Notiziario dicembre 2013

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PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLIV - N. 09 di dicembre 2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

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dicembre 03 l© editoriale Quando usciremo da questo “clima avvelenato”? Antonio Zambonelli 04 l© cultura Il Centro storico e il museo diffuso, intervista a Mimmo Spadoni Glauco Bertani 23-26 l© Inserto “Non siamo indifferenti” I commmenti di alcuni partecipanti 29 l© memoria I giovani e la memoria Barbara Fontanesi


sommario Editoriale 03 Quando usciremo dal “clima avvelenato”?, di A. Zambonelli Politica 04 Il Centro storico, il museo diffuso. Reggio Emilia negli anni Zero, intervista all’assessore Mimmo Spadoni, di G. Bertani 09 “Se non ci fosse Castelnuovo, la montagna sarebbe morta”, intervista a Giacomo Notari, di F. Correggi 11 Reggio Emilia. Nella città delle persone... quando arriva il freddo in tanti sono sulla strada, di G. Napolitano 13 Gaetano Davolio: “Perché sono andato a Roma il 12 ottobre scorso”, di A. Fontanesi foto: copertina e quarta di copertina Adriano Arati

Estero 14 Iran, Disinnescata la reazione militare di Israele?, di B. Bertolaso Cultura 15 Perché Reggio non valorizza il proprio patrimonio storico del Novecento?, di G. Bertani 17 Angoli di Reggio tra Israele e Palestina – Giancarlo Ambrosetti, di a. z. 18 Cavriago 1945-1950, quando le bandiere erano rosse, di A. Zambonelli 19 Come mi batte forte il tuo cuore, di F. Ferrarini 20 La famiglia Karnowski di Singer, di G. Guidotti 21 Quando si leggeva “Il Pioniere”, di B. Grulli 22 Arti figurative e memoria dei Cervi, di P. Varesi 23-26 Inserto “Non siamo indifferenti” Fascismo, Resistenza, Costituzione Il Corso di formazione ANPI Reggio Emilia, Un bilancio, di Gemma Bigi Le risposte di alcuni partecipanti

Cultura 27 Vent’anni di “Sentieri Partigiani” e i 90 anni di Fernando Cavazzini, di A. Arati 29 Il futuro dei nostri giovani cammina con la nostra memoria, di B. Fontanesi Memoria 30 69° anniversario della strage di Marzabotto, di N. Orlandi 35 Quel dicembre di 70 anni or sono, tra caccia agli ebrei e fucilazione dei Cervi, di A. Zambonelli 36 Con il libro di Lucia Sarzi alla sala di Liegro a Roma - Reggiolo ricorda i partigiani Selvino Lanzoni e Luigi Freddi 37 La vita di Nerina Lanzoni, di D. Fontanesi 38 Francesco Vegliante Torri, di L. Mazzali 39 Corfù e Cefalonia, rinascita della nazione, di G. Ruggieri 40 Ricordato a Poviglio il 70° della scelta post 8 settembre 41 Egidio Baraldi, di A. Fontanesi - Tonino Munari, di G. Romani 42 Romeo Ferretti, di G. Davolio 38 Lettere 43 Lutti 44 Anniversari 49 I sostenitori Le rubriche 18 Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli 31 Segnali di Pace, di Saverio Morselli 32 Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti 33 Primavera silenziosa, di Massimo Becchi

Vent’anni di “Sentieri Partigiani” e i 90 anni di Fernando Toni Cavazzini, di A. Arati, p. 27

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 C.F. 80010450353 e-mail: notiziario@anpireggioemilia.it; presidente@anpireggioemilia.it sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Angelo Bariani (fotografo), Massimo Becchi, dott. Giuliano Bedogni, dott. Carlo Menozzi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Anna

Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970 Questo numero è stato chiuso in tipografia il 11 novembre 2013 E. Lui Tipografia Reggiolo (RE) Impaginazione e grafica Glauco Bertani Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840 CCP N. 3482109 intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI


editoriale di Antonio Zambonelli

Quando usciremo dal “clima avvelenato”? M S

u tutto continuano ad incombere le problematiche personali del cavaliere, nel cui ruolo carismatico non cessano di credere, nonostante il “doloroso distacco” anche gli scissionisti (a tempo determinato?) capeggiati da Angelino Alfano. Il clima generale rimane dunque ancora “avvelenato”, come lo ha definito il Presidente della Repubblica nel colloquio con Papa Francesco. Definizione per la quale Napolitano ha subìto attacchi sia dal M5S (cioè da sinistra?) che dai falchi della destra (senza punto interrogativo), Bondi e Brunetta in testa. Excusatio non petita... Che, tradotto, sarebbe “La prima gallina che canta ha fatto l’uovo”. A volte anche la seconda. O tutt’e due contemporaneamente. Sul “Resto del Carlino” (13 novembre), giornale certamente non di sinistra, abbiamo letto in merito un giudizio che ci pare assai equilibrato sulle parole pronunciate sia da Napolitano che dal Papa nel loro incontro: “Entrambi – scrive Marco Sassano – nei loro discorsi, hanno insistito sul richiamo al senso morale, nella politica e nella fede. A chi li ha ascoltati con cuore limpido questo è sembrato il significato più bello e profondo dell’incontro tra questi due grandi vecchi”. Uno dei quali, Papa Francesco, aveva pochi giorni prima, durante la Messa in Santa Marta, stigmatizzato i “sepolcri imbiancati” che conducono una doppia vita, professandosi da un lato paladini della Chiesa e dall’altro non fanno una vita da cristiani. E definiva costoro “corrotti”. “Il corrotto é fisso in uno stato di sufficienza – precisava – non sa cosa sia l’umiltà. E un cristiano che si vanta di essere cristiano e non fa vita da cristiano, è uno di questi corrotti”. Domenica 27 ottobre u.s., ore 23, càpito su Radio Maria mentre sto per andare a letto. Una certa Carla telefona da Reggio Emilia. Ecco alcune delle sue testuali parole: “Sono un’elettrice di Berlusconi. Lui dal ‘93-94 ha portato avanti i valori cattolici, i valori non negoziabili. Adesso ha bisogno di persone attorno a lui che

entre stendiamo queste note non sappiamo bene, dopo la “scissione” del partito di Berlusconi, se e come e per quali obbiettivi sopravviverà il Governo delle larghe e faticate intese. Se per darci una legge elettorale che renda possibile davvero un nuovo inizio di vita democratica o per produrre riforme costituzionali in deroga all’articolo 138 della Carta. Deroga che sul “Notiziario” abbiamo segnalato come rischiosa fin dallo scorso anno. vivano questi valori non negoziabili”. Il conduttore della trasmissione, forse un po’ imbarazzato, nonostante tutto, ringrazia la signora e dice che “i suoi sono suggerimenti sui quali riflettere”. Anche al sottoscritto è capitato di riflettere, ripensando ai comportamenti di alcuni personaggi del panorama italiano degli ultimi 20 anni, in alcuni dei quali è agevole identificare l’incarnazione dell’idealtipo del sepolcro imbiancato. Comunque sia continuiamo a galleggiare sul mare in burrasca di una crisi, economica e sociale, dalla quale si tarda ad uscire, anche se da troppo tempo vi siamo entrati.Un Governo ancora sotto ricatto, e sempre dello stesso incredibile personaggio, nonostante la “scissione” di cui all’inizio (e nonostante la giudiziaria messa fuori campo del cavaliere), si aggroviglia alla disperata ricerca di rimediare ai danni provocati dalle trovate propagandistiche (no all’IMU, “è un impegno preso coi nostri elettori!”, ricordate?) di un alleato-nemico. Nello stesso tempo, quel sofferentre Governo, chiede al Legislativo di produrre riforme costituzionali in deroga all’articolo 138 della Carta. Partita, quella delle riforme costituzionali, e delle preliminari modifiche all’art. 138, ancora tutta da giocare mentre scriviamo in questa tesa vigilia del 10-11 dicembre, quando si dovrà procedere all’ultimo atto delle stesse modifiche. L’ANPI si batte da mesi perché tali mo-

difiche non passino. Ma se malauguratamente passeranno (al momento in cui scriviamo continuiamo a sperare che no) dovremo impegnarci a fondo per un Referendum popolare che sconfigga il rischio di stravolgimenti della Costituzione, mentre manterremo ferma la richiesta che si facciano – come ribadisce il Presidente Smuraglia -, “quelle riforme che sono ormai mature e che non intaccano i princìpi generali della Costituzione”. A cominciare dal superamento del “bicameralismo perfetto” e dalla riduzione del numero dei parlamentari. Di fronte alla montante marea di populismi e di svolte estremistiche che ancora una volta, come fu nell’Europa del dopo 1929, si inseriscono nella crisi economica e sociale con proposte catastrofiche, l’ANPI sia una presenza che sappia sempre meglio intrecciare il valore della Memoria a quello dell’impegno per mutare lo stato presente delle cose, nell’interesse di milioni di cittadini, giovani in particolare, che rischiano di perdere la speranza nel futuro. Crediamo che in questa necessaria e difficile azione si debba avere come bussola la Costituzione repubblicana e come metodo il rigoroso rispetto della democrazia. Lo abbiamo scritto già in passato, e mentre lo ribadiamo in questo spirare del 2013, formuliamo i più fervidi auguri di Buon Natale e di un migliore 2014. Con la tessera dell’ANPI in tasca, magari.

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politica

Il Centro storico, il museo diffuso Reggio Emilia negli anni Zero

Intervista a Mimmo Spadoni, assessore ai Progetti speciali e urbani, Lavori pubblici e Patrimonio del Comune di Reggio Emilia. Nell’intervista si è anche parlato dell’area Nord, dove il 26 ottobre scorso è stato inaugurato il Capannone 19 del Tecnopolo, questa parte pero verrà pubblicata sul prossimo numero del Notiziario. di Glauco Bertani

Siamo seduti di fronte a Mimmo Spa-

doni, nel suo ufficio di palazzo Ancini. Il Centro storico di Reggio Emilia in questi anni ha avuto una trasformazione estetica di qualità attacchiamo… Fin dall’inizio, nel 2005, attraverso il piano di valorizzazione della città storica – ci risponde – abbiamo messo in campo una serie di opere che lavorasse sul ‘sistema delle piazze’, come lo chiamavamo allora, sostanzialmente da piazza Fontanesi attraverso i vari collegamenti, Via Fornaciari, per fare un esempio, fino a piazza Martiri del 7 luglio e piazza della Vittoria. Il tutto accompagnato da una serie di interventi di riqualificazione e di pedonalizzazione vera non solo di piazza Fontanesi ma anche di piazza Prampolini. Oggi in piazza Fontanesi abbiamo caffè e attività innovative che si sono estese anche in via del Guazzatoio, che purtroppo non siamo ancora riusciti a riqualificare. Ricordo che verso la fine del primo mandato riuscimmo a mettere in campo il mercato del contadino in piazza Fontanesi, che ha creato un polo molto significativo, diventando un posto in cui ci si ritrova volentieri. Accanto a questi interventi c’è il tema delle panchine che sembra un tema laterale, ma in realtà c’erano amministrazioni che segavano via le panchine e a Reggio, in alcune zone, qualche cittadino le voleva far togliere. Noi abbiamo cercato di metterle con l’idea che la qualità della riqualificazione non può essere fine se stessa, una semplice operazione estetica, la bellezza

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ha un suo valore, ma che fosse un contributo per riappriopiarsi dello spazio pubblico come lo è stato del resto l’incentivo alle distese... Però c’è una parte della città che è in sofferenza. Facciamo l’esempio di via Emilia San Pietro, la zona dei Teatri e via Roma … “La zona San Pietro, ad esempio, soffre di due questioni. La prima è il tema degli affitti che continuano ad avere dei valori fuori mercato anche in un periodo di crisi come l’attuale. Quando uno deve pagare 40-50 mila euro solo per tirare su la serranda… erano prezzi di mercato, oggi sono prezzi marginali. La concentrazione di proprietà, il secondo tema, è un problema endemico in Centro storico e di fatto non ne favorisce la dinamicità per cui se la proprietà è vissuta solo come rendita non come fattore, diciamo della produzione, è un problema complessivo”. Per affrontare la situazione Spadoni sottolinea gli interventi fatti, il Mercato

coperto, mentre è in corso la ristrutturazione della facciata dell’ex tribunale, con l’intento “di portare delle attività in quella zona. Abbiamo riaperto i chiostri di San Pietro, che cerchiamo di tenerli aperti il più possibile in una situazione di restauro non finito ma che ci offre una grande flessibilità rispetto alle attività da fare. C’è questa oggettiva sofferenza, ci sono dei negozi vuoti, degli interventi che erano stati concordati come quello sui cinema ex D’Alberto e Alexander che purtroppo sono al palo...”. Per motivi economici o per il disinteresse dei soggetti che si erano impegnati? E’chiaro che c’è il problema di trovare il punto d’incontro tra la richiesta della proprietà e ciò che oggi gli operatori economici sono disponibili a pagare in termini di affitti e questo è spesso un ostacolo non sopportabile. Poi, se uno guarda anche dal punto di vista dell’accessibilità la zona di San Pietro è una delle più accessibili: ha tutto il flusso della stazione, del parcheggio della Polveriera, è innervato da una linea di minubu che passa ogni dieci minuti insomma... C’è anche il problema della sera... Il problema della sera è che in quella zona - ma questo è un problema complessivo di tutta la zona nord del Centro storico - ci sono solo delle attività marginali, ma non è un giudizio di valore. A questo proposito, ma non riguarda direttamente il suo assessorato, però


politica

Claudio Ghiretti, capogruppo PD della Prima circoscrizione con la Maramotti ha sollevato la questione [se ne parla in altra parte del giornale] della qualità del commercio in Centro storico... Questo è uno degli obiettivi che occorrerà porsi – poi siamo ormai a fine legislatura, e spetterà, credo, a chi arriverà, sicuramente non a me – è quello di immaginare come quella porzione di città che prendendo il lato nord della via Emilia, il quadrante via Roma con la direttrice via Nobili-Spallanzani, per capirci, possa essere oggetto di un piano di riqualificazione urbano. Non è che non siano stati fatti interventi in quella zona lì... Di carattere estetico sì... E’il tema del coinvolgimento dei privati. Io, amministrazione, posso intervenire in piazza Martiri, via Fornaciari, Piazza Fontanesi con interventi e opere pubbliche, se, però, a causa delle crisi economica, che ha colpito delle aziende come è il caso dell’isolato San Rocco, non mi parte il cantiere dell’ex cinema Ambra o, pensiamo, a interventi come palazzo Bussetti, il Mercato coperto o come via del Carbone, interventi che ammontano a centinaia di milioni di euro, cifre che non si possono più immaginare nei bilanci pubblici, senza l’impegno dei privati i Piani [si riferisce al PRUM, Piano di riqualificazione urbano della mobilità, NdR] hanno le gambe corte”. Per l’Assessore la situazione ante crisi non tornerà più, “e da un certo punto di vista forse non è così sbagliato lasciarsi alle spalle l’idea della crescita per la crescita”. Tutttavia anche se la situazione economica potrà migliorare in termini di crescita

di qualità, il “coinvolgimento dei privati è decisivo”. Un piano di riqualificazione urbana del quadrante Nord “deve sondare fino in fondo le opportunità in una zona in cui ci sono alcune concentrazioni di proprietà che sono problematiche rispetto al Centro storico in generale e dall’altro lato invece c’è una frammentazione importante. Io ho in mente delle città europee – certo non hanno una stratificazione storica e non hanno le dinamiche di conservazione a volte eccessive che noi abbiamo – dove nei centri storici si è ottenuto un mix di qualità tra riqualificazione contemporanea e insediamento storico, perché la qualità delle abitazioni di quella zona potrebbe essere interessante. Questo, credo potrebbe essere un obiettivo per il futuro perché faceva parte del disegno complessivo chiamato il “Parco dei Teatri”, la Zucchi. Il tema della Zucchi oggi con quel tipo di parcheggio... tutti sappiamo che non potrà essere così per sempre, dovrà avere delle evoluzioni, sostenibili economicamente. Se uno s’immagina che vi siano attestate verso i viali delle funzioni legate, magari, ai Teatri, e anche alla residenza quell’area diventa una sorta di piazza-interna-funzione: di qua c’è la Cavallerizza, l’Università, c’è il Gerra e in mezzo c’è questa piazza-parco, di là ci sono altre funzioni, diventa qualcosa che è centrale, mentre oggi è un retro che ti porta verso la circonvallazione... in modo da creare in una Zucchi riqualificata anche con dei posti auto sottoterra... Assessore, questo mi dà l’occasione per domandarle perché il parcheggio sotterraneo in Piazza della Vittoria e non alla Zucchi?

Il progetto complessivo prevedeva una serie di parcheggi non solo alla Zucchi ma anche in piazza della Vittoria, in Largo degli Alpini. Sui controviali avevamo messo 27 possibilità di intervento con l’idea che le auto vanno tolte dalla strada il più possibile, che si debba pedonalizzare il più possibile, però dall’altro lato non si può chiedere ai residenti che già hanno una serie di carichi, che in altre zone non hanno, di sopportarne ulteriori. Ci sono centinaia, migliaia di persone che devono stare attente due volte alla settimana dove parcheggiano, perché c’è il mercato, solo per fare un esempio banale, o perché passa una maratona ecc. Dunque, noi abbiamo esplorato tutto questo percorso per cui a regime secondo me la prospettiva è ancora valida. Il ragionamento era quello di dire: in quel sistema si creano dei box auto in piazza della Vittoria, perché avendo verificato che i residenti non avrebbero acquistato altrove. Quando parlo di PRUM, parlo di coinvolgimento dei privati in interventi di quel tipo lì, ma qualcuno dice: “ma perché non si è fatta la piazza senza farci sotto il parcheggio... ... ma fatelo sotto alla Zucchi... ma i residenti – cosa che noi abbiamo verificato sono sei o sette anni che siamo su questa partita – non avrebbero comprato perché non parcheggia alla Zucchi chi sta in via dell’Aquila o nelle zone adiacenti. Dal punto di vista della fattibilità economica di quell’intervento che porta con sé, come abbiamo detto, il terminal della Zucchi, con la messa in sicurezza dello scambio fra gli autobus, il rifacimento della piazza: costo circa 2,5 milio-

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ni di euro, cosa che nei bilanci pubblici per un intervento così non ci saranno più. Questo è il dato. Piazza della Vittoria è il sito per i box privati e speriamo si vada il più possibile verso l’esaurimento attraverso la vendita con la prospettiva però di una Zucchi riqualificata in termini di “Parco”, con dei volumi contemporanei che si affacciano sul lato nord-ovest della stessa perché diventi centro e non il retro di qualcosa: questo è il disegno. E’ chiaro che noi andiamo per pezzi. Abbiamo fatto piazza Martiri, perché avevamo un po’ di risorse, realizzeremo attraverso le risorse dei privati anche gli altri interventi, ma la prospettiva deve continuare ad essere quella, perché disegna un senso complessivo dei quell’area. E’ l’idea di una città policentrica... Esatto policentrica che completi un sistema. Cambio registro. Vorrei parlare di metodo... sì però prima... ecco su via Emilia San Pietro e via Emilia Santo Stefano, la mediazione che non voglio discutere, ma scherzosamente coi commercianti di Corso Garibaldi, ad esempio, continuo a dirglielo ‘secondo me voi quando vi siete opposti alla ZTL in corso Garibaldi in prospettiva avete fatto un errore’. Secondo me, l’impatto in termini di piacevolezza della passeggiata che non è poi solo per quello che passeggia ma è anche il cliente che si ferma più volentieri o meno in una zona e non pensi solo di attraversarla... Tutti questi interventi hanno fatto sì che si costituissero molti comitati di cittadini, quello che le domando è: in questo percorso di formazione dei progetti sembra o meglio può far pensare alla mancata partecipazione dei cittadini all’iter progettuale? E all’assessorato non dover fronteggiare continue polemiche? Da un lato abbiamo sperimentato dei metodi partecipativi in alcune situazioni, ma questo non elimina assolutamente la conflittualità, via Settembrini docet. Io credo anche che tali vicende, l’ultima quella del parcheggio di piazza della Vittoria ma potremmo prendere altre, andrebbero de-

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Palazzo San Francesco

purate da quel tanto di speculazione politica che c’è. Sul sito web del Comune si possono leggere tutti gli atti deliberativi, tutti i comunicati e si capisce bene che la vicenda della Zucchi ha avuto un percorso trasparente, una storia che non inizia dal 2009 ma molto più indietro. Tuttavia non ha eliminato la conflittualità perché allora avevamo un tavolo di confronto coi commercianti del Centro storico... D’accordo, però quello che si percepisce all’esterno è una certa arroganza dell’Amministrazione comunale, un atteggiamento poco, diciamo, inclusivo... Il problema è che non si elimina mai la conflittualità e quelli che si oppongono inevitabilmente hanno più audience di quelli che sono d’accordo. C’è anche l’esigenza, ma questo io lo riconosco, di un giusto equilibrio tra la realizzazione degli obiettivi e i percorsi da intraprendere. E’ chiaro che quando una procedura – prendiamo il parcheggio Zucchi come esempio – dura per tutta una serie di difficoltà reali – che non sono semplici difficoltà burocratiche come qualcuno potrebbe pensare di trovare su procedimenti complessi – tutti gli equilibri sono frutto di trattative anche estenuanti. L’esigenza sarebbe quella di trovare, quindi, la giusta via di mezzo tra la necessità, la volontà di realizzare gli obiettivi con quella di mettere in atto tutti i processi necessari per arrivarvi: però se io vado a presentare semplicemente il PRUM del Centro storico con una conferenza stampa non fa dibattito e se si presenta un disegno e in base a quel progetto lì si mettono in campo gli atti per realizzarlo, non fa dibattito. Nel momento in cui, invece, ci si scontra con una posizione o con l’altra, quello fa dibattito. Io sono andato, ad esempio, a un incontro con il comitato di piazza della Vittoria, dove una mia frase decon-

testualizzata mi ha fatto dire che 3.500 firme non contano niente perché siamo in 170.000. Ma tutti quelli presenti lo possono confermare, il mio ragionamento era diverso: la complessità della scelta in un momento in cui ci sono i silenziosi e gli arrabbiati non è nel dare risposta agli arrabbiati, che sono spesso su posizioni anche contrastanti fra loro, ma trovare una sintesi e nella sintesi uno tiene conto del suo ruolo di amministratore, che è lì per compiere delle scelte che spesso sono scelte che devono tener conto dell’interesse generale. E’ chiaro che oggi si fa sempre più fatica a riconoscersi in un interesse generale condiviso, e questo è un problema politico. Memoria storica... io pur lavorando all’ANPI e a Istoreco credo che la memoria non debba essere una zavorra né tanto meno una nostalgia del tempo passato ma deve essere un’azione positiva sul presente e sul futuro. Mi piacerebbe che ci fosse leggerezza a trattare la questione. Comunque, secondo me ci sono dei messaggi contraddittori da parte dell’amministrazione. Ricordo ad esempio che il suo assessorato acquistò delle mappe storiche curate da Istoreco e questo secondo me dimostra una certa attenzione che avete al tema, ma le chiedo perché non siamo riusciti a mettere insieme memoria storica e promozione della città. Ad esempio i Sentieri partigiani di Istoreco, certo sono soprattutto indirizzati all’Appennino, però nel programma è prevista anche la visita alla città – muovono parecchie persone, molti giovani provenienti, in questo caso soprattutto dalla Germania. Recentemente sono stato a Torino dove è attivo il museo diffuso e i diversi luoghi significativi della memoria della guerra e della Resistenza sono uniti con un bus


politica sul quale degli attori raccontano quelle vicende. Le chiedo perché non si può trovare un modo per lavorare insieme? Qual è la questione che può in qualche misura impedire che si sviluppi tale collaborazione? Ci sono alcune esperienze e tentativi come quelli ricordati dei Sentieri Partigiani, quelle installazioni in plexiglass, però sono episodi. Il fatto è che non c’è solo un tema di competenze, nel senso che tutto il sistema legato al turismo e alla valorizzazione della città deve essere, secondo me, complessivamente rivisto, perché la competenza che noi abbiamo in termini del sistema turistico regionale previsto dalla legge è quello dell’informazione. Gestiamo per conto della Regione lo IAT punto e a capo, perché la legge è fatta così: ci sono i club di prodotto, quello di Reggio si chiama “Città del Tricolore” che dovrebbe mettere insieme i privati (esempio gli albergatori ecc.) con la parte pubblica e dovrebbe essere lo strumento che crea promozione turistica. Ma è un problema perché l’impianto non funziona come dovrebbe, le risorse sono pochissime, quasi tutte drenate dalla costa adriatica come dal sistema delle terme, e le città sono, diciamo, abbastanza da sole rispetto a questo. Una sfida che sarebbe assolutamente vera anche perché una città come la nostra che è bella complessivamente ma non ha, ad esempio, una Ghirlandina o un battistero come quello di Parma o non ha un’Arena Verona, avrebbe bisogno di avere, invece, più risorse per mettere in campo tutta una serie di cose con i privati, con il privato sociale in particolare proprio per creare dei percorsi di valorizzazione della città. Noi stiamo facendo con le guide turistiche un percorso di maggior collaborazione rispetto ai gruppi che vengono in città, e, per esempio, questa provocazio-

Uno scorcio di piazza Martiri 7 luglio (foto pagine 5-7 G. Bertani)

ne potrebbe essere estesa sui temi di cui stiamo parlando; ed è un ragionamento che potremmo fare anche se siamo agli scampoli di una consigliatura, mettendo insieme quel poco di strutture che ci occupano insieme a tante altre cose. Effettivamente, io ricordo che per un anno o due abbiamo fatto una cosa sul Ghetto nel mese di settembre segnando dove erano i posti dov’era la panetteria ... Questo è il museo diffuso... E’ il museo diffuso, quindi su questo è un qualcosa su cui, secondo me, dobbiamo provare a ragionare tenendo conto di quelli che sono i vincoli però anche di maggiore opportunità perché piaccia o non piaccia la stazione mediopadana ci garantisce una vicinanza anche maggiore e anche una “competitività” sul fatto di arrivare a Reggio occorre offrire anche delle cose particolari. Quindi, su questo bisogna passare

Panchine in piazza Casotti, terminal bus all’ex Zucchi, cantiere in via Del Carbone

da un’attività episodica a una più strutturata senz’altro perché sono poi disfide che dobbiamo porci per una collocazione nuova anche attraverso il sistema dei trasporti su un’area più vasta.

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intermezzo

Civica benemerenza Correggio a Germano Nicolini di Fabrizio Tavernelli

Germano Nicolini riceve dal sindaco di Correggio Marzio Iotti la civica benemerenza

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ivica benemerenza a Germano Nicolini. Nel mese di settembre si è svolta, nella sala del Consiglio comunale di Correggio, la cerimonia per il conferimento della pubblica benemerenza a Germano Nicolini (il partigiano Diavolo). La motivazione, con consegna di targa e medaglia, viene così riportata dall’amministrazione comunale: Per l’importante contributo dato alla Resistenza reggiana, per l’attaccamento dimostrato alla nostra città, mai

abbandonata anche nei momenti difficili, e per l’impegno civile che lo ha contraddistinto e lo contraddistingue tuttora. Il documento era già stato approvato all’unanimità dal Consiglio comunale nel maggio scorso. Tanta è stata la soddisfazione di Nicolini che commosso ha ricordato nel suo intervento lo stesso luogo, il municipio in cui fu sindaco. Nicolini ha ricordato i tempi difficili, la guerra disastrosa, gli odi e i rancori, i lutti e un futuro che appariva complesso e incerto. Germano ha puntualizzato, come in quei giorni i partiti riuscirono a trovare una comune intesa per dare vita alla ad una Costituzione che ancora oggi rivela la sua modernità. Questo accadde nel paese così come nella sua Correggio. Come sempre con lucidità, il Diavolo ha trovato punti di contatto con il presente e come spesso accade, trova sempre nuovi motivi per attualizzare le sue esperienze, i suoi racconti. Tutto questo con un’arte oratoria e un trasporto che riesce a coinvolgere le nuove generazioni e i nuovi antifascisti vicini all’ANPI. Germano ha poi ringraziato i concitta-

dini e in particolare la sua famiglia e ha testimoniato i suoi riconoscimenti a don Pessina e Tito Morselli ricordando i loro sacrifici e il legame con le sue travagliate vicende (conosciuto con il soprannome al Dievel fu tra i protagonisti della Resistenza in Emilia. Nel 1947 venne accusato ingiustamente dell’omicidio di don Umberto Pessina e scontò dieci anni di carcere. Solo nel 1994 sarà scagionato definitivamente dalla Corte d’Appello di Perugia). Per una volta con l’unanimità del voto da parte di tutte le forze politiche nella seduta consigliare, la Resistenza è parsa divenire un momento storico condiviso e di patrimonio comune, sappiamo che però il nostro ruolo, come associazione è di far sì che occasioni come la benemerenza a Nicolini non siano più occasioni rare ma una prassi, un giusto debito verso chi si è sacrificato, per chi ha creduto nella Liberazione. L’ANPI di Correggio si unisce alla soddisfazione, all’emozione di Germano e si impegna affinché alla memoria locale sia data il necessario risalto.

Cresce la scuola “Giuseppe Carretti” Continua

di Seilat al Daher

l’attenzione dell’ANPI di Reggio Emilia per la scuola d’infanzia, frutto anche della pluriennale raccolta fondi della nostra associazione, di Seilat al Daher, cittadina palestinese a nord di Gerusalemme. I “nostri nipotini”, come li definisce Giacomo Notari, sono ora ben 140, e lo spazio in cui vengono accolti si è fatto insufficiente. Per questo, come si vede da questa foto scattata in ottobre scorso dal dott. Meinero (che da alcuni anni presta servizio volontario come medico nei territori palestinesi) sono in corso lavori di innalzamento dell’edificio. Sotto al portichetto si intravvedono due targhe. Quella più piccola, sulla destra, reca il logo dell’ANPI di Reggio Emilia ed il nome di Giuseppe Carretti, Dario, al quale la scuola stessa è dedicata. 8

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politica

Giacomo Notari: “Se non ci fosse Castelnovo la montagna sarebbe morta” di Francesca Correggi

A seguito del riordino territoriale messo in atto nella nostra Regione, con l’entrata in vigore della Legge regionale 21 del 2012, anche la Comunità montana dell’Appennino reggiano chiuderà per lasciare il passo alle Unioni dei comuni. Sul crinale l’Unione dei comuni dell’Alto appennino reggiano è attiva già dal 1999. E mentre più “in basso” ne sta nascendo una nuova tra i comuni di Carpineti, Casina, Castelnovo ne’ Monti e Vetto, il referendum per la fusione dei comuni di Villa Minozzo e Toano fallisce per mancato raggiungimento del quorum. Grandi cambiamenti in vista per l’assetto istituzionale del territorio appenninico, sui quali abbiamo raccolto alcune considerazioni da parte del Presidente dell’ANPI di Reggio Emilia, il montanaro Giacomo Notari, già consigliere comunale a Busana, assessore provinciale ai trasporti e al personale, sindaco di Ligonchio e assessore all’agricoltura della Comunità Montana. In una chiacchierata tra la politica e la passione per la montagna. Cosa pensa di questa riforma istituzionale che vede sciogliersi le Comunità Montane a favore di altre forme associative per i comuni, tenendo anche conto di altri grossi cambiamenti in vista, come l’abolizione delle province? Fin dall’inizio di questo percorso, mi sono opposto ferocemente allo scioglimento della Comunità Montana. Lo ritengo un grosso danno al territorio e al suo sviluppo. Pensiamo ai risultati che la Comunità Montana è riuscita a portare negli anni in cui ha operato più attivamente, in un periodo che è stato molto benefico per la montagna: l’area industriale di Fora di Cavola, la discarica comprensoriale di Carpineti, l’estensione della rete del gas metano ad uso delle aziende produttive, artigianali e civili, l’insediamento delle aree artigianali in quasi tutti i comuni favorendo così lo sviluppo economico e l’occupazione, gli interventi sugli acquedotti rurali e le strade interpoderali, la selezione e l’accentramento delle latterie diminuendo i costi di produzione del parmigiano reggiano e migliorando la produttività. A un certo punto però le Comunità montane sono state svuotate delle loro competenze, passate man mano alle Province o ai consorzi di bonifica, e già allora la possibilità di investire e incidere sullo sviluppo è venuta a mancare. E ora abolendo le Province cosa succederà? Pensiamo che ci siano dei risparmi veri togliendo un presidente o una giunta? O verranno a mancare la progettualità e gli investimenti sul territorio?

da tempo iniziato a ragionare insieme e si pongano in un rapporto costruttivo nei confronti di Castelnovo ne’ Monti, un centro che raccoglie i più importanti servizi (il polo scolastico, l’ospedale, molti esercizi commerciali, la fiera di San Michele, il cinema teatro) e senza il quale gli altri comuni farebbero fatica, da soli, ad andare avanti. Quindi, in questo ridisegno istituzionale, rimanere agganciati a Castelnovo ne’ Monti è importante e strategico per tutti. Se non ci fosse Castelnovo, la montagna sarebbe morta.

Giacomo Notari e Nello Orlandi allo Sparavalle

Ora che la Comunità montana è superata, si passa a nuove forme associative e a ipotesi di fusione di comuni... Ora, la prima cosa da fare sarebbe muoversi verso un progetto comune che non sia contro qualcuno, ma che abbia una visione complessiva dei problemi della montagna, che nessuna piccola unione o nessun comune da solo potrà risolvere. Intanto, giudico positivo il fatto che i quattro comuni di Busana, dove io vivo, Collagna, Ligonchio e Ramiseto, abbiano

Al di là della nascita delle unioni, cosa si può dire dell’ipotesi di fusione di alcuni comuni? La fusione di comuni può essere positiva, ma va sempre affrontata con uno sguardo d’insieme, sul territorio nel suo complesso. Alcuni comuni si possono fondere, ma poi non possono pensare di rimanere per proprio conto. Una visione globale della montagna è imprescindibile e una unione di comuni unica sarebbe forse stata la soluzione migliore. Probabilmente ci si arriverà per gradi, ma ci si arriverà, poiché la frammentazione non può portare da nessuna parte. E tornando ai comuni del crinale? Alla fine degli anni ’90, sono stati tra i primi in Italia a costituire un’unione. Come vedi il loro futuro? Sono comuni che hanno caratteristiche simili: possiedono le cime più alte, una natura di straordinaria bellezza, tre valichi che conducono in Liguria e in Toscana, neve, acqua in abbondanza, tutte risorse che costituiscono un potenziale da utilizzare anche economicamente. Questi codicembre 2013

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muni hanno tentato di guardare insieme alle potenzialità del loro territorio, cercando di combattere insieme i problemi, primo fra tutto quello dell’emorragia di popolazione. Insieme alle difficoltà, vedo ancora oggi delle possibilità che potrebbero essere sfruttate, dal turismo all’innovazione nel settore agricolo all’alleva-

Operaio

mento, e a un miglioramento nelle vie di comunicazione. Teniamo conto del fatto che in questa zona passa una strada statale che potrebbe essere molto migliorata. Ci sono, poi, troppi ettari di terre incolte sulle quali si potrebbe investire e impiegare persone, anche tanti stranieri, perché no. Sono tutti ragionamenti che abbiamo

Giannetto Magnanini ha compiuto 90 anni

alla Lombardini, partigiano della 76a Brigata SAP, dopo la guerra Giannetto Magnanini diventa dirigente prima della FGCI e poi del PCI reggiano. Nel 1970 è eletto nel Consiglio regionale dell’Emilia Romagna e viene nominato Presidente della Commissione sanità e sicurezza sociale della Regione. Assume poi la carica di Presidente dell’ACT e una volta in pensione accetta la carica di Presidente di Istoreco che ricoprira per due mandati. Giannetto ha sempre amato raccontare la

storia. Tra i tanti titoli menzioniamo Ricordi di un comunista emiliano, Vicolo dei Servi, Dopo la Liberazione e l’ultimo I comunisti reggiani negli anni Sessanta. Dopo la morte della moglie si è trasferito a Martellago, in provincia di Venezia, per essere vicino alla figlia. Ma Reggio non la dimentica perché ogni estate ritorna nella sua amata Marola a trascorre le vacanze e rivedere i vecchi amici. Il comune di Martellago lo ha festeggiato, insieme all’ANPI provinciale e comunale, come si vede dalle foto. Il 5 ottobre scorso nella sala consiliare del Municipio di Martellago (VE) l’ANPI di Martellago, in collaborazione con l’ANPI provinciale di Venezia, ha festeggiato i 90 anni del suo iscritto, Giannetto Magnanini, che, per l’occasione si è presentato con il fazzoletto da partigiano al collo. Alla cerimonia erano presenti una trentina di iscritti all’ANPI. Alla cerimonia ha voluto partecipare il sindaco di Martellago, prof.ssa Monica Barbiero (nella foto con Giannetto).

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già fatto e su cui andrebbero sviluppati ulteriori approfondimenti, tuttavia vedo una situazione molto complessa, ma che è anche semplice insieme. Le opportunità ci sono, speriamo che a seguito di questa riforma arrivino davvero i finanziamenti di cui si parla e un nuovo slancio per guardare verso il futuro.

L’ANPI della Provincia di Venezia e della Sezione di Martellago formulano i migliori Auguri a Giannetto MAGNANINI per il suo 90° compleanno ed esprimono profonda gratitudine per il contributo dato per un’Italia libera e democratica. Il Presidente ANPI Provincia di Venezia Diego A. Collovini Il Presidente ANPI Sezione di Martellago Cosimo Moretti


Reggio Emilia

politica

Nella Città delle persone...

quando arriva il freddo in tanti sono sulla strada di Giuseppe Napolitano

A Reggio Emilia, il 21 settembre 2013,

un corteo cittadino dal nome LA STRADA NON E’ UNA CASA (su precarietà e marginalità non si costruisce il futuro), attraversa la città, fino a raggiungere piazza dei Martiri del 7 luglio, proprio nella città delle persone. Vi aderiscono, tra associazioni, movimenti, sindacati di base, comitati, cooperative, circa trenta sigle, dall’associazione PARTECIPAZIONE, a PASSAPAROLA, G.A.3, MONDOATTIVO, COLLETTIVO R60, GIOVANI A REGGIO EMILIA CONTRO LE MAFIE, COMITATO PROVINCIALE ACQUA BENE COMUNE, FEDERCONSUMATORI, FAI, CITTA’ MIGRANTE, la cooperativa MAG6, ZONACIVICA, l’AQ16, AMNESTY INTERNATIONAL, EMERGENCY, CUB, PARTIGIANI URBANI, CASA CANTONIERA AUTOGESTITA, GIOVANI MUSULMANI d’ITALIA, POLLICINO GNUS, COMITATO NO PARCHEGGIO IN PIAZZA DELLA VITTORIA, e tante altre. Ciò che ha spinto tante realtà diverse a mobilitarsi è stata la presa di coscienza del fatto che, nonostante l’alto e sempre in aumento numero di persone in emergenza abitativa o senzatetto a Reggio Emilia – realtà che spesso sfugge alle statistiche ufficiali – la città non è ancora in grado di dare risposte adeguate. Esistono strutture di accoglienza, come quelle gestite da Caritas, Papa Giovanni XXII e Dimora di Abramo, le quali si aggiungono a quelle parrocchie che mettono a disposizione i loro spazi e ad alcuni privati, ma a quanto pare questo non basta più: la crisi ha stravolto inesorabilmente le previsioni ufficiali, e la mancanza di un piano comunale strutturato di contrasto all’emergenza abitativa produce conseguenze sempre più drammatiche. La realtà dei fatti ha smantellato il preconcetto secondo cui i senzatetto sono esclusivamente immigrati o persone con problemi “di adattabilità sociale”: basta andare in stazione dei treni dopo le 21.00, nei sottoscala di sempre più numerosi condomini, nell’area delle ex Reggiane, negli scarichi merci dei supermercati o nelle case abbandonate, per rendersene conto. Un altro luogo emblematico sono i par-

Per donare vestiti, per info o per accedere al servizio telefonare al n. 3274237046 o visitare il sito www.partecipazione.eu

cheggi... dove, già da tempo, si vedono uomini e donne dormire in auto o – i più fortunati – nei camper. Moltissimi sono italiani – non che faccia alcuna differenza la provenienza geografica, quando si tratta di diritti umani, ma occorre sfatare il pregiudizio a cui si faceva riferimento: chi ha perso il lavoro, chi è fallito, esodati senza casa, padri separati. Non si può più far finta di niente, questo tipo di emergenza ormai è parte della città “dei record”. Per contrastare questa emergenza umanitaria è nato, nell’aprile 2013, il coordinamento LA STRADA NON E’ UNA CASA, a seguito di un impegno – fatto di volontariato, azioni di sensibilizzazione della cittadinanza e mobilitazione per far attivare le istituzioni – in atto già da due anni.

Nell’inverno del 2011, a fronte delle temperature record e della mancanza di strutture sufficienti, alcuni volontari di associazioni e collettivi si sono adoperati affiancando i soggetti istituzionali: sono state messe a disposizione, per l’accoglienza, Casa Bettola (Casa cantoniera autogestita), la sede di Rifondazione comunista e un condominio di un privato, con l’obiettivo di dare un tetto alle decine e decine di persone che non erano riuscite ad entrare nei dormitori del circuito Caritas o in quello allestito in emergenza sotto allo stadio Mirabello – per volontà principalmente dell’assessore al Welfare Matteo Sassi e gestito dal Centro sociale Papa Giovanni XXIII. La speranza collettiva era che, dopo l’esperienza di quel primo inverno, il Comune mettesse in essere un piano strutturato ed efficace. Tuttavia, anche l’inverno successivo, quello del 2012 -2013, ha visto un piano freddo improntato esclusivamente all’emergenza, senza prospettiva a medio – lungo termine, nonostante alcuni miglioramenti rispetto all’anno precedente quali l’apertura del dormitorio di “Villa Rossi” – struttura di proprietà dell’ASL di Reggio Emilia, data in concessione d’uso al Comune e gestita dalla PGXXIII attraverso una convenzione con Caritas. A Villa Rossi, i volontari dell’associazione culturale Partecipazione, del gruppo Rahamim volontari di misericordia e alcuni privati cittadini hanno lavorato senza sosta per tutta la durata dei quattro mesi canonici dell’emergenza freddo – dal 1° dicembre 2012 al 31 marzo 2013. Quando i quattro mesi sono finiti, il freddo era ancora molto forte, e le decine di ospiti si avviavano al loro destino di dover dormire in strada. A gran voce i volontari di Villa Rossi, a cui si sono aggiunti altre associazioni, movimenti e collettivi, si sono mobilitati per il prolungamento dell’apertura della struttura. La risposta da parte delle istituzioni è stata incongruente: la struttura è stata mantenuta aperta solo per altri pochi giorni. Quell’inverno è accaduto anche un fatto gravissimo: un giovane marocchino ospite della struttura è stato ucciso da un estraneo ubriaco, entrato nel dormitorio in stato estremamente alterato. Prima della chiusura di Villa Rossi è dicembre 2013

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stata organizzata dall’associazione Partecipazione e dal Centro sociale Papa Giovanni XXIII una mostra fotografica di impatto, dal nome REGGIO EMILIA, L’ALTRA CITTA’ DEL TRICOLORE. La mostra è stata allestita all’interno della struttura, completa di installazioni che ricostruivano i giacigli e le baracche di cartone in cui dormono i senzatetto, chei il visitatore era obbligato a scavalcare. Di questa mostra c’è stata una buona risonanza sui media, ma tutto si è fermato lì, nonostante le promesse di interessamento da parte di alcuni politici che hanno visitato la mostra. L’indignazione aumentava e l’opera di sensibilizzazione e la mobilitazione hanno continuato pressanti sui social network, attraverso dibattiti, sit-in, interviste, testimonianze, striscioni esposti al palazzo comunale e in occasione dell’inaugurazione della Fotografia europea. Sono state anche raccolte oltre un migliaio di firme, affinché gli organi preposti si adoperassero per aprire strutture per accogliere i senzatetto. Dalla sua “costituzione” il coordinamento LA STRADA NON E’ UNA CASA è cresciuto come adesioni, compiendo una costante opera di sensibilizzazione e ope-

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gli organismi amministrativi della città diano una adeguata risposta, non a chi si mobilita nell’opera di volontariato e sensibilizzazione, ma alle ormai centinaia di persone che vivono in questa condizione estrema. Una risposta che renda questa città veramente la città delle persone... TUTTE.

Riconoscimento al nostro amico Giovanni Mariotti Reggiano de Roma

ra luglio e ottobre scorsi Giovanni Mariotti, noto anche per i sonetti romaneschi di cui è autore, alcuni pubblicati sul nostro periodico, è stato gratificato da due prestigiosi riconoscimenti relativi al suo impegno nei campi della storia e della memoria. In luglio il Capo dell’Ufficio veterani di guerra della Polonia gli ha inviato una lettera di gratitudine “per la divulgazione e promozione della storia della Polonia, ed in particolare di quegli aspetti legati alla nascita dell’Inno nazionale polacco”, come noto composto a Reggio nel 1797 da Jòsef Wybicki In ottobre ha ricevuto , dall’Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini, il conferimento della Stella al Merito Garibaldino per la fedeltà agli ideali della tradizione Garibaldina”. Ci congratuliamo vivamente con l’amico Mariotti. 12

rando direttamente sul campo per aiutare chiunque fosse in difficoltà, chiedendo al Comune di Reggio Emilia non solo assistenza emergenziale, ma strutture aperte tutto l’anno e una strategia di percorsi che portino all’inserimento lavorativo, nonché la possibilità di adibire a strutture di accoglienza alcuni dei numerosi immobili inutilizzati sul territorio e il blocco degli sfratti e dei pignoramenti alle famiglie e ai singoli che, perso il lavoro, non sono più in grado di pagare l’affitto o il mutuo. La battaglia contro questa emergenza non è ancora finita, tanto è vero che l’associazione Partecipazione, con la collaborazione di alcune altre realtà del coordinamento, ha aperto in via Due Canali un centro di ascolto solidale con annesso un guardaroba per distribuire vestiario e cercare di orientare chi si trova in difficoltà ai servizi esistenti, mettendo anche a disposizione le competenze e le professionalità di quanti si stanno spendendo, a titolo volontario, per la causa. Quest’anno il freddo tarda a farsi sentire, dando un po’ di sollievo a chi dorme per strada, ma presto arriverà implacabile: ci si aspetta, dopo questo percorso, che

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politica

Gaetano Davolio: “Perché sono andato a Roma il 12 ottobre scorso” di Alessandro Fontanesi

Tano ed io ci siamo incontrati nell’uf-

ficio in uso all’ANPI alla Camera del lavoro di Campagnola, un giovedì di fine ottobre, Tano è il soprannome con cui da sempre tutti conoscono Gaetano Davolio, già sindaco di Campagnola e partigiano. L’occasione dell’intervista che sto sviluppando per conoscere e raccontare la sua storia di partigiano, si è rivelata interessante anche per fare alcune considerazioni sul presente. In particolare Tano ha voluto esternare il suo pensiero in merito alla manifestazione del 12 ottobre a Roma per la difesa della Costituzione e che tanto ha fatto discutere in seno alla nostra associazione, di cui Tano ha ricoperto il ruolo di presidente della locale sezione di Campagnola ed oggi è comunque voce sempre lungimirante e mai banale. Ecco cos’ha raccontato in proposito per il nostro “Notiziario”: Innanzitutto l’adesione da parte dell’ANPI alla manifestazione del 12 ottobre a Piazza del Popolo, ad una manifestazione per la difesa della Costituzione, a me è parsa fin da subito una cosa scontata. Al di là di quelle che sono state le motivazioni portate dai nostri dirigenti nazionali per non aderirvi, motivazioni rispettabilissime e giuste o non giuste che siano e sulle quali non entro nei meriti del torto o della ragione, poiché ritengo che alla luce di quella che è la realtà attuale, dove dopo 70 anni non solo la Costituzione non è stata messa in pratica, ma viene ormai quotidianamente disattesa, sono convinto che essere in piazza per la sua difesa, sarebbe stato molto importante. Insieme a Zagrebelsky, a Landini, a Rodotà e don Ciotti, personaggi credo di provata e indiscussa statura morale, insieme a tanti soggetti e associazioni diversi, tra i quali anche i partiti della sinistra, per me quello era il luogo quasi naturale nel quale l’ANPI non poteva mancare. E allora quando ho saputo di questa manifestazione e dopo una serie di polemiche che ne hanno fatto da contorno, il mio pensiero è subito andato a tutti quei compagni che hanno lottato insieme a me nella Resistenza e che oggi non ci sono più. Ho pensato al povero Pierino Bellesia, morto all’alba della Liberazione, ecco, io do-

vevo essere a Roma per loro, perché anche tutti loro oggi, penso avrebbero fatto altrettanto. Io ho 87 anni forse questa è l’ultima manifestazione a cui potrò partecipare, ho la fortuna di una salute che ancora mi assiste e così ho fatto presente a mia moglie ed ai miei figli che la mia intenzione era quella di andare a Roma. Non potendomelo negare, i miei figli si sono resi disponibili ad accompagnarmi e così ha fatto mia figlia, che insieme a me è venuta in treno. E mi ha fatto piacere, una volta giunto a Roma, vedere che c’erano tanti vecchi come il sottoscritto, alcuni reggersi a fatica sul loro bastone, evidentemente animati dalla medesima volontà di partecipare ad una manifestazione tanto importante. Fino a quando c’è il tentativo di non rispettare la Costituzione, fino a quando c’è il tentativo, spesso riuscito, di violare la Costituzione e i suoi articoli, penso ad esempio alle spese militari per la guerra in Afganistan o a quelle per l’acquisto per gli ormai e purtroppo celebri bombardieri da guerra F35, mentre la nostra Costituzione nel suo articolo 11 ‘ripudia’ la guerra; e fino a quando ci sono forze politiche che non rispettano la Costituzione repubblicana, che è nostra, dei cittadini, del popolo ed è basata sul bisogno e sul diritto, fino a quando tutto questo non è rispettato e non è applicato in modo compiuto, credo che i valori dell’antifascismo che sono alla base della Costituzione, quanto mai attuali e validissimi, debbano essere difesi da chiunque voglia stravol-

gerli. Noi veniamo da quella storia, cioè da tutto quello che ci ha portati al raggiungimento della nostra Costituzione, cioè dalla Resistenza e pertanto è nostro naturale dovere batterci per il suo rispetto e la sua attuazione, in tutte le circostanze che si presentano per poterlo fare. Del resto anche Calamandrei diceva che per sapere dov’è nata e dove è stata scritta la Costituzione bisogna andare nei luoghi dove sono morti i partigiani e aveva ragione, perchè è lì che tutto inizia e quindi la Repubblica, la democrazia e la libertà. Per cui se i valori della nostra convivenza civile prendono corpo dalla Lotta di Liberazione, allora noi dobbiamo rispettare quei principi per i quali i nostri compagni sono caduti e hanno sacrificato la loro stessa vita, per noi e per la libertà di tutti. Pertanto non possiamo tirarci indietro, per ragioni se vogliamo anche futili, dal rispettare e difendere quell’insieme di valori che sono alla base della Costituzione e lo dobbiamo fare sempre, anche quando una manifestazione può non convincerci, senza però farne un momento di divisione, soprattutto se il suo intento è di fatto la difesa ed il rispetto di ciò che è stata la nostra storia, perchè la Costituzione è sia il nostro passato, il nostro presente e soprattutto il nostro futuro, allora noi non possiamo mancare.

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estero

Iran Disinnescata la reazione militare di Israele?

di Bruno Bertolaso

A spegnere o a ridurre gli entusiasmi

di quella parte del popolo iraniano che nell’estate del 2009 era sceso in piazza a protestare contro i brogli elettorali che avevano tolto ogni legittimità alla elezione di Mahmud Ahmadinejad e che festeggiava oggi la vittoria del moderato Hassan Rohani ci ha pensato Netanyahu che ha messo in guardia l’Occidente dal non lasciarsi ingannare da Theheran, malgrado il positivo esito dei negoziati con il Gruppo 5+1 di Ginevra, giudicando Rohani non in grado di cambiare la politica iraniana. La provvisoria chiusura degli arsenali militari di Tel Aviv, è stata abbinata ad una assai parziale riduzione delle sanzioni nei riguardi dell’Iran, oggi chiamato con particolare insistenza ad intervenire nei riguardi della Siria col fine di far cessare il bagno di sangue colà in corso. Lo scambio di missive e telefonate avuto con Obama, nel contesto della soluzione diplomatica per il controllo delle armi chimiche di Assad, ha dato una prima spinta per aprire nuovi positivi approcci fra i due Paesi per la ricerca di una soluzione della questione nucleare, trattata anche con Hollande e Letta negli incontri, tenutisi all’ONU. Rohani si troverà, quindi, a riaffrontare il medesimo dossier nucleare che lo aveva visto coinvolto nel 2003, quando nella sua qualità di rappresentante del presidente Khatami aveva condotto tutti i negoziati con gli USA, in qualità di capo del dossier nucleare e del relativo arricchimento dell’uranio in atto nel Paese. Hossein Mousavian un ex-negoziatore del dossier nucleare, stretto collaboratore di Rohani ha rotto il silenzio del governo, incitando l’Occidente a ridare all’Iran il rispetto che si merita, esigendo un severo controllo sull’arricchimento dell’uranio in atto oggi in Iran, quale base di un ragionevole e condivisibile accordo per una normale ripartenza dei reciprochi rapporti. Nel medesimo giorno della sua elezione Rohani ha dichiarato al popolo festante, che lo circondava che era un grande piacere rivedere di nuovo il sole della ragio14

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ne che splendeva sull’Iran. Per il nuovo presidente il buio della “non ragione” erano stati gli otto anni di populismo e di provocazioni verso il mondo di Ahmadinehiad che avevo provocato l’isolamento dell’Iran dal resto del mondo. Con la domanda che si pongono oggi i commentatori politici più vicini al popolo, si tenta di capire che cosa potrà cambiare in Iran con Rohani, mentre si spera vivamente che il neo eletto sappia usare con estrema intelligenza la chiave ideale, chiesta agli elettori ed avuta dagli stessi per consentire al presidente di aprire le porte entro le quali era rinchiuso il Paese. Per l’apertura molto dipende dall’Occidente. “Non lasciate solo Rohani” è la raccomandazione che gli ambasciatori iraniani rivolgono all’Europa, in modo che non si abbia a ripetere quanto successo con l’ex-presidente Khatani, quando questi aveva teso, senza successo, la mano all’Occidente. Allora gli Stati Uniti si erano voltati dall’altra parte, nel momento in cui, dopo la caduta di Bagdad, George Bush sperava che Teheran avrebbe seguito l’Iraq nella medesima caduta. Era stato proprio Rohani ad accettare allora di sospendere l’arricchimento dell’uranio e di sottoscrivere il protocollo straordinario, che consentiva agli ispettori dell’ONU di visitare i siti atomici senza preavviso.

Molti parlamentari americani hanno sollecitato ed invitato Obama ad agire con rapidità e flessibilità onde evitare di ripetere gli errori del passato, con i quali si era dato nuovo potere ai fondamentalisti iraniani, i quali si oppongono, ancora oggi, ad ogni compromesso sul nucleare. Nel caso in cui gli USA non concedessero a Rhoani quello spazio politico, che gli consenta di agire conseguentemente, il neoeletto presidente si troverà a percorrere uno strettissimo cammino, disattendendo le aspettative dei riformatori che lo hanno votato e delle masse popolari che si attendono miglioramenti della situazione economica. I falchi si sono già mossi, avviando una campagna sul web, con la quale gli ayatollah cominciano a chiedergli conto di quale significato intenda dare alla parola “moderazione”, che è stata il suo slogan elettorale. Rhoani è un uomo che è sempre stato al centro politico della Repubblica islamica, per lui moderazione vuol dire spinta verso il centro, escludendo quindi ogni forma di estremismo, lontano dallo spaventoso spettro siriano e dalla riapertura degli arsenali di Israele, colmi di armamenti nucleari. Arsenali che gli accordi di Ginevra del 24 novembre tra Iran e i rappresentanti delle potenze 5+1 manterranno ancora chiusi, malgrado il forte dispiacere di Netanyahu.


cultura

Perché Reggio non valorizza il proprio patrimonio storico del Novecento? E se fosse anche una risorsa economica?

di Glauco Bertani

Torino, sacrario del Martinetto

E

ra l’alba buia e piovosa, del 5 ottobre scorso, quando chi scrive saliva, con un pizzico di sonno non tanto velato, sul pullman che, insieme ad un gruppo di iscritti dello SPI della 5a lega di Reggio Emilia, lo avrebbe portato a Torino, sui luoghi della memoria della Resistenza. Un viaggio di gemellaggio con lo SPI di Torino. Il sottoscritto viaggiava per conto di Istoreco. Anticipo la domanda che mi sarebbe sorta alla fine del viaggio e la rivolgo ad Antonio Zambonelli, da una vita custode dinamico della memoria della Resistenza prima presso l’Istituto storico e ora impegnato sul fronte ANPI come direttore della rivista che state sfogliando. Direttore, come mai a Reggio non c’è ancora un museo della Resistenza, e i luoghi di memoria neppure segnalati? Eppure Reggio è medaglia d’oro della Resistenza come Torino?

«Un museo della Resistenza un tempo c’era, ed aveva sede presso i Musei civici, nella sala oltre il lungo corridoio della Gliptoteca. Fu smantellato qualche decennio fa per far posto ad altri materiali. Cimeli, foto, documenti, bandiere, che erano esposti in quel Museo, sono da allora immagazzinati da qualche parte. Alcuni oggetti mi risulta siano anche conservati in ISTORECO. Quando fu allestito, nella Residenza municipale, il Museo del Tricolore, come Istoreco proponemmo, ma senza successo, che la bella documentazione sul Primo Risorgimento avesse un seguito con le vicende della Resistenza, o Secondo Risorgimento che dir si voglia. Sono anni che persone e gruppi che vengono in visita a Reggio “Città Medaglia d’Oro per la Resistenza”, manifestano stupore constatando l’assenza di un luogo in cui antifascismo e lotta di liberazione siano

documentati in permanenza. D’altra parte anche i “luoghi di memoria” non sono in alcun modo segnalati con targhe adeguate: penso a Villa Cucchi, al Carcere “dei Servi”, alle stesse ex carceri di San Tommaso… Nelle città e nei paesi della Francia ci si imbatte spesso in targhe o piccole lapidi poste sui muri di case in cui abitarono o nacquero caduti partigiani, o sterminati nei campi nazisti: “mort pour la France”, vi si legge, o “fusillé au Mont Valerien”, “Mort à Auschwitz”… Più in generale tutta la storia del Novecento non è “leggibile”, come invece dovrebbe, camminando per le vie cittadine. Quanti sanno, per esempio, che il Palazzo Ancini, dove siamo ospitati anche noi come ANPI, fu sede della Camera del lavoro (e subì due violenti assalti fascisti) fino al 1923?». La riposta è facile, quindi la elidiamo. Probabilmente c’è anche un equivoco. dicembre 2013

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In una terra in cui la Resistenza si considerava un prodotto locale doc come il lambrusco e il formaggio grana se non addirittura un gene del DNA del reggiano, si dava, e si dà, quindi come fatto acquisito una volta per sempre. Però, però c’è un problema nuovo, oltre al tempo che passa che allontana quegli avvenimenti dal presente e che modifica gli ambiti familiari a cui probabilmente ci si affidava per la “trasmissione” di quella memoria. Ci siamo scordati colpevolemente dello spazio pubblico a cui affidare l’ereditarietà ambientale che si sta sfilacciando per le nuove generazioni ed è probabilmente un mistero per i nuovi venuti. E l’equivoco sta in questo: parlare di Resistenza scrivendola sui muri della città equivarrebbe, per qualcuno, a uno stato dello spirito che corrisponderebbe alla nostalgia. In realtà la memoria non è solo un’occasione di formazione permanente alla democrazia ma una risorsa anche economica. Il museo diffuso – cioè un luogo fisico che ospita la memoria e le strade e i palazzi della città che raccontano la loro storia – come quello costruito a Torino può creare domanda di turismo. Un turismo culturale che, come i Sentieri partigiani di Istoreco, può muovere decine e decine di persone soprattutto anche dall’estero. Con i Sentieri, ad esempio, si cammina fra i monti e poi si scende al piano, in città. La Resistenza è l’occasione, quindi, per far conoscere la città nel Novecento nei suoi diversi aspetti attraverso formule non scontate. Il museo diffuso di Torino è un museo multimediale in cui sono confluite in formato digitale testimonianze video e la narrazione di quel pezzo di storia della

Le ex carceri Nuove ora Luogo della memora (le foto sono di G. Bertani)

città, mentre il “museo”, che si snoda per le vie dalla città, come in un disegno crittografato in cui i punti sono legati da un tratto di penna i luoghi della memoria più significativi sono uniti da un autobus su cui degli attori aspettano i turisti (e anche gli studenti delle scuole torinesi). Il bus parte e gli attori iniziano a raccontare le vicende di quei luoghi attraverso testimonianze e brani letterari. Un viaggio emozionante. E da qui sorge spontanea la domanda: come mai regioni come il Piemonte riservano attenzione a questi temi e solo da noi, una regione che ha avuto una guerra di liberazione molto radicata non sembra esserci altrettanta sensibilità? «Effettivamente la Regione Piemonte da sempre, e con qualunque maggioranza di governo, ha avuto attenzione alla memoria della Resistenza. Già oltre vent’anni

or sono, c’era una maggioranza di centro destra, produsse la migliore legge regionale per il finanziamento della rete degli Istituti storici. Lo ricordo perché feci personalmente una raccolta delle leggi regionali in materia per ragionarne in seno al nostro Istituto regionale. Comunque, per quanto ci riguarda come reggiani, credo che nel corso dei settantesimi della Resistenza (2013-2015) si dovrà porre rimedio alle troppe assenze produttrici di perdita della memoria rispetto ad una storia come la nostra nel corso del Novecento. Una storia che – anche se non necessariamente “magistra vitae”- ha tuttavia molto da offrire alla riflessione collettiva circa il presente ed il futuro del mondo in cui viviamo». Una riflessione che giriamo agli amministratori presenti e futuri.

Passeggiata resistente nelle Langhe, sulle tracce di Fenoglio, Pavese e Davide Lajolo Sabato 28 e domenica 29 settembre una trentina di reggiani abbiamo partecipato alla Passeggiata resistente nelle Langhe – sulle tracce di Fenoglio, Pavese [e Davide Lajolo] organizzata da Istoreco e SPI-CGIL. Come preparazione, alcuni giorni prima, abbiamo potuto apprezzare una conversazione (vera e propria lezione) di Salvatore Trapani, sui tre scrittori intimamente legati alle colline langarole e alla memoria della Resistenza. A Vinchio (paese natale di Lajolo) visita alla Casa della Memoria gestita dall’Istituto storico Resistenza di Asti. Oltre a documentare con foto e carte la lotta partigiana, la Casa comprende anche due strutture di grande efficacia comunicativa: la ricostruzione di un nascondiglio partigiano (compresi rumori e voci di nazifascisti rastrellatori) e la simulazione di un viaggio nel 1944 sul treno per Auschwitz, accompagnata dallo sferragliare sulle rotaie e da immagini di paesaggi in fuga oltre il finestrino con filo spinato. A guidarci con grande competenza per le vie e i luoghi signifcativi di Asti, Vinchio e Santo Stefano Belbo, nonché per sentieri tra i vigneti langaroli, Mario Renosio, da anni anima dell’Istituto astigiano per la storia della Resistenza. (a.z.) Nella foto (di Federica Troisi): ingresso alla Casa della Memoria di Vinchio. Sulla destra, Nando Rinaldi, direttore di Istoreco. 16

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Angoli di Reggio tra Israele e Palestina

cultura

Si è svolto con successo il viaggio

organizzato da Istoreco alla scoperta di “Angoli di Reggio in Terra di Israele”, da domenica 24 novembre a domenica 1° dicembre. Al momento di andare in stampa abbiamo ricevuto diverse foto che documentano i vari incontri dei 35 partecipanti con diverse personalità e situazioni tra Gerusalemme, Tel Aviv e Seilat al Daher. Sul prossimo numero pubblicheremo un ampio resoconto scritto e fotografico. Qui ci limitiamo a due foto: Una ci mostra lo splendido Aron hakodesh e le due lampade nella Sinagoga di Kiryat Shmu’el (Haifa) un tempo appartenenti alla Sinagoga di Reggio, l’altra bambini e maestre della scuola d’infanzia “Giuseppe Carretti” di Seilat. All’incontro con gli ebrei di Kiryat ha presenziato anche il prof. David Cassuto, già Vice Sindaco di Gerusalemme e maggior esponente della comunità italiana in Israele. Allo Yad va-Shem, il Memoriale della Shoà, percorrendo il Viale dei Giusti, i reggiani hanno reso omaggio alla lapide su cui compare il nome del cavriaghino Enzo Boni Baldoni che, parrocco a Quara, salvò una famiglia di ebrei milanesi. Ai famigliari di don Enzo il certificato di “Giusto” fu consegnato anni addietro proprio dal prof. Cassuto.

Giancarlo Ambrosetti

La Resistenza e l’idea gramsciana del Museo dei ceti subalterni di Antonio Zambonelli

Il 12 ottobre u.s. ci ha lasciato, in età di

78 anni, il dott. Giancarlo Ambrosetti, già direttore dei musei civici. A quanto si è scritto sulla sua figura nella stampa locale, voglio aggiungere un ricordo personale. Nell’aprile 1967 Giancarlo era da poco giunto a Reggio per assumere il nuovo incarico. Era un giovane poco più che trentenne, già fornito di una bella barba, però più curata di quella inselvatichita degli ultimi anni. Credo di essere stato il primo ad intervistarlo in merito ai

suoi propositi relativi alla funzione che aveva appena assunto dopo alcuni anni di esperienze nel campo della ricerca archeologica in varie parti del mondo: dalla Francia alla Germania, dall’Asia minore a Paesi arabi, all’India. L’intervista fu pubblicata su “Reggio 15” del 16 aprile 1967. Ricordo bene, mentre camminavamo per i corridoi del Museo, la pungente ironia con cui, nel suo fiorito romanesco, sottolineava lo stato di abbandono in cui quindicembre 2013

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tali di materiali si trovavano ammassati nelle vetrine malandate. Ma ascoltando le sue parole, i cocci senza senso diventavano prodotti del lavoro umano, un gruppo di materiali si differenziava da un altro e da un altro ancora, ed i vari gruppi insieme venivano a formare una storia di lotte, di spostamenti umani alla ricerca di condizioni di vita più favorevoli, di mutamenti, di nascite sviluppi e decadenze di civiltà o di “culture” apparse a volte per lunghi periodi sul territorio reggiano o altrove. Ma tutto quel materiale, così come si trovava allora nel Museo, era di impossibile decifrazione senza l’aiuto dello specialista che si era già pazientemente studiato i “quasi indecifrabili – parole di Giancarlo

– e comunque incompleti cataloghi” del Museo stesso. In giornate nelle quali si affacciano sulla stampa vari progetti museografici circa la storia della nostra terra reggiana, merita qui riportare il brano dell’intervista in cui Ambrosetti parlò del Museo della Resistenza e di un Museo del territorio. “Nel quadro complessivo del riordinamento, una sistemazione degna dovrebbe poi essere trovata per il Museo della Resistenza, avendo cura di arricchirlo attraverso l’acquisizione del materiale ancora reperibile, ma che rischia di andare irrimediabilmente disperso. Un ‘Museo delle tradizioni popolari’ dovrebbe essere costituito ex novo. A questo proposito c’è tutto un patrimonio di usan-

ze, ambienti, fenomeni sociali riguardanti il mondo contadino reggiano, che stanno per essere definitivamente cancellati dalla memoria, con grave pregiudizio per la intelliggibiltà di una storia delle ‘classi subalterne’ che per questa via finirebbe ancora una volta per essere espunta, totalmente o parzialmente, dalla ‘Storia scritta’, per così dire”. Sono ipotesi di lavoro ancora di grande attualità. Giancarlo Ambrosetti me le espose 46 anni or sono, quando aveva poco più di trent’anni e io poco meno. Nel frattempo il Museo della Resistenza non solo non ha trovato una sistemazione degna ma è letteralmente scomparso. Quello ispirato alla nozione gramsciana dei “ceti subalterni” non ha mai visto la luce.

CAVRIAGO 1945–1950 QUANDO LE BANDIERE ERANO ROSSE

di Antonio Zambonelli

L’autore, William Casotti, classe 1931, è

stato iscritto al PCI fino al fatidico 1989, e per due volte Sindaco “rosso” di Cavriago (1958-1960; 1970-1972). Questa sua documentata ricostruzione della vita della Sezione comunista cavriaghese è dunque inevitabilmente anche, in parte, legata alla sua autobiografia di giovane a cavallo dei vent’anni. Ma lontana da Casotti la nostalgia per il PCI, o l’idea che esso possa rinascere. Tuttavia, continuando in un suo ormai pluriennale impegno di scavo nella storia della comunità cavriaghese, questa volta ha voluto farci capire che, comunque, la vicenda comunista locale negli anni dell’ uscita dalla guerra e dell’avvio della ricostruzione, è stata un’esperienza straordinaria e generosa di impegno diffuso e totalizzante, per tanti uomini e donne. E come, nonostantre i dogmatismi e le attese di una qualche ora x, sia stata anche una grande stagione, a Cavriago come altrove, di alfabetizzazione politica e civile. Sia nella prassi del concreto impegno sociale e amministrativo, sia attraverso la vera e propria scuola che il PCI, a Cavriago come altrove, seppe diventare, con quei corsi, di sezione e di cellula, in cui militanti che raramente erano andati oltre la quinta elementare, vennero avvicinati ai temi della storia nazionale, dell’economia, della letteratura. Superato il trauma della sconfitta sul piano nazionale (18 aprile 1948) del Fronte democratico popolare, il PCI cavriaghese operò un progressivo rafforzamento della propria struttura organizzativa con una ripresa, in concreto, della tradizione riformista prampoliniana, nonostante quell’innesto leninista di cui scrisse Luciano Casali su 18

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“Ricerche storiche”. Anche come tale innesto si sia prodotto, scrive Casotti in prefazione “è tutto da approfondire se si vuole capire la realtà cavriaghese”. Ma anche se si vuol capire la realtà emiliana e non solo. Una realtà che personalmente non esiterei a definire fortunatamente schizofrenica. Nel senso che, se il “programma massimo” era quello del salto rivoluzionario con collegato ripudio del ”riformismo” (il rinnegato Kautski di Lenin, ricordate?), la prassi era fortunatamente quella che riprendeva, appunto, molto della tradizione riformista prefascista. Utile da leggere questa nuova fatica di Casotti, in questi momenti di smarrimento politico e sociale in cui stiamo vivendo, e magari avendo anche a mente gli interventi di questi giorni, sulla stampa locale, a proposito di un Museo del PCI a Reggio. Soprattutto chi la stagione storica di un PCI ben vivo ed operante non l’ha vissuta, per ragioni anagrafiche, avrà forse modo di rendersi conto del fatto che non tutto del passato repubblicano dell’Italia è da buttare e meno che mai da cancellare. Anche perché, come sostengono alcuni, forse con lo scioglimento del PCI si è gettato il bambino con l’acqua sporca. Ma questo soprattutto perché il PCI nei decenni che seguirono i primi anni del dopoguerra, aveva compiuto la trasformazione riassumibile nel passaggio dalla “via democratica al socialismo”, e connesso legame più meno ferreo con l’URSS, ad una visione di “socialismo europeo” in cui la democrazia non era più la via per un teleologico “Traguardo finale” ma la condizione per la realizzazione di riforme sociali finalizzate alla “uguaglianza delle possibilità di partenza” per ciascuno:

il Riformismo per l’appunto. Certo, gli anni del dopoguerra 1945-1950 ci rimandano ad un mondo profondamente diverso da quello in cui stiamo vivendo. Quel modo di adesione alle togliattiane “minute pieghe della società” è oggi forse irripetibile. Non c’è più quel mondo bipolare Est-Ovest che induceva scelte di campo drastiche. Cancellata la certezza che “il comunismo sia la giovinezza del mondo e prepari dei domani che cantano”. La realtà, internazionale e locale è oggi assai frantumata e di difficile lettura. Ma l’esperienza concreta dei comunisti italiani, efficacemente raccontata da Casotti con un esemplare caso di “microstoria”, merita di essere conosciuta come occasione per riflettere su una possibilità, anche oggi, di fare politica da cittadini partecipi e non da passivi spettatori di talk show televisivi. William Casotti, Un partito, un paese. I comunisti a Cavriago (1945-1950), Consulta ed., 2013, 223 pp., Euro 10


di Fiorella Ferrarini

COME MI BATTE forte il tuo cuore

cultura

Il

30 ottobre scorso, nell’ambito del progetto RADICI NEL FUTURO, che fa riferimento al gemellaggio tra cultura antifascista e cultura antimafia, firmato al Cervi nel 2011 tra l’Istituto e Libera con don Ciotti (a cui come ANPI di Reggio Emilia abbiamo aderito), con la collaborazione di Gemma Bigi, e insieme ad Eugenio D’Ecclesiis mi sono recata al Liceo Magistrale Matilde di Canossa, per tenere un incontro con due classi in successione, coordinate dal prof. Stefano Aicardi. Il primo era stato svolto da Mirco Zanoni del Cervi, i prossimi saranno condotti da Luca Giovanelli dell’Associazione Papa Giovanni e gli ultimi due da Annalisa Duri di Libera Reggio Emilia. Abbiamo voluto dare un titolo che fosse immediatamente recepito dai ragazzi: Come mi batte forte il tuo cuore (tratto dal bel libro di Benedetta Tobagi, figlia di Walter Tobagi, giornalista e scrittore ucciso nell’80 dalle Brigate Rosse), per esprimere la necessità nei rapporti interpersonali dell’empatia, del desiderio di comprensione, della solidarietà. Immaginate due aule abbastanza piccole, tanti banchi fitti fitti, tantissimi occhi attenti e vivaci. Sicuramente nelle scuole non molto si sa oggi dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, della sua nascita in piena guerra, della Resistenza e della lotta di Liberazione, ma in questo caso sono uscite buone risposte. Avrebbero compreso i

Eugenio D’Ecclesiis e Fiorella Ferrarini (foto Stefano Aicardi)

ragazzi il legame tra l’antifascismo, valore da troppi ritenuto superato e invece più che mai necessario, e le nuove resistenze, in particolare contro la “cultura”e le infiltrazioni mafiose? Utilizzando metodi interattivi e coinvolgenti, riducendo interventi frontali che poco stimolano l’attenzione, Eugenio ha iniziato chiedendo ai ragazzi a che cosa associavano la parola “resistenza”: perché resistere oggi? contro chi? Contro che cosa? Quindi ha fornito i dati minimi fondamentali per orientarsi storicamente: la Resistenza in Italia e in Europa, il Fascismo, il Nazismo, l’Antifascismo, la Resistenza. L’uso sistematico della violenza. Il rifiuto di ogni concetto di diversità, di uguaglianza, la mancanza di libertà, l’ illegalità, la negazione dei diritti. Ha quindi proiettato da you tube, commentandolo, l’interessante ed efficace disegno animato “Ora e sempre. Che cos’è l’ANPI”, creato dall’Associazione partigiani di Colle Val d’Elsa (che consiglio di visionare e diffondere) e che si conclude con il famoso discorso del ’55 di Piero Calamandrei ai giovani, “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra Costituzione”. Io ho proposto ai ragazzi, tutti attenti e coinvolti, il gioco delle stelle, chiedendo

loro di ritagliare e attaccare all’abito due triangoli che, sovrapposti in senso inverso avrebbero formato una stella a sei punte (stella di David? non solo); di scrivere su una parte, a scelta, uno dei valori del Manifesto di Radici nel futuro: libertà, solidarietà, memoria, legalità, responsabilità, motivando l’opzione. Il retro della stella doveva essere colorato di rosso, giallo, rosa, marrone, viola. Dopo l’illustrazione della follia del razzismo e dell’antisemitismo fascista e nazista, dei campi di concentramento e di sterminio, della soluzione finale, della razza “pura” ariana e dei milioni di morti provocati, aggiunti a quelli della terribile guerra mondiale, sono stati illustrati i colori delle stelle che dovevano individuare, ai fini di sterminio, rispettivamente i prigionieri politici, gli ebrei, gli omosessuali, gli “zingari” e i testimoni di Geova. Ho poi chiesto ai ragazzi, evidentemente coinvolti, se queste assurde discriminazioni che le stelle rappresentavano esistono ancora oggi, e sono uscite osservazioni motivate (ed esperienze personali): contro i disabili, gli immigrati, gli omosessuali, i rom, le donne. Ancora oggi dunque, ancora oggi è necessario “resistere”, impegnarsi, essere dalla parte giusta come lo furono i partigiani, alcune testimonianze dei quali sono state proposte, tratte da Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. L’art. 3 della Costituzione, il cuore della nostra Carta, indica il cammino in modo chiaro e definitivo. Ha resistito e lottato, insieme a tante vittime della mafia, Rita Atrìa, la “picciridda” dicembre 2013

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di Paolo Borsellino “fimmina lingua longa amica degli sbirri” secondo la mafia, suicidatasi dopo l’uccisione del giudice Borsellino, essendo diventata testimone di giustizia, contro la famiglia e il paese d’origine. Queste le ultime sue parole di speranza, malgrado la solitudine e l’emarginazione, “Forse un mondo onesto non esisterà mai... ma chi ci impedisce di sognare... forse se ognuno di noi proverà a cambiare... forse ce la faremo”. E in un mondo ancora caratterizzato da ingiustizie, violenze ed emarginazioni, da recrudescenze di “nuovi” fascismi in Italia e in Europa, la speranza va costruita e l’antifascismo indica un percorso di

responsabilità che, alla fine, si traduce nell’indicazione di un nuovo, indispensabile umanesimo, illuminato dalla Costituzione più bella del mondo.

La famiglia Karnowski di Singer

Una parabola ebraica della decadenza borghese tra letteratura e storia di Giovanni Guidotti

Esistono opere letterarie che non solo

definiscono un’epoca, ma una condizione umana. È il caso de I Buddenbrook, capolavoro di Thomas Mann. Ad esso si può riferire un consistente numero di produzioni, sia per impianto narrativo che per temi attinenti alla decadenza borghese e al crollo delle certezze. Gli esempi vanno da Il signor Cevdet e i suoi figli, prima opera del Nobel turco Orhan Pamuk, ad alcuni romanzi legati alla cultura degli ebrei orientali e alla loro lingua, lo jiddisch: La famiglia Moskat, di Isaac B. Singer (Nobel nel 1978); I fratelli Ashkenazi” e La famiglia Karnowski, di Israel J. Singer, fratello maggiore di Isaac. In particolare La famiglia Karnowski (Adelphi, 2013), testo pubblicato a New York da Israel J. Singer nel 1943 (un anno prima della morte) ma solo ora recuperato dall’oblio grazie all’editore italiano e alla traduzione dalla lingua jiddisch di Anna Linda Callow, contribuisce in modo determinante a proiettare nuove luci (ma pure ombre) sul mondo degli ebrei orientali e su un periodo storico caratterizzati progressivamente dalla crescita dell’antisemitismo, dall’affermazione del nazismo, dalla tragedia della Shoah. La storia della famiglia si sviluppa nell’arco di tre generazioni, tra fine ’800 e anni Quaranta del Novecento, e fra due continenti, l’Europa e l’America. Le vicende prendono avvio con David, che dal piccolo villaggio ebraico di Melnitz, in Polonia, e da una vita impostata sui rigidi principi del chassidismo, si trasferisce a Berlino, dove ha l’opportunità di frequentare una comunità ebraica più moderna e aperta: amante della civiltà tedesca finisce per 20

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abbandonare la lingua jiddisch, senza però smarrirsi, facendo suo il motto “essere ebrei in casa e uomini in strada”. Il figlio Georg inizia invece a misurare su di sé la crisi d’identità. Tra alterne vicende, che denotano una profonda inquietudine, riesce a completare gli studi universitari e dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale si afferma nella professione e nella società: diviene un medico stimato e conosciuto, sposato con una donna tedesca di religione cristiana. Tuttavia, nella Germania sempre più antisemita, il marchio indelebile dell’origine riemerge drammaticamente: l’esistenza onorata e dignitosa faticosamente conquistata viene di colpo annullata e sarà il figlio Jegor a subirne in misura maggiore le conseguenze. Emigrati negli Stati Uniti a causa delle persecuzioni razziali, i Karnowski sono costretti a ripercorrere il millenario cammino della diaspora, mentre il giovane Jegor, sempre più chiuso in se stesso, finisce per odiare le proprie origini ebraiche e s’avvia verso un destino tragico. Si parlava del rapporto tra l’opera di Mann e quella di Singer. In proposito Claudio Magris, appassionato studioso della cultura mitteleuropea, nell’introduzione al romanzo I fratelli Ashkenazi (rispetto al quale le vicende dei Karnowski si possono ritenere complementari), scrive: “il tema della decadenza borghese, che resta in fondo tuttora uno dei motivi centrali della letteratura europea, acquista una fisionomia del tutto particolare quando viene vissuto e trattato da una prospettiva ebraica, o meglio ebraico-orientale…”. Negli Ostjuden (ebrei orientali) diviene insolubile il conflitto fra

Copertina, traduzione di Anna Linda Callow. Adelphi, 2013. Pagine 494. € 20.

l’ambizione piccolo-borghese, realizzata dall’affermazione economica e dall’ascesa sociale, la dimensione spirituale, legata alla fedeltà verso le proprie tradizioni, e la situazione di progressiva segregazione: una tale antinomia genera continua insicurezza e crisi d’identità. Sono ancora le parole di Claudio Magris a fornire la sintesi finale di questa parabola: “I vari Buddenbrook delle varie società borghesi sopravvivono – sia pure autonegandosi – nei demoni usciti dai loro lombi; dei Buddenbrook ebrei non resta traccia se non la biblica polvere. Ai sanguinosi crepuscoli degli dei si contrappone l’assoluta estinzione…”.


Quando si leggeva “Il Pioniere”

cultura

di Bruno Grulli

Il mercoledì, subito dopo pranzo, co-

minciava l’attesa e dalla finestra guardavo in fondo alla via aspettando con ansia che spuntasse Forghieri. Se tardava erano dolori ma poi arrivava con la sua bicicletta e, soprattutto, con la sporta attaccata al manubrio. Prima di arrivare da noi entrava in altre case e, finalmente, saliva le nostre scale. Io correvo ad aprirgli la porta. Sempre ben accolto si sedeva al tavolo della cucina e dalla sporta estraeva “Noi donne” per mia nonna poi, giocando a fare il misterioso, a volte fingeva di essersi dimenticato il giornalino. La cosa mi faceva penare ma nel momento in cui Forghieri diceva che si era sbagliato e dalla sporta faceva uscire “Il Pioniere” la gioia era doppia. Afferrato il giornalino correvo in un angolino per leggermelo in pace. I personaggi e le storie scorrevano rapidamente. Le avventure in rima di Cipollino e dei suoi amici nelle tavole di Verdini e quelle a fumetti di Chiodino, Pilucca e Perlina in ultima pagina però dovevano attendere la lettura della puntata del romanzo illustrato in quarta e quinta pagina. Era questo infatti il motivo dell’attesa. Come erano andate le cose a Dick nella Freccia Nera, a capitan Blood, a D’Artagnan, al trombettiere di Pancho Villa? Ma prima ancora dei romanzi il posto d’ onore spettava alla pagina di Pif per le sue baruffe con Tonio e Agata. Le rubriche illustrate di scienza, storia e geografia erano poi piacevoli letture. Il “Pioniere” veniva distribuito tramite la rete del PCI e delle organizzazioni della sinistra. Il pacco destinato a Reggio arrivava già al martedì pomeriggio ed una copia era subito disponibile sui tavolini dello storico circolo Gramsci avente sede nella Federazione di via Toschi. Le sere di martedì nelle quali con mio padre andavo a vedere la televisione nel salone del circolo mi affrettavo a cercare “Il Pioniere” per sapere in anticipo quale era stato lo sviluppo delle avventure ma purtroppo il giornalino era spesso nelle mani di un giovanotto che, anni dopo, ritrovai come assessore nella giunta Bonazzi. Ero così costretto ad attendere che il compagno Giulio Bigi terminasse la sua lettura e gli ronzavo attorno per poi afferrare il giornalino e dar sfogo alla mia

curiosità. Lo sfondo sociale e la scelta di parte del “Pioniere” erano evidenti. Cipollino, l’eroe principale, era un bambino del proletariato che con la sua arguzia aveva sempre la meglio sulla borghesia rappresentata dal cavalier Pomodoro e dalle contesse Del Ciliegio; abbondavano i racconti sulla recente Resistenza, i Tre Moschettieri avevano la casacca rossa anziché blu come descritta da Dumas, la Storia veniva sempre raccontata dal punto di vista dei più deboli, i buoni trionfavano sempre sui cattivi. Non sapevo quanti altri bambini leggessero “Il Pioniere” e mi sentivo isolato tra i tanti che leggevano “Il Corriere dei Piccoli”, anche figli di comunisti. Una volta a scuola, ero forse in 2a elementare, la maestra apostrofò noi bambini dicendo che il giorno prima, sotto le finestre di casa sua, era passata una sfilata di Pionieri e che lei ne aveva sofferto molto. Ci ammonì di non aderire a quelle cose malvagie e che non voleva neanche pensare che qualcuno di noi, ed in quel momento mi dette una rapida occhiata, vi partecipasse. Giorgio, il mio compagno di banco figlio di gente di destra e che sapeva che leggevo “Il Pioniere”, mi dette una gomitata e mi disse: “Dice a te comunistaccio marcio”. Io ero impaurito e, nonostante non fossi iscritto all’ API (L’Associazione dei Pionieri d’Italia) e non avessi partecipato alla sfilata, imploravo Giorgio di tacere e di non rivelare che tempo addietro gli avevo mostrato il giornalino che avevo messo nella cartella. Molti anni dopo seppi che “Il Pioniere” era all’indice della stampa proibita dalla Chiesa. Qualche tempo dopo quell’episodio partecipai ad una festa organizzata dal circolo Gramsci per i figli dei soci, forse la Befana del 1955. Fui contento di incontrare tanti bambini che leggevano “Il Pioniere” e mi meravigliai di vedere che tra di essi c’era Marco, un mio compagno di classe; mio padre e suo padre erano molto amici e ci misero a tavola vicini. Mentre mi servivano il primo cioccolato in tazza della mia vita Marco mi confessò che anche lui aveva vissuto male quel rimprovero della maestra.

Copertina del “Pioniere” n. 51 del 25 dicembre 1955

Cessai di leggere “Il Pioniere” nel 1959 ma ne avevo conservato quasi tutte le copie dal 1952 (delle annate 1952-53-54 però rimase poco). Giacque per anni impacchettato in un armadio resistendo alle tentazioni di mia madre di fare spazio e persino al trasloco da via San Rocco. Ogni tanto un’occhiatina la davo finché decisi di depositare la raccolta all’archivio dell’Istituto storico della Resistenza. Ora è al Polo Archivistico del Comune di Reggio Emilia.

Ringraziando l’amico Bruno per questa bella rievocazione, cogliamo l’occasione per ricordare che Gianni Rodari (19201980) fu fondatore e anima del “giornalino” messo all’indice dalla Chiesa. Da anni Rodari è universalmente riconosciuto come uno dei più importanti scrittori per l’infanzia del Novecento. I suoi libri vengono ricorrentemente ripubblicati non solo in Italia ma in varie parti del mondo. (a.z.) dicembre 2013

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Arti figurative e memoria dei Cervi Celebrazioni per il 70° della Resistenza

di Paola Varesi

Corinto Bonazzi, Il seme della libertà; Omero Ettorre, Il martirio dei fratelli Cervi; sotto Nani Tedeschi, Ritratto di Papà Cervi

Il 70° anniversario della Resistenza ol-

tre ad essere un’occasione di studio e di nuovo approfondimento sui fatti legati alla Resistenza, costituisce anche un’occasione importante per studiare come si sono formati e consolidati memorie e miti. E soprattutto attraverso quali strade. Anche l’arte, e la pittura in primis, hanno svolto già nell’immediato dopoguerra un ruolo di racconto e di testimonianza che - anche se meno compiutamente che nella narrativa e nel cinema (almeno per quel che riguarda l’immediato dopoguerra) – ha contribuito a fondare una memoria pubblica della Resistenza ma anche a rappresentare fatti e memorie. In questo un ruolo particolare lo svolgono nell’immediato dopoguerra i concorsi de La Premiata Resistenza e i tanti artisti che vi concorrono affermandosi poi a livello nazionale ma determinando con la loro arte e i loro soggetti una spinta verso la costruzione di un immaginario collettivo. E’ così che l’arte riveste un ruolo particolare anche nella narrazione, nella memoria e nella costruzione del mito della vicenda della famiglia Cervi o di alcuni salienti episodi di essa, in particolare la fucilazione avvenuta per mano dei fascisti il 28 dicembre del 1943. Proprio la fucilazione dei sette Fratelli Cervi e di Quarto Camurri, evento tragico e nodale, è stata rappresentata da parecchi artisti nella sua tragicità ma anche nel suo forte impatto emotivo. A livello locale – solo per limitarsi ad alcuni di essi – ci sono Omero Ettorre, Mario Novellini, Corinto Bonazzi, Nello Leonardi, 22

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Pantaleone Naif, Ninetto Baracchi. Opere significative, di questi come di altri artisti, giungono a partire già dai tardi anni ’50 del secolo scorso alla Casa di Gattatico – che nel frattempo comincia la sua trasformazione in Museo – come omaggio a cura degli stessi autori, oppure attraverso iniziative pubbliche, fra le quali particolarmente significativa è quella voluta da Renato Bolondi che alla fine degli anni ’80 indice un concorso per lo sviluppo della raccolta d’arte che si sta costituendo al Museo, con particolare attenzione all’arte naive. Una parte consistente di queste opere – che sono parte integrante della Collezione d’arte del Museo Cervi – saranno esposte nell’ambito di una mostra che l’Istituto Alcide Cervi vuole dedicare negli spazi del Museo Cervi al 70° anniversario della fucilazione dei sette Fratelli Cervi e di Quarto Camurri (28 dicembre 1943), con la collaborazione dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna. L’intento di questo percorso fra arte e memoria non sarà però solo quello di valorizzare le opere conservate presso il Museo Cervi, ma quello di fare un punto sulla produzione nota e diffusa sul territorio (alcune di esse funzionali alla mostra perverranno da altre sedi museali e private), e anche – e significativamente – di verificare quanto si possa rintracciare presso sedi diffuse di non ancora conosciuto, repertoriato sulla famiglia Cervi, sulla fucilazione dei sette Fratelli e di Quarto Camurri. Cosi, sul fronte artistico, si è avviato un

progetto di ricerca teso a raccogliere informazioni a tutti i livelli, partendo dalla città e dalla provincia di Reggio Emilia, presso enti pubblici e privati: musei, sedi delle ANPI delle Camere del lavoro, ma anche di cooperative e di partito, gallerie d’arte, biblioteche e singoli cittadini. Non è escluso che si possano trovare altre opere, altri documenti sulla storia dei Cervi, e rilanciarne cosi nell’occasione di questo 70° una ricerca a tutto campo.


Il corso di formazione organizzato dall’ANPI provinciale di Reggio Emilia

UN BILANCIO

di Gemma Bigi

I

l 12 e 13 ottobre scorsi si è tenuto il primo Corso di formazione organizzato dall’ANPI provinciale di Reggio Emilia, con il contributo dell’ufficio formazione dell’ANPI nazionale e con la partecipazione di Istituto Alcide Cervi e Istoreco. Ospiti del centro sociale HortusCatòmes tót, circa una cinquantina di persone hanno affrontato e approfondito il periodo storico che ha visto l’affermazione del fascismo, la nascita della Resistenza, la genesi della Costituzione; temi apparentemente lontani nel tempo ma illustrati in tutta la loro attualità e pregnanza dagli storici intervenuti e dai gruppi di lavoro che sono stati creati. Sia gli esperti che i tutor dei gruppi hanno partecipato a titolo volontario, non percependo alcun compenso per i loro interventi e rendendo pertanto possibile il corso. La due giorni era divisa in una parte più teorica, quella del sabato, caratterizzata dalle relazioni degli esperti sul periodo 1919-1948; e una più operativa caratterizzata dai work group della domenica. Dopo il saluto del presidente e partigiano Giacomo Notari, il primo intervento: Il fascismo, una scelta

politica è stato affidato a Claudio Silingardi, direttore generale INSMLI, il quale, attraverso date nodali, ha sottolineato la linearità dell’ascesa del fascismo e di quanto le sue scelte politiche e sociali rispondessero ad una strategia mai improvvisata. L’affermazione del fascismo dal 1919 al 1939 è stato il periodo trattato da William Gambetta, del Centro studi movimenti di Parma, seguito da Massimo Storchi di ISTORECO il quale ha inquadrato gli anni dal 1943 al 1945, quando l’antifascismo divenne Resistenza. La giornata del sabato è poi proseguita con Paolo Papotti, referente della formazione per l’ANPI nazionale, con l’intervento La Costituzione italiana, un progetto di società, in cui una particolare attenzione è stata riservata all’Assemblea Costituente, alle biografie dei suoi membri e ad alcuni temi emblematici del lavoro che vi venne svolto. Infine, i partecipanti hanno incontrato il gappista Giglio Mazzi Alì, intervistato da Denis Fontanesi, la cui testimonianza ha permesso di comprendere le conseguenze sulla vita delle singole persone di quanto illustrato fino a quel momento.

La domenica è stata invece la volta dei gruppi di lavoro, i quali rappresentano un approfondimento di tematiche specifiche, a cui hanno partecipato in tutto una trentina di persone,. Tre i tavoli che hanno preso vita: Cinema e fascismo, la creazione del consenso” condotto da Salvatore Trapani di Istoreco; Memoria di pietra. Cippi e lapidi della provincia di Reggio Emilia. Per la creazione di progetti e collaborazioni con comuni e scuole” a cura dei volontari ANPI Riccardo Braglia, Massimo Vaccari, Patrizia Incerti, Livio Nicolini; Gioco di ruolo sulla Costituente condotto da Mirco Zanoni dell’Istituto Cervi. La restituzione del lavoro svolto dai gruppi, coordinata da Fiorella Ferrarini, vicepresidente ANPI provinciale, e le conclusioni del corso svolte da Papotti hanno poi sottolineato quanto ancora resti da discutere e approfondire e hanno confermato l’impegno dell’Associazione nel promuovere futuri momenti di formazione. Diamo di seguito un assaggio dell’andamento del corso e dell’entusiasmo degli iscritti riportando le risposte di alcuni di loro a domande poste dal Notiziario e pubblicando fotografie di diversi momenti. dicembre 2013

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Giglio Mazzi Alì con Denis Fontanesi; nella foto accanto immagine della sala dutante l’intervento di Massimo Storchi (foto Gemma Bigi)

1. Perché hai deciso di partecipare al Corso di formazione ANPI? – 2. Cosa ti aspettavi? – 3. Se non sei un iscritto ANPI: che impressione ti ha fatto l’associazione partigiani? – 4. Quali, secondo te, i temi che l’associazione dovrebbe affrontare quotidianamente? – 5. Come? Emanuela, 1958 1. Mi sono appena trasferita a Toano da Roma ed è stato il primo contatto con l’ANPI cittadina, ho trovato l’informazione del corso su : http://www.anpireggioemilia.it/ il titolo Non siamo indifferenti è in perfetta sintonia con le mie emozioni. Mi sono iscritta immediatamente. 2. Mi aspettavo una buona formazione e la possibilità di impostare un lavoro comune. E’ stata una bellissima sorpresa incontrare tante persone e molti giovani, impegnati, simpatici, colti, vivaci e agguerriti: un network già attivo, una famiglia competitiva e efficiente e tante idee. 3. Mi sono iscritta da poco più di un mese, consapevole che l’ANPI è giovane e molto attuale. Per molti anni l’ho considerata come tutti gli ambiti di interesse di mio padre, partigiano (morto 27 anni fa), area sua. Ho fatto il mio percorso in Francia e a Roma, solo negli ultimi anni, con l’elezione a sindaco di Alemanno a Roma, mi sono avvicinata all’ANPI romana, con la consapevolezza che era impegno e responsabilità inderogabile di tutti confermare i valori dell’ antifascismo. Ho partecipato a molte iniziative con l’ANPI, tutte emozionalmente intense e volte a confermare la verità storica. Ho incontrato professionalità di grande spessore umano, persone fortemente impegnate nel sociale, giovani molto attivi. Mi chiedo spesso perché persone cosi’ competenti, di talento e oneste, con un’idea cosi’ alta della politica, non arrivino a competere per ruoli politici importanti. 24

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E’ importante il ruolo di custodi impegnati con entusiasmo dal basso, ma serve un’iniezione di ambizione negli aderenti ANPI! 4. Se ci allontaniamo dalla retorica costruita attorno alla Resistenza e alle sue commemorazioni, l’impegno è quello di restituire la consapevolezza ai bambini che le sue vicende sono straordinariamente vicine a noi in senso temporale, ieri l’altro il fascismo in Italia è stato sconfitto e la democrazia ha consegnato a tutti, vincitori e vinti, gli stessi diritti e doveri: dalla vittoria antifascista siamo diventati tutti uguali. Essere uguali in democrazia non significa abdicare ad altri, né tantomeno ai nemici di ieri, la responsabilità di scrivere la storia: a. eticamente dobbiamo imparare a sottolineare alle giovani generazioni che abbiamo vinto e il valore della vittoria. b. formare la giovane classe dirigente di domani è un dovere: delegare ai giovani antifascisti gli incarichi istituzionali è un obbligo morale. In nome di una errata visione della democrazia, proprio i giovani depositari del patrimonio culturale fascista troppo spesso sono stati considerati anche dai dirigenti antifascisti, giovani brillanti a cui affidare responsabilità di governo. E’ un errore gravissimo: diventano i role models dei giovanissimi, che in questo modo non sono piu’ in grado di distinguere tra vero e falso storico. c. occorre restituire dignità al ruolo di quella parte della comunità ebraica italiana, impegnata nell’antifascismo, che esprime ancor oggi giovani antifascisti di valore e che troppo spesso da anni è ingiustamente messa all’indice ed è vittima di atteggiamenti antisionisti. d. la parità di genere sancita dalla costituzione è patrimonio storico della Resistenza: le giovani donne antifasciste, scelte per merito, devono accedere di diritto in numero paritario a incarichi pubblici,

amministrativi e politici.Rivendichiamo questa conquista come parte integrante della lotta antifascista e. la natura è stata madre nella lotta Partigiana: il tema dell’acqua pubblica è patrimonio ANPI e può insieme al tema della sostenibilità ambientale essere un cavallo di battaglia che le nuove generazioni, con la sensibilità e l’entusiasmo che le caratterizzano, possono facilmente far proprie e abbracciare con entusiasmo. Le energie rinnovabili, l’agricoltura e il cibo devono diventare il campo di battaglia su cui ci confrontiamo pubblicamente coi nostri detrattori. Questi sono i temi che ritengo piu’ urgenti affrontare con l’ANPI per invertire il senso della manipolazione storica, tentata negli ultimi anni da varie componenti mediatiche, politiche e istituzionali. 5. Continuando così: la voce dell’ANPI deve tuonare. L’ANPI e i partigiani hanno già costruito un patrimonio nelle scuole, adesso è importante valorizzarlo con fiducia: la possibilità di scegliere il futuro (e non la storia ) è il patrimonio che ci ha lasciato la Resistenza. Scegliamo noi. Alfredo, 1974 1. Ho deciso di partecipare perché mi sono reso conto di non avere la minima idea di come sia nata la resistenza, di non sapere quale ruolo abbia avuto nella seconda guerra mondiale e di non avere ben chiaro quali fossero i suoi princìpi ispiratori. La scuola dell’obbligo in questo non mi è venuta incontro. Sono passati molti anni ma credo che la questione sia stata liquidata in non più di un paio di righe nei libri di testo degli anni ‘80. 2. Mi aspettavo certamente molto meno di quello che ho trovato. Mi aspettavo di avere dei momenti di commozione ma


Momenti di lavoro dei gruppi tematici (foto di G. Bigi e Stefano Aicardi)

non mi aspettavo di vedere che non ero il solo a commuoversi. Non mi aspettavo un coinvolgimento così profondo da parte di persone così giovani, un così grande entusiasmo ed una così ampia competenza. 3. Sono rimasto impressionato dalla effettiva apoliticità del corso e dei suoi contenuti. Non deve essere per niente facile fare divulgazione di argomenti civili riuscendo a non fare politica. 4. Ho partecipato al workshop sulla propaganda cinematografica di regime. Io ritengo che sarebbe molto utile praticare la stessa analisi sui contenuti della odierna televisione. Inoltre sarebbe oltremodo utile diffondere la storia della costituzione così come ci è stata presentata: dando una dimensione umana alla carta costituzionale, avvicinandola emotivamente all’ascoltatore. 5. Credo che sarebbe utile fare questo genere di attività nelle scuole medie inferiori e superiori, con l’esperienza diretta fatta nelle scuole, poi, redarre materiali da mettere a disposizione degli istituti e degli insegnanti in modo che possa essere utilizzato liberamente nelle scuole italiane. Lezioni sulla nascita della Costituzione si potrebbero fare nei luoghi (sempre

Williama Gambetta (foto di G. Bigi)

pochi) preposti alla integrazione degli immigrati: la nascita della costituzione al termine (o come parte integrante) di un corso di lingua italiana, per esempio. Sono convinto che questo sia un argomento che susciterebbe un grande interesse tanto nei giovani quanto negli stranieri. Marcella, 1974 Allora non so se riuscirò a descrivere a parole il perché mi sento così vicino all’ANPI ma forse devo partire dal principio. Mio nonno, che nel 1942 era a militare, dopo essere diventato padre a soli 20 anni è partito per la Grecia dove è stato fatto prigioniero e deportato in Germania da dove è tornato solo nel 1945 quando suo figlio (mio padre) aveva tre anni. Dopo molti anni, quando ero una ragazza, parlandomi di quel periodo anche se era passato molto tempo, mio nonno ancora ricordava ogni singolo momento di quegli anni di prigionia e i suoi occhi si erano riempiti di lacrime. In quel momento ho pensato che dovevo trovare il modo per far si che questi ricordi non andassero persi perché purtroppo ogni giorno parlando con le persone mi accorgo che non tutti danno il giusto peso al passato ma che pensano sia meglio pensare solo al presente. Io credo invece che se non sappiamo da dove veniamo non sappiamo dove la nostra vita stia andando. Quindi quando mi è arrivata la mail del corso ho pensato che quello era il modo giusto per imparare cose nuove su di un argomento che ha ancora tante cose da insegnarmi per poi diffonderle e cercare di combattere l’individualismo che dilaga, e dove condividere i ricordi di mio nonno che da qualche anno non c’e più ma è con me ogni momento grazie a tutto ciò che mi ha insegnato. COSA MI ASPETTAVO: di solito non ho delle grandi aspettative quando decido di fare una nuova esperienza perché penso che c’è sempre da imparare in qualsiasi situazione.

Una cosa è sicura non mi aspettavo di sentirmi come a casa in mezzo a persone che vedevo per la prima volta. Ho provato quella sensazione che senti solo quando parli con qualcuno che ti capisce perfettamente e che è sulla tua stessa lunghezza d’onda e ho pensato che finalmente avevo trovato il modo giusto per far si che i ricordi,non solo quelli di mio nonno ma di tutti quelli che la guerra la portano ancora dentro, non andassero persi. L’ANPI da come l’ho vissuta in quei giorni, è fatta da persone che hanno voglia di andare contro a tutto ciò che divide le persone fisicamente ed intellettualmente, perché solo uniti si può fare la differenza e soprattutto non bisogna mai perdere la speranza che le cose possono cambiare. E’ per questo che ho deciso di iscrivermi perché voglio farne parte in pieno e aiutare a non dimenticare. Anna, 1970 1. Perché mi interessava, sia a livello didattico (collaboro con l’istituto storico di Parma, e tengo interventi nelle scuole su

Giacomo Notari apre il Corso (foto G. Bigi) dicembre 2013

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Paolo Papotti e Salvatore Trapani durante momenti del Corso (foto di G. Bigi)

Costituzione e Storia delle donne) sia a livello personale, perché fa parte della mia cultura. 2. Nulla di diverso, mi è sembrato davvero interessante, con relatori di alto livello, e ben organizzato. Due giornate intense,

La sezione A N P I di R e g g i o E m i l i a

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nizzate? Che interessano ormai tutto il territorio italiano… 5. Organizzando incontri/iniziative, là dove possono esserci le possibilità, magari in collaborazione con altre associazioni presenti sul territorio.

Dedicata a Dorina Storchi

L’8 marzo 2014 la sezione cittadina dell’ANPI reggiana verrà intitolata ufficialmente alla partigiana Dorina Storchi, Lina, che durante la guerra abitava in Via del Portone. Proprio in questo mese ricorre il 10° anniversario della sua scomparsa: nata a Rivalta il 27 gennaio 1910 è deceduta il 13 dicembre 2003. Cresciuta in una famiglia proletaria e socialista tra26

ma molto piacevoli. 4. Non saprei, mi sembra che l’ANPI, soprattutto a RE faccia davvero tanto, è sul territorio, e in alcuni casi, svolge un’importante lavoro con le scuole. Forse parlare di nuove resistenze, in primis di legalità, di lotta alle criminalità orga-

sferitasi poi in città, anche per allontanarsi dalle persecuzioni degli squadristi rivaltesi , dopo l’8 settembre ’43 Dorina fu da subito collegata, con altri suoi familiari, alla rete di resistenza che si andava formando ad opera del PCI clandestino. Eccola allora impegnata nell’assistenza a soldati sbandati, a prigionieri di guerra fuggiti dal campo di Fossoli, mentre pensava al marito Giovanni Ganassi, sotto le armi dal giugno ’40 (morirà poi in un lager nazista). Eccola ospitare i coniugi ebrei francesi Modiano, che furono così salvati dallo sterminio. Invece Dorina, in seguito alla spiata del famigerato Nikolai Aschenko, a metà gennaio 1944 venne arrestata e imprigionata ai Servi, il carcere gestito dalla GNR, tornando libera (dopo mesi di inutili maltrattamenti per estorcerle confessioni) in seguito allo scambio con un ufficiale tedesco catturato dai partigiani. Alla cerimonia dell’8 marzo 2014 sarà presente, venendo da Roma (coi due figli) dove da anni esercita la professione di architetto, la figlia Simona Ganassi, la bimba di 4 anni che durante la carcerazione della madre era l’unico familiare ammesso a visitare Dorina ai Servi, fungendo

così da tramite (coi bigliettini che le nascondevano negli abiti) tra le detenute (compresa Lucia Sarzi) e la rete della Resistenza.

“RS-Ricerche Storiche” n. 116/2013


cultura

Vent’anni di “Sentieri Partigiani” e i 90 anni di Fernando Cavazzini Toni

di Adriano Arati

L

o si era detto, che sarebbe stata un’edizione speciale, e tale si è confermata, fra omaggi, commozione e tanta voglia di ricordare. A fine settembre Reggio Emilia ha ospitato per la 20esima volta i Sentieri Partigiani di ISTORECO. Un’edizione speciale, appunto, la 20esima in assoluta e quella cadeva nel 70esimo anniversario dell’avvio della lotta di Liberazione in Italia. Splendida ciliegina sulla torta, letteralmente, il giorno conclusivo dei Sentieri è caduto con il 90esimo compleanno Fernando Toni Cavazzini, una delle più belle ed umane icone della Resistenza reggiana. Il risultato, quattro giorni di emozioni, di senso di comunità, di parole, di luoghi e di testimonianze uniche, grazie alle partigiane e ai partigiani della nostra terra, protagonisti assoluti delle giornata organizzate per il foltissimo gruppo – oltre 100 persone, fra cui tantissimi tedeschi e svizzeri – che dal 19 al 22 settembre hanno girato per il territorio reggiano, dalla montagna alla città. Ma la compagnia si è spesso allargata, e moltissimi italiani si sono uniti per le testimonianze, per parti di cammino e soprattutto per i due momenti pubblici che hanno suggellato a Castelnovo Monti e a Reggio i Sentieri 2013. I Sentieri 2013 hanno preso il via giovedì 19 settembre, con l’arrivo in montagna degli ospiti tedeschi ed italiani e l’avvio delle escursioni lungo i sentieri Cai tracciati per i Sentieri, affrontati sotto la guida di Daniele Canossini. I primi tre giorni hanno visto tappe a Busana e Cervarezza, al passo del Cerreto e a quello di Pradarena, alla Pietra di Bismantova e a Castelnovo Monti. Il tutto alternando marce a piedi sui sentieri e trasferimenti in pullman, per raggiungere le basi di partenza dei sentieri, e la presenza di partigiani e staffette, che hanno portato le loro testimonianze. In Appennino hanno parlato Giacomo Willi Notari, presidente dell’ANPI, e Francesco Volpe Bertacchini. Sabato 21 settembre, poi, la parte montanara dei Sentieri ha avuto un’impronta femminile. Nel pomeriggio, ai giardini di Bagnolo a Castelnovo Monti, di fronte al monumento alla donna partigiana, si sono alternate Giacomina Castagnetti, staffetta partigiana, sindacalista, donna impegnata per l’eguaglianza, e Mara Re-

La Nuda

deghieri, ex cantante degli Ustmamò, che ha accompagnato le parole di Giacomina con brevi esibizioni incentrate su canti di rivolta e di resistenza. Un bel momento, organizzato assieme al Comune castelnovese, che ha radunato parecchie persone della montagna, oltre ai partecipanti ai Sentieri, ed ha visto la collaborazione di Bottega Diversa, gruppo di acquisto solidale della montagna. A chiudere, la deposizione di un omaggio floreale ad un altro monumento, quello dedicato ai montanari deportati e morti in Germania, a Kahla. Il gran finale di questa edizione speciale è andato in scena domenica 22 settembre, in città. Ad aprire, alle 10, la testimonianza di Fernando Toni Cavazzini. Toni, comandante partigiano, è da vent’an-

Steffen Kreuseler con Volpe

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ni sostenitore dei Sentieri Partigiani, che appunto ha festeggiato il compleanno proprio in quella data. La giornata è proseguita con la deposizione di fiori al monumento della Resistenza, in piazza dei Martiri del 7 Luglio, prima della parte più colorata e coinvolgente, un corteo musicale lungo la via Emilia, al ritmo delle canzoni della popolare “Banda di Quartiere”. La marcia, che ha attirato l’attenzione di tantissimi reggiani, prima incuriositi e poi coinvolti nei canti – ha attraversato il centro prima di raggiungere la sede di ISTORECO, ai Chiostri di San Domenico in via Dante. La mattinata è proseguita con la deposizione di fiori al monumento della Resistenza in piazza Martiri del 7 luglio, e a mezzogiorno è arrivato uno dei momenti più emozionanti, un corteo musicale lungo la via Emilia, al ritmo delle canzoni della Banda di Quartiere. La Banda ha interpretato diverse canzoni popolari di Resistenza e di lotta, aprendo la marcia al lungo corteo – alcune centinaia di persone – che ha attraversato la zona centrale della via Emilia, sino a raggiungere la sede di ISTORECO, ai Chiostri di San Domenico in via Dante (di fronte alla questura). Qui erano stati allestiti tanti tavoli per un affollato Pranzo di Brigata, sempre accompagnato dalla musica della Banda di Quartiere e con la presenza di partigiani e staffette che da sempre sono gli ospiti dei Sentieri: Giacomo Notari, Giacomina Castagnetti, Giovanna Quadreri e Francesco Bertacchini. Oltre ovviamente a Toni Cavazzini, che ha festeggiato il 90esimo compleanno in compagnia dei suoi famigliari e dei partecipanti ai Sentieri, ed è stato omaggiato con una bella torta dedicata a lui e a tutti i partigiani, frag gli applausi di tutti i presenti. Tanti auguri e grazie, meraviglioso Toni.

Nella prima foto in alto davanti alle carceri di San Tommaso: Toni intevistato da Matthias. Alla sua destra Giovanna Quadreri, Giacomina Castagnetti e Giacomo Notari. Nell’ultima Toni con la moglie davanti alla torta di compleanno. 28

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cultura

Il futuro dei nostri giovani cammina con la nostra memoria? Possono le squadre ed associazioni sportive rispondere a questa domanda? L’attività sportiva può servire alla formazione e crescita democratica dei giovani?

Un incontro organizzato dalla sezione ANPI di Cadelbosco Sopra sabato 21 settembre 2013, nella palestra comunale di Cadelbosco Sopra. Sono intervenuti Barbara Fontanesi (ex atleta Nazionale di pallavolo), ideatrice del progetto Fuori Campo e regista della testimonianza con la partigiana Montanari Maria (Miscia) e Renzo Ulivieri allenatore di calcio ed oggi Presidente Associazione italiana allenatori calcio (AIAC). Intervistati da Mattia Mariani di Telereggio. di Barbara Fontanesi

P

ubblico con piacere l’estratto di una bella chiacchierata fatta Sabato 21 Settembre presso l’ANPI di Cadelbosco Sopra insieme a Renzo Ulivieri, la partigiana Maria Montanari ed il giornalista Mattia Mariani di Telereggio. “Se consideriamo la memoria una sorta di serbatoio delle conoscenze, in cui si accolgono e si ritengono le impressioni e le esperienze della nostra vita, ci rendiamo subito conto che la memoria è strettamente collegata al nostro presente ed al nostro futuro. Parlando di giovani ritengo che non ci sia futuro senza un’osservazione, anche critica ed a volte dolorosa, del nostro passato. Le società sportive in quanto luoghi educanti, dovrebbero attingere dalla memoria (propria ed altrui) per rispondere alla domanda in questione ad una condizione: che la testimonianza rimanga una traccia e non venga presa come verità assoluta. La memoria diventa noiosa e rimane inascoltata dai giovani quando diventa un’ “Operazione Nostalgia” in cui non si riconoscono. Nel “Mi ricordo quando…” non c’è mai una modernità sullo sguardo. In questo video Maria, pur sensibilizzandoci su temi universali, racconta la sua verità di quel preciso momento storico che non è il nostro, tanto meno il tempo delle ragazze del video in questione. È come se in mezzo alla savana trovassimo l’impronta di un leone. Se andassimo a sovrapporre la nostra impronta sulla sua, ci accorgeremmo che non è la stessa. È una traccia, è un’indicazione… ma non sarà mai la nostra strada! In generale ritengo che nello scavare dei ricordi ci debba essere sempre la costruzione di qualcosa di nuovo: la testimonianza deve far accadere cose nuove. Dev’essere la miccia per un’esplosione verso il futuro e questo è un compito difficile a cui siamo chiamati noi insegnanti, genitori, allenatori e dirigenti delle società sportive… La testimonianza di Maria è una testimonianza di forza, di lealtà e diimpegno…

Maria Montanari con Renzo Ulivieri

ha parlato poco ed ha fatto molto! I ragazzi, ascoltando la sua testimonianza si dovranno chiedere: qual è il mio contributo personale di fronte a questa importante eredità che i miei nonni mi hanno lasciato? La democrazia ha a che vedere con l’uguaglianza degli individui (morale e materiale) e questo concetto è assolutamente trasferibile anche nel mondo dello sport. Agli atleti, a maggior ragione giovani, occorre spiegare che dal punto di vista umano siamo tutti uguali in termini di opportunità, ma non lo siamo dal punto di vista tecnico. E qui entra il gioco un altro concetto, quello del merito, parola che sempre crea qualche malumore e malinteso… Il concetto di democrazia ed il concetto di merito sono due dimensioni in qualche misura complementari: l’uno pone in rilievo l’uguaglianza di fronte alle opportunità, l’altro sottolinea il valore ac-

quisito per competenze e capacità in un determinato settore. Mi è capitato qualche volta di sentire dai genitori che ho avuto modo di conoscere: “Ho pagato la quota e pretendo che mio figlio giochi”… un concetto molto diseducativo che pone l’accento sulla possibilità di acquistare tutto, anche il posto in squadra. In realtà non si compra il posto in squadra ma l’opportunità di allenarsi in una bella palestra, possibilmente riscaldata e con dei seri allenatori… tutto il resto è fatica e sudore. Picasso sosteneva che il 98% del merito è sudore… perché non possiamo farlo capire anche ai nostri ragazzi? Educare alla democrazia significa abbattere le forme di fascismo moderno che oggi sono molto più difficili da inquadrare. Il fascismo di oggi non è lo stesso dei tempi di Mussolini. Ha a che vedere con l’informazione, con una burocrazia caodicembre 2013

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tica che fa di tutto per non farci capire niente e nel nostro non comprendere, ci punisce con multe salate che ci tolgono la vita. I nuovi fascismi sono subdoli e populisti, fanno presa sulle paure di chi soffre, sull’odio di chi vive un periodo di grande crisi. Al contempo non son facili da individuare, si dichiarano non fascisti, ma subdolamente fomentano odio, razzismo, xenofobia… Siamo in una dittatura violenta che ci comanda con elementi difficili da riconoscere… i nostri giovani oggi sanno riconoscerla? Cosa trasmettiamo a loro noi allenatori, genitori, dirigenti, nonni? Dov’è finita la dignità dell’uomo se si arriva a suicidarsi per il lavoro… durante la resistenza il nemico era chiaro e visibile oggi non lo è. Oggi ci istigano al suicidio per rimanere impuniti. Manteniamo una casta che è solo preoccupata di salvaguardare la propria poltrona ed i propri interessi. Anche Mussolini è stato socialista, qualche strada e qualche legge giusta l’ha fatta, ma poi è diventato impero. La memoria quindi funziona se produce: - il ringraziamento dei nostri nipoti (delle conquiste fatte); - se diventa testimonianza e non un cata-

Mattia Mariani, Barbara Fontanesi, Ivano Manicardi, presidente ANPI Cadelbosco Sopra

logo di date e di episodi; - se la traccia viene tradotte in novità. Maria ci comunica che dobbiamo avere coraggio e che le conquiste fatte in passato non si sono acquisite per sempre… ogni santo giorno va rinnovata l’attenzio-

ne su di esse mantenendo la guardia alta. Questo, a mio modesto parere, è un discorso umano e non politico…

6 ottobre 2013

69° anniversario della strage di Marzabotto di Nello Orlandi

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e sezioni ANPI di Castelnovo ne’ Monti e Felina, insieme a quelle di Boretto, Poviglio e l’ANPI reggiano, rappresentato dal medagliere portato da Anna Parigi, hanno partecipato al 69° anniversario della strage di Marzabotto. E’ sempre emozionante partecipare a questa commemorazione. L’aria, l’atmosfera della piazza, i gonfaloni, il lungo corteo di sindaci, le bandiere delle associazioni, le canzoni partigiane cantate dal coro ANPI di Udine ti riempiono il cuore a testimonianza di un sentimento comune, semplice, fatto di appartenenza e di volontà di non dimenticare. L’oratrice ufficiale quest’anno è stata l’on. Marina Sereni, vice presidente della Camera. Il suo discorso è piaciuto perché conciso e chiaro nell’esposizione dei concetti e delle idee: “La coscienza degli uomini e la storia hanno condannato e giudicato i loro atti di crudeltà disumana, frutto di una ideologia perversa. Sapere, però, è necessario. È necessario conoscere e ricordare. Ed è necessario distinguere. Dobbiamo sapere che assieme alle SS, a compiere stragi come questa, c’erano anche degli italiani. 30

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Alcuni erano molto giovani. Alcuni scelsero la Repubblica di Salò in buona fede. Ma questo non diminuisce la colpa e la gravità delle loro azioni, e non cambia la verità storica, e cioè che da una parte – lo ripeto- c’era il bene e dall’altra il male; da una parte c’erano i partigiani, c’era chi scelse la Resistenza e la lotta per la libertà e la democrazia, dall’altra c’era chi scelse, con Salò, la Germania hitleriana, i principi antisemiti contenuti nella Carta di Verona e prima ancora nelle leggi razziali del ’38, la collaborazione nelle deportazioni, nello sterminio degli ebrei, nelle leggi che insanguinarono questa terra. È nostro dovere non dimenticare, oggi, questo insegnamento. E’ nostro dovere non disperdere un patrimonio così grande e così prezioso. È nostro dovere, proprio per rimanere fedeli ai nostri valori fondanti, rinnovare con saggezza e lungimiranza le nostre istituzioni. Perché i cittadini le sentano vicine, come una cosa loro. Ma ciò va fatto con saggezza e lungimiranza, senza toccare i principi fondamentali della nostra bella Costituzione”.

L’assessore di Boretto Giorgia Bia, Adriana Zoboletti e Anna Parigi, con il medagliere dell’ANPI

Siamo tornati da questa commemorazione più ricchi, convinti che, nonostante i problemi che assillano il Paese, ci sia ancora una forza, una volontà di “ben fare”, eredità dei valori che hanno contraddistinto la Resistenza.


le rubriche

Segnali di pace/

di Saverio Morselli www.segnalidipace.wordpress.com

C’era una volta la Bossi-Fini E c’è ancora L

a politica ha la memoria corta. E anche noi, la cosiddetta opinione pubblica, abbiamo la memoria corta. Ed allora, capita che la terribile strage di 374 migranti al largo di Lampedusa dello scorso ottobre tenda ad essere, esauriti il clamore, lo sgomento e le polemiche, quasi rimossa e riportata nell’ambito di quei fatti che fanno notizia – anche sensazionale – solo nel momento in cui accadono. Il dolore, l’orrore, le denunce e le controdenunce, le promesse e i mai più lasciano il posto prima ai distinguo sulle politiche da intraprendere in tema di immigrazione (propri di una compagine governativa che su questo ha al suo interno posizioni diverse e contraddittorie) e poi alla lucida, scaltra e comoda rimozione dell’urgenza del problema, che finisce per non dare risposta alla richiesta che da anni, costantemente viene riproposta dopo ogni tragedia del mare: non è tempo di abrogare la Bossi Fini? La legge n.189 del 30/07/2002, meglio degli obiettivi che si prefiggeva, ovvero strializzati aderenti al Development Assinota come “Bossi-Fini”, approvata dalla di fronte all’aumento dell’immigrazione stance Committee è stata del 4 percento maggioranza di centro destra ad integra- irregolare (326.000 clandestini stimati rispetto all’anno precedente, con l’Italia zione e modifica della precedente in tema nel 2012) alle difficoltà nelle espulsio- maglia nera con un calo di ben il 34,7 di immigrazione, la “Turco-Napolitano”, ni, all’implosione dei veri e propri lager percento. E che il trend, in tempi di crisi è caratterizzata da un approccio rigido, chiamati CIE, la ratio che la animava ha globale, non appare destinato a mutare. restrittivo ed escludente nei confronti rilanciato producendo il famigerato “Pac- Ma i fatti di questi ultimi mesi evidendegli extracomunitari che cercano di en- chetto Sicurezza” dell’allora Ministro ziano un aspetto ancora più terribile che trare nel nostro Paese. Le principali no- dell’Interno Maroni (Legge 15/07/2009, cozza ancora più clamorosamente con vità introdotte riguardano il permesso di n.94), che ha introdotto il reato di immi- l’atteggiamento legislativo ottuso ed soggiorno subordinato ad un contratto di grazione clandestina (ammenda da 5.000 inadeguato del nostro Paese: chi accetta lavoro a tempo indeterminato stipulato a 10.000 euro con processo davanti al mesi di privazioni, di sofferenze, di umiprima dell’ingresso in Italia (in caso di giudice di pace) ed innalzato a sei mesi il liazioni e di violenze per potersi imbarlicenziamento, dopo sei mesi il permesso periodo massimo di detenzione ammini- care senza alcuna prospettiva, non lo fa per vivere meglio, lo fa semplicemente scade), espulsione immediata degli im- strativa nei CIE. migrati irregolari identificati e istituzione Questo è il quadro normativo che ci ritro- per vivere. dei Centri di Identificazione ed Espul- viamo ancora oggi, al netto delle invettive, Lo fa per sfuggire dalla devastazione sione (CIE) per quelli privi di documenti dei mal di pancia e dei cauti ripensamenti. della guerra, dalla sopraffazione e dalla di identità, ove possono essere detenuti Questo è il volto arcigno, ostile e immobi- insopportabile condizione di ingiustizia in via amministrativa (sic!) per un massi- le di un Paese che continua a considerare che qualifica la quotidianità della propria mo di sessanta giorni sino alla definitiva l’emigrazione un problema di ordine pub- esistenza. Si tratta di persone che fuggoespulsione, con previsione di reato pe- blico e a non riconoscere “l’insopprimibi- no dalla Siria, dalla Somalia, dall’Eritrea, dalla Nigeria, dal Mali, dall’Afghanistan nale in caso di rientro. La legge prevede le tutela della persona umana”. inoltre l’utilizzo delle navi della Marina E’ ormai noto a tutti che il fenomeno perché hanno perduto ogni speranza e militare per contrastare l’arrivo dei clan- dell’immigrazione clandestina deriva non hanno più nulla da perdere. destini, anche attraverso i respingimenti solo marginalmente dagli sbarchi sulle Se la risposta a tutto questo continuerà ad sulla base di accordi bilaterali con i Paesi coste siciliane ed origina, soprattutto, essere l’incriminazione per immigraziolimitrofi e l’identificazione degli aventi dalla scadenza dei visti turistici o dal pas- ne clandestina (“atto dovuto”), così come è accaduto per i sopravvissuti di Lampediritto all’asilo politico direttamente sulle saggio illegale via terra. navi, nonché il reato di favoreggiamento Tuttavia, l’immagine delle carrette del dusa, o la detenzione per mesi nei CIE in (sino a tre anni di carcere e 15.000 euro di mare, il bestiale traffico di esseri uma- condizioni di vita sub umane, se i diritti multa per ogni persona favorita) per chi ni e le frequenti tragedie che fanno del umani – perché di questo si tratta – conaiuta “in acque internazionali” i migranti Mar Mediterraneo una sorta di cimitero tinueranno ad essere materia di polizia e ad entrare nel nostro Paese). Infine disci- subacqueo (19.142 corpi recuperati dal di sicurezza nazionale, allora significherà plina (riducendole) le opportunità dei ri- 1988, in realtà nessuno sa quanti siano) per l’ennesima volta non aver compreso congiungimenti familiari ed introduce la pongono con forza l’esigenza di un atteg- la dimensione e la gravità del fenomeno. rilevazione delle impronte digitali degli giamento solidale di accoglienza che fon- Nessuno può ragionevolmente pensare immigrati regolari. da la sua ragione d’essere sulla doverosa la soluzione sia l’apertura completa delle Con la Bossi-Fini, il rifiuto dell’altro, del consapevolezza della “disuguaglianza” frontiere, magari in nome di una concediverso, del lontano unito a uno striscian- tra Paesi ricchi e Paesi poveri e, conse- zione dell’accoglienza che non problete razzismo (o semplice ignoranza) che guentemente, della migrazione per mo- matizza l’impatto sociale ed economico individua nel migrante e nel suo even- tivi economici, ovvero di un lavoro e di che inevitabilmente ne conseguirebbe. tuale insediamento un elemento di sov- una vita migliore. Ma, come qualcuno ha opportunamente versione dei nostri fondamenti culturali, Al proposito, sarà forse il caso di ricordichiarato, visto che non possiamo fare sociali, religiosi e persino economici sino ad identificarlo come potenziale crimina- dare a chi demagogicamente invoca di tutto sarebbe giustificato non fare niente? le sembrava aver raggiunto il suo picco “aiutare gli immigrati a casa loro” che Ben venga il coinvolgimento dell’Unione nel 2012 la riduzione complessiva dei Europea, considerato che si tratta di un più alto. Ma non è stato così: di fronte all’og- fondi per l’assistenza allo sviluppo verso problema che va ben oltre i nostri confini gettivo fallimento del raggiungimento gli Stati africani da parte dei Paesi indu- nazionali, che spesso sono visti come un dicembre 2013

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le rubriche passaggio obbligato per arrivare altrove. Ben venga il potenziamento di coordinamenti europei in grado di controllare e gestire i flussi. Ma nell’ottica della condivisione solidale di una accoglienza degna di questo nome, e non di mera protezione delle frontiere o di polizia marittima specializzata nei respingimenti come

spesso si è configurata Frontex , un oggetto misterioso creato nel 2004 dall’UE per la gestione delle criticità in materia di immigrazione, e che ora si vorrebbe rilanciare . Tuttavia, l’attesa di una strategia comune europea non può costituire un alibi per rinviare sine die la sostituzione della

Cittadini-democrazia-potere/

Bossi Fini con una legge rispettosa dei diritti delle persone che preveda fondi e strutture in grado di affrontare una emergenza destinata a durare.

di Claudio Ghiretti, www.governareggio.it

Commercio e decoro urbano: occorre una correzione di rotta Quando la ristrutturazione di Palazzo

Busetti sarà ultimata e le attività commerciali vi saranno insediate, l’attrattività commerciale del centro storico di Reggio farà un salto di qualità. Insieme al recuperato Mercato Coperto e anche alla capacità innovativa di commercianti autoctoni che stanno investendo per rinnovare i loro negozi e proporre ai reggiani un’offerta commerciale di qualità, nel volgere di poco tempo la città potrà contare su alcune significative eccellenze commerciali. Eppure, appena ci si allontana dalla zona pregiata che ha come fulcro Piazza del Monte, l’impressione che si ha, girando per il centro storico, non è quella dell’eccellenza commerciale, ma il suo contrario: l’impoverimento e la sciatteria. E’ vero, la crisi economica, la disoccupazione e la forte immigrazione hanno ampliato di molto la povertà e quindi la domanda di prezzi bassi. Decine e decine di attività commerciali, di scadente qualità, hanno aperto e stanno aprendo in centro storico, talvolta gestite da improvvisati commercianti italiani, spesso dalla nuova imprenditoria extracomunitaria. A dispetto delle norme vigenti che vogliono il centro storico come luogo dell’eccellenza urbana, nessun requisito di qualità, nessuna coerenza e rispetto del contesto urbano, vengono loro richiesti. Molte attività presentano con vetrine sciatte, insegne trasandate, scritte improvvisate, che imbruttiscono le strade storiche e i loro edifici. Quando ciò avviene il contesto urbano subisce un colpo ingiusto e non necessario. E’ un danno evidente alla comunità, ma non si fa nulla per evitarlo. Cosa impedisce all’amministrazione comunale di pretendere qualità da chiunque intende 32

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operare nella nostra città, soprattutto nella sua parte più antica? La liberalizzazione del commercio non include il diritto alla sciatteria e all’incuria. Molte brutture potrebbero essere evitate con un nuovo e moderno regolamento per il decoro urbano, che fissi standard di qualità adeguati al contesto in cui ciascuna attività intende insediarsi, a partire dalle vetrine, le insegne, i fregi, le comunicazione, ecc. La legge e i massimi regolamenti comunali, PSC e RUE contengono norme anche per evitare l’eccessiva concentrazione di negozi problematici, quali quelli che hanno la loro ragione economica principale nella vendita di bevande alcoliche e creano degrado ma, al momento, sono del tutto ignorate. Molte di queste attività hanno aperto e stanno aprendo anche uno di fianco all’altro, caratteriz-

Uno scorcio di Via Sessi (foto Glauco Bertani)

zando negativamente la qualità urbana e commerciale di intere vie, danneggiando le attività pre-esistenti e la vita e le proprietà dei residenti. Se si lascia che sia il mercato a decidere, il mercato crea i ghetti. Occorre una decisa correzione di rotta. Non è più tempo di stare alla finestra. Occorrono atti di governo della città coerenti con la decisione strategica presa: quella di fare del centro storico il luogo dell’eccellenza urbana. Oggi non è così. Molte zone sono il luogo dell’incuria, del disordine e della violazione delle regole di convivenza urbana. La realtà urbana sta cambiando rapidamente ed è indifferente ai tempi della politica. Aspettare che sia la prossima amministrazione ad occuparsene è un comportamento del tutto inadeguato. Queste cose i cittadini le vedono ogni giorno e chiedono un intervento subito.


le rubriche

Primavera silenziosa/

di Massimo Becchi

Quando i numeri parlano da soli

18 anni di dati ambientali raccolti e messi a confronto da Legambiente a Reggio Emilia

P

er capire come si è evoluta la nostra città negli ultimi anni basta fare un giro in quelle che una volta erano le periferie cittadine, oggi inglobate all’interno della città e ricordarsi che tre cunei verdi dalla campagna si spingevano fin dentro alla città: si poteva in pochi minuti di bicicletta passare dal centro storico ai vigneti. Le sensazioni però non dicono tutto e per completare il quadro delle politiche ambientali messe in atto dalla nostra amministrazione nell’ultimo ventennio ci possiamo fare aiutare dai dati raccolti da Legambiente nel rapporto Ecosistema Urbano, che dal 1995 chiede agli amministratori delle città capoluogo di provincia di fornire una serie di dati sulla qualità dell’ambiente e sulle politiche messe in campo. Se i primi anni sono stati di “rodaggio” oggi nessuno più mette in discussione questi rapporti, ormai consolidati negli indicatori e confrontabili con una serie storica significativa, che evita oscillazioni inspiegabili di un parametro da un anno all’altro. Qualità dell’aria: è stata oggetto di molti documenti ed interventi legislativi sia nazionali che locali negli ultimi anni, sollevando spesso accesi dibattiti. Alcuni inquinanti sono certamente diminuiti, come il biossido di azoto, prodotto soprattutto dalla combustione dei motori endotermici, quindi dal traffico veicolare e molto importante perché elemento fondamentale per lo smog cittadino, passato da 57 del 1988 a 36 µg/mc del 2012 come media annuale di tutte le stazioni cittadine. Diverso l’andamento delle polveri fino, le PM10, che non accennano a scendere sotto la soglia dei 35 µg/mc come media dei valori medi annuali registrati. Nel 2012 sono state di 75,5 , mentre bisogna andare al 2006 per avere un 28,1 µg/mc con punte anche di 55,3 nel 2001. Questo dato è influenzato dall’ andamento climatico più che dalle politiche della mobilità, del tutto ininfluenti a dire il vero, e ci permette di capire cosa respiriamo, visto che le polveri veicolano nei nostri polmoni tutta una serie di altre particelle organiche ed inorganiche. Influisce sulla qualità dell’aria anche la presenza del teleriscaldamento, attestatosi attorno ai 77,80 mc/ ab, valore di gran lunga superiore ad ogni altra città dell’Emilia-Romagna e secon-

do a livello nazionale, che ha contribuito alla sostituzione di obsolete caldaie a gasolio (di cui molti condomini erano dotati) e di quelle domestiche. Trasporto pubblico e privato: se le PM10 non calano è anche perché l’uso del mezzo privato per gli spostamenti nella nostra città la fa da padrone. L’indice di motorizzazione, ovvero le auto circolanti ogni 100 abitanti (bambini ed anziani compresi) e ormai fisso a 66 da molti anni, il dato maggiore fra le città della nostra regione, confermato dal trend in decrescita dell’uso del trasporto urbano, che è passato dai 98 viaggi/abitante/anno del 1995 ai 66 del 2012, con una lenta ma graduale perdita di utenti ogni anno, a testimoniare come solo una rigorosa politica sui mezzi pubblici avrebbe potuto migliorare la mobilità cittadina. L’offerta di trasporto pubblico è di 33 Km/vettura/abitanti/anno, percorrenza annua per abitante dei mezzi pubblici, terza solo a Bologna e Parma, che superano i 40 Km/vettura/abitanti/anno, discreta quindi, ma non sufficientemente appetibile dai cittadini. Sono invece letteralmente “esplose” le piste ciclabili, che ci vedono sempre ai primi posti a livello nazionale, oggi con 38 metri quadrati equivalenti ogni 100 abitanti. Molti usano quindi la bicicletta negli spostamenti cittadini, quota comunque non sufficiente a compensare il massiccio uso dell’auto privata, principale causa della scarsa qualità dell’aria cittadina. I motocicli circolanti sono 10 ogni 100 abitanti, in linea con le altre città emiliane. Stabili da anni le ZTL e zone pedonali, con 3,53 e 0,11 mq/abitante. Consumi idrici e depurazione: i continui appelli al risparmio idrico e all’uso parsimonioso dell’acqua sono indubbiamente serviti – come anche alcune annate molto siccitose e calde – tanto da abbattere i comuni pro capite dai 233 litri/giorno del 1996 agli attuali 132,3: quasi cento litri al giorno in meno per ogni abitante della nostra città. Oltre ai comportamenti virtuosi hanno anche contribuito i nuovi elettrodomestici e sciacquoni a basso consumo. Modeste anche le perdita delle rete idrica, attestatesi al 10 percento (miglior dato nazionale), e migliora negli anni leggermente la depurazione: oggi

l’89 percento delle abitazioni ed attività di Reggio è depurato a fronte dell’80 percento del 1995. Rifiuti e raccolta differenziata: la produzione di rifiuti pro capite è andata crescendo dal 1994 da 463 kg/abitante all’anno fino ai 790 del 2008, per poi calare nel 2012 a 676. C’è da dire che in questo dati sono ricompresi anche gli assimilati, ovvero quelli prodotti dalle industrie, che vengono raccolti e smaltiti sempre da Iren. Solo in questo modo si spiega la differenza con altre città italiane, che hanno valori ricompresi fra i 400 e i 500 kg/ab/anno. La raccolta differenziata si stabilizza al 56,9 %, dato in linea con il 2011 e che solo un salto qualitativo legato al porta a porta potrà fare salire. Per avere un metro di misura, nel 1994, agli albori, la raccolta differenziata era del 7,4 percento. Una grossa componente resta comunque legata al giro verde, che da quando è stato introdotto ha sensibilmente aumentato la percentuale differenziata da ogni reggiano. Verde urbano: molto apprezzato dai reggiani, la superficie a verde urbano fruibile per ogni cittadino è di 27.09 mq/ab, un dato molto maggiore ai 12 mq/ab del 1999 ed in costante aumento negli ultimi anni. Consumi energetici domestici: a fronte di un maggior numero di apparecchiature ed elettrodomestici presenti nelle nostre case il consumi di energia è rimasto pressoché costante intorno ai 1.150 kWh/abitante (solo nel 2005 e 2006 si superano di poco i 1.200 kWh/abitante). Politiche energetiche: restano modesti gli investimenti su edifici pubblici di solare fotovoltaico e termico, rispettivamente con 0,84 Kilowatt installati su edifici comunali ogni 1.000 ab e 1,50 mq installati su edifici comunali ogni 1.000 ab, dato comunque comune a molte altre città, così come è di 74 punti il dato sulle politiche energetiche, un indice sintetico in base 100, che misura l’esistenza di politiche basate su risparmio energetico. Raggiunge il valore 100 a Ferrara e Rimini. Un quadro a tinte variabili quello che emerge dai dati ambientali, con punte eccellenti come per le piste ciclabili, rac dicembre 2013

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colta differenziata e perdite di acqua dalla rete ed altri indicatori che necessitano di robusti investimenti e un cambio di rotta radicale, in primis la qualità dell’aria, influenzata dalla attività produttive, dalle emissioni domestiche ma soprattutto dalla mobilità privata, che la fa da padrone. A consolidare l’interesse dei reggiani per l’auto sono stati i continui investimenti in opere viarie delle ultime amministrazioni comunali, come la strada di gronda a sud, la variante di Canali e i progetti delle varianti di Rivalta, di Fogliano, della via Emilia bis e il parcheggio sotterraneo di Piazza della Vittoria, tutti a confermare che gli investimenti del comune di Reg-

gio sono e restano sempre concentrati sulla viabilità, con una produzione di assi viari indubbiamente singolare la cui efficacia resta spesso tutta da verificare, come quella di Canali, che non ha risolto che in parte i problemi della frazione proprio perché mal progettata o la tangenziale sud che di fatto è trasportisticamente scarica perché troppo lontana dalla città. Resta il dato positivo dei comportamenti dei cittadini, che negli anni hanno ridotto la produzione di rifiuti, aumentato la raccolta differenziata, fatto investimenti in elettrodomestici a basso consumo energetico ed apprezzato ed utilizzato le piste ciclabili. La qualità dell’ambiente passa

in primis dai comportamenti dei singoli cittadini, che hanno dimostrato di prendere sul serio molte questioni ambientali, anche non certo sempre agevoli e comode da attuare, dimostrando una volta di più come le campagne informative e di sensibilizzazione abbiano un loro peso nelle decisioni dei singoli. A maggior ragione la città deve ora dotarsi di una diversa e più efficace politica di mobilità sostenibile, che non può essere solo confinata alle piste ciclabili, ma che abbia la riduzione della mobilità privata come obiettivo prioritario.

lettere

UNA LETTERA DAL NOSTRO GINO GHIACCI e la nostra affettuosa risposta

Reggio Emilia, 23.10.2013 Al Presidente ANPI Giacomo Notari e p.c. ad Anna Ferrari, Presidente sezione cittadina. Caro Presidente, con la presente io sottoscritto dichiaro di rassegnare le dimissioni da vice presidente della Sezione cittadina per motivi di aggravamento delle mie condizioni di salute, a far data da oggi. Nel ringraziare per la fiducia e la collaborazione accordatami in questi anni invio i miei più cordiali saluti. Gino Ghiacci Caro Gino, ci dispiace che le tue condizioni di salute non ti permettano di continuare la tua preziosa collaborazione come vice presidente della sezioni ANPI cittadina di Reggio. Tu sei stato prima un giovanissimo partigiano nella 77a SAP operante nella Bassa reggiana, poi, per decenni, protagonista della crescita democratica con un impegno particolare in seno al movimento cooperativo. Da ultimo, negli anni del tuo pensionamento, non ti sei seduto, ma hai prestato la tua preziosa collaborazione all’ANPI. Di tutto questo noi ti ringraziamo con affetto, certi che, nonostante il distacco da impegni formali, continuerai a farci visita nella sede di Via Farini e a non farci mancare i tuoi consigli, come sempre caratterizzati da una garbata e sorridente saggezza. Giacomo Notari Anna Ferrari

GINO GHIACCI (partigiano benemerito) e NOVELLA GRIMALDI 65 anni insieme Gino e Novella si sono sposati il 20 novembre 1948 a Casoni di Luzzara. Hanno festeggiato il loro 65° anniversario di matrimonio in un ristorante di Reggio circondati dall’affetto dei figli, delle nuore e dei nipoti. Per ricordare il felice anniversario offrono a favore del “Notiziario” e rinnovano agli sposi infiniti e affettuosi auguri. Nella lieta circistanza la nostra Redazione e l’ANPI formulano fraterni auguri a Gino e Novella. 34

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memoria

Quel dicembre di 70 anni or sono

tra caccia agli ebrei e fucilazione dei Cervi

Il ruolo di tante donne reggiane fin dall’inizio della Resistenza. Diverse di loro finirono nel carcere dei Servi dal gennaio 1944. di Antonio Zambonelli

F

u l’inizio di un duro inverno quel mese di dicembre 1943. Da novembre i 7 fratelli Cervi, il loro padre e Quarto Camurri, erano in carcere. C’era freddo in particolare nei cuori di tanta gente. Soprattutto nella Bassa ovest, Campegine, Gattatico e dintorni, tra quanti già si erano impegnati, coi Cervi, nel dare rifugio a decine di ex prigionieri di guerra o ad antifascisti reggiani usciti dalle galere fasciste nell’agosto badogliano. Sappiamo dai verbali degli interrogatori ai Sette, che essi ebbero un comportamento di grande dignità. Non coinvolsero nessun altro nella loro attività. Non fecero nomi. Aldo prese su di sé tutte le eventuali “colpe” (agli occhi degli aguzzini), nel tentativo di salvare i suoi fratelli e Quarto. Ma il mese finiva con la fucilazione, il giorno 28, al Poligono di tiro, dei Sette Fratelli e di Quarto. Era cominciato, quel mese, con l’arresto, da parte della gendarmeria germanica e della polizia di Salò, dei dieci ebrei reggiani che poi finirono ad Auschwitz senza ritorno. Si poteva rimanere inermi di fronte a tanta ferocia da parte dei nazisti occupanti e dei fascisti riemersi al loro servizio, fascisti che dopo il 25 luglio erano scomparsi dalla circolazione ed ora tornavano più feroci che mai? Un po’ in tutte le località della provincia, particolarmente in pianura, si andava sviluppando quel movimento resistenziale, a volte spontaneo ma in gran parte organizzato dal PCI e chiamato prima “lavoro sportivo”, poi “paramilitare”, che coinvolse uomini e donne. Si trattò di aiutare sbandati, soldati stranieri fuggiti dopo l’8 settembre ‘43 da campi di concentramento, a cominciare da quello di Fossoli, che divenne poi Campo di transito per i deportati nei campi di sterminio. Da Fossoli, nel febbraio ‘44, partiranno infatti per Auschwitz circa 600 ebrei (tra loro anche i dieci reggiani), catturati in varie zone del Nord Italia. Anche Primo Levi, catturato in Piemonte assieme a suoi compagni, fu su quel convoglio e ne racconterà il viaggio e l’arrivo, di notte, ad Auschwitz, nel libro Se questo è un uomo. Tra quanti operarono tra ottobre e dicembre in quell’avvio di Resistenza, merita ricordare Dorina Storchi, che aiutò tra gli altri anche quel Nikolaj Aschenko diventato poi il delatore che fece arrestare diversi partigiani e partigiane collaboratori dei Cervi nel salvataggio di tante persone

a rischio cattura. Tra gli arrestati proprio anche Dorina, che già aveva accolto nella sua casa i coniugi ebrei francesi Modiano, come raccontiamo in altra pagina, a metà gennaio ’44. I nomi che Aldo e i suoi fratelli avevano eroicamente taciuto vennero proprio rivelati ai fascisti da uno di coloro, Ascenko appunto, che erano stati salvati nella rete resistenziale organizzata dai Cervi. Un gappista farà poco dopo giustizia del traditore alla periferia di Reggio. Tra quanti si mossero in quei giorni drammatici, gettando le basi di un movimento che diventerà “di massa”, spicca il gruppo dei vecchi (anche se alcuni avevano poco più di trent’anni) antifascisti, reduci dalla guerra antifranchista in Spagna, dalle carceri fasciste o dalle isole di confino, in tutto una settantina di uomini: da Paolo Davoli a Sante Vincenzi, da Cesare Campioli ad Alcide Leonardi, Attilio Gombia, Didimo Ferrari, Scanio Fontanesi, Vivaldo Salsi, Fausto Pattacini... Fu proprio Campioli, con il liberaldemocratico avv.Pellizzi, con mons. Simonelli, con i socialisti Giacomo Lari e Alberto Simonini, a tessere le fila per la costituzione, già nel settembre ’43, del CLNP (Comitato provinciale di liberazione nazionale), organismo unitario che guiderà politicamente, per tutti i quasi 20 mesi della lotta di liberazione, l’attività partigiana. Ma molti sono anche i nomi di donne che si potrebbero fare per questa fase iniziale della resistenza reggiana. Non è un caso che nel carcere dei Servi, da metà gennaio ‘44, fossero ristrette, con Dorina Storchi, anche Lucia Sarzi, Marianna Bonini e sua figlia Nalfa, Serena Pergetti, Teresita Merzi, per l’attività svolta tra ottobre e dicembre del ’44 e denunciata dallo stesso Aschenko. Anch’esse protagoniste, con Dilva Davoli di Novellara, che sfuggì alla cattura, dell’attività di accoglienza e smistamento di ex prigionieri di guerra tra Cadelbosco, Novellara e Campegine, facendo perno su casa Cervi. Da subito dunque il ruolo delle donne fu di grande importanza nella lotta di liberazione e lo sarà per tutti i lunghi drammatici mesi che precedettero il 25 aprile ’45. Il prossimo anno 2014, in autunno, dovremo realizzare una grande iniziativa per ricordare in particolare, ciò che fecero centinaia di donne reggiane lungo la cosiddetta “Settimana del Partigiano”,

iniziata in novembre 1944 e proseguita poi fin oltre il capodanno 1945. Mesi durante i quali, grazie all’organizzazione dei Gruppi di difesa, le donne seppero dare un fondamentale sostegno ai partigiani della montagna che, secondo il proclama Alexander, avrebbero dovuto tornare alle loro case in attesa di riprendere la lotta in primavera. Derrate alimentari di ogni genere, capi d’abbigliamento idonei a sopportare il gelido inverno ’44-45, furono raccolti nella pianura reggiana e fatti giungere alle brigate della montagna attraverso i “corridoi” predisposti dal Servizio di Intendenza. Nei pacchi che giunsero ai distaccamenti garibaldini nel dicembre ’44, assieme ai calzettoni di lana, ai giubbotti o berretti confezionati con pelli di coniglio, ai guanti, ecc., c’erano sempre anche biglietti o lettere di auguri per il Natale e il Capodanno imminenti. Auguri che oggi formuliamo anche noi, ai nostri lettori.

Nello scorso gennaio è nato un coro di canti popolari, con particolare attenzione alle tradizioni locali. Il coro è diretto dal maestro Tiziano Bellelli. Ci troviamo tutti i mercoledì alle ore 21:00 nell’Atelier Bligny, sede dell’Associazione Eutopia, in via Bligny 52. Chi è interessato è il benvenuto. Per info 0522 585595. dicembre 2013

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avvenimenti

Con il libro di Lucia Sarzi alla sala Di Liegro a Roma

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ono stati evocati “quegli spazi di pianura emiliana-lombarda e piemontese, a cavallo del Po – come li ha definiti Massimo Storchi di Istoreco – dove più profonda era stata la penetrazione ideale del riformismo socialista di fine ottocento e dove più si era estesa la costruzione di un contromondo fatto di leghe sindacali, Camere del lavoro e Case del popolo”, alla presentazione del libro di Laura Artioli Ma il mito sono io. Storia delle storie di Lucia Sarzi. Il teatro la Resistenza la famiglia Cervi, Aliberti editore, avvenuta nella sede della Provincia di Roma, a palazzo Valentini, lo scorso 21 settembre per iniziativa dell’ANPI, della fondazione Nilde Iotti, della Provincia di Reggio Emilia, dell’istituto Alcide Cervi, di Legacoop Reggio Emilia e di Istoreco. Un libro che, ha dichiarato Livia Turco, presidente della fondazione, “ci fa conoscere una personalità di spicco della lotta partigiana – Lucia univa infatti amore per la lettura, amore per la recitazione teatrale, amore per la politica, amore per la famiglia – e ricostruendo le sue vicende racconta ancora una volta quanto fu ricco e multiforme l’impegno delle donne”. Per evitare che sulla memoria di tanta energia profusa e di tanta intelligenza cali il silenzio e per contrastare pericolosi rigurgiti antidemocratici, l’ANPI di Reggio Emilia – ha ribadito la vicepresidente Fiorella Ferrarini – sostiene dall’inizio questa lunga ricerca e continua a diffonderla, in consonanza con l’impegno dell’Anpi nazionale – testimone la vicepresidente Marisa Ombra – volto a rendere giustizia a tante madri della repubblica sconosciute o dimenticate. Sonia Masini, presidente della Provincia di Reggio Emilia, ha sottolineato a sua volta come promuovere questa biografia sia motivo d’orgoglio, perché quella di Lucia Sarzi è una delle più belle e complesse storie di donna. L’autrice, Laura Artioli, si è soffermata su quella altissima responsabilità della parola che Lucia aveva appreso sulle tavole del palcoscenico fin da bambina, quando il teatro dei Sarzi, viaggiando di piazza in piazza, ridestava le coscienze contro la tirannide fascista, e che poi – entrata nella Resistenza – avrebbe condiviso con Aldo Cervi e tutta la sua famiglia, fino al tragico epilogo del dicembre 1943. Una responsabilità che Lucia, a guerra 36

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Nella foto da sinistra: Sonia Masini, Livia Turco, Marisa Ombra, Laura Artioli e Massimo Storchi

terminata, ha idealmente trasmesso a Maria Cervi alla quale il libro è dedicato, lei che questa impresa ha così tenacemente perseguito. Mauro Sarzi, che tiene viva la tradizione di famiglia nelle scuole e negli ospedali, si è poi esibito in un piccolo spettacolo

irresistibile muovendo burattini - due papere e una farfalla - che suo padre Otello e sua zia Lucia avevano costruito e animato negli anni Cinquanta. Impossibile non tornare bambini, fra gli stucchi e le dorature della sala Di Liegro.

Reggiolo, commemorazione dei partigiani Selvino Lanzoni e Luigi Freddi S

abato 9 novembre u.s. avrebbe dovuto svolgersi la cerimonia di consegna all’ANPI di Luzzara, da parte di Nerina Lanzoni, di cui pubblichiamo qui accanto la toccante testimonianza raccolta da Denis Fontanesi, della sciarpa che il fratello Selvino indossava quando fu ucciso, poi impiccato, il 23 marzo 1945, con il compagno Luigi Freddi, entrambi diciannovenni, al lampione presso il monumento ai caduti della prima guerra mondiale a Casoni di Luzzara. Un incidente occorso a Nerina, che ha riportato la frattura del femore, ha impedito che la consegna del prezioso cimelio potesse compiersi. Gli organizzatori hanno deciso di rinviarla a data da destinarsi, rinnovando a Nerina l’affettuoso augurio di una prossima guarigione. Tuttavia la commemorazione dei due giovani partigiani ha comunque avuto luogo a Reggiolo offrendo l’occasione per rievocare una eroica e tragica pagina della Resistenza. La cerimonia si è aperta con l’intervento del sindaco di Reggiolo Barbara Bernardelli, seguito da quello del

suo collega di Luzzara Andrea Costa. Giacomo Notari ha illustrato il valore della lotta partigiana per aprire la strada a conquiste storiche sancite dalla Costituzione repubblicana. Ha concluso, con un suo intervento, Alessandro Fontanesi.


memoria

Nella foto della pagina precedente Simone Lasagna, presidente ANPI Luzzara, consegna la targa il memoria di Luigi Freddi alla cugina Edda. Prima della consegna di due targhe donate dalle amministrazioni comunali di Reggiolo e Luzzara e ANPI provinciale, alle famiglie Lanzoni e Freddi, ragazzi delle medie, sulle note di Bella ciao e Fischia il vento, suonate da Lorenzo Iori col violino appartenuto a Luigi Freddi e donato nel marzo scorso all’ANPI di Luzzara, hanno letto la storia dei due partigiani ed il passo, dall’intervista di Denis Fontanesi, in cui la sorella di Selvino rievoca il drammatico momento in cui trova il fratello impiccato.

La vita di

Nerina Lanzoni (Franca) di Denis Fontanesi

Nerina Lanzoni, anche nota come Fran-

ca, nasce a Brugneto di Reggiolo il 28 novembre 1927 da famiglia contadina e come i suoi fratelli, Adalgisa e Selvino, frequenta le scuole elementari del luogo. A soli sette anni perde suo padre e tutta la famiglia si appoggia ai nonni i quali, come braccianti agricoli lavorano e risiedono fra Villa Rotta e Casoni. Sono certamente anni durissimi per la mamma dei tre ragazzi, ma ben presto un concreto apporto famigliare proviene dalla sorella Adalgisa che diventa una brava sarta e da Selvino; assunto alle Officine Reggiane. Poi arriva la guerra e con essa anche il fatidico 8 settembre 1943. In quasi tutti i paesi e le frazioni della zona arrivano i tedeschi e i presidi della milizia fascista; molti giovani e uomini validi al lavoro sono catturati per essere inseriti nella organizzazione tedesca TODT. E’ anche il momento in cui Selvino trami-

te suo zio Gaetano e Franco Cigarini (un altro resistente della Città capoluogo) entra a far parte della Resistenza e proprio con il nome di battaglia “Selvino”. Nessuno della famiglia ne è al corrente ed il ragazzo motiva le sue assenze da casa raccontando di essere al servizio dell’organizzazione TODT. In realtà entra in organico alla 77a Brigata SAP nel distaccamento di Reggiolo, rifugiandosi giornalmente in diverse case di latitanza, come quella della famiglia Consolini. Con il passare del tempo però Franca e Adalgisa intuiscono l’impegno clandestino del fratello, mentre non è così per la madre, che lo scoprirà solamente alla morte del figlio avvenuta il 23 marzo 1945, quando in piazza di Casoni furono impiccati ai pali della linea elettrica i corpi di due partigiani: Luigi Freddi e Selvino Lanzoni, fucilati dopo perpetrate sevizie e lì lasciati per un giorno intero, come monito alla popolazione. Ed è proprio Franca a scoprirlo. La mattina del 24 la ragazza si reca a Casoni per fare spesa quando, percorrendo via Tomba, improvvisamente il fornaio del posto gli corre incontro stringendola fortemente con un abbraccio inaspettato, quasi violento, che spaventa ed inquieta Franca al punto di farla pensare ad un abuso alla sua persona. Riesce finalmente a divincolarsi da questa stretta e frastornata, quasi inconsapevolmente, il suo sguardo spazia verso la piazza per vedere il corpo del fratello pendere da un lampione, con la tuta blu, il collo arancione della maglia... i capelli scomposti ... Senza rendersi conto come, disperata, Franca

si ritrova a casa dei nonni ed ovviamente la notizia raggiunge anche la sorella e la madre. I mesi susseguenti sono vissuti quasi surrealmente, tanto che Franca ricorda pochissimo di quei giorni (ha un vago ricordo di alcune visite di controllo effettuate a casa sua da parte dei fascisti - N.d.I.) ma, sta di fatto, che in casa non parlarono più della tragedia che li colpì. L’evento toccò intimamente anche tutti gli abitanti della zona, ed in particolare il materassaio di Casoni; circa otto mesi dopo l’eccidio, ad una zia di Franca raccontò di non essere più riuscito a vivere in quella piazza perché, continuamente, riviveva le scene, i lamenti e le urla di dolore dei due poveri partigiani, uno dei quali chiamava ininterrottamente la mamma. La terribile ferita subita dalla famiglia sarà inguaribile, tanto che ogni 25 Aprile degli anni successivi alla guerra non saranno mai vissuti con la gioia pur così intimamente desiderata, soprattutto dalla madre. Franca non tornerà più nel luogo dove il fratello Selvino è stato trucidato. Tuttavia, è proprio durante il periodo Resistenziale che Franca conosce Merzi Alfonso, incontrato diverse volte insieme al fratello. Questi incontri continuano anche a Liberazione avvenuta, sempre più assidui, fino al loro matrimonio avvenuto appunto il 13 aprile 1946. Da allora Franca ha condiviso la sua vita con Alfonso ed è ancora al suo fianco nel diffondere gli intramontabili e sempre attuali valori della Resistenza. dicembre 2013

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Francesco Vegliante Torri partigiano Ivan

Pubblichiamo la lettera di Luca Mazzali dell’ANPI di Albinea inviata al Comune di Reggio Emilia in cui chiede che nella didascalia sotto il nome di Francesco Vegliante Torri venga riportata la dicitura “partigiano”. Facciamo nostra la sua richiesta perché anche questo sarebbe un altro piccolo ma significativo tassello di “costruzione” del museo diffuso della città, un tema che nel presente numero del Notiziario affrontiamo diffusamente.

Albinea, 13 settembre 2013 Gentile Chiara Piacentini, con la presente lettera, a nome dell’ ANPI di Albinea, vorrei chiederle se sia possibile sostituire la targa della via Francesco Vegliante Torri, ubicata in Fogliano (laterale destra di via E. Fermi), con una di quelle del nuovo ordinamento. Ho riportato qui sotto alcuni esempi di nuove targhe situate nel comune di Reggio nell’Emilia del cui tipo vorremmo che venisse installata nella sopracitata via. Vegliante Torri nacque nella frazione ramisetana di Miscoso nel 1921 ed ivi visse fino al ’37 quando, con la madre (vedova di un mutilato della Grande Guerra) si spostò alla Spezia per poi trasferirsi nel comune di Licciana Nardi (MS) dove, nel maggio 1944, si unì alla formazioni partigiane della Brigata Leone Borrini. Assunse il nome di battaglia Ivan, e, dopo una riorganizzazione dei quadri militari della Brigata, venne nominato comandante del Distaccamento Giannotti: una formazione operante sul crinale lunigiano-parmense. Il 26 gennaio 1945 presso Villa di Panicale (Licciana Nardi, MS), dopo un fallito tentativo di sganciamento, venne accerchiato, ferito e catturato dai militi 38

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repubblichini, i quali, poiché il Torri si rifiutò di collaborare e fornire preziose informazioni, lo trucidarono sul posto (fu finito con un colpo di baionetta alla gola). Per le sue coraggiose gesta e per non aver riferito alcuna strategica informazione al nemico, Vegliante Torri venne decorato con la Medaglia d’Argento “alla memoria” al Valor Militare il 18/4/1963. La figura di questo valoroso combattente per la libertà, nonostante la prestigiosa decorazione militare, è stata a lungo tempo dimenticata e solo da qualche anno, per merito della perseveranza di alcuni suoi discendenti, è tornata giustamente alla ribalta, specie a Licciana Nardi, dove, due anni fa per iniziativa del Sindaco, gli è stata dedicata la piazza del mercato. Per quanto riguarda la nostra provincia, la figura di Vegliante Torri è stata praticamente misconosciuta fino a pochissimo tempo fa: l’ANPI e l’ISTORECO avevano solo alcune informazioni a riguardo (nemmeno una fotografia), il suo nome non risulta tra quelli dei 626 caduti partigiani presenti sul “Pantheon della Resistenza” (il monumento accanto al Teatro R. Valli) nonostante il Torri sia nato nel comune di Ramiseto, comune nel quale solo recentemente, e sempre per merito dei suoi discendenti, è stato aggiunto il suo nome (per altro scritto in maniera sbagliata) nella lapide dei caduti partigiani nella Guerra di Liberazione; nella

sua Miscoso né una targa e nemmeno una strada ricordano il suo estremo sacrificio. Proprio per questa involontaria ma perdurata sepoltura del suo ricordo, Le chiedo, a nome dell’ANPI di Albinea e dei parenti che hanno prontamente contattato il sottoscritto appena saputo delle mie ricerche sul loro congiunto, se sia possibile sostituire la targa della via Francesco Vegliante Torri con una di quella previste dal nuovo ordinamento, la quale, nella didascalia sotto il nome, possa riportare la dicitura “Partigiano Medaglia d’Argento al Valor Militare”, così come gentilmente richiesto dai suoi discendenti. Come ANPI di Albinea, grazie anche alla collaborazione della sezione provinciale, stiamo cercando di riportare alla luce la figura di Vegliante Torri e sarebbe nostra intenzione, sempre sia possibile, far collocare una targa presso la casa natale a Miscoso ed aggiungere il suo nome, correlato di fotoceramica, nel “Pantheon della Resistenza” di Reggio Emilia. La richiesta a voi inoltrata è una delle iniziative che abbiamo intrapreso per cercare di onorare questo giovane partigiano che per troppo tempo è stato dimenticato nella sua provincia d’origine: una prima pietra per cercare di ricostruire una memoria sepolta per quasi settant’anni. In attesa di una Sua risposta Le porgo i miei più cordiali saluti Luca Mazzali


memoria

Corfù e Cefalonia

di Giancarlo Ruggieri

In

Rinascita della nazione

occasione del 70° anniversario dell’eccidio di Cefalonia l’Associazione nazionale Divisione Acqui ha compiuto un viaggio della memoria, al quale ho partecipato per il tramite del locale Istoreco, nelle isole elleniche, ove i soldati italiani si opposero con le armi alla prepotenza delle forze armate germaniche, rifiutando una resa umiliante e senza onore. Guidati dal presidente dell’Associazione e assistiti da valenti storici, abbiamo visitato con profonda commozione i luoghi nei quali la Divisione Acqui fu pressoché sterminata per avere eroicamente voluto difendere il proprio onore. Con noi erano anche tre reduci, salvatisi dall’eccidio grazie all’accoglienza di famiglie greche, che li sottrassero alla furia tedesca, a rischio della loro stessa vita. Quale pegno di riconciliazione e di fratellanza tra i popoli, sono stati recati in dono alcuni defibrillatori di ultima generazione e un’autoambulanza compiutamente attrezzata. Assistiti con premura ed efficienza dal Console italiano e dall’addetto militare all’Ambasciata italiana di Atene, dopo avere reso il doveroso omaggio, in entrambe le isole, al Milite Ignoto Greco, si sono svolte cerimonie commemorative davanti al Monumento che a Corfù ricorda i caduti italiani e greci, ove due violiniste elleniche hanno suonato struggenti melodie, e con particolare solennità davanti al Monumento dei Caduti della Divisione Acqui a Cefalonia. Le autorità civili e militari elleniche nonché i rappresentanti delle religioni grecoortodossa e cattolica hanno onorato tali cerimonie con la loro presenza mentre quella più solenne, svoltasi a Cefalonia, corredata da picchetti militari di entrambi i Paesi e dalla banda d’ordinanza italiana, ha visto la partecipazione di alte Autorità politiche, civili, militari e religiose elleniche e italiane. Non sono mancati momenti di affratellamento conviviale con la partecipazione dei rappresentanti locali e l’esibizione del coro italiano “Vox Cordis”. Ad Argostoli abbiamo anche visitato il museo, curato dall’Associazione italogreca “Mediterraneo”, che racchiude cimeli e ricordi dei caduti, e una mostra di pittura pertinente al tema.

Un concerto nel teatro Kefalos di Argostoli con l’esibizione del coro italiano “Città di Tolentino” e del coro greco “Città di Argostoli” ha segnato il conclusivo momento di affratellante condivisione per un futuro di pace e di cooperazione. I lunghi e socializzanti spostamenti per mare e per terra hanno consentito a tutti i partecipanti di mettere in comune emozioni, memorie e impressioni evocate e suscitate dal viaggio. “Onore a quanti nella loro vita difesero Termopili, mai recedendo dal loro dovere, pur sapendo che alla fine i Persiani sarebbero passati”. (da Kavafis, Termopili).

Alcuni momento della cerimonia. Giancarlo Ruggieri davanti al sacrario

Carpineti Il museo “Ugo e Deletta Cantarelli” Il museo intitolato a Ugo e Deletta Cantarelli, ospitato nella casa-torre di Poiago, mette in mostra le opere di Ugo, fatte in legno, in pietra, in rame. Ugo Cantarelli e Deletta Daolio sono stati entrambi partigiani, Ugo con il nome di battaglia Veleno, nella 76a bgt SAP “A. Zanti” e nella 144a bgt “Garibaldi”, mentre Deletta militò nella 77a in qualità di staffetta. Si sposarono nel 1945. Sempre a Carpineti, all’interno della casa protetta “Don Cavalletti”, è ospitato il museo di navigazione tattile “Viaggio con le mani” progetto messo a punto dall’Istituto comprensivo di Carpineti per promuovere nuove forme di apprendimento e stimolare gli alunni frequentanti con particolare attenzione ai ragazzi diversamente abili. dicembre 2013

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Bassa ovest

Ricordato a Poviglio

il 70° della SCELTA post 8 settembre 1943 A

Poviglio, nella sala civica intitolata alla partigiana Rosina Mazzieri, venerdì 11 ottobre si è svolta con pieno successo di partecipazione l’iniziativa sul 70° dell’inizio della lotta di liberazione, dedicata al tema della “scelta” dopo l’8 settembre 1943. Tra il pubblico rappresentanti delle amministrazioni comunali e delle sezioni ANPI della Bassa ovest (Poviglio, Boretto, Brescello, Campegine, Castelnovo Sotto e Gattatico) e il m.llo Schiano, comandante stazione CC di Poviglio. Il tema è stato affrontato attraverso le figure di due povigliesi che, come tanti altri loro conterranei, seppero compiere la scelta antifascista: Tonino Montanarini, caduto da partigiano in Jugoslavia il 18 ottobre 1943 e Atos Larini, uno dei circa 8.000 reggiani che scelsero il duro internamento nei lager tedeschi, rifiutando la collaborazione coi nazifascisti. Di Larini, presente alla serata e assai in gamba dall’alto dei suoi 93 anni, sono stati letti brani da un suo ampio memoriale scritto per i familiari ma che meriterebbe di essere dato alle stampe. Tonino Montanarini, alla cui figura Zambonelli dedicò il libro “Spero in una vicina pace”.Lettere dal fronte di T.M. (1990), è stato rievocato nell’intervento dello stesso Zambonelli (che ha anche ragionato su 8 settembre ‘43 e scoperta di una diversa Patria) e attraverso la lettura di alcune sue lettere . La serata, aperta e condotta e conclusa dal Sindaco Giammaria Manghi, come sempre mostrandosi molto sensibile ai temi della memoria resistenziale ed ai valori che essa ci ha trasmesso, ha visto anche gli interventi del giovane coordinatore ANPI Bassa Ovest, Enrico Orlandini (che ha efficacemente sintetizzato il ruolo dell’ANPI nella sua “nuova stagione”), e di alcuni dei presenti tra cui Zambelli, sull’antifascismo nel ventennio, Carpi (ANPI Gattatico) sugli IMI, Campanini per presentare alcune fotocopie del volumetto ormai introvabile di Zambonelli su Montanarini. 40

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Nella foto sopra da sinistra: Riccardo Paterlini che ha letto brani dalle letttere di Tonino Montanarini e dal memoriale di Atos Larini; Enrico Orlandini , coordinatore ANPI bassa ovest, Antonio Zambonelli, Gianmaria Manghi. Sotto Un folto pubblico ha partecipato all’iniziativa nella sala civica “Rosina Mazzieri”. In primo piano, seconda da sinistra, la dott.ssa Emilia Giaroli, affettuosa custode degli scritti e della memoria dello zio Tonino.


EGIDIO BARALDI Walter

memoria

Partigiano e comunista che ha lottato per la libertà e per la verità di Alessandro Fontanesi

Il 1° ottobre di due anni fa moriva Egidio

Baraldi, protagonista indiscusso della Resistenza reggiana, conosciuto da tutti col nome di battaglia Walter. Aver condiviso con lui non solo le idee, ma soprattutto gli stessi principi di riferimento che furono alla base della Resistenza, nonché un tratto di vita, seppur breve, sicuramente sono un patrimonio che ha arricchito e non poco chi lo ha ricevuto. Quella di Walter è stata un’esistenza spesso tormentata, in particolar modo negli anni successivi alla guerra, ma sicuramente condotta con grande forza di volontà, con coraggio, con l’incrollabile fede negli ideali di gioventù, un’esistenza vissuta con ammirabile ignità e a testa alta. E questa è sicuramente la caratteristica indiscussa, che non si presta a chiacchiere o fraintendimenti, che ha connotato tutta la generazione dei resistenti e nonostante oggi la si voglia adombrare di macchie, dubbi e speculazioni infami. Baraldi è stato un comunista autentico, ma soprattutto un uomo vero che non si arrese a logihe di comodo, ma che preferì lottare fino in fondo per la verità che lo riguardava e a ragione, rimanendo fedele agli ideali che rimarranno per lui sempre immutati. L’indole ribelle di Walter si manifestò ben presto, fin dalla giovane età e fu pertanto logica e naturale conseguenza la sua adesione alla Resistenza ad appena 23 anni, tuttavia come per tanti altri partigiani, tra i quali l’amico Germano Nicolini, gli anni più duri e amari furono però quelli successivi alla Liberazione, quando si inscenarono vere e proprie macchinazioni politico-giudiziarie ai danni dei protagonisti della Resistenza. In quegli anni, a cavallo tra il 1947 ed i primi anni Cinquanta, i partigiani finivano in galera e i

traditori dell’Italia, i fascisti, ne uscivano con le connivenze dello Stato, ricollocati tutti nei medesimi posti che ricoprivano durante il fascismo. Baraldi fu proprio tra quei partigiani a pagare un prezzo enorme, arrestato i primi di marzo del ‘47 con l’accusa falsa ed infamante di essere il mandante dell’omicidio del capitano Mirotti, venne condannato a 23 anni, ridotti poi a 16 in appello. Ne scontò 7, uscendo dalla prigione alla vigilia di natale del 1953, ma la sua resistenza non terminò quel giorno, quella fu una resistenza forse ancor più

dura di quella armata ai fascisti. La resistenza di un uomo innocente ed onesto, che ebbe le spalle girate purtroppo anche da una parte dei compagni di partito, che avrebbero preferito il silenzio alla verità, anche di fronte all’evidenza. E quella verità Walter l’ha difesa con coraggio fino in fondo, sicuro che per quanto impieto-

sa potesse essere, sarebbe servita anche alla Resistenza, sapendo riconoscere altrettanto coraggiosamente quello che era stato fatto nel bene e nel male. Infatti il 16 maggio 1998, la Corte di Appello di Perugia assolverà definitivamente Baraldi dalla medesima macchinazione politicogiudiziaria ordita guardacaso nei confronti di un altro comunista, Germano Nicolini, rendendogli giustizia dopo 51 anni, 1 mese e 9 giorni, rendendo giustizia ad un uomo innocente, al partigiano e comunista Egidio Baraldi, che nulla aveva da spartire con un omicidio compiuto 16 mesi dopo la Liberazione. Oggi troppo in fretta ci si è dimenticati dei tanti Egidio Baraldi di questo nostro Paese, probabilmente attingendo dalla loro storia e dal loro esempio, si sarebbero potute evitare tante delle degenerazioni presenti, tante speculazioni e tanta corruzione in ogni ambito della società. L’Italia tormentata di questi anni dovrebbe sentire forte l’orgoglio per questo suo passato, ma come se non bastasse dimenticarlo, quando non addirittura denigrarlo, per giunta si istituiscono “processi” postumi, farseschi e infamanti come quelli di un tempo, unicamente per screditare la Resistenza ed i suoi protagonisti. Tuttavia l’Italia della Resistenza è ancora qui e non terminerà di certo con l’ultimo dei partigiani, perchè è la medesima che ancora oggi non piega la testa di fronte alle medesime ingiustizie e disuguaglianze di allora e che saprà difendere la sua Costituzione dagli attacchi dei banditi di turno, memore di quanti sacrifici siano serviti per ottenerla e l’esempio di Walter ne è la conferma incontrovertibile.

TONINO MUNARI Enzo di Giorgio Romani

A

distanza di alcuni mesi dalla scomparsa del partigiano, compagno e amico Tonino, Enzo il nome di battaglia, le sezioni Anpi di Puianello, Montecavolo e Quattro Castella, unitamente all’Anpi provinciale desiderano rinnovare la memoria della sua attività di partigiano , di antifascista, di imprenditore. Entrato nelle file della Resistenza partecipò a diversi trasporti di armi e alla battaglia della Sparavalle, fu in quadrato poi nella 77a Brigata SAP, III btg. Successivamente si ritirò a Ramiseto per-

ché colpito da una grave malattia alle gambe che lo rese temporaneamente infermo. Fu curato da un medico tedesco, passato nelle file dei partigiani, e una volta guarito, con l’aiuto del padre e di alcuni partigiani ritornò nella Bassa reggiana. Il viaggio fu fatto sulla canna della bicicletta del padre, che lo avvolse nel suo tabarro: la malattia aveva debilitato e fatto dimagrire Tonino tanto da sembrare un bambino. Passarono così in modo avventuroso vari posti di blocco tedeschi.

Di lì a poco tempo riprese l’attività combattentistica e prese parte alla dura battaglia di Fosdondo, allontanandosi poi con altri partigiani attraverso un canale di liquami. In quel combattimento Tonino vide cadere alcuni dei suoi amici e compagni più cari, cinque furono i partigiani e due i civili uccisi, non fu mai possibile conteggiare le perdite nelle file fasciste, si stimò che fossero state alcune decine di morti.La guerra finalmente terminò e Tonino intraprese l’attività di imprendidicembre 2013

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tore, prima fondò un calzificio quindi un maglificio in cui lavorarono più di cento dipendenti. Si trasferì poi a Puianello dove ricevette l’incarico di dirigere come Presidente la locale sezione ANPI. Fu un bravo dirigente, sempre presente e rispettoso delle idee altrui, un partigiano di valore, un uomo di grande bontà e soprattutto di grande moralità; ci piace ricordare la

gentilezza con la quale metteva a proprio agio chiunque. Gli amici e i compagni di Puianello, Montecavolo, Quattro Castella e Reggio Emilia porgono un forte abbraccio a tutta la famiglia di Tonino, soprattutto alla moglie Bruna che negli ultimi anni di vita del suo compagno si è prodigata nel tesseramento e in tutte le attività

dell’ANPI locale. Un abbraccio anche ai nipoti che lo hanno amato in vita e lo ricordano ora. Ricordare, onorare significa non solo mantenere viva la sua memoria ma anche rinsaldare princìpi, vincoli e affetti che sono linfa vitale per un Paese.

ROMEO FERRETTI di Gaetano Davolio

Cattolico

partigiano delle “Fiamme verdi” di Modena, Romeo Ferretti è nato a Novellara il 26 dicembre 1925 ed è deceduto a Campagnola Emilia il 6 febbraio 2013. La sua vita di lavoratore dipendente e di cittadino democratico non è sempre stata serena e tranquilla, come per tanti altri della stessa generazione. Nato e vissuto nel periodo della dittatura fascista di Mussolini, ha dovuto partecipare alla guerra, ma poi ha scelto la Resistenza ed ha vissuto il dopo Liberazione, con la disoccupazione, la miseria e, come altri partigiani combattenti, per lavorare ha dovuto emigrare in Francia dal 1950 al 1955. Da Fossoli di Carpi, dove la famiglia si era trasferita, ritorna a Novellara nel 1957 e si sposa con Maria Veroni nello stesso anno. Ottiene finalmente un lavoro sicuro e permanente quando nel 1959 viene assunto dalla Bonifica Parmigiana Moglia, in cui rimane fino al suo pensionamento nel 1984. Eletto rappresentante dei lavoratori nel sindacato CISL. All’interno dell’azienda, si distingue e acquisisce prestigio per il suo attaccamento al lavoro, per il suo forte carattere, modesto, calmo e dinamico, disponibile sempre per la difesa dei lavoratori. Subisce un grave infortunio sul lavoro: a causa di una scossa elettrica di tremila volts, rimane in coma 12 ore, ma si salva, tuttavia le conseguenze si fanno sentire in seguito e da quella scossa non è più tornato la persona di prima. Ai nostri Congressi sindacali dello SPI-CGIL era sempre presente ed interveniva con la sua calma e modestia, esprimendo sempre la necessità dell’unità di tutti i lavoratori, dei pensionati, di tutti i bisognosi. Esclamava infatti “Uniti si vince” e continuando diceva: “La polemica inutile, sterile e inconsistente sulla radici storico-ideologiche di ciascuno di noi non deve essere mai motivo di divisione, le idee vanno rispettate, ma la scelta del momento deve sempre corrispondere all’interesse generale dei lavoratori e del nostro paese; gli 42

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stessi obiettivi che si scelgono devono sempre avere una robusta base unitaria, come fu nella Resistenza”. Romeo fu infatti uomo della Resistenza, un combattente per la libertà e la democrazia del nostro Paese; ha avuto il coraggio di fuggire dall’esercito della repubblica di Salò mentre stava all’ospedale S. Orsola di Bologna a curarsi una leggera ferita di guerra; non ha quindi scelto di nascondersi, ma ha deciso di entrare nell’esercito partigiano, affrontando tutti i rischi che correvano in quel momento nelle nostre zone. Eravamo giovani a 17/19 anni, un po’ incoscienti, ma fortemente consapevoli dei rischi che ogni giorno si potevano incontrare: scontri armati violenti fra partigiani e brigate nere, bombardamenti giornalieri e notturni; si viveva un clima di sospetto, di spionaggio, di paura che la tua assenza al Distretto potesse causare l’arresto del padre o comunque di un familiare; solo di notte si trovava un po’ di pace, sia se eri di guardia sia se stavi compiendo qualche azione di sabotaggio. Certo era molto piacevole quando il Commissario politico ti convocava per una assemblea del distaccamento, nella

quale venivi informato dei nuovi fatti di guerra, ma ricevevi anche qualche lezione di stile e di comportamento per chi viveva nella clandestinità, quindi il rispetto assoluto delle regole disciplinari, il valore dell’amicizia e della solidarietà fra i compagni di lotta, nell’intesa di formare unità e compattezza della squadra o del distaccamento. Romeo ha vissuto questi momenti, ha acquisito questi valori, sapeva esprimerli con la sua modestia e semplicità, dimostrando un forte carattere ed una grande coscienza, che seguì ed espresse nel corso della sua vita. Non a caso gli fu conferita la medaglia al merito militare dalla Croce Rossa. Noi dell’ANPI di Campagnola Emilia lo ricorderemo così come l’abbiamo conosciuto e ascoltato nei nostri Congressi, onesto, generosi, amico di tutti, esemplare, in contrasto con questa nostra società, che anche lui combatteva, perché il ladrocinio, la falsità, la mafia e la delinquenza non diventino mai prevalenti nella nostra vita civile e democratica, che abbiamo sognato in altri tempi. Rinnoviamo pertanto le nostre condoglianze alla moglie Maria e a tutta la famiglia.

Romeo Ferretti è il primo in piedi a sinistra nel corso di ginnastica organizzato dal sindacato nel 1988


URIS BONORI 12/03/1957-17/09/2013

Ciao caro compagno Uris, purtroppo l’ultimo saluto non abbiamo potuto tributartelo, come meritavi, quando era ancora in vita. Un improvviso ictus ha colpito Uris domenica 15 settembre, dopo che aveva partecipato il sabato a quella bella iniziativa sulla Costituzione al Casino dell’Orologio. Era molto contento per la grande partecipazione e per l’intento della manifestazione, come ci ha detto la moglie. E chi avrebbe immaginato che sarebbe stata l’ultima volta che lo avremmo incontrato. Uris era un dipendente comunale, lavorava per i Musei Civici, da sempre convinto militante comunista, in gioventù nel PCI ed oggi nel partito dei comunisti italiani; persona dalla provata rettitudine e onestà. Apparentemente burbero, Uris era invece un uomo spiritosissimo e allegro, persona mite e sensibilissima, un amico col quale era molto piacevole conversare e a cui piaceva in particolar modo dibattere di politica e per la quale si infervorava, convinto com’era delle proprie idee che ha orgogliosamente sostenuto in ogni occasione pubblica e privata, fino all’ultimo. Da quest’anno era entrato a far parte del direttivo provinciale del Pdci reggiano, ma soprattutto era spesso impegnato prestando la propria disponibilità nella locale Associazione italiana ciechi e ipovedenti. Aveva appena 56 anni. Si è spento martedì 17 settembre, alle prime ore del mattino, al reparto di rianimazione del Santa Maria Nuova dove era giunto ormai in condizioni disperate per le conseguenze dell’emorragia cerebrale provocata dall’ictus. Lascia gli anziani genitori iscritti all’ANPI, il babbo Ideo e la dolce mamma Maria, purtroppo lascia anche la moglie, la cara Ginetta, a cui vanno le nostre condoglianze e i nostri pensieri più affettuosi, anch’essa straordinaria compagna e che stringiamo in un grande, immenso, caloroso abbraccio. Come da sua volontà, per il suo ultimo gesto di generosità è stato disposto l’espianto degli organi. Giovedì 19 settembre, al pomeriggio, si sono svolti i funerali al cimitero di Coviolo, con rito civile, per rispetto delle idee di Uris, dove verrà in seguito cremato. Ciao compagno, ti saluteremo con la tua bandiera rossa, per questo viaggio che ci rattrista, ma convinti che ti porterà nel mondo dei migliori. Nella dolorosa occasione, il Partito per onorare la memoria dell’amico e compagno Uris, offre pro Notiziario ANPI. Partito dei Comunisti Italiani Federazione di Reggio Emilia

ROBERTA MANZOTTI

E’ venuta a mancare troppo presto Roberta Manzotti, a 48 anni, figlia e nipote di partigiani, iscritta all’ANPI. Lascia il figlio Riccardo e il marito Ivan, iscritto all’ANPI, che con immenso amore e dedizione l’hanno seguita fino all’ultimo dei suoi giorni. La Robbi ci accompagnerà sempre con la sua intelligenza, la sua ironia e il suo immamcabile sorriso. In sua memoria offrono a sostegno del Notiziario Enrico e Mattia Orlandini e Maria Manzotti.

Lutti

MARIO TURRINI (GIGI) 26/02/1922-01/10/2013

Il 1° ottobre u.s. si è spento, all’età di 91 anni, il partigiano Mario Turrini Gigi. Nato a Stiolo di San Martino in Rio da famiglia contadina, nell’estate del 1943 si trova arruolato nell’Esercito Italiano. Mandato in Sicilia a contrastare lo sbarco delle truppe alleate, durante la ritirata il suo treno viene bombardato e lui si salva saltando dal convoglio (salvo atterrare su dei fichi d’India). Insieme ad altri commilitoni, dopo un periodo di cura presso l’ospedale militare di Ancona, rientra a casa. E’ qui che si trova, ancora in licenza, l’8 settembre 1943. A questo punto la decisione di non ripresentarsi in caserma a Reggio. Gigi resta latitante fino al giugno del 1944, quando sceglie di unirsi alla Resistenza. Assegnato alla 37a Brigata GAP, partecipa ad azioni di disarmo di fascisti, assalto a veicoli tedeschi ed anche alla battaglia di Fosdondo del 15 aprile 1945, per la quale riceverà dall’amministrazione comunale di Correggio un diploma e una medaglia. Al termine del conflitto, il suo ruolo nella Resistenza viene riconosciuto con un Certificato al Patriota firmato dal Comandante Supremo Alleato, Maresciallo H. R. Alexander, e una croce al merito della Repubblica Italiana. Nell’Italia del dopoguerra, Mario si costruisce una famiglia e la sua professione diventa, fino alla pensione, quella di camionista. Di carattere schivo, ma estremamente convinto di ciò per cui ha combattuto, ha condiviso i propri ricordi ed emozioni di vita partigiana soltanto con i famigliari più stretti, che a lui tanto devono in termini di rispetto di valori quali onestà, solidarietà ed impegno politico (da non confondersi con partitico). Mario ci lascia come messaggio quello di imparare a guardare le cose con i nostri occhi e schierarci e lottare per ciò che in coscienza ci sembra giusto, senza alcun condizionamento. Grazie Mario, faremo del nostro meglio per applicare questo insegnamento. Giulia Turrini

LOREDANA REVERBERI

26/02/1922-01/10/2013 La ragazzina dei Cavazzoli con la guerra di Liberazione diventò grande in fretta. A 15 anni iniziò attaccando volantini contro il fascismo, portò armi e accompagnò partigiani dalla sua frazione fino all’Ospizio dove c’era una casa in attesa. Con le zie e la sua famiglia ha portato il suo sentimento di libertà dal fascismo alla Costituzione repubblicana con la quale si è riconosciuta l’eguaglianza dei cittadini, il rifiuto delle guerre e la libertà politica. La sua scelta è stata l’esempio personale di chi si è messo in gioco per il bene comune, come del resto fece colui che idventò suo marito, il partigiano Disaster Luciano Camellini.

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Anniversari

RENZO FERRARINI (BUOZZI)

IN MEMORIA

Attestatato del Comando Brigata Fiamme Verdi aderenti al Comitato Liberazione Nazionale: “Questo Comando attesta che il patriota Ferrarini Renzo (Buozzi) di Ligonchio si è arruolato nel Corpo Volontari della libertà il 6/6/44, mettendo a disposizione una motocicletta e una bicicletta di sua proprietà. Presentandosi portò a questo comando le armi di cinque militi che da solo aveva disarmato a Cinquecerri e si unì al Gruppo che la stessa sera riuscì a disarmare il Presidio repubblicano di Ligonchio. In occasione del primo rastrellamento tedesco il Ferrarini restava solo sul posto e avvertiva il Comandante Carlo che si poteva rientrare in Ligonchio. All’arrivo del Comandante, verificatosi l’incendio di Cinquecerri, il Ferrarini scendeva con pochi uomini armati per provvedere alla difesa di Caprile e si portava poi a Cinquecerri riuscendo, tra le fiamme, a portare il suo aiuto alla popolazione. Nel famoso rastrellamento del 30 luglio combattè fino all’ultimo in località Rocca. Ricevuto l’ordine di ritirarsi, si portava poi sulle alture di Ligonchio dove piazzava un mitragliatore e attendeva l’arrivo dei tedeschi. Dopo l’incendio di Casa Bracchi ad opera del nemico, chiedeva ancora il mortaio ed essendogli stato concesso un secondo mitragliatore, assumendo la responsabilità delle due armi iniziava combattimento a oltranza. Sosteneva così, da solo, la più impari lotta infliggendo perdite al nemico mentre nei pressi della Centrale cadeva eroicamente la medaglia d’oro Enzo Bagnoli amico e compagno di lavoro del Ferrarini. In momenti assai delicati e difficili il Ferrarini come Comandante di squadra fu animatore e seppe ben guidare i suoi uomini. In tutto il periodo di servizio prestato egli ha dimostrato oltre alle sue ottime doti di combattente il più assoluto disinteresse, forte attaccamento al dovere, senso di responsabilità e grande amor patrio. Si rilascia il presente certificato perché il patriota Ferrarini passi a far parte del Comitato di Liberazione Zona Montana in data 29 novembre 1944”. Il Comandante Carlo Certificato di patriota: “Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite ringraziamo Ferrarini Renzo per aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà”. H.R. Alexander Maresciallo Comandante supremo alleato delle forze nel Mediterraneo centrale

Le figlie Fiorella e Verenna Ferrarini offrono a sostegno del Notiziario. 44

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GIUSEPPE CARRETTI (DARIO)

8° ANNIVERSARIO

Il 2 ottobre scorso ricorreva l’ottavo anniversario della scomparsa del Partigiano Giuseppe Carretti Dario, vice comandante della 145a Bgt Garibaldi, ex sindaco di Cadelbosco Sopra e presidente dell’ANPI reggiana per oltre 25 anni. Lo ricordano con profondo rimpianto le famiglie Carretti e Pioppi offrendo al suo Notiziario.

PARIDE ALLEGRI (SIRIO)

1° ANNIVERSARIO

Il 5 ottobre u.s. ricorreva il primo anniversario della morte di Paride Allegri, Sirio. Gli amici del Centro vezzanese per la riconciliazione dei popoli, uno dei lasciti del suo ricco apostolato laico, lo ricordano offrendo pro “Notiziario ANPI”, memori del ruolo che Sirio ebbe come partigiano nella lotta di Liberazione, poi nella Ricostruzione democratica come animatore del Convitto scuola di Rivaltella.

DOMENICO BAISI (RENZO)

IN MEMORIA

Ciao Renzo, ti ricordi la nostra poltroncina rossa? Adesso è vuota e spesso sola, anche lei sembra aspettarti; “guarda” verso la porta come se dovessi entrare da un momento all’altro per rompere questo “pesante” e opprimente silenzio. Ciao, Renzo, a dopo ... Giovanna

ARRIGO RIVI (ASKAR)

IN MEMORIA

Arrigo, partigiano sulle montagne e partigiano nella vita, leale onesto e combattivo. La famiglia, in cui ha lasciato un vuoto incolmabile, lo vuole ricordare a 6 mesi dalla scomparsa e nel suo 89° compleanno. La moglie Giuseppina, la figlia Patrizia, il genero Luciano, le nipoti Samanta con Masimo e Chiara, Simona con Luigi e Federico, il fratello Renzo sottoscrivono per il Notiziario, di cui Arrigo era un affezionato lettore e sostenitore.


Anniversari

28° ANNIVERSARIO

ODOARDO BULGARELLI (MODENA) SEVERINA BISI

Nel 28° anniversario della scomparsa del Partigiano Odoardo Bulgarelli Modena, avvenuta il 30 novembre 1985, lo ricordano con immutato affetto insieme alla moglie Severina Bisi, staffetta partigiana, deceduta il 15 marzo 2009, i figli Paris e Sirte, i nipoti, i pronipoti e i famigliari sottoscrivendo pro Notiziario.

SENNO RICCO’ (MISCIA) IVO SPAGGIARI (TELIN)

Nell’ottavo anniversario della scomparsa dei Partigiani Senno Riccò Misca e Ivo Spaggiari Telin della 76a Bgt. SAP, la Staffetta Ida Adis, rispettivamente moglie e sorella dei Defunti, li ricorda sempre, unitamente alle famiglie, con immutato affetto e sottoscrive a favore del Notiziario.

SERGIO RUBERTELLI ALICE SACCANI RENATO GIACHETTI

ANNIVERSARI

Una vita insieme di amore e di lotta per un mondo migliore. I figli Giancarlo e Giuliana, unitamente ai nipoti, nel ricordare i genitori partigiani Alice Saccani (8/7/1918-2/11/2000) e Renato Giachetti (2/7/1903-24/8/1964), sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

ANGELO GIARONI (DARTAGNAN) DOLORES GEMMI

ANNIVERSARI

Il 18 novembre ricorre il 28° anniversario della morte di Angelo Giaroni Dartagnan, bracciante, ispettore di battaglione nella 76a Bgt. SAP “Angelo Zanti”. Giovane socialista, a 15 anni (nel 1916), nel 1921 fu fra i fondatori della FGCI. Arrestato nel 1932 per appartenenza al PCd’I, seppe resistere a pesanti interrogatori. Potè così usufruire della “amnistia del decennale” concessa da Mussolini, e continuare la sua attività clandestina. Arrestato ancora nel 1938 nella grande retata contro gli antifascisti reggiani, venne condannato a sette anni di reclusione dal tribunale speciale. Liberato dopo la caduta di Mussolini, all’indomani dell’otto settembre fu tra quella sessantina di reggiani ex carcerati ed ex confinati che costituirono il nerbo del nascente movimento di resistenza. Nel dopoguerra, sempre impegnato nel PCI oltre che nell’ANPI, raggiunse la pensione come operaio del Comune di Reggio Emilia. Lo ricordano, assieme alla moglie Dolores Gemmi deceduta il 21 settembre 1982, dirigente dell’UDI nel post Liberazione, il figlio Gianni e la famiglia offrendo pro Notiziario.

ANNIVERSARI

IN MEMORIA

A sei mesi dalla scomparsa del Partigiano Sergio Rubertelli, per anni dirigente e prezioso collaboratore dell’ANPI provinciale di Reggio Emilia, lo ricordano la moglie Giovanna Saccani e i figli Paola e Tiziana. Sergio era nato il 6 ottobre 1925 a Pieve Modolena, fu giovanissimo operaio alle OMI Reggiane. Dopo il bombardamento del grande complesso industriale dell’8 gennaio 1944 fu trasferito, con altri operai, nello stabilimento distaccato di Cocquio, in provincia di Varese; lì entrò in contatto con le forze della Resistenza locale e fece parte della 121a Brigata Garibaldi “Walter Marcobi”, col ruolo di Capo squadra. Si unisce al ricordo anche la Redazione del Notiziario ANPI.

ELIO TROLLI (SERGIO)

15° ANNIVERSARIO

Sono passati 15 anni dalla scomparsa del Partigiano Elio Trolli Sergio, ma il ricordo di lui, della sua passione, del suo impegno per il turismo amatoriale sono più vivi che mai in coloro che hanno avuto la possibilità di verificare la sua instancabile opera organizzativa in occasione dei tornei e dei raduni sui sentieri partigiani. Per onorane la memoria Licinio e Afra Marastoni, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

MARCO MARASTONI

41° ANNIVERSARIO

Licinio e Afra Marastoni ricordano con rimpianto il 41° anniversario della scomparsa del loro amato figlio Marco. In sua memoria offrono a sostegno del Notiziario. Si associano, nel ricordo dell’amico Marco, Laila e Lucia Grossi offrendo pro Notiziario. dicembre 2013

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Anniversari

BRUNO MARZI (MEM)

13° ANNIVERSARIO

Il giorno 14 luglio ricorreva il 13° anniversario della scomparsa di Bruno Marzi Mem, Partigiano combattente del distaccamento “G. Matteotti” della 144a Brigata Garibaldi. Amministratore e Sindaco del Comune di Rio Saliceto dal 1946 al 1975. Per onorare la memoria e il suo insegnamento, lo ricorda con tanto affetto e profonda nostalgia agli amici la figlia Katia, Adele, Silvano, Nadia, Simona sottoscrivono pro Notiziario. Voci Voci ideali e care / di quanti morirono, o di quanti sono / per noi persi come morti./ Talvolta parlano neinostri sogni, / talvolta le ode nel pensiero la mente./ E con il loro suono affiorano per un attimo / suoni dalla prima poesia della vita / come musica, che si spegne, lontana nella notte. (Kostandinos Kavafis)

LINO GROSSI (PIERO)

69° ANNIVERSARIO

Sessantanove anni fa, il 17 novembre 1944 a Legoreccio (Vetto d’Enza), veniva ucciso dai nazifascisti il Partigiano Lino Grossi Piero. Aveva 20 anni. Nel ricordarlo con affetto, la sorella Fermina sottoscrive pro Notiziario.

ALFIO MAGNANI (IVANO)

3° ANNIVERSARIO

Il 6 dicembre 2010 moriva il Partigiano della 77a SAP Alfio Magnani Ivano, di San Martino in Rio, per tanti anni attivo dirigente dell’ANPI locale. Era nato a Rio Saliceto il 7 dicembre 1924. Per onorarne la memoria la moglie Irma e la figlia Marzia sottoscrivono pro Notiziario.

ARTURO LUSETTI (LUPO)

13° ANNIVERSARIO

Il 3 dicembre 2000 veniva a mancare il Partigiano più giovane dell’Emilia Romagna: Arturo Lusetti, nome di battaglia Lupo. Ormai sono trascorsi 13 anni, ma sei sempre nel nostro cuore. Ti abbiamo voluto tanto bene e non ti dimenticheremo mai tua moglie Edda, i figli Vanni e Rossana, i nipoti Davide, Vanessa e Beatrice. Per onorare la sua memoria la Famiglia sottoscrive a favore del Notiziario. 46

dicembre 2013

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PIETRO GOVI (PIRETTO)

8° ANNIVERSARIO

Il 24 luglio ricorreva l’ottavo anniversario della scomparsa di Pietro Govi, partigiano combattente con il nome di battaglia Piretto distaccamento “G. Matteotti” della144a Bgt Garibaldi. Per onorarne la memoria e per ricordarlo con profonda nostalgia agli amici e ai familiari. Katia, Adele, Silvano, Nadia, Simona sottoscrivono pro “Notiziario”.

Un vecchio In un anagolo di un caffè rumoroso / siede un vecchio, chino sul tavolo; / con un giornale davanti senza amici / E sprezzante dell’atroce vecchiaia / pensa a quanto poco aveva goduto gli anni /in cui aveva forza, eloquio e bellezza. / Sa di essere molto invecchiato: lo sente, lo vede. / Eppure il tempo in cui era giovane gli sembra quasi ieri. Così breve il tempo, cosi breve. / E pensa a come la Saggezza l’aveva deriso, / e a come si era sempre fidato-che pazzia! - di lei, / bugiarda, che gli diceva: “Domani hai tanto tempo”. / Ricorda gli slanci repressi; e quante / gioie sacrificate. 0gni occasione persa / ora irride alla sua stolta saggezza. / ... Ma a furia di penasare e ricordare / il vecchio è stordito. E s’addormenta / con la testa apoggiata al tavolino del caffè. (Kostandinos Kavafis)

BINDO BONOMI (CARAMBA)

12° ANNIVERSARIO

Nel 12° anniversario della scomparsa del Partigiano Bindo Bonomi Caramba, avvenuta il 5 dicembre 2001, già presidente dell’ANPI di Fabbrico, la moglie Idilia (Mora) Bellesia, i figli e i parenti tutti, nel ricordarlo sempre con grande affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

MARTINO BARTOLI

68° ANNIVERSARIO

In memoria del padre Martino Bartoli, ucciso dai tedeschi nell’aprile del 1945 alla vigilia della Liberazione, la figlia Ada offre pro Notiziario.

TERESINA BELLESIA (SONIA)

IN MEMORIA

In ricordo della Partigiana Teresina Bellesia Sonia, appartenente alla 77a bgt SAP “F.lli Manfredi”, Leopierluigi Bellesia offre a sostegno del Notiziario.


Anniversari

BRUNO LODESANI (JOSE’)

2° ANNIVERSARIO

SETTIMO BALLABENI

Per i compagni di battaglia, per la sua famiglia era un marito, un padre un nonno e un esempio. Lo ricordano la moglie Franca, i figli Ivane Anna Maria, la nuora Enrica e le nipoti Giorgia e Sara.

CESARINO CATELLANI

13° ANNIVERSARIO

Il 1° novembre ricorreva il 3° anniversario della scomparsa di Settimo Ballabeni. La moglie Teresa Cigarini, la figlia e i famigliari tutti, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrivono, in suo onore, pro Notiziario.

21° ANNIVERSARIO

ALESSANDRO DATTERI (FRANCO)

Il 26 novembre scorso ricorreva il 21° anniversario della scomparsa del Partigiano Alessandro Datteri Franco. Lo ricordano la moglie Ave Rosati e i figli Fiorella e Cesare e in sua memoria sottoscrivono per il Notiziario.

Il 16 settembre scorso ricorreva il 13° anniversario della scomparsa di Cesarino Catellani. La moglie Pierina Bisi e i figli Lina, Giorgio e Stefano offrono pro Notiziario.

ALDO BALLABENI (ALDINO)

12° ANNIVERSARIO

16° ANNIVERSARIO

Il 26 novembre scorso ricorreva il 6° anniversario della scomparsa di Carlo Porta, presidente dell’ANPPIA di Reggio Emilia. Lo ricordano con affetto la moglie Lea e la figlia Vanna sottoscrivendo pro Notiziario.

RICCARDO SONCINI

13° ANNIVERSARIO

Il 15 novembre ricorreva il 13° anniversario della scomparsa del Partigiano Angiolino Margini Tempesta della 143a Brg. Garibaldi, attiva nel parmense. Lo ricordano con immutato affetto la moglie Adolfina Bussei, la figlia Luciana, il genero, la nuora, i nipoti e i parenti tutti. Per onorare la sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

12° ANNIVERSARIO

Il 31 agosto 12° anniversario della scomparsa del Patriota Riccardo Soncini di Poviglio. Nel ricordarlo sempre con tanto affetto, la moglie Maria Frigeri e la figlia Marina, in sua memoria, sottoscrivono pro Notiziario.

Il 5 gennaio prossimo ricorre il 16° anniversario della morte di Werter Bizzarri, ex internato militare in Germania. Lo ricordano sempre con affetto la moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca e in suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

ANGIOLINO MARGINI (TEMPESTA)

6° ANNIVERSARIO

CARLO PORTA

Il 17 novembre ricorreva il 12° anniversario della scomparsa del Partigiano Aldo Ballabeni Aldino. Lo ricordano la moglie Norma Catellani e la figlia Fulvia che sottoscrivono pro Notiziario

WERTER BIZZARRI

3° ANNIVERSARIO

CARLO SONCINI

4° ANNIVERSARIO

La nipote Marina, in occasione del 4° anniversario della scomparsa dello zio Carlo, sottoscrive in suo onore a sostegno del Notiziario. dicembre 2013

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Anniversari

IN MEMORIA

EMORE TAGLIAVINI

Il 5 ottobre scorso ricorreva il 14° anniversario della scomparsa di Nedo Borciani, deportato in Germania. Dopo la Liberazione fu segretario della Camera del Lavoro e sindaco di Fabbrico, dirigente cooperativo e pubblico amministratore. Lo ricordano con immutato affetto la moglie Vanda, i figli Elisabetta, Everardo e Paolo sottoscrivendo pro Notiziario.

Per ricordare Emore Tagliavini, scomparso nel giugno scorso, Patrizia Tagliavini e Cesira Gibertoni sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

ADRIANA ORLANDINI ADORNO ed EMORE TAGLIAVINI

14° ANNIVERSARIO

NEDO BORCIANI

IN MEMORIA

ERCOLE SANTINI

Per onorare la memoria di Ercole Santini, nel 7° anniversario della scomparsa avvenuta l’otto dicembre 2006, e nel ricordarlo con immutato affetto, la moglie Bruna (Carla) e il figlio Paride sottoscrivono pro Notiziario.

In memoria di Adriana Orlandini, Adorno ed Emore Tagliavini rispettivamente madre, padre e fratello, Mirca Tagliavini sottoscrive pro Notiziario.

MARIO CATELLANI

7° ANNIVERSARIO

3° ANNIVERSARIO

In memoria di Mario Catellani, nel 3° anniversario della sua scomparsa. Anche se non ci sei più fisicamente, ti sentiamo sempre vicino a noi con i tuoi valori ed insegnamenti! Ricordiamo con te lo zio Ferdinando, i cugini Remo ed Ulderico Miselli unitamente al cugino Sergio Davoli, trucidati dai nazifascisti. Il loro sacrificio come quello di tanti altri ragazzi, possa essere d’esempio a tanti giovani delusi e sfiduciati! Con riconoscenza le tue donne: Annamaria, Lorenza e la tua cara Chiara. La famiglia Catellani-Paterlini sottoscrive pro Notiziario.

4° ANNIVERSARIO

LUIGI MAIOLI

Per onorare la memoria di Luigi Maioli, partigiano di Campegine, la moglie Orelei, le figlie Marzia e Miria e i generi, gli adorati nipoti Letizia e Lorenzo sottoscrivono pro Notiziario e lo ricordano con tantissimo affetto.

MAFALDA CUCCOLINI

Lutto

Il 2 dicembre scorso è deceduta all’età di 94 anni Mafalda Cuccolini di San Rocco di Guastalla, vedova del Partigiano Irmo Pazzi fucilato a Parma l’undici giugno 1944. La ricordano i familiari con un’offerta al Notiziario. 48

dicembre 2013

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notiziario

i sostenitori euro

euro

- GIULIANA PECCHINI – sostegno ..................................... 25,00

- RINA ZARDETTO – sostegno .......................................... 30,00

- MARINA SONCINI – a ricordo del padre Riccardo e

- on.ADRIANO VIGNALI – sostegno .................................. 50,00

dello zio Carlo ................................................................. 50,00 - ADOLFINA BUSSEI – a ricordo del marito Angiolino Margini ............................................................. 50,00 - TERESA CIGARINI – a ricordo del marito Settimo Ballabeni ............................................................. 25,00 - ISTORECO – festa per il Partigiano Fernando Cavazzini “Toni” ............................................... 200,00 - FAM. SALSI, CAVAZZINI e BORCIANI – per i 90 anni di

- PDCI di Reggio Emilia – a ricordo di Uris Bonori ............. 80,00 - MARIA MANZOTTI, ENRICO e MATTIA ORLANDINI – a ricordo di Roberta Manzotti ........................................... 100,00 - GIULIANA e GIANCARLO GIACHETTI – a ricordo dei genitori Renato e Alice .................................................................. 400,00 - GINO GHIACCI e NOVELLA – anniversario matrimonio . 50,00 - SEZ. ANPI CAVAZZOLI-BETONICA – a ricordo degli associati scomparsi. Giorgio Bedogni, Elio Baricca, Lelcisa Fantuzzi in Spaggiari .......................................................................... 100,00

Fernando Cavazzini “Toni” ............................................. 150,00

- LINA CATELLANI – a ricordo di Cesarino Catellani ......... 50,00

- PIERA FANTESINI – sostegno ............... ........................... 35,00

- FRANCO VALLI – sostegno ............................................. 30,00

- LEO GIARONI – a ricordo dei genitori .................................. 200,00

- LUIGI GALAVERNI e NORMA – sostegno ...................... 50,00

- ANNA FERRARI – a ricordo del padre Didimo”Eros” ....... 100,00 - FAM. CARRETTI-PIOPPI – a ricordo di Giuseppe Carretti “Dario” ..................................................100,00

- MORA BELLESIA – a ricordo di Bindo Bonomi ............... 200,00 - FERMINA GROSSI – a ricordo del fratello Lino “Piero” ....

-

- IDA SPAGGIARI – a ricordo di Senno Riccò e Ivo Spaggiari ..................................................................... 50,00

- VALENTINO GAZZINI – sostegno ................................... 60,00

- GIUSEPPINA MUNARI e fam. – a ricordo di Arrigo Rivi .. 50,00

- VANDA BORCIANI e figli – a ricordo di Nedo Borciani .... 40,00

- EDDA LUSETTI TAGLIAVINI – a ricordo del marito

- ADA BARTOLI – a ricordo di Martino Bartoli, caduto a Pieve .................................................................. 20,00 - SEZ. ANPI REGGIOLO – sostegno ................................. 100,00 - MIRCA TAGLIAVINI – a ricordo di Adorno, Emore e Adriana Orlandini .............................................................. 50,00 - PATRIZIA TAGLIAVINI e CESIRA GIBERTONI – a ricordo di Emore Tagliavini ......................................................... 50,00 - CENTRO PER LA RICERCA DEI POPOLI – a ricordo Paride Allegri .................................................................... 50,00 - LAURA e GIULIANA REVERBERI – a ricordo di

Arturo “Lupo” ..................................................................... 80,00 - PARIS BULGARELLI – a ricordo del padre Odoardo e della madre Severina Bisi ......................................................... 100,00 - PIERLUIGI BELLESIA (Milano) – a ricordo di Teresa Bellesia ................................................................. 50,00 - BRUNA BONACINI e PARIDE SANTINI – a ricordo di Ercole Santini ................................................................... 50,00 - GIOVANNA BIANCHI – a ricordo di Domenico Baisi “Renzo” ................................................... 30,00 - FIORELLA e VERENNA FERRARINI – a ricordo del padre RENZO “ BUOZZI” ........................................................... 100,00

Loredana Reverberi .......................................................... 50,00

- SALES CONDU – sostegno ............................................. 20,00

- GIORGIO LODESANI – a ricordo di Bruno Lodesani ..... 100,00

- EGIDIO FONTANESI – a ricordo bisnonna Vittorina Manghi 25,00

- FULVIA e NORMA CATELLANI – a ricordo di

- SEZ. CAMPEGINE – sostegno .........................................

Aldo Ballabeni ................................................................. 100,00 - NEREO GRASSI – sostegno ........................................... 20,00 - FAM. SASSI – a ricordo di Sassi Alfonso ......................... 50,00 - GIOVANNA SACCANI e figli – a ricordo del marito Sergio Rubertelli .............................................................. 200,00 - ALBERTINA BAGNACANI, il figlio e fam. – a ricordo di

--

- ORNELLA FERRETTI – sostegno ................................... 20,00 - DANTINA IOTTI PLACENI – a ricordo dello zio Giuseppe Manghi ....................................................... 20,00 - SEZ. ANPI Poviglio – a ricordo d Giovanni Tedoldi “Franz” . 100,00 - SEZ. ANPI Poviglio – sostegno Associazione e scuola Seilat .................................................................. 200,00 - BRUNO MENOZZI – sostegno ......................................... 20,00

Renzo Cagossi .................................................................100,00

- SEZ. CORREGGIO – sostegno scuola di Seilat ............... 50,00

- ALBERTINA BAGNACANI – sostegno ............................. 10,00

- MIRKO e GIULIA MARISTELLA – a ricordo di Mari Turrini. 100,00

- AVE ROSATI e figli – a ricordo di Franco Datteri .............. 50,00

- MARZIA MAGNANI e fam. – a ricordo del padre Alfio ..... 50,00

- OSTILIANA PIPERI – sostegno ....................................... 30,00 - VANNA PORTA – a ricordo del padre Carlo Porta ........... 50,00 - VALENTINA RINALDI – a ricordo del marito Werter Bizzarri .................................................................. 50,00

- MARZIA MAIOLI e fam. – a ricordo del padre Luigi ......... 30,00 - LICINIO e AFRA MARASTONI – a ricordo del figlio Marco e di Elio Trolli .................................................................... 200,00 - DAVIDE ZAMBONI – sostegno ........................................ 30,00 - FAM. CATELLANI e PATERLINI – a ricordo di

- LAILA e LUCIA GROSSI – a ricordo di Marco Marastoni ... 50,00

Mario Catellani ................................................................... 100,00

- ENZO RABITTI (Scandiano) – sostegno .......................... 50,00

- PRIMO BENATTI – a ricordo di Mafalda Cuccolini ........... 20,00





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