ha come sottotitolo “il piacere di imparare”, in pratica hanno creato un palinsesto di incontri, almeno uno al giorno, serali, dove affrontano i temi più disparati, invitando varie personalità. La gente si abbona, come a teatro, e può partecipare agli incontri che desidera (sono circa 1.800 gli abbonati). L’incontro serale del primo di febbraio era dedicato al mio libro, Del Bicchiere Mezzo Pieno, con un intervistatore come Paolo che ha scelto di far scorrere le foto dei personaggi del mio libro, provocando il mio commento. Un’ora simpatica e divertente, dove ho incontrato anche persone insospettabili. Ma a proposito del mio libro ecco altri incontri, come quello di venerdì 29 gennaio con Nunzio Primavera, giornalista della Coldiretti con cui feci il praticantato per diventare professionista nel settimanale Il Coltivatore. Oggi che è in pensione abita a Siracusa e scrive libri sulla storia contemporanea (La gente dei campi e il sogno di Bonomi e La terra restituita ai contadini sono i suoi ultimi). Abbiamo fatto una chiacchierata molto bella, organizzata da Salvatore Sipala, delegato del Club di Papillon di Siracusa, che è partita con un panegirico dove Nunzio ha voluto ricordare innanzitutto cosa non sono. Domenica ci siamo invece collegati col nascente (ma nascerà?) Club di Papillon di Domodossola, e con gli amici di Alessandro Bassa, che è anche un protagonista del mio libro con la sua pizza contemporanea. E si sono collegati Giodi, dell’omonimo caseificio di Cosasca di Trontano che – udite udite – ha aperto un negozio in centro a Domodossola, in piena pandemia e sta andando forte e poi il magnifico Edoardo Patrone, che sta scrivendo una nuova pagina sul vino Prunent ecotipo del nebbiolo in alta montagna. Altri incontri, tanti, nella settimana a seguire: il 2 febbraio con le Soroptimist di Alessandria per un incontro dove c’erano Monica e Beppe Perrone, la presidente, Valeria Moratti, originaria di Felizzano, ma anche la collega Emma Camagna, 89 anni, firma de la Stampa, che ha ricordato le degustazioni anonime di pasticcini dei primi numeri di Papillon. La signora Pittaluga si è soffermata sui ricordi di Rocchetta Tanaro, mentre Mazzarella Fenu in un messaggio che mi ha inviato ha evocato un’amica di Francavilla, Assuntina Lubiano, che era una pasionaria vera. Con Roberto Astuni e Massimo Vallotto parleremo poi del mio libro e dei vitigni resistenti (i Piwi), tema che affronterò su la Stampa nella mia rubrica settimanale, quindi altri incontri, col Club di Papillon della Valtellina, con l’amico Dario Benetti direttore di Quaderni Valtellinesi e la delegata Francesca Traversi, e del Club di Pavia con il decano degli enologi Mario Maffi invitato dal delegato Luigi Camana. la Circolare

È incredibile come ogni incontro non sia mai uguale all’altro anche se l’oggetto è sempre lo stesso, un libro, il mio libro. Eppure in quelle 200 pagine gli spunti per una conversazione e per una riflessione, presa sotto tanti aspetti della vita e del mestiere, aprono a un mondo. E se la serata dei Soroptimist è stata divertente per il calore dei ricordi, quella della Valtellina ci ha portati a parlare di montagna e di industria mentre con quelli del Bassanese, di sostenibilità. Sarebbe un peccato che si perdesse tutto questo moto di relazioni. Ma nel frattempo ci sono altri dieci incontri in programma e non è poco. 4 febbraio Il Webinar de ilGolosario All’appuntamento si sono accreditati in 200, per assistere alla prima lezione dedicata allo storytelling. È un’iniziativa nuova, nata dall’esperienza di Golosaria Fiera Online dove con un gruppo di docenti (il sottoscritto, Fabio Molinari, Alessandro Ricci, Marco Gatti, Andrea Musmeci, Giuseppe Perrone e Monica Deevasis) ci occupiamo di tecniche di comunicazione rivolta ai protagonisti de IlGolosario, in entrambe le versioni (prodotti e ristoranti). Un’ora insieme, alle 18 del primo giovedì di ogni mese, secondo questo calendario e sulla piattaforma Zoom. 2° webinar - giovedì 4 marzo I MATERIALI PER LA COMUNICAZIONE Cosa non deve mancare e i diversi canali 3° webinar - giovedì 1 aprile SCRIVERE DI ME Quando fare un comunicato stampa e come. I rapporti con i giornali 4° webinar - giovedì 6 maggio IL SITO INTERNET La mia vetrina digitale 5° webinar - giovedì 3 giugno FIERA E BUSINESS La corretta strategia di comunicazione 6° webinar - giovedì 1 luglio FOCUS SU FACEBOOK Come organizzare una campagna social 7° webinar - giovedì 5 agosto FOCUS CANTINE Come cambia il modo di raccontare il vino 8° webinar - giovedì 2 settembre LA BOTTEGA ITALIANA CONTEMPORANEA Strategie per un cambiamento 5 febbraio Impazza Club House È arrivato un nuovo social, ovviamente dall’America, e la crescita in Italia è stata subito esponenziale. Da una settimana il tam tam va a ritmo di un articolo al giorno su quotidiani e tivù con servizi dedicati, mentre cresce la community italiana che si iscrive, grazie agli inviti che si possono ricevere da chi è già dentro alla piattaforma. Di che si tratta in sostanza? È un social dove si interagisce solo con la voce, come fosse una radio e un podcast. Tu ti colleghi e si apre la tua room dove possono entrare ad ascoltarti i tuoi

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follower o anche altri. Da un pulsante possono alzare la mano e chiedere di intervenire e la platea di ascolto si allarga. Questa sera, per esempio, ho accettato l’invito di Andrea Concas, un ragazzo di Cagliari che si occupa di arte e con lui di Marta Basso ed ho partecipato a un dibattito su arte e vino, insieme a Paolo Nenci, produttore di Chiusi che non conoscevo e Antonella Manuli, titolare della Maliosa di Saturnia, che è la persona che mi ha inviato il primo invito per entrare nel social. Che dire? Si sono collegate in poco tempo 60 persone, tutte giovani, ma soprattutto educate e preparate che hanno interagito con noi parlando di vino, ma anche di come l’arte è entrata in quel mondo, attraverso le etichette, le installazioni e quant’altro, fino al packaging secondo l’esempio di Comieco e del Concorso dedicato ai giovani designer per il Monferace. Paolo Nenci ha addirittura lanciato la provocazione che il problema del vino che non viene venduto in bag in box è spesso il packaging, mentre un altro vignaiolo della zona del Prosecco ha posto l’accento sul fatto che oggi la mano dell’enologo si sente sempre meno, non è più riconoscibile come in passato, mentre vince l’espressività del territorio. Domenica sera abbiamo fissato anche noi un appuntamento dal titolo evocativo “Del bicchiere mezzo pieno”, per una chiacchierata di un’ora con chi vorrà seguirci. Ma intanto sottolineo due aspetti di questo nuovo social dove capita spesso di darci un occhio. La prima è che, a differenza delle trasmissioni televisive qui nessuno urla, almeno per ora, segno che i giovani sono più educati di quanto si pensi. Il tono è pacato, sereno, e spesso emergono spunti davvero interessanti. Il secondo dato è che i social rischiano di occupare sempre più tempo e spazio nella tua vita e il rischio poi è di accusare il colpo. Bisogna saper graduare le cose, fra Instagram, Linkedin, Facebook, che sono i social consuetudinari e questo nuovo. Un buon metodo può essere fissare degli appuntamenti settimanali. Vedremo l’evoluzione. Di Club House ho parlato anche sull'articolo uscito su Avvenire il 10 febbraio. IL SILENZIO È NECESSARIO, PRIMA DI ESSERE SOCIAL Impazza il nuovo social, Club House, che consente di relazionarsi solo con la voce, come una radio, con un moderatore che dà la parola a chi entra dentro una room virtuale. E le “stanze” offrono gli argomenti più disparati: dalla rassegna stampa con Fiorello al vino venduto online. Ma c’è anche don Alberto Ravagnani, giovane sacerdote di Busto Arsizio che alle 9 del mattino commenta Il Vangelo e ieri erano connessi in 300. Don Paolo Pardini da Tortona concepisce i social come terra di missione ed è sul campo da tanti anni, mentre don Alberto non s’è tirato indietro dall’essere anche su Instagram e TikTok. Sono le nuove frontiere di quella sete di relazione che caratterizza questo periodo, per cui nel fine settimana i ristoranti si sono riempiti e nella Langhe hanno fatto i doppi turni dando da mangiare dalle 3 del pomeriggio (Ma attenzione dal fare di ogni erba un fascio: gli assembramenti nei luoghi cult delle città sono diversi dall’entrare in un ristorante). Tornando a Club House, che pure io ho iniziato a frequentare perché i contenuti migliori sono sempre nel momento nascente, dopo tre giorni ho iniziato a temere, a fronte della richiesta quotidiana di intervenire su vari argomenti oppure quando, affacciandomi in una room, il moderatore mi offriva la parola. Confesso che ho avuto la sensazione che qualcuno rubasse il mio tempo e che io stesso fossi pronto a buttare alle ortiche il silenzio. Poi leggendo il la Circolare

discorso del papa al corpo diplomatico di lunedì mi sono soffermato su quella che lui ha chiamato “catastrofe educativa” ed ho riflettuto quando ha detto che “La pandemia ha fatto emergere la necessità che ogni persona ha di avere rapporti umani”. Che sono diversi da quelli virtuali, giacché subito dopo Francesco ha messo in rilievo come la didattica a distanza abbia comportato una dipendenza dei bambini da internet, rendendoli più vulnerabili. E qui torna d’attualità san Benedetto e la sua regola, dove la misura diventa il confine necessario, ancor più oggi, fra l’ascoltare qualsiasi cosa e l’ascoltare sé stessi. Il mio appello è allora ai genitori che non devono cedere all’abbandono di una relazione, ma favorirla, iniziando dalla tavola. La si apparecchi insieme e se possibile si cucini coi figli; insomma si cerchi un ambito di esperienza dove nessuno entri: né televisione, né social, che sono vieppiù pericolosi. Era il consiglio che mi diede madre Anna Maria Canopi: il silenzio anche per soli pochi minuti al giorno. E mi è stata maestra, con questo spazio da conquistare, della misura anche dentro un mondo di relazioni virtuali. 7 febbraio Il Bicchiere mezzo pieno dei giovani Luigi Galluppi, delegato del Club di Papillon del Varesotto ha organizzato un secondo incontro coinvolgendo questa volta i giovani. E con me, a parlare del libro, c’era Giacomo Perletti, che è uno dei 50 protagonisti, ma anche Miriam Pisoni, che sulla memoria del nonno ha creato Il Campo della Merla a Busto Arsizio dedicata alla produzione di zafferano e Ilaria Annoni che a Cardano al Campo è tornata a riabilitare la distilleria di famiglia rimettendo in circolo le ricette di un antico vermut, il Vermut Milano-Cardano-Torino della distilleria Tim. I tre giovani avevano letto tutti il mio libro e sono intervenuti, ma quello che più mi ha colpito sono state, per le due ragazze, le iniziative di solidarietà che hanno voluto mettere in campo per la loro attività. Quasi un inizio dove dentro l’orizzonte c’è anche il bisogno del mondo. Bellissima poi la testimonianza di Giacomo che ha raccontato come il montanaro contemporaneo, per stare in piedi, deve saper fare di conto. Solo così sta in piedi e si espande. E dopo 10 anni, forse questa estate anche Giacomo apre il suo ristoro agrituristico dove eserciterà una passione, o meglio il sogno della giovinezza: l’abbinamento cibo e vino e l’ospitalità. Ma ci rendiamo conto che tutto questo che racconto accade nell’anno horribilis 2020?

L’incontro con i giovani organizzato dal Club di Papillon del Varesotto

Alla sera eccoci alla nostra prima room dedicata, con Marco Gatti, Daniele Sacco, Francesca Settimi, Antonella Manuli. Iniziamo a dialogare sul nostro libro, ma dopo un’ora i partecipanti sono solo una ventina. Fra questi Emanuele, il titolare di un’agricu-

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cina a Sestri Levante, la Pergola dei Paggi, che ci racconta della sua attività. Dopo un’ora esco dalla discussione, ma scopro che Francesca Settimi e Peppone Calabrese, conduttore di Linea Verde vanno avanti; quando ritorno dopo dieci minuti ci sono 100 persone, fra cui Massimo Bottura, chef della Francescana. Mateja Gravner, Massimo Bernardi fondatore di Dissapore, Roberta Garibaldi, esperta di enoturismo, Steve Kim di Vinitaly e tanti altri. A quel punto la discussione impazza e ci si confronta sull’utilizzo di questo nuovo social.

Tappa successiva a Padova e poi cena e pernottamento a Bassano del Grappa, nell’hotel La Corte Sant’Eusebio di Roberto Astuni, che attorno a una bottiglia di vino rosso Piwi mi racconta i suoi progetti di rilancio. Quanta nostalgia trovarsi qui, e svegliarsi al mattino presto con il sole alto.

Da un’ora che avevo pronosticato siamo finiti a due ore di chiacchiera. E la cosa, oltreché avvincente, comincia a diventare impegnativa. Il giorno dopo mi scrive Massimo Bernardi per collegarmi alle 19 con una room sul vino. Ma se ti affacci in una room qualsiasi e ti conoscono, subito ti ingaggiano e ti tirano dentro con una domanda. È un bel modo per passare del tempo e creare nuove relazioni, ma il fattore tempo non è secondario appunto. Vedo gente che gira tantissime room, segue i Vip accreditati, interviene, dalla mattina alla sera. Club House è un grande bar, dove tuttavia ho già conosciuto tre o quattro persone interessanti. Sono combattuto: starci, ma fino a quando? Per uno che scrive, legge, non è facile conciliare tutto, però un’idea ce l’ho. Fra pochi giorni sarò in viaggio: magari in auto con il vivavoce è tutta un’altra storia. Oppure è meglio il silenzio. 10 febbraio In viaggio fra Trentino e Lombardia È il mio primo viaggio di lavoro dopo il secondo lockdown e me lo godo tutto. A iniziare dall’incontro con Stefano Pezzini a Goito, presidente della Latteria San Pietro che intervisto per raccontare la straordinaria esperienza del Grana Padano al fieno dei prati stabili (sono prati verdissimi anche d’inverno, rispetto a quelli seminati). Che è buonissimo, mentre lo assaggiamo alla trattoria Valle di Volta Mantovana con la mostarda, prima dei capunsei e dei tortelli di zucca, tutto abbinato ai vini dell’azienda Reale (il Sauvignon Crestale è da capogiro) o di Monte Cervo (Merlot dell’Alto Mincio) entrambi di Volta Mantovana. In questa latteria sono davvero avanti: fanno degustazioni a distanza (digital cheese experience) inviando il formaggio e il fieno da annusare, ma anche i vini della zona; la giovane Laura Zecchini, sui social, fa un lavoro straordinario, ma è anche a capo di un gruppo di giovani, che sono i figli dei soci del caseificio che hanno nuovi stimoli e nuove idee.

Roberto Astuni patron dell’Hotel Alla Corte di Bassano del Grappa

In Trentino, alla Cantina di Mezzocorona scopro altri due vini della loro Collezione, nata da singole vigne: un Traminer e uno Chardonnay, mentre la sorpresa alla Locanda Margon di Trento della famiglia Lunelli sarà vedere il locale pieno di gente e il cuoco Edoardo Fumagalli ancora più bravo di quando lo conobbi qui la prima volta. Riparto verso le 15 in direzione Pozzolengo, nell’azienda Cobue, dove sono radunati i giovani produttori della Valtenesi: e assaggio il Tuchì e il Chiaretto di Gilberto Castoldi, ma anche un brut che sta 60 mesi sui lieviti di sole uve groppello (di fantastica eleganza). Ma il regalo vero Gilberto me lo fa quando mi presenta i suoi genitori, il papà Aurelio e la mamma, Laura Gettuli, che di fatto ha fondato questa bella azienda che è dotata anche di sei camere. Riparto felice, con un salame crudo fantastico e una bottiglia del loro vino rosso, ma anche la promessa di una degustazione dei vini di tutti i produttori della Valtenesi. Quanto prima.

Stefano Pezzini, presidente della Latteria San Pietro di Goito, davanti allo stabilimento

la Circolare

Domani ad Alessandria chiuderò la Circolare, prima della diretta con Francesco Sansone nel Cenacolo di Valore sul tema “Lo Spirito d'intrapresa e il Fattore personale: il gusto per l’eccellenza delle idee e l’eccellenza del gusto” e il giorno dopo dell’incontro su facebook con Massimo Folador e Marco Ranocchia, per iniziativa del Club di Papillon del Ponente Ligure, con Maurizio Lega, sempre sul mio libro. E poi domenica si parte per un viaggio di lavoro fra Toscana e Romagna. Seguitemi sempre su ilGolosario. it ritroverete tutto lì. Un abbraccione a tutti.

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colpito la riconoscenza di ciò che ti è stato dato, anche quei giorni all’Hospice con mamma, che a sua volta era riconoscente di tutto quello che aveva ricevuto nella vita. E lo dico a ragion veduta, pensando a quell’immagine serena, nella videochiamata che facemmo insieme e che per me e Silvana fu più di un regalo. Ora è tempo di dare seguito alle promesse perché l’opera e il significato di quello che Anna è stata per la cucina italiana non venga dimenticato.

lettere al direttore

CARA MAMMA TI SCRIVO

CARI AMICI CONNETTIAMOCI INSIEME

Da Angela - figlia di Anna Dente

Ciao Mamma, come dici sempre tu, per mangiare bene bisogna tornare indietro, ai cibi di una volta, ed evidentemente su in cielo qualcuno ti ha preso in parola ed ha deciso di chiamarti subito. Immagino come staranno apparecchiando tavolate infinite, come sarà contento il caro Professor Migliaccio che potrà ridere con te e dirti tutti i giorni: Anna... poco olio! E Bernardino Zapponi, che aspetta da tanto che gli prepari di nuovo il suo polvere di stelle. Immagino la gioia di Nonna Maria, con la sua borsetta, che è già pronta per andare di nuovo in giro con te in lungo e in largo e Nonno Emilio che in questi 25 anni ti ha osservato da lassù, fiero e commosso, portare per il mondo quell'arte culinaria che con amore ti aveva insegnato. Perdonami se in tutti questi anni egoisticamente non volevo che tu diventassi Anna Dente, perché per me sei solo la mia mamma e avrei voluto averti tutta per me e soprattutto avrei voluto che ti godessi un po' di riposo... quante litigate abbiamo fatto... ma solo adesso ho capito quanto sei amata e sempre lo sarai in tutto il mondo come una donna forte, semplice, testarda e con un cuore grandissimo. Mi inchino davanti al tuo immenso talento che ti ha portato nella storia della cucina italiana e in quella di tutto il mondo. Con un mucchietto di farina, un poco d'acqua e un sorriso dolcissimo hai saputo conquistare tanta gente. Grazie per l'immenso patrimonio umano e culturale che ci lasci... Noi, la tua, famiglia, continueremo a farlo conoscere in tutto il mondo, con la Fondazione che porterà il tuo nome. È stato bello pregare insieme in questi mesi difficili e ancora di più abbracciarti, accarezzarti e darci tanti baci, fino all'ultimo istante. Ringraziamo Dio che ci ha concesso questo raro privilegio. Mi lasci un compito gravoso: proteggere i tuoi più preziosi amori, aiutami ad essere alla tua altezza. Grazie per averci dato un papà ancora più capoccione di te ma dotato di una dignità inarrivabile anche in questo momento così doloroso. Lo custodiremo con grande amore e attenzione. Da oggi vivremo per mantenere le promesse che ti abbiamo fatto e nella certezza di riabbracciarti un giorno. Ciao mamma, grazie per ogni tuo sguardo, per questo immenso amore, per essere stata orgogliosa di noi fino al tuo ultimo respiro, buon viaggio. Tua, Angela È commovente questa lettera che mi ha girato Angela, scritta a sua mamma Anna, la cuoca italiana che abbiamo tanto amato. Mi ha la Circolare

Gigi Camana - Delegato Club Papillon di Pavia

Ciao Paolo, oggi con alcuni stratagemmi mi sono portato a casa mia Emilio, il nostro amico di Papillon e gli amici della birreria pub Sherwood di Nicorvo che naturalmente sono chiusi; abbiamo fatto la trippa e poi Iolanda ha cucinato una zuppa di cipolle e cosce d’oca eccezionali per chi non amava la trippa ma che ha poi assaggiato con gusto, perché il vino era buono: Poggio del Mandorlo La Querce Montecucco Sangiovese 2012 acquistato a Golosaria due anni fa e il Brunello di Montalcino Tenuta di Sesta 2012. Ho scritto nella chat questo messaggio: Ciao Amiche e Amici Carissimi in questo momento di sofferenza per molti, per diversi motivi, vale la pena di ricordare che la realtà è l’unica nostra certezza, difficile abbracciarla quando ci si presenta al mattino quando appoggiamo i piedi terra scendendo dal letto al mattino, contrastante il nostro desiderio di felicità, ma poi dobbiamo riconoscere che quello che qualche giorno, settimana o mese fa ci dava così fastidio, era la verità della nostra vita. Vi lancio una proposta non per per eludere la realtà ma per continuare a viver visitate il sito di Golosaria, dove è possibile consultare gli espositori della manifestazione, smaterializzata, di quest’anno e fare ordinativi. Se volete possiamo anche collegarci via Zoom per parlarne e fare ordinativi comuni che ne dite? Se qualcuno vuole trasformare il proprio pranzo o cena nella cena in ComPagnia è possibile sino alla fine del mese fatemi sapere. Un abbraccio forte, Gigi Caro Gigi ho voluto pubblicare questa tua lettera per raccontare cosa c’è stato dietro a questi mesi dove abbiamo messo in atto una grande manifestazione virtuale, per rendere presente il lavoro di tanti artigiani del gusto che in qualche modo non abbiamo voluto lasciare soli. Il supporto del Club di Papillon in questa fase è stato importante e di questo ringrazio te e tutti i Delegati che si sono prodigati in iniziative analoghe per diffondere la nostra iniziativa.

ANCHE QUEST’ANNO SUL GOLOSARIO

Martina Nesti - Four Season Hotel Firenze - Ristorante Il Palagio Gentili Paolo Massobrio e Marco Gatti, Con la presente a nome di Four Seasons Hotel Firenze e Vito Mollica desideriamo ringraziarvi molto per averci insigniti della prestigiosa "Corona Radiosa" su "IlGolosario ristoranti" del "Gatti Massobrio 2021".

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Siamo veramente felici di questo importante riconoscimento, tanto più in questo anno così complesso per la nostra categoria, e aspettiamo con gioia le comunicazioni per assistere alla cerimonia di domani. Siamo lieti di proseguire la nostra collaborazione. Grazie ancora della fiducia e del riconoscimento. Cordiali saluti, Martina Nesti Grazie a voi per questa lettera, che è come una carezza su un lavoro complicato, sia da parte nostra sia da parte vostra, soprattutto. Speriamo di poter avere tra le mani questo foglio, in un giorno dove i clienti possono tornare a mangiare anche alla sera, in un posto bello, accogliente, con una cucina che abbiamo apprezzato in maniera esemplare.

NEL TUO LIBRO L’INTRECCIO VIRTUOSO FRA BELLEZZA NATURALE E CULTURALE

Da Bernhard Scholtz - presidente Fondazione Meeting di Rimini

Caro Paolo, ti ringrazio molto per il bellissimo libro che mi hai regalato! Solo una persona con la tua sensibilità può renderci partecipi dei suoi incontri in un modo così autentico e appassionato, collegando la storia personale alla storia del Paese – facendo emergere ciò che sempre di più viene trascurato o taciuto: l’intreccio virtuoso fra bellezza naturale e culturale, riscontrabile in questa intensità solo in Italia e la grandezza di tante persone che hanno saputo cogliere, valorizzare e trasmettere questo dono vivo – sempre da riscoprire e da approfondire. Una grandezza che risiede in una ultima semplicità. Grazie di nuovo e tantissimi saluti Bernhard Grazie Bernhard, ho riletto più volte questo tuo messaggio, commosso anche dal fatto che sei stato il più veloce a leggere il libro e a rispondermi. L’ho riletta perché ogni parola ha un significato, come quando parli dell’unicum del nostro Paese, ma anche della semplicità. Due aspetti che contengono questi 35 anni di incontri e di sguardi dove la creatività delle persone, in campi diversi, ha fatto fruttare il talento di bellezza che risiede nella nostra Italia.

L’autenticità di questa cultura io l’ho scoperta da poco, diciamo una decina di anni fa, e mi sono appassionato. Andando alla ricerca delle cose buone della mia terra ho incontrato gente semplice, genuina, ho iniziato ad amarla e a chiedermi cosa potevo fare per dare una mano. Poi un bel giorno ti invito al Rotary di Biella e qualche tempo dopo tu mi proponi di diventare il delegato biellese del Club di Papillon. Ne parliamo, ci penso e ti scrivo che potrei accettare ad un’unica condizione, che è la mission che vorrei darmi: “Dare valore al territorio attraverso la filiera del gusto”. Oggi, due anni dopo, ci sto riuscendo. Anzi, ci stiamo riuscendo insieme, perché anche tu mi stai dando una mano. Ecco perché, se mai decidessi di scrivere un libro come il tuo, tu ci saresti. Un abbraccio a te e alla tua famiglia con tanti auguri di buon Natale e buon anno. Con affetto e stima, Arnaldo Grazie caro Arnaldo, nella tua lettera colgo uno dei motivi per cui alla fine ho scritto il libro, quello di far partecipi di una grande storia italiana, come diceva Bernhard poc’anzi, i miei amici, i lettori, quelli che in qualche modo mi seguono a cominciare dai soci del Club di Papillon. Ma quello che tu dici quando ricordi i motivi per cui hai accettato di fare il Club di Papillon è qualcosa che va ancora oltre: è la commozione, che vuol dire muoversi con. Invece spesso si pensa alla commozione come una questione di lacrime e di fazzoletti, stando però in poltrona. L’andare oltre è invece muoversi, come fai tu nelle tue settimane, quando vai a trovare i produttori, i bottegai, quelli che poi racconti e raccontiamo creando a nostra volta una community che ha dentro quelle due parole con le quali mi saluti: stima e affetto.

I BUONI PROGETTI E LA COLLEGANZA

Da Sabrina Menozzi - Lainate (Mi)

QUANDO LA CRONACA DIVENTA STORIA

Da Arnaldo Cartotto - Delegato Club Papillon di Biella

Caro Paolo, ho appena finito di leggere il tuo libro “Del bicchiere mezzo pieno” e sento fortissimo il desiderio di farti i complimenti. Un paio di anni fa, entrando nel mondo di Papillon, avevo scoperto La Circolare, la tua cronaca quotidiana nella quale il lettore dà uno sguardo per comprendere chi sei e cosa fai. Il libro, invece, è la selezione della cronaca che diventa una storia, quella della tua vita attraverso gli incontri memorabili che racconti. Se il libro fosse un caleidoscopio avrebbe solo colori delicati, la Circolare

tenui, rilassanti. È un inno alla semplicità, all’amicizia, al calore umano che traspare da coloro che vivono con i ritmi della natura e la rispettano, nel bene e nel male. Sei fortunato, perché gran parte delle tue relazioni professionali avvengono con i protagonisti della filiera del gusto, che affonda le proprie radici nella civiltà contadina. E succedono a tavola, davanti a un bicchiere sempre mezzo pieno, mentre i miei racconti professionali avvenivano intorno a un tavolo: sì, c’è un po’ di invidia in tutto questo.

Buongiorno Paolo! In attesa di un Natale che sarà diverso, ma forse ci riporta anche al valore dell'essenziale. In attesa di un Natale la cui diversità va accettata e compresa. In questa attesa sto leggendo il tuo libro, e lo trovo davvero interessante. Una parte della tua vita raccontata mediante incontri importanti. Una grande, grandissima generosità la tua. Quella di dare un valore alle persone, alle idee. È una bella compagnia, un momento che mi ritaglio alla sera per conoscere attraverso le tue parole persone speciali. E poi oggi, leggendo la Circolare, ho visto una nostra foto; un

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ricordo di quel giorno in cui ti abbiamo rivisto. Grazie per le parole, per la tua grande capacità di ascolto e lettura. Doti tutt'altro che comuni. Auguro a te, Silvana, la tua famiglia, Marco e la sua famiglia, al vostro Staff. Buone Feste, Buon Lavoro, Buoni Progetti e la serenità di cui si sente nostalgia. Con stima ed affetto, Sabrina Cara Sabrina, a proposito di progetti, tu sai bene che sei all’origine di uno sguardo sulla nostra Golosaria che ci ha fatto compagnia per tutto il 2020 e che sarà il tema del 2021: la Colleganza. Come racconta poco sopra Arnaldo, stiamo cominciando a capire che siamo insieme per favorire questa alleanza fra colleghi che nei giovani è un fatto molto più spiccato ed è foriero di quella che consideriamo una nuova civiltà Quella parola ce l’hai detta tu e attraverso la nostra amicizia sta entrando ormai nel vocabolario consueto. Ma anche qui, dietro a una parola c’è un progetto, che questa volta presuppone di muoversi insieme, perché, come abbiamo scritto un anno fa su queste pagine: “Siamo angeli con una sola ala”.

IL RICORDO DI SOLDERA

Monica - Società Agricola Case Basse (Soldera) Egregio Signor Massobrio, tutta la famiglia desidera ringraziarla per il graditissimo omaggio e lo splendido ricordo di papà. Dalle sue parole traspare l’affetto e la stima tra voi, parole scritte col cuore pensando alla persona oltre che all’amico produttore. È stato emozionante leggere i passaggi che hanno ripercorso i suoi ultimi momenti fra noi. E decidere di scegliere quei momenti per raccontare una vita lascia un segno di quanto si desidera sottolineare di lui. Speriamo di rivederla a Case Basse non appena questo periodo di emergenza sarà terminato. Un cordiale saluto e affettuosi auguri per le prossime festività, Monica Grazie Monica, sono felice che tu abbia colto la bellezza di quegli ultimi momenti fra di noi di Gianfranco, che hanno come orizzonte qualcosa di infinito anziché di finito. E questa è una faccenda incredibile e indicibile, che spesso appare fra le righe del mio libro, dove sono stato solamente il cronista di una serie di incontri, che direi, davvero tutti eccezionali.

IL VINO È UNA COSA SERIA

Da Maga Lino - Broni (PV)

Caro Paolo, ho letto il tuo libro “Del bicchiere mezzo pieno” dove, come sempre, mi dai attestati di stima che ricambio nei tuoi confronti, ma soprattutto rilevo come sempre la tua competenza nell’elencare i la Circolare

vini veri di eccellenti vitivinicoltori. I buoni vini ci sono e come tu sai, il vino è una cosa seria. Non è necessario bere per farsi vedere bere, come dici “ne basta un bicchiere mezzo pieno, con la bottiglia giusta”. Ti ho visto su Facebook grazie a mio figlio Giuseppe che mi ha messo in visione, perché io di telematica non me ne intendo. Mi sono commosso e sono ringiovanito nel sentirti a voce viva. Come tu sai, le cose buone e genuine si fanno col cuore, non per marketing. Poi è tanta la burocrazia sistemica che naviga a basso livello. Adesso ci troviamo di fronte a questa impotenza devastante della pandemia. Io non dispero: mangio, bevo e spero nel buon Dio. Ci vuole pazienza. Dio vede e provvede alle malefatte dell’uomo. Grazie ancora Paolo, a te e all’amico Marco Gatti. Un forte abbraccio e sincera amicizia. Maga Lino Caro Lino, la tua lettera autografa è stato il più bel regalo di Natale, a proposito di vita! Quando è arrivato dalla Spagna mio figlio, ho dovuto aprire subito una bottiglia di Barbacarlo, e subito ci siamo sentiti in famiglia, con te, con la tua storia, come con quella dei tanti produttori veri che abbiamo incontrato. La burocrazia è il male del Paese, ma soprattutto lo è per la sua rigida stupidità. Chissà quando e come giungerà una correzione a tutto questo. Nel frattempo non priviamoci degli istanti veri col bicchiere mezzo pieno. Ci manca anche che la burocrazia, oltre alla stupidità abbia anche il potere di rubarci i sogni per farci venire il mal di stomaco permanente.

SCRIVERE E PENSARE COME PADRE

Da Ezio Croci - Legnano (Mi)

Buongiorno, anticipando la canonica vigilia invio a te, alla tua splendida famiglia e ai tuoi premurosi collaboratori l’augurio di un sereno Natale e una ripartenza positiva e stimolante. Apprezzati i primi capitoli ‘Del bicchiere mezzo pieno’ anche se la lettura è iniziata da p. 196 titolata ‘Il padre’. Confesso che conservo l’abitudine di iniziare un libro leggendo un paio di pagine verso la fine, da ciò comprendo se ho interesse nell’iniziarne la lettura. Le tue parole aprono il cuore e dovrai continuare a scrivere e pensare “come padre c’è da essere orgoglioso”. Detto questo sto leggendo il tuo ultimo libro, condiviso con un curioso - Pensieri positivi, Salvatore Furia il cacciatore di stelle. Nulla di meglio. Buon mercoledì, Ezio Croci Grazie Ezio, sono felice che da pagina 196 sei tornato al via, per cui hai ritenuto che il libro meritasse la lettura. E sono anche felice che in quel capitolo riflessivo tu ti sia in qualche modo ritrovato, con un

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pensiero positivo circa la condizione che nella vita ci è capitata di generare. Ma come diceva un protagonista del mio libro, don Giussani, non si genera se non si è generati. E questa è l’esperienza che ci accomuna, io come giornalista, tu come medico, entrambi legati dalla figura di madre Cabrini.

sguardi e quindi l’anima del Golosario. Da questo punto di vista sarebbero tantissime le storie da raccontare ancora. Sono felice che ti abbia fatto compagnia.

NON PERDIAMOCI DI VISTA

Da Mattia Mazzacurati

MESSAGGI TRASVERSALI

Da Rino Franzese - Club Papillon di Milano Ciao Paolo, ho visto ora il video sul tuo libro: l’unica cosa che ti posso dire è GRAZIE! Proprio stanotte ho terminato (centellinandolo, nonostante la tentazione fosse di leggerlo d’un fiato: proprio come accade con un buon vino e con le cose belle, che vorresti non finissero mai) il tuo libro: quanti ricordi e visi conosciuti, e tanti altri conosciuti, non di persona, ma attraverso la storia del Club. Ti saluta Alessandra della Grangia di Settala (pranzo di Natale per noi col suo delivery!!!) e proprio stamattina sono passato da Michelangelo, a prendere gli agrumi canditi al cioccolato per chiudere il pranzo di Natale, che ti saluta e ti vuol far sapere che lui è da tre anni che non aumenta i prezzi: “diglielo a Paolo” mi ha detto. Un grande abbraccio, anche da Odette Rino Franzese Grazie per questo messaggio che mi riporti, di Alessandra e Michelangelo, che sono il nerbo delle nostre relazioni. È importante sapere quanto ci si ha presenti reciprocamente.

QUESTO LIBRO È L’ANIMA DEL GOLOSARIO

Da Nicola Greco - Rivareno

Caro Paolo, Il tuo libro “Del bicchiere mezzo pieno” ha allietato questo fine anno in cui sono rimasto in casa a lavorare aspettando che il 2020 finisse. Volevo ringraziarti perché è davvero molto bello e ricco di sorprese. Ha il fascino delle cose che sottovaluti; quelle che poi a un più attento esame si rivelano ricche di sorprese. Ti prego di non fraintendermi: all’inizio ho pensato fosse quasi un’appendice del Golosario. Poi mentre lo divoravo, mi sono reso conto che invece ne era l’Anima. Grazie quindi per lo splendido regalo e sperando che presto potrò rivederti di persona ti faccio tantissimi auguri. Nicola Greco Caro Nicola, proprio oggi ho letto un articolo di Paolo Crepet che dice che la prima cosa desiderata per sentirsi bene è un gelato. Come quello che produci tu, naturalmente. Con questo messaggio hai colto perfettamente lo spirito di questo libro, che è una compagnia di la Circolare

Ciao Paolo, ci tenevo a scriverti nuovamente ora che ho terminato di leggere il libro "Del bicchiere mezzo pieno". Mi ha davvero folgorato l'intensità di vita e di rapporti che hai costruito nella tua vita e sul lavoro. Come ti avevo scritto su Instagram, mi aveva colpito un pezzo della tua diretta con Francesca Mortaro dove sostenevi che per descrivere un vino o un produttore è necessario prima conoscerlo, trascorrere giorni insieme, coinvolgersi con la sua vita e la sua famiglia; ecco ho subito sentito una corrispondenza ed ho comprato il libro. All'inizio del libro mi ha entusiasmato leggere le ragioni per cui lo hai scritto; hai semplicemente raccolto una provocazione fatta da Carron sul Corriere della Sera e questa tua lealtà ha portato me a incontrarti tramite esperienze eccezionali. Mi ha stupito anche scoprire che nel cuore si ha uno stesso desiderio. Io ho 29 anni, sono sposato con Giulia da 5 anni e abbiamo 3 figli di 4/2/0 anni; ci siamo sposati molto giovani! Il mondo del vino mi appassiona dalla fine dell'università e lo scorso anno ho deciso di iscrivermi al corso AIS per approfondirlo; ho appena terminato il secondo livello. Nonostante faccia il corso e abbia qualche amico con cui condivido la mia passione, ho sempre sentito la mancanza di un maestro; al corso purtroppo non ho ancora incontrato un professore a cui possa attaccarmi e con cui coinvolgermi. È una cosa di cui sento molto la mancanza. Ci tenevo a dirti che tu hai fatto nascere in me questo desiderio di conoscerti, seguirti, capire come guardi e vorrei imparare tanto di questo mondo oltre che conoscere i protagonisti; sono ancora molto inesperto e cerco di ritagliarmi momenti per studiare visto che ho una famiglia bella impegnativa (i tre nanetti ci danno da fare) e mi piacerebbe poter iniziare a visitare più cantine, produttori; come diresti tu vorrei davvero impastarmi con questa realtà e non solo leggerla o degustarla, ma approfondirla e conoscerla attraverso gli occhi di qualcuno che mi affascina e le storie di chi ne è protagonista. Il mio sogno sarebbe quello di lavorare nel mondo enogastronomico (ora lavoro nel mondo della formazione professionale a Bologna), ma al momento è solo un desiderio che mi porto dentro e a cui pian piano cerco di dare forma perché con tre bimbi devo ponderare bene le scelte. Ti ho scritto e forse sono stato troppo spavaldo, ma non riuscivo a contenere il desiderio di farlo e che questo incontro potesse avere un seguito. Nel frattempo ti ringrazio di cuore, Un caro saluto, Mattia

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Caro Mattia, grazie per questa lettera. Anch’io mi sono sposato all’età giusta: avevo 27 anni e abbiamo avuto tre figli, coi quali, una volta cresciuti, c’è davvero un bel rapporto di complicità. Per me sarà importante conoscerti e subito ti ho inviato un paio di copie della Circolare, per farti conoscere un po’ del Club di Papillon che a Bologna manca da tanto tempo. Ma quello che volevo dirti è di non abbandonare mai il tuo desiderio: perseguilo, cerchiamoci, iniziamo a vivere quella che può essere una relazione su un interesse, per esempio cominciando a segnalarmi ciò che assaggi. Poi appena sarà possibile venire a Bologna ci vediamo, perché io ho bisogno di imparare dai più giovani e dal loro desiderio. Per me è come ricominciare. Non perdiamoci di vista!

A VOLTE RISCHIAMO DI DISTRARCI

Da Fabio

Carissimo Paolo, ho appena finito di leggere il tuo “Del bicchiere mezzo pieno”. So bene che il mio commento non è nulla rispetto ai tanti, ben più autorevoli, che avrai già ricevuto. Eppure, ti scrivo per ringraziarti, perché talvolta basta poco per attivare l’ascolto. Un messaggio “leggi questo libro”, o come durante il lockdown “fai un video”, oppure io a te “ti devo raccontare una storia” e l’altro se di buon udito, propenso, in quel momento a sintonizzarsi, il gioco è fatto. E allora grazie, parola che rievoca i benefici reciproci che stringono l’umana società, per quell’invito. E grazie per aver regalato questa vita vissuta ai tuoi lettori. Mi sono emozionato con Veronelli, dove inevitabilmente ho percepito le parole delle belle bandiere, la crudeltà dell’ideologia e poi il prevalere della persona, di quel cuore che hai ricordato in tante storie. Non so se sei così bravo a scrivere di vino e di cibo perché sai guardare gli uomini con libertà, o se questa caratteristica nasca proprio dalla tua capacità di entrare nelle passioni e nel “fare”, di questa composita umanità. Sta di fatto che hai ragione, rischiamo di “distrarci” spesso, dentro le angolature della realtà, di vedere senza guardare, di prestar orecchio senza ascoltare, ma poi basta poco per trovarsi con una lacrima, non richiesta, a chiederci conto. Grazie, Fabio Che complimentoni Fabio! Tuttavia l’ultima parte del tuo messaggio mi commuove quando dici che a volte basta una lacrima per richiamarci a chiedere conto. È proprio così e in questo lungo anno gli scossoni sono stati tanti, ma in tutto questo esiste sempre un punto di fuga, uno sguardo che può cambiare il corso delle cose. La distrazione, ma anche la paura, riducono ciò che siamo e non ci fanno vedere cosa potremmo essere. A cominciare da e per gli altri. Per questo facciamo il Club di Papillon: per tenerci desti tutti insieme.

NON È QUESTIONE DI OTTIMISMO

Da Carlo Zocchetti - Gallarate (Va)

Lo sguardo “Del bicchiere mezzo pieno” L’idea “Del bicchiere mezzo pieno” mi aveva lasciato un po’ perplesso perché evocava dentro di me un generico richiamo all’otla Circolare

timismo, al buonismo, al carattere che può essere innato nelle singole persone e che ne determina a priori il comportamento (c’è chi è ottimista e chi è pessimista: che ci vuoi fare, non si può cambiare la sua visione delle cose), ma quel richiamo (nel sottotitolo: “Quando nella vita conta lo sguardo”) alla capacità che ha lo sguardo di “contare” nella vita l’ho trovato meraviglioso, e così ho deciso di comperare il libro e di leggerlo subito tutto d’un fiato. Quanto è importante lo sguardo! Dei personaggi di un quadro (avevo appena seguito delle lezioni sulla adorazione dei pastori e dei magi in alcuni pittori fatte dal Museo Diocesano di Milano), dei volti in una fotografia, degli interpreti in un film o in una ripresa televisiva. Ma cosa ci azzeccava con il vino (“Del bicchiere ...”) e con il cibo? Lì non è il dominio forse del gusto? Mi intrigava quindi l’idea dello sguardo (oltre a richiamare alla mente un altro stupendo libro – Mencarelli: La casa degli sguardi – appena letto) per un autore come Paolo Massobrio di cui ero convinto di conoscere le attività (Golosaria, Club di Papillon, scritti di enogastronomia, ...). E, devo ammettere, il libro ha risposto ampiamente alle mie domande fin dalla Introduzione (“Quale piega può prendere la vita? Dipende dallo sguardo”), perché è il racconto degli incontri che l’Autore (spesso accompagnato dalla moglie o dall’intera famiglia) ha avuto con persone nel cui sguardo era presente “un significato proporzionato alle sfide del vivere”. Grazie, in questo momento in cui “lo spavento domina”, di avermi fatto incontrare (o forse meglio: scontrare con) questi sguardi, e grazie al Club di Papillon del Varesotto per avermi fatto conoscere l’esistenza del libro. Carlo Zocchetti Carissimo Carlo, grazie a te per aver reso pubblica (anche come recensione su Amazon) questa riflessione. Tanti hanno rilevato, anche in queste lettere, che si immaginavano qualcosa di già conosciuto, come il Golosario, ad esempio; invece Del bicchiere è un libro che in qualche modo va oltre, perché riporta il cibo e il vino alla loro dimensione umana, mezzo di convivialità e di partecipazione alla vita. Dietro a ogni prodotto ci sono uomini, fatiche, intuizioni. E un libro è proprio come un quadro, che ha dei risvolti diversi a seconda di chi gli sta di fronte. Nei vari incontri, ad esempio pochi hanno citato storie fantastiche come quella di Albertengo e di Bertolin, gente che ha dimostrato come lo sguardo sul proprio lavoro sia capace di creare un’economia, pur dentro alle fatiche di tutti i giorni, al dolore e anche alla gioia. Sono esempi che dicono che davvero non siamo mai arrivati, ma sempre in cammino.

UN LIBRO CHE SI TRASMETTE PER OSMOSI

Da Giovanna Inguanti - Siracusa

In questo libro Paolo si presenta come una persona piccola non di statura ma di grande umanità, persona che si è messa in gioco. In questa avventura ha percorso l’Italia da Nord a Sud, da Alessandria alla Sicilia. Mi è piaciuto come mette in rilievo le persone che hanno avuto uno sguardo su di lui. Di questi incontri ci ha fatto percepire la

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bellezza attraverso la condivisione durante il periodo in cui siamo stati costretti, a causa del Covid, a rimanere a casa. Il bello è che in quel periodo ci ha contagiato, con i Pensieri della Sera dei suoi amici, ricette e altro, ha trasmesso a noi - come per osmosi - amicizie che sono passate a noi. È stata occasione per stabilire relazioni con miei amici. Il racconto della suora trappista Vitorchiano di 80 anni, insieme a un’altra, che andranno ad organizzare un monastero in Portogallo e per la quale, con delle Cene in ComPagnia abbiamo deciso di sostenerle. Altro esempio che mi ha colpito la persona citata nel libro è Francesca Settimi, che nonostante la sua grave malattia ha voluto darsi da fare per aiutare organizzando dei corsi di cucina.

Infine mi è piaciuto il racconto della sua amicizia con Marco Gatti, la storia del suo paese, per non parlare del suo matrimonio con Silvana. Infine, altra particolarità è come Paolo si è sentito libero nel condividere con noi la sua avventura. Un caro saluto, Giovanna Grazie cara Giovanna, con questa lettera hai percorso questo anno di condivisione che abbiamo vissuto insieme. È stato un anno dove alla fine possiamo dire che Il Bicchiere è mezzo pieno, perché lo abbiamo riempito di un significato. A cominciare da quella catena di amicizia che abbiamo sviluppato. Non tutto, insomma, è andato perso.

DI VITA, DI MORTE E DI PASSIONE

A PROPOSITO DELL’ULTIMO LIBRO DI PAOLO MASSOBRIO Alberto Mina Quello che mi colpisce di Paolo Massobrio è la sua malinconia. Essa trasuda sempre da ogni suo racconto e aneddoto e ricordo. Il suo ultimo libro ne è intriso, a iniziare dal titolo “Del bicchiere mezzo pieno”. Il bicchiere è sempre pieno a metà; chi lo sa apprezzare, non lo ignora. Anzi, in un certo senso il mezzo pieno è proprio la scoperta di quello manca, in tutto, attraverso la sua anticipazione. Il libro è una carrellata di incontri, una sorta di enciclopedia sistematica della pubblicazione “La Circolare” che Paolo cura da anni, come diario del suo continuo girovagare, e incontrare, e suscitare, e far parlare. Sì, perché in questo, per sua stessa dichiarazione, consiste il suo lavoro: far parlare le persone (p.64). Che è un mestiere pieno di carità e di spirito di servizio; tanto più se si considera che la maggior parte delle persone a cui Paolo dà la parola sono persone che magari non se la sarebbero presa, oppure l’avevano già da tempo – i guru alla Veronelli – ma che con lui dicono la parola che non avevano mai detto, nel modo in cui non l’avevano mai detta (p. 32). E quindi, la vita! Sissignori: si tratta di un libro sulla vita, sugli squarci improvvisi dell’orizzonte, sull’entusiasmo inatteso delle scoperte, sull’interminabile rosario di dialoghi, incontri, giudizi, degustazioni, assaggi, tavolate e abbracci a non finire, dalle capitali del regno ai più sperduti posti della penisola, come Guardia Piemontese, dove un suo ammiratore lo accoglie in segno di ospitalità, per poi presentargli la sua opera gastronomica (p. 176), o a San Vito Romano, dove il suo associato e amico è diventato pure sindaco (p. 113), o ad Arnad, alla ricerca del lardo ineguagliabile (p. 164). E poi l’amicizia, rievocata con toni impareggiabili ed elegante sobrietà, la fierezza per la libertà creativa dei figli e l’amore di tutta una vita, Silvana, che emerge a ogni riga, in ogni capitolo, in ogni domanda, in ogni sospensione. Ma è pure un libro sulla morte – che riappare costantemente nelle trame dei racconti e della vita. A iniziare dalla sorella gemella Ornella, morta a un anno, “il mio angelo custode” (p. 10). Ma poi essa ritorna mille volte nei racconti del libro: l’urlo anticipatore della morte di Veronelli, il figlio del grande produttore Gravner – compianto in un abbraccio nella vigna –, il coma della giovane donna che si farà suora di clausura, il tumore della Settimi, Marco la Circolare

Andreoni – l’amico del cuore di Dario Odifreddi, il commissario Calabresi – e tanti altri padri, madri, figli di imprenditori della terra e del gusto, e generazioni sterminate come a Srebrenica o come nei reparti Covid dove lavora l’infermiera Franca che si preoccupa di vestir bene i moribondi, così che siano pronti. Ed è qui quello sguardo, quello del bicchiere mezzo pieno, che traluce dagli occhi di uomini combattenti e mai sazi, proprio perché il bicchiere è mezzo pieno e attende la sua misura. Ma la scoperta più sorprendente è che questa misura che manca è proprio anticipata da quella che c’è. Chiunque conosce Paolo sa che importanza abbia nella sua vita la figura di don Giussani. La memorabile rievocazione del compianto funebre fatta il giorno del funerale con pochi amici sorseggiando uno dei vini preferiti, Bricco dell’Uccellone dell’82, rivela quello sguardo: “Lo assaggiammo in silenzio, e non ci sembrava vero che fosse così perfetto e integro, così generoso di racconti, tanto da lasciare una nostalgia dopo l’ultima goccia” (p. 50). La perfezione che lascia nostalgia. Paolo ci consegna una testimonianza di vita, professionale, umana e lirica che attraversa la vita e la morte con la medesima passione; la stessa passione, che vibra di qua e vibra di là, come ci ricorda Hildegarda Von Bingen: “Tutto ciò che ha creato ha qualcosa di visibile e non visibile. Ciò che si vede è debole, ciò che non si vede è forte e vivo” (p. 151). Non sorprende quindi che l’ultima parola del libro sia “eternità” (p. 201). Caro Albi, la tua recensione del mio libro è un regalo, anche solo a pensare al tempo che hai dedicato per scriverla, cogliendo tanti aspetti e tanti sguardi. L’ultima parola è eternità, perché il centuplo di cose belle, buone che ho avuto è un invito in direzione contraria al finito e già saputo. Ma spalanca all’infinito. L’ho visto in quella suora benedettina di 80 anni che va in Portogallo, ma anche nel lavoro di Giacomo Perletti o di Nicolò di Ferdy; sguardi che ti scuotono, che ti invitano ad aprire la giornata con la voglia di una sfida sempre nuova, per conoscere. Per conoscere anche l’indicibile che talvolta affiora nei racconti e che è come quella frase di Sant’Hildegarda che hai voluto ricordare. Tuttavia che lusso avere amici come te. Anche questo è un dono grande.

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a or c n a i oc incontriam


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