Officinae Dicembre 2012

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n attimo dopo aver deciso di avventurarmi in questa tematica tanto affascinante quanto complessa, mi ha assalito il dubbio di aver “peccato” di presunzione nel valutare le mie conoscenze in materia e, quindi, nel ritenere di disporre di tutti gli strumenti intellettuali necessari allo scopo. Infatti, già ad un primo sommario esame del materiale consultato in fase di ricerca, mi sono reso conto innanzi tutto che il tema della presenza della donna in Massoneria può essere analizzato da molteplici punti di osservazione: quello storico, quello esoterico, quello sociologico, quello antropologico-culturale, nonché – all’interno dei confini dell’Istituzione massonica in generale - quello “politico”, intendendosi con tale terminologia fare riferimento da qui in avanti alla questione della “regolarità” e del rispetto della Tradizione che tante discussioni ha originato e continua ad alimentare tra Fratelli e Sorelle delle diverse Obbedienze ed anche all’interno di queste ultime. Detto ciò, essendo la nostra un’Istituzione a carattere iniziatico, mi sembra opportuno iniziare il mio cammino con una sintetica ma utile disamina del ruolo della donna nelle varie fasi storiche, con riguardo proprio alla “iniziazione”. Le società arcaiche di tutto il mondo (Australia, America, Africa, etc.) escludono la donna dal “potere”, inteso in senso vuoi politico vuoi religioso, attraverso la preclusione per essa dalla Iniziazione che è solo maschile: attraverso tale iniziazione il ragazzo (talora bambino) muore al “dato” della vita naturale e rinasce all’acquisto di quella sociale; accede al mito, al sapere e si separa dalle donne: passa dal non essere all’essere. Tutto questo a dispetto del fatto che, per contro, la Natura (come sosterrà Hobbes) non conosce la differenza sessuale; e Locke, parlando della Creazione, ricorderà che Dio avrebbe dato la terra a tutti gli uomini e dicendo al plurale “dominate” si sarebbe riferito anche ad Eva. Anche nel mondo greco-romano, dove la “parola” è percepita come una forza piena di potenza sacrale, una sua congiunzione-coincidenza con un’altra potenza (ritenuta sommamente negativa!), cioè il mestruo, è considerata una sciagura da

Massoneria

evitare a tutti i costi; quindi alla donna è proibito usare della potenza della parola e da tale divieto deriva la sua incapacità giuridica: non può, tra le altre cose, giurare e, quindi, ricevere un’iniziazione. In ambito religioso, nel I Concilio Ecumenico di Nicea del 325, si interdice alla donna mestruata l’ingresso nel Tempio e la Comunione: ergo la donna è esclusa dall’iniziazione al sacerdozio. Questa fenomenologia viene catalogata in ambito antropologico-culturale sotto il nome di “evitazione del mestruo”. Da notare che tale tabù verrà superato dalla teologia morale di fine ‘800 - inizi ’900, ma ciò non impedirà il permanere della suddetta preclusione. Nel XII secolo, durante i lavori del Concilio di Maçon, oggetto di disputa è se le donne abbiano o meno l’anima e se, per accedere dopo morte in Paradiso, debbano cambiare sesso. Nel XVIII secolo, col progresso dei Lumi, si stempera la misoginia accesa del Concilio di Trento e ci si allontana da una visione trascendente del mondo nella quale la donna veniva necessariamente annullata in quanto considerata “natura”. Nel XIX secolo, specie con la Restaurazione, non si com-

piono grossi passi in avanti. Arriviamo, così, ai giorni nostri quando i profondi mutamenti politico-sociali intervenuti nel corso del secolo da poco conclusosi, operano un radicale mutamento del ruolo e della stessa concezione della donna in ogni ambito; e da qui parto con l’analisi che più ci interessa e ci riguarda: può una donna essere Massone a tutti gli effetti? Volendo sintetizzare all’estremo mi sentirei di affermare che, attualmente, la questione viene dibattuta in termini squisitamente “politici” accompagnati da argomentazioni inerenti ad un rispetto acritico (e quindi dogmatico) della Tradizione (Costituzioni di Anderson, Landmarks, Old Charges) con l’aggiunta di corollari vari di natura esoterica e perfino psichica, volti a riconoscere o meno la possibilità per la donna di lavorare ritualmente al pari dei fratelli uomini: voglio dire che quasi tutte le argomentazioni di chi nega tale possibilità mi sembrano secondarie (e talora un po’ artificiose) rispetto a quella principale, ossia il riconoscimento della “regolarità massonica” a tutt’oggi negato dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra a quelle Ob51


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