Concerti trasmessi in differita da RaiRadio3 Produzione audio: Carlo De Nuzzo e Irene Marchese per Audiogrill Classic
MEDAGLIA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA alla Prima Edizione del Festival ClassicheFORME
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PRESIDENTE ONORARIO
Il Festival Classiche Forme con Beatrice Rana e i suoi collaboratori è una garanzia della più alta qualità e un simbolo genuino dell’amore per la musica e del Sud! Antonio Pappano Sir Antonio Pappano dal 2005 è Direttore Musicale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, dal settembre 2002 Music Director del Covent Garden di Londra. In passato ha ricoperto altri incarichi di prestigio: nel 1990 viene nominato Direttore Musicale della Norske Opera di Oslo e dal 1991 al 2002 ricopre lo stesso ruolo al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles. Nato a Londra nel 1959 da genitori italiani, studia pianoforte, composizione e direzione d’orchestra negli Stati Uniti. Fra le tappe più prestigiose della sua carriera sono da ricordare i debutti alla Staatsoper di Vienna nel 1993, al Metropolitan di New York nel 1997 e al Festival di Bayreuth nel 1999. Pappano ha diretto molte tra le maggiori orchestre del mondo, tra cui New York Philharmonic, Wiener
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Philharmoniker,
Berliner
Philharmoniker,
Concertgebouw
di
Amsterdam,
Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, London Symphony Orchestra. Nel 2005 è stato nominato “Direttore dell’anno” dalla Royal Philharmonic Society e ha vinto il Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana per l’esecuzione dei Requiem di Brahms, Britten e Verdi realizzati con i Complessi Artistici dell’Accademia di Santa Cecilia. Nel 2015 il premio Abbiati è stato attribuito allo spettacolo Les Troyensdiretto da Pappano alla Scala di Milano. Sir Antonio Pappano registra per Warner Classics e con l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia ha inciso diversi cd. Fra le incisioni più recenti l’Aida di Verdi (vincitrice di numerosi premi, fra cui il Gramophone Classical Music Awards 2016, l’ECHO Klassik Preis 2016 come “Direttore dell’anno” e il Preis der deutschen Schallplattenkritik, Premio della critica discografica tedesca), il Primo Concerto di Čaikovskij e il Secondo di Prokofiev con Beatrice Rana alla tastiera, il Concerto per violino di Brahms e il Primo Concerto di Bartók interpretati da Janine Jansen e il Concerto per pianoforte di Schumann con Jan Lisiecki (DG). Di recente pubblicazione il cd “Anna Netrebko. Verismo” (DG) e, per l’etichetta Ica Classics, la Seconda e Quarta Sinfonia di Schumann e In the South e la Prima Sinfonia di Elgar. Nel febbraio 2016 Pappano ha ricevuto il 58° Grammy® Award nella categoria “Best Classical Solo Vocal Recording” insieme al mezzosoprano Joyce DiDonato per il loro cd “Joyce&Tony” (Erato). Nel 2018 ha registrato con Santa Cecilia l'integrale delle Sinfonie di Bernstein in occasione dei 100 anni dalla nascita del compositore (Warner Classics). Il 16 aprile 2007 Sir Antonio Pappano è stato nominato Accademico Effettivo di Santa Cecilia. Nel 2012 la regina Elisabetta lo ha nominato Cavaliere per i servizi resi alla musica; nello stesso anno è stato anche nominato Cavaliere di Gran Croce dell’ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nel 2015 gli è stata conferita la Laurea honoris causa in Musica e Spettacolo dall’Università Tor Vergata di Roma e la RPS Gold Medal - la più alta onorificenza della Royal Philharmonic Society - divenendo il 100° RPS Gold Medallist a partire dalla fondazione del premio, nel 1870. 3
Sesta Edizione per ClassicheFORME! In me vibra la stessa emozione della prima edizione, quando, tra mille incertezze e tante paure decisi di dare il via a questa meravigliosa esperienza. Il Salento è, e rimarrà sempre, uno dei luoghi più magici della mia vita, non solo perché ci sono nata e cresciuta, ma per la grande ricchezza di cui dispone: paesaggi naturali, storia, cultura, arte, musica, teatro… Il Salento è un concentrato di talento e di bellezza e, per me, riuscire a riunire musicisti, appassionati o semplici curiosi, per una settimana, intorno a un’offerta musicale di alto profilo internazionale, è un’idea che si definisce sempre con più forza, di anno in anno. Mi piace portare sul palcoscenico, a Lecce, i meravigliosi musicisti con cui condivido i palcoscenici in giro per il mondo, condividere con loro i momenti di studio in luoghi splendidi come le masserie che ogni anno scelgo come luogo di
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“residenza” sia artistica che turistica. Un mix di suoni, emozioni, colori, profumi, sapori che rendono unica l’esperienza di ClassicheFORME. Un’edizione questa in cui l’Associazione ha investito molto in termine di energie organizzative e soprattutto ha visto una coesione e una partecipazione molto più compatta di Istituzioni locali e Partner Istituzionali di altissimo prestigio. Un ringraziamento va all’Assessorato all’Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, rappresentato da Grazia Di Bari, al Dott. Aldo Patruno, al Teatro Pubblico Pugliese, l’Amministrazione Comunale di Lecce, al Sindaco Carlo Salvemini e agli Assessori Fabiana Cicirillo, Paolo Foresio e Rita Miglietta, al Rettore Fabio Pollice per aver accettato di ospitare alcuni degli eventi del Festival nella splendida cornice del Chiostro del Rettorato, al Dott. Luigi De Luca per l’ospitalità al Chiostro del Cinquecento e alla Biblioteca Bernardini nell’ex Convitto Palmieri, a Salvatore Tramacere per l’Ortale nel Teatro Koreja e ai Direttori dei Conservatori di Musica di Lecce e Bari i Maestri Giuseppe Spedicati e Corrado Roselli per aver selezionato dei gruppi da camera da inserire in programmazione. Ringrazio con emozione i Sostenitori privati del Festival, Note in Viaggio ed Elata Calzature, che, con grande lungimiranza, hanno scelto di sostenere il Festival investendo nella Musica, nella Cultura e nella Bellezza. Ancora un ringraziamento allo staff di ClassicheFORME che quest’anno vede l’introduzione di nuove figure a livello artistico e organizzativo e un ringraziamento particolare al nuovo Direttore Generale del Festival, Paolo Petrocelli che ha da subito condiviso con noi la visione del Festival, direzionata al rafforzamento dell’identità dinamica, con uno sguardo particolare soprattutto ai giovani, e a un approccio innovativo e di grande ricerca.
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Lecce - Chiostro del Rettorato
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Domenica 17 Luglio 2022 ore 21:00 Lecce - Chiostro del Rettorato Concerto Inaugurale – CONTRASTI
C. Debussy
Sonata per violino e pianoforte Allegro vivo Intermède - Fantasque et léger Finale - Très animé
L. van Beethoven
Sonata per violoncello e pianoforte n. 2 in sol minore Op. 5 n. 2 Adagio sostenuto ed espressivo Allegro molto, piu tosto presto Rondò: Allegro
L. van Beethoven
7 Variazioni per violoncello e pianoforte, WoO 46 sul tema "Bei Männern, welche Liebe fühlen" dell'opera "Die Zauberflote" di W. A. Mozart
B. Bartók
Contrasti, trio per violino, clarinetto e pianoforte, BB 116, SZ 111 Verhunkos (Danza del reclutamento) – Moderato ben ritmato Pihenő (Riposo) - Lento Sebes (Veloce) - Allegro vivace
Pablo Barragán Pablo Ferrández Liya Petrova Beatrice Rana
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Clarinetto Violoncello Violino Pianoforte
Lunedí 18 Luglio 2022 ore 19:00 Supersano - Masseria Le Stanzie IN CAMPO APERTO
Programma musicale a sorpresa
Pablo Barragán Pablo Ferrández Georgy Kovalev Liya Petrova Beatrice Rana Ludovica Rana Chiara Sannicandro Massimo Spada
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Clarinetto Violoncello Viola Violino Pianoforte Violoncello Violino Pianoforte
Martedì 19 Luglio 2022 ore 21:00 Lecce - Ortale Teatro Koreja “LA” SONATA
L. van Beethoven
Sonata per violino e pianoforte n. 2 in La Maggiore Op. 12 n. 2 Allegro vivace Andante più tosto Allegretto Allegro piacevole
C. Schumann
Tre romanze per violino e pianoforte Op. 22 Andante molto Allegretto Leidenschaftlich schnell
C. Franck
Sonata in La Maggiore per violino e pianoforte Allegretto ben moderato Allegro Recitativo-Fantasia: Ben moderato. Largamente con fantasia Allegretto poco mosso
Chiara Sannicandro Violino Ying Li Pianoforte
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Mercoledì 20 luglio 2022 ore 18:00 Lecce - Chiostro del Cinquecento Ex Convitto Palmieri CAFFÈ LECCESE
A. Babadžanjan
Trio per pianoforte, violino e violoncello in fa diesis min. Largo – Allegro espressivo Andante Allegro vivace
D. Šostakovič
Trio per pianoforte, violino e violoncello n. 2 Op. 67 Andante - Moderato Allegro con brio Largo Allegretto
Matthias Balzat Carlotta Malquori Andrea D’Amato TRIO ARES
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Violoncello Violino Pianoforte AVOS PROJECT ROMA
Mercoledì 20 Luglio 2022 – ore 21:00 Lecce - Chiostro del Rettorato HOMMAGE A ČAJKOVSKIJ
A. S. Arenskij
Quartetto per violino, viola e due violoncelli n. 2 Op. 35 dedicato alla memoria di Pyotr Čajkovskij Moderato Variations sur un thême de P. Čajkovskij Moderato Finale. Andante sostenuto
P. I. Čajkovskij
Trio per violino, violoncello e pianoforte Op. 50 Pezzo elegiaco (Moderato assai. Allegro giusto) Tema con variazioni Tema (Andante con moto) Variazione I (L'ìstesso tempo) Variazione II (Più mosso) Variazione III (Allegro moderato) Variazione IV (L'istesso tempo) Variazione V (L'istesso tempo) Variazione VI (Tempo di Valse) Variazione VII (Allegro moderato) Variazione VIII (Fuga: Allegro moderato) Variazione IX (Andante flebile, ma non tanto) Variazione X (Tempo di Mazurka) Variazione XI (Moderato) Variazione finale e coda (Allegro risoluto e con fuoco. Andante con moto. Lugubre) Pablo Ferrández Georgy Kovalev Liya Petrova Beatrice Rana Ludovica Rana
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Violoncello Viola Violino Pianoforte Violoncello
Giovedì 21 Luglio 2022 ore 11:00 Lecce - MUST – Museo Storico di Lecce I MUST
A. Schnittke
V. Semenov
da “A. Revis Fairy Tale” Overture The Clerks The Ball The Greatcoat Polka Toccata Barbara
G. Bánkövi
Dissoluzioni
K. Olczak
Maestoso Mesto
K. Hakola
Ararà
P. Makkonen
Longing for Primitivity
P. Baranek
First day of Spring
Michele Bianco Alberto Nardelli Fisarmoniche Pietro Secundo SIRIUS ACCORDION TRIO CONSERVATORIO TITO SCHIPA LECCE
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Giovedì 21 luglio 2022 ore 21:00 Lecce - Ortale Teatro Koreja AFFRESCO ITALIANO
G. Martucci
Sonata in fa diesis minore Op. 52 per violoncello e pianoforte Allegro giusto Scherzo: Allegro molto - Trio: Allegretto – Scherzo da capo Intermezzo: Andantino flebile Finale: Allegro
F. B. Busoni
Kleine Suite Op. 23 per violoncello e pianoforte Moderato con energia Andantino con grazia Moderato, ma con brio Sostenuto ed espressivo Moderato, ma con brio
F. Cilea
Sonata per violoncello e pianoforte Allegro moderato Alla romanza. Largo doloroso Allegro animato
Maddalena Giacopuzzi Pianoforte Ludovica Rana Violoncello
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Venerdì 22 Luglio 2022 ore 11:00 Lecce - Biblioteca Bernardini CONVERSAZIONE SU MUSICA E TELEVISIONE A cura di: Massimo Bernardini Edoardo Camurri Fabio Massimo Capogrosso
Modera: Giacomo Fronzi
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Venerdì 22 Luglio 2022 ore 18:00 Lecce - Chiostro del Cinquecento - Ex Convitto Palmieri CAFFÉ LECCESE
J. Haydn
Quartetto per archi n. 49 in re maggiore "Der Frosch" (La rana) Op. 50 n. 6, Hob:III:49 Allegro Poco Adagio Menuetto. Allegretto e Trio Finale. Allegro con spirito
L. van Beethoven
Quartetto per archi n. 9 in do maggiore, Op. 59 n. 3 "Razumowsky" Introduzione. Andante con moto. Allegro vivace Andante con moto quasi Allegretto Minuetto (grazioso). Trio Allegro molto
Janela Nini Chiara Siciliano Michaela Kleinecke Anna Tonini-Bossi AMAI QUARTET
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Violino Violino Viola Violoncello ACCADEMIA STAUFFER CREMONA
Venerdì 22 Luglio 2022 ore 21:00 Lecce – Chiostro del Rettorato TRA SMETANA E ŠOSTAKOVIČ
B. Smetana
Quartetto per archi n. 1 Allegro vivo appassionato Allegro moderato à la Polka Largo sostenuto Vivace
D. Šostakovič
Quintetto in Sol minore per pianoforte e archi Op. 57 Preludio: Lento - Poco più mosso - Lento Fuga: Adagio Scherzo: Allegretto Intermezzo: Lento Finale: Allegretto
QUARTETTO MODIGLIANI Violino Violino Laurent Marfaing Viola François Kieffer Violoncello Beatrice Rana Pianoforte
Amaury Coeytaux Loïc Rio
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Sabato 23 Luglio 2022 ore 11:00 Lecce - MUST – Museo Storico di Lecce I MUST
M. Lysenko
Elegia e Romanza
B. Liatoshynsky
Melodia
R. Glière
Romanza
M. Skoryk
Melodia
S. Bortkiewicz
Sonata per violino e pianoforte Op. 26 Sostenuto – Allegro drammatico Andante Allegro vivace e con brio
Yakubov Temur Violino Yevhen Levkulych Pianoforte BORTKIEWICZ DUO CONSERVATORIO NICCOLÒ PICCINNI BARI
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Sabato 23 Luglio 2022 – ore 21:00 Lecce - Chiostro del Rettorato SOUVENIR
F. Drdla
Souvenir per violino e pianoforte
F. Schubert
Fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani Op. 103, D. 940 Allegro molto moderato Largo Allegro vivace Con delicatezza
F. M. Capogrosso
Souvenir da uno sguardo alla Luna da un caleidoscopio per pianoforte a quattro mani Commissione d’opera per ClassicheFORME 2022
P. I.Čajkovskij
Souvenir de Florence Op. 70 Allegro con spirito Adagio cantabile e con moto Allegro moderato Allegro vivace QUARTETTO MODIGLIANI Amaury Coeytaux Loïc Rio Laurent Marfaing François Kieffer
Georgy Kovalev Beatrice Rana Ludovica Rana Massimo Spada 18
Violino Violino Viola Violoncello Viola Pianoforte Violoncello Pianoforte
Lecce - Convitto Palmieri
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“Pakosky” a Piacenza, vincendo il terzo premio. Nell’ottobre dello stesso anno l’ensemble risulta tra i finalisti della prima edizione del Concorso per giovani Quartetti d’Archi “Pietro Marzani” di Rovereto e si aggiudica il primo premio, nonché il premio del pubblico. Grazie a questa vittoria l’Amai Quartet si esibirà nelle stagioni 2021/2022 e 2022/2023 di importanti Associazioni concertistiche a Modena, Rivoli, Mestre e Rovereto, dove avrà l’occasione di partecipare al festival Settenovecento. La formazione dell’ensemble inizia nel marzo del 2021, nella classe del prof. Peter Matzka (Universität für Musik und darstellende Kunst Wien, ORF Radio Symphony Orchestra Vienna). Attualmente il quartetto studia con il prof. Florian Schötz (Goldmund Quartett, Universität für Musik und darstellende Kunst Wien) a Vienna, e con il Quartetto di Cremona presso l’Accademia Walter Stauffer. Arricchiscono il percorso artistico dell’Amai Quartet le masterclasses con il prof. Clive Brown e con Xiang Lu e Danfeng Shen (Simply Quartet).
AMAI QUARTET JANELA NINI violino CHIARA SICILIANO violino MICHAELA KLEINECKE viola ANNA TONINI-BOSSI violoncello L’Amai Quartet è composto da quattro studentesse dell’Università per la Musica e le Arti interpretative di Vienna (MDW). Janela Nini, Chiara Siciliano (violini), Michaela Kleinecke (viola) e Anna Tonini-Bossi (violoncello) si sono incontrate nel 2020 con il desiderio di condividere la loro passione per la musica da camera. Nonostante le evidenti difficoltà causate dalla pandemia abbiano in un primo tempo impedito all’ensemble di esibirsi dal vivo davanti al pubblico, le giovani musiciste non si sono scoraggiate. Con determinazione ed entusiasmo hanno portato avanti i loro progetti, studiando il repertorio e partecipando a concorsi e audizioni. Dopo aver superato con successo le selezioni, l’Amai Quartet viene scelto per prendere parte ai progetti di Yehudi Menhuin – Live Music Now Wien, a partire da maggio 2021. Nel giugno del 2021 il quartetto si qualifica per la finale del concorso
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Sempre nel 2019 hanno ricevuto una borsa di studio in seguito alla partecipazione alle Masterclass di Avos Chamber Music Project a Nocera Umbra. Nel 2021 hanno inoltre avuto la possibilità di investire le borse di studio delle fondazioni “Neustart Kultur“ e “Takaya Urakawa“ nella produzione video del Trio per pianoforte di Arno Babadjanian in Fa# Minore - in collaborazione con il centro C. Bechstein di Düsseldorf. L'ensemble si esibisce regolarmente in Germania ed in Italia (Teatro de‘ Servi, Biblioteca Angelica, Garda Lake Festival) Entro la fine del 2022 uscirà il primo CD registrato dal Trio in collaborazione con la casa discografica tedesca “Coviello Classics”.
ARES TRIO ANDREA D’AMATO pianoforte CARLOTTA MALQUORI violino MATTHIAS BALZAT violoncello L’ARES TRIO nasce nel 2019 e, la sua formazione attuale si definisce nel 2020. L'ensemble ha il suo quartier generale a Düsseldorf, città in cui i tre giovani artisti si sono conosciuti, dove hanno studiato presso la Robert Schumann Musik Hochschule e dove svolgono principalmente la loro attività artistica e professionale. Durante le prime fasi del loro percorso insieme, hanno avuto il privilegio di formarsi con artisti di livello, tra gli altri Noè Inui e Lisa Smirnova. Dal 2020 frequentano un Master presso l'accademia "Avos Project", di cui seguono regolarmente lezioni e Masterclass (con Avos Piano Quartet, David Romano, Massimo Spada, Brannon Cho). Nel 2019 e nel 2020 i tre musicisti hanno avuto il privilegio di lavorare con Dagmar Birwe in diversi progetti di registrazione, incidendo il Trio No.1 di Shostakovich in Do Minore e il trio di Chausson in Sol Minore. 21
Menuhin Festival Gstaad, Klosters Music, Eggenfelden Klassisch, Schleswig-Holstein Music Festival. È vincitore di numerosi concorsi internazionali: il Prix Credit Suisse Jeunes Solistes, l´ARD Music Competition 2012, il Juventudes Musicales de España 2011 e l’ European Music Competition for Youth 2011 (EMCY). È un artista Backun e Légère Reeds, tiene masterclass nel suo pese natale per promuovere giovani talenti. Dal 2020 è professore alla Barenboim-Said Academy.
PABLO BARRAGÁN clarinetto Pablo Barragán ha completato la sua formazione cameristica alla “Escuela Superior de Música Reina Sofía” a Madrid con Ralf Gothoni, prima di trasferirsi alla “Basel MusikAkademie”, dove ha studiato con F. Benda. Come membro della WestEastern-Divan Orchestra, si è esibito nei più prestigiosi festival del mondo. Come solista e camerista, la sua carriera l’ha portato dalla Filarmonia di Berlino, alla Bayerischen Rundfunk, L’Auditori in Barcellona, la Tonhalle di Zurigo Züri. Ha collaborato come solista con la Sinfonieorchester di Basel, Hamburger Symphoniker, la Slovak Philharmonic con direttori come Anja Bihlmaier, Christoph Poppen, Clemens Schuldt, Paolo Carignani, Gabriel Feltz, Adrian Prabava or Alexander Prior. Ha suonato con artisti come Martha Argerich, Andrei Ioniţă, Viviane Hagner, Noa Wildschudt, Kian Soltani, Elena Bashkirova, Tobias Feldmann, Alexey Stadler, Quatuor Modigliani, Marc Bouchkov, Frank Dupree in festival come il Lucerne Festival, 22
Dal 2004 al 2006 è autore di otto puntate sul Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber di Viareggio di Rete 4. Dal 2005-2006, Bernardini è coautore e conduttore di TV Talk, programma di Rai Educational in onda su Rai 3, che commenta gli avvenimenti televisivi della settimana sulle varie emittenti pubbliche e private principali. Nel 2013 conduce, sempre su Rai 3, il ciclo di trasmissioni È uno di quei giorni. Storico conduttore di Il tempo e la storia, trasmissione di approfondimento curata da Rai Educational e in onda su Rai 3 e Rai Storia.
MASSIMO BERNARDINI giornalista Nato a Milano nel 1955, è un giornalista e conduttore televisivo italiano. Prima di diventare giornalista professionista, negli anni ottanta si è occupato di musica, prima come arrangiatore, poi come pubblicista e critico musicale su periodici e quotidiani come Radiocorriere TV, Famiglia Cristiana, Avvenire e Il Sabato. Nel 1987 ha scritto una biografia di Francesco Guccini edita da Franco Muzio e nel 2002 l’introduzione critico-biografica al volume: Giorgio Gaber: La libertà non è star sopra un albero edito da Einaudi. Dopo aver lavorato nel settore radio come autore e conduttore, ha collaborato alla nascita dell’emittente satellitare cattolica Sat 2000, per la quale ha ideato e condotto nel 2001-2002 la prima stagione de Il grande talk, una serie di trenta puntate dedicate al genere televisivo del talk show. Dalla seconda edizione, e fino al 2005, la trasmissione è stata condotta in collaborazione fra Sat 2000 e Rai Educational.
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Superiore di Musica di Kirovograd (Kropyvnytsky) e dell’Istituto Superiore di Cultura e Arti (Kamianets-Podilskyi). Ci sono stati anche numerosi concerti su palchi da camera: Sala da camera dell’Accademia di Musica Nazionale “Pëtr Čajkovskij” dell’Ucraina, Museo “Casa del cioccolato”, Sala dell’Unione Nazionale dei compositori dell’Ucraina, Museo commemorativo “Maksym Rylsky”, Spazio artistico “Masterclass”, Museo commemorativo “Viktor Kosenko”, Biblioteca Nazionale “Yaroslav Mudryi”, Museo commemorativo “Maria Zankovetska” e altri. Il Bortkiewicz Duo anche ha registrato brani per violino e pianoforte di Sergei Bortkiewicz per la Televisione Nazionale ucraina e ha preso parte al film documentario “S. Bortkiewicz. Presentimento”. (Dicembre 2016). Nel maggio 2018 il Bortkiewicz Duo si è esibito in Italia: a Trani (Auditorium “Dr. Vincenzo Falco” — Palazzo Discanno) e al Circolo Unione (Teatro Petruzzelli) di Bari. Nel dicembre 2021 il Bortkiewicz Duo ha vinto il primo premio assoluto al Concorso Musicale MEDITERRANEO 2021. Dall'inizio della guerra russa contro l'Ucraina il Bortkiewicz Duo ha iniziato una serie di concerti di beneficenza per sostenere gli ucraini colpiti dall'aggressione russa.
BORTKIEWICZ DUO TEMUR YAKUBOV - violino YEVHEN LEVKULYCH - pianoforte Il Bortkiewicz Duo è stato fondato nel 2016 durante la preparazione del Festival Internazionale di Musica “Bortkiewicz in Ucraina” (Kiev 2017) dagli autori, organizzatori ed esecutori di questo festival: il violinista Temur Yakubov e il pianista Yevhen Levkulych. Il nome “Bortkiewicz Duo” tende a rendere popolare il nome e la musica di un famoso compositore ucraino, Sergei Bortkiewicz (1877– 1952): la sua musica da camera divenne la caratteristica speciale del repertorio dell’Ensemble. Fino al 2020 l’attività concertistica del Bortkiewicz Duo si è svolta prevalentemente in Ucraina. I momenti salienti del percorso di carriera sono stati i concerti nel Palazzo Rozumovsky a Baturin (capitale storica dell’Ucraina); Sala Filarmonica Regionale di Khmelnitsky; Sala dell’organo di Leopoli; Grandi Sale dell’Accademia di Musica Nazionale “Pëtr Čajkovskij” dell’Ucraina (Kiev), dell’Università Nazionale delle Arti “Ivan Kotlyarevsky” di Kharkiv, dell’Istituto 24
il talent show PiTeco, trasmesso sul canale Rai Storia. Inoltre nel 2015 si è occupato della rubrica dal titolo Viaggio nell’Italia del Giro in occasione del Giro d’Italia. Altri programmi sono stati I grandi della letteratura, condotto su Rai 5, Roar, trasmesso su Rai 3, Provincia Capitale su Rai Cultura, e infine maestri, programma in collaborazione con il MIUR in cui intervista personaggi legati al mondo della scuola (in vista delle prove di maturità 2020 degli studenti). Camurri è stato autore di diversi programmi, come: Le vite degli altri, La gaia scienza, Istantanea per la La7 ed Emozioni, condotto da Federico Russo su Rai 2.
EDOARDO CAMURRI giornalista Edoardo Camurri nasce come scrittore e giornalista che collabora per importanti riviste italiane ma nel corso della sua carriera si è fatto anche apprezzare anche nelle vesti di conduttore televisivo e radiofonico inoltre come autore ha anche firmato diversi programmi tv di successo. Edoardo Camurri è nato a Torino nel 1974. Ha conseguito una laurea in filosofia teoretica dove ha discusso una tesi sul dibattito tra Alexandre Kojève e Leo Strauss. Attualmente lavora come giornalista per Il Foglio, Vanity Fair e il supplemento domenicale del Sole 24 Ore. Oltre alla carta stampata, Camurri si cimenta abitualmente anche alla conduzione radiofonica. Ha debuttato sulle frequenze di Radio 3 alla conduzione di Tabloid, Prima Pagina, Radio 3 Mondo e Pagina 3. debutta nel 2005 come conduttore dell’edizione estiva di Omnibus e Omnibus Weekend, entrambi trasmessi su La7. Nel 2011 è approdato in Rai per condurre il programma Mi manda Rai 3. Nel 2013 ha condotto Viaggio nell’Italia che cambia e ha presentato
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Ha lavorato con artisti come Carlo Boccadoro, Pamela Villoresi, Marius Bizau, Gianfranco Rosi. Sue composizioni sono state eseguite in Italia, Spagna, Germania, Polonia, Belgio, Florida, California, Michigan, Korea del Sud, Cina da ensemble di chiara fama, tra cui: Sentieri Selvaggi, Sestetto Stradivari dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Fabrizio Meloni e i Percussionisti della Scala, Quartetto Falstaff, Red4Quartet dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, President’s Trio dell’University of South Florida, Strings & Hammers, Trio Solotarev; e da musicisti come Sesto Quatrini, Francesco Libetta, Ives Abel, Francesco Cilluffo, Orazio Sciortino, Anastasia Feruleva, Alessandro Soccorsi, Mara Oosterbaan, Edevaldo Mulla, Mina Mijovic, Eunmi Ko, Nina Kim, Conor Nelson, Emily Diez, Kevin Schempf e Susan Nelson McNamee. E' tra i vincitori della nona edizione del Discover America, il prestigioso concorso indetto dal Chicago Ensemble, e del primo premio al Keuris Composers Contest 2018. E’ stato scelto dal M° Marco Bellocchio, palma d’oro alla carriera, per comporre la colonna sonora di Esterno Notte, con Fabrizio Gifuni, Tony Servillo, Margherita Buy, Fausto Russo Alesi. E’ protagonista di Oltre la maschera, documentario di Andrea Campajola prodotto da Edizioni Curci e CIDIM-Comitato Nazionale Italiano Musica.
FABIO MASSIMO CAPOGROSSO compositore Il compositore umbro Fabio Massimo Capogrosso (Perugia 1984) è stato il primo compositore in residenza della storia della Filarmonica Toscanini. Ha vinto il Bassoon Chamber Music Composition Competition negli Stati Uniti d’America nel 2015 con il brano 4 Miniature per 4 Strumenti a Fiato. Nel marzo del 2016 è stato invitato a Tampa come vincitore del Call for score del New Music Festival indetto dall’University of South Florida. E' stato ospite presso importanti Istituzioni e Festival nazionali ed internazionali come l’ Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Il Teatro Alla Scala di Milano, I concerti della IUC, i Suoni delle Dolomiti, I concerti della Scuola Normale Superiore di Pisa, San Francisco International Piano Festival, Rebecca Penneys Piano Festival, Pietre che Cantano, il festival Internazionale di Mezza Estate; e in teatri come il Grande di Brescia, il Parco della Musica di Roma, Britton Recital Hall dell'Università del Michigan, Barness Music Recital Hall dell'Università della Florida del Sud. 26
Lugansky, Khatia Buniatishvili, Beatrice Rana, Denis Kozhukhin, Maxim Rysanov, Ray Chen, Alice Sara Ott, Elena Bashkirova, Luis del Valle e Sara Ferrández. Nato a Madrid nel 1991, in una famiglia di musicisti, Pablo Ferrández è entrato a far parte della prestigiosa Escuela Superior de Música Reina Sofía quando aveva 13 anni per studiare con Natalia Shakhovskaya. Successivamente ha completato i suoi studi presso l'Accademia Kronberg con Frans Helmerson ed è ha frequentato la Fondazione AnneSophie Mutter. La stagione 21/22 lo ha visto debuttare con l'Orchestra di Santa Cecilia, la Filarmonica Ceca, la Filarmonica di Seoul, la Royal Philharmonic Orchestra, e tornerà con la Basel Symphony, la RTE National Orchestra, la Filarmonica Arturo Toscanini, la Borusan Philharmonic, la Spanish National Orchestra, tra gli altri. Ha eseguito con la Youth Russian National Orchestra diretta da Gustavo Dudamel il Triplo Concerto di Beethoven insieme ad Anne-Sophie Mutter e Daniil Trifonov, celebrando il 200° anniversario della Tchaikovsky Hall, nonché alla Carnegie Hall eseguendo musica da camera con Anne-Sophie Mutter . Pablo Ferrández suona lo Stradivari “Lord Aylesford” (1696) grazie alla Nippon Music Foundation.
PABLO FERRÁNDEZ violoncello Vincitore del XV Concorso Internazionale Tchaikovsky e artista esclusivo SONY Classical, Pablo Ferrández si annuncia come musicista di grande prestigio. Interprete accattivante, “Ferrández ha tutto: tecnica, coraggio, spirito, autorità come solista, espressività e fascino” ( El Pais). I momenti salienti recenti includono i debutti all'Hollywood Bowl con la Los Angeles Philharmonic sotto G. Dudamel, con la Bayersichen Rundfunk Symphony Orchestra sotto D. Gatti, con la Bamberg Symphony sotto C. Eschenbach, esecuzioni del doppio concerto di Brahms e del triplo concerto di Beethoven con Anne-Sophie Mutter, e apparizioni con la London Philharmonic, Israel Philharmonic, Rotterdam Philharmonic, Vienna Symphony e Orchestre National de France, tra gli altri. Come solista e musicista da camera, collabora frequentemente con artisti come Vadim Repin, Martha Argerich, Gidon Kremer, Yuja Wang, Nikolay
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attraverso ventiquattro grandi figure, da Schönberg a Sciarrino, passando per Piazzolla, Gershwin e Zappa. Ha collaborato con il quotidiano Il Manifesto e con MicroMega. Collabora con la RSI (Radiotelevisione svizzera italiana) e, da diversi anni, con Rai Radio3, in qualità di autore e conduttore.
GIACOMO FRONZI musicologo Giacomo Fronzi (1981), laureato in Filosofia (Università di Lecce) e in Musicologia (Università “Ca’ Foscari” di Venezia), è dottore di ricerca in Etica e Antropologia filosofica. Si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce, dove ha anche insegnato per qualche anno. È stato docente di ruolo di Filosofia e Storia nei licei. Nel 2017 ha conseguito l’Abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore associato in Estetica. Ha insegnato all’Università di Messina e attualmente è ricercatore senior in Estetica all’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”. È autore di circa ottanta pubblicazioni, di cui sette sono monografie. Il suo libro Electrosound. Storia ed estetica della musica elettroacustica (Edt, II ristampa 2018) ha ottenuto un successo di rilievo nazionale: presentato e recensito in tutta Italia, è adottato in numerosi conservatori, licei musicali, accademie di belle arti e università. Il suo ultimo libro, Percorsi musicali del Novecento (Carocci, I ristampa 2022), racconta il panorama musicale del XX e XXI secolo 28
da Camera presso il Conservatorio “Piccinni” di Bari e Lecce ed è assistente nella classe di Musica da Camera di Nazzareno Carusi presso l’Accademia di Imola. Suona un Claude Augustine Miremont del 1860. Maddalena ha studiato presso il Conservatorio di Bolzano, Accademia “Incontri col Maestro” di Imola, presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Insegna Pianoforte presso l’ISSM “Paisiello” di Taranto.
MADDALENA GIACOPUZZI pianoforte LUDOVICA RANA violoncello Il duo composto da Ludovica Rana al violoncello e Maddalena Giacopuzzi al pianoforte si è formato nel 2018 e ha già all’attivo numerosi concerti e collaborazioni con importanti Festival ed associazioni concertistiche come l’Accademia Filarmonica Romana, Società dei Concerti di Milano, Accademia Filarmonica di Verona, Viotti Festival, Teatro Civico Vercelli, Fondazione Walton, Milano Musica, Oratorio del Gonfalone, Roma, Musica Insieme, Bologna, Amici della Musica di Lonigo, Associazione Sfere Sonore, Lecce, Associazione Opera Prima, Lecce. Nel 2021 il duo Rana Giacopuzzi ha vinto il bando DV Young Sounds dell’etichetta discografica Da Vinci Records grazie al quale nell’estate 2022 sta per essere pubblicato il cd di esordio intitolato “Affresco italiano”. Ludovica ha studiato presso Il Conservatorio della Svizzera Italiana, la Menuhin Academy,la Pavia Cello Academy e l’Accademia di Santa Cecilia. Attualmente insegna Musica 29
in rinomati festival internazionali di musica come Schubertiade, Verbier Festival, Ravinia Festival, Heidelberger Frühling, Rheingau Festival, Kronberg Academy Festival. Georgy Kovalev si è esibito in sale da concerto come la Victoria Hall (Ginevra), il Theatre des ChampsElysées (Parigi), la Cologne Philharmonic Hall, la Kioi Hall (Tokyo), la Prinz Regent Theatre Hall (Monaco di Baviera), la Gordon Bennett Hall (Chicago), Gran Sala del Conservatorio di Mosca.
GEORGY KOVALEV viola Nato nel 1990 a Tiflis Georgia, è uno dei DOTATI violisti della sua generazione. Dopo aver terminato gli studi con Yuri Bashmet e Matthias Buchholz, si è poerfezionato con Nobuko Imai alla Kronberg Academy. Georgy Kovalev si è esibito con le principali orchestre come la Kremerata Baltica Chamber Orchestra, la New Russia State Symphony Orchestra, la Munich Chamber Orchestra, la Moscow Soloists Chamber Orchestra, la New Japan Philharmonic Orchestra, tra le altre. È vincitore di premi e finalista di concorsi internazionali come Yuri Bashmet International Competition a Mosca, Tokyo International Viola Competition, Brahms International Competition. Nel 2011 ha ricevuto il Premio Fondazione Neva assegnato dal Festival di Verbier. Si è esibito in formazioni cameristiche con Gidon Kremer, Christian Tetzlaff, Steven Isserlis, Yuri Bashmet, Fazil Say, Frans Helmerson, Emanuel Ax, Jörg Widmann, Viviane Hagner, Claudio Bohorquez, Lawrence Lesser, 30
New York, Harris Concert Hall a Memphis, New World Center a Miami, Chicago Cultural Center, ACT Concert Hall in Giappone. Nel 2021 è stata anche finalista al Concours Musical International de Montréal e ha vinto il premio speciale per la migliore esecuzione di musica francese al Cleveland International Piano Competition. E’ membro dell’AYA Trio. Il suo primo album uscirà nei prossimi mesi per Universal ed è dedicato a Mozart e Bartók. Tra i prossimi impegni, il debutto al Festival Pianistico di Brescia e Bergamo, i recital alla Carnegie Hall di New York e Konzerthaus di Berlino, concerti con l’Orchestra da Camera di Mantova, Buffalo Philharmonic, Dortmunder Philharmoniker e Stuttgarter Philharmoniker.
YING LI pianoforte Vincitrice della prima edizione del Internazionale Antonio Premio Mormone, Ying ha vinto nell’ottobre 2021 anche lo Young Concert Artist Auditions a New York. Ha iniziato lo studio del pianoforte a cinque anni in Cina e all’età di quattordici anni si è trasferita a Philadelphia per studiare con Jonathan Biss e Seymour Lipkin al Curtis Institute of Music, dove si è diplomata nel 2019. Nel giugno 2021 ha conseguito il Master of Music alla Julliard di New York dove ha studiato con Robert McDonald. In qualità di solista, Ying ha suonato con la Philadelpia Orchestra, New Jersey Symphony, St. Petersburg Chamber Philharmonic, NWD Philharmonie, Orchestra Accademia Teatro alla Scala, Longwood Symphony. Appassionata camerista è invitata da numerosi festival internazionali quali il Ravinia festival, La Jolla Music Society, Great Lakes a Detroit, Norfolk Festival, Brevard Music e al Festival di Verbier. Ha suonato al Teatro alla Scala, Sala Verdi del Conservatorio di Milano, Sala Santa Cecilia al Parco della Musica a Roma, Verizon Hall a Philadelphia, Kaufman Music Center a 31
Berlino, oltre a una tournée con l’Ottetto di Schubert con Sabine Meyer a novembre 2020 con concerti in Germania e Italia. Nel 2014 il Quartetto Modigliani ha assunto la direzione artistica della serie Rencontres Musicales d’Evian, un festival creato nel 1976 da Antoine Riboud e reso famoso dall’ex leggendario direttore artistico Mstislav Rostropovich dopo una pausa di tredici anni. Gli sforzi congiunti dell’Evian Resort e del Quartetto Modigliani hanno portato ad un rapido successo e il Festival è diventato nuovamente uno degli eventi musicali estivi più importanti d’Europa. Il Quartetto registra per Mirare dal 2008 e ha pubblicato 10 CD, ottenendo sempre grande successo di pubblico e critica. Il prossimo progetto del quartetto, un CD con il Quartetto per Archi n. 3 e Souvenir de Florence di Tchaikovsky (con Veronika e Clemens Hagen) verrà pubblicato durante la stagione 2021/2022. Grazie alla generosità e supporto di sponsor privati, il Quartetto suona su quattro eccezionali strumenti italiani: Amaury Coeytaux suona un violino Giovanni Battista Guadagnini del 1773, Loic Rio suona un violino Giovanni Battista Guadagnini del 1780, Laurent Marfaing suona una viola Luigi Mariani del 1660, François Kieffer suona un violoncello Matteo Goffriller del 1706. Il Quartetto è sostenuto da SPEDIDAM.
QUARTETTO MODIGLIANI “Attualmente uno dei migliori quartetti al mondo… Equilibrio, trasparenza, acume sinfonico, sicurezza stilistica, le sue esibizioni hanno raggiunto un livello davvero alto e stimolante”. Harald Eggbrecht, Süddeutsche Zeitung
Il Quartetto Modigliani, fondato nel 2003 e con sede a Parigi, viene invitato regolarmente nelle grandi serie internazionali e dalle sale da concerto più prestigiose del mondo. A testimonianza di ciò, di grande prestigio è stata la loro esibizione, nel 2017, come primo quartetto al mondo, nella rinomata sala della Elbphilharmonie ad Amburgo. Sin dalla sua fondazione, il Quartetto Modigliani si diletta nell’eseguire importanti opere di musica da camera, tramite le quali il quartetto ha instaurato sincere amicizie artistiche con altri musicisti del calibro di Nicholas Angelich, Tanja Tetzlaff, Yefim Bronfman, Beatrice Rana e Renaud Capuçon. Nella stagione 2020/2021, insieme a Veronika e Clemens Hagen, hanno eseguito Souvenir de Florence di Tchaikovsky all’Auditorio Nacional de Música CNDM di Madrid, al Flagey di Bruxelles e alla Philharmonie di 32
Szeps-Znaider, Christopher WarrenGreen, Jesús López Cobos e Michel Tabachnik. Il suo primo album da solista con l'Orchestra Sinfonica di Odense diretta da Kristiina Poska, incluso il primo concerto per violino di Nielsen e Prokofiev per l'etichetta Orchid Classic (2018), le ha portato il plauso della critica internazionale. Ha collaborato con Ivry Gitlis, Renaud Capucon Augustin Dumay, James Ehnes, Nicholas Angelich, Frank Braley, Yuja Wang, Gerad Caussé, Autoine Tamestit, Gary Hoffman e Gautier Capucon in numerosi progetti di musica da camera. Tra gli altri, Liya ha suonato come ospite al Festspielen Mecklenburg-Vorpommern, al Rheingau Musik Festival, al Ludwigsburger Schlossfestspielen, al Festival de Radio France Montpellier, al Festival di Mentone. Liya Petrova è nata in Bulgaria circondata da una famiglia di musicisti. All'età di 11 anni ha iniziato i suoi studi in Germania come giovane studentessa presso la Hochschule für Musik und Theater Rostock. Dopo aver studiato lì con Petru Munteanu, Liya ha proseguito i suoi studi con Augustin Dumay alla Chapelle Musicale Reine Elisabeth in Belgio, Renaud Capucon all'HEMU di Losanna e Antje Weithaas alla Hochschule für Musik “Hans Eisler” di Berlino. Liya suona uno straordinario strumento costruito da Carlo Bergonzi nel 1737 a Cremona, su generoso prestito di Xavier e Josephine Moreno.
LIYA PETROVA violino Liya Petrova, è risultata vincitrice del primo premio all'International Carl Nielsen Violin Competition 2016 in Danimarca. “Il suo talento impressiona per il "virtuosismo senza sforzo" (The Strad), " la varietà sonora eccezionale" (Gramophone) e "suono splendido - maturo e argenteo; Fraseggio di maestosa ampiezza ”(The Times). Liya ha vinto numerosi premi in concorsi internazionali come il Concours International de Violon Tibor Varga, l'International Louis Spohr Competition e il Vaclav Huml Competition tra gli altri, e al German Music Competition che le ha dato la possibilità di accedere all’ensemble dei Solisti del DMR (Deutscher Musikrat). Come solista Liya si è esibita con molte rinomate orchestre come l'Orchestre Philharmonique Luxembourg, la Filharmonie Antwerp, l'Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, l'Orchestre National de Belgique, l'Orchestre de Chambre de Lausanne, la Sinfonia Varsovia e altre. Ha lavorato con direttori come Philippe Herrewege, Krzysztof Penderecki, Yan Tortelier, Nikolaj 33
Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la Los Angeles Philharmonic, la Detroit Symphony Orchestra. Beatrice Rana registra in esclusiva per la Warner Classics. Nel 2015, il suo primo album con Prokofiev Piano Concerto No.2 e Tchaikovsky Piano Concerto No.1 con Antonio Pappano e l'Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma ha ricevuto il prestigioso Gramophone Magazine's Editor's Choice e il premio Newcomer of the Year della BBC Music Magazine. Il 2017 rimarrà una pietra miliare nella sua carriera con l'uscita delle Variazioni Goldberg di Bach. La registrazione è stata elogiata dai critici di tutto il mondo ed è stata incoronata da due importanti riconoscimenti: "Young Artist of the Year" ai Gramophone Awards e "Discovery of the year" agli Edison Awards. Il suo ultimo album con opere di Stravinsky e Ravel è stato pubblicato nell'ottobre 2019 e ha ricevuto numerosi premi tra cui Diapason d'Or de l'Année e Choc de l'Année Classica in Francia. Un album di Chopin uscirà nell'autunno 2021. Nel 2017, Beatrice ha avviato il suo festival di musica da camera «Classiche Forme» nella sua città natale di Lecce, in Puglia. Il festival è diventato uno dei principali eventi estivi in Italia. Le è appena stato conferito il Premio Ackman 2022 dalla New York Philharmonic Orchestra. E’ Accademico effettivo dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
BEATRICE RANA pianoforte Beatrice Rana ha scosso il mondo della musica classica internazionale, suscitando ammirazione e interesse da presentatori di concerti, direttori d'orchestra, critici e pubblico internazionale. Beatrice si esibisce nelle sale da concerto e nei festival più apprezzati al mondo, tra cui Konzerthaus e Musikverein di Vienna, Filarmonica di Berlino, Concertgebouw di Amsterdam, Lincoln Center e Carnegie Hall di New York, Tonhalle di Zurigo, Wigmore Hall di Londra e tanti altri. Collabora con direttori come Yannick NézetSéguin, Antonio Pappano, Fabio Luisi, Riccardo Chailly, Paavo Järvi, Valery Gergiev, Yuri Temirkanov, Gianandrea Noseda, Vladimir Jurowski, Trevor Pinnock, Kent Nagano, Zubin Mehta e altro ancora. Le apparizioni orchestrali includono la Royal Concertgebouw Orchestra, la London Philharmonic Orchestra, la City of Birmingham Symphony Orchestra, l'Orchestre de Paris, la Royal Stockholm Philharmonic Orchestra, la Toronto Symphony Orchestra, la BBC Symphony
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M° Andrea Agostinelli, Ludovica deve anche la sua formazione al M° Enrico Dindo presso la Pavia Cello Academy e presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano dove ha conseguito il Master in Music Performance e, successivamente, al M° Giovanni Sollima, nel Corso di Perfezionamento in Violoncello presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, dove si diploma con il massimo dei voti. Sempre presso la stessa Accademia Nazionale di Santa Cecilia consegue il diploma con il massimo dei voti nel Corso di Perfezionamento di Musica da Camera sotto la guida del M° Carlo Fabiano. Si è formata inoltre con illustri violoncellisti come Conradin Brotbek, Michael Flaksman, Johannes Goritzki, Antonio Meneses presso l’Accademia Chigiana di Siena, Frans Helmerson presso l’Accademia di Montepulciano, Antonio Mosca, Asier Polo, Troels Svane, Rafael Wallfish. Dal 2018 è Direttrice Artistica della Stagione Concertistica Sfere Sonore e di Sistema Musica Arnesano nella sua città Arnesano (Le). Insegna Musica da Camera al Conservatorio di Bari e di Lecce ed è assistente presso l’Accademia di Imola nella classe di Musica da Camera di Nazzareno Carusi. Suona un violoncello Claude Augustin Miremont del 1870.
LUDOVICA RANA violoncello Nata nel 1995 in una famiglia di musicisti, Ludovica ha precocemente intrapreso l’attività come solista, esibendosi sia in recital presso importanti società concertistiche come la Società dei Concerti di Milano, Cremona Mondo Musica, Musica Pura di Pordenone, Festival Ritratti di Monopoli, Fazioli Concert Hall, Accademia Filarmonica di Messina, Varignana Music Festival, I concerti del Quirinale, Festival Villa Solomei, Festival Classiche Forme, sia come solista con diverse orchestre come l’Orchestra ICO di Lecce, l’Orchestra di Padova e del Veneto, Orchestra Sinfonica Siciliana. Numerose sono poi le collaborazioni, nell’àmbito della Musica da Camera, tra le quali quelle con la sorella Beatrice Rana, Enrico Dindo, Pablo Ferràndez, Giovanni Sollima, Bruno Giuranna, Oleg Kaskiv, Francesco Libetta, Massimo Quarta, Danilo Rossi, Alessandro Taverna, Pavel Vernikov. Diplomatasi in Violoncello nel 2014 con il massimo dei voti e la lode presso l’Istituto Musicale “Giovanni Paisiello” di Taranto nella classe del 35
„Young Talents with Orchestra“ di Barlassina si è esibita da solista con l’orchestra nella Sala Verdi di Milano. I suoi successi più recenti includono tra gli altri, il 2° premio e il premio del pubblico al 27° concorso internazionale Brahms a Pörtschach in Austria, il secondo premio al 48° Hudson Valley Philarmonic String Competition in New York USA e la laurea e l’ennesimo premio del pubblico al prestigioso concorso internazionale Joseph Joachim svolto ad Hannover Germania nell’autunno 2021. Chiara tiene numerosi concerti in Europa e negli Stati Uniti. Già nel 2015 ha debuttato come solista con la Philharmonie Salzburg nella Großen Festspielhaus di Salisburgo. Nella prossima stagione avrà impegni concertistici ai Festspiele Mecklenburg-Vorpommern e con la Kammerakademie Potsdam. Oltre all’attività solistica, Chiara ama la musica da camera ed è sempre entusiasta di collaborare musicalmente anche con altre forme artistiche.
CHIARA SANNICANDRO violino Di nazionalità Italo-Tedesca e nata a Salisburgo nel 1997, Chiara ha iniziato lo studio del violino con Paula Zamastil all'età di 5 anni. Già a 9 anni è stata ammessa all’ Università Mozarteum di Salisburgo, dove ha studiato con Klara Flieder fino all’ età di 18 anni. Chiara ha conseguito un Bachelor con lode presso la Jacobs School of Music di Bloomington, Indiana University USA, con il Prof. Mauricio Fuks. Attualmente sta completando il suo Master con Rainer Schmidt all'Accademia di Musica di Basilea in Svizzera. Chiara ha maturato importanti esperienze artistiche ai laboratori di musica da camera e alle masterclasses di violino dell'Accademia Kronberg in Germania. La partecipazione a corsi di perfezionamento con Mihaela Martin, Ani Kavafian, Tanja Becker-Bender, Augustin Hadelich, Leonidas Kavakos e altri arricchiscono la sua formazione. È vincitrice di numerosi concorsi nazionali austriaci e internazionali. Nel 2014 Vincitrice del primo premio e premio del pubblico al concorso 36
hanno espresso all’unanimità la vittoria del Sirius Accordion Trio. Quest’ultimo risultato va a suggellare il percorso artistico dei tre giovani musicisti che saranno impegnati in diversi concerti in Belgio e in altri paesi europei, affermandosi nelle più importanti realtà musicali. Il trio si è esibito in diversi festival: Festival Cameristico Internazionale del Capo di Leuca (LE) 2021, Concerto nella Chiesa San Francesco d’Assisi, Monopoli (BA), Marina Nettuno Yachting di Messina (Sicilia), Ascoli Piceno Festival (Marche), UrFest di Popoli (Abruzzo). Nel mese di Settembre 2021 il trio si aggiudica il 2° Premio al prestigioso concorso internazionale “46° Premio Internazionale di Fisarmonica Città di Castelfidardo” nella categoria musica da camera. Il trio vince la “74th Coupe Mondiale International Accordion Competition” tenutasi a Monaco di Baviera nel mese di Ottobre 2021. Il Sirius Accordion Trio è la prima formazione cameristica italiana a vincere per la prima volta il concorso organizzato dalla CIA (International Music Council) fondato nel 1935 a Parigi. Il Sirius Accordion Trio si pone come obiettivo la divulgazione della fisarmonica classica all’interno delle più importanti realtà concertistiche, esprimendo le potenzialità di uno strumento troppo spesso relegato prevalentemente nell’ambiente popolare.
SIRIUS ACCORDION TRIO MICHELE BIANCO, ALBERTO NARDELLI, PIETRO SECUNDO fisarmoniche La formazione cameristica nasce nel dicembre del 2019. Si esibisce per la prima volta a Ottobre del 2020 presso gli studi di Rai1 “Uno mattina in Famiglia” nella rubrica “È l’Italia bellezza”. È una formazione molto giovane che vanta già diversi successi nel panorama nazionale ed internazionale: vincitori del Concorso musicale Internazionale di S. Pietroburgo “Silk Way music competition” nella categoria musica da camera, 1° Premio al “13° Concorso Internazionale Musicale Luigi Cerritelli”, 1° Premio al “4° Concorso Internazionale di Esecuzione Musicale Città di Sarzana”, 1° Premio Assoluto al “4th International Music Competition Domenico Savino”, 1° Premio al “1st Swiss International Music Competition” Lugano, Svizzera. L’ultimo importante risultato ottenuto è il 1° Premio nella categoria Musica da Camera al “4ème Concours International ACCORDÈONS-NOUS 2021”, competizione che si è tenuta in Belgio, Mons: quindici i maestri provenienti da tutto il mondo che
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formazioni da camera quali il duo e il trio. Fra i musicisti con cui ha collaborato si menzionano Beatrice Rana, Andrea Obiso, Andrea Oliva, Roberto González-Monjas, Simone Lamsma, David e Diego Romano. La sua intensa attività concertistica l’ha portato a esibirsi in moltissimi festival all’estero e in tutta Italia, come a Roma, Al Parco della Musica, Torino, all’interno del Festival MiTo, ad Assisi nell’occasione dei “Festival Internazionali per la Pace”, all’interno della “Sagra Malatestiana” a Rimini, e in altre prestigiose rassegne musicali a Venezia, Padova, Bologna, Cuneo, Matera, La Spezia, Sulmona, Catania, Siracusa, Campobasso, Aosta. Lavora anche abitualmente nel campo della promozione e diffusione della musica contemporanea, proponendo spesso brani a lui dedicati. Dal 2011 è il pianista dell’Ensemble Novecento, diretto dal M° Carlo Rizzari, con il quale si è dedicato alla promozione della nuova musica di compositori emergenti. È risultato vincitore assoluto in numerosi concorsi, quali il concorso “J. S. Bach” di Sestri Levante, il concorso “Rospigliosi” di Lamporecchio, il “Premio Sergio Cafaro”. Svolge un’intensa attività didattica: è docente di pianoforte presso il Conservatorio Morlacchi di Perugia, e dal 2020 insegna a Roma presso Avos Project, scuola di cui è uno dei fondatori e direttori artistici.
MASSIMO SPADA pianoforte Massimo Spada, nato nel 1986 a Roma, si è avvicinato allo studio del pianoforte all’età di sei anni e si è diplomato con il massimo dei voti e la lode nel 2005, sotto la guida del M° Pieralberto Biondi, al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma. Ha poi proseguito gli studi nella prestigiosa Accademia pianistica di Imola "Incontri con il maestro", sotto la guida del M° Boris Petrushansky e del M° Riccardo Risaliti, e successivamente all’Accademia di Santa Cecilia, sotto la guida del M° Benedetto Lupo e del M° Stefano Fiuzzi. Ha partecipato a vari corsi internazionali d’alto perfezionamento conLazar Berman, Elissò Virsaladze, Joaquin Soriano e Andrea Lucchesini. Nel 2009 si è laureato con lode in Storia della musica, presso l’Università Sapienza. Si esibisce regolarmente sia in recital solistici, dove spesso le sue scelte di repertorio, oltre ad abbracciare classici, si spingono alla ricerca delle opere di autori meno conosciuti o frequentati quali Albéniz, Castelnuovo-Tedesco, Catoire, Medtner, Villa-Lobos o Barber, sia in
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GUIDA ALL’ASCOLTO a cura di ANDREA PENNA
CONTRASTI La devastazione della Prima guerra mondiale travolse gli ambienti culturali europei e anche in ambito musicale il contraccolpo del conflitto si riverberò sulla creatività di molti autori influenzandola pesantemente. La Sonata n. 3 in sol minore per violino e pianoforte di Claude Debussy nasce nell’autunno del 1916 in un momento estremamente difficile della vita del compositore. Da vari anni stava combattendo con il cancro che a breve lo avrebbe condotto a una morte prematura; all’epoca aveva già subito un’operazione e la malattia oltre a rendergli gravosa la composizione gli aveva impedito di trovare un modo partecipare, nonostante l’età, alla difesa della patria. Il rafforzarsi dello spirito nazionale francese, anche in una chiave sciovinistica, il desiderio di offrire un proprio contributo allo slancio bellico non costituiscono che uno dei motivi della creazione della sonata. Nello spirito della grande tradizione dei maestri francesi come Couperin e Rameau, Debussy aveva progettato di comporre un gruppo di sei sonate che intendeva firmare proprio come “musicista francese”, progetto di ampio respiro che dimostrava anche una caparbia vitalità contro l’aggressione della malattia. Era anche un segno nel costante ampliamento degli orizzonti espressivi di Debussy, già evidente nei Dodici Studi per pianoforte del 1915, testimonianza di uno sviluppo creativo ormai lontano dalla temperie impressionistica, definizione ormai inadatta e riduttiva. Per Debussy, anche in rapporto con la nuova amicizia con Stravinskij, si stavano aprendo nuovi orizzonti. La raccolta prevedeva “sei sonate per strumenti diversi”, con organici differenziati, incluso il cembalo, a richiamare la tradizione barocca francese, e un’ultima sonata che avrebbe dovuto riunire gli strumenti quasi in forma di piccolo concerto. Debussy riuscì a portare a termine solo tre sonate: la Sonata per violoncello del 1915, la prima animata dal desiderio di dimostrare che
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“trenta milioni di Boches - di soldati tedeschi - non possono distruggere il pensiero francese”; seguirono la sonata per flauto, arpa e viola e infine l’ultima e la più popolare, la sonata per violino e pianoforte. La sonata, pensata per il violinista Gaston Poulet, diede molte preoccupazioni a Debussy soprattutto nella laboriosa elaborazione del movimento conclusivo. La sonata per violino fu anche ultima occasione per il compositore di suonare in pubblico, nell’esecuzione offerta insieme a Poulet al violino alla Salle Gaveau di Parigi il 5 maggio 1917. Debussy sarebbe morto dieci mesi più tardi, il 25 marzo del 1918. In verità il progetto di una sonata per violino e pianoforte ispirata alla circolarità della forma, tipica dello stile di César Franck, era nella mente di Debussy già dal 1894-95. La nuova creazione musicale cambia però decisamente di segno. Anche se con contorni piuttosto sfumati, in un contesto in cui l’economia dei mezzi musicali si fa essenziale nel primo movimento si ravvisa comunque una costruzione a due temi, con la loro combinazione nella coda a fungere quasi di sviluppo, durante il quale i passaggi di maggior abbandono lirico sono offerti al violino. Anche l’Intermède “fantastque e léger”
presenta due temi, uno dall’ostinato carattere
ritmico e l’altro condotto “sans rigueur’” echeggiando una melodia spagnola. Il finale è sicuramente il movimento di maggior originalità specie per l’impianto monotematico, in cui domina una scrittura spigliata e virtuosistica improntata al tema del primo tempo, che innerva l’intero movimento salvo la parentesi meditativa dell’intermezzo centrale. Un soffio leggero e prezioso che nasconde le fatiche sofferte da Debussy per completare questo suo ultimo capolavoro. Le cinque sonate per violoncello di Beethoven coprono la gran parte della sua parabola artistica e segnano una tappa decisiva nell’evoluzione sia del linguaggio cameristico beethoveniano sia nella storia stessa della letteratura cameristica per il violoncello. All’epoca della composizione delle prime due sonate, che risalgono al 1796, la sonata per violoncello e pianoforte non era stata quasi nemmeno codificata come tale; le esperienze solistiche erano legate all’impulso dato dalle sonate per strumento solo di Bach e di Boccherini e di altri compositori di fine Settecento, dai concerti di Haydn ai trii di Clementi, Haydn e Mozart, 41
mentre sopravviveva ancora la sonata per tastiera e basso continuo, in cui il violoncello aveva essenzialmente un ruolo di accompagnamento. Le due sonate dell’op. 5 devono la loro composizione a circostanze contingenti legate al fatto che all’epoca Beethoven più ancora che come giovane
compositore
era
noto
come
pianista
e
formidabile
improvvisatore. In occasione di una visita a Berlino nel 1796 aveva avuto modo di suonare davanti al re Federico Guglielmo II di Prussia, per cui avevano composto già Mozart e Boccherini. Alla corte del re, buon dilettante di violoncello, era impiegato come maestro dei concerti il compositore e virtuoso francese del violoncello Jean Pierre Duport. Per lui Beethoven scrisse e eseguì a Berlino le due sonate poi pubblicate a Vienna nel 1797 come op. 5. Le sonate furono dedicate a Federico Guglielmo che aveva ricompensato Beethoven ancora con la tipica offerta per i musicisti dell’Ancien Régime, una tabacchiera colma di monete, usanza destinata a scomparire con il volgere del secolo. Nel comporre le due sonate Beethoven mostra di conoscere bene la tradizione precedente ma può muoversi in modo libero e con scelte più sperimentali grazie all’assenza di modelli codificati. Pur rimanendo nell’ambito della Sonata da concerto, Beethoven amplia infatti in modo sostanziale la dimensione dei movimenti e sviluppa un’architettura che pur originando dalla scrittura pianistica si preoccupa di integrare costantemente il violoncello nel dialogo, emancipandolo dalla funzione di accompagnamento e avvalendosi spesso del gioco alternato di contrasti fra registri grave e acuto dei due strumenti. Entrambe le sonate sono strutturate in due movimenti: nella sonata n. 2 il primo movimento, preceduto da un adagio con funzione introduttiva, è un ampio allegro a due temi che regge l’intera composizione, con un articolato sviluppo dalla vigorosa coerenza. Il movimento conclusivo è un Rondò e nella seconda sonata trae ottimo partito dalle qualità tecniche di Duport, proponendo
passaggi violoncellistici di spiccato virtuosismo e
animando un clima danzante che quasi prefigura le creazioni Schubertiane. Composte nel 1801 e pubblicate l’anno successivo le Sette variazioni in mi bemolle maggiore sul duetto Pamina –Papageno “Bei Männern, 42
welche Liebe fühle” dal Flauto Magico di Mozart sono un esempio della scrittura più lieve e disimpegnata che Beethoven impiegava per brani riservati ai dilettanti di buon livello. Queste variazioni, dedicate al conte Johann Georg von Browne, vedono Beethoven misurarsi con il singspiel Mozartiano, da cui aveva già tratto in precedenza ispirazione per una serie di variazioni sull’aria di Pamina. Ma le variazioni WoO46 sono più lineari e meno complesse delle precedenti e anche meno impegnative delle Dodici variazioni sul tema del Judas Maccabaeus di Handel. Le variazioni si sviluppano su un felice equilibrio fra i due strumenti, sfruttando la naturale suddivisione delle voci, con il piano che ricopre la parte di Pamina e il violoncello che intona la parte di Papageno. Beethoven non rinuncia a impreziosire le variazioni con alcuni tocchi di notevole suggestione, come l’esaltazione melodico-sentimentale della terza variazione, che precede le due più agitate. La settima variazione si salda a una lunga coda che costituisce il brano più vasto e complesso dell’intera composizione, in cui la scrittura beethoveniana dispiega infine la propria originalità, incluso il ritorno inaspettato del tema principale poco prima della brillante conclusione del brano. Contrasti di Béla Bartók nasce dalla richiesta del clarinettista Benny Goodman di un lavoro dal sapore folklorico ungherese da suonare con il violinista Joseph Szigeti. Nessuna sorpresa che la richiesta arrivasse a Bartók, che di Szigeti era amico sin dalla fine del Primo conflitto mondiale e per il quale Bartók aveva già scritto nel 1928 la Rapsodia per violino n.1. Resosi conto delle formidabili possibilità tecniche di Goodman, il compositore ungherese finì per espandere il brano iniziale e trasformare la composizione in due danze dalla scrittura esaltante e fascinosa, un’originale sintesi fra l’esperienza del folklore magiaro e le nuove tendenze della musica del Nord America. In questa forma verranno presentate nel 1939 nell’esecuzione dei due dedicatari e del pianista Egon Petri. Nell’aprile del 1940 verrà creata la nuova versione con l’intermezzo centrale aggiunto da Bartók, che ormai si era trasferito a New York dopo l’abbandono forzato dell’Ungheria per la guerra e il precipitare della situazione politica. Bartók inciderà anche il brano insieme a Szigeti e Goodman in un disco rimasto giustamente famoso. Si 43
tratta del solo lavoro di musica da camera di Bartók che integri uno strumento a fiato: peraltro, mentre per la prima danza è richiesto l’uso del clarinetto in la – e così poi per l’intermezzo - per quella conclusiva si utilizza il clarinetto in si bemolle. In ugual modo anche il violino all’inizio della terza danza deve suonare oltre trenta battute con la scordatura della prima e della quarta corda, e si usa dunque un secondo strumento accordato in sol-la-sol diesis- mi bemolle, che accentua il richiamo al folklore tzigano del finale La scrittura del pianoforte resta appena un passo indietro rispetto a quella floridissima del clarinetto, con il susseguirsi di trilli, scale e arpeggi. Altrettanto esuberante la parte del violino, fitta di giochi di glissando, pizzicati, passaggi a doppie corde, in cui ancora una volta Bartók mette a frutto le capillari conoscenze della musica popolare del suo paese. La prima danza è un Verbunkos, antica danza di reclutamento militare, affidata proprio alle ornamentazioni del clarinetto, che ha anche una vivace cadenza, mentre il tema passa dal clarinetto al violino e viceversa. Pihenő - riposo è un breve interludio che si snoda come un dialogo fra clarinetto e violino punteggiato da brevi interventi del pianoforte. Sebes - rapido è una danza in tre sezioni dalla energica pulsazione ritmica, in cui sia clarinetto che violino cambiano accordatura: il clarinetto presenta il suo tema sui bicordi del violino cui si aggiunge poi il pianoforte; si passa al contrastato gioco ritmico della sezione centrale alla ripresa di slancio della danza del clarinetto, chiusa con una trascinante accelerazione dopo la cadenza finale del violino.
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“LA” SONATA Spesso sembra impossibile separare la musica di Beethoven dai tratti titanici e severi che storiografia musicale e iconografia hanno costantemente privilegiato e divulgato. Tuttavia non sono poche le pagine che ci restituiscono un’immagine più gioviale e gioiosa del musicista, specie in età giovanile. Le tre sonate dell’op. 12 risalgono agli anni 1796 -1798, epoca in cui Beethoven si stava ancora facendo strada soprattutto come eccellente pianista. Dedicate a uno dei suoi più celebri insegnanti viennesi, il compositore Antonio Salieri, le tre sonate risentono ancora dell’influenza dei modelli di Haydn e delle sonate mozartiane e sono scritte tutte in tre movimenti, disposti secondo l’ordine canonico vivace-lento-vivace. Tuttavia la ricchezza d’ispirazione musicale ci mostra come Beethoven stesse ormai perfezionando un proprio personale idioma musicale. La seconda delle sonate si distingue dalle altre due soprattutto per i tratti spigliati e scherzosi dei due movimenti estremi, una giocosità ingenua che contrasta con l’umorismo tagliente e i modi amari alla base del racconto più diffuso della personalità del compositore, ritirato in sé stesso per via della sordità che proprio in quegli anni giovanili iniziava a preoccuparlo e poi celebrato come una sorta di monumento vivente. L’Allegro vivace d’apertura prende il via con una semplicità gioiosa su armonie dirette e semplici, articolando una piacevole scrittura di conversazione fra i due strumenti. Il pianoforte e il violino giocano a rincorrersi nell’esposizione e nello sviluppo di un materiale che più che un vero tema assomiglia a un semplice motivo, mentre nel gioco irregolare delle sincopi e delle pause si ritrovano alcuni tratti distintivi del Beethoven maturo. Al cuore della sonata si staglia un lirico movimento in tonalità di la minore strutturato in forma A-B-A: il pianoforte introduce il tema principale che viene elegantemente ripreso dal violino all’ottava superiore. Più caldo e sentimentale il secondo tema, quasi un lied, che conferisce al movimento una tinta più pensierosa mano a mano che il materiale viene sviluppato dai due strumenti. Marcato in partitura “Con vivace piacevolezza”, il tempo conclusivo è in forma di rondò, con modeste variazioni che non
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fanno mai venir meno l’intellegibilità del coinvolgente tema che illumina una pagina tra le più spensierate e briose mai scritte da Beethoven. Le Tre Romanze op. 22 per violino e pianoforte di Clara Schumann risalgono al 1853, un anno di relativa calma per Clara e la sua famiglia, che prelude però alla tragedia del 1954, col tentativo di suicidio di Robert
cui
seguirà
l’internamento
nel
sanatorio
di
Endenich.
Sicuramente per Clara era stata vivificante la presenza di Johannes Brahms, all’epoca ventenne, tanto che nell’estate la pianista riprese a comporre, dopo un’inattività quasi completa dai tempi del Trio per pianoforte del 1846. Le Tre Romanze saranno però tra gli ultimi frutti di un’attività compositiva che avrebbe potuto offrire ancora molto se non fosse stata schiacciata e sviata dal contesto sociale e dalle contingenze, oltre che dal desiderio di Clara di promuovere l’opera del marito dopo la malattia e la morte. Clara considerava le tre pagine, dal carattere contrastante, assai ben riuscite, come scriveva anche all’amico violinista Johachim, che aveva spinto Clara a scrivere i brani per i loro concerti e che poi le manterrà nel suo repertorio. Clara le presentò spesso con Joachim nelle loro tournée, ricevendo eccellenti note critiche e entusiasmando fra gli altri anche il re Giorgio V di Hannover, grande ammiratore della pianista. Gli accenti apertamente lirici della prima romanza preludono a una sezione centrale più mossa caratterizzata dagli arpeggi del pianoforte prima che il brano ritorni al tema originale. La seconda romanza, un Allegretto, è aperta dall’accordo assertivo del pianoforte chi segue l’intervento di piglio virtuosistico del violino. Il secondo tema accende ancora maggiormente il gioco di rimandi fra i due strumenti, prima che si ritorni al primo motivo, rielaborato dal pianoforte fino alla chiusa, siglata dal pizzicato del violino. La terza romanza è la più lunga e articolata delle tre: sugli arpeggi del pianoforte si distende un tema apertamente sentimentale del violino che viene poi variato e ornato più volte in un dialogo costante con la scrittura vivace e immaginativa dell’accompagnamento pianistico. Compositore, organista e didatta César Franck è stato un perno centrale della vita musicale francese di fine Ottocento, influenzando più di una 46
generazione di compositori, fra cui d’Indy, Chausson e Duparc. La sua attività creativa si sviluppò in modo più deciso solo nella piena maturità e per questo la fama come compositore fu tardiva, mentre già si era affermato come solista e professore d’organo al conservatorio di Parigi. Quando compose la grande Sinfonia in re minore Franck aveva già passato i sessantacinque anni e lo stesso vale per il Quartetto d’archi, scritto poco prima della morte nel 1890. Di pochi anni precedenti sono gli altri due capolavori cameristici il Quintetto per pianoforte e la Sonata per violino. La sonata per violino nasce come regalo di nozze per il violinista belga Eugène Ysaÿe, all’epoca poco più che trentenne, destinato a mantenere la Sonata di Franck in repertorio per quarant’anni, contribuendo alla sua diffusione e alla fama del suo autore. In verità gli abbozzi della sonata erano stati schizzati già molti anni prima, nel 1858, per una sonata promessa da Franck a Cosima Liszt, da poco sposata a Franz von Bülow e ancora lontana dal diventare la compagna di vita di Richard Wagner. Poco si sa del materiale che Franck aveva serbato di quella sonata mai composta e che trasferì nella sonata per Ysaÿe nel 1886. La sonata per violino propone uno dei migliori esempi di un principio base dell’attività compositiva di Franck, l’unitarietà tematica realizzata mediante la forma ciclica; si tratta di un principio che Franck aveva sintetizzato dall’analisi delle composizioni beethoveniane e soprattutto dall’ esperienza creativa di Franz Liszt e che caratterizza tutti i suoi principali lavori.
Entrata rapidamente nel repertorio dei più
acclamati solisti, la sonata ha goduto a lungo di una vasta popolarità e per sua stessa ammissione è stato uno dei brani che ha fornito a Marcel Proust
l’ispirazione
per
l’invenzione
della
“petite
phrase”
dall’immaginaria Sonata di Vinteuil, ripetutamente evocata nelle pagine della Recherche a partire dalle descrizione degli incontri con Odette nel salotto di Madame Verdurin. Il tema di apertura ci presenta subito il motivo dai tratti dolci e cullanti, quella “cellula generatrice”, così definita proprio dall’allievo d’Indy, che sarà l’elemento trainante dell’intera sonata. Da subito la tendenza alla modulazione e al repentino cambio di tonalità si avverte come preoccupazione primaria del compositore, abituato a costruire i suoi lavori con una mentalità da organista più che da pianista o sinfonista 47
puro. Accanto alla cellula tematica principale si ode anche un altro tema che emerge solo nell’accompagnamento e negli incisi pianistici. Il tempo originario era più lento ma fu lo stesso Ysaÿe a convincere Franck a mutarlo in Allegretto. Nel primo movimento il tema non conosce un vero sviluppo al punto da far sembrare l’intera sezione come una lunga introduzione all’Allegro successivo, costruito in forma sonata. La solida struttura tripartita di questo trascinante movimento vede librarsi un primo tema al pianoforte cui fa poi eco la ricomparsa la cellula generatrice del primo tempo. Quest’ultima, insieme al nuovo tema destinato a ricomparire nel finale, viene sviluppata con sorprendente originalità senza però incrinare l’articolazione della forma sonata. Con un deciso contrasto segue la forma più libera e ariosa del terzo movimento, improntato a un tratto d’improvvisazione di nuovo originato dalla cellula primigenia. Con un canone all’ottava si sviluppa il gioco imitativo fra violino e pianoforte che nel finale ripresenta il tema principale; la struttura del rondò viene sapientemente intrecciata con passaggi contrappuntistici e la ricapitolazione per frammenti del materiale tematico precedente, fino alla smagliante conclusione annunciata dai ripetuti trilli del violino.
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HOMMAGE A ČAJKOVSKIJ Figura di spicco della scena musicale russa di fine Ottocento, Anton Arenskij oggi viene ricordato quasi soltanto per alcune miniature pianistiche e vocali nonché per essere stato il maestro di un’intera generazione di compositori, da Skrjabin a Rachmaninov. Incoraggiato già giovanissimo nella composizione e negli studi da una famiglia di musicisti dilettanti, entrò al conservatorio di San Pietroburgo dove divenne uno dei migliori allievi di Rimskij-Korsakov. Dispiegò il suo talento in modo particolarmente originale sia in ambito cameristico che sinfonico; nel 1895 lasciò l’insegnamento per diventare Maestro di canto della cappella imperiale a San Pietroburgo ma gli ultimi anni di vita furono travagliati dall’alcolismo e da pulsioni autodistruttive, che probabilmente ne accelerarono la fine prematura per tubercolosi nel 1906 a soli quarantacinque anni. La composizione in programma s connette al tema dell’omaggio di un compositore verso un altro, che sia amico e coetaneo oppure un mentore molto rispettato. Nel caso del Quartetto op. 35 per violino, viola e due violoncelli composto nel 1894, la dedica è per Pëtr Il'ič Čajkovskij, cui Arenskij era legato sia da amicizia personale che da ammirazione e comunanza di visioni estetiche. L’originalità dell’organico, con la predominanza dei colori scuri determinata dalla presenza dei due violoncelli, è funzionale alla temperie sonora cui Arenskij intese fare riferimento, quella della secolare tradizione corale sacra della Russia, cui anche Čajkovskij non aveva mancato di interessarsi. Già il carattere del primo movimento è segnato dalla gravità del tema di una salmodia, che continua a affiorare anche durante il frastagliato sviluppo. Il secondo movimento è costruito su una serie di variazioni da Leggenda, una melodia di Čajkovskij contenuta nella raccolta delle Sedici canzoni infantili op. 54, il cui tema è esposto dal violino accompagnato dal pizzicato degli altri strumenti. Le variazioni spaziano dal tratto melancolico a quello giocoso con notevole raffinatezza di scrittura finché in conclusione riemerge il mesto tema del corale sacro. Nel terzo movimento ai modi della salmodia si sostituisce gradatamente una citazione diretta della melodia popolare “Gloria al sole” che compare sia nel Trio del Quartetto op.59 n2 (Secondo 49
Quartetto
Rasumowsky
)
di
Beethoven
che
nella
scena
dell’Incoronazione del Boris Godunov di Musorgskij e che sarà poi nuovamente impiegata da Rachmaninov in uno dei suoi Sei pezzi per pianoforte a quattro mani op.11. Segue poi un’animata sezione in fugato che corre verso la conclusione del quartetto. Del brano esiste una versione per l’organico più consueto con due violini, viola e violoncello, chiesta
esplicitamente
a
Arenskij
dall’editor
per
renderlo
più
commerciabile e anche una versione per orchestra d’archi di cui spesso si esegue il tema con variazioni come pezzo indipendente. “A Nizza ho saputo, dapprima da un telegramma di Jurgenson che Nikolaj Grirog’evic stava molto male. In seguito a comunicazioni telegrafiche con il Grand Hotel ho saputo che era ammalato senza speranza e poi che si era spento. Ho lasciato Nizza il giorno seguente. Il tragitto è stato per me un tormento nervoso infernale (…) Così scrive Pëtr Il'ič Čajkovskij all’amica, confidente e mecenate Nadezda von Meck nei giorni successivi alla morte del celebre pianista Nikolaj Rubinstein avvenuta a Parigi il 23 marzo 1881. Čajkovskij corse a Parigi per assistere ai funerali del grande pianista, direttore del Conservatorio di Mosca e fratello del celebre compositore Anton e rimase sconvolto alla visione del corpo dell’amico composto nella bara all’interno della chiesa russa della capitale francese. Anche se in passato aveva cancellato la dedica del suo concerto per pianoforte e orchestra a beneficio di Hans von Bülow, irritato dalle ripetute richieste di modifiche suggerite da Rubinstein, i due erano rimasti in buoni rapporti. Nel 1879 Rubinstein, più vecchio dell’amico di cinque anni, aveva perfino diretto a Mosca la prima assoluta dell’Evgenij Onegin. Nel gennaio 1882 Čajkovskij scriveva da Roma a Nadezda von Meck “Sapete cosa ho cominciato a scrivere? Vi stupirete molto. Ricordate quella volta che mi avevate consigliato di scrivere un Trio per pianoforte, violino e violoncello e la mia risposta in cui Vi manifestavo la mia aperta antipatia per questo insieme strumentale? Adesso improvvisamente, nonostante tutta questa avversione, ho pensato di cimentarmi in questo genere di musica che non ho ancora mai affrontato. […] Dedico questo trio a
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Nikolaj Gregor’evic. C’è un colorito lamentoso e funereo in esso! Il Trio op. 50 è un’opera appassionata, dall’architettura ampia e ambiziosa che richiede tre interpreti di impeccabile solidità tecnica. Peraltro sulla scorta del Trio di Čajkovskij anche Rachmanivov, lo stesso Arenskij e Šostakóvič dedicheranno a loro volta un trio alla memoria di compositori o amici. Il Trio in la minore sulla carta viene presentato come suddivido in due soli vasti movimenti, un Pezzo elegiaco e un Tema con variazioni. Tuttavia la durata e la complessità della dodicesima e ultima variazione e della coda finale del trio permetterebbero quasi di considerare il brano strutturato quasi in forma tripartita. Il Pezzo elegiaco è anche un saggio della formidabile inventiva melodica di Čajkovskij. Ben cinque temi si susseguono in una costruzione elaborata quanto fluida, in cui quasi ogni tema origina da una cellula motivica del precedente. Il lirico tema di apertura ritorna nella seconda parte del movimento prima che tutti i temi vengano ricapitolati e fusi alternativamente per giungere alla coda conclusiva. La linea semplice e composta della melodia popolare del secondo movimento viene sottoposta a una serie di eleganti variazioni affidate ora al violino, ora al violoncello o al pianoforte, curando bene che il tema originale risulti sempre riconoscibile. Colpisce l’espansione della quinta variazione in un trascinante valzer, replicato nella garbata sesta variazione, mentre nella settima il materiale assume una densità quasi sinfonica, sfociando in un fugato. Nella decima variazione compare anche una gioiosa mazurka finché il tema originale, ora mutato nell’accompagnamento, si riode nell’undicesima variazione. Considerata la durata pari a quella delle undici precedenti, la dodicesima variazione con coda finale fa storia a sé, con il violino e il violoncello sollecitati a turno a elaborare ulteriormente il materiale tematico, finché rifiorisce la prima melodia, esposta con enfasi dal violino e dal violoncello e infine trascolorata in un mesto commiato funebre che sfuma delicatamente in morendo.
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AFFRESCO ITALIANO Fra il secondo Ottocento e il primo Novecento mentre in Italia continua a evolversi il linguaggio maturo del melodramma correva sotterranea anche una vena creativa meno appariscente di musica strumentale, sinfonica e soprattutto cameristica. Stimolati dai modelli austro-tedeschi e poi francesi un nutrito numero di compositori si metteva alla ricerca di un linguaggio il più possibile nuovo e autonomo con cui contribuire alla ripresa di una tradizione che per primi i musicisti italiani avevano sviluppato e diffuso in Europa nel Seicento e Settecento. Nato a Capua nel 1856 Giuseppe Martucci è un esempio tipico di quei compositori che non si dedicarono tanto all’opera quanto alla musica sinfonica e strumentale oltre a profondere instancabile entusiasmo nelle iniziative volte a far conoscere nel nuovo regno il grande repertorio sinfonico e cameristico europeo. Pianista di eccellente livello, ammirato anche da Liszt, accostò l’attività concertistica a quella di direttore d’orchestra, con un repertorio che spaziava da Mozart a Wagner, e di docente ai conservatori di Napoli e Bologna, contando numerosi allievi di fama, fra cui Ottorino Respighi. La sonata op. 52 per violoncello e pianoforte venne scritta a Napoli nel 1880 e sembra il frutto della piena maturità di un artista pur appartenendo a un autore neppure venticinquenne. Martucci però si era già misurato con la forma della sonata per violino e pianoforte e aveva fatto propri con una sintesi felicemente originale i modelli d’oltralpe, particolarmente quelli di Schumann e soprattutto di Brahms, con cui condivide l’uso dell’ostica tonalità di fa diesis minore. Il primo movimento in schietta forma sonata si fa apprezzare più che per la piacevole invenzione melodica dei due temi a contrasto per l’ampia esposizione che include un’ulteriore sezione, quasi un terzo tema, seguita l’ancor più complesso sviluppo; sostenuto da una scrittura tesa verso modulazioni su tonalità lontane, lo sviluppo sfocia in un drammatico crescendo e corre poi verso la vivace coda. Il successivo Scherzo è tutto percorso da un’inesausta pulsazione ritmica, fitta di sincopi e ostinati, tipica dei brevi pezzi pianistici con cui Martucci si era 52
fatto apprezzare anche come formidabile concertista. Al centro un trio leggero e spigliato, la cui forma di barcarola propizia un dialogo disteso fra i due strumenti. Il breve intermezzo in forma di sarabanda è una miniatura strumentale che serve a separare lo scherzo dal vasto, trascinante finale. Caratterizzato dalla presenza di un primo tema più deciso, scandito dagli arpeggi del pianoforte e da un secondo più cantabile, l’Allegro finale si struttura in forma piuttosto convenzionale, con l’esposizione e il relativo sviluppo dei temi. Estremamente elaborata e ricca di contrasti è invece la coda conclusiva, in cui emerge anche una citazione della melodia del primo movimento, in un’originale ricerca di ciclicità della forma. Di dieci anni più giovane rispetto a Martucci, Ferruccio Busoni si fece presto un nome per le formidabili qualità di pianista e le doti di compositore. Personalità artistica originalissima, difficile da ascrivere a una temperie o scuola musica, Busoni riuscì a spaziare con risultati di estremo interesse negli ambiti più diversi, dall’opera alla letteratura, dalla direzione d’orchestra alla scrittura cameristica. Quando scrive la Kleine Suite nel 1885 Busoni vive a Vienna e nonostante non abbia neppure vent’anni ha già all’attivo una carriera pianistica eclatante, ha conosciuto già Liszt e Brahms e fra le sue composizioni figurano vari pezzi pianistici, un quartetto d’archi e una sonata per violino. Ispirata alle composizioni di J. S. Bach, una delle inestinguibili passioni di Busoni, la Suite fonde nei suoi cinque movimenti i modelli settecenteschi della scrittura strumentale con le esperienze armoniche tardoromantiche. L’idea della ‘piccola’ suite non si riferisce tanto alle dimensioni del brano quanto al tentativo di mantenere una certa semplicità di scrittura che comunque sottintende una spiccata difficoltà interpretativa. La suite è aperta da un Moderato energico che rivela senza dubbio le sue radici nell’ispirazione bachiana. Segue l’Andantino in cui la modernità di scrittura si piega a mimare un’eleganza settecentesca senza risultare manierata. I modi di un’antica danza tedesca innervano il Moderato con brio successivo che prelude al cuore del brano, il Sostenuto espressivo. Si tratta di una moderna rilettura di una sarabanda bachiana, di magnifico effetto per semplicità e equilibrio compositivo. Nel finale della 53
Suite il Moderato con brio sembra abbandonare i modi della tradizione settecentesca per approdare ai toni umbratili e dolcemente contrastati del romanticismo di Robert Schumann. Composta a otto anni dalla sonata di Martucci e a tre dalla suite di Busoni, la sonata di Francesco Cilea, allievo proprio dello stesso Martucci al Conservatorio di Napoli, tratteggia il diverso approccio formale alla scrittura strumentale di un autore le cui aspirazioni principali restarono sempre rivolte al melodramma. È la freschezza e la felicità dell’inventiva melodica del ventiduenne compositore calabrese a colpire sin dal primo movimento, un Allegro moderato in cui è rispettato con cura l’equilibrio fra i due strumenti: un primo tema più agitato e un secondo di maliosa cantabilità introdotti dal violoncello e poi ripresi e sviluppati in un affabile dialogo con il pianoforte.
Nel secondo
movimento Alla Romanza troviamo già distillato il languore dolente del canto che poi Cilea saprà conferire alle sue eroine operistiche: al violoncello è infatti affidata una lunga, sinuosa melodia di accesa espressività che si snoda sul cangiante accompagnamento pianistico con la libertà di un notturno. Nei tratti leggeri e gioiosamente disimpegnati del finale risaltano ancora una volta la naturalezza e la misura con cui viene condotto il dialogo fra i due strumenti, chiuso con rapinoso slancio dalla coda.
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TRA SMETANA E ŠOSTAKOVIČ Nella produzione quartettistica dei compositori slavi è possibile ravvisare una tendenza che da Bedřich Smetana a Leoš Janáček vede l’autore affidare alla pagina musicale alcuni tra i più intimi sentimenti legati alle vicende della propria vita privata. Le drammatiche conseguenze della perdita dell’udito non afflissero soltanto Beethoven ma anche Smetana, che nel 1874 dovette affrontare un progressivo declino
delle
sue
capacità
uditive.
Nonostante
avesse
solo
cinquant’anni fu costretto in poco tempo a abbandonare il suo posto di direttore principale al Teatro di Praga e ritirarsi in campagna con la figlia, continuando però a comporre. Il Primo quartetto nasce proprio in questo doloroso contesto in cui il compositore si rivolge alla musica da camera per tracciare una sorta di bilancio della propria vita.
Il
sottotitolo “Dalla mia vita” rivela infatti la puntuale correlazione del brano con le vicende personali che lo stesso compositore dettaglierà in una famosa lettera: “In merito allo stile del mio quartetto sono ben lieto di lasciare agli altri il giudizio, né mi adombrerò se non sarà apprezzato perché va spesso contro le convenzioni della musica per quartetto. Del resto non aveva alcuna intenzione di seguire alcuna formula o alcuna concezione usuale nel comporre questo quartetto. Ogni composizione per me si conforma al suo soggetto. Anche questo quartetto crea dunque la sua stessa forma: ho voluto illustrare con le note il corso della mia vita” La lettera continua poi fermandosi nel dettaglio di ciascun movimento. La passione giovanile per le arti è il soggetto dell’entusiastico tempo di apertura, aperto dall’assolo appassionato della viola, che ne caratterizza il colore anche quando la dinamica fra gli strumenti si infittisce, anche con il ripetersi di passaggi all’unisono. Le rielaborazioni del tema si stemperano poi in un passaggio in morendo ma la lunga nota che persiste nella conclusione sembra un amaro, disincantato motto con cui si Smetana allude alle prime avvisaglie della sua malattia. Il secondo movimento è una gioiosa polka che richiama ancora una volta la passione del giovane Smetana per la danza ma anche l’interesse per il folklore della madrepatria ceca. Dopo una parentesi più meditativa la danza riprende con il medesimo trascinante 55
slancio. Alle dense armonie del terzo movimento è affidato il ricordo dell’amore per Katarina Kolar, poi divenuta moglie del compositore. È una pagina di alta e commossa intensità lirica chiusa poi in un clima di quiete pacificata. Il quartetto è concluso dalla trionfale visione dell’orgoglio della nazione ceca e dell’impulso offerto dalla ricerca musicale dell’autore alla creazione di una vera consapevolezza nazionale. A passaggi di enfatico entusiasmo si alterna una sezione più meditativa, in un quadro animato da scarti e dissonanze in cui alle gioie del passato segue il rimpianto per la condizione presente. Il riemergere del motto iniziale interrompe bruscamente il percorso del movimento per condurlo verso la conclusione, reso con grande effetto con una progressiva scomparsa del suono. La particolarità del quartetto risiede nella capacità di Smetana di sperimentare una serie di formule molto personali pur restando all’interno del quadro composto di una pagina ispirata ai più alti modelli della civiltà strumentale viennese. “[…] Parliamo ora della mia partecipazione all’esecuzione di questo quintetto. Naturalmente a me farebbe molto piacere suonarlo con voi. Benché io non abbia mai partecipato a spettacoli pubblici con un simile ensemble penso di poter provare, tanto più che per ora la parte del pianoforte non è difficile e posso cavarmela. E così esibirmi con il Suo Quartetto sarebbe per me una gran gioia” Così scrive Dmítrij Šostakóvič il 6 agosto del 1940 a Vasilj Sirinskij, secondo violino del Quartetto Beethoven, per cui il compositore russo aveva iniziato a scrivere il suo Quintetto con pianoforte op 57. Šostakóvič portava avanti il suo lavoro in una Lenigrado ancora tranquilla, in cui si era dedicato a due opere di ampio respiro, la Sesta Sinfonia e la riorchestrazione del Boris Godunov di Musorgskij, trovando però anche il tempo per seguire le amatissime partite di calcio e dedicarsi infine a una nuova composizione cameristica. In quel clima ancora relativamente sereno, nonostante i crescenti problemi di approvvigionamento e le minacce di guerra, Šostakóvič si impegnava a completare il suo percorso di riabilitazione agli occhi del regime dopo il terribile periodo seguito all’attacco alla sua opera Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk. Il Quintetto venne presentato secondo i 56
desideri dell’autore da lui stesso insieme al Quartetto Beethoven al Conservatorio di Mosca nel settembre del 1940. Il lavoro fu un successo, Šostakóvič lo portò in tournée e fu deciso che meritasse il premio Stalin, comprensivo di centomila rubli di ricompensa economica, cifra molto cospicua per l’epoca. Il brano inoltre entrò presto nel repertorio dei maggiori quartetti sovietici e Šostakóvič lo eseguì ancora numerose volte dal vivo. Seguendo in modo personalissimo le proprie inclinazioni ma cercando ugualmente di adattarsi e interpretare gli umori della politica culturale sovietica, Šostakóvič sembra qui rifugiarsi in una costruzione musicale di lineare e asciutto gusto neoclassico, come risulta evidente già dai titoli dei movimenti, anche se in realtà l’intero lavoro è pervaso da una possente carica emotiva. È il pianoforte a aprire il Preludio del quintetto con un assolo basato su una breve cellula motivica di tre note che si ripresenterà durante tutto l’arco dell’opera. Il violoncello guida gli archi al loro primo ingresso con la ripresa del motivo iniziale, poi la scrittura si increspa e dà vita a un duetto fra viola e pianoforte che via via calamita tutti gli altri strumenti fino alla chiusura della sezione con la stessa solennità con cui si era aperta. Segue una lenta fuga a quattro voci il cui tema viene proposto prima dal primo violino, seguito in ordine dagli altri strumenti. Si tratta di un incontestabile omaggio bachiano ma il tema della fuga riecheggia un canto popolare russo. La fuga prosegue con l’inserimento del pianoforte e si restringe quindi a due soli voci, pianoforte e archi, per espandersi poi nuovamente alle quattro voci. Un tema sardonico del pianoforte sull’accompagnamento acido degli archi ci introduce allo scherzo. Al centro del movimento c’è un trio dalle forme di una danza popolare sghemba e distorta, introdotta dal violino e ripresa nel registro acuto del pianoforte. Sul pizzicato del violoncello si distende l’ininterrotto canto del violino che caratterizza l’Intermezzo, la sezione più introspettiva del quintetto; in breve si aggiungono gli altri archi e infine il pianoforte e la scrittura si addensa drammaticamente fino al riemerge del canto nostalgico del violino. Senza soluzione di continuità attacca il finale: si susseguono un primo tema esposto dal pianoforte ispirato alla cellula motivica iniziale e uno di sapore beethoveniano affidato agli archi, che in realtà sfrutta 57
una melodia all’epoca in voga nei circhi russi, utilizzata per introdurre i clown. Con un incedere vivace e pesantemente ritmato ma senza precipitazione il movimento procede a un’articolata ricapitolazione dei vari incisi tematici e si chiude sfumando in un’ultima sorridente svirgolatura nella tonalità di sol maggiore.
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SOUVENIR Nato in una cittadina al confine fra Moravia e Boemia, František Drdla (1868 -1944) è stato un violinista e un compositore ceco apprezzato ai suoi tempi per l’operetta e la musica di intrattenimento. La solida preparazione acquisita con gli studi a Praga e Vienna, dove ebbe come professore di teoria musicale Anton Bruckner, ne fecero un musicista completo: Drdla fu anche un ottimo interprete dei concerti di Brahms e Bruch, operò come direttore al Theater an der Wien e accanto a varie composizioni cameristiche va anche ricordato anche il suo pregevole concerto per violino. La sua fama è legata ai numerosi pezzi caratteristici per violino ispirati al folklore boemo e tzigano, estremamente popolari presso il pubblico viennese d’inizio Novecento. Sono testimoniate anche dal disco le esecuzioni di Hey, Hay!, Traumerai, Tarantella, Visione e Souvenir,
talvolta scelti come bis da solisti celebri come Kreisler,
Ormandy o Heifetz. Composto nel 1904, Souvenir è un brano in cui si combinano il gusto esotico della musica popolare boema e una scrittura suadente e spensierata, testimonianza del clima spensierato del Finis Austriae, destinato in breve tempo a svanire sotto i tragici fendenti della storia. Pochi compositori del XIX secolo si sono esercitati come Schubert sulla forma della Fantasia e probabilmente nessuno alla sua epica ha composto così tanto e così felicemente per pianoforte a quattro mani. La Fantasia in Fa min è stata composta da Schubert a pochi mesi della sua morte e nella sua struttura ricorda un'altra celebre fantasia schubertiana risalente al 1822, la Wannderer Fantasie. I due brani condividono un impianto in quattro sezioni concatenate e suonate senza soluzione di continuità, come si trattasse di un unico movimento. Per entrambe l'unitarietà del brano è rinsaldata dall'uso del principio di ciclicità, mediante il ritorno del materiale tematico iniziale nel movimento finale; entrambe sono poi organizzate con la medesima successione di movimenti, integrando una fuga nel finale. I due brani differiscono però profondamente per clima poetico e per caratteristiche tecniche, dal momento che nella Fantasia in Fa minore prevale un carattere più 59
sfumato, elegiaco e nostalgico, rispetto all'enfasi ardente e alla scrittura più aggressiva della Wanderer. Le linee delicate, di poetica riservatezza della Fantasia in fa min appaiono evidenti già dall'incertezza svagata del primo tema, un caleidoscopio di rifrazioni melodiche su cui si staglia l'incedere risoluto e pesante del secondo tema. Il gioco di sorprendenti sovrapposizioni e rimandi in eco costituisce all’interno del movimento la sezione di sviluppo. Pur con caratteri diversi lo stesso gioco di giustapposizioni e intrecci è replicato nel largo, aperto da una cascata di trilli, in cui su un primo segmento dalle movenze di antica ouverture alla francese si diffonde il canto ingenuo e sensuale di una melodia in puro stile italiano. L'allegro vivace è attraversato da una gioiosa frenesia danzante, con i due solisti che fraseggiano scambiandosi i ruoli e riecheggiando l'uno le frasi dell'altro, mentre un arpeggio dà l'avvio nel Trio a una fluttuante serie di modulazioni da maggiore a minore. Nell'Allegro molto moderato conclusivo ecco tornare il fremente, delicato tema dell'inizio. Quando il robusto passo del secondo tema incrocia il primo si sviluppa a sorpresa un vasto fugato dalla scrittura contrappuntistica serrata da cui emergono via via lacerti del tema iniziale. Nella cadenza conclusiva si stemperano gli ultimi bagliori dissonanti e con pochi accordi si giunge alla conclusione della Fantasia. In linea con il filo che lega tutti i brani del concerto, costruito intorno alle diverse accezioni del ricordo e della memoria in musica anche il compositore Fabio Massimo Capogrosso offre in prima assoluta la sua creazione per pianoforte a quattro mani "Souvenir da uni sguardo alla luna dal caleidoscopio". Scopriamo quindi come la valenza poetica dell'elemento del ricordo si articola nella pagina del compositore perugino nato nel 1984 e già premiato da numerose istituzioni italiane e statunitensi. Già artista in residenza alla Filarmonica Toscanini, Capogrosso si è anche distinto nella scrittura per la musica per lo schermo con la colonna sonora di Esterno Notte di Marco Bellocchio. Pëtr Il'ič Čajkovskij nutriva un amore profondo per l’Italia e visitò spesso Venezia, Roma e Firenze, restandone sempre incantato. Il compositore russo era stato a Firenze per la prima volta nel 1878 grazie al sostegno 60
economico della mecenate Nadezhda von Meck: nelle lettere che le indirizzò non mancano i racconti e le impressioni su monumenti, chiese e in generale sulla piacevolezza della vita nell’antica città granducale. Lo scambio epistolare non venne meno neppure quando i due si trovarono contemporaneamente a Firenze: nonostante risiedessero in due ville neppure troppo distanti fecero in modo di non venir meno al loro patto e non si incontrarono che una sola volta di sfuggita, del tutto casualmente. Čajkovskij tornò a soggiornare a Firenze per tre mesi all’inizio del 1890 e nella quiete fiorentina si dedicò alla stesura dell’opera la Dama di Picche, terminata poi a San Pietroburgo. Nelle pause del lavoro sull’opera riprese in mano un progetto a lungo lasciato da parte, un sestetto per archi. Nell’autunno del 1886 infatti la Società Musicale di San Pietroburgo aveva accolto Čajkovskij come membro onorario e gli aveva chiesto di comporre un pezzo celebrativo. Del sestetto per archi promesso il compositore però aveva solo schizzato qualche abbozzo, cui si decise a rimetter mano, passati vari anni, proprio a Firenze. Inaspettatamente Čajkovskij faticò non poco nel portare a termine il brano, come testimonia una lettera al pianista Alexander Siloti in cui il compositore lamentava la difficoltà di scrittura al punto che gli pareva quasi di dover “scrivere una trascrizione orchestrale per sei strumenti”. Nella felice ispirazione melodica, sicuramente stimolata dall’intenso lavoro sulla Dama di Picche, si intrecciano il fascino della melodia all’italiana con l’onnipresente memoria dei canti del folklore russo. Il Sestetto fu presentato a San Pietroburgo nel novembre 1891 alla presenza di vari amici fra cui Alexander Glazunov e Anatolij Liadov, che espressero qualche perplessità, specie sul movimento conclusivo. Caikovskij si rimise al lavoro e in una nuova esecuzione a San Pietroburgo, con il primo, il terzo movimento e il secondo tema del finale rimaneggiati, vide la luce la versione definitiva del sestetto. Il brano trabocca di slancio e gioia di vivere nonostante l’impiego della tonalità di re minore. Un'espressa indicazione del compositore chiede agli interpreti di suonare il primo movimento, aperto da un vigoroso accordo dissonante, " con fuoco e entusiasmo". Affidato al primo violino, il tema principale conferisce alla sezione inaugurale un marcato connotato romantico. Dopo l’ingresso del secondo tema e lo sviluppo si odono 61
chiaramente due brevi riferimenti alla Dama di Picche, l'opera su cui Čajkovskij stava lavorando in quei mesi. Nell' Adagio cantabile l'afflato lirico è innervato di una cantabilità di evidente gusto italiano: la calda melodia lirica enunciata dal violino viene elaborata al registro grave dalla viola e poi dal violoncello. La viola è nuovamente protagonista del terzo movimento in cui è il folklore popolare russo a riemergere con un motivo nostalgico presto ripreso dal secondo violino. A contrasto il trio, in forma di una vivace polka. Ancora un tema di sapore popolare serva a dare l'avvio nel finale a un ampio fugato che trascina il movimento alla luminosa conclusione. In più di un passaggio gli echi dell'esperienza brahmsiana si intrecciano con i modi di Rimsky Korsakov e con la grande lezione di Boccherini, ma l'equilibrio e le perfette proporzioni della scrittura
dei
quattro
movimenti,
unitamente
alla
freschezza
dell'ispirazione melodica fanno di Souvenir de Florence un perfetto esempio dell'unicità dello stile di Čajkovskij.
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AMICI DEL FESTIVAL Categoria Gold Fabio e Barbara Bacile di Castiglione
Categoria Silver Claudia Bacile di Castiglione e Benedetto Cavalieri Teresa Bacile di Castiglione Stefania e Francesco Ciardo Massimo e Maria Teresa de Cristofaro Antonio De Mitri Fernanda e Antonio Manca Giuseppe Mangia Mario Filippo Antonio Massa Paolo Mazzetti Gaito Francesco Negro NOTEINVIAGGIO – Viaggi di Musica e Cultura Cristoforo Ricci Paola Rodaro Maria Ruotolo Anna e Roberto Spedicato Franco e Anna Vizzi
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Masseria Le Stanzie - Supersano
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ORGANIZZAZIONE
DIRETTRICE ARTISTICA Beatrice Rana DIRETTORE GENERALE Paolo Petrocelli SEGRETARIA ARTISTICA Ludovica Rana UFFICIO STAMPA NAZIONALE Alessia Capelletti UFFICIO STAMPA REGIONALE Azzurra De Razza SOCIAL MEDIA MANAGER Rachele Di Paolo GRAFICA Polina Karpunina WEB MASTER Andrea De Ferraris SEGRETARIA DI PRODUZIONE Giulia Giancane
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PROGETTO DI
PARTNER ISTITUZIONALI
PARTNER
MEDIA PARTNER
PARTNER ACCADEMICI
COLLABORAZIONI
PARTNER TECNICI