Global Science 10/2016 - Spazio ai robot: l'Italia vola nel Sistema Solare

globalist

www.globalist.it

OTTOBRE 2016

SPAZIO AI ROBOT: L’ITALIA VOLA NEL SISTEMA SOLARE global science - 1

www.globalist.it

2- global science

www.globalist.it

di Nichi D’amico - presidente INAF @mediainaf

È la seconda volta che scrivo un editoriale per Global Science in occasione del Festival dell’Innovazione e della Scienza di Settimo Torinese e, se la prima volta fu un piacere, oggi ciò rappresenta un successo. Vuole dire infatti che Global Science ha superato il primo anno di vita e torna “cresciuto” a Settimo Torinese.

Lo scorso anno ci credevamo, ora sappiamo che una rivista gratuita dedicata alla scienza e ad un pubblico non di soli addetti ai lavori è un mezzo efficace per la diffusione della conoscenza scientifica. Voglio ringraziare l’Agenzia Spaziale italiana, per aver creduto nel progetto fin dall’inizio.

Questo numero si ricollega a quello diffuso ad aprile, interamente dedicato alla missione europea ExoMars, dedicata all’esplorazione robotica di Marte alla ricerca di tracce di vita. La missione è giunta proprio in questi giorni in vista dell’obiettivo e la comunità scientifica è in trepida attesa della discesa di un lander, Schiaparelli, sul pianeta rosso. L’INAF contribuisce in maniera determinante alla missione, con la responsabilità diretta di due dei principali strumenti scientifici: DREAMS, per la caratterizzazione dell’ambiente marziano, in dotazione a Schiaparelli, e MaMISS, lo spettrometro inserito nel sistema di carotaggio per lo studio del sottosuolo marziano, che partirà nel 2020 con la seconda fase della missione. L’INAF vanta inoltre la partecipazione in numerosi degli altri strumenti a bordo.

Quando leggerete queste righe Schiaparelli potrebbe già averci inviato dati direttamente dal suolo marziano. Un lander – un robot quindi – e non è il solo, tra quelli attualmente in missione nel Sistema solare, nella cui progettazione l’Italia gioca un ruolo di primo piano. Nelle altre missioni di cui parliamo in questo numero, Juno e Bepi Colombo, la robotica ha un ruolo fondamentale. E se l’astronauta del futuro sarà con molta probabilità un robot umanoide, i robot sono già protagonisti del presente della ricerca spaziale. Scopritelo insieme a noi in questo numero dove vi porteremo in volo con i robot italiani nel Sistema solare.

di Roberto Battiston - presidente ASI @Rb_Bat

Non facciamoci trarre in inganno. Nella corsa allo spazio, uomini e robot non sono in competizione.

Almeno per ora, ossia fino a quando l’intelligenza artificiale non sarà così sofisticata da decidere che questi organismi intelligenti, molto adattabili e estremamente emotivi, gli esseri umani, non siano diventati un intralcio alla definitiva GLI EDITORIALI presa del potere delle macchine. E quindi decideranno di eliminarci, come ci ha avvertito l’astrofisico Stephen Hawking insieme a tanti scrittori di fantascienza.

In realtà - semmai si ponesse il problema – si tratterebbe di una vicenda da lettino psicoanalitico visti i binomi in gioco: il rapporto padre-figlio tra il replicante Roy Batty e il suo creatore dottor Tyrrel in Blade Runner, degno di una tragedia di Eschilo; l’ambivalente dialettica conscio-inconscio tra Poole e Hal 9000 in 2001 Odissea nello Spazio; oppure la relazione tra Alien e il dottor Bishop, l’androide che deve far in modo che la specie perfetta - ossia un mostro (che è in noi) – non venga eliminata dagli altri membri dell’equipaggio.

Nella realtà dell’esplorazione, così come in tutte le attività pericolose, i robot sono le guide che aprono i sentieri spaziali che verranno poi percorsi dall’uomo.

Senza di loro non avremmo raggiunto i risultati di oggi. Tutte le sonde, i lander e i rover che ci hanno permesso di raffinare la nostra conoscenza dell’Universo hanno avuto livelli sempre più crescenti di autonomia, anche in ragione della distanza delle esplorazioni spaziali. Un’autonomia che crescerà.

Ma alla fine ricordiamoci che, una volta acquisita una ragionevole sicurezza operativa, la presenza dell’uomo (con la sua curiosità, la sua capacità di analisi e il suo ingegno) è insostituibile. Anche perché sono la passione e il sentimento che guidano la nostra avventura nello spazio.

ROBOT: PIANETA CHE VAI ITALIA CHE TROVI

“I robot sono oggi i protagonisti della ricerca spaziale”

global science - 3

S www.globalist.it

OMMARIO

N.04 - OTTOBRE 2016

3

“L’editoriale” DI NICOLÒ D’AMICO E ROBERTO BATTISTON

7

“Il festival sui robot che parla di noi” DI RICCARDO OLDANI

8-11

“ExoMars, un grande passo verso Marte” DI ELISA NICHELLI

13

“Juno svela il mistero delle aurore di Giove” DI REDAZIONE

14-15

“L’Italia alla scoperta di Giove con JIRAM” DI ELEONORA FERRONI

16-17

“Juno a nudo: gli strumenti scientifici a bordo” DI REDAZIONE

19

“Angioletta Coradini, la signora dei pianeti” DI FABRIZIO CAPACCIONI

20-21

“L’Italia nel Sistema solare” L’INFOGRAFICA DI DAVIDE COERO BORGA

22-23

“Lo Spazio Klondike del futuro” DI FRANCESCO REA

25

“L’ultimo giorno di Rosetta?”

DI FULVIA CROCI

Global Science Supplemento d’informazione sulla scienza Media INAF in collaborazione con Globalist e Agenzia Spaziale Italiana Reg. Tribunale Bologna n. 8150 dell’11.12.2010 4- global science

26

“Bepi, Mercurio ti attende” DI GIULIA BONELLI

direttore responsabile Marco Malaspina direttore scientifico Nichi D’Amico direttore editoriale Gianni Cipriani progetto grafico Paola Gaviraghi

grafica

Davide Coero Borga

coordinamento redazionale

Eleonora Ferroni redazione

Media INAF - Globalist - Asi TV web

media.inaf.it - globalist.it - asitv.it

www.globalist.it

global science - 5

www.globalist.it

Cosa non bisogna perdere Una settimana di laboratori, mostre, incontri, caffè scientifici, spettacoli e tanto altro.

15 ott.

17 ott.

19 ott.

20 ott.

Ore 18:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi Noi più liberi dei robot?

Con Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la Privacy e autore di “Liberi e connessi”, e Anna Masera, giornalista, modera Enrico Sola, giornalista e blogger.

Possiamo dirci ancora liberi nella società digitale?

Le nuove tecnologie, pur offrendoci straordinarie potenzialità, rischiano di imporre nuove schiavitù se non riusciamo a proteggere, con i nostri dati, noi stessi e la nostra libertà.

Ore 9:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi Juno: benvenuti su Giove Con Alberto Adriani, INAF, e Barbara Negri, ASI, modera Antonio Lo Campo, giornalista scientifico.

Come la mitica Giunone (Juno, appunto) fu in grado di scoprire i segreti del marito, dissipando la fitta coltre di nubi in cui il dio si celava, la missione Juno vuole svelare cosa si cela sotto la coltre di nubi che ricopre Giove aiutandoci a capirne origine ed evoluzione.

Ore 9:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi Una mano da supereroi Con Joel Gibbard, fondatore e CEO di Open Bionics, Bristol interviene Paolo Ariano, IIT. In tutto il mondo si contano circa 2 milioni di persone con una mano amputata, Open Bionics, una pluripremiata start-up inglese della robotica, ha sviluppato mani bioniche che, usando le più avanzate tecniche di stampa in 3D, possono essere alla portata economica di tutti.

Ore 9:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi La robotica per l’esplorazione spaziale Con Andrea Biggio e Pasquale Pellegrino, Thales Alenia Space Italia.

Un incontro per scoprire come i robot collaborano alle attività di ricerca e sviluppo nel campo spaziale.

6- global science

21 ott.

Ore 9:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi Il Bacio di Rosetta Con Francesca Aloisio, INAF, Elisa Nichelli, INAF e Mario Salatti, ASI, modera Davide Coero Borga, INAF.

Rosetta, la sonda ESA che il 30 settembre ha “baciato” il suolo della cometa 67/P, ci ha aiutato a capire meglio la composizione e il comportamento di questi oggetti celesti che hanno affascinato l’uomo fin dall’antichità.

Ore 11:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi Il Sole, una stella in laboratorio Con Massimo Ramella, INAFOsservatorio Astronomico di Trieste.

Per tutti, il Sole è la fonte di energia che sostiene la vita sulla Terra.

Per gli astrofisici, il Sole è una stella classificata di tipo G2V e quella su cui si basa il nostro modello di struttura di tutte le

stelle. Per i fisici, il meccanismo di produzione di energia del Sole offre una realistica speranza di avere a disposizione nei laboratori una fonte di energia pulita alternativa a quelle fossili.

Ore 16:30 Biblioteca Archimede, Caffè Scientifico Exomars: l’Italia è su Marte Con Barbara Negri, ASI, e Simone Silvestro, INAF, modera Francesco Rea. Marte rappresenta il futuro dell’esplorazione umana del nostro sistema solare: la missione europea ExoMars cercherà le tracce di elementi organici correlati alla vita per capire finalmente se ci sia

stata, o magari ci sia, vita su Marte.

22 ott.

Ore 18:00 Biblioteca Archimede, Sala Levi ExoMars: verso il pianeta rosso Con Roberto Battiston, presidente ASI, Nichi D’Amico, presidente INAF, modera Silvia Rosa-Brusin, giornalista RAI e conduttrice televisiva.

In seguito all’ammartaggio della sonda ExoMars, previsto per il 19 ottobre, il presidente dell’ASI Roberto Battiston e quello dell’INAF Nichi D’Amico racconteranno al pubblico questa ambiziosa sfida scientifica alla scoperta di Marte.

I

UN EVENTO APERTO A TUTTI

IL FESTIVAL SUI ROBOT CHE PARLA DI NOI di Riccardo Oldani @riccardoldani.

robot sono macchine straordinarie. Rispondono al sogno dell’uomo di realizzare un suo doppio meccanico. Un oggetto che non ricordi soltanto il nostro aspetto esteriore, ma che abbia anche la nostra manualità e che sia anche capace di pensare e di avere emozioni.

Dai primi simulacri artificiali dell’uomo, gli automi, lo sviluppo scientifico e tecnologico ci hanno portati, oggi, a un’epoca in cui i robot cominciano davvero ad assomigliarci. Non ci aiutano solo per svolgere lavori pesanti e ripetitivi, ma stanno entrando in moltissimi luoghi delle nostre vite quotidiane, per esplorare ambienti pericolosi, aiutare gli anziani o curare i malati; per disinnescare le bombe, per giocare con i bambini. I robot, proprio come gli uomini, hanno mille facce: possono essere buoni o cattivi, salvare vite o uccidere, fare le cose alla perfezione oppure fallire. I robot sono macchine, fatte dall’uomo per l’uomo. La loro intelligenza è un software, e non è ancora chiaro quanto potrà diventare creativa e autonoma. Mai come in questo momento, quindi, è importante capire che cosa queste macchine intelligenti possono fare e possono darci, ragionare su come dovremo progettarle e usarle, immaginare come cambieranno il prossimo mondo del lavoro.

Ed è a questi quesiti che intende fornire risposte l’edizione 2016 del Festival dell’Innovazione e della Scienza di Settimo Torinese, intitolata “Noi

“Hanno mille facce: possono essere buoni o cattivi, salvare vite o uccidere”

Robot”. Il programma che si dipana dal 15 al 23 ottobre, toccando non soltanto Settimo ma molti comuni del torinese, coinvolge ricercatori, esperti, divulgatori, chiamati per raccontare le loro esperienze con i robot. Perché in realtà, per realizzare macchine che sappiano fare davvero le cose che facciamo noi, dobbiamo prima imparare a conoscere noi stessi. Gli scienziati della robotica fanno proprio questo: studiano la natura, e noi nella natura, per capire come progettare le loro macchine. Davvero il robot, il nostro doppio meccanico, è capace di dirci molte cose di noi stessi. È il nostro specchio con la nostra anima.

Chi verrà a cercarlo, qui a Settimo, resterà sorpreso nello scoprire anche tante cose sull’uomo. globalist scienza - 7

S www.globalist.it

ono passati alcuni mesi dall’uscita nelle sale di “The Martian”, il lungometraggio che vede Matt Damon sopravvivere su Marte coltivando patate e riesumando rover del secolo scorso, quando l’Agenzia Spaziale Europea, in collaborazione con Roscosmos, lancia dal cosmodromo di Baikonur la prima delle due missioni ExoMars.

La ricerca di vita su Marte passa dalla fantascienza alla realtà.

Il 14 marzo scorso, alle 10:30 ora italiana, ExoMars 2016 inizia il proprio viaggio verso il pianeta rosso. A bordo della prima delle due missioni spaziali di cui è composto il progetto ExoMars ci sono un veicolo spaziale che rimarrà in orbita attorno a Marte, chiamato Trace Gas Orbiter (TGO), e il lander Schiaparelli, che scenderà sulla superficie del pianeta a 21 mila chilometri orari portando con sé un insieme di strumenti scientifici che opereranno durante la discesa e una volta a terra. I due eventi cruciali avverranno proprio durante il Festival: la separazione è in programma per domenica 16 ottobre e la discesa mercoledì 19.

Il lander è stato intitolato all’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, che nell’Ottocento ha realizzato le prime mappe dettagliate di Marte, individuando strutture sulla sua superficie simili a canali. Le osservazioni di Schiaparelli innescarono all’epoca le fantasie più sfrenate sulla presenza di civiltà aliene sul pianeta. Da allora la nostra curiosità nei confronti del pianeta rosso non si è mai sopita, come dimostrato

IL PIANETA ROSSO È SEMPRE PIÙ VICINO

EXOMARS, UN GRANDE PASSO VERSO MARTE di Elisa Nichelli @lalalelisa

Impara Marte e mettilo da parte Marte è senza dubbio uno degli obiettivi più ambiziosi per la conquista spaziale. È quasi impossibile elencare tutte le speculazioni scientifiche o gli innumerevoli guizzi di immaginazione letteraria 8- global science

ispirati dal pianeta che, per vicinanza e condizioni fisiche si candida ad essere la nostra naturale seconda casa.

Fin dagli albori dell’era spaziale le grandi potenze in gioco si sono impegnate al massimo nello studio del pianeta rosso e di ciò che accade sulla sua superficie,

arrivando a lanciare, ad oggi, oltre quaranta missioni dedicate a questo scopo.

I primi tentativi di conoscere più da vicino Marte hanno riguardato sonde che si sono avvicinate al pianeta con brevi sorvoli, e solo in seguito sono arrivati i primi orbiter, ovvero missioni orbitanti,

www.globalist.it

Schiaparelli si separa della sonda ExoMars e si prepara alla discesa su Marte.

Crediti: NASA/ESA/ D. Coero Borga.

“La ricerca di vita su Marte passa dalla fantascienza alla realtà”

21mila

I chilometri orari raggiunti da Schiaparelli durante la discesa su Marte.

che con strumenti sempre più sofisticati hanno caratterizzato e mappato il pianeta con precisione crescente.

I progetti di discesa nell’atmosfera marziana sono stati sviluppati per la prima volta con successo dall’Unione Sovietica, che negli anni ‘60 e ‘70 ha portato

una serie di sonde grazie alle quali è stato possibile condurre test di atterraggio e raccogliere una prima manciata di dati.

Tuttavia, per avere una prima missione con lander perfettamente funzionante dobbiamo aspettare il 1976, quando la NASA ha portato su Marte il Viking 1.

dalla ricca produzione letteraria, fumettistica e cinematografica incentrata sulla possibilità di colonizzare o scoprire forme di vita su Marte.

In questo contesto si inserisce il progetto ExoMars, che ha come obiettivo scientifico principale proprio la ricerca di vita su Marte. Per ottenere dati che indichino segnali di vita, presente o passata, il TGO analizzerà i gas presenti nell’atmosfera del pianeta rimanendo lungo un’orbita circolare a circa 400 km dalla superficie. Schiaparelli, invece, si è separato dall’orbiter qualche giorno prima dell’inserimento in orbita ed è sceso sul pianeta, dove potrà effettuare studi dettagliati del comportamento dell’atmosfera durante il periodo delle tempeste di polvere.

Oltre ai preziosi studi a terra, Schiaparelli sarà utile per testare la tecnologia di propulsione che gli permetterà, insieme all’attrito atmosferico e a un sistema di paracaduti, di rallentare durante la discesa e raggiungere la superficie in sicurezza. Sulla base dei dati raccolti da TGO e Schiaparelli, gli scienziati sceglieranno il sito di atterraggio per ExoMars 2020, un rover che sarà in grado di spostarsi sulla superficie in autonomia e si occuperà di analisi geologiche e biochimiche.

Una volta su Marte, Schiaparelli metterà in funzione DREAMS, la prima stazione meteorologica costruita ad hoc per lo studio dell’atmosfera marziana. Il sito scelto per l’atterraggio si chiama Meridiani Planum, ed è una pianura dove è stata rilevata la presenza di ematite, un ossido di ferro che si forma in genere in ambiente umido. DREAMS opererà in tutto per un massimo di 6-8 giorni marziani (chiamati an-

Con ExoMars 2016 e 2020 l’Agenzia Spaziale Europea diventa la seconda potenza mondiale ad atterrare su Marte e a condurre studi dettagliati sulla sua superficie.

global science globalist scienza - 9

che Sol). La limitazione dell’operatività è dovuta soprattutto alla mancanza di spazio sul modulo per ulteriori batterie interne, ma la durata di vita prevista sarà sufficiente per raccogliere le misure necessarie.

Fino a poco tempo fa avevamo informazioni limitate circa le attività atmosferiche presenti su Marte. I lander scesi sulla sua superficie avevano effettuato poche misurazioni in questo senso, e l’atmosfera estremamente rare-

fatta del pianeta ci aveva indotto a pensare che fosse impossibile generare venti particolarmente intensi. Ultimamente, però, grazie a una serie di misure ad alta risoluzione realizzate soprattutto dall’esperimento HiRISE (High Resolution Imaging Science Experiment) a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA abbiamo scoperto che l’atmosfera marziana è in grado di spostare la sabbia delle dune generando venti analoghi a quelli osservati a Terra.

Oggi sappiamo che la polvere si trova ovunque su Marte, e che 10- global science

“Schiaparelli ospita DREAMS, la stazione meteorologica costruita ad hoc per l’atmosfera marziana”

8

I sol (giorni marziani) durante i quali gli strumenti di DREAMS raccoglieranno dati.

4

Gli strumenti che permetteranno al Trace Gas Orbiter di studiare i gas atmosferici di Marte.

sebbene l’atmosfera sia molto più rarefatta, i venti sono in grado di sollevare le particelle o i grani di piccole dimensioni e di trasportarli anche per chilometri lungo la superficie del pianeta. Le tempeste di sabbia sono numerose e intense, e hanno luogo in determinati periodi dell’anno marziano. Per studiarle al meglio, è stata pianificata la missione in maniera che Schiaparelli operasse durante una stagione caratterizzata da venti forti. Con le misure raccolte da TGO e DREAMS saremo in grado di quantificare i potenziali rischi a cui saranno sottoposti at-

“Tra i bambini e gli adolescenti di oggi ci sono i componenti del primo equipaggio marziano”

trezzature ed equipaggi nel corso di eventuali missioni umane.

Quali sono dunque, concretamente, i prossimi passi di avvicinamento e conquista dei territori marziani? Innanzitutto dobbiamo imparare a gestire missioni di andata e ritorno, e per fare questo occorre testare le condizioni di sopravvivenza del corpo umano a viaggi prolungati nello spazio. A questo scopo è stato condotto, ad esempio, l’esperimento a lunga permanenza sulla Stazione Spaziale Internazionale, che ha visto gli astronauti Scott Kelly e Mikhail Kornienko impegnati in una missione della durata di un anno. Entrambi gli astronauti, in seguito al loro rientro, stanno effettuando esperimenti e analisi per monitorare le loro condizioni fisiche.

In secondo luogo sarà necessario sviluppare le tecnologie necessarie alla sopravvivenza umana su Marte: da nuove tute a moduli abitabili,

Ammartare, sì ma dove Come vengono selezionati i siti di sbarco su Marte? Quando furono inviate le prime missioni non avevamo ancora mappe accurate della superficie marziana, quindi il team Viking decise di raccogliere immagini ponendosi inizialmente in orbita attorno al pianeta per poi indirizzare il lander sulla porzione di terreno ottimale.

Da allora sono numerosi i veicoli spaziali che hanno permesso di mappare Marte in grande dettaglio, dunque la scelta dei siti si è potuta indirizzare verso luoghi scientificamente più interessanti, come crateri o letti di fiumi. Tuttavia, al momento abbiamo portato le nostre sonde sempre a basse latitudini, e gran parte del pianeta risulta ancora inesplorata.

Schiaparelli, il lander che va a pile Quasi tutti i lander e i rover portati su Marte, a partire da Pathfinder nel 1997, sono alimentati da pannelli solari. Il successo delle missioni superficiali alimentate da energia solare dipende dalla disponibilità di luce sulla superficie marziana, che sperimenta stagioni e periodi di illuminazione simili alla Terra.

Da questo punto di vista Schiaparelli è un caso particolare, perché è alimentato solo da batterie non ricaricabili, quindi la sua attività è limitata a pochi giorni marziani.

Questa scelta è dovuta al fatto che il suo obiettivo primario riguarda la dimostrazione di buon funzionamento delle tecnologie di ingresso, discesa e atterraggio.

Marte. Meridiani Planum. È il sito scelto per l’ammartaggio dell’EDM (Entry and Descent demostrator Module) Schiaparelli.

da impianti per la produzione di energia e di cibo a sistemi di comunicazione in grado di mantenerci in contatto con la Terra anche quando le posizioni reciproche di Sole, Terra e Marte lo impediscono.

Nel frattempo continueremo a studiare la superficie di Marte, anche e soprattutto grazie alla missione ExoMars, che si completerà nel 2021 con l’arrivo del rover. Grazie a questo complesso e ambizioso programma spaziale saremo in grado di ottenere informazioni preziose circa la possibilità di sostenere la vita, almeno come noi la conosciamo, sul pianeta che ci è più familiare e che intriga generazioni di appassionati.

Se tutto va come previsto, l’atterraggio dei primi uomini su Marte potrebbe avere luogo negli anni ‘30 di questo secolo. È molto probabile, quindi, che tra i bambini e gli adolescenti di oggi ci siano i componenti del primo equipaggio marziano.

globalist scienza - 11

www.globalist.it

12- global science

www.globalist.it

B

NOVITÀ DAL GIGANTE DEL SISTEMA SOLARE

JUNO SVELA IL MISTERO DELLE AURORE DI GIOVE di Redazione @mediainaf

envenuti su Giove, il pianeta più grande del Sistema solare, nonché uno dei corpi più misteriosi del nostro vicinato. Anche se diverse sonde (come Galileo, Pioneer 10, Pioneer 11, Voyager 1, Voyager 2, Ulysses, Cassini e New Horizons, alcune solo di passaggio) si sono presentate al cospetto del gigante gassoso, c’è ancora molto che non sappiamo. Che cosa c’è sotto quei vortici di nuvole e cosa alimenta esattamente il suo campo magnetico?

Ci penserà la sonda della NASA Juno (JUpiter Near-polar Orbiter) a svelare i misteri di Giove. La navicella è arrivata nell’orbita del quinto pianeta del Sistema solare, lontano dalla Terra 588 milioni di chilometri, lo scorso 4 luglio, dopo un viaggio lungo quasi cinque anni (è stata lanciata il 5 agosto del 2011 dalla base militare di Cape Canaveral, in Florida) e lo ha incontrato da vicino (con il flyby) negli ultimi giorni dello scorso agosto. Lo scopo della sonda Juno è quello di svelare cosa si cela sotto la coltre di nubi che ricopre il pianeta più grande del nostro Sistema solare, aiutandoci a capirne origine ed evoluzione.

Possiamo stilare un primo bilancio della missione. Juno ha cominciato a sondare la magnetosfera del pianeta e tutti gli strumenti si sono attivati per raccogliere i primi dati sulle aurore, sull’atmosfera e sul campo gravitazionale gioviano. La palla adesso passa ai diversi team di ricercatori che si occupano della strumentazione a bordo della sonda, che stanno elaborando i primi risultati che saranno pubblicati presto. A inizio settembre, infatti, sono arrivate le prime significative immagini da Juno, ottenute grazie ad uno dei due fondamentali strumenti italiani a bordo della sonda statunitense: JIRAM (il Jovian InfraRed Auroral Mapper), progettato per studiare la dinamica e la chimica delle aurore gioviane nel vicino infrarosso. Volteggiando ad un velocità di oltre 200 mila chilometri orari, la sonda ha puntato il suo set di strumenti scientifici ed ha

“Ecco in tutto il suo splendore l’aurora australe, non visibile da Terra”

iniziato a raccogliere preziose informazioni.

«Noi abbiamo avuto l’opportunità di attivare JIRAM alla fine di agosto per circa 75 ore durante il primo passaggio ravvicinato del pianeta», ha spiegato Alberto Adriani, principal investigator dello strumento nonché ricercatore presso l’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’INAF (Istituto di Astrofisica) di Roma. Ha aggiunto che «JIRAM ha potuto fornire una quasi totale copertura del pianeta realizzando mappe delle aurore e dell’emissione termica del pianeta. È stata osservata per la prima volta in assoluto l’aurora australe di Giove la cui struttura non è visibile da terra a causa della sua collocazione geografica sul pianeta stesso».

global science - 13

L’ www.globalist.it

Italia ha un ruolo determinante nella missione Juno, la sonda della NASA che vuole svelare cosa si cela sotto la coltre di nubi che ricopre Giove aiutandoci a capirne origine ed evoluzione, come Giunone fu in grado di scoprire i segreti del marito, dissipando la fitta coltre di nubi in cui il dio si celava. Per saperne qualcosa di più, abbiamo intervistato Alberto Adriani, ricercatore presso l’INAF-Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) di Roma, nonché responsabile di JIRAM. Perché è così importante questa missione? Che cosa ha di speciale?

«La missione Juno si prefigge di fare uno studio il più estensivo e completo possibile del pianeta Giove e delle sue caratteristiche peculiari a partire dal suo interno fino alla potente magnetosfera che lo avvolge. Gli obiettivi della missione sono raggiungibili attraverso un piano diverso da tutte le missioni che l’hanno preceduta su Giove».

LO STRUMENTO A BORDO DI JUNO

L’ITALIA ALLA SCOPERTA DI GIOVE CON JIRAM

Quali sono i principali obiettivi scientifici della missione?

«A differenza delle altre sonde, Juno ha un’orbita polare che, combinata con la rotazione del pianeta, permette una mappatura completa della magnetosfera dell’atmosfera e del suo interno. Il fine ultimo, che è alla base di tutti gli obiettivi strategici di ogni singolo strumento, è quello di poter dedurre indicazioni sulla formazione del pianeta e dell’evoluzione sua e conseguentemente anche del nostro Sistema solare».

Juno è una missione su cui la NASA ha puntato molto, ma che ruolo ha l’Italia?

«Il contributo italiano alla missione è significativo con due strumenti scientifici: JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) per lo studio delle 14- global science

di Eleonora Ferroni @ele_ferroni

aurore e dell’atmosfera (realizzato da Leonardo Finmeccanica) e il KaT (Ka band Transponder) per lo studio del campo gravitazionale (realizzato da Thales Alenia Space Italia). Anche gli “Star Tracker” che la sonda utilizza per la navigazione spaziale e il monitor del campo di radiazioni sono di fabbricazione italiana (realizzati anch’essi da Leonardo Finmeccanica). JIRAM è una macchina fotografica nell’infrarosso e allo stesso tempo anche uno spettrometro. Viene da una famiglia di strumenti per la quale l’Italia può vantare un elevato livello di eccellenza nel mondo,

tutti montati su diverse missioni della NASA e dell’ESA. JIRAM è particolare perché lavorare attorno a Giove è una sfida abbastanza considerevole. L’ambiente gioviano è carico di particelle molto energetiche che possono essere letali per lo strumento, che quindi è stato concepito con caratteristiche dav-

www.globalist.it

vero uniche. Un’ulteriore difficoltà per JIRAM è quella di volare su un satellite “spinnato”, cioè che gira su stesso: ci troviamo su campi energetici abbastanza potenti per cui la sonda stessa potrebbe perdere l’orientamento per qualche momento e farla girare su se stessa consente di mantenere la posizione. Un’altra sfida fondamentale è quella di avere uno strumento che si raffreddi in modo passivo. Tutte queste caratteristiche rendono JIRAM unico nel suo genere».

Galileo, Pioneer 10 e 11, Voyager 1 e 2, Ulysses. Cos’ha di diverso

ndr) che fu lanciato nell’atmosfera del pianeta per misurare le caratteristiche in loco. Juno è equipaggiata con strumentazione per misure locali come quelle magnetosferiche e strumenti di “remote sensing” per lo studio dell’atmosfera e delle aurore».

Giove, visto da Cassini-Huygens nel 2001.

Crediti: NASA/JPL/ Kinetikon Pictures.

la sonda JUNO dalle altre sonde gioviane?

«A parte Galileo, nessuna delle missioni elencate è stata dedicata allo studio estensivo del pianeta. Juno ha un profilo di missione completamente diverso da quello di Galileo, che invece era anche dotata di un probe (una sonda atmosferica,

Anche se molte sonde - appunto sono arrivate su Giove, è ancora un pianeta piuttosto misterioso.

Cosa ci resta da scoprire?

«L’esplorazione del pianeta va avanti, molte cose sono da capire e molti quesiti sono ancora aperti. In futuro l’attenzione si sposterà sui satelliti Gioviani. La Nasa sta pensando ad una missione verso la luna Europa e l’ESA sta lavorando alla missione JUICE che però si occuperà di Giove solo marginalmente essendo nei suoi obiettivi principalmente i satelliti Europa e Ganimede».

globalist global science scienza - 15

www.globalist.it

Jovian Auroral Distributions Experiment (JADE) Microwave Radiometer (MWR)

Jupiter Energetic-particle Detector Instrument (JEDI)

Magnetometer

Gravity Science

Dimensioni della sonda: 20m diametro / 4,5m altezza

Juno a nudo Gli strumenti scientifici a bordo della sonda NASA.

8- global 16globalscience science

MWR sonderà la profonda atmosfera. JIRAM sonderà gli strati superiori dell’atmosfera fino ad una pressione tra 5 e 7 bar. FGM mapperà il campo magnetico determinando anche la

www.globalist.it

JunoCam Ultraviolet Spectrograph (UVS) Plasma Waves Instrument (WAVES)

Jovian Infrared Auroral Mapper (JIRAM)

struttura 3D della magnetosfera polare.

ASC consentirà l’orientamento della sonda in base a complesse osservazioni stellari. JADE studierà la struttura del plasma intorno alle aurore. JEDI

misurerà l’energia e la distribuzione angolare dell’idrogeno, l’elio, l’ossigeno, lo zolfo. WAVES identificherà le correnti aurorali. UVS registrerà la lunghezza d’onda e il tempo di arrivo

dei fotoni ultravioletti. GSE studierà la struttura interna di Giove e il campo gravitazionale. JCM è una fotocamera/ telescopio a scopo divulgativo. globalscienza science- -17 9 globalist

www.globalist.it

GENOVA PALAZZO DELLA BORSA 27.10 - 6.11.2016 INGRESSO LIBERO

Shared Sky SOTTO LO STESSO CIELO

18- global science

www.globalist.it

«

Ma che mi avete presa a cottimo?», diceva scherzando ogni tanto Angioletta, con una di quelle espressioni romanesche che usava spesso quando sentiva che noi colleghi stavamo approfittando della sua disponibilità e capacità lavorativa.

In realtà non si pentiva mai di aver accettato nuovi progetti e nuovi impegni, anche se le costavano altre ore di lavoro. E se c’era una nuova ricerca che stimolava il suo interesse scientifico o riteneva rappresentasse un’opportunità per la comunità di scienze planetarie, aveva la straordinaria capacità di coinvolgere colleghi, infondendo entusiasmo, determinazione e competenza scientifica. In altre parole un’eccezionale leader.

Ho conosciuto Angioletta Coradini quando sono arrivato nel Reparto di Planetologia per svolgere la mia tesi.

Ero piuttosto intimorito dalla sua personalità, io semplice “sperimentale” mentre lei investigava con successo nientemeno che l’origine del Sistema solare. Un timore reverenziale che è continuato fino al ritorno da due anni di borsa di studio presso l’Università del Kent quando cominciai a collaborare con Angioletta e ricevetti da lei un esplicito apprezzamento del lavoro svolto. Le sue congratulazioni sono state per me, giovane ricercatore precario, un premio inaspettato e gratificante oltremisura.

Il sentimento che più rappresenta Angioletta credo sia la passione, che lei metteva in tutto ciò che la stimolava. La passione che lei trasformava in energia positiva e che le dava la certezza di poter realizzare i propri sogni.

Una passione, però, che non era mai ambizione personale perché Angioletta era dotata di grande solidarietà umana che la rendeva sempre emotivamente coinvolta.

Angioletta aveva sempre un punto di vista non convenzionale su tanti temi e a volte ciò causava incomprensioni tra di noi. Le nostre animate e a volte estenuanti discussioni erano famose e spesso echeggiavano per i lunghi corridoi del nostro Istituto. Ma Angioletta sapeva cosa era importante e aveva uno spiccato senso dell’umorismo che la aiutava a vedere le cose nella giusta prospettiva, per cui era sempre disposta il giorno dopo a ridere delle incomprensioni di qualche ora prima. Inutile dire che la maggior parte delle volte aveva ragione lei.

Angioletta ha avuto il coraggio e la lungimiranza, agli inizi degli anni ’80, di capire che il futuro della planetologia in Italia era nello Spazio. Lei, che era una fisica teorica, si è gettata con grande umiltà ed entusiasmo nel mondo dell’esplorazione spaziale. Gli spettrometri italiani a bordo delle missioni

IL RITRATTO

ANGIOLETTA CORADINI, LA SIGNORA DEI PIANETI di Fabrizio Capaccioni, direttore INAF-IAPS Roma

“Angioletta ha avuto il coraggio di capire che il futuro per la planetologia era nello Spazio”

Cassini, Rosetta, Dawn, Juno, ed ExoMars 2020 (quest’ultima un’idea pazzesca se ci pensate un momento: fare l’analisi mineralogica e stratigrafica all’interno del buco lasciato da un trapano mettendo lo spettrometro proprio all’interno della punta del trapano) sono tutti stati ideati e realizzati con lei nel ruolo di responsabile scientifico. Ed è una vera ingiustizia che lei non abbia potuto godere appieno delle straordinarie scoperte che quegli strumenti hanno prodotto nel corso di questi ultimi anni.

globalscienza science- -19 1 globalist

www.globalist.it

Comete

Grazie a Rosetta e al lander Philae, abbiamo raggiunto e “toccato” per la prima volta la superficie di una cometa: la 67P/ChuryumovGerasimenko.

Sole

Marte

Sono cinque le sonde in orbita attorno al Pianeta Rosso. Ma fra rover, lander, strumenti e carcasse HiTech, l’invasione pacifica di tecnologia umana sulle lande marziane racconta una storia lunga 50 anni. L’Italia è presente con Mars Express, MRO ed ExoMars, che è appena arrivato!

È la nostra stella. Per questo è fondamentale studiarla da vicino, conoscerne il comportamento, lo spazio a essa immediatamente circostante.

L’Italia è in prima linea con Solar Orbiter, CLUSTER e SOHO. Nel futuro potrebbe arrivare THOR, uno strumento chiave per misurare le proprietà fisiche del plasma.

Venere

Per otto anni è stata il nostro avamposto remoto nel cielo venusiano. Dal 2006 al 2014 la sonda ESA Venus Express ci ha raccontato un pianeta prima quasi sconosciuto.

Mercurio

ESA e JAXA stanno per fare il grande passo verso il primo pianeta del Sistema solare. La missione BepiColombo partirà nel 2018 dalla base europea di Kourou e dovrebbe raggiungere l’orbita di Mercurio esattamente sette anni dopo.

20--global 20 globalscience science

Terra

La Stazione Spaziale Internazionale è il nostro avamposto umano nello spazio, un laboratorio scientifico a gravità zero, in orbita attorno alla Terra a una quota di 400 chilometri di altezza. E c’è spazio anche per il più ambizioso programma di monitoraggio mai realizzato dall’Italia per la prevenzione dei disastri ambientali, per lo studio della superficie terrestre e per la sicurezza: la costellazione COSMO SkyMed.

www.globalist.it

Saturno

Lanciata nel 1997 ed entrata in orbita attorno a Saturno il primo luglio 2004, la missione robotica Cassini-Huygens sta studiando il pianeta e i suoi satelliti. La sonda consiste di due elementi: l’orbiter Cassini e la sonda Huygens, che nel gennaio 2005 è atterrata sulla luna Titano.

Asteroidi

Grazie alla sonda DAWN, l’Italia ha partecipato alla prima missione ad aver infilato l’orbita di due obiettivi distinti: gli asteroidi Vesta e Cerere.

TUTTE LE MISSIONI IN INFOGRAFICA

Giove

Ne parliamo approfonditamente in questo numero di Global Science: sul gigante del Sistema solare oggi c’è Juno, la sonda robotica che, dopo un viaggio di 793 milioni di chilometri, galleggia ad altissima velocità sopra la spessa atmosfera di Giove a quota cinquemila chilometri. Nel futuro c’è JUICE, che verrà lanciata nel 2022.

L’ITALIA NEL SISTEMA SOLARE di Davide Coero Borga @dcoeroborga

global science globalist scienza - 21

O www.globalist.it

gni dollaro investito nello spazio ha un ritorno dieci volte superiore. Così affermava il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, annunciando la corsa alla conquista della Luna.

I ritorni economici dalla politica spaziale e dalla scienza in generale ci sono sempre stati, a dire il vero, anche se difficilmente compresi dal grande pubblico. È noto che cellulari e telecomunicazioni satellitari oggi non esisterebbero senza la conquista dello spazio, ma anche il meteo con cui ci confrontiamo giornalmente, o materiali come il goretex e il velcro. C’è molto di più, ovviamente: c’è molta medicina, monitoraggio del clima, farmacologia, oltre a tanta tecnologia. Ancora un paio di esempi per capirsi meglio: dall’esigenza degli astronomi di memorizzare il maggior numero di immagini possibili per poi analizzarne il contenuto con accuratezza, sono nate le immagini digitali che hanno cambiato il nostro concetto di fotografia. Oppure possiamo citare l’analizzatore di polveri sottili prodotte dall’inquinamento nella nostra atmosfera cittadina, che in realtà altro non è che una ricaduta dell’analisi del pulviscolo di una coda cometaria.

Ma è anche vero che fino a pochi anni fa, l’economia spaziale è stata considerata un derivato indiretto, non sempre percepito come tale. Oggi invece siamo di fronte a un nuovo processo, un nuovo fenomeno: la Space Economy. Ovvero lo spazio visto come un settore di investimento diretto, un ambito nel quale cimentarsi per fare affari, un settore molto promettente per chi guarda all’economia del futuro.

ASTEROIDI MINIERE E APP TECNOLOGICHE

LO SPAZIO KLONDIKE DEL FUTURO di Francesco Rea @francescorea

Il sogno marziano di Elon Musk Ha un sogno nel cassetto, ma non ditegli che può restare tale.

Lo scorso settembre, in una sala gremita in ogni ordine di posti, occupati tra gli altri dai capi delle principali agenzie spaziali al mondo, di fronte a 2500 22--global 22 globalscience science

persone e in diretta streaming sul proprio sito, il patron di SpaceX ha spiegato in che modo porterà l’uomo su Marte, come colonizzerà il pianeta rosso e quando lo farà.

Non c’è niente di quello che ha illustrato che non sia razionale scientificamente,

tecnologicamente e ingegneristicamente realizzabile. Dalla navetta che va e torna da Marte grazie ad una navetta di supporto per rifornirla di carburante quando in orbita, alla realizzazione del propellente per il viaggio di ritorno in loco.

E in un prossimo futuro grandi navi

I robot sono i protagonisti di una rivoluzione in corso e che riguarda anche l’industria.

“Lo spazio è oggi un settore di investimento diretto”

6mila

Gli addetti del settore Spazio in Italia.

spaziali in grado di realizzare la colonizzazione umana di Marte. Elon Musk ha il pregio che ebbe Wherner Von Braun e che alla fine portò l’uomo sulla Luna: ha il genio visionario che sembra prescindere dalla realtà delle difficoltà, sebbene da poco colpito dall’incidente del Falcon 9.

Ma forse è proprio questo che piace alla NASA, che lo ha supportato, come ha riconosciuto lo stesso Elon Musk ringraziando calorosamente il personale dell’Agenzia Spaziale Americana per il sostegno dimostratogli.

Elon Musk può essere un bene alla

I numeri del settore, nel nostro Paese, non valgono quelli americani ma sono comunque interessanti: 6000 addetti per un fatturato di 1,6 miliardi di euro, che se si calcola l’intera filiera salgono a 3 miliardi. «La nuova sfida è di saper utilizzare i terabyte di dati che costituiscono le autostrade spaziali come le altre infrastrutture», ha avuto modo di dire Roberto Battiston, il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, che ha spiegato come «il dato fornito gratuitamente è in grado di produrre nuovi comportamenti economici e quindi ricchezza per la società». È l’indotto delle applicazioni che vengono dalle nuove tecnologie e dallo sviluppo della robotica.

Ma non si tratta di sole app. Nello spazio stanno investendo figure come Elon Musk, inventore e fondatore di PayPal, Jeff Bezos fondatore di Amazon, o Richard Branson patron del gruppo Virgin. E da questi investimenti sono nati Spacex, Blue Origin e Virgin Galactic. Ma anche il Lussemburgo, lo stato che potremmo definire la cassaforte d’Europa, sta investendo nella ricerca mineraria sugli asteroidi, sulla quale una parola importante la dirà la missione della NASA Osiris rex, che ha il compito di andare a prendere un campione dell’asteroide Bennu e analizzarlo. Molti sono, infatti, gli elementi preziosi che potremmo trovare sotto pochi metri di roccia di questi corpi antichissimi, elementi che sono rari sulla Terra perché nascosti nelle profondità della crosta terrestre.

Tra qualche anno, per Elon Musk, ci trasferiremo su Marte, mentre per Richard Brenson voleremo da un continente all’altro in pochi minuti e via discorrendo. Ma tornando alle app, se gli ultimi citati hanno già fatto fortuna, i big data e le applicazioni rappresentano la speranza delle giovani menti che vogliono cimentarsi. E le opportunità non mancano.

ricerca spaziale, per la visione che ha e il fascino che riesce a raccogliere intorno al suo progetto. Le difficoltà tecniche vengono dopo, perché superabili, come ci ha saggiamente insegnato Von Braun.

globalist scienza - 23

www.globalist.it

24- global science

www.globalist.it

H

a viaggiato in lungo e in largo per il Sistema solare, per un totale di quasi otto miliardi e mezzo di chilometri rincorrendo il suo obiettivo, la cometa Churyumov-Gerasimenko, che ha accolto lo scorso 30 settembre sulla sua superficie Rosetta. La sonda dell’ESA ha scritto il suo capitolo finale e, come sempre, non ha disatteso le aspettative del pubblico e della comunità scientifica.

L’ultimo giorno di vita operativa della sonda ha preso il via la sera del 29, quando alle 22:50 il centro di controllo di Darmstadt ha dato l’ok per la manovra di collisione da un’altitudine di 19 chilometri dalla superficie. Alle 10:00 del 30 settembre, gli ultimi comandi sono stati caricati seguendo l’indicazione delle immagini scattate poco prima. Proprio in quei momenti è stata resa nota l’ora esatta dell’impatto, da confermare circa 40 minuti dopo.

E così è stato. Quando in Italia erano le 12:40, 67P ha accolto Rosetta sulla sua superficie, precisamente nella regione di Ma’at, zona ricca di crateri in attività situata nel lobo inferiore della cometa. La conferma dell’impatto è partita da Darmstadt alle 13:19 ed è stata prontamente rimbalzata dai social network e dai media in tutto il mondo. L’eccitazione per la riuscita della complicata manovra di impatto ha lasciato il posto alla tristezza per la fine di una missione che non ha non ha mai smesso di stupire, rendendo possibile quello che prima del 12 novembre 2014 sembrava impossibile: l’atterraggio di un manufatto umano, il lander Philae, su di una cometa.

L’avventura del lander su 67P è stata la vera scommessa della missione, vinta sotto tutti gli aspetti. Dopo aver completato la sequenza di esperimenti previsti, il lander ha esaurito le batterie entrando in stand-by, non senza aver trasmesso la mole di dati raccolti a terra utilizzando le energie residue fino all’ultimo.

Philae ha interrotto il suo sonno solo dopo sette mesi e ripetuti tentativi di comunicare da parte di Rosetta, il 13 giugno 2015. Poi di nuovo silenzio.

Il 27 luglio 2016 il modulo di comunicazione Electrical Support System (ESS), il dispositivo che consentiva alla sonda di tenere i contatti con l’orbiter, è spento definitivamente. Ma lo scorso 5 settembre, dopo 14 mesi di ricerca ininterrotta, Philae si è fatto finalmente vedere ed è stato chiaramente inquadrato dalla fotocamera ad angolo stretto OSIRIS a 2,7 chilometri dalla superficie. Il ritrovamento di Philae è l’ultimo successo per una missione da record che ha a bordo una forte presenza italiana. Quattro gli strumenti made in Italy: tre sull’orbiter VIRTIS, GIADA e la WAC (Wide

UNA MISSIONE COSTELLATA DA RECORD

L’ULTIMO GIORNO DI ROSETTA di Fulvia Croci @ASI_spazio

“Sulla cometa è andato in scena il capitolo finale: l’impatto della sonda”

Angle Camera) di OSIRIS A bordo del lander, il sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni (SD2).

Oggi non rimane che raccogliere l’incredibile eredità scientifica della missione che ha prodotto e continuerà a produrre risultati di alto livello. Alla comunità scientifica, spetta il compito di valutare le conseguenze che queste scoperte avranno sulla comprensione di questi misteriosi oggetti celesti e del Sistema Solare stesso.

global science - 25

www.globalist.it

U

LA MISSIONE ESA NEL 2018

BEPI, MERCURIO TI ATTENDE di Giulia Bonelli @giulia_bonelli

n passo dopo l’altro, l’Europa si avvicina a Mercurio. Si prepara infatti la prima missione europea che partirà alla volta del nostro vicino planetario: si tratta di BepiColombo, la sonda costruita dall’ESA in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese JAXA. Il lancio è previsto per l’aprile del 2018 e il viaggio durerà ben sei anni e mezzo, durante i quali la sonda percorrerà oltre 80 milioni di chilometri prima di raggiungere l’orbita di Mercurio. Un traguardo previsto per il 2024: da allora, BepiColombo cercherà di svelare i segreti della nascita e dell’evoluzione del primo pianeta del Sistema solare.

Ma in attesa di questo obiettivo finale, non mancano importanti tappe intermedie per la preparazione della missione. A settembre il team di BepiColombo ha completato l’integrazione del propulsore a energia solare del modulo di trasferimento della sonda, uno degli elementi più importanti di tutta la navicella. Sarà proprio il modulo di trasferimento a spingere verso Mercurio i due orbiter di BepiColombo, e avrà un’efficienza 15 volte maggiore dei normali propulsori chimici. Due orbiter al posto di uno: ecco un’altra grande innovazione portata dall’esploratore europeo di Mercurio.

La missione sarà infatti basata su due elementi distinti, il Mercury Planetary Orbiter che studierà il pianeta vero e proprio, e il Mercury Magnetospheric Orbiter che ne osserverà la magnetosfera.

Ed eccoci arrivati al più recente traguardo intermedio raggiunto per la preparazione dell’impresa BepiColombo: è di pochi giorni fa la messa a punto di un “pezzo” fondamentale del Mercury Planetary Orbiter, lo strumento BELA (BepiColombo Laser Altimeter). Realizzato dall’Università di Berna, BELA è un altimetro laser - il primo progettato in Europa per il volo interplanetario - sviluppato da un team coordinato dalla Svizzera che coinvolge

24- global science

“Promette di raccogliere il testimone della missione Messenger”

anche Spagna e Germania. Lo strumento è concepito per misurare la topografia di Mercurio con un’avanzata tecnologia 3D. Un obiettivo non facile da raggiungere, perché di solito le sonde spaziali sono in grado di dare una visione dei pianeti a due dimensioni. BELA utilizzerà, invece, una nuova tecnologia laser per costruire letteralmente la terza dimensione a partire dalle osservazioni a bordo dell’orbiter.

E così BepiColombo promette di raccogliere il testimone della missione NASA Messenger, che si è conclusa nell’aprile del 2015 dopo aver fornito oltre 270 mila foto. È un pianeta ancora pieno di misteri, che la tecnologia BepiColombo si prefigge di svelare, nel corso di un affascinante viaggio che coinvolgerà anche molta Italia. Non soltanto per il nome che porta, ispirato al ‘meccanico del cielo’ Giuseppe Colombo detto Bepi, ma anche perché saranno italiani 4 degli 11 esperimenti previsti dalla missione.

www.globalist.it

global science - 27

www.globalist.it

28- global science