Il profumo delle serenelle in fiore... Le serenelle... Ve n'era una pianta rigogliosa davanti alla sua casa a Campagnola, proprio dirimpetto alla finestra della sua cameretta di bambina. Un cespuglio che in primavera, ai primi tepori, si vestiva di una splendida tinta lilla a rallegrare la stagione più bella della sua vita... Corinna se ne era quasi dimenticata dopo quella lunga assenza dal suo paese natale: i lunghi anni trascorsi a Milano con suo marito William avevano finito per annebbiare le memorie dei giorni gioiosi della sua infanzia e della sua adolescenza quando, felice e ardimentosa, correva verso l'arbusto fiorito, nel mese di Aprile e ne coglieva i grappoli di corolle per adornarsi i biondi capelli... Se ne era quasi dimenticata, all'ombra dei suoi settant'anni, tra le mille vicissitudini di un'esistenza vissuta lontana da quelle campagne ricche di tradizioni, di usanze, di soave tranquillità... I ritmi frenetici del capoluogo lombardo, dove si era trasferita dopo le sue nozze, avevano finito per allontanarla da quel mondo di cose semplici, di profumi intensi, di sapori gradevoli... Ma ora... ora che da un cassetto della credenza- rimasto chiuso e dimenticato per chissà quanto tempo- ora che tra mille oggetti accatastati alla rinfusa era emerso un vecchio album di fotografie, le pareva di intraprendere un viaggio a ritroso e le accadeva, all'improvviso, di colpevolizzarsi del fatto di averli a lungo accantonati... Un'immagine la ritraeva proprio accanto a quella pianta in fiore e, benché si trattasse di una fotografia in bianco e nero, sorprendentemente la fantasia di Corinna dipingeva i grappoli del colore lilla più marcato e i sentimenti la inducevano ad avvertirne l'aroma dolce, intenso e pungente... Si asciugò una lacrima con il dorso della mano, stupendosi lei stessa di quell'ondata di sincera nostalgia che le rapiva il cuore. Sarebbe rimasta lì a lungo, assorta a contemplare quell'immagine, se non fosse sopraggiunta una voce alle sue spalle: “Curéna... mó 'sa fêt?” (Corinna... ma che fai?) La donna sussultò. Richiuse velocemente l'album, in preda ad un'insolita gelosia per i propri ricordi, benché consapevole che in essi William aveva rappresentato un personaggio di spicco. “'Sa gh'êt in mân?... Fa vèder!” (Cos'hai in mano?... Fammi vedere!) insistette il consorte che non demordeva mai dinnanzi a qualsiasi fatto che lo incuriosisse. Rassegnata, Corinna gli porse l'album che egli iniziò a sfogliare. Stavolta fu la donna ad incuriosirsi: voleva vedere su quale immagine egli si sarebbe soffermato a commentare; se le proprie nostalgie corrispondevano a quelle di lui e se, anch'egli, avesse rimpianto-come lei- le primavere dal colore lilla delle serenelle... Si stupì, invece, nel constatare che fu un'altra immagine a carpire l'attenzione di lui... Uno scatto che li ritraeva sul sagrato della chiesa, appena sposati tra la folla di invitati intenti a lanciare manciate di riso. Eppure, anche in quella fotografia, vi era, in qualche modo, qualcosa di simile a ciò che aveva alimentato la nostalgia di lei... ella reggeva tra le mani un bouquet lilla di serenelle... Quasi che quel fiore avesse rappresentato l'emblema della loro felicità: un grappolo come simbolo dell'indissolubilità della loro famiglia, uno stelo solido come stigma della solidità del loro amore... “Eren zöven e bée, ahn?” (Eravamo giovani e belli, eh?) si lasciò sfuggire William in uno slancio di romanticismo che non era proprio al suo carattere schivo e introverso. “Ehhh... chêr al mé spös...” ribattè lei “Zöven e inamurèe...” (Eh... caro il mio sposo... Giovani e innamorati...) William si rabbuiò: “Perchè?... Adèss t'ù'm vó mia pió bèin?” (Perchè?... Adesso non mi vuoi più bene?) “Mó 'sa vöt mai, William... s'jn bèle sinquànt'ân ch'é't sopört völ dìr ch'é gh'é incòra quèll, no?” ironizzò lei con dolcezza. (Ma cosa vuoi mai, William... se ti sopporto ormai da cinquant'anni significa che