IL BOLSCEVICO - PMLI n38 2011

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Fondato il 15 dicembre 1969

Nuova serie - Anno XXXV - N. 38 - 27 ottobre 2011

A Roma sfilano in 500mila. Grandi manifestazioni in 87 Paesi. A Londra il “China Daily” di Pechino intervista un esponente del PMLI

Il PMLI: un avvenimento storico, non intaccato dalle gravi, erronee e controproducenti provocazioni di via Cavour. L’interminabile corteo composto in stragrande maggioranza da giovani e giovanissimi. Asse tra il PMLI e le “Mamme Vulcaniche”. I medici di un ospedale si oppongono all’identificazione dei feriti prima della cura. La delegazione del PMLI, diretta da Branzanti coadiuvato da Di Matteo, incita ad abbattere Berlusconi sollevando la piazza

RIMANE DA CAPIRE CHE L’UNICA E VERA ALTERNATIVA E’ IL SOCIALISMO COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA DEL PMLI

Una manifestazione anticapitalista storica

PAG. 2

Nonostante il divieto fascista della questura di Roma

IL CORTEO PAG. 3 FIOM DEL 21 IL NUOVO MUSSOLINI SI SALVA ANCORA SI DEVE COL VOTO DI FIDUCIA FARE VA ABBATTUTO DALLA PIAZZA PAG. 8 Grazie all’“aiutino” di Napolitano, nuovo Vittorio Emanuele III, e all’imbelle e ridicola “opposizione” parlamentare

Secondo Berlusconi “la lotta di classe è tramontata per sempre”

Roma, 15 ottobre 2011. In alto, una veduta parziale del corteo. I cartelli e le bandiere della delegazione nazionale del PMLI. In primo piano lo spezzone delle combattive “Mamme Vulcaniche” partenopee (foto Il Bolscevico)


2 il bolscevico / manifestazione di roma

N. 38 - 27 ottobre 2011

A ROma sfilano in 500mila. Grandi manifestazioni in 87 Paesi. A Londra il “China Daily” di Pechino intervista un esponente del PMLI

IL CAPITALISMO E BERLUSCONI NEL MIRINO DEI MANIFESTANTI Il PMLI: un avvenimento storico, non intaccato dalle gravi, erronee e controproducenti provocazioni di via Cavour. L’interminabile corteo composto in stragrande maggioranza da giovani e giovanissimi. Asse tra il PMLI e le “Mamme Vulcaniche”. I medici di un ospedale si oppongono all’identificazione dei feriti prima della cura. La delegazione del PMLI, diretta da Branzanti coadiuvato da Di Matteo, incita ad abbattere Berlusconi sollevando la piazza

RIMANE DA CAPIRE CHE L’UNICA E VERA ALTERNATIVA È IL SOCIALISMO Dal nostro inviato

Quella del 15 ottobre 2011 è una giornata che resterà negli annali della lotta di classe in Italia, perché, come ha rilevato tempestivamente il comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI: “Mai dopo il Sessantotto e il Settantasette si è verificata in Italia una manifestazione di massa contro il capitalismo e il governo che ne cura gli affari, come quella di questo pomeriggio a Roma”. Si è trattato di “Un avvenimento storico, che potrebbe segnare una svolta nella lotta di classe nel nostro Paese”. La ricorderemo anche come l’ennesimo episodio di violenta repressione antipopolare da parte del governo neofascista di Berlusconi. La manifestazione di Roma si è svolta in contemporanea a quelle per il “cambiamento globale” in più di 900 città di 87 paesi del mondo (senza risparmiare le cittadelle dell’imperialismo, come Stati Uniti, Giappone e Unione europea), dirette contro l’oligarchia finanziaria che giustamente viene sempre più percepita come nemica delle masse lavoratrici e popolari. La manifestazione è stata molto partecipata e combattiva, da tutta Italia migliaia e migliaia di operai, lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, studenti sono scesi in piazza con grande determinazione, per nulla impauriti dalla grancassa terroristica che preannunciava disordini. Di sicuro la straordinaria affluenza e la combattività dei manifestanti hanno fatto fischiare le orecchie del neoduce Berlusconi, dei suoi gerarchi e dei partiti della “sinistra” borghese che si sono trovati spiazzati davanti alla potente carica anticapitalista delle masse, e il grado di autonomia e di indipendenza che queste hanno raggiunto rispetto a loro. La manifestazione ha infatti dimostrato che il livello di coscienza delle masse è cresciuto notevolmente, poiché hanno capito che il capitalismo e i governi che gli reggono il sacco sono i responsabili di questa crisi, ancora più grave di quella degli anni ’20 del secolo scorso, e che quindi è necessario lottare contro di essi e contro gli strumenti dell’oligarchia finanziaria che governa il mondo speculando sulle spalle e sulle vite delle masse popolari, BCE e Banca d’Italia in testa.

Parte dello spezzone del PMLI al corteo romano. Al centro il compagno Denis Branzanti, che ha diretto la delegazione nazionale del Partito (foto Il Bolscevico)

Piazza della Repubblica è piena fin dalle 13, tanta è la partecipazione di massa. Il corteo si muove a partire dalle 14 imboccando via Cavour. Tante le realtà presenti: FIOM, “La Cgil che vogliamo”, Cobas, Usb, No TAV, No Dal Molin, No Ponte, ARCI, Comitati per l’acqua pubblica, gli aquilani terremotati, i “Draghi ribelli”, “Roma bene comune”, “Uniti per l’alternativa”, le “Mamme Vulcaniche”, PRC, PdCI, SEL, Associazioni di ambientalisti e quelle di migranti, “Femministe indignate”. Non mancano le Organizzazioni degli studenti partiti dalla Sapienza. Fra i 500mila manifestanti l’entusiasmo, la combattività e la rabbia contro il capitalismo, il governo Berlusconi e “l’Europa delle banche” sono alle stelle. Alla partenza vengono applauditi i No TAV. Un significativo cartello recita: “Uno spettro s’aggira per l’Europa dal 1848” (data del Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels). “Non siamo merce nelle mani di politici e banchieri”; “Quando l’ingiustizia diventa legge, ribellarsi è un dovere”; “10, 100, 1000 Tahrir”; così recitano altri cartelli e striscioni. Su un cartello un grande ritratto a colori di Marx con sotto scritto “maestro unico”. Domina la parola d’ordine “Noi il debito non lo paghiamo”. Tante le bandiere rosse, anche giganti, che sventolano sopra i manifestanti, in stragrande maggioranza giovani e giovanissi-

Una parte dello spezzone del PMLI. Sulla destra si nota il compagno Andrea Cammilli (foto Il Bolscevico)

quale si legge fra l’altro: “Avete rappresentato al meglio il nostro amato Partito e contribuito al successo delle suddette manifestazioni tenendo ben alte le insegne rivoluzionarie e anticapitaliste del PMLI. “Voi, compagne e compagni, siete stati coprotagonisti di una grande e storica manifestazione anticapitalista (...) La coscienza anticapitalista delle masse è in pieno sviluppo, e ciò crea migliori condizioni per porre in maniera dialettica la questione che la vera e unica alternativa al capitalismo è il socialismo. “Il vostro spirito di sacrificio, specie da parte dei compagni siciliani che hanno fatto il viaggio più lungo e disagiato, il vostro rispetto del centralismo democratico e della disciplina proletaria, la

mi. L’opportunista leader dei radicali Marco Pannella, che cercava di infilarsi nel corteo, viene cacciato dai manifestanti.

Il PMLI Il PMLI era presente a Roma con una delegazione nazionale diretta dal compagno Denis Branzanti coadiuvato dal compagno Franco Di Matteo e composta da compagne e compagni provenienti da Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia. La combattiva, disciplinata e rossa delegazione portava cartelli contro il nuovo Mussolini e le bandiere rosse dei Maestri e del Partito, diffondendo copie de Il Bolscevico e volantini che invitavano ad abbattere il principale massacratore sociale Berlusconi. I marxisti-leninisti, super-fotografati e ripresi dalle telecamere, a più riprese dai megafoni hanno lanciato slogan e cantato Bandiera rossa e Bella ciao coinvolgendo i manifestanti vicini, in particolare l’energico spezzone delle “Mamme Vulcaniche” che stava loro davanti. Ricordando le comuni lotte a Napoli contro le discariche, in accordo con esse, abbiamo lanciato insieme lo slogan: “L’immondizia non va bruciata, raccolta, raccolta differenziata”. Esponenti del PMLI sono stati intervistati più volte, anche da La7, ma non ci risulta che siano andati in onda. Nel corso del corteo i capetti di “Uniti per l’alternativa” hanno provocato verbalmente e fisicamente i nostri compagni, manovrando contro di essi anche il loro Tir, nell’evidente tentativo di emarginarci dal corteo. Ma non ci sono riusciti. Anche perché non tutti la pensavano allo stesso modo, come dimostra la solidarietà portataci dai tanti giovani che erano dietro lo striscione di quel partito. Resta pur sempre un atto gravissimo di rottura dell’unità anticapitalista e antifascista di cui Berlusconi andrebbe molto fiero. Da segnalare lo “strano” com-

Roma. Da sinistra, i compagni Giovanna Vitrano, Federico Picerni, Denis Branzanti, Franco Di Matteo e Angelo Urgo (foto Il Bolscevico)

portamento de la Repubblica nei confronti del PMLI. Nel giorno stesso della manifestazione, in un grosso articolo dal titolo “Indignati, Roma blindata per il corteo dei 200mila” a tutta pagina, tramite il pennivendolo Corrado Zunino scrive “C’è il Partito marxistaleninista italiano”. Il giorno dopo, nella cronaca della manifestazione, scritto dallo stesso Zunino, ha ignorato completamente la presenza del PMLI. Perché mai? A pensar male (bene) si potrebbe dire che quello che interessava unicamente all’organo ufficioso del “centrosinistra” era suggerire alle “forze dell’ordine” di tenerci d’occhio. Come di norma, tutti i media hanno celato la presenza del PMLI. Il direttore dimissionario de il manifesto trotzkista, Norma Rangeri, scrive “spuntano i maoisti”. Ridicola! Il PMLI ha partecipato anche alle mobilitazioni di Londra e di Edimburgo. A Londra i nostri compagni hanno rilasciato due interviste, una al China Daily di Pechino edito dal Partito comunista cinese revisionista e l’altra a National Public Radio. Successivamente sono stati attaccati, come gli altri manifestanti, dalla polizia che voleva cacciarli dalla piazza. La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI ha inviato un messaggio di ringraziamento ai membri della delegazione nazionale e alle Istanze di Londra e di Aberdeen nel

vostra combattività anticapitalista e antigovernativa e il vostro coraggio rivoluzionario, illuminano ed ispirano i dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi e questa Commissione”.

Gli scontri Il primo fumo nero lo si vede verso la fine di via Cavour. È la prima auto bruciata dai “black bloc”, in realtà infiltrati di Stato e “ultrasinistri” che continuano imperterriti a sfondare vetrine delle banche e bruciare automobili anche nella successiva via Labicana. Vengono lasciati agire indisturbati dalle “forze dell’ordine”, mentre i manifestanti li insultano al grido di “fuori, fuori”, “fascisti, fascisti”, gli lanciano bottiglie e si scontrano con loro nel tentativo di cacciarli dal corteo. Alle 16,30 polizia e guardia di finanza entrano in azione in tenuta anti-sommossa, spaccando il corteo e sparando lacrimogeni e idranti. Nel giro di un quarto d’ora scatta la repressione violenta e indiscriminata dell’intera manifestazione. In particolare i manifestanti che erano riusciti a raggiungere piazza San Giovanni vengono circondati, soffocati da una pioggia di lacrimogeni e aggrediti selvaggiamente; alla violenza repressiva oppongono la violenza di massa, difendendosi come possono, eri-

gendo barricate e lanciando sampietrini. Una camionetta dei carabinieri e uffici del ministero della Difesa vengono dati alle fiamme. La furia repressiva delle “forze dell’ordine” è smisurata. Le camionette piombano a gran velocità nel bel mezzo del corteo, si susseguono i caroselli e un manifestante viene persino investito. Manifestanti inermi vengono aggrediti ovunque si trovino. Una ragazza a braccia conserte davanti alla polizia viene manganellata e ferita al volto. Il corteo si disperde definitivamente e anche i marxisti-leninisti sono costretti a lasciare le strade, sfuggendo per un soffio alla repressione, ma gli scontri si protraggono per ore. Il bilancio è di 135 feriti (in maggioranza appartenenti alle “forze dell’ordine”) e 12 arresti. A fine giornata partono i rastrellamenti per le vie di Roma e la caccia al manifestante persino, in certi casi, in attesa dei pullman nelle altre città. Da segnalare il coraggio dei medici rifiutatisi di permettere alla polizia di identificare i manifestanti feriti prima che potessero ricevere le cure, e delle chiese (basilica di San Giovanni e S. Maria dei Monti) che hanno offerto rifugio e acqua ai manifestanti. Indubbiamente l’azione degli infiltrati di Stato e degli inguaribili malati di avventurismo e terrorismo di piccolo gruppo, ha favorito enormemente la repressione poliziesca. Maroni e i suoi sgherri non aspettavano altro e hanno gravi e precise responsabilità. Non è da escludere una risonanza a lungo termine, con un inasprimento generale delle norme repressive fasciste, con l’agenzia AISI (informazioni e sicurezza interna) che afferma: “La mobilitazione del 15 segna un punto di non ritorno e lo snodo per le future dinamiche contestative”. In ogni caso va fatto un dovuto distinguo fra i provocatori che fin da subito non hanno fatto altro che sfasciare vetrine e auto, e i manifestanti che dopo l’inizio della repressione, dentro e fuori San Giovanni, si sono legittimamente difesi. Giustamente però non hanno partecipato alla successiva battaglia tra i cosiddetti “Black bloc” e le “forze dell’ordine”.

Le reazioni dei partiti borghesi “Bipartisan” l’elogio alle “forze dell’ordine” e la condanna della violenza. Tra tutti si è distinto Vendola il quale a l’Unità del 17 ha dichiarato: “Bisogna dar atto al ministero dell’Interno di aver proposto un racconto veritiero… Forse ci sono stati alcuni errori nella comprensione di quello che stava avvenendo. Ma nel complesso è stata una gestione responsabile. Non è stato un replay di Genova”. Il responsabile nazionale del PD per la sicurezza, Emanuele

SEGUE IN 3ª


manifestazione di roma / il bolscevico 3

N. 38 - 27 ottobre 2011

COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA DEL PMLI

Una manifestazione anticapitalista storica Mai dopo il Sessantotto e il Settantasette si è verificata in Italia una manifestazione di massa contro il capitalismo, e il governo che ne cura gli affari, come quella di questo pomeriggio a Roma. Un avvenimento storico, che potrebbe segnare una svolta nella lotta di classe nel nostro Paese. Ne sono stati protagonisti circa 500 mila manifestanti, in stragrande maggioranza giovani e giovanissimi, provenienti da tutta Italia, compresa la Sicilia. Le gravi, erronee e contro-

producenti azioni provocatorie di via Cavour non intaccano minimamente il significato e il valore politico della esaltante manifestazione. Fanno solo il gioco del capitalismo, del suo governo, delle sue istituzioni e dei politicanti borghesi di destra e di “sinistra”. Il fatto incontrovertibile è che le masse non vogliono assolutamente pagare il debito causato dalla crisi economica e finanziaria del capitalismo. E per questo attaccano politicamente le ban-

che e la finanza che le stanno affamando e che tengono in pugno gli Stati e i governi borghesi per ingrassare un pugno di sanguisughe. Le cariche in piazza San Giovanni delle “forze dell’ordine” di Maroni non avevano alcuna ragione di essere effettuate, se non quella di dimostrare che in Italia comanda la classe borghese e che il popolo non ha alcun diritto di ribellarsi al suo ordine e alla sua politica di lacrime e sangue.

Un motivo in più per farla finita una volta per tutte col governo del massacratore sociale Berlusconi scendendo tutti in piazza. Speriamo che lo capisca anche l’imbelle, inconcludente e ridicola opposizione parlamentare. Tutti i popoli del mondo, come dimostrano le odierne manifestazioni in 82 Paesi, hanno preso coscienza che il capitale finanziario, ossia il capitalismo, è il nemico comune e non hanno più paura a scendere in piaz-

za per combatterlo. Rimane solo di capire che l’unica e vera alternativa a esso non sono i governi della “sinistra” borghese, bensì il socialismo, cioè il governo della classe operaia. L’Ufficio stampa del PMLI Firenze, 15 ottobre 2011, ore 19,08 ____________________ Anche i media antiberlusconiani, compresi quelli in mano ai falsi comunisti, hanno ignorato questo importante e chiarificatore comunicato del PMLI.

Ma sono proprio sicuri che strategicamente la scelta di non dare alcun spazio alla voce del PMLI sia quella giusta? La storia della lotta di classe mondiale non dice loro proprio nulla? Eppure dovrebbero ricordare che la reazione governativa e istituzionale borghesi comincia sempre a mettere al bando i comunisti, ma poi, alla fine, arriva anche a colpire i partiti e i media democratici borghesi. Che si sveglino, dunque, prima che sia troppo tardi.

I ringraziamenti della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI

SIETE STATI COPROTAGONISTI DI UNA GRANDE E STORICA MANIFESTAZIONE ANTICAPITALISTICA A tutti i membri della delegazione nazionale del PMLI alla manifestazione del 15 ottobre a Roma Alla Cellula “Stalin” di Londra e all’Organizzazione di Aberdeen del PMLI Care compagne, cari compagni, un grazie di cuore da parte dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi e della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI per quanto avete fatto alle manifestazioni che si sono svolte il 15 ottobre a Roma, Londra ed Edimburgo contro la “dittatura della finanza” e per il “Cambiamento globale”. Avete rappresentato al meglio il nostro amato Partito e contribuito al successo delle suddette manifestazioni tenendo ben alte le insegne rivoluzionarie e anticapitaliste del PMLI.

➫ DALLA 2ª Fiano, sullo stesso giornale ha affermato: “Noi dobbiamo essere la diga contro ogni trasformazione della protesta in violenza. Il dissenso è il cuore della democrazia, la violenza il suo nemico e non la supporteremo mai, in qualsiasi forma o modo”. Sulla stessa lunghezza d’onda Liberazione che attraverso la penna di Eleonora Forenza, riconferma la linea pacifista del PRC: “la nostra scelta è e deve rimanere la non violenza, proprio perché è la forma radicalmente più alta della violenza del potere (quindi anche del potere del proletariato, ndr)”. E per essere sicura di essere capita, aggiunge: “Le avanguardie non ci sono e non ci devono essere. Non ci sono più Palazzi d’Inverno” (alludendo alla Rivoluzione d’Ottobre)”. Per i partiti della “sinistra” borghese quindi il proletariato e le masse popolari e giovanili non hanno il diritto di ribellarsi, di difendersi e reagire alla violenza dei governi e delle istituzioni borghesi. È come dire: Berlusconi e Maroni, accomodatevi pure; quando saremo noi al governo useremo i vostri stessi metodi repressivi e liberticidi. Lo sappiamo: lo avete già fatto col governo Prodi. Noi invece lavoreremo affinché le masse capiscano sempre più che, come dice Mao, “È giusto ribellarsi contro i reazionari”, usando tutti

Il nostro primo pensiero fraterno e solidale va alle compagne e ai compagni che a Londra sono stati repressi dalla polizia e a quelli che a Roma hanno direttamente affrontato alcuni antiPMLI che ci spingevano in bocca alla polizia. Vivi complimenti al compagno che a Londra è stato intervistato dal “China Daily” di Pechino e dal “National Public Radio” e a quello che a Roma è stato intervistato dall’emittente televisiva La7. Sotto la direzione del compagno Denis Branzanti coadiuvato dal compagno Franco Di Matteo siete stati bravissimi per essere riusciti a inserirvi nel corteo in un punto avanzato; per aver stretto un forte legame politico e organizzativo con le “Mamme Vulcaniche”; per aver risolto senza danni la provocazione dei capetti di “Uniti per l’alternativa” che ce l’hanno a morte col PMLI; e per esservi disimpegnati per tempo, secondo le indicazioni telefoniche del Centro,

per evitare di essere coinvolti negli scontri con le “forze dell’ordine” a causa di gravi azioni provocatorie, erronee e controproducenti avvenute all’interno del grandioso corteo. Il disimpegno era inevitabile sia perché in generale, e in considerazione dell’attuale forza del Partito, dobbiamo proteggere l’incolumità dei compagni, sia perché nel caso specifico si temeva che dopo gli scontri avvenissero dei rastrellamenti polizieschi come accadde 10 anni fa a Genova in occasione del G8. Noi non temiamo le battaglie di strada, purché siano di massa, per giusti motivi e obiettivi, quando non ne possiamo fare a meno o quando sono necessarie, impiegandovi le forze stabilite in precedenza dal Partito. Voi, compagne e compagni, siete stati coprotagonisti di una grande e storica manifestazione anticapitalista, che esprime la collera

i metodi di lotta, compresa la violenza rivoluzionaria e le battaglie di strada purché siano di massa e mai di piccolo gruppo staccato dalle masse. La non violenza è la tomba della lotta di classe e l’elisir di lunga vita della classe dominante borghese.

mista per addolcire il capitalismo. I marxisti-leninisti vi devono invece lavorare praticando una larga politica di fronte unito per aiutarli a crescere in senso anticapitalista, antigovernativo, antistituzionale e rivoluzionario, per far loro comprendere, articolando e argomentando bene la nostra proposta, che l’unica vera alternativa di società non sono i governi della “sinistra” borghese, ma la lotta di classe, l’abbattimento del capitalismo e la conquista del socialismo, cioè il governo della classe operaia, che rappresenta anche l’unica vera via d’uscita dalle crisi economiche capitalistiche e dalle macellerie sociali che esse comportano. Come la storia dimostra, è impossibile che nel capitalismo e sotto un qualsiasi suo governo ci possa essere una vera democrazia e una vera libertà per le masse popolari.

L’unica e vera alternativa La consapevolezza che bisogna farla finita col capitalismo è in continua crescita. Ne è una prova lampante la manifestazione del 15 ottobre. Ma non si ha ben chiaro come uscirne. Vecchi e nuovi volponi cavalcano l’onda del cambiamento affinché poi il cambiamento non avvenga. Lavorano nei movimenti di massa anticapitalisti per dar loro uno sbocco elettorale, parlamentare e governativo rifor-

Roma, 15 ottobre 2011. Un cartello con l’inizio del “Manifesto del Partito comunista” di Marx ed Engels

montante delle masse duramente colpite nel salario, nel lavoro, nei servizi pubblici e nei servizi sociali, nelle libertà e nei diritti politici, sindacali e civili a causa della crisi economica e finanziaria del capitalismo, ancora più grave di quella del 1929. La coscienza anticapitalista delle masse è in pieno sviluppo, e ciò crea migliori condizioni per porre in maniera dialettica la questione che la vera e unica alternativa al capitalismo è il socialismo. Una proposta che noi dobbiamo portare dentro i movimenti che hanno già maturato la necessità di lottare contro il capitalismo e per abbattere il governo Berlusconi. Il vostro spirito di sacrificio, specie da parte dei compagni siciliani che hanno fatto il viaggio più lungo e disagiato, il vostro rispetto del centralismo democratico e della disciplina proletaria, la

Un momento dell’intervista de “La7” al PMLI (foto Il Bolscevico)

vostra combattività anticapitalista e antigovernativa e il vostro coraggio rivoluzionario, illuminano ed ispirano i dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi e questa Commissione. Anche per questo vi ringraziamo profondamente. Appoggiamo, studiamo e ap-

plichiamo il discorso di Scuderi sugli insegnamenti di Mao sul Partito! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI

L’APPOGGIO DI ALCUNI SIMPATIZZANTI E AMICI AL COMUNICATO DEL PMLI SULLA MANIFESTAZIONE DI ROMA Andrea, operaio toscano componente della Delegazione nazionale del PMLI alla manifestazione del 15 ottobre a Roma Ringrazio il PMLI per le significative parole espresse sia nel comunicato stampa che nei ringraziamenti ai membri della Delegazione. Ciò mi rende consapevole dell’importante compito assegnatoci. W il PMLI! Emanuele provincia di Varese Ho visto in diretta tv quello che e successo a Roma oggi pomeriggio, i camuffatti agenti della Digos mettere a fiamme e fuoco la città di Roma e sono vicino e solidale con tutti i manifestanti e il sindacato Fiom che si e visto vedere colpita una pacifica manifestazione che voleva denunciare sulla piazza il massacro sociale di una intera nazione di cui i lavoratori dipendenti stanno pagando sulla loro pelle una politica repressiva da parte di un governo dittatoriale e antidemocratico. Con il PMLI e i Maestri ci potrà essere una giusta politica sociale e non repressiva, ma negli interessi della classe proletaria, contro la borghesia ed il capitalismo.

Roberto Castelvetro di Modena Sono completamente d’accordo con il vostro comunicato stampa, a Roma c’ero anche io ed ho visto con i miei occhi le macchine e i mezzi blindati delle “forze dell’ordine” irrompere a tutta velocità in mezzo al corteo in Via Labicana incuranti del fatto di poter investire o meno i manifestanti e lanciare, senza alcun motivo, lacrimogeni contro il corteo. Come al solito le “forze dell’ordine” si sono schierate a fianco del Potere e contro coloro che dovrebbero difendere. Gianantonio - Pordenone Ho letto con molta attenzione il vostro comunicato stampa che condivido pienamente, assieme alle vostre numerose mail che ricevo sempre con molto piacere! Saluti marxisti-leninisti. “Martamega” Gli atti violenti hanno portato solo all’annullamento del vero motivo della manifestazione, sono stati atti terroristici mirati al boicottaggio di questa, e sembra che ci siano riusciti, non si fa altro che parlare di black bloc e “forze dell’ordine” (che comunque sono temi importanti per far luce su eventi che ormai accadono da

anni) ma i veri motivi della manifestazione, sì li sappiamo e li conosciamo bene dentro alle nostre teste ma il 15 ottobre 2011 in quella piazza molti se li sono scordati! La manifestazione pacifica non era la soluzione ma una rivoluzione non si fa con un gruppo ristretto di persone, quello è terrorismo come ci insegna la storia delle brigate rosse che non ha mai portato da nessuna parte se non tra le sbarre di una galera! Adolfo - provincia di Pisa Care compagne e compagni, condivido il comunicato stampa del PMLI. Faccio presente che ho partecipato alle manifestazioni del 1967 e 1968 che si tennero in Francia dove mi trovavo in quell’epoca. Cordiali saluti a tutte le compagne e i compagni del PMLI, con sincerità. Fabio - Biella Sono contento di ciò che è successo a Roma, mi auguro che questo sia l’inizio della rivoluzione, forza compagni! Marco, via e-mail Bravi! Avete ragione. Cancelliamo il debito! Costruiamo il nostro futuro! W Marx! W Lenin! W Mao!


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N. 38 - 27 ottobre 2011

Riflessioni di Manuel, membro della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma del PMLI, sulla manifestazione nazionale del 15 ottobre

MANIFESTAZIONE STORICA CHE METTE IN LUCE I CARATTERI POSITIVI E I LIMITI DEL MOVIMENTO DEGLI “INDIGNADOS” Mezzo milione di manifestanti hanno invaso Roma, in quella che è stata la più partecipata iniziativa di tutto il mondo contro “la dittatura delle banche e della finanza” sospinta e organizzata dal movimento internazionale (di gran lunga spontaneo e frammentario) degli “Indignados”. Una manifestazione sentitissima, per il suo carattere strettamente anticapitalista e antimperialista, dai giovani lavoratori, studenti e precari, ma anche dagli operai e dalle masse lavoratrici, disoccupati e tante famiglie con i loro bambini. Il PMLI ha partecipato con quante più forze ha potuto, ha preso posizione in un buon punto del corteo, sfilando per la maggior parte del tempo insieme alle combattive “Mamme vulcaniche”, condividendo con forte spirito politico unitario e di lotta le parole d’ordine contro il regime del neoduce Berlusconi e intonando a

gran voce canti antifascisti. Una manifestazione di questa portata, sincera e numerosa, contro il capitalismo è un passo in avanti importantissimo nella storia della lotta di classe in Italia. Come è stato evidente, molte sono ancora le questioni interne da risolvere, la frammentarietà dei vari movimenti, la mancanza di una direzione organizzativa ma soprattutto ideologica unica che apra la strada ai reali obiettivi e aumenti la forza delle masse che lottano per il socialismo in contrapposizione certamente violenta, quando saranno maturi i rapporti di forza, con il capitalismo. Il movimento degli “Indignados” è un nuovo movimento che attualmente ha preso la ribalta ed è capace di coinvolgere ampie forze sociali: dai precari, agli studenti, a settori di intellettuali. Ma è evidente che esso non basta, non ha l’organizzazione politica minima

Una testimonianza della provocazione di “Uniti per l’alternativa” contro il PMLI Arrivati al concentramento del corteo mi sono preparato con cartello e corpetto e mi sono messo ad osservare il flusso dei partecipanti che via via stavano arrivando. Non ero molto tranquillo, ma il sapere di essere con i compagni del PMLI mi ha dato forza. Appena entrati nel corteo ho notato che purtroppo eravamo davanti allo spezzone di “Uniti per l’alternativa” quel gruppo che ha fra i suoi “leader” il ben noto Luca Casarini che però non ho visto presente. Lungo via Cavour e per l’intero suo tratto è stato un susseguirsi di tentativi di “sfondamento” per estraniarci dal posto ove ci eravamo collocati. Il tentativo di sfondamento è stato fatto con l’ausilio del camion che avevano a loro disposizione che ha tentato più volte

di “sorpassarci”. Arrivati in fondo via Cavour, visto che restavamo al nostro posto, la provocazione ha raggiunto l’apice: alcuni figuri si sono staccati da dietro lo striscione ed hanno cominciato ad aggredire verbalmente (ed in un caso anche fisicamente un nostro compagno) i compagni del PMLI. I responsabili del Partito, secondo me, hanno agito con lungimiranza decidendo di farsi da parte anche e soprattutto (penso) per tutelare i compagni. Ciò che è successo è la fotocopia esatta di quanto successo ad opera dei soliti “bravi” alla manifestazione della Fiom dell’ottobre 2010.

per poter realizzare una lotta concreta alla testa del proletariato, soprattutto non ha le forze per poter resistere sulla lunga distanza alle proprie contraddizioni interne. Attualmente gli “Indignados” agitano temi che sono alla portata di tutti perché sono temi reali. La lotta alle banche è un buon argomento da presentare alle masse che stanno pagando la crisi del capitalismo. E in larga parte degli studenti e dei giovani, che vedono il futuro sempre più nero, ha ancora più presa. Non è un caso che è da loro che è partito e continua a svilupparsi questo movimento che ha proporzioni internazionali notevoli e che è riuscito a suscitare sentimenti di rivolta anche dove sembrava difficile riuscire a ottenerne. Ne è la prova Occupy Wall Street che negli USA, seppur con tanta inesperienza, ha dato vita a delle proteste accese, subendo la repressione poliziesca dell’imperialista Obama. Questi i caratteri positivi degli “Indignados”. Allo stesso tempo i punti deboli sono enormi, come tutti i movimenti senza caratteristiche politiche, tanto meno ideologiche, senza una struttura organizzativa basata sul centralismo democratico, senza quindi un fuoco ampio su tutti i problemi relativi a questa “dittatura delle banche”, dove la “banca”, come la “crisi”, costituiscono quasi sempre nient’altro che un simbolo, un facile nemico contro il quale scagliarsi. In questi punti deboli vanno perdendosi tutte le prospettive della lotta che al momento è giustificata, viva e pienamente appoggiata dal PMLI per fare fronte unito. Ma come possono gli “Indignati” mettersi alla testa del proletariato? Come possono portare alta la bandiera del socialismo se al loro interno esistono correnti di tutti i tipi, addirittura avverse al socialismo stesso, avverse al marxismoleninismo-pensiero di Mao? È proprio questo carattere eterogeneo e disarticolato politicamente e ideologicamente a

Roma, 15 ottobre 2011. Manifestazione nazionale contro il capitalismo e il governo Berlusconi (foto Il Bolscevico)

renderli facile oggetto di strumentalizzazioni. Il 15 ottobre si sono mostrati tutti i limiti di questo movimento: era chiaro che una situazione così violenta non sapevano come gestirla né prima né durante né dopo gli scontri. Non è un caso che i media borghesi abbiano stravolto la realtà del grandioso corteo, nascondendo completamente il carattere fortemente anticapitalista, antimperialista e contro la politica di lacrime e sangue del regime neofascista di Berlusconi. Infatti, sui telegiornali e poi sui giornali borghesi venivano contrapposte le violenze degli scontri al solo pacifismo dei manifestanti. Questo a conferma che nel movimento degli “Indignati” non prevale una cultura proletaria e ciò li espone a qualsiasi strumentalizzazione, come si è visto, della borghesia e degli “ultrasinistri”. Attraverso la stampa borghese,

esaltano il pacifismo e la non violenza, allo scopo di far passare la propaganda e la millanteria della convivenza delle classi della cultura borghese. Non hanno perso l’occasione i politicanti della “sinistra” borghese e persino i vari Montezemolo e Draghi, per coccolarsi i “poveri Indignati” che non hanno potuto esprimersi pacificamente, mistificando ancora la realtà dell’importantissima manifestazione. È naturale che la borghesia per difendere i propri interessi occupi tutti i mezzi necessari, anche tramite infiltrati nei cortei, provocatori prezzolati per creare disordini che possono poi criminalizzare sui loro organi di stampa, alimentando di fatto la confusione generale e disperdendo il movimento. Va ripetuto però ancora una volta che dal punto di vista proletario, della lotta di classe e del socialismo, quella romana è stata

Un simpatizzante operaio della provincia di Firenze del PMLI

Comunicato dell’Organizzazione di Gabicce Mare del PMLI

LA QUESTURA DI PESARO HA FILMATO UNO AD UNO I MANIFESTANTI DI RITORNO DA ROMA Condanniamo risolutamente la grave repressione e intimidazione L’Organizzazione di Gabicce Mare del PMLI esprime profonda solidarietà militante ai manifestanti della provincia di Pesaro Urbino che tornando dalla manifestazione antigovernativa e anticapitalista del 15 ottobre a Roma sono stati filmati uno ad uno alla fermata del pullman. Condanniamo risolutamente questo vile e grave atto di re-

pressione e intimidazione, che dimostra ancora una volta che viviamo in un regime neofascista e che Berlusconi è il nuovo Mussolini. Organizzazione di Gabicce Mare (Pesaro Urbino) del PMLI 16 ottobre 2011

Roma, 15 ottobre. Veduta del corteo degli studenti che è partito dall’Università “La Sapienza” e si è ricongiunto a quello ufficiale

I ringraziamenti delle Mamme Vulcaniche al PMLI Grazie al PMLI e al suo senso civile e di protezione nei nostri confronti. Il rispetto è reciproco! Sempre grazie di tutto, siete fantastici, almeno voi siete sempre presenti, non ci abbandonate. Venere Stanzione, portavoce delle Mamme Vulcaniche (Napoli)

Grande manifestazione. PMLI vi ringraziamo. Però anche il vostro gruppo è forte e “Indignados”. Noi ci definiamo le più inquinados. Grazie! Rosita, Mamma Vulcanica Grazie a voi PMLI per tutte le vostre attenzioni. Mina, Mamma Vulcanica

una manifestazione immensa, forte, combattiva e che lascia speranze per un futuro di lotte senza tregua contro la borghesia. Gli stessi scontri, per quanto abbiano fatto il gioco della borghesia e del suo governo, hanno aperto a nuove riflessioni. Le divergenze interne ed esterne hanno focalizzato ancora meglio la lotta sul piano pratico. La guerriglia in piazza San Giovanni ci ha mostrato come la borghesia è capace di reagire alle proteste, come non lesini la forza militare contro i manifestanti, come colga presto l’occasione di caricare un corteo. Vivere in piazza, in prima persona, il bello del corteo ma anche gli stessi momenti di tensione con le “forze dell’ordine” rafforza la coscienza di classe, riporta velocemente tutto il discorso politico sulle basi reali: alla “guerra alle banche” si sostituisce la più giusta “guerra al regime di Berlusconi” molto più vicino alle necessità delle masse in lotta. Dipenderà anche dal nostro lavoro di chiarificazione, di convincimento e di fronte unito all’interno del movimento degli “Indignatos”. Il nuovo autunno di lotte si è aperto e sembra poter essere il più caldo degli ultimi anni. La manifestazione del 15 ottobre è senza dubbio storica e un nuovo punto di partenza che lascia sperare in un’ondata di rivolte che potranno soltanto accrescere il grado di coscienza rivoluzionaria degli operai, dei lavoratori e delle larghe masse popolari che non si lasceranno trovare impreparati nella lotta contro il capitalismo.

Complimenti per l’impeccabile organizzazione

Significativa giornata anticapitalistica

Cari compagni, scrivo per complimentarmi con voi per l’impeccabile organizzazione del Partito nella manifestazione di Roma, era la prima volta per me e sono molto felice di aver scoperto che combattività e sicurezza dei manifestanti possono convivere. Grazie. Saluti marxisti-leninisti. Giuseppe - provincia di Messina

Cari compagni, la mancanza di organizzazione (servizio d’ordine ha certe conseguenze, in manifestazioni tanto grosse, vedi l’imperversare degli spaccatori, genunini o meno che essi siano, ma resta il significato della giornata anticapitalistica, certo. Nicola - Firenze


mobilitazione del 15 ottobre / il bolscevico 5

N. 38 - 27 ottobre 2011

“CONTRO IL GOVERNO DELLE BANCHE E DELLA FINANZA”

Assedio alle banche, proteste fin sotto Bankitalia

Il governo risponde a manganellate In decine di città da Nord a Sud a partire dal 12 ottobre, in preparazione della storica manifestazione del 15 ottobre a Roma, disoccupati, studenti e “indignati” hanno protestato contro le banche, prendendo di mira soprattutto le sedi della Banca d’Italia. La protesta che ha avuto un forte carattere anticapitalista si è protratta per giorni sulla base della parola d’ordine “Okkupiamo Bankitalia”. Chiara anche la carica antigovernativa della protesta. A Milano, gruppi di studenti in corteo hanno lanciato uova contro la sede di Unicredit e sono poi riusciti a penetrare nell’atrio della banca d’affari Goldman Sachs, lasciando scritte contro Berlusconi. A Padova, un collettivo universitario ha inscenato una manifestazione davanti alla sede locale di Unicredit, al grido di “Il loro debito non lo paghiamo”. A Vicenza gli “indignados” hanno tenuto un presidio sotto le finestre del consiglio comunale: “L’unica sicurezza è mandare via il governo” hanno gridato i manifestanti dalla piazza, prima di issarsi sulla loggia superiore della Basilica del Palladio, da dove hanno srotolato uno striscione con la stessa scrit-

ta chiedendo anche “Democrazia nei posti di lavoro”. Poi i manifestanti si sono spostati sotto la sede di Unicredit, Bnl e Assindustria in piazza Castello. A Torino, striscioni davanti alle sedi delle principali banche, per protestare contro il sistema finanziario, ma anche il governo e il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, la Tav. A Bologna, la polizia ha caricato gli studenti, quando questi hanno occupato i portici di Banca Italia, con violente cariche e manganellate. Una ragazza è stata ferita al volto. “Lasciateci entrare”, questo lo slogan scandito al megafono dai giovani. Dopo lanci di uova e vernice, i manifestanti si sono quindi diretti all’Ufficio Pignoramenti del Tribunale, sfondando le porte e buttando all’aria registri e documenti. “A voi i debiti a noi la borsa e la vita”, recitava uno degli slogan. Il corteo di “indignati” bolognesi si è fermato in piazza Verdi, cuore della zona universitaria. A Firenze gli “indignati” hanno protestato davanti alla sede fiorentina della Banca d’Italia, esponendo uno striscione. A Roma, intanto, per diversi giorni è continuata la protesta dei

“Draghi ribelli” in via Nazionale, a poche decine di metri da Palazzo Koch, sede della Banca d’Italia. Cantata “Bella ciao”. Dopo aver bloccato via Nazionale e occupato la piazza antistante a Palazzo Koch, i Draghi Ribelli sono stati spinti dagli agenti di polizia in tenuta antisommossa sulle scale del museo. Dove sono rimasti accampati aspettando la giornata di lotta del 15 ottobre. Il giorno della fiducia al massacratore sociale un corteo di studenti, che era partito dal palazzo delle Esposizioni a Roma, è giunto in piazza Montecitorio, davanti al parlamento, proprio negli attimi in cui alla Camera si votava. “Non ci rappresenta nessuno”, era la frase scandita in coro dai manifestanti per gridare la loro rabbia al governo. Anche a Napoli diverse centinaia di giovani hanno presidiato la sede della Banca d’Italia, in via Cervantes. Al grido “noi la crisi non la paghiamo” si sono poi diretti verso la sede della Bnl nella vicina via Toledo, occupandola per alcuni minuti. Proteste a Palermo, dove gli studenti si sono riuniti davanti alla sede della Banca d’Italia, in via Cavour, in una manifestazione dalla forte carica antiberlusconiana. Proteste che hanno una forte carica anticapitalista che, tuttavia, se non ben indirizzata contro il governo e le istituzioni borghesi rischia di rimanere

progressivamente imbrigliata nel riformismo, nel parlamentarismo, nel pacifismo, nel legalitarismo borghese e riformista. Un segno di questo pericolo è certamente la lettera che i giovani “indignados” romani a margine della loro contestazione hanno consegnato a Napolitano, nella quale gli chiedono di “garantire e difendere la Costituzione” facendosi garante delle richieste venute dalla piazza in questi anni, tra le quali la difesa della scuola. Ma che senso ha chiedere a Napolitano che ha garantito l’ascesa e la permanenza al potere del Nuovo Mussolini, Berlusconi, tanto da meritarsi l’appellativo di nuovo Vittorio Emanuele III di difendere la costituzione borghese che egli stesso ha contribuito a distruggere? Che senso ha chiedere al complice di Berlusconi e garante degli interessi della UE imperialista di costruire una terza repubblica “fondata sui beni comuni e non sugli interessi privati”? Una parola d’ordine, del resto, che di per sé non tocca il sistema economico capitalistico se non si decide chi comanda: il proletariato o la borghesia? Il lavoro o il capitale? Non c’è alternativa a Berlusconi che passi per le istituzioni borghesi, del tutto asservite al regime. L’unica alternativa a Berlusconi è sollevare la piazza per abbattere il massacratore sociale.

In concomitanza con la manifestazione nazionale di Roma

SUCCESSO DEL VOLANTINAGGIO DEL PMLI A BARI CONTRO IL NUOVO MUSSOLINI La Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” registra un forte sentimento popolare di opposizione e ormai di odio verso il massacratore sociale e il regime capitalista e neofascista Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari Sabato 15 ottobre, mentre a Roma le masse popolari dimostravano la loro avversione al governo della macelleria sociale e al sistema capitalistico in generale con le sue crisi e le sue enormi ingiustizie, la Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari del PMLI nelle prime ore del mattino realizzava un volantinaggio nella popolare piazzetta dei Papi nel quartiere di Poggiofranco in concomitanza con il frequentatissimo mercato di fine settimana. Sono state diffuse parecchie copie del volantino “Berlusconi è il nuovo Mussolini. Va abbattuto dalla piazza”. In tal modo è stato possibile, non potendo la cellula presenziare con una sua delegazione alla grande manifestazione nazionale romana, tenere ben in alto la bandiera rossa della lotta contro il capitalismo e il suo go-

verno per eccellenza, quello del neoduce Berlusconi intento a far indossare nuovamente l’orbace a tutta l’Italia. Lo spirito dei passanti e di chi ha interloquito con noi, si è dimostrato essere in linea con quanto auspica il Partito: un forte sentimento popolare di opposizione e oramai persino odio nei confronti non solo del neoduce ma anche della “sinistra” del regime borghese neofascista e di tutto il sistema capitalistico, culminante nella presa di coscienza di molti che è necessario accendere la miccia che porterà tale regime ad esplodere. La diffusione è stata coronata dal successo e tale evento è un ulteriore piccolo ma grande passo della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari del PMLI verso il suo radicamento e il suo posizionamento alla testa della classe operaia e delle masse popolari baresi come avanguardia cosciente e organizzata.

IN CONTEMPORANEA CON LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI ROMA

COMBATTIVA MANIFESTAZIONE STUDENTESCA CONTRO IL GOVERNO E IL CAPITALE FINANZIARIO

A Milano

Uova e vernice contro le banche. Spazzatura davanti alla Goldman Sachs. La polizia in assetto antisommossa impedisce al corteo di raggiungere la Fininvest Redazione di Milano Dopo la grande mobilitazione dello scorso 7 ottobre che ha visto la coraggiosa irruzione nella sede dell’agenzia di rating Moody’s, sono tornati in piazza più arrabbiati e agguerriti che mai gli studenti medi milanesi aderenti al Coordinamento dei Collettivi. In oltre 10mila si sono ritrovati la mattina di venerdì 14 in largo Cairoli, formando un lungo e combattivo corteo che, percorrendo la circonvallazione al contrario, si è concluso in Viale Alemagna. Anche questa volta la rabbia degli studenti, che protestavano contro coloro che stanno demolendo la scuola pubblica e il loro futuro, è esplosa contro le banche, emblema del capitale finanziario, che sono state colpite da lanci di uova e vernice rossa

Milano. La combattiva manifestazione studentesca del 14 ottobre scorso al grido “Salviamo le scuole, non Sachs, la banca d’affari americale banche” e “Noi il debito non lo na, rovesciando sacchi di spazzapaghiamo”. Arrivati in piazzetta tura sul tappeto dell’androne. Bossi, vicino a piazza Cordusio, gli Giunti a Cadorna, il corteo ha studenti hanno fatto irruzione nella cercato di raggiungere gli uffici sede meneghina della Goldman della Fininvest che ha sede poco

distante, in via Paleocapa, ma ha trovato la strada interamente bloccata dalle camionette della polizia e da uno schieramento di agenti in tenuta antisommossa. Per nulla intimoriti gli studenti hanno allora iniziato un fitto lancio di ortaggi da ogni punto del corteo mettendo in testa, a mo’ di cappello, fogli con su scritto “Not our premier” da mostrare all’elicottero che li stava sorvegliando dall’alto. È stato anche srotolato uno striscione che recitava: “Ma quale fiducia, cacciamo il Rais”, ossia il neoduce Berlusconi. Dopo lo scioglimento del corteo, si è svolta al parco Sempione un’assemblea durante la quale, tra l’altro, sono stati invitati tutti i partecipanti a scendere in piazza il giorno successivo, per la manifestazione nazionale in programma a Roma.

COMUNICATO DEL RESPONSABILE DEL PMLI PER L’EMILIA-ROMANGNA

Netta condanna delle cariche poliziesche contro gli “indignati” che protestavano davanti alla Banca d’Italia a Bologna Il PMLI.Emilia-Romagna condanna fermamente le violente cariche delle “forze dell’ordine” contro la manifestazione degli “indignati” che questa mattina si è svolta davanti alla sede della Banca d’Italia a Bologna. Cariche da repressione neofascista contro centinaia di giovani che protestavano contro uno dei simboli del capitalismo italiano responsabile della grave crisi economica che colpisce le masse popolari e lavoratrici. Cariche da governo del neoduce Berlusconi, artefice del massacro sociale. Cariche da regime neofascista, diviso solo nel contendersi i posti di potere ma unito nel voler far pagare al po-

polo le conseguenze della crisi capitalista. Il PMLI solidarizza coi giovani pestati questa mattina a Bologna e con la studentessa che è stata portata in ospedale. Condanna fermamente le cariche poliziesche e chiede che nessun provvedimento giudiziario venga preso contro chi contrasta le politiche antipopolari. Il PMLI è coi lavoratori, i giovani, gli studenti, i pensionati in lotta per difendere i propri diritti, ieri come oggi, come il 15 ottobre alla grande manifestazione nazionale a Roma. Denis Branzanti Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna 12 ottobre 2011

Bologna, 12 ottobre 2011. La polizia carica violentemente i manifestanti che protestavano davanti alla sede locale della Banca d’Italia

In piazza la Catania anticapistalista e antiberlusconiana Proficuo volantinaggio del PMLI

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Catania 15 ottobre, corteo sotto la pioggia per la giornata mondiale contro la crisi finanziaria indetta dalla “Rete catanese per il 15 ottobre”. L’appuntamento alle 17,30 di fronte la villa Bellini in via Etnea, con la pioggia battente si radunavano qualche centinaia di manifestanti, erano presenti alcuni giovani di Niscemi in lotta contro la costruzione della stazione terrestre del sistema di telecomunicazione satellitare MUOS a Niscemi. Gli organizzatori si consultano con i manifestanti sul da farsi, se sciogliere la manifestazione o continuare con un assemblea sotto la pioggia. Si opta per la seconda, cominciano gli interventi, tutti contro il governo Berlusconi che sta facendo pagare la crisi del capitalismo alle masse popolari, in difesa della scuola pubblica, contro lo smantellamento dell’istruzione pubblica, in difesa dell’acqua pubblica, contro il precariato e il crescente sfruttamento, contro la sanatoria truffa e per la regolarizzazione di tutti i migranti, per la chiusura del mega CARA (Centro per i richiedenti asilo politico) di Mineo, contro il potenziamento della base di Sigonella e contro la costruzione del MUOS a Niscemi per la smilitarizzazione del territorio e tagli alle spese militari. Dopo la breve assemblea si decide di sfilare in corteo per la via Etnea, ancora sotto la pioggia, fino alla Prefettura dove il corteo, dopo un sit-in, si è sciolto. I manifestanti si spostano nei locali del Nievski con proiezioni video e colle-

Catania, 15 ottobre. Il compagno Sesto Schembri alla manifestazione (foto Il Bolscevico)

gamenti con Roma. Il PMLI era presente con la Cellula “Stalin” della provincia di Catania. Compagni della Cellula erano a manifestare a Roma. È stato distribuito un centinaio di volantini (La verità nascosta della destra e della “sinistra” borghese. Berlusconi è il nuovo Mussolini. Va abbattuto dalla piazza), accettato dai manifestanti con interesse (unico volantino di Partito distribuito). Ci sono stati diversi dialoghi, in particolare con un manifestante con simpatie per Stalin, che ha chiesto una copia de il Bolscevico dando un contributo. Il compagno della Cellula “Stalin” lo ha invitato in sede dando un bigliettino con l’indirizzo e con l’e-mail locale del PMLI. Nonostante la pioggia la Catania anticapitalista e antiberlusconiana si è fatta sentire! Le iniziative della “Rete catanese 15 ottobre” contro la stangata del governo Berlusconi continueranno.


6 il bolscevico / giornata internazionale del 15 ottobre

N. 38 - 27 ottobre 2011

Manifestazioni in quasi mille città di almeno 87 Paesi

GIORNATA MONDIALE DI LOTTA CONTRO LO STRAPOTERE DEL CAPITALE FINANZIARIO E DELLE BANCHE Sotto accusa il capitalismo Il capitale finanziario, ossia il capitalismo, è il nemico comune di tutti i popoli del mondo che non hanno più paura a scendere in piazza per combatterlo, come hanno dimostrato il 15 ottobre dando vita a una giornata mondiale di lotta. Una giornata punteggiata in ogni angolo del globo da cortei, presidi, sit in cui hanno dato vita da alcune centinaia di manifestanti fino ai 500 mila di Roma, la più grande, in quasi mille città di almeno 87 paesi. Protagonisti le giovani e i giovani, lavoratori precari, disoccupati, studenti, che hanno dato il via alle iniziative che hanno preso corpo in molti casi col sostegno dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni sociali e antiglobalizzazione. Impossibile darne di conto se non in maniera molto parziale. La giornata di mobilitazione “United for a global change”, uni-

ti per un cambiamento globale, è iniziata con le manifestazioni in Asia e Oceania. In Nuova Zelanda alcune migliaia di manifestanti si ritrovavano nella piazza principale a Auckland e scandivano slogan contro la cupidigia delle finanziarie, in alcune centinaia davano vita a un corteo per le strade della città. Alcune centinaia di manifestanti in piazza anche nella capitale Wellington. A Sydney, in Australia, erano in 2 mila, compresi rappresentanti degli aborigeni, a circondare il quartier generale della Reserve Bank of Australia, denunciando il “capitalismo che uccide la nostra economia”. Proteste anche a Tokyo e Manila, Taiwan e Hong Kong. A Tokyo in 300 hanno sfilato per le vie del centro con cartelli inneggianti agli anti-Wall Street e contro il nucleare. Sit-in di protesta di alcune centinaia di giovani nella zona degli affari a Hong

Kong. In Corea del Sud, dove è nato il movimento “Occupa Seul”, i manifestanti bloccavano tutte le strade del centro finanziario della capitale. In Sudafrica manifestazioni a Johannesburg e Cape Town. In Europa si registrano le tante manifestazioni svoltesi in Spagna, la patria del movimento degli indignati nato il 15 maggio scorso. Nella capitale Madrid almeno sei cortei sono partiti dalle periferie alle prime ore del pomeriggio per confluire in un unico corteo che si è diretto a Puerta del Sol. Nelle migliaia di cartelli e striscioni portati dai manifestanti, accanto alle parole d’ordine della giornata erano rappresentate altre richieste, da quelle dei lavoratori della scuola contro la privatizzazione della scuola pubblica alla chiusura dei Centri di permanenza temporanea, in Spagna e altrove di un gruppo di avvocati

impegnati nella difesa dei diritti umani dei migranti. Sotto accusa anche il premier socialista Zapatero, denunciato come esecutore obbediente dei diktat della Banca centrale europea (Bce). Bce, Fondo monetario internazionale (Fmi) e Unione europea (Ue) erano nel mirino delle diverse migliaia di manifestanti che si radunavano in piazza Syntagma, a Atene, davanti al parlamento dove è in discussione l’ennesimo taglio previsto dal governo Papandreu per avere i soldi dalla “troika”. A Berlino 10 mila manifestanti si radunavano davanti alla Porta di Brandeburgo e marciavano verso il palazzo dove ha l’ufficio la cancelliera Angela Merkel. A Francoforte, al grido di “Non svendiamo la democrazia alla Bce!”, circa 8 mila dimostranti si radunavano davanti alla sede locale della Banca centrale europea. Fra gli slogan “spezziamo la dittatura del capitalismo”. Un migliaio i manifestanti che protestavano davanti alla sede

della Borsa a Amsterdam e all’Aja, in Olanda. Alcune centinaia quelli a Zurigo, in Svizzera, riuniti nella principale piazza sede di banche e finanziare. Almeno 10 mila i manifestanti scesi in piazza a Bruxelles che dalla stazione Nord e dalla piazza della Borsa hanno marciato fino al quartiere delle istituzioni comunitarie. Almeno 2 mila erano arrivati da Francia e Spagna, con una carovana partita da Barcellona; altri sono arrivati da Olanda, Germania e Gran Bretagna per portare la protesta nel cuore della “capitale” dell’Europa, nella zona dei palazzi delle istituzioni europee. In Francia sit in e assemblea popolare di alcune migliaia di persone in piazza a Parigi, davanti il comune della capitale. Cortei e presidi in Serbia, da Belgrado a Zagabria, in Croazia a Spalato, Fiume e Pola in Bosnia a Sarajevo e in Montenegro a Podgorica. Per quanto riguarda le manifestazioni di Londra e di Edimbur-

go, cui ha partecipato il PMLI, rimandiamo agli artificoli specifici. Nel continente americano spiccano le manifestazioni promosse dal movimento “Occupiamo Wall Street” a New York dove la protesta si è concentrata attorno al distretto finanziario di Manhattan, blindato dalla polizia. In migliaia hanno sfilato sui marciapiedi vicino a Liberty Plaza con striscioni, megafoni e tamburi, fino davanti alla sede della Chase Bank, una delle grandi banche beneficiarie dal salvataggio di stato. “Le banche sono salve, noi no”, gridavano i manifestanti che contestavano gli squali della finanza ma anche Obama: “Fai qualcosa!”. Altre proteste si svolgevano in varie zone della città, da Downtown a Washington Square. Manifestazioni in Canada dove alcune centinaia di dimostranti a Montreal piantavano una decina di tende a Victoria Square, nel centro della città, e costruivano una base per poter sviluppare la protesta nel paese.

New York (Stati Uniti)

Madrid (Spagna)

Berlino (Germania)

Francoforte (Germania). Sotto la sede della BCE

Sidney (Australia)

Manila (Filippine)

Sarajevo (Bosnia-Erzegovina)

Tokio (Giappone)

Londra (Gran Bretagna)

Varsavia (Polonia)

Amsterdam (Olanda)

Seul (Corea del Sud)


giornata internazionale del 15 ottobre / il bolscevico 7

N. 38 - 27 ottobre 2011

Hong Kong (Cina)

Parigi (Francia)

Santiago (Cile)

GRANDE SUCCESSO DELLA MANIFESTAZIONE “OCCUPY LONDRA” Intimidazioni da parte delle “forze dell’ordine” e persino arresti. La locale Cellula “Stalin” del PMLI intervistata da vari giornalisti e poi provocata dalla polizia in piazza

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Londra Nella capitale britannica l’iniziativa l’iniziativa del 15 ottobre denominata “Occupy London” (Occupiamo Londra) è partita dalla centrale Piazza Tahrir, vicino alla cattedrale di Saint Paul. La zona dov’è la Borsa, è stata letteralmente sommersa da oltre 10.000 manifestanti, venuti con costumi, maschere e colori, che volevano far giungere la propria voce ai capitalisti. L’atmosfera era calda, fraterna, c’erano alcune associazioni e movimenti democratici. A rappresentare gli italiani i compagni della Cellula “Stalin” di Londra del PMLI, immancabili come sempre nelle manifestazioni di piazza. I nostri compagni, con simboli, bandiere e giornale del Partito più il cartellone antiBerlusconi, hanno da subito cominciato a distribuire centinaia di copie del volantino bilingue “Berlusconi è il nuovo Mussolini. Va abbattuto dalla piazza” (“Berlusconi is the ‘new Mussolini’. Let’s overthrow him!”), ricevendo un ottimo riscontro e aprendo numerosi e interessanti dibattiti, specie con dei giovani. Gli italiani che hanno avvicinato la nostra Cellula sono stati circa un centinaio, molti di loro non conoscevano il Partito. In diversi hanno chiesto notizie del lavoro politico del PMLI in Italia e

a Londra, apprezzando la nostra presenza in corteo, unica voce politica italiana, ed esprimendo pareri molto negativi sull’assenza di altri gruppi politici italiani a Londra. Alcuni di loro hanno rilasciato i loro dati per essere ricontattati perché interessati a seguire le iniziative della Cellula. Il corteo, seguito da numerosi giornalisti e fotografi, si è acceso ulteriormente quando Julian Assange di “Wikileaks” ha cominciato a parlare al microfono a proposito dell’attuale situazione mondiale e del fatto che l’informazione oggi è completamente controllata da un ristretto gruppo che fa gli interessi delle multinazionali.

Il ruolo del PMLI Anche la Cellula londinese ha catturato l’attenzione di diversi giornalisti, infatti il compagno segretario Chris è stato intervistato per oltre 10 minuti da Reeve, giornalista della “National Public Radio”, affiliata alla BBC per quello specifico servizio, con una serie di domande inerenti al nostro Partito, alla nostra linea politica e sulla situazione inglese, italiana e mondiale. Il compagno ha risposto tra l’altro che il problema di fondo è nel sistema capitalistico di cui destra e “sinistra” borghese sono espressione ed ha au-

spicato che questa non sia una semplice “stagione” di lotte, ma l’inizio di un vero e proprio periodo storico internazionale che possa condurre a forme molte più ampie di critica al capitalismo nonché ad una successiva mobilitazione generale. Il giornalista è rimasto parecchio colpito e ha voluto approfondire l’alternativa che il nostro Partito propone per l’Italia. Reeve si è appuntato tutto e ha ringraziato per la disponibilità e chiarezza del PMLI. Liu, giovane giornalista cinese del “China Daily”, ha intervistato il segretario della Cellula su varie tematiche. Nel corso della lunga intervista la giornalista, vedendo l’effigie di Mao sulla nostra bandiera, ha voluto aprire un dibattito sulla Cina attuale. La giornalista è rimasta molto colpita e ci ha appoggiati pienamente, addirittura ha poi voluto lasciare i suoi dati per essere ricontattata. Altre agenzie (tra le tante una iraniana e una ucraina) e giornalisti indipendenti hanno intervistato il PMLI. Inutile dire che il nostro cartellone “L’unica soluzione è sollevare la piazza per abbattere il massacratore sociale” è stato fotografato da centinaia di manifestanti, italiani e non, riscuotendo un successo enorme. Il corteo era molto vivo e visto il continuo aumento di manifestan-

Londra, 15 ottobre. Alcuni partecipanti col PMLI alla manifestazione (foto Il Bolscevico)

ti di ora in ora, si è diviso in due arrivando ad occupare la piazza adiacente e persino a creare un altro folto gruppo in marcia nelle adiacenze.

La repressione poliziesca Come previsto in base alle recenti dichiarazioni del criminale premier reazionario Cameron c’erano diverse centinaia di agenti, sparsi ovunque e soprattutto intorno alle due piazze. Essi hanno creato un cordone di “sicurezza” intorno all’entrata di Paternoster Square, dove si trovano gli edifici tutti in vetro di London Stock Exchange e dove il corteo inizialmente aveva in progetto di andare, bloccando i manifestanti dentro le piazze e mettendoli in condizione di non poter più entrare e uscire, creando così tensione. Ad un certo punto è partito un vero e proprio raid di stampo fascista e repressivo quando a tutti i manifestanti verso l’uscita è stato ordinato di buttare via i cartelloni e le maschere, cominciando il pu-

tiferio in una parte della piazza. Un compagno della nostra Cellula è stato spintonato da un poliziotto, mentre ad un altro è stato strappato il cartellone del PMLI dalle mani e gettato a terra. Quando abbiamo protestato, la polizia ha minacciato di “caricarci” nel blindato. Una compagna ha dovuto frettolosamente nascondere manifesto, bandiere e simboli dentro una borsa per provare a passare “inosservata” attraverso il cordone di poliziotti. Altri manifestanti sono stati fermati, provocati e intimiditi. Una giovane è stata portata via da uno dei poliziotti, così come un uomo “caricato” nella camionetta della polizia davanti agli occhi dei figli piccoli che piangevano. Nel tardo pomeriggio una parte dei manifestanti è andata via, mentre moltissimi altri sono rimasti e hanno allestito tende per la notte come segno di protesta. Le autorità avevano minacciato che dopo la prima notte avrebbero sgomberato i manifestanti con le loro tende, ma visto il foltissimo

numero di adesioni e la determinazione si sono guardati bene dal farlo. I manifestanti hanno comunque annunciato alle autorità che torneranno nel week-end successivo e che continueranno la lotta di piazza e la mobilitazione generale. Questa manifestazione è stata una grande lezione per la borghesia britannica e una grande scuola di lotta per le masse popolari che hanno fatto capire molto chiaramente sia a Cameron che ai suoi simili internazionali che il futuro non possono deciderlo i “signori del palazzo”. Il 15 ottobre è stato un grande successo per le masse popolari ma anche per la Cellula “Stalin” di Londra del PMLI, in quanto essa è riuscita in questa speciale occasione a farsi conoscere e a gettare il proprio seme rivoluzionario tra le larghe masse. Il preziosissimo discorso del Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, alla Commemorazione di Mao sta già mostrando i suoi effetti sull’operato dei compagni londinesi, in quanto essi prendono tali indicazioni come fondamentale bussola e guida per l’azione. La Cellula “Stalin” di Londra ha ricevuto la lettera di ringraziamenti della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI indirizzata a tutte le istanze del Partito che hanno partecipato alle manifestazioni del 15 ottobre. Per il 30 novembre è programmato uno sciopero generale in tutto il Regno unito e la nostra Cellula non mancherà di fare la sua parte e di lasciare il suo “fluido rosso“ lungo il sentiero delle masse in lotta.

SCOZIA

Giovani e giovanissimi occupano St. Andrew Square a Edimburgo

Durante le assemblee e la manifestazione denunciate la mancanza di democrazia all’interno del sistema capitalistico e l’invivibilità e la miseria nelle quali sono costrette a vivere le masse popolari

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Aberdeen (Scozia) del PMLI Sabato 15 ottobre ha avuto luogo l’evento Occupy Edinburgh, sulla scia delle manifestazioni di massa contro il capitalismo e per il “cambiamento globale” che hanno visto protagonisti tutti i popoli del mondo. I manifestanti si sono dati appuntamento a St. Andrew Square una delle piazze più importanti di Edimburgo, sia per la sua posizione molto centrale che per la sua posizione strategica in prossimità di George Street dove si trovano numerosi sedi bancarie. La piazza è stata allestita con numerosi e colorati manifesti preparati precedentemente e durante l’evento dai manifestanti. La

maggior parte di essi in espressione di solidarietà con l’occupazione di Wall Street, denuncia della supremazia e dell’arroganza delle banche e i tagli derivati dalla crisi finanziaria internazionale con la ricaduta sulle masse popolari costrette a pagarne il prezzo. Circa 500 i manifestanti presenti all’evento sin dal primo giorno di occupazione della piazza, in maggioranza giovani e giovanissimi, studentesse e studenti che hanno dato inizio all’occupazione con l’assemblea durante la quale una trentina di manifestanti hanno preso la parola denunciando in larga parte la mancanza di democrazia all’interno del sistema capitalistico; l’invivibilità e la miseria nelle quali sono costrette a vivere le larghe masse popolari che costituiscono il 99% della

popolazione mentre un 1% vive nella ricchezza mediante speculazione e sfruttamento dei lavoratori; l’importanza di essere presenti a questo storico evento che avvicina e accomuna le masse di tutto il mondo. Durante l’assemblea i partecipanti hanno controllato via Internet periodicamente l’andamento delle varie manifestazioni mondiali, rallegrandosi per la larghissima partecipazione popolare. Tenendo in conto il parere della maggioranza, si è in seguito stabilito di dividere in due sezioni i presenti. Una sezione ha avviato la marcia di protesta lungo George Street con l’intento di coinvolgere quante più persone possibile all’occupazione. La restante parte di manifestanti ha portato avanti l’occupazione della piazza

e sistemato le tende per la sera. L’Organizzazione di Aberdeen del PMLI, presente all’evento, ha preso parte al corteo lungo George Street e centro città. La polizia ha seguito da vicino il corteo e ha “ammonito” i manifestanti che, lanciando slogan contro la società capitalistica e la supremazia delle banche, seduti al centro della strada hanno bloccato il transito di auto e pedoni. I manifestanti hanno deciso di proseguire la marcia fermandosi in un sit-in di protesta davanti Starbucks prima e alcune sedi bancarie poi. Lo slogan che ripetutamente veniva lanciato durante il corteo era :”Di chi è la colpa della crisi? La colpa della crisi non è nostra” e “Di chi sono le strade della città? Le strade della città appartengono a noi”.

Successivamente i manifestanti sono ritornati in piazza, ricongiungendosi alla sezione che era rimasta ad occupare, dando luogo a una seconda assemblea circa l’organizzazione per le prossime giornate di occupazione. Sono state individuate le cause del malcontento mondiale circa la speculazione finanziaria, il parassitismo del sistema capitalistico che sfrutta e opprime le larghe masse popolari. Allo stesso tempo emblematica la scarsissima presenza della classe operaia e dei lavoratori a segno che il movimento del 15 ottobre in Scozia non è riuscito a rispondere alle esigenze e rivendicazioni di questi. Il mancato coinvolgimento della classe operaia, l’unica in grado di realmente porre fine alla crisi strutturale del sistema capi-

talistico, rende l’occupazione e le rivendicazioni del 15 ottobre insufficienti, come ne è dimostrazione l’ancor minore partecipazione all’evento al secondo giorno di occupazione. Come diceva Mao, la rivoluzione socialista “ha bisogno della direzione della classe operaia, perché è questa la classe più lungimirante e più desinteressata, la classe dallo spirito rivoluzionario più coerente. Tutta la storia della rivoluzione dimostra che, senza la direzione della classe operaia, la rivoluzione fallisce, mentre con la direzione della classe operaia essa trionfa. Nell’epoca dell’imperialismo nessun’altra classe in nessun paese può condurre una vera rivoluzione alla vittoria”.


8 il bolscevico / governo berlusconi

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Grazie all’“aiutino” di Napolitano, nuovo Vittorio Emanuele III, e all’imbelle e ridicola “opposizione” parlamentare

IL NUOVO MUSSOLINI SI SALVA ANCORA COL VOTO DI FIDUCIA

Ancora una volta col ricorso al voto di fiducia, il 53° della serie, Berlusconi è riuscito a salvare il suo governo neofascista e la sua poltrona di presidente del Consiglio. È successo il 14 ottobre alla Camera, dove ha ottenuto 316 voti a favore, uno in più della maggioranza assoluta a Montecitorio. È fallita la tattica dell’“opposizione” parlamentare coalizzata di PD, IDV, UDC, API e LibDem, di metterlo almeno in difficoltà, prima restando fuori dall’aula durante il suo discorso per marcare il suo isolamento, e poi non partecipando alla prima chiamata di voto per far mancare il numero legale. A dare una mano al neoduce è stata anche stavolta, dopo il precedente del rifiuto di votare la sfiducia al ministro Romano, la pattuglia dei cinque deputati del partito radicale eletti nelle liste del PD, che pur votando alla fine contro la fiducia, hanno trasgredito alla consegna presentandosi a sorpresa in aula (“per rispetto alle istituzioni”, si sono giustificati) durante il discorso del premier; nonché, il giorno dopo, partecipando, alla prima chiamata di voto e favorendo così, anche se non in modo numericamente determinante, il fallimento del tentativo dell’“opposizione” di far mancare il numero legale. Si è parlato a questo riguardo di una trattativa segreta tra Berlusconi e Pannella, dove in palio ci sarebbe stato il rinnovo della convenzione per Radio radicale. Fatto sta che Berlusconi li ha ringraziati pubblicamente in aula, e che hanno ricevuto due applausi a scena aperta dai banchi della maggioranza. La disgustosa esultanza del premier e quella ancor più sconcia della sua truppa di gerarchi, cortigiane, lacché e “peones”, il primo per lo scampato pericolo e i secondi per aver salvato la ricca pagnotta e il vitalizio, a cui ha fatto immediatamente seguito la promozione, chi a sottosegretario e chi a viceministro, di quattro deputati “incerti” che gli avevano venduto a caro prezzo i loro voti decisivi, fotografano in modo eloquente lo squallido mercimonio che domina sovrano in questo parlamento nero pieno di nominati, inquisiti, corrotti e venduti al servizio del nuovo Mussolini. Come si è arrivati a questo ennesimo voto di fiducia? Tutto è nato da un clamoroso scivolone della maggioranza l’11 ottobre a Montecitorio, sulla votazione dell’articolo 1 del Rendiconto generale del Bilancio dello Stato per il 2010. La maggioranza richiesta per l’approvazione era di 291 voti, ma il governo ne otteneva solo 290. La bocciatura era di quelle clamorose, in primo luogo per il fatto in sé, perché senza l’approvazione dell’articolo 1 veniva inficiato il consuntivo di spesa per l’anno passato, e di conseguenza l’intero Bilancio, con ripercussioni anche sulla legge di Stabilità (ex Finanziaria) per l’anno prossimo: un fatto gravissimo, quindi, tale da paralizzare l’attività di governo, che sul piano politico equivale ad una sfiducia al governo stesso. Tanto che si ricordano solo un paio di precedenti nella storia della Repubblica, con i governi Goria e Andreotti, che in entrambi i casi erano sfociati nelle dimissioni del

Secondo Berlusconi “la lotta di classe è tramontata per sempre”

VA ABBATTUTO DALLA PIAZZA

anche nell’articolo del Presidente Onida, da me vivamente apprezzato - che vi fosse un obbligo giuridico di dimissioni a seguito della reiezione del rendiconto, ma che anche in base ai precedenti verificatisi in casi analoghi di votazioni su provvedimenti di particolare rilievo nell’ambito della politica generale del Governo - fosse necessaria una verifica parlamentare della persistenza del rapporto di fiducia, come lo stesso Presidente del Consiglio ha fatto; anche se senza far precedere tale decisione da un atto di dimissioni, come si è invece verificato in taluni dei richiamati precedenti”.

Avanti a tutta forza col programma neofascista

Roma, 15 ottobre 2011. Manifestazione nazionale contro il neoduce Berlusconi e il capitalismo (foto Il Bolscevico)

presidente del Consiglio. Ma altrettanto clamoroso era anche il modo in cui ci si era arrivati, cioè a causa dell’assenza di una trentina di deputati della maggioranza, tra cui assenze di peso come quelle di Bossi, Maroni, Scajola, Scilipoti e perfino lo stesso ministro dell’Economia Tremonti, responsabile del provvedimento, “arrivato in ritardo” alla votazione. Era una chiara manifestazione di quelle avvisaglie di sfaldamento che da qualche tempo agitano la maggioranza neroverde, che ha lasciato impietrito il neoduce, accorso in aula per votare anche lui fiutando evidentemente puzza di bruciato.

Soccorso provvidenziale dal Colle Mentre le “opposizioni” chiedevano a gran voce che Berlusconi salisse al Quirinale per dare le dimissioni, lo stesso Fini saliva al Colle per far presente a Napolitano la gravità dell’impasse istituzionale, e numerosi esperti di diritto costituzionale confermavano che la prassi e la consuetudine istituzionale prevedevano le dimissioni del governo, la linea del neoduce era invece quella di netto rifiuto delle dimissioni, di derubricare a semplice “incidente tecnico” la bocciatura del Rendiconto, da lui considerato un puro atto formale da ripresentare in parlamento, e di chiudere l’intera vicenda con un nuovo voto di fiducia alla sua maggioranza che tappasse la bocca a tutti coloro che lo volevano far cadere. E il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, è andato ancora una volta in suo soccorso, con un comunicato emesso il gior-

no successivo, in cui, pur adombrando “interrogativi e preoccupazioni” suscitati non solo dal voto sul Rendiconto, ma anche dall’“innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione”, finiva per lavarsene le mani delegando allo stesso Berlusconi il compito di trovare una soluzione allo spinoso problema: “È ai soggetti che ne sono costituzionalmente responsabili, presidente del Consiglio e parlamento, che spetta una risposta credibile”, concludeva infatti il capo dello Stato. In pratica era come suggerire al nuovo Mussolini: vai in parlamento, fatti ridare la fiducia e vai avanti col tuo programma di governo. E così è stato. Dopo una notte di febbrili telefonate e trattative condotte dal fido sensale, il plurinquisito Denis Verdini, e anche da lui personalmente per convincere gli elementi più tentennanti a non mollarlo, il neoduce è andato in parlamento a chiedere la fiducia e l’ha ottenuta di nuovo. Le defezioni, su cui aveva puntato le sue carte l’“opposizione”, sono state pochissime, vuoi per le promesse di cariche e prebende, come infatti si è subito visto, vuoi anche grazie alla minaccia da lui agitata di andare alle elezioni a novembre e di non ricandidare i deputati meno fedeli, con la conseguente perdita del vitalizio per quelli alla prima legislatura. Nel suo discorso del 13 ottobre, parlando ad una Camera mezza vuota per l’assenza delle “opposizioni”, affiancato da un Bossi in plateale crisi di sbadigli, il nuovo Mussolini ha liquidato la bocciatura sul Rendiconto come un “incidente parlamentare”, da sanare semplicemente con il varo di un nuovo provvedimento. Dopodiché ha irriso al tentativo di defene-

strarlo, proclamando che “non c’è alternativa credibile a questo governo nelle assemblee elettive di Camera e Senato”. E questo perché, ha spiegato passando sopra la Costituzione coi suoi stivali presidenzialisti tra gli applausi a scena aperta dei suoi manipoli totalmente padroni del campo, “è finita l’epoca in cui i governi li faceva una casta di capipartito. Ora i governi li fanno gli elettori, e li fanno votando per un simbolo in cui è esplicitamente indicato il capo della coalizione candidato alla presidenza del Consiglio”.

Arroganza neofascista e presidenzialista E qui Berlusconi ha reso un significativo omaggio all’“alta vigilanza arbitrale del presidente della Repubblica, peraltro impeccabile”, ringraziandolo così per aver “sventato il golpe” contro di lui, come aveva titolato quella stessa mattina Il Giornale di proprietà della sua famiglia. Per poi, subito dopo aver sbandierato l’avallo politico del nuovo Vittorio Emanuele III, compiere un’altra forzatura anticostituzionale e presidenzialista dichiarando che se un governo cade in parlamento “la parola deve ritornare agli elettori. Questo è il sale della democrazia parlamentare nell’epoca del bipolarismo”. Per il nuovo Mussolini, cioè, la Costituzione è carta straccia e la nostra non è più una Repubblica parlamentare ma è già a tutti gli effetti una repubblica presidenziale, con un premier eletto dal popolo e col potere di sciogliere le Camere al posto del capo dello Stato quando viene sfiduciato. Ribadito ciò il neoduce ha proiettato il suo film personale

sulla situazione del Paese: l’Italia ha un debito enorme, ma è stato ereditato dal passato (come se lui fosse appena sceso in politica e non avesse governato per i due terzi dell’ultimo ventennio), e comunque è “reso sostenibile dall’azione di questo governo”. Tutto il male d’Italia si annida invece nel sistema giudiziario, nella carenza di infrastrutture (non c’è abbastanza cemento sul territorio) e infine nella contrattazione sindacale e nel “mercato del lavoro”. Un “problema”, quest’ultimo, ha sottolineato il premier strizzando l’occhio a Confindustria e ai sindacati crumiri CISL, UIL e UGL per un nuovo patto sociale corporativo mussoliniano sotto la sua egida, “che l’associazione degli industriali dovrebbe affrontare, insieme al governo e alle parti sindacali responsabili, visto che la vecchia lotta di classe è tramontata per sempre”. Dopo aver incassato la fiducia e averla festeggiata coi suoi, Berlusconi è salito, stavolta sì, al Colle, ma non per presentare a Napolitano le sue dimissioni, bensì il suo trionfo. Napolitano non ha fatto una piega, prendendo burocraticamente atto di questa “soluzione” della vicenda che egli stesso aveva consigliato e avallato, limitandosi a chiedere al premier “rassicurazioni” sul decreto sviluppo, cosa che ovviamente egli ha fatto. Più tardi, in una lettera inviata ai capigruppo di PDL, Lega e Popolo e territorio (i cosiddetti “responsabili”), che lo avevano chiamato in causa per sanzionare la presunta “partigianeria” di Fini, Napolitano si è così giustificato per aver suggerito al premier la via d’uscita dalla grave situazione che poteva costargli le dimissioni: “Non ho ritenuto, confortato del resto dalla dottrina - espressasi

Un “aiutino”, questo di Vittorio Emanuele Napolitano al neoduce, che ricorda molto da vicino quello che gli fornì ritardando di un mese la fiducia al suo governo che poi fu votata lo scorso 14 dicembre, dandogli tutto il tempo di comprarsi i voti che gli mancavano in parlamento per neutralizzare l’uscita dei finiani dalla maggioranza. Grazie anche a lui ora il nuovo Mussolini ha di nuovo la strada spianata, se non fino al 2013 almeno fino alla prossima primavera, poiché anche se nel frattempo il suo governo dovesse cadere lui resterebbe sempre in sella fino alla celebrazione delle elezioni anticipate. Che fra l’altro si terrebbero sempre con l’attuale sistema del “porcellum” che gli è favorevole. Intanto, scampato il pericolo, ha dato subito ordine ai suoi gerarchi di riprendere a tutta forza con i provvedimenti che gli interessano: legge sulle intercettazioni e prescrizione breve, per mettere la mordacchia ai magistrati e il bavaglio all’informazione e fulminare il processo Mills. E poi condono fiscale e “riforma” fiscale, per riprendere quota nei sondaggi elettorali solleticando con ciò gli appetiti dei grandi ricchi, evasori e speculatori, ma anche blandendo la più larga platea di piccoli commercianti, autonomi e di chi ha commesso piccoli abusi edilizi. Ancora una volta la via parlamentare all’abbattimento di Berlusconi si è dimostrata inutile e fallimentare. Ancora una volta l’imbelle e ridicola “opposizione” parlamentare ha dimostrato di non avere i numeri, né la forza, né la necessaria determinazione per schiodare il neoduce dalla poltrona. Anzi, di non avere nemmeno l’esatta percezione della sua reale forza e pericolosità, come ha dimostrato il liberale Bersani limitandosi a definire il suo discorso arrogante, neofascista e presidenzialista, “un discorso penoso, prova dello sbandamento totale della maggioranza”. Ancora una volta, quindi, i fatti confermano che il nuovo Mussolini può essere abbattuto solo con la lotta di piazza, la sola comunque in grado di contrastare realmente la sua macelleria sociale e i suoi provvedimenti volti a mantenersi in sella e rafforzare il regime neofascista, presidenzialista e federalista dominante.


corruzione / il bolscevico 9

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SECONDO IL SENATORE PUGLIESE EX PD

Vendola sapeva tutto su Tedesco e la sanità “Ho detto la modalità di azione che ho sempre seguito nel corso di questi quattro anni. Quando c’erano vicende nelle quali ritenevamo vi fossero interferenze improprie, o gestioni improprie di questioni attinenti alla gestione della Asl, io ho sempre riferito al presidente Vendola e ho sempre richiesto l’intervento del presidente Vendola, sempre”. Così aveva dichiarato l’ex assessore PD alla Sanità pugliese, Alberto Tedesco, nel verbale di interrogatorio del 18 marzo scorso davanti al Giudice per le indagini preliminari (Gip) dopo che l’ordinanza d’arresto a suo carico era stata trasmessa a Palazzo Madama, dove è stata respinta lo stesso giorno in cui Montecitorio votava a favore dell’arresto del parlamentare del Pdl Alfonso Papa. Dunque Tedesco (nominato dal governatore Nichi Vendola al vertice della sanità pugliese nella sua prima giunta regionale nonostante il palese conflitto di interessi, indagato per concussione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, concorso in falso e associazione a delinquere, dimessosi dall’incarico a febbraio 2009 e immediatamente cooptato dal PD al Senato col chiaro intento di sottrarlo dalle grinfie della magistratura) si adoperava non solo per finanziare illegalmente il PD e assicurava ai sui boss politici locali e nazionali pacchetti di voti, ma, come si evince dai verbali giudiziari, teneva costantemente informato della sua attività illecita anche il suo referente Nichi Vendola al quale, sottolinea Tedesco: “Ho sempre riferito tutte le interferenze improprie”. Tedesco davanti ai giudici ha

spiegato fra l’altro di sentirsi vittima di un “pregiudizio” negativo rispetto a Vendola il quale, pur essendo sospettato di reati simili in riferimento alle interferenze e pressioni nelle nomine, è stato “graziato” dalla procura di Bari. “Mi corre l’obbligo di riferirmi proprio all’interrogatorio che lei spiega Tedesco al Pubblico ministero (Pm) Desirée Digeronimo ha avuto nei confronti di Vendola. In quell’interrogatorio si percepisce chiaramente - e questo lo dico senza polemica, riporto semplicemente una mia sensazione - che ci sia un pregiudizio negativo nei miei confronti, un pregiudizio positivo nei confronti del presidente Vendola che non è giustificato dai fatti perché Vendola in quell’interrogatorio si assume la responsabilità del 90 per cento delle nomine, delle cose, delle rimozioni eccetera. E perché - prosegue Tedesco - Vendola non poteva agire in questo modo per costruirsi un consenso politico, per costruirsi un bacino di consenso più vasto di quello che aveva, e quindi si ritiene plausibile che Vendola non agisse a questo scopo e invece nei miei confronti si ritiene plausibile l’esatto opposto?”. Il dubbio è che la procura di Bari all’epoca guidata da Antonio Laudati (ora sotto inchiesta a Lecce per aver ostacolato le indagini sulle escort e coperto Tarantini, la sua cricca e il “bunga bunga” di Berlusconi) abbia avuto un occhio di riguardo anche per il governatore Vendola, indagato pure lui all’inizio dell’inchiesta, ma poi archiviato proprio il giorno dopo la richiesta d’arresto per Tedesco. Ecco perché Tedesco, che,

CON LE TANGENTI TEDESCO FINANZIAVA IL PD In Puglia le cosche parlamentari che fanno capo alla destra e alla “sinistra” del regime neofascista per anni si sono spartite il grande affare degli appalti nel campo della sanità pubblica e privata. In risposta al gruppo di Gianpaolo Tarantini, già arrestato per la sanitopoli pugliese e ora indagato anche nell’inchiesta sulle escort di Berlusconi, il PD aveva schierato sul campo l’attuale senatore Alberto Tedesco, all’epoca assessore alla Sanità nella prima giunta regionale di Vendola, col compito di esercitare forti pressioni sui dirigenti delle Asl per favorire imprenditori amici, ottenere pacchetti di voti e soldi per finanziare illecitamente il PD. Questa è la vergognosa storia di corruttele che emerge dall’avviso di chiusura indagini emesso dalla procura di Bari il 28 settembre scorso contro Tedesco e altri 40 indagati tutti accusati a vario titolo di reati gravi e infamanti che vanno dall’abuso di ufficio alla concussione e alla turbativa d’asta. Secondo la procura dal 2008 al 2009 Tedesco avrebbe diretto “un’associazione a delinquere” che tramite i manager della Asl ha gestito appalti, nominato dirigenti “amici” e spostato primari a piacimento con l’obiettivo di favorire imprenditori capaci di garantire pacchetti di voti e di finanziare illecitamente il Partito Democratico. Tra i favoriti di Tedesco figurano fra gli altri il genero (Elio Rubino), titolare di un’azienda

di protesi sanitarie e il re dei rifiuti pugliesi (Carlo Colummella) per motivi “economici o familiari”. L’organizzazione, secondo l’accusa, era capillare. “Da un lato l’assessore spingeva per nominare primari persone di sua fiducia, dall’altro influiva sui vertici amministrativi delle singole Asl per destituire dal loro incarico persone che non obbedivano ai suoi ordini”. Dimessosi dalla carica di assessore nel 2009 quando iniziò l’indagine, Tedesco il 26 febbraio 2011 ha lasciato il gruppo del PD al Senato per approdare al Gruppo misto e il 20 luglio scorso il Senato in camicia nera ha respinto la richiesta d’arresto avanzata della procura di Bari nei suoi confronti Nell’elenco degli altri 40 indagati, oltre alla famigerata “lady Asl” pugliese, Lea Cosentino, e all’ex segretario particolare di Tedesco, Mario Malcangi, c’è anche il capogruppo del PD in Regione, Antonio Decaro, accusato di aver procurato a un parente le tracce per un concorso all’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente e Graziano Fiore, cugino di Tommaso, attuale assessore alla Sanità della giunta Vendola. Fiore, all’epoca addetto alla cassa ticket dell’istituto oncologico di Bari, è accusato di essersi appropriato di 6mila euro, pari a quattro giorni di incasso, a gennaio del 2009. A breve si attende la richiesta di rinvio a giudizio di tutti gli imputati.

L’ex assessore PD alla sanità pugliese, Alberto Tedesco, insieme al governatore della Puglia Nichi Vendola che lo aveva fortemente voluto su quella poltrona

come è noto, da assessore alla Sanità era in una situazione palese di conflitto di interessi, avendo familiari impegnati nell’industria delle protesi e delle forniture, adesso accusa Vendola di aver perfino

strumentalizzato la sua nomina: “Non mi sono proposto a Vendola come l’assessore alla Sanità – ha affermato - questo lo sanno le pietre nella Regione Puglia. Io mi sono proposto come presidente del

Consiglio regionale (...) e quando Vendola mi chiama la notte prima di fare la giunta e mi dice: ‘Ho deciso di affidarti 1’assessorato alla Sanità’ io gli dico: ‘Ma stai scherzando? Ma ti rendi conto di quello che succederà? Io ci ho i miei figli’, eccetera’. Lui mi risponde di ‘trovare una maniera’ per sistemare il problema”. Eppure, insiste Tedesco: “al presidente Vendola in quella famosa notte, io oppongo proprio questa ragione di inopportunità, la oppongo io”. Salvo, alla fine, accettare comunque l’incarico: “Non mi sono sottratto per la ragione che il presidente mi fece capire: prendere o lasciare”. Quindi, sospetta Tedesco, il conflitto di interessi esploso con tanto di “processo pubblico” nell’aula del consiglio regionale, poteva persino far comodo a Vendola permettendogli di tenere sotto ricatto il suo assessore alla sanità.

“Il presidente Vendola, dopo quella famosa riunione del consiglio regionale sul mio conflitto di interessi – accusa Tedesco - mi tiene al mio posto non perché si fida di me, ma perché mi tiene sotto botta, e quindi sostanzialmente io non posso oppormi a qualunque tipo di scelta che potrà essere fatta da Vendola”. Intanto dagli atti dell’inchiesta spuntano i nomi di altri personaggi “illustri” tirati in ballo durante le intercettazioni. Si tratta di Michele Scelsi (nominato da Tedesco responsabile del Crat “Coordinamento regionale delle attività trasfusionali”) fratello di Pino, il Pm del caso D’Addario, ed Enzo Vendola, fratello del governatore pugliese, entrambi “pizzicati” al telefono con Tedesco e il suo braccio destro Malcagni mentre parlano e si accordano su nomine e carriere all’interno delle Asl pugliesi.

SCANDALOSA DECISIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE

Privatizzata anche l’acqua di Salerno La “Multiutilities” Salerno Energia Spa avrà in mano gas, elettricità, acqua. In ballo anche il grande affare-ricatto dell’incenerimento dei rifiuti

IL COMITATO ACQUA PUBBLICA DI SALERNO: “TUTTI IN PIAZZA” Lunedì 17 ottobre, il Consiglio Comunale di Salerno ha ceduto le quote di Salerno sistemi Spa (società per azioni “pubblica” di gestione del servizio idrico) a Salerno energia Spa, multi-utilities del gas e dell’elettricità operante nel salernitano e nel Cilento. La gravissima e scandalosa cessione è avvenuta a seguito di una misura approvata all’unanimità dalla Commissione bilancio del comune di Salerno. Particolarmente grave e scandaloso è stato il comportamento del consigliere Emiliano Torre (SEL di Vendola), componente della commissione bilancio, che dice di non essere stato presente alla votazione per impegni a Roma, ma ad una precisa richiesta di chiarimento da parte del Comitato acqua pubblica, ammette di avere avallato l’operazione: “mi hanno detto che serviva a tranquillizzare le banche creditrici di Salerno Sistemi spa” (sic!). Non occorre dimostrare che

“l’accorpamento” delle società per azioni serve, oltre che ad aggirare la “class-action” messa in atto dai Comitati contro l’aumento delle tariffe, a sfruttare le norme illegittime ed illegali della finanziaria varata dal governo del neoduce Berlusconi che prevede, calpestando ancora una volta impunemente la volontà popolare, la messa a gara o la costituzione di società miste con privato al 40% di tutti i servizi pubblici locali, acqua compresa. Il che significa che tutti i servizi idrici del salernitano, compreso l’Ato4Sele, saranno regalati ai privati (che soprattutto al Sud vuol dire anche mafia). In questo senso a fare da apripista è stata la privatizzazione di Ato 3 che da decenni è nelle mani degli speculatori della Gori spa (la Sarnese-Vesuviano Srl, per il 95,79% di ACEA S.p.A, detiene il 37,05% delle quote e può fare il bello e il cattivo tempo). La Società Salerno Energia S.p.A. nasce con delibera del Consiglio comunale del 14 di-

cembre 2000, atto n. 74, con cui il neopodestà De Luca (PD) approva la trasformazione dell’Azienda speciale del gas in Società per azioni. Inizia la sua lucrosa attività il 17 gennaio 2001. Gli interessi si allargano subito ad altre attività, ed abbracciano anche la gara per la costruzione e la gestione dell’inceneritore di Salerno, voluto da De Luca, e conteso tra il gruppo lombardo A2A ed il gruppo emiliano Hera. Quest’ultima, meno nota, è una vera e propria “piovra” quotata in borsa che ha in mano oltre gas, elettricità, teleriscaldamento, acqua, fogne e “depuratori” (da Forlì a Bologna a Ferrara a Modena a Ravenna a Rimini fino a Pesaro Urbino e a tutta la dorsale adriatica tramite la neonata “Marche multiservizi spa” detenuta dal gruppo Hera per una quota del 41,8%. Questa gigantesca società mista, seconda solo ad Acea, si occupa di “costruzione e gestione impianti di trattamento,

stoccaggio e smaltimento di rifiuti” (per il tramite della controllata Feronia srl) ed è proprietaria dei mostri inceneritori dell’EmiliaRomagna, e persino di pompe funebri (Hera servizi funerari unipersonale srl), con un giro d’affari “stimato nel 2010 di 3,7 miliardi di euro e una base clienti di circa 1,8 milioni di utenti (medi)”. Dunque avvertono i referendari: “l’acqua pubblica a Salerno va verso la privatizzazione nonostante che il 12 e il 13 giugno il 66% dei cittadini salernitani abbiano detto no alla gestione privata del servizio idrico. A pagare - sottolineano - saranno i cittadini e i lavoratori oggetto della fusione, che vedono minacciati salario e professionalità acquisite come ampiamente già comunicato dal presidente di Salerno Energia”. Mentre scriviamo i manifestanti hanno organizzato un sit-in sotto il Palazzo di città nel centro di Salerno. Si auspicano le dimissioni del Sindaco.

Il PMLI produce un grosso sforzo per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neofascista e per l’Italia unita, rossa e socialista. I militanti e i simpatizzanti attivi del Partito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare. Il PMLI fa quindi appello ai sinceri fautori del socialismo per aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi finanziari. Nel supremo interesse del proletariato e della causa del socialismo. Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il governo del neoduce Berlusconi e il regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista e i suoi partiti. Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una coscienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare. Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a: PMLI - via Gioberti, 101 - 50121 FIRENZE


10 il bolscevico / vertenza fincantieri

N. 38 - 27 ottobre 2011

Riesplode la protesta dei lavoratori Fincantieri contro il governo e la direzione aziendale

OCCORRE UN PIANO INDUSTRIALE CHE RILANCI LA CANTIERISTICA E SALVAGUARDI SITI E OCCUPAZIONE No ad accordi cantiere per cantiere SCIOPERO DI 8 ORE E MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA IL 21 OTTOBRE È riesplosa con grande forza e determinazione la lotta dei lavoratori della Fincantieri, azienda pubblica della Fintecna, strategica nel settore, con 9 mila addetti occupati negli otto cantieri del gruppo (Sestri Ponente, Riva Trigoso, Castellammare di Stabia, Monfalcone, Marghera, Ancona, Palermo e Muggiano) e con altri 25 lavoratori impegnati nell’indotto. Già il 27 settembre gli operai del cantiere di Ancona si sono mobilitati. In 400 avevano raggiunto in corteo la sede del Consiglio regionale per protestare contro il tentativo della direzione aziendale di riproporre, cantiere per cantiere, lo stesso piano di tagli e chiusure ritirato il 3 giugno scorso grazie alla mobilitazione e alla lotta. Il giorno dopo erano scesi in lotta i lavoratori Fincantieri di Sesto Ponente (Genova) con 4 ore di sciopero indetto unitariamente da FIOM, FIM e UILM insieme alle RSU dello stabilimento. Con un combattivo corteo avevano attraversato le vie cittadine. Ciò a sostegno della richiesta di convocazione del tavolo nazionale sulla vertenza Fincantieri per trovare soluzioni adeguate e soddisfacenti alla crisi in atto da almeno due anni; tavolo rimasto inattivo dal 3 giugno per colpa del governo che ha disatteso gli impegni allora assunti. “Gli impegni assunti dal Governo – ha detto Alessandro Pagano, coordinatore nazionale FIOM per la cantieristica – nell’ambito della vertenza Fincantieri … sono ad oggi completamente disattesi”. Sale la rabbia di fronte alla latitanza e alla mancanza di risposte da parte del governo. Dopo aver occupato lo stabilimento con l’assemblea permanente, il 3 ottobre, gli stessi lavoratori di Sestri Ponente organizzano una nuova protesta. Di nuovo in corteo, sono sfilati per due ore nella città raggiungendo la prefettura, nonostante la massiccia e minacciosa presenza di forze di polizia in assetto antisommossa. Hanno chiesto e ottenuto che una delegazione dei manifestanti fosse ricevuta dal

12 ottobre 2011. I lavoratori della Fincantieri occupano la stazione di Genova Principe

prefetto, presenti anche il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando e alcuni assessori e consiglieri regionali, per illustrare le ragioni della protesta e per chiedere che il governo assuma urgenti provvedimenti per il rilancio della produzione e la salvaguardia dell’occupazione. Ma il punto più alta della lotta è esploso l’11 ottobre in concomitanza con l’incontro organizzato a Roma presso il ministero dello sviluppo economico tra il ministro Romano, la direzione dell’azienda, il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, il governatore Burlando, e i rappresentanti sindacali. Quando, al termine dell’incontro, è giunta notizia di un esito negativo, anche solo in riferimento alle commesse di lavoro richieste al governo per riattivare le produzioni, “Solo promesse, parole, non c’è lavoro”, recita il messaggino inviato da un sindacalista presente alla riunione, è esplosa tutta la rabbia in particolare dei lavoratori liguri di Fincantieri che presidiavano il cantiere. Essi hanno attuato immediatamen-

te blocchi stradali e dimostrativamente dato alle fiamme i cassonetti della raccolta dei rifiuti. La preoccupazione del tutto giustificata dei lavoratori di Sestri Ponente è che questo cantiere, con una lunghissima storia industriale alle spalle e con un futuro altrettanto lungo solo che ci fosse una reale volontà politica in questo senso, rischia un forte ridimensionamento se non proprio la chiusura. Il giorno precedente, il coordinamento nazionale FIOM-CGIL del gruppo Fincantieri si era riunito per fare il punto su questa importante e difficile vertenza, con una valenza nazionale per le dimensioni del gruppo e per la posta in gioco, e decidere il prosieguo della mobilitazione. Il coordinamento chiede alle controparti “un piano industriale strategico che, attraverso un adeguato programma di diversificazione produttiva, supportato dai necessari investimenti, consenta di rimettere il gruppo Fincantieri in condizione di rispondere alla crisi in atto senza ridurre la sua capacità produt-

tiva, con la conferma della missione produttiva di tutti i siti e dei relativi livelli occupazionali”. A questo scopo il coordinamento ha sottolineato il contributo portato dagli esperti di settore che suggerivano di cogliere opportunità produttive come quelle dell’off-shore nell’ambito della produzione di energie rinnovabili e della demolizione navale controllata, nonché quelle derivanti dalla promozione e sostegno di una mobilità ecosostenibile attraverso la produzione di nuove navi a basso impatto ambientale e allo sviluppo delle “autostrade del mare”. In questo ambito il coordinamento ha duramente criticato la strategia della direzione aziendale volta a imporre quel piano di ridimensionamento, presentato dall’amministratore delegato, Giuseppe Del Bono, il 23 maggio scorso che prevedeva la chiusura degli stabilimenti di Castellammare di Stabia e di Sestri Ponente e un forte ridimensionamento di quello di Riva Trigoso e la riduzione dell’occupazione di oltre

2.500 posti di lavoro. Piano che la direzione aziendale fu costretta a ritirare il 3 giugno e che ora ripropone subdolamente attraverso intese cantiere per cantiere, in alcuni casi raggiunte con la firma separata di FIM e UILM e in un caso anche con il consenso della FIOM. A sostegno di queste rivendicazioni il coordinamento nazionale FIOM Fincantieri ha chiesto alla Segreteria nazionale FIOM di proclamare per il 21 ottobre prossimo uno sciopero generale di 8 ore dei lavoratori del gruppo Fincantieri e delle ditte appaltatrici con manifestazione nazionale a Roma, convergendo così con l’iniziativa di lotta, con le stesse modalità, già decisa dal gruppo FIAT e dalla componentistica auto. Il PMLI solidarizza in modo militante e appoggia con forza la giusta lotta dei lavoratori della Fincantieri. Finalizzata, da un lato a impedire piani di ristrutturazione di lacrime e sangue che prevedano chiusure di cantieri, licenziamenti di massa e il peggioramento del-

le condizioni di lavoro sul modello Marchionne; dall’altro a ottenere dal governo e della direzione aziendale un progetto complessivo di rilancio, diversificazione e innovazione produttiva che salvaguardi l’operatività dei cantieri esistenti, nessuno escluso, e gli attuali livelli occupazionali. Tra le proposte avanzate per dare un futuro alla cantieristica e quindi alla Fincantieri, particolarmente importante, per non dire strategica, ci appare quella di dare ampio sviluppo al trasporto merci per via mare. Anche perché il nostro Paese è dotato naturalmente di due “autostrade del mare” che scorrono lungo il Tirreno e l’Adriatico per raggiungere i numerosi porti esistenti nelle coste. Il che comporterebbe la costruzione di navi per il trasporto merci che si aggiungerebbero alle produzioni tradizionali. Noi ci auguriamo che si formi una grande solidarietà politica e sociale attorno ai lavoratori della Fincantieri perché la loro è una lotta che riguarda tutti i lavoratori.

CANCELLANO IL CONTRATTO NAZIONALE ED ESTENDONO GLI ACCORDI DI POMIGLIANO A TUTTO IL GRUPPO FIAT

21 ottobre sciopero generale di 8 ore e manifestazione nazionale a Roma del Gruppo Fiat e componentistica Pubblichiamo di seguito il comunicato della FIOM-CGIL nazionale in difesa del Contratto nazionale e in appoggio allo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma del Gruppo Fiat e componentistica indetto per venerdi 21 ottobre. In questi giorni tutte le aziende metalmeccaniche del gruppo Fiat, dall’Iveco alla New Holland, dalla Cnh alla Magneti Marelli, passando dalla Comau alla

Ferrari, alla Maserati fino a Fiat Auto stanno disdettando gli accordi di miglior favore. Questo prepara, dopo l’uscita di Fiat da Confindustria, l’estensione degli accordi di Pomigliano, Mirafiori e della Bertone a tutti i siti. L’applicazione di quel modello prevede l’aumento di lavoro straordinario obbligatorio fino a 120 ore l’anno, l’estensione automatica a turnazione oltre i 15 turni, il taglio di 10 minuti di pausa, la limitazione delle tutele in caso di malattia e un sistema

di sanzioni ai sindacati, ai loro rappresentanti e alle lavoratrici e ai lavoratori. Quegli accordi prevedono il superamento delle Rsu elette dai lavoratori con la nomina della Rsa da parte delle sole organizzazioni firmatarie. Un chiaro carattere antisindacale che ha portato la Fiat ad essere condannata per violazione dello Statuto dei lavoratori e delle libertà sindacali. In questo modo si cancella il Contratto nazionale, i suoi effetti

solidaristici e di unità sui minimi della categoria, ovunque vi siano lavoratori metalmeccanici e comunque si lavori. Tutto questo avviene in una crisi che colpisce i lavoratori in quanto cittadini attraverso l’aumento delle tassazioni dirette e indirette e i tagli dei servizi sociali che colpiscono, ancora più duramente, le persone più deboli. Tutto questo avviene in assenza di una definizione di impegni e prodotti che garantiscano il futuro di tutti gli stabilimenti e di

tutti i lavoratori del Gruppo Fiat in Italia. Gravi sono le responsabilità del governo che fa leggi “ad aziendam” – come l’articolo 8 della manovra finanziaria – ma non chiede nulla alla Fiat per l’Italia e per le lavoratrici e i lavoratori italiani, mentre lascia chiudere, senza prospettive sicure, gli stabilimenti Cnh di Imola, Irisbus di Avellino e Fiat Auto di Termini Imerese: chiusure che noi respingiamo chiedendo che tutti i posti di lavoro vengano

mantenuti. Per tutte queste ragioni noi difendiamo la presenza della Fiat in Italia con il Contratto nazionale, senza taglio dei diritti, contro ogni licenziamento. 21 ottobre 2011 sciopero generale di 8 ore e manifestazione nazionale a Roma del Gruppo Fiat e componentistica FIOM-CGIL nazionale Roma, 11 ottobre 2011


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Marcegaglia risponde a Marchionne sulla rottura della FIAT con Confindustria

COMUNICATO DELLA RSU FIOM DELLA PIAGGIO DI PONTEDERA (PISA)

“NON VI È CONTRASTO TRA L’ACCORDO “I lavoratori DEL 28 GIUGNO E L’ARTICOLO 8” devono respingere la manovra senza IL VERGOGNOSO SILENZIO DELLA CAMUSSO compromessi”

“Le imprese possono accedere alle deroghe e alle flessibilità che ambedue offrono, fino al recesso del rapporto di lavoro” All’indomani della clamorosa decisione, assunta il 3 ottobre scorso, dall’amministratore delegato della FIAT, il nuovo Valletta Sergio Marchionne, di uscire da Confindustria, Emma Marcegaglia ha preso carta e penna per scrivere una lettera aperta ai presidenti delle associazioni di categoria di Confindustria per dire che la scelta della FIAT va rispettata in quanto l’adesione a Confindustria è e non può che essere libera e volontaria. Ma allo stesso tempo per esprimere il “disappunto per le motivazioni che sono state adottate”. Di cosa si tratta? Marchionne aveva sostenuto che la firma definitiva dell’accordo interconfederale del 28 giugno aveva “fortemente ridimensionato le aspettative sull’efficacia dell’articolo 8, con il rischio “di snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale”. Da qui l’annuncio di uscire dall’associazione degli industriali a far data dal 1° gennaio 2012, per poter “utilizzare la libertà d’azione applicando in modo rigoroso le nuove disposizioni di legge”. Una tesi questa, che la Marcegaglia gli contesta in modo esplicito e netto. “Non vi è contrasto – scrive - tra le due fondamentali innovazioni introdotte negli ultimi mesi”, l’accordo del 28 giugno e l’articolo 8 della manovra del governo. “Non è vero – aggiunge - che vi sia una qualsiasi oggettiva convenienza a lasciare Confindustria. “Stare dentro il sistema associativo non significa in alcun modo rinunciare a utilizzare gli strumenti legislativi che l’articolo 8 mette a disposizione delle imprese”. Ogni imprenditore, insiste sul punto, “può beneficiare di tutte le flessibilità dell’accordo del 28 giugno e dell’articolo 8”. Può cogliere “le opportunità che offre l’art. 8 di derogare in azienda attraverso accordi sindacali anche a disposizioni di legge” delicate come quelle che riguardano “le conseguenze del recesso del rapporto di lavoro”, cioè il diritto al reintegro nel posto di lavoro a fronte di un licenziamento senza “giusta causa”. A sostegno di questa conclusione il presidente di Confindustria cita il parere dei principali

giuristi del lavoro e chiama in causa il ministro Maurizio Sacconi che aveva detto: “L’articolo 8 non è stato né depotenziato né sterilizzato dall’accordo del 28 giugno”. A proposito dell’accordo, tiene a sottolineare che esso introduce “un sistema di relazioni industriali moderno, regolato ma non certo ingessato”. Che “per la prima volta dà certezze ed esigibilità al contratto aziendale e permette intese modificative molto ampie per cogliere opportunità… per gestire al meglio le ristrutturazioni”. Aldilà di qualsiasi altra consi-

derazione, la presa di posizione della Marcegaglia ha il pregio di spazzare via le ambiguità e le ipocrisie che hanno accompagnato la firma definitiva dell’accordo interconfederale del 28 giugno da parte di Confindustria e di CISL, UIL e CGIL. Ecco quali. Esso, non metterebbe in discussione il contratto nazionale di lavoro, cosa non vera dal momento che a livello aziendale si può derogare dalle norme contrattuali nazionali. Lo stesso avrebbe depotenziato e neutralizzato l’articolo 8 e la sua forza distruttiva dei diritti dei lavoratori.

Roma, 15 ottobre 2011 (foto Il Bolscevico)

IL SOCIOLOGO GALLINO SULL’USCITA DELLA FIAT DA CONFINDUSTRIA

“L’obiettivo di Marchionne è cancellare il contratto nazionale ed avere le mani libere” “Confindustria sarà senza poteri sulla contrattazione” Perché Marchionne ha deciso di lasciare la Confindustria? “L’obiettivo dell’amministratore del Lingotto – è la risposta di Luciano Gallino, sociologo ed esperto di diritto del lavoro – è cancellare il contratto collettivo nazionale di lavoro, che se sottoscritto nel quadro confindustriale deve rispettare determinate regole”. “Confindustria era l’ultimo lacciuolo per rispettare un sistema, Marchionne l’ha tagliato” per avere le mani libere. “Fiat è l’ultimo pezzo della

grande industria meccanica italiana e ora Confindustria non conterà più nulla. L’associazione degli industriali subirà un grande colpo – insiste – dal punto di vista economico, ma l’indebolimento è sopratutto sul piano politico. Confindustria non avrà più poteri sul piano della contrattazione”. Riferendosi all’accordo interconfederale del 28 giugno sottoscritto in via definitiva il 21 settembre da Confindustria, CISL, UIL e CGIL, accordo preso a pre-

Esposto di Rinaldini al Collegio Statutario della CGIL contro la firma di Susanna Camusso

“NON POTEVA FIRMARE L’ACCORDO DEL 28 GIUGNO SENZA LA LEGITTIMAZIONE PREVISTA DALLO STATUTO” Gianni Rinaldini, coordinatore nazionale de “La CGIL che vogliamo” è convinto che a norma di Statuto Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL, non poteva, non era legittimata a firmare in via definitiva l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 su contrattazione e rappresentanza sindacale. Per questa ragione ha inviato il 29 settembre un esposto al Presidente del Collegio Statuario, l’organo preposto a garantire il rispetto delle norme da parte de-

Cosa non vera non solo perché la legge è sempre più forte di un accordo sindacale, ma anche perché la maggioranza dei cofirmatari ne danno una interpretazione opposta. Proprio su queste bugie, su questi inganni, Susanna Camusso, segretario generale della CGIL aveva giustificato di fronte agli iscritti e ai lavoratori l’adesione della Confederazione al suddetto accordo. Il suo silenzio vergognoso sulla vicenda è molto significativo, il fatto che non dica una parola finisce per avvalorare quanto sostenuto dal presidente di Confindustria.

gli organi dirigenti e delle strutture della CGIL. Il convincimento di Rinaldini si fonda su quanto previsto nell’art. 6 dello Statuto che, in merito all’approvazione degli accordi stabilisce: “in assenza del mandato di tutti i lavoratori, le lavoratrici, i pensionati interessati, è vincolante il pronunciamento degli iscritti”. Che non è avvenuto, nonostante ci fosse un impegno ufficiale da parte del direttivo nazionale. Per Rinandini la norma è

chiara, essa “impedisce che il pronunciamento degli iscritti possa essere sostituito da qualunque altro tipo di mandato, compreso quello del Direttivo Nazionale, e stabilisce che il mandato degli iscritti è la condizione sine qua non per la sottoscrizione dell’accordo”. Se la firma della Camusso è illegittima, come sembra, a norma di Statuto nessuno nella CGIL dovrebbe sentirsi vincolato al rispetto di tale accordo.

testo da Marchionne per rompere con Confindustria, Gallino afferma: “Fiat teme che le parti sociali facciano muro contro l’applicazione dell’articolo 8 inserito nella manovra di Ferragosto, che sembra scritto direttamente dal Lingotto per demandare ogni regola del lavoro”. Anche ammesso che sia così, “non so quanto possano non rispettare una legge. Per ora hanno sottoscritto un accordo per non applicare il comma dell’articolo 8 che prevede la deroga all’articolo 18. Ma di commi terribili - avverte il professore - ce ne sono almeno 20. Lo scopo principale della Fiat è abbattere l’unità dei sindacati per indebolire i lavoratori. E ritornare al modello per cui ognuno è solo davanti all’impresa”. E ci sta riuscendo, “perché i sindacati territoriali sono più deboli e possono soccombere davanti alle pressioni di una grande azienda”. “Andiamo verso un periodo sgradevole per le aziende, ognuna avrà il suo contratto. Ci sarà un panorama talmente differenziato che porterà sicuramente complicazioni giuridiche, ma anche organizzative”. Certo che sarà utilizzato l’articolo 8 anche per licenziare, è la conclusione di Gallino. “A Mirafiori per esempio dipende da quanti modelli faranno e da quando inizierà la produzione. Se saranno solo due – invece dei cinque promessi nel 2010, ndr – non ci sarà posto per tutti gli operai”.

Riportiamo ampi estratti di un comunicato del 12 ottobre della RSU FIOM della Piaggio di Pontedera (Pisa) contro la maxistangata di macelleria sociale imposta dal governo. La manovra economica colpisce ancora una volta i lavoratori e le loro famiglie con i tagli nella sanità, nei trasporti e nella scuola, l’aumento dell’età pensionabile per le donne, l’aumento delle tasse (benzina, detrazioni IRPEF, IVA, sigarette). Questo non solo riduce da subito i beni e i servizi a disposizione dei lavoratori ma farà diminuire occupazione e consumi e perciò chiudere ancora altre fabbriche. Il governo e gli industriali hanno addirittura approfittato della manovra per colpire i diritti sul posto di lavoro permettendo ogni sorta di deroga ai contratti nazionali e alle leggi che i lavoratori si sono conquistati con decenni di lotte. Questa è solo l’ultima conseguenza degli accordi scandalosi firmati da CISL e UIL con il governo e i padroni (Pomigliano, Mirafiori, ecc.). L’accordo del 28 giugno ha poi aperto la strada fin nei particolari all’art. 8 del governo e la firma della CGIL, senza alcun mandato dei lavoratori, ha vanificato in anticipo la generosa partecipazione allo sciopero generale del 6 settembre. Il governo, la Confindustria e i parassiti che dagli anni ’80 si sono arricchiti grazie a una spesa pubblica fatta di elargizioni, sprechi e corruzione e in questo modo hanno gonfiato il debito pubblico ci vengono a dire che il debito viene dalla spesa sociale e dal livello dei salari e delle pensioni. Dobbiamo rispondere che sono i lavoratori a produrre tutta la ricchezza. Salari, pensioni e servizi sociali sono solo la parte, sempre

più piccola, della ricchezza prodotta che rimane ai lavoratori. Dobbiamo avere chiari i punti decisivi dello scontro in atto: - Solo la difesa intransigente dei salari e delle condizioni di lavoro costringerà al taglio e alla tassazione dei redditi delle altre classi. I compromessi, oltre a peggiorare immediatamente le condizioni dei lavoratori, aggraverebbero ancora gli effetti e le cause della crisi attuale. - Le pensioni dei lavoratori non sono spesa pubblica, ma solo la restituzione dei contributi pagati. Le pensioni potrebbero anzi aumentare del 30 per cento se si mettesse fine all’evasione contributiva, stimata in 40 miliardi l’anno, e si adeguassero i salari alla media europea. Inoltre lo Stato deve ancora ai lavoratori decine di miliardi di attivi INPS usati per altri scopi. - I lavoratori dipendenti e i pensionati pagano oggi l’82 per cento del totale dell’IRPEF, pari a 120 miliardi su un totale di 146. Una quota altissima, sempre crescente e aumentata del 10 per cento negli ultimi 15 anni. Tanto più che nello stesso periodo i salari e le pensioni hanno perduto una quota dell’8 per cento del PIL, pari oggi a 120 miliardi di euro l’anno. Tutto questo dimostra che non c’è niente da contrattare né compromessi da considerare. I lavoratori devono respingere con decisione ogni politica di compromesso e cedimento su salari, pensioni, diritti, condizioni di lavoro e servizi sociali. Chi oggi propone cedimenti e compromessi lo fa solo per non mettere in discussione una politica economica e fiscale. Le risorse vanno reperite nei capitali, nei patrimoni e nei redditi gonfiati da anni di questa politica, ormai delegittimata e indifendibile per i suoi evidenti effetti distruttivi sull’intera società.

SOLIDARIETA’ DELLA FISM CON I LAVORATORI DI TERMINI IMERESE E IRISBUS Pubblichiamo la lettera di solidarietà inviata dalla Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici (FISM) a Fim-Fiom-Uilm in lotta contro la chiusura degli stabilimenti di Termini Imerese e Irisbus. Vi scrivo a nome della FISM, che rappresenta gli interessi collettivi di 25 milioni di metalmeccanici di oltre 200 sindacati in più di 100 paesi, per esprimere la nostra solidarietà con la vostra lotta per garantire i posti di lavoro di oltre 3000 lavoratori delle fabbriche Fiat a Termini Imerese e alla Irisbus di Avellino e perché sia messo in opera un piano industriale di sviluppo che mantenga in attività entrambi le fabbriche.

La FISM sostiene la vostra richiesta alla Fiat di ritornare sulla sua decisione di chiudere le due fabbriche e affinché la direzione aziendale si impegni in veri negoziati con le organizzazioni sindacali per trovare una soluzione che tenga pienamente in considerazione lo sviluppo industriale in queste due regioni e garantisca i posti di lavoro per tutti i lavoratori delle fabbriche Fiat di Termini Imerese e Irisbus di Avellino. La Fism è determinata a sostenere la vostra battaglia per difendere i diritti dei nostri fratelli e sorelle in Fiat. In solidarietà Jyrki Raina Segretario generale FISM Ginevra, 7 ottobre 2011


12 il bolscevico / PMLI

N. 38 - 27 ottobre 2011

IMPRESSIONI DI MILITANTI DEL PMLI SULLA COMMEMORAZIONE DI MAO Il discorso di Scuderi è una lancia rossa verso il futuro

Proseguiamo la pubblicazione, iniziata sul numero 35/11 de “Il Bolscevico”, delle impressioni richieste dal Centro del Partito ad alcuni militanti del PMLI sulla commemorazione di Mao e sul discorso del compagno Giovanni Scuderi.

Scuderi scuote, sprona e dimostra che seguendo Mao faremo grande il PMLI Esprimere un’opinione su quanto scritto dal compagno Scuderi in occasione del 35° anniversario della morte di Mao, non è certo facile. Soprattutto perché mi sembra opportuno andare oltre la sintesi del suo lavoro, che non va solo letto e riletto, ma in particolare trasformato in una attenta e profonda riflessione attiva, o meglio operativa. Le sue sollecitazioni, i suoi

consigli, le sue indicazioni non fanno intravvedere né retorica né vuote affermazioni di rito. Scuderi dice chiaro e tondo: compagni, l’esempio di Mao è impresso nel marmo, indelebile; le sue parole colpiscono con fermezza e le sue affermazioni non lasciano spazio a dubbi, tentennamenti, atteggiamenti ondivaghi e se vogliamo andare avanti verso un’Italia unita, rossa e socialista abbiamo una

SENZA IL PARTITO IL PROLETARIATO MAI DIVENTERA’ CLASSE PER SE’ “Il marxismo-leninismo, spiega Mao, è la teoria che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno creato sulla base della pratica, è la conclusione generale che hanno tratto dalla realtà storica e dalla pratica rivoluzionaria (...). Il marxismo-leninismo è la verità più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà oggettiva e confermata da questa stessa realtà”. Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è la cultura del proletariato, il liberalismo è la cultura della borghesia. O scegliamo l’una o scegliamo l’altra. Non è possibile un’altra soluzione, nemmeno quella di pescare in tutte e due le culture. In questo caso la bilancia penderebbe a favore della cultura borghese. “La cultura rivoluzionaria, afferma Mao, è per le masse popolari una poderosa arma rivoluzionaria. Prima della rivoluzione, essa prepara ideologicamente il terreno, e, durante la rivoluzione, è un settore necessario e importante del fronte generale rivoluzionario”. Una volta che le masse proletarie, popolari, giovanili e femminili acquisiscono la cultura del proletariato, essa illumina la mente e genera una enorme forza materiale. Lo sanno bene tutte le compagne e i compagni del Partito che hanno fatto propria tale cultura e che, quando ne hanno la necessità, vi ricorrono per rinfrescarsi la memoria e per il loro lavoro politico rivoluzionario. L’ha capito molto bene una giovane compagna che è entrata recentemente nel PMLI, sulla quale riponiamo grandi speranze. Trattandosi di una cultura, non può che essere appresa dai libri marxisti-leninisti. Non può sorgere spontaneamente dai movimenti della classe operaia, dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, dei precari, delle masse popolari, femminili, studentesche e giovanili. Essi non potranno mai acquisire una cultura proletaria se non vi è apportata dal Partito del proletariato e se non studiano il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Le operaie e gli operai coscienti devono capire bene l’importanza di questo problema ideologico e politico e fare i dovuti sforzi per studiare la cultura del proletariato, perché solo acquisendo la propria cultura la classe operaia può diventare una classe per sé in grado di unire tutte le masse sfruttate e oppresse, i giovani e gli intellettuali progressisti su un terreno rivoluzionario, di fare e vincere la rivoluzione socialista, abbattere la classe dominante borghese e conquistare e mantenere il potere politico e il socialismo. (brani tratti dal Discorso di Giovanni Scuderi alla Commemorazione di Mao nel 35° Anniversario della scomparsa, pronunciato a Firenze l’11 settembre 2011, dal titolo: “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul Partito del proletariato”)

Napoli, 6 settembre 2011. Manifestazione per lo sciopero generale indetto dalla CGIL (foto Il Bolscevico)

sola strada da seguire: quella tracciata dal compagno Mao, ogni altra strada ci farà perdere, inesorabilmente, l’orientamento. Ho apprezzato molto l’essenzialità asciutta dell’intervento, privo di fronzoli agiografici. E’ l’esempio reale, sulla scorta proprio di quanto affermava lo stesso Mao, di una comunicazione chiara, semplice ma incisiva, capace di colpire come una freccia che, scoccata dal suo arco, si dirige veloce lungo una traiettoria ben definita, fino a colpire l’obiettivo. E l’obiettivo prioritario delle frecce scoccate da Scuderi penso sia ognuno di noi perché solo noi, compagni del PMLI, possiamo percepire la carica d’energia che si sprigiona dalle sue parole, dalle sue citazioni, dalle sue critiche. Io opero in una realtà come l’isola d’Ischia, il cui orientamento politico è in prevalenza di chiaro stampo demo-clerico fascista. Dove sono enormi le difficoltà che si incontrano quando si voglia parlare seriamente di politica e soprattutto, far conoscere il nostro Partito. Ecco perché l’intervento del compagno Scuderi è non solo il giusto faro, acceso per illuminare la strada da percorrere nella costruzione di un’Italia unita, rossa, e socialista, ma costituisce la più forte carica, indispensabile per andare avanti. E questo avviene mirabilmente, quando Scuderi ci ricorda il Mao che riesce a trasformare un gruppetto di comunisti in una massa di milioni; quando ci delinea l’impegno di un giovanissimo Mao che, tra limiti e ostacoli, pur riesce a costruire un Partito come quello Comunista Cinese; quando si sofferma sulla tenacia di un Mao che supera ogni impedimento e va avanti con la forza degli insegnamenti di Maestri come Marx, Engels, Lenin e Stalin e riesce ad applicarli nella vita quotidiana della sua Cina per costruire un Gigante Rosso; quando ci dimostra che attraverso il contatto continuo con la gente, con i contadini, i lavoratori, gli studenti, le donne, Mao raggiunge obiettivi gloriosi nella costruzione della grande Cina rossa. Ecco, quando ci appropriamo di questi preziosi punti di riferimento, siamo sicuri di essere sulla giusta strada e ci sentiamo arricchiti, più forti, più convinti di essere dalla parte giusta. Ecco l’elemento fondamentale dell’intervento di Scuderi: la forza tirtaica di scuotere, di spronare, di dimostrare che seguendo l’esempio di Mao possiamo ottenere risultati esaltanti per il Partito e per costruire una società socialista. Studiare Mao, le sue opere, la

sua storia politica, la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria per capire come impostare il nostro lavoro politico, nella nostra quotidianità. Studiare e seguire Mao, esempio concreto di vita e di lotta politica, non esaltarsi per un idolo fuori dalla realtà e dal tempo: questo l’insegnamento profondo che traggo dall’intervento di Scuderi. Questo il grande messaggio che diventa ancor più incisivo se messo in rapporto a quello che è stato il PCI revisionista in Italia; o al revisionismo che ha condotto alla devastazione dell’URSS e degli Stati socialisti dell’Est; o ai ridicoli tentativi odierni di ricostruire un Partito Comunista in Italia. Il suo intervento diventi presto un opuscolo, come un nuovo libretto rosso, ma, soprattutto, sia oggetto di studio continuo e di confronto, sia l’occasione per spiegare ai giovani l’importanza di Mao, della sua vita politica, della chiarezza dei suoi messaggi politici e di vita. Io ne farò uno strumento di sfida in questa società e in particolare in quella in cui vivo, per dimostrare che Mao ci ha insegnato a seguire una, ed una sola, concezione del mondo, costi quel che costi la coerenza di seguirla, senza deviazioni opportunistiche, senza trasformismi di comodo, oggi tanto in voga. Viva Mao! Viva Scuderi! Viva il PMLI e viva l’Organizzazione isola d’Ischia del PMLI! Coi Maestri vinceremo! Gianni – Ischia (Napoli)

È in uscita l’opuscolo n. 15

Le richieste vanno indirizzate a: commissioni@pmli.it indirizzo postale: IL BOLSCEVICO C.P. 477 50100 FIRENZE Tel. e fax 055 2347272

Il discorso del compagno Giovanni Scuderi è una sintesi perfetta basata sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao di tutti gli insegnamenti che ci vengono forniti dalle cinque opere fondamentali per trasformare il mondo e noi stessi, dell’esperienza del Partito in tutti questi anni, dell’analisi della storia politica italiana e dell’attualità. Ma non solo, è una lancia rossa verso il futuro, un faro che vuole illuminare i nostri attuali simpatizzanti e amici anche a riflettere sulla militanza nonché formare i militanti giovani e giovanissimi o di giovane militanza sulla giusta concezione del Partito e sulla vita

del Partito. È vero che le nuove generazioni attraverso Mao arrivano agli altri quattro grandi Maestri e al socialismo. Questo discorso è necessario per il futuro e il presente, per le contraddizioni e le difficoltà interne attuali e future. Concezione del Partito, studio, ruolo del Partito, militanza, fronte unito, centralismo democratico, critica e autocritica sono i cardini della nostra militanza. Confrontarsi con questo discorso fa riflettere sulle nostre difficoltà e carenze e cercare di trovare la strada giusta per fare del nostro meglio nel ruolo assegnatoci con l’aiuto del Partito tutto. Claudia - Firenze

Il PMLI ha messo a frutto gli insegnamenti di Mao prima di tutti Continuiamo la pubblicazione di alcuni pareri di simpatizzanti e amici del PMLI sul discorso di Scuderi per il 35° Anniversario della morte di Mao. Di grande impatto il discorso del compagno Scuderi, il quale ha toccato i punti fondamentali della politica odierna. A mio avviso vanno messi a frutto gli insegnamenti di Mao e le relative osservazioni di Scuderi più oggi di quando Mao era in vita. Sì, oggi

che i proletari non hanno la strada illuminata, oggi che il capitalismo distrugge come non mai i rapporti umani e la borghesia si mette comoda sul trono, ora che il modello americano, quello classico democratico, sta andando giù perdendo credibilità, che fare? Ecco la risposta: serve Mao! E il PMLI sembra essersene accorto prima di tutti. Saluti comunisti. Tommaso, PRC provincia di Arezzo


PMLI / il bolscevico 13

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Il PMLI a “TelePavia” Giovedì 20 ottobre, dalle ore 20,30 alle ore 21,30, alcuni membri del PMLI parteciperanno a un dibattito promosso dall’emittente lombarda “Tele-

Pavia”. La trasmissione si può vedere anche in streaming su http://www.telepavia.tv/

SPINGIAMO IL PMLI E IL PROLETARIATO VERSO IL “PORTO” DELL’ITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA Il mare è ancora in tempesta e la nostra è una piccola imbarcazione che osa sfidare le onde più alte, ma è anche un’imbarcazione forte, d’acciaio, e con un equipaggio determinato e cosciente dell’impresa, spieghiamo quindi le rosse vele del PMLI, seguiamo la bussola del marxismo-leninismo-pensiero

di Mao, teniamo saldamente il timone e soffiamo forte sul vento della lotta di classe per spingere il PMLI e il proletariato del nostro Paese verso il “porto” dell’Italia unita, rossa e socialista! (Da un Rapporto mensile della Cellula “G. Stalin” di Forlì del PMLI)

Comunicato dell’Organizzazione di Biella del PMLI sul banchino in piazza del 22 ottobre

IL PMLI IMPEGNATO NELLA CAMPAGNA DI PROSELITISMO IL 20 OTTOBRE MILITANTI E SIMPATIZZANTI BIELLESI PARTECIPERANNO A UN DIBATTITO A “TELEPAVIA” L’Organizzazione biellese del PMLI predispone, per sabato 22 ottobre dalle ore 15,30 alle 18,30,

un banchino politico informativo, con materiale di propaganda di Partito, in via Nazario Sauro ango-

BANCHINI PER IL PROSELITISMO DEL PMLI (NAPOLI

Domenica 23 ottobre

dalle ore 10,30 - Piazza del Gesù

Domenica 30 ottobre dalle ore 10,30 - Piazza Dante

(RIMINI

Sabato 29 ottobre

dalle ore 15,00 alle ore 18,30 - Piazza Tre Martiri (in caso di maltempo il banchino si terrà sabato 5 novembre, stesso luogo stesso orario)

Il 5° Congresso nazionale del PMLI su Youtube RAGGIUNGETELO ATTRAVERSO WWW.PMLI.IT

lo piazza Vittorio Veneto nei pressi dell’edicola dei Giardini Zumaglini. In queste settimane la nostra Organizzazione ha provveduto a far affiggere i manifesti della campagna proselitismo 2011 del PMLI nei comuni di Biella e Cossato e ha diffuso, in tutte le scuole superiori della provincia, l’importante documento “Studentesse, studenti battetevi in prima fila nelle lotte contro il massacro sociale, per difendere l’istruzione pubblica e per abbattere Berlusconi”, generalmente accolto con entusiasmo dagli studenti biellesi che ogni giorno sempre più si rendono conto che questa marcia società nulla ha

da offrirgli se non disoccupazione dopo gli studi e brutale sfruttamento ai pochi “fortunati” di loro che troveranno un lavoro, sicuramente precario e sottopagato. Con l’occasione vogliamo informare che alcuni militanti e simpatizzanti biellesi del PMLI sono stati invitati a partecipare ad un dibattito televisivo dall’emittente lombarda “TelePavia” nella serata di giovedì 20 ottobre dalle ore 20,30 alle ore 21,30. La trasmissione si potrà vedere anche in streaming su www.telepavia.tv Per il PMLI-Biella Gabriele Urban Biella, 16 ottobre 2011

Richiedete

Le richieste vanno indirizzate a: PMLI - commissioni@pmli.it indirizzo postale: IL BOLSCEVICO - C.P. 477 - 50100 FIRENZE Tel. e fax 055 2347272

Sono presenti in Youtube tre filmati che presentano una sintesi del Rapporto presentato dal compagno Giovanni Scuderi al 5° Congresso nazionale del PMLI sui temi della politica internazionale, della politica interna e della lotta per il socialismo. Potete visionarli passando attraverso il link Video sul PMLI presente quale novità nella home page oppure, se preferite, direttamente ai seguenti indirizzi: 1. Sull’imperialismo e la crisi internazionale http://www.youtube.com/watch?v=Xw3GZz2t7JA 2. Contro il nuovo Mussolini e la terza repubblica http://www.youtube.com/watch?v=p68mauCCNSs 3. Per l’Italia unita, rossa e socialista http://www.youtube.com/watch?v=TwpCsa5Kbg0 Inoltre sono presenti su Youtube i filmati della sintesi del saluto di Monica Martenghi “Ci auguriamo che l’ennesimo appello antifascista del PMLI non cada nel vuoto” e del discorso di Mino Pasca “Animati dallo spirito di Mao, lottiamo per abbattere il nuovo Mussolini e per conquistare l’Italia unita, rossa e socialista” in occasione della commemorazione pubblica del 33° della scomparsa di Mao, tenutasi a Firenze il 16 settembre 2009. Si possono visionare sempre passando attraverso il link Video sul PMLI o direttamente ai seguenti indirizzi: http://www.youtube.com/watch?v=zOSa2HF1vxc http://www.youtube.com/watch?v=bHkUVXw5lq0&feature=related

MAIL DELL’ORGANIZZAZIONE DI PARMA DEL PMLI L’Organizzazione di Parma del PMLI ha attivato la casella di posta elettronica. Ecco l’indirizzo:

pmli.parma@libero.it

GLI STUDENTI DI BATTIPAGLIA E DI SALERNO SI MOBILITANO CONTRO LA GELMINI E IL GOVERNO In piazza anche il 15 ottobre In questo primo mese di scuola si sono svolti degli scioperi a Battipaglia, ed anche al liceo scientifico statale Enrico Medi. Il 7 ottobre scorso c’è stato uno sciopero per protestare contro i tagli del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Nonostante la pioggia la lotta degli studenti non si è fermata e

si è svolto ugualmente il corteo a Salerno. Il 15 ottobre, in occasione della giornata internazionale di lotta, anche a Battipaglia gli studenti hanno manifestato contro il governo che sta facendo degenerare le nostre condizioni economiche. Ci vuole un governo operaio sostenuto dagli studenti. Luca – provincia di Salerno


14 il bolscevico / cronache locali

N. 38 - 27 ottobre 2011

Entro fine anno saranno sgomberati altri 4 campi a Milano

LA GIUNTA ARANCIONE DEL NEOPODESTÀ PISAPIA PROSEGUE CON LA “TOLLERANZA ZERO” CONTRO I ROM Redazione di Milano

La giunta arancione guidata dal neopodestà Pisapia e sostenuta dai partiti falso comunisti PRC e PdCI, ha dimostrato con i fatti la sua continuità della “tolleranza zero” contro i Rom della passata amministrazione Moratti. Altro che “Milano accogliente” come promesso in campagna elettorale, anzi, Pisapia non perde tempo a smentire, diventato neopodestà, la becera campagna imbastita da PDL e Lega Nord sotto le elezioni, che con la sua vittoria paventava una “zingaropoli” oltre che la revoca delle funzioni di ordine pubblico alla polizia locale. Ecco che dopo gli sgomberi dei 5 campi nomadi, tra cui quello di via Triboniano avvenuti l’estate scorsa appena insediatasi a Palazzo Marino, la giunta della “sinistra” borghese dell’imbroglione Pisapia ha già in programma di sgomberare altri 4 campi, via Idro, via Novara, via Bonfadini e via Negrotto, entro la fine dell’anno. Negli altri, situati in via Impastato,

via Barzaghi, via Chiesa Rossa e via Martirano, inizieranno i lavori di “messa a regime”, cioè di ghetto militarizzato tramite recinzioni e l’installazione di telecamere di videosorveglianza, agli ingressi dei campi, collegate 24 ore su 24 con le centrali operative della polizia locale e di Stato. Noi marxisti-leninisti condan-

niamo la politica di persecuzione razzista e romofobica della giunta Pisapia-Granelli e rivendichiamo l’obbligo da parte del comune di Milano di costruire per i nomadi in sosta temporanea, strutture di soggiorno in muratura attrezzate di servizi (luce, acqua, gas, gabinetti, docce), per l’assistenza sanitaria, per la raccolta di rifiuti, e

collegate con i mezzi di trasporto pubblici. Per gli stanziali garantire piani di inserimento nella vita sociale, lavorativa e scolastica nel territorio di competenza; inoltre il Comune deve riservare dei posti nei mercati per permettere ai Rom di vendere i loro prodotti artigianali e svolgere i loro mestieri ambulanti.

Cosa diceva Pisapia sui campi Rom prima di diventare sindaco di Milano Redazione di Milano

Qui di seguito riportiamo estratti del testo di un dispaccio dell’agenzia Adnkronos del 7 settembre 2010 dove Pisapia, allora candidato alle primarie del “centro-sinistra”, commentava l’efferato sgombero del campo Rom di Via Rubattino ad opera della precedente giunta neofascista e xenofoba Moratti-De Corato. “È disumano che le donne e i

bambini rom continuino a subire sgomberi su sgomberi. La propaganda del centro-destra dovrebbe lasciare spazio a politiche sociali in grado di proteggere i più deboli. Abbandonare per strada esseri umani innocenti senza preoccuparsi di dove potranno trovare un luogo in cui stare è vergognoso e infanga la reputazione della nostra città e del nostro Paese in Europa e nel mondo”.

COMUNICATO DEL PMLI.BIELLA

Aderiamo alla manifestazione contro gli F-35 a Novara il 12 novembre L’Organizzazione biellese del PMLI aderisce e parteciperà ufficialmente, con propri cartelli e bandiere di Partito, alla manifestazione nazionale contro gli F35 che si terrà a Novara sabato 12 novembre. La spaventosa crisi economica capitalistica sta mostrando le proprie irrazionali iniquità di classe coi poderosi tagli alla scuola e sanità pubbliche, ai servizi sociali da una parte e le assurde spese militari che si appresta a finanziare che, nel caso in questione, si aggirano intorno ai 20 miliardi di euro per l’acquisto di 130 caccia da guerra da

parte dell’aeronautica militare italiana. Nel protestare fermamente contro le politiche militaristiche del governo del neoduce Berlusconi chiediamo al movimento NO F-35 di continuare ad informare la popolazione locale sulle scarsissime ricadute occupazionali di tale progetto e di continuare, nel limite del possibile, le manifestazioni facendo fare un salto di qualità al movimento antimilitarista stesso. Per il PMLI-Biella Gabriele Urban 18 ottobre 2011

“Per trovare una soluzione a questo eterno problema è indispensabile cooperare a stretto regime con chi di questo problema se ne occupa quotidianamente e lo conosce certamente meglio di un’amministrazione come quella che governa da anni Milano e che continua, di fronte a problemi che necessitano anche di umanità, a dare solo risposte che creano sempre maggiore emarginazione”.

LA CHIUSURA DELLO STORICO MARCHIO CONFERMA LA DILAGANTE CRISI DELL’OCCUPAZIONE IN VALDISIEVE

Ceramiche Brunelleschi, è fallimento Incubo disoccupazione per i 34 lavoratori da anni in Cig. Anche la Ruffino agli americani Dal corrispondente

dell’Organizzazione di Rufina del PMLI

Termina nel peggiore dei modi la vicenda delle Ceramiche Brunelleschi, storico marchio di pavimenti in terracotta di Pontassieve, da anni al centro di una pesante vertenza sindacale nella quale i lavoratori hanno pagato a carissimo prezzo la disastrosa gestione dello stabilimento. In oltre due anni di cassa integrazione, i lavoratori stessi, assieme a sindacati ed al timido intervento delle istituzioni, hanno cercato in ogni modo di scongiurare quella chiusura definitiva. La Ceramiche Brunelleschi aveva debiti per milioni di euro ma appare strana e forzata la richiesta di fallimento intimata in via definitiva da Toscana Energia Clienti per bollette non saldate ammontanti a circa 200.000 euro. Il sito attuale della fabbrica storica, fra l’altro in parte tutelato dalle bel-

le arti per le ciminiere e le fornaci secolari, si trova adiacente alla super trafficata Statale 67 e nella sempre più popolosa frazione di Sieci, a pochi km da Firenze. Appariva dunque chiaro già dal momento dell’acquisto dello storico stabilimento da parte dell’immobiliarista Gruppo Margheri, che niente ha mai avuto a che fare col mondo delle ceramiche, l’enorme interesse in chiave speculativa che l’area rappresentava in se. In ambito di trattativa sindacale, il Comune aveva posto per l’area della vecchia fornace un vincolo, fortunatamente ancora in essere, che impedisce la trasformazione in zona residenziale dell’area almeno fino al momento della riapertura del nuovo impianto di Pelago e la conseguente ripresa della produzione, per la tutela dei posti di lavoro esistenti. Il PMLI di Rufina, da sempre vicino alle vicende dei lavoratori delle Ceramiche Brunelleschi, ri-

tiene che da salvaguardare ci siano innanzitutto i 34 posti di lavoro (che originariamente erano oltre 50) e per questo il vincolo sull’area deve rimanere in piedi. Inoltre tutti gli organismi interessati devono intervenire in modo tale che il marchio sia rilevato ad un prezzo adeguato da aziende in grado di riprendere quanto prima la produzione nello stabilimento di Pelago. I margini ridotti e incerti di questa futura trattativa confermano la sempre crescente deindustrializzazione e precarizzazione del lavoro anche in Valdisieve. Basta ricordare la chiusura-truffa della Centralpane di Dicomano, della Merinangora di Pelago che trasferì la propria produzione in Cina; la recente chiusura della pelletteria Emmebiemme di Rufina. In pratica, solo per queste aziende, sono stati persi circa 250 posti di lavoro, oltre all’indotto, ai quali ci auguriamo non si aggiungano i 34 dell’ormai ex-Cerami-

che Brunelleschi. A Pontassieve, fra l’altro, un altro marchio storico internazionale della produzione di vino quale la Ruffino, è stato giorni fa svenduto alla multinazionale americana Constellation Brand. E i presagi non sono dei migliori. Notizie interne al settore danno per risaputo che il colosso americano sta cercando di sbarazzarsi di molte attività vitivinicole non considerate più redditizie. Occorrerà stare con gli occhi aperti e stroncare sul nascere qualsiasi eventuale tentativo di “riorganizzazione”, ossia licenziare. Alla popolazione serve lavoro stabile e a salario pieno. Dobbiamo dire basta alla logica del profitto capitalista che sta cancellando l’occupazione anche in Valdisieve, così come è necessario opporsi unitariamente al dilagante precariato. I lavoratori, unici veri motori della società, si difendono ad ogni costo.

FORMIGLI (PD) RINVIATO A GIUDIZIO PER LO SCANDALO QUADRA Firenze

Redazione di Firenze

Quasi tutti i 27 indagati dello scandalo Quadra sono stati rinviati a giudizio nell’udienza preliminare del luglio scorso.

La società Quadra Srl, operante nel campo dell’edilizia, dal 2007 al 2009 ha avuto praticamente una succursale all’interno di Palazzo Vecchio, dove Alberto Formigli, ex capogruppo del PD e presiden-

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te della commissione urbanistica del Comune, operava per favorire smaccatamente i soci occulti della Quadra, falsificando atti e planimetrie. Fra gli imputati anche Salvatore Scino (PD), vicino al neopodestà Renzi e attuale vicepresidente del consiglio comunale a Firenze, anche se la sua posizione è definita “marginale”, l’ex presidente dell’ordine degli architetti di Firenze, Riccardo Bartoloni, altri professionisti, costruttori e alcuni tecnici del Comune. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono: associazione per delinquere, corruzione, abuso d’ufficio, truffa aggravata,

falso ideologico. Un esempio di come operava questa consorteria è venuto alla ribalta in questi giorni, con il caso di un immobile di Via Ponte di Mezzo. Realizzato abbattendo alcuni vecchi capannoni all’interno di una corte che la Asl ha acquistato per 4 milioni di euro, al fabbricato si accede da un tunnel situato sotto le case circostanti e quindi non adeguato alle norme antincendio. Molti i passaggi di proprietà dell’immobile, l’ultimo proprietario prima della Asl è stata la Alfa Toscana Immobiliare di Fabrizio Bini, costruttore accusato di corruzione nell’inchiesta Quadra.

Comunicato della Cellula “Stalin” di Forlì del PMLI

A PROPOSITO DEL “CORRIERE DI FORLI’ E DEL “NAZI-MAOISMO” Sul “Corriere di Forlì” di questa mattina è apparso un articolo su un presunto volantinaggio di una formazione di ispirazione neofascista avvenuto a Forlì. In questo articolo si dice che questi fascisti, nascosti dietro a sigle come “Sinistra nazionale” hanno “come memoria cult il movimento ‘nazimaoista’ che accompagnò le prime fiammate del Sessantotto”. Si tratta evidentemente di una palese falsità storica e politica. Il Sessantotto è stato un movimento antifascista e anticapitalista, nato e sviluppatosi anche nel nostro Paese grazie all’influenza

esercitata dalla Grande rivoluzione culturale proletaria cinese guidata dal Presidente Mao nel 1966. Nulla può accomunare il nazismo con il maoismo, a cui in Italia si ispira il PMLI avendo come teoria guida il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Certi gruppi neofascisti mirano a fare confusione ideologica e politica e a dargli credito rilanciando certe falsità non si fa altro che spianargli la strada. Cellula “Stalin” di Forlì del PMLI 16 ottobre 2011

DALL’ORGANIZZAZIONE DI GABICCE MARE DEL PMLI

Solidarietà ai militanti di Rifondazione L’Organizzazione di Gabicce Mare (Pesaro Urbino) del PMLI esprime la sua solidarietà ai militanti di Rifondazione comunista per la grave intimidazione di stampo neofascista e razzista subita alla loro sede di Urbino, dove, per ordine dell’assessore alle attività produttive Maria Francesca

Crespini è stata sfondata la porta e, all’insaputa dei militanti, cambiata la serratura per poi giustificare questo atto di stampo fascista con la non credibile scusa che cercavano dei migranti clandestini. Organizzazione di Gabicce Mare del PMLI 7 ottobre 2011


esteri / il bolscevico 15

N. 38 - 27 ottobre 2011

IL NUOVO ZAR PUTIN PROGETTA L’UNIONE EUROASIATICA PER STARE AL PASSO CON LE ALTRE SUPERPOTENZE IMPERIALISTE Il nuovo zar Vladimir Putin si appresta a rientrare nella prossima primavera al Cremlino, nel posto tenutogli in caldo per un mandato da Medvedev, ma ha già voluto annunciare quale sarà l’obiettivo centrale del suo terzo mandato presidenziale: la creazione dell’Unione euroasiatica. Un’alleanza imperialista, sul modello dell’Unione europea (Ue), diretta dalla Russia e in grado di stare al passo con le altre superpotenze imperialiste. Lo ha annunciato lo scorso 3 ottobre con un intervento sulla

prima pagina del quotidiano russo Izvestia. Il primo passo sarà il varo dello Spazio economico comune tra Russia, Bielorussia e Kazakistan a partire dal gennaio 2012. “L’1 luglio 2011 – scrive Putin - alle frontiere interne dei nostri tre paesi è stato rimosso il controllo sulla circolazione delle merci, che ha completato la formazione di una zona doganale. Ora, sulla base dell’Unione doganale facciamo un passo in avanti verso lo spazio economico unico per creare un mercato enorme con più di 165

milioni di consumatori, con una legge uniforme, la libera circolazione dei capitali, dei servizi e del lavoro”. Fra i tre paesi ci saranno politiche economiche armonizzate, libera circolazione di capitali, servizi e manodopera, abolizione delle dogane interne e dei controlli di frontiera, “la nostra versione dell’area Schengen”, ha commentato la stampa russa. Al nuovo Spazio economico comune (Sec) dovrebbero aderire a breve anche Tagikistan e Kirghizistan e successivamente Uzbekistan, Armenia, Moldova e

Ucraina. O almeno queste sono le ambizioni di Putin che volano in alto, verso la costituzione di una comunità economica euroasiatica, formata dalle ex repubbliche sovietiche, che come la Ue viaggi verso un’integrazione anche politica e militare. Con l’Unione euroasiatica Putin riprende il progetto della Comunità economica eurasiatica (Eursec) creata nel 2000 dagli Stati ex sovietici della Comunità di Stati indipendenti (Csi) e rimasto lettera morta. “Non sto parlando di ricrea-

re l’Urss, in una forma o nell’altra. Sarebbe ingenuo tentare di far rinascere o copiare qualcosa del passato”, sostiene Putin ma è un “imperativo” la creazione di una nuova unione politica e economica, guidata e a sostegno delle ambizioni dell’imperialismo russo. “Proponiamo il modello di una potente unione sovranazionale in grado di diventare uno dei poli del mondo moderno – scrive ancora Putin - e di svolgere il ruolo di un efficace legame tra Europa e la dinamica regione dell’Asia-Pacifico. Dobbiamo procedere ad un più

stretto coordinamento della politica economica e monetaria per creare una vera e propria unione economica”. L’Unione euroasiatica, continua Putin, dovrà essere economicamente competitiva e “insieme a altri protagonisti come l’Ue, gli Usa, la Cina e l’APEC garantire la sostenibilità dello sviluppo globale”, cioé giocare alla pari dei concorrenti imperialisti, che Putin così spiega: “partecipare in modo significativo al processo decisionale che definisce le regole del gioco e i contorni del futuro”.

IL PORTAVOCE DI OBAMA MINACCIA: NON È ESCLUSA NESSUNA OPZIONE, ANCHE MILITARE

L’Iran respinge le “favole” sul complotto negli Usa Lo scorso 11 ottobre due persone sono state formalmente incriminate dal tribunale distrettuale di New York con l’accusa di aver preso contatto con un’organizzazione criminale messicana, il cartello del narcotraffico Los Zetas, per commissionargli l’uccisione dell’ambasciatore saudita a Washington in cambio di 1 milione e mezzo di dollari. Una è un iraniano naturalizzato statunitense, arrestata il giorno precedente all’aeroporto di New York, l’altra è un iraniano rientrato nel suo paese e indicato come “ufficiale del-

le Forze Qods”, un corpo speciale delle Guardie della Rivoluzione. Il direttore del Fbi, Robert Mueller, raccontava di come i due incriminati avessero contattato nel maggio scorso un narcotrafficante messicano, che per loro “sfortuna” era in realtà un informatore dell’ente antidroga degli Stati Uniti. Una coincidenza veramente singolare. Dopo che l’iranoamericano aveva pagato la prima rata di 50 mila dollari scattavano le manette e l’accusa di complicità all’Iran. Il ministro della giustizia ame-

ricano, Eric Holder, apriva il fuoco dichiarando che il complotto è stato “concepito, sponsorizzato e diretto dall’Iran”, seguito dal portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, che minacciava, gli Usa “non escludono nessuna opzione”, sono tutte valide compresa quella militare. Il segretario di Stato Hillary Clinton sosteneva che “l’Iran deve essere ritenuto responsabile di un atto che rappresenta una violazione palese delle leggi americane e del diritto internazionale e una promozione del terrorismo”, il vi-

cepresidente Joe Biden aggiungeva che l’amministrazione Obama puntava a creare una muova campagna mondiale per isolare l’Iran. Infine era Obama, il 13 ottobre a sostenere che il piano è “senza dubbio” da ricondurre agli iraniani e che gli alti responsabili del governo di Teheran dovranno renderne conto. Ripetendo: “nessuna opzione viene esclusa”. Sentire Obama che afferma “non avremmo avanzato queste ipotesi se non avessimo avuto in mano fatti che provassero le accuse”, richiama alla mente il segreta-

Vota appena il 17,4% degli elettori alle politiche

ASTENSIONISMO RECORD IN BARHEIN L’1 ottobre si sono tenute in Bahrein le elezioni politiche per sostituire una parte dei 18 parlamentari, sui 40 dell’assemblea nazionale, che si erano dimessi nei mesi scorsi in segno di protesta contro la repressione delle proteste popolari della maggioranza sciita contro la dittatura della monarchia dei Khalifa, sunniti. Un appuntamento elettorale segnato da un astensionismo record, con una diserzione dal voto balzata all’82,6%. Lo scorso 14 marzo una colonna di blindati della Guardia Nazionale saudita era entrata nel paese per sostenere la monarchia dei Khalifa messa in difficoltà dal-

le proteste della maggioranza della popolazione che avevano al loro centro la tendopoli in Piazza della Perla, nella capitale Manama, sull’esempio della rivolta egiziana di Piazza Tahrir al Cairo. Solo il sostegno militare del re saudita Abdullah aveva permesso all’alleato re Hamad di restare al potere e di garantire gli impegni internazionali, compresi quelli con l’imperialismo americano di cui il Bahrein ospita una strategica base navale. La repressione del regime dei Khalifa era continuata fino alle scorse settimane con l’incriminazione e l’arresto di 20 medici accusati di aver curato manife-

stanti feriti durante le proteste di febbraio. Il maggior partito di opposizione sciita, Al Wefaq, che alle precedenti elezioni legislative aveva ottenuto il 65% dei consensi e a cui appartenevano i parlamentari dimessi, aveva dato l’indicazione del boicottaggio del voto. Una indicazione seguita non solo dai suoi elettori ma da una stragrande maggioranza della popolazione dato che solo il 17,4% degli

aventi diritto si è recato alle urne. Segnando una sconfitta per la casa regnante tanto più che in vista della tornata elettorale aveva dato l’ordine di arrestare i numerosi attivisti che chiedevano di boicottare il voto. Dalla tornata elettorale esce screditato un parlamento di eletti che rappresentano poco più che se stessi e un sistema elettorale ridicolizzato e delegittimato dalle masse popolari del Bahrein.

rio di Stato americano Powell che all’Onu portava le prove “inoppugnabili” sugli arsenali delle armi di sterminio di massa in possesso di Saddam per giustificare l’aggressione lanciata poco dopo da Bush. Arsenali che non esistevano. Le accuse dell’imperialismo americano sono state rigettate dalla guida spirituale iraniana l’ayatollah Seyyed Ali Khamenei e dal presidente Mahmoud Ahmadinejad. Confutate negli aspetti specifici da un comunicato diffuso il 15 ottobre dal ministero degli Esteri iraniano nel quale si afferma tra l’altro che “la persona arrestata è da almeno 16 anni cittadino degli Stati Uniti. Questa persona non ha avuto alcun legame con gli enti governativi della Repubblica Islamica dell’Iran. L’annuncio unilaterale di una serie di accuse contro un cittadino americano senza prove e poi la creazione di una ondata propagandistica contro la Repubblica Islamica dell’Iran, è contro ogni sorta di logica giudiziaria e può essere solo un teatrino politico e propagandistico”. “I più basilari principi giudiziari – prosegue la nota iraniana - impongono che nel caso di qualsiasi accusa contro un altro governo, il governo degli Stati

Uniti debba almeno consegnare le informazioni dell’imputato o degli imputati al governo interessato per chiedere cooperazione o l’estradizione degli individui nel caso sia ritenuto necessario. Il governo americano nonostante la richiesta formale della Repubblica Islamica dell’Iran ed al contrario delle convenzioni internazionali rispettate a livello mondiale non ha finora fatto nulla in questo senso”. “Smentendo fermamente e categoricamente ogni sorta di relazione della Repubblica Islamica dell’Iran con il caso citato dalle autorità americane, - conclude la nota - si ricorda che il comportamento irragionevole del governo Usa nell’architettare questa farsa va collocata nell’ambito della sconfitta a tutti gli effetti della politica estera Usa nella regione per via del risveglio islamico, il fallimento di tutte le iniziative illegali di tal paese nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran, e considerando i crescenti problemi interni degli Stati Uniti. È palese che la responsabilità della tensione creatasi, che ha turbato la sicurezza internazionale, è unicamente a carico del governo degli Stati Uniti d’America”.

Alle elezioni legislative del 9 ottobre

AL 51% L’ASTENSIONISMO IN POLONIA Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI Indirizzo postale: Il Bolscevico - C.P. 477 - 50100 Firenze e-mail ilbolscevico@pmli.it sito Internet http://www.pmli.it Abbonamento annuo: Ordinario € 60,00; sostenitore € 100,00; estero € 100,00; a prezzo politico (disoccupati, cassintegrati, lavoratori precari, pensionati sociali, operai, casalinghe, studenti, immigrati senza lavoro, con lavoro precario o a salario operaio) € 30,00. Chi ha diritto al prezzo politico può fare un abbonamento semestrale € 15,00 oppure quadrimestrale € 10,00 I versamenti vanno effettuati attraverso il c.c.p. 29675501 intestato all’Editoriale Il Girasole - C.P. 477 - 50100 Firenze. Dlgs 196/03 - I dati degli abbonati vengono utilizzati solo per l’invio del giornale e non vengono ceduti a terzi. Redazione centrale: via Gioberti, 101 - 50121 Firenze - Tel. e fax 055.2347272 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Stampa: Litografia IP - Firenze Editore: Editoriale Il Girasole - Firenze chiuso il 19/10/2011 Iscrizione al Roc n. 8292 ore 16,00 Associato all’USPI ISSN: 0392-3886 Unione Stampa Periodica Italiana

Nella nuova Polonia dei “Pan” (signori terrieri) alle elezioni parlamentari del 9 ottobre scorso oltre il 51% degli elettori si è astenuto dal voto. Si tratta di un grande successo delle masse popolari polacche che hanno deciso di delegittimare le istituzioni borghesi astenendosi in massa. Stufe dei continui soprusi che la borghesia polacca insieme ai pescecani capitalisti sta perpetrando ai loro danni hanno deciso di boicottare questa farsa di stampo borghese quali sono le elezioni parlamentari. A vincere le elezioni con una frequenza elettorale ai minimi storici sono stati i liberal-conservatori del PO (Piattaforma civica) del primo ministro Donald Tusk che ha ottenuto il 39% circa dei voti validi. Il PO è un partito di stampo

liberale ed è a favore dell’Unione europea imperialista. Il PO è la formazione politica che era al governo insieme al PSL (Popolari polacchi) che hanno ottenuto il 9,5% dei voti validi e con il quale probabilmente formeranno il nuovo governo. I catto-fascisti del PIS (Legge e giustizia) dell’ex premier Jaroslaw Kaczynski hanno ottenuto il 29% dei voti validi e saranno all’opposizione. Il PIS è un partito cattolico-integralista di stampo omofobo ed islamofobo. I rinnegati della SLD (Alleanza della sinistra democratica) hanno ottenuto un misero 8,2%. Questo è il peggior risultato elettorale che questi rinnegati ed opportunisti hanno ottenuto nella Polonia “libera”. La vera sorpresa di queste elezioni è il partito di Ruch Palikota (Movimento di Palikot) che

ha ottenuto il 10,5% dei voti. Il capo di questo partito è Janusz Palikota dal quale il partito prende il nome. Si presenta come un partito anti-clericale e per la netta divisione dei ruoli tra la chiesa e lo Stato ma il suo programma economico e sociale è però di netto stampo liberale, anti-popolare e liberista visto che tra i punti cardine di questo programma ci sono quelli di diminuire le tasse per gli industriali e di far pagare gli studi umanistici all’università. Parecchi elettori della “sinistra” borghese polacca si sono fatti ingannare da questo imbroglione e lo hanno votato, commettendo un errore madornale visto che Palikota è un ricco imprenditore e con la “sinistra” ha poco o nulla in comune. I trotzkisti del PPP sono andati

incontro ad una vera figuraccia raccogliendo appena lo 0,5 % dei voti. Tra le liste elettorali del PPP c’erano su scala nazionale anche alcuni militanti del KPP (Partito comunista polacco). Comunque, e vale la pena di sottolinearlo di nuovo, a vincere le elezioni è stato l’astensionismo. L’unica cosa da fare per delegittimare le istituzioni borghesi è impugnare la potente arma dell’astensionismo elettorale. Le masse polacche una volta assunta la loro coscienza di classe dovranno scendere in piazza e con la lotta di massa far cadere tutti i governi antipopolari e borghesi che si insedieranno nel parlamento nero a prescindere dal colore politico che i politicanti borghesi sbandiereranno. Pao - Polonia


16 il bolscevico

N. 38 - 27 ottobre 2011


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