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notiziario

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVI - N. 05-06 di giugno-luglio 2014 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

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giugno-luglio 03 l© editoriale Dopo le elezioni Antonio Zambonelli 05 l© società C’era una volta Campania Felix Eletta Bertani 09 l© avvenimenti I 70 anni dell’Anpi Riccardo Braglia 11 l© 1960, 7 luglio Due testimonianze inedite: Spartaco Giampellegrini e Deanna Marmiroli


sommario Editoriale 03 Ci sono state le elezioni (e molto altro dopo), di A. Zambonelli Politica 04 Leana Pignedoli: “Agricoltura di montagna: piu’ capacita’ imprenditoriale e non solo Parmigiano Reggiano”

Il lavoro di Sherlyn della 3a della scuola primaria di San Polo per il progetto promosso dal Comune di San Polo, ANPI e Istoreco Progetto 25 aprile (1945...2014) CHI HA PAURA DEL LUPO NERO? IO NO!

Società 05 C’era una volta Campania felix. Castel Volturno: cronaca di una esperienza nella Terra dei fuochi, di E. Bertani 08 La Resistenza dell’Anpi e il Premio Libero GrassiLiberi tutti a Palermo, F. Ferrarini - “Esiste un’Italia che premia la creatività e che investe offrendo viaggi d’istruzione ai giovani...”, di A. Gherpelli Avvenimenti 09 L’Anpi. Settant’anni Partigiani, di R. Braglia 10 Andare all’isola partigiana degli spinaroni / nella Pialassa della Baiona, Ravenna 1960, 7 luglio 11 L’eccidio di Reggio Emilia: due racconti inediti Spartaco Giampellegrini e Deanna Marmiroli, avevano 18 e 17 anni, a cura di G. Bertani 13 Il comunicato dell’Anpi di Reggio Emilia 14 Alcuni momenti della commemorazione ufficiale 2014, 25 Aprile e dintorni 15 Reggio Emilia 2014. Un 25 aprile dimenticabile? Aq 16 e Lega rovinano la festa, di G. Bertani 16-18 Al 25 aprile (e dintorni) in provincia, a cura di A. Zambonelli 18 Il 25 Aprile con le parole dei bambini Riflessioni di due alunni della 5a scuola primaria di Villa Cella (Reggio Emilia) Cultura 19 Adelmo Cervi: “Io che conosco il tuo cuore - Sto ria di un padre partigiano raccontata dal figlio”,

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 C.F. 80010450353 e-mail: notiziario@anpireggioemilia.it; presidente@anpireggioemilia.it sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Angelo Bariani (fotografo), Massimo Becchi, dott. Giuliano Bedogni, dott. Carlo Menozzi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini,

recensione di A. Zambonelli, intervista di A. Parigi 21 “La Resistenza va in bicicletta...”, di B. Fontanesi 23 Quale relazione tra l’uccisione di Giovanni Gentile e il filosofo reggiano Mario Manlio Rossi?, di A. Zambonelli 25 Le strade della memoria, progetto delle classi V della scuola primaria “Righi” di Brescello, di A. Fava Memoria 26 Il lungo viaggio di don Lorenzo Braglia, di G. Notari - Priama, “donna per la pace” - Addio a Lino Michelini, WILLIAM 27 Grazie ad Alfredo Gianolio ricordiamo doverosamente Luigi Ferretti partigiano e artista 28 In memoria di Cesare Soragni WILLIAM, di a.z. 29 I giovani della nuova Europa a Kahla, di G Notari - Pansa e la “sua” verità. Una lettera di protesta di Fiorella Ferrarini a Concita De Gregorio 30 A 90 anni dall’assassinio di Giacomo Matteotti, di a.z. - Estate 1945 nasce l’Anpi a Reggio Emilia 70esimi 32 Estate-autunno ‘44.Laprima volta che si tornò a votare di A. Zambonelli 33 La battaglia partigiana dello Sparavalle, di A. Fontanesi l’Opinione 25 Ora una nuova stagione di democrazia e partecipazione, di Claudio Ghiretti 34 Lutti 35 Anniversari 38 I sostenitori Le rubriche 31 Segnali di pace, Saverio Morselli

Anna Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970 Giugno-luglio 2014 chiuso il 16 giugno 2014 Impaginazione e grafica Glauco Bertani Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840 CCP N. 3482109 intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI


editoriale

Ci sono state le elezioni - e molto altro dopo -

di ANTONIO ZAMBONELLI

- 50 anni di corruzione non sono bastati? Le elezioni europee ed amministrative del 25 maggio

scorso in che misura hanno corrisposto alle aspettative e agli appelli che, come ANPI, avevamo manifestato e lanciato, anche su queste pagine? Quanto alla partecipazione al voto, sia negli altri paesi d’Europa che sul piano nazionale, si è confermata la tendenza alla disaffezione. Quasi la metà degli italiani aventi diritto o non vanno alle urne o votano scheda bianca. Gli elettori della nostra provincia però, ancora una volta, hanno fatto registrare un alto tasso di partecipazione, esercitando quel diritto al voto per il quale, anche, i partigiani hanno combattuto. Avevamo in particolare segnalato il rischio che il voto europeo, quello degli italiani compreso, facesse emergere pericolose derive “populiste” o di destra, come risposta alla crisi economica e sociale che si è aperta a partire dal 2008. Ciò si è verificato in alcuni Paesi, a cominciare dalla Francia, dove il Front national, fino a pochi anni or sono emarginato come impresentabile sopravvivenza dello spirito fascista di Vichy, è ora il primo partito. Altre formazioni politiche più o meno fascisteggianti sono emerse dall’Ungheria alla Polonia alla stessa Inghilterra. In Italia le piazze preelettorali stracolme per i comizispettacolo di Grillo, non hanno prodotto quel risultato che il guru sbandierava, preconizzando una cancellazione di tutti gli altri partiti per una fantasiosa democrazia del web. Il quale Grillo finalmente, smettendo (per sempre?) di sparare contumelie a destra e a manca, ha dato libertà di parola ad alcuni e ben preparati esponenti del Movimento per affrontare un dialogo, si spera costruttivo, sui temi della legge elettorale e delle riforme. Comunque non si è fatto in tempo a riflettere sui risultati elettorali che nuovi scandali sono esplosi, nuove ruberie del denaro pubblico, e su grande scala, sono emerse, grazie alle iniziative della magistratura, stante la “distrazione” di gran parte della politica.Ed è grave che, ancora una volta, fenomeni di corruzione pare riguardino anche alti gradi della Guardia di Finanza, cioè personaggi ai quali lo Stato affida proprio il compito di combattere la

corruzione. Qualcuno ricorderà lo “scandalo dei petroli” (fine anni Settanta-anni Ottanta) che vide anche allora l’implicazione di alti gradi della GdF nonché dei consueti politici. Roba di quasi 40 anni fa, ma siamo sempre lì. E lì sta anche, in parte la “disaffezione” dalla politica, che in tanti lamentiamo. Ora che abbiamo a capo del Governo un giovane Renzi gratificato di oltre il 40 percento dei voti “europei” da parte degli italiani, c’è da sperare (e come ANPI lo chiediamo anche a livello nazionale) che il contrasto alla corruzione diventi qualcosa di serio e concreto. A cominciare dal ripristino di quelle leggi e di quelle norme (falso in bilancio, ecc.) che il berlusconismo cancellò a tutela di inaccettabili interessi personali. C’è da sperare, più in generale, che misure importanti vengano messe in campo per ridare speranza alle giovani generazioni, rilanciando l’occupazione; per togliere dalla disperazione migliaia di lavoratori usciti dalla produzione senza poter accedere al pensionamento. Mentre stendiamo queste brevi note, la politica è alle prese con questioni riguardanti riforme istituzionali. Questioni importanti che richiedono certamente si giunga a delle soluzioni innovative ma non in contrasto con i principi fondamentali e lo spirito complessivo della Costituzione repubblicana. Lo abbiamo ribadito anche nel comunicato, il cui testo riportiamo in altra pagina, diramato in vista del 54° anniversario del 7 luglio 1960.

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politica Leana Pignedoli: “Agricoltura di montagna: più capacità imprenditoriale e non solo Parmigiano Reggiano” “senatrice Leana Pignedoli, Lei ha avuto occasione, in seno a diverse commissioni senatoriali, di occuparsi dei problemi della montagna in generale, e di quella reggiana in particolare (assetto idrogeologico, agricoltura, occupazione, turismo…).”.

Una nuova stagione si apre per la mon-

tagna, per l’agricoltura in particolare assistiamo a un crescente numero di possibilità per il periodo 2014-2020 nella nuova riforma della PAC. Grazie al consistente investimento che la Regione Emilia Romagna sosterrà per il cofinanziamento del Piano di sviluppo rurale, il monte risorse dedicato all’agricoltura nella nostra Regione sfiorerà per la prima volta il miliardo e 200 milioni con programmi che privilegeranno nettamente la montagna. Sono previste misure che finanziano attività e progetti rivolte alla valorizzazione dell’ambiente, ai giovani e l’innovazione e soprattutto a incentivi per forme organizzate di impresa. Per la montagna poi, novità recente, si apre una possibilità in più per commercializzare le produzioni di montagna, infatti l’Unione Europea ha approvato pochi giorni fa l’indicazione in etichetta del “prodotto di montagna” quindi nuove opportunità per gli agricoltori che potranno così valorizzare in pieno le loro produzioni a partire dal Parmigiano Reggiano di Montagna. Inoltre, i nuovi fondi del GAL saranno ulteriore incentivo per integrare turismo sostenibile, tutela del paesaggio, energie rinnovabili, per impostare nuove politiche territoriali. Per gli otto Gruppi di azione locale (GAL) della nostra regione ci saranno 66 milioni di euro destinati a questa finalità. Ci sono risorse, ci sono nuove opportunità, c’è una domanda in crescita di prodotti originali, unici e la montagna è uno scrigno di preziose “diversità”, ma occorre un approccio coraggioso nel perce-

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pire il mestiere di imprenditore agricolo. I marchi da soli non bastano. Le risorse da sole non bastano. Occorre una strategia commerciale e di mercato: non è sufficiente essere produttore ancorché bravo e innovativo. Più che mai in montagna il produttore deve diventare “imprenditore” a tutti gli effetti ovvero deve accompagnare il proprio prodotto fino allo scaffale, determinare il prezzo, valorizzare in pieno la tracciabilità del prodotto e non affidarlo a una catena indistinta di intermediari. Questa la vera sfida di questo tempo. Evitare che gli agricoltori diventino i “mezzadri del nuovo secolo”, cioè succubi di grandi soggetti commerciali che determinano condizioni e valore dei prodotti. Il problema è serio. Se a fronte di una domanda in aumento di parmigiano reggiano nei mercati Esteri, i produttori percepiscono un prezzo che sta al di sotto degli otto euro (prezzo che non lascia alcun margine di reddito), assistiamo ad un paradosso che va affrontato strutturalmente e non in modo episodico. Valorizzazione del Parmigiano di montagna da un lato e differenziazioni di produzioni agricole per invertire la spirale di monocoltura produttiva del Reggiano dall’altro. La biodiversità è un valore preziosissimo, è la ricchezza del futuro in una globalizzazione che appiattisce tutto. La montagna può e deve essere un laboratorio di valorizzazione delle varietà, di una economia basata sulla distintività e non sulla massificazione. Ci sono interessanti esperienze nel nostro Appennino che stanno emergendo, giovani impegnati in

nuove produzioni: dalle nocciole all’aceto balsamico, dai mirtilli al pecorino, dalle chianine della Val d’Ozola ai capperi nei terrazzamenti con i muretti di Vetto d’Enza, allo zafferano del Ventasso al miele, alle castagne. Un’agricoltura che non punta sulla quantità, ma sulla qualità alta e la distintività deve essere in grado di farsi remunerare dal mercato il “valore immateriale” che ne determina l’unicità. Il prodotto e le sue caratteristiche , ma insieme il paesaggio, la storia, il processo produttivo. E’ una sorta di “prodotto integrato” di grande valore ma più difficile da commercializzare. servono strategie inedite mai pensate fin qui. Servono discontinuità nel concepire l’attività agricola. Proprio per questo serve un forte ricambio generazionale , servono competenze nuove servono sistemi organizzati : è necessario che le piccole imprese che si associno, si colleghino, si mettano in rete. La prima prova e opportunità grande arriverà tra qualche mese con Expo 2015. Expo ci porterà il mondo in casa, con una media di visitatori prevista di 160.000 visitatori al giorno provenienti da tutto il mondo. E noi dobbiamo essere determinati a farlo diventare non una enorme Fiera di Milano, ma un Expo dei territori, di tutto il paese. Una possibilità di promozione inedita a partire dai territori di montagna non come zona marginale di una visione urbano-centrica ma come inizio, centro di una nuova idea di sviluppo. Inizia, non vi è dubbio, un tempo interessante.


società

C’era una volta Campania felix

A Castel Volturno: cronaca di una esperienza nella di Eletta Bertani

Terra dei fuochi

Castel Volturno, il degrado

P

er una serie di circostanze, ho vissuto recentemente un’esperienza che penso valga la pena di raccontare e di condividere, perché in qualche modo è emblematica dell’ambivalenza del tempo che il nostro Paese sta vivendo, tra drammatiche emergenze e potenzialità inespresse. Se posso raccontare questa storia è perché una cara amica, l’ex senatrice e consigliera regionale Isa Ferraguti, di Carpi, mi ha fatto conoscere Laura Caputo, una giornalista e scrittrice che ha lavorato per anni in Francia, anche per testate prestigiose quali “Le Monde”. Incaricata appunto da quel giornale di intervistare Cutolo, noto camorrista in carcere, la Caputo ha iniziato a studiare e ad approfondire la realtà della camorra, il contesto economico, sociale, culturale che l’ha originata e nel quale tuttora prolifera. Questo lavoro d’indagine e di ricerca, non esente da sviluppi anche drammatici, lo ha raccontato in due romanzi ispirati appunto dai luoghi, dalle persone, dalle vicende che ha conosciuto: “Il castello di S. Michele” e “Il volo dell’Arcangelo”, presentati anche nella nostra città. E’ accaduto così che io stessa, attraverso la lettura dei suoi libri e la loro presentazione a Reggio, ho avuto la fortuna di fare amicizia con Laura Caputo. Quando dunque Laura e Isa mi hanno chiesto di accompagnarle in un viaggio nella Terra dei fuochi per partecipare ad alcune iniziative e alla presentazione del suo ultimo libro, perché anch’io potessi rendermi conto sul posto della realtà, ho capito che non potevo sottrarmi. E’ nata così, in tre giorni all’inizio di aprile, l’esperienza che qui racconto. Sono arrivata alla stazione di Napoli giovedì 9 aprile. Mi aspettano venute da Castel Volturno in auto Isa, Laura e Anna De Vita, compagna di Ciro Scocca, presidente dell’Associazione RES di Castel Volturno, organizzatore delle iniziative a cui parteciperemo e impegnato da tempo nella battaglia per la legalità e il cambiamento. Prendiamo l’autostrada per Avellino, dove Laura deve presentare il suo libro. L’incontro si tiene in un negozio equo e solidale gestito da alcuni giovani volontari dall’associazione

Libera, situato centro della città. Il venerdì successivo è il giorno più coinvolgente. Nell’Aula Magna della bella e nuova sede della Scuola nazionale di formazione del Corpo Forestale dello Stato, a Castel Volturno, gentilmente messa a disposizione, si tiene una affollatissimo Convegno promosso da RES (Rete Economia Sociale), dalla Cooperativa Libera Stampa editrice della rivista “Noi Donne” e da varie associazioni e personalità della Campania. Il tema è espressivo: “Studenti in cattedra nella terra dei sogni”. Sono presenti intere classi del Liceo Classico, Scientifico, Tecnico industriale, Alberghiero che, per un anno intero, hanno lavorato su alcuni temi cruciali: la devastazione ambientale provocata dai rifiuti tossici interrati, la legalità e la lotta alla camorra, il femminicidio. S’inizia con un video “choc” presentato dalle “Mamme della terra dei fuochi” che hanno costituito l’associazione “Noi Genitori di Tutti” e sono presenti con una delegazione. Sullo schermo scorrono i volti e i nomi dei bambini morti per le varie forme di tumore provocate dall’inquinamento del terreno e dei prodotti della terra. Alice, Enzo, Antonio, Martina, Alessia e tanti altri nomi, scorrono i nomi delle diverse terribili patologie che li hanno sottratti ai loro genitori, e cosa avrebbero potuto e voluto diventare. Sul palco salgono, poi, i ragazzi che hanno lavorato sul tema dell’ambiente. Nei loro temi descrivono il degrado e la devastazione di un territorio un tempo Campania felix, le terribili conseguenze sulla salute, analizzano le cause, l’egoismo e la sete di profitto. Denunciano la mancanza di sostegno dalle altre zone dell’Italia e il carattere nazionale del problema ambientale, la connivenza dello Stato con la camorra e la latitanza delle istituzioni. Segue la proiezione di un film girato, con la collaborazione dei ragazzi, da Ettore De Lorenzo, giornalista di RAI 3. Il titolo è significativo: “La terra dei sogni”. Il messaggio è chiaro: Si può fare, è possibile avere sogni anche più concreti. Sogno dunque sono. giugno-luglio 2014

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società Per le istituzioni è presente solo il questore di Caserta. Un brevissimo passaggio per un saluto privato del Presidente della Commissione Anticamorra, Gianfranco Valiante, troppo occupato per rimanere. Ma non un parlamentare, non un consigliere regionale o provinciale (solo due ex, Isa Ferraguti ed io che veniamo dal Nord). Del resto non è un caso che Castel Volturno sia un comune commissariato per infiltrazioni mafiose. Nel pomeriggio, si tiene in un’auletta l’incontro con i giornalisti della Campania sul ruolo della stampa nella lotta alle mafie, organizzato da Isa Ferraguti, presidente della Cooperativa Libera Stampa e da Laura Caputo. L’incontro, oltre che ai giornalisti, è aperto a insegnanti e a studenti della mattina interessati al tema, che sono presenti e partecipi, ma dei giornalisti, a parte due o tre, neppure l’ombra. Il sabato mattina è dedicato a conoscere fisicamente Castel Volturno. Anna ci accompagna a visitare il centro, i quartieri periferici, il lungomare. Castel Volturno è definita “ terra di mezzo”, perché è proprio a metà tra le province di Napoli e di Caserta, alla foce del fiume Volturno gode di 26 chilometri di spiaggia ampia e costeggiata da una splendida pineta, area protetta della Presidenza della Repubblica. Un tempo era un luogo privilegiato, residenza estiva dei benestanti di Napoli e Caserta, che vi tenevano le loro seconde case. Poi un terremoto devastante e l’innesto di una ricostruzione su cui ha prosperato la camorra e l’illegalità. Si è costruito dappertutto in modo disordinato e illegale, nelle aree demaniali, a ridosso della splendida pineta: il cemento, la brutta architettura, domina dappertutto e con il cemento il degrado e la sporcizia. Attorno alla foce del Volturno sono cresciuti ad opera di un imprenditore-ras locale enormi palazzoni ora degradati che stridono con la bellezza dell’affascinante paesaggio. L’accesso al mare del fiume è stato chiuso creando enormi vasche di acqua ferma e bloccando così il lavoro dei pescatori. Il bel viale del lungomare è pieno di sporcizia, cartacce e sacchi di spazzatura e altrettanto sporca è la spiaggia. Difronte al lungomare si susseguono enormi alberghi in pieno degrado, in gran parte ormai chiusi da anni, i muri scrostati, le finestre aperte, i vetri rotti. Fa male al cuore vedere una tale bellezza della natura ridotta in questo stato. Ma com’è stato possibile arrivare a questo punto? Viene spontaneo chiedersi. Certo la camorra ha dominato e tuttora domina il territorio, anche se non mancano gli sforzi di alcune istituzioni. Ad esempio mi segnalano 6

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Al centro Laura Caputo con le “Mamme delle Terre dei fuochi”

l’impegno e l’integrità del Commissario prefettizio, il dottor Antonio Contarino, non a caso oggetto di minacce recenti. I camorristi ci sono anche durante la nostra visita al lungomare. Mi segnalano un tale che passeggia abbracciando in modo protettivo e suadente le spalle di un conoscente nella tranquilla e poco frequentata mattina prefestiva. E’ un boss locale che sta cercando di convincere un tizio a entrare nella sua lista. Ma perché, malgrado l’impegno lodevole e generoso di alcuni cittadini e istituzioni, la camorra è ancora così forte? Una delle ragioni sta, a mio avviso, nella mentalità popolare radicata e frutto di una lunga storia: una mentalità ancora “servile” più da sudditi che da cittadini, dove conta il favore, l’ossequio al potente, al notabile, dove prevale, spesso per paura e per mancanza di alternative, la scelta di non immischiarsi, di farsi gli affari propri. Ci spostiamo nell’entroterra, sull’altro lato della pineta, nel quartiere degli immigrati. Dappertutto vediamo persone di colore, che abitano in alloggi di fortuna o nelle case basse e povere circostanti. Un ambiente chiaramente diverso dal quartiere di villette adiacenti al centro e alla Chiesa parrocchiale, ben curate, circondate dal verde e recintate, dove abitano i benestanti locali, calciatori, professionisti, imprenditori. Eppure una Castel Volturno democratica e civile esiste e la incontro anche nelle poche ore della mia permanenza. Il giornalaio mi racconta che negli anni giovanili diffondeva “l’Unità” casa per casa; conosciamo un professore di fisica dell’Università con idee molto concrete e chiare su come cambiare la

situazione, partendo dalla legalità e tuttavia ancora molto diffidente e critico verso la politica e la scelta di impegnarsi per cambiarla. C’è un giovane autore di un libro, Antonio Moccia, dove si fanno nomi e cognomi anche dei colletti bianchi. E ci sono Ciro e Anna, i miei gentili ospiti, coraggiosi e generosi, che hanno scelto di combattere a viso aperto contro questo sistema e contro questa mentalità. Stanno lavorando per costruire una lista civica di chiara alternativa e, mi dicono, stanno raccogliendo adesioni insperate in vari ambienti. Il pomeriggio riprendiamo l’autostrada a ridosso della zona vesuviana per raggiungere Ottaviano, (“Settimiano” nel romanzo-inchiesta di Laura Caputo, che non riesce a liberarsi dalla fascinazione dell’esperienza drammatica che ha vissuto e vuole tornare in quei luoghi “fatali”). Ad un certo punto sbagliamo strada e finiamo nell’enorme piazzale ormai vuoto della FIAT di Pomigliano d’Arco, una fabbrica ormai chiusa, ormai una cattedrale nel deserto in questo paesaggio bellissimo. Poi raggiungiamo Ottaviano, un paese collocato piuttosto in alto, circondato da verdi montagne. Nella piazza principale i soliti anziani che stazionano chiacchierando e osservando. Saliamo alla cattedrale, percorriamo stradine silenziose e misteriose. Ogni tanto qualche bottega che ricorda quelle degli anni Cinquanta. Saliamo al famoso Castello mediceo di San Michele, che Cutolo volle acquistare a simbolo della sua potenza. Sequestrato e poi confiscato dallo Stato, è sede degli uffici di diverse associazioni, fra cui quella del Parco Vesuvio. In gene-


società rale l’impressione che ricaviamo è di un posto fuori del mondo. Al ritorno, la sera restiamo a cena da Anna e da Ciro e parliamo molto. Ciro ha deciso di mettersi in gioco, di presentarsi alle elezioni. Ha chiesto a Isa Ferraguti di entrare nella lista e Isa si mette a disposizione. Ci chiede consigli su come fare e di aiutarlo. E’ consapevole della difficoltà della prova del governo, se ce la dovesse fare. Insistiamo sulla necessità di creare, in un contesto locale in cui prevale il personalismo, il servilismo e la mancanza di senso civico, una idea diversa: il senso della cittadinanza, della comunità, del sentirsi un NOI, delle responsabilità di ognuno e di tutti verso la terra in cui si abita. Non è facile e ci vuole tempo. Ma bisogna provarci, accettare la sfida. La mattina dopo, di domenica, è arrivato per me il tempo di ripartire. Lascio e abbraccio Ciro Scocca con un nodo in gola. Sento la sua, la loro solitudine. In questi

L’Aula magna

due giorni ha sentito attorno a sé il calore della partecipazione dei giovani, il sostegno della nostra presenza fisica. Ma noi ce ne andiamo e tocca a lui, ad Anna, ai

pochi amici, reggere la sfida. Hanno bisogno di vicinanza e di sostegno, anche dal Nord. Non li dimenticherò. Non dimentichiamoli.

CAMPAGNA A SOSTEGNO - ANTIDOTI ANTIFASCISTI Caro amico,

tu sai che nel DNA dell’ANPI c’è la lotta per la libertà, la democrazia e la giustizia come valori nati dalla Resistenza ed il contrasto incondizionato alla rinascita del fascismo. In Italia ed in Europa la crisi economica e la protesta cieca alimentano sentimenti di populismo e la fascistizzazione, come risposta antidemocratica. Da tempo il revisionismo ed il negazionismo degli efferati episodi di razzismo e xenofobia, hanno ispirato in chi non ha vissuto gli orrori della guerra, una sottovalutazione della pericolosità nella riorganizzazione di “Fiamma Tricolore”, “Forza Nuova” e “Casa Pound”, che mirano ad episodi di violenza usando simboli di guerra e calpestando il diritto dei cittadini a vivere democraticamente. L’ANPI fa appello ai cittadini, e alle organizzazioni tutte di sottoscrivere il documento ANTIDOTI ANTIFASCISTI invitandoti alla mobilitazione, a presìdi e iniziative pubbliche di informazione e responsabilizzazione sul pericolo fascista nella difesa democratica dei principi costituzionali. Anche l’ANPI sta vivendo un momento difficile e di ristrettezze economiche per proseguire nella sua azione di grande baluardo a difesa delle libertà dei cittadini e contro i tentativi di ricostituzione strisciante del fascismo. Anche tu sei importante per dare un tuo piccolo contributo a finanziare e sostenere la campagna di valorizzazione di ANTIDOTI ANTIFASCISTI Grazie a te potremo predisporre una serie di difese e di sicurezze contro il pericolo incombente dei venti di conservazione e populismo che stanno spirando intorno a noi.Sarai fiero di essere stato protagonista, in questo momento difficile, di fare argine politico e culturale alla recrudescenza dei movimenti neofascisti in Italia e in Europa. Grazie in anticipo e gradisci i nostri migliori saluti.

Dona ora all’ANPI con la causale:

DONAZIONE PRO ANTIFASCISMO una piccola somma per rafforzare le difese democratiche anche nel tuo interesse BANCA – Unicredit Piazza del Monte – Reggio Emilia IBAN: IT75F020081283400010028080 Intestato a: ANPI Comitato provinciale POSTA c/c postale n. 3482109 IBAN: IT50Z0760112800000003482109 Intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Comitato provinciale

il presidente provinciale

GIACOMO NOTARI

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società La Resistenza dell’ANPI e “Esiste un’Italia che premia la il Premio Libero Grassi-Liberi tutti creatività e che investe offrendo a Palermo viaggi d’istruzione ai giovani…” di Andrea Gherpelli

di Fiorella Ferrarini

- Ragazzi, godetevi la vita, innamoratevi, siate felici... ma diventate partigiani di questa nuova resistenza, la resistenza dei valori, la resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e agire da uomini liberi e consapevoli! - Antonino Caponnetto

Come ANPI di R.E. siamo impegnati da alcuni anni in un

percorso di nuova resistenza che è il progetto“Radici nel futuro”, con il prof. Stefano Aicardi e gli studenti di diverse classi del Liceo Magistrale “Matilde di Canossa”, insieme a Libera, Istituto Cervi e Associazione Papa Giovanni XXIII. Il percorso è nato dal patto-gemellaggio tra la cultura antifascista e la cultura antimafia per la profonda similitudine dei valori di cui queste due culture sono portatrici: il diritto-dovere della memoria, la libertà che si sposa con la giustizia, il lavoro, la legalità e la responsabilità. Da questo percorso è nato il generoso invito di Rosa Frammartino, consulente Educational della Provincia, che da diversi anni promuove e sostiene infaticabilmente le attività di formazione nelle scuole reggiane per l’educazione alla legalità e alla cittadinanza. Ho potuto così partecipare il 20-21-22 maggio alla tre giorni in Sicilia, fare memoria della strage a Portella della Ginestra, incontrare il fratello di Peppino Impastato a Cinisi, la vedova di Libero Grassi, ambedue orgogliosi della loro tessera ANPI e intervenire in particolare al convegno STORIE E SAPERI DI RESISTENZA E LIBERAZIONE insieme ad Antonio Terranova, presidente Anpi di Palermo, La delegazione reggiana era inoltre composta, oltre che da Rosa Frammartino, da Andrea Gherpelli, interprete magistrale dei brani proposti dalle due ANPI, da diversi docenti e molti studenti reggiani, tra i quali l’ intera classe della Filippo Re che ha vinto il premio nazionale con un bellissimo spot sul tema del diritto al lavoro. L’ANPI si rivolge alle nuove generazioni per mantenere la storia della Lotta di Liberazione ben radicata all’oggi, in opposizione alla distruttiva cultura mafiosa, e a tutto ciò che è violazione dei diritti, sopraffazione, violenza, disprezzo della dignità della persona. Il nostro timone è e sarà sempre la Costituzione. Incontro con il Dott. Di Matteo

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o una buona notizia: esiste un’Italia che premia la creatività e che investe offrendo viaggi d’istruzione a giovani selezionati e mossi da sensibilità, fervore e da quel talento che non viene solo apprezzato, ma addirittura viene alimentato e stimolato. E’ roba da non crederci e invece il Premio “Libero Grassi” dà gioia, gioia pura, dà lacrime. Sono stato piacevolmente coinvolto come collaboratore artistico e come attore in questo viaggio in Sicilia grazie alla determinazione e alla grazia con cui la dottoressa Rosa Frammartino – consulente educational – cura il bagaglio di conoscenza con cui abitualmente interagisce. Oggi, dopo un viaggio così intenso, posso soltanto dire che non è proprio facile iniziare a parlarne. I ricordi si sovrappongono veloci, uno subito dopo l’altro, senza un ordine preciso e mentre scrivo ecco sopraggiungere, ad esempio, la libertà così forte e pura, urlata pacatamente da Libero Grassi o il grave peso specifico delle parole pronunciate con insolita purezza, sotto il sole cocente di Palermo, dal giudice Nino di Matteo che vive costantemente sotto scorta soltanto perché fa il suo dovere o, ancora, il silenzio assordante che, come un boato per le strade di Corleone, ti ottura le orecchie e poi molto e molto altro. In tutto questo, tra tutti questi ricordi vividi, ci siamo anche noi, studenti, docenti, accompagnatori ed io. Tutti vivaci, a guardare, ascoltare, a capire commossi, intimoriti, spesso immobili, attoniti; qualcuno anche a scherzare, qualcun altro a fare foto ma tutti, tutti, in segreto a definire nuove tele di intuizioni mosse da certi incontri che cambiano il ritmo del battito cardiaco, caratteristica fondante di questo nostro viaggio che non dimenticheremo. Quando hai visto come vanno certe cose poi non puoi far finta che non sia successo, ed ecco perché questo viaggio, senza scorciatoie, porta dritto alle tue responsabilità e voglio dire sia ai ragazzi che ai docenti con cui ho viaggiato di condividere con i loro familiari le nostre scoperte, di aiutare e sostenere lo sviluppo di tutta la loro famiglia, così come io faccio con la mia, perché l’evoluzione delle nostre famiglie è anche la nostra evoluzione e perché non saremo mai uomini realmente liberi fino a che non conosceremo da dove veniamo e non potremo mai godere della libertà fino a che non sapremo da cosa dobbiamo liberarci, così come non potremo mai lottare per sentirci liberi se non vedremo chiaramente i fili che ci immobilizzano e infine perché un uomo libero, è un uomo che può ed è in grado di decidere. Con gioia.


avvenimenti 70 anni or sono

di Riccardo Braglia

L’ANPI E L’ITALIA

Il sindaco Ignazio Marino con Carlo Smuraglia

L

’ANPI nasceva settant’anni fa a Roma, a quarantott’ore dalla liberazione della città. E’ stato il tempo di una generazione di ragazzi che, con il loro sacrificio e il loro impegno, hanno scavato le fondamenta di un Paese di liberi e uguali. E’ il lascito di quei ragazzi, quelli che hanno combattuto per la nostra libertà, quelli che hanno costruito la nostra storia, i partigiani. A settant’anni dalla Liberazione dal nazifascismo è tempo di commemorazioni; e commemorazione è stata il 6 e 7 giugno a Roma al Centro Congressi Frentani all’insegna di “70 ANNI CON LA LIBERTA’ NEL CUORE”, slogan quanto mai calzante e rappresentativo dei sentimenti e delle emozioni espresse dall’ANPI. Da Reggio Emilia è partita una nutrita delegazione in rappresentanza sia dell’ANPI Provinciale, sia delle ANPI territoriali. L’evento, organizzato con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, si è svolto al Centro Congressi Frentani, in via dei Frentani 4, appunto a Roma, ed è iniziato sabato 6 giugno con la cerimonia solenne, alla presenza della moderatrice Anna Longo, Radio RAI, Valeria Fedeli, vice Presidente del Senato, Giuliano Montaldo, regista, Daniele Leodori, Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Carlo Smuraglia, Presidente dell’ANPI Nazionale e Ignazio Marino, sindaco di Roma, che ha presenziato alle ultime battute della Cerimonia. Anna Longo, oltre agli iniziali ringraziamenti di rito alle Autorità a tutti i presenti, ha dato lettura dei saluti arrivati dal Presidente Giorgio Napolitano e dalla Presidente della Camera Boldrini, della CGIL, dell’Unione dei Combattenti, di Antonino Intelisano, presidente della Procura Militare della Repubblica, dell’Unione dei Mutilati, Veterani di Guerra e della Commissione Italo-Tedesca. Daniele Leodori ha incentrato il suo intervento sul mantenere vivo il ricordo e la memoria sugli accadimenti legati alla resistenza ed all’eredità antifascista. Inoltre ha puntato l’attenzione sul significativo incremento del numero di iscritti ANPI grazie soprattutto alla presenza tra i tesserati di tanti giovani. Valeria Fedeli ha ricordato come l’ANPI sia una fondamentale risorsa per la democrazia, in termini di memoria, libertà, di contributo di donne e uomini alla resistenza. Citando Wladimiro Settimelli, ha elencato i motivi della nascita dell’ANPI ed ha elogiato l’impegno dell’Associazione nelle scuole e nella ricostruzione delle infrastrutture etiche all’interno di un

tessuto sociale comunque democratico. Giuliano Montaldo ha raccontato, “in prosa e poesia”, momenti, suggestioni, aneddoti della realizzazione del film “Achtung! Banditi!”, storia di un ingegnere meccanico che si fa uccidere assieme al capo dei GAP della sua fabbrica piuttosto che vendersi ai nazifascisti, primo film di Carlo Lizzani, maestro e amico fraterno dello stesso Montaldo. Il film fu girato nei dintorni di Genova, fra le frazioni di Campomorone, Pontedecimo e altre località della Val Polcevera, e venne realizzato grazie ad una sottoscrizione di “azioni” da 500 lire. Lizzani ebbe l’idea della sottoscrizione dopo aver assistito alla proiezione di “La terra trema” (1948) e aver discusso con Luchino Visconti del fatto che quest’ultimo non aveva trovato produttori interessati al proseguimento della sua opera (inizialmente pensata come la prima parte di una trilogia). Montaldo ha ricordato come un gruppo di operai propose di dare vita a una cooperativa che finanziasse dei film coraggiosi, quei film che l’industria privata non si sentiva di produrre. Bisognava rompere il cerchio di una consuetudine umiliante per il cinema italiano, dare un esempio, lanciare una iniziativa che potesse poi essere ripresa da altre città italiane, dimostrare che il popolo non solo amava il nuovo cinema italiano, ma voleva aiutarlo e rafforzarlo.Nel film gli attori utilizzavano armi di legno, in quanto non venne dato il permesso di usare armi disattivate. Citazioni significative e toccanti sono state anche quelle legate al film “L’Agnese va a morire” (1976), da un romanzo di Renata Viganò, con la regia dello stesso Montaldo e musiche di Ennio Morricone. Chiusura entusiastica per Montaldo, con lunghi applausi alla frase “La resistenza non è mai finita”. Infine il Presidente Carlo Smuraglia ha fornito alcuni numeri significativi sull’ANPI di oggi riferendosi ai “70 anni … ma non vecchi”: 130.000 iscritti, sezioni sparse sull’intero territorio nazionale, oltre a 85 sezioni all’estero. Come il Presidente ha sottolineato, la presenza ed il contributo dei “vecchi” si assottiglia, ma nuove generazioni stanno emergendo. La memoria rimane intatta ma è come una pianta da coltivare nel tempo. Non bisogna limitarsi alle sole Commemorazioni di un tempo che fu e che non deve al ripetersi, ma occorre orientare la memoria la futuro con l’apporto fondamentale dei giovani. L’ANPI è viva, attiva e visibile, rappresentativa di una sua identità e di una sua autonomia, impegnata a “combattere” quotidianamente contro una diffusa svalutazione della resistenza. Importante è stato anche il capitolo legato alla “Costituzione … maneggiare con cura”, guida e faro della nostra democrazia, ritoccabile, migliorabile, ma non cancellabile nei suoi fondamenti, come da molte parti si vorrebbero fare. Sintomatico di un cambiamento dei tempi e di un adeguamento anche dei “comportamenti” dell’ANPI è stato l’affrontare il problema del revisionismo interno, momento di autocritica e passaggio dal concetto mitologico di partigiano a quello di normalità, ma supportata da scelte e coraggio in linea con i tempi. Le luci e le ombre che devono diventare storia e memoria, devono essere accompagnate dall’impegno civile. Per questo motivo, in occasione dei festeggiamenti per il 70esimo giugno-luglio 2014

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avvenimenti dell’ANPI è stato pubblicato un numero speciale di “Patria indipendente” in cui si segnala che sono rimasti solamente 10000 ex combattenti in vita, testimoni silenti di quello che è stato, in un momento attuale complesso e difficile. ANPI opera ed opererà sempre in un’ottica di politica “non partitica”, muovendosi in autonomia di giudizio, senza l’utilizzo di governi amici, basandosi su forze diverse, generazioni diverse, idee diverse, il tutto unito dallo slogan “La memoria batte nel cuore del futuro”. Occorre ribadire i presupposti su cui si fonda l’ANPI, in un momento di generale indifferenza delle Istituzioni verso l’antifascismo. Alla fine della relazione congressuale, sulle note e le parole di “Bella Ciao”, tutti i delegati si sono alzati in pie-

di applaudendo il Presidente per cinque lunghissimi minuti. Sabato 7 giugno, per tutti i delegati, è stata organizzata una visita alle Fosse Ardeatine, con i saluti iniziali di Ernesto Sassi, Presidente dell’ANPI Provinciale di Roma, poi cortese e simpatica guida e relatore “privato” per tutti gli astanti, seguito dalla toccante narrazione della sequenza storica degli accadimenti che portarono all’eccidio, da parte del professor Alessandro Portelli, storico, Presidente del Circolo “Gianni Bosio”. Successivamente alla visita, sempre al Centro Congressi “Frentani”, è stato messo in scena la prima di un racconto teatrale “La storia dell’ANPI nella storia d’Italia”, con la regia di Samuele Rossi e con la partecipazione straordinaria di

Giorgio Colangeli e Daniela Morozzi, voce narrante di Claudio Silingardi. Spettacolo commovente, trascinante, splendidamente rappresentato dagli attori in scena (Leonardo De Carmine, Alessandro Marventi, Arianna Mattioli, Marina Occhionero, Luca Tanganelli, con musiche dal vivo di Marco Dieci, Lucio Gaetani e Lucio Stefani). Come chiusura dei lavori, Sandra Bonsanti (Presidente di Libertà e Giustizia), già giornalista de la Repubblica, e Stefano Corradino, Direttore di art.21, hanno intervistato il Presidente Carlo Smuraglia sull’ANPI oggi, approfondimento sulle posizioni dell’Associazione rispetto agli accadimenti odierni ed agli eventi che stanno segnando il nostro tempo.

Andare all’isola partigiana degli spinaroni - nella Pialassa della Baiona, Ravenna Il 20 giugno u.s. si è tenuta una riunio-

ne del coordinamento regionale ANPI dell’Emilia-Romagna, anziché a Bologna, secondo la consuetudine, sull’isola degli Spinaroni, nel Ravennate, che da anni ci veniva decantata dal nostro ottimo Ivano Artioli, presidente dell’ANPI provinciale. Isola mitica per la Resistenza romagnola, luogo di memoria per eccellenza. Sede per mesi, estate-autunno 1944, del distaccamento partigiano “Terzo Lori” della 28a Brigata GAP Mario Gordini. Da lì il comandante Bulow pianificò la battaglia per la liberazione di Ravenna. L’isola è situata in quel territorio dove la pianura padana finisce e si immerge lentamente nell’Adriatico. Siamo in quel miscuglio di terra e di acque denominato, in dialetto romagnolo, Pialassa , cioè “piglia e lascia”, per via di quelle “valli” che alternativamente pigliano e lasciano l’acqua salmastra del mare secondo il ritmo delle maree. Dunque parola composta analoga a “bagnasciuga”. Quanto al nome “spinaroni”, è dovuto ad una delle piante che crescono in quei luoghi, l’olivello spinoso, per le numerose spine che costellano i suoi rami. Questioni linguistiche a parte, per molti di noi che ci siamo trovati là in una bella giornata di sole, l’Isola è stata una emozionante e piacevole scoperta. I volontari di Porto Corsini vi hanno costruito un accogliente capanno secondo la tradizione delle valli, compresa la copertura in canne palustri. L’isola si raggiunge con la motobarca “Bulow”, condotta 10

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dal comandante Dover Roma, il quale Dover (nome scelto dal padre come ricordo della 2.a guerra mondiale) è anche membro del Comitato provinciale ANPI e dirigente della sezione di Porto Corsini. Nel capanno, o sotto l’attigua tettoia, si può trascorrere anche un’intera giornata

per seguire lezioni sulla storia della Resistenza e sugli aspetti naturalistici di un habitat assai particolare. Se si rimane per una giornata intera, anche per consumare attorno al grande tavolo sotto la tettoia una colazione al sacco, o qualcosa di cucinato sul posto, previo accordo. Segnaliamo che sarebbe possibile organizzare gite sul posto, sia per scolari e studenti che per adulti, massimo 30 persone. Gli eventualmente interessati, scuole o singole persone, possono rivolgersi alla nostra sede, Via Farini,1, RE. Tel. 0522. 432991.

Interno della capanna partigiana e la barca “Bulow” condotta dal comandante Dover (foto Angelo Bariani)


1960, 7 luglio L’eccidio di Reggio Emilia - Due racconti inediti

Spartaco Giampellegrini Deanna Marmiroli avevano 18 e 17 anni

di Glauco Bertani

7 luglio, Reggio Emilia La Camera del lavoro, i partiti e le forze antifasciste organizzano una manifestazione popolare contro il governo Tambroni.

La polizia si apposta

ore 16.30. Reggio Emilia presidiata: poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa come “truppe occupanti”. Migliaia di manifestanti si radunano in Piazza della Vittoria... 5 morti - Lauro Farioli, 22 anni, Ovidio Franchi, 19 anni, Emilio Reverberi, 39 anni, Marino Serri, 41 anni, Afro Tondelli, 36 anni... E da qui partono i racconti di Spartaco Giampellegrini e di Deanana Marmiroli

Spartaco Giampellegrini

“Ho visto Ovidio cadere, ma non pensavamo che…”, così

nei ricordi di Spartaco Giampellegrini, quel 7 luglio 1960. “E’ la prima volta che ne parlo – ci dice – l’occasione è venuta, cosa vuoi, è una storia un po’ uguale a quella delle altre… l’occasione è venuta perché due o tre anni fa sono andato a una cena dei ragazzi di via Adua. Il mio ex socio abitava a Codemendo, adesso vive a Cavriago, lui è di via Adua, e io avevo tanti amici di via Adua e loro si trovano, infatti eravamo più di cento, alla festa dell’Unità, prendono uno stand quando è chiusa e ci fanno la cena. Quella sera, quando eravamo là a mangiare, c’era anche Silvano Franchi, me lo ha indicato e io lo riconobbi. Sono andato a salutarlo. Sono stato incerto, sai, per non andare ad avviare dei mulini, perché so che lui per questa storia ha combattuto tutta la vita. E a me pesava andargli a dire una cosa del genere, ne ha già avute tante!, però sentivo il bisogno di dirglielo, di salutarlo, di essergli vicino. Gli ricordai questo particolare che Silvano non ricordava più perché è passata una vita. Stop! Dopo, gli diedi il mio numero di telefono”. Spartaco Giampellegrini aveva 18 anni in quel luglio 1960, lavorava da Dotti e Bartoli “che era un negozio di tessuti, dopo la Ghiara, in via Emilia Santo Stefano, dove hannno tutto ristrutturato, il palazzo Mongardini, invece i miei amici erano operai. Alla sera frequentavo l’Ars et Labor. Poi lavorai da Vittadello e nel 1966 mi trasferii a Rimini per lavoro”, dice. Ha visto cadere Ovidio, che era al suo fianco; ha visto il corpo martoriato di Emilio Reverberi sotto l’Isolato San Rocco, davanti alle saracinesche abbassate di “Zamboni”, un negozio di abbigliamento, che c’è ancora. “Non eravamo nella piazza, quando Ovidio è caduto, stavamo andando verso le Poste, fra la Banca d’Italia e i palazzi nuovi che ci sono adesso, eravamo lì perché la polizia era dietro la

Banca d’Italia, ma la voce era che sparassero a salve: ecco la ragione per cui andavamo avanti belli sereni, belli tranquilli cantando e urlando dicendone di tutto. Invece quando è caduto per terra ci siamo accorti che aveva un buchino qui – [lo dice indicando la pancia appena sotto l’ombelico, NdI] – forse sparavano anche a salve ma in mezzo c’erano anche i non a salve. Noi eravamo lì. Io ero insieme a Elio Reverberi, il nipote Emilio. Con Ovidio ci siamo visti in piazza, camminavamo a fianco per combinazione… poi mi hanno detto che c’era il fratello, Silvano, dietro l’isolato San Rocco. Mi urlarono : ‘là c’è suo fratello!’, allora gli sono andato a dire: “Guarda che tuo fratello è stato colpito” e lo stavano portando via con l’ambulanza. Poi è passato un camion che credo sopra ci fosse il vice sindaco di allora, il maestro Lelli, che urlava alla polizia di non fare del male. Mi ricordo vagamente perché poi io sono andato via. E poi andai a casa della mia fidanzata, eravamo tanti amici del Villaggio Foscato anche se io vivevo a San Maurizio, alla Ca’ Bianca, ma facevo trega con tutti quelli del Foscato e del quartiere “GIL” (il rione di fronte alle scuola di via Magenta)”. Poi il racconto di Spartaco si fa ancora più drammatico: “Dopo questo fatto andammo sotto l’Isolato San Rocco e trovammo lo zio di Elio con la testa fracassata e ricordo che c’erano dei pannelli e ricordo che Elio impazziva per questa situazione. E’ stata una situazione che ti ha un po’ sconvolto. Eravamo in compagnia di tanti altri amici, perché lì c’era tutta la banda, si fa per dire, della GIL. Ci trovavamo sul ponte della GIL [il ponte sul Crostolo di via Magenta che va verso Regina Pacis, NdI]. Eravamo dieci quindici venti, perciò quando si andava a fare queste manifestazioni ci si andava tutti, poi quando eri lì ti disperdevi in piazza. Ma con Elio eravamo assieme, non ci siamo mai mollati, mentre con Ovidio, come ho detto, ci siamo trovati lì. giugno-luglio 2014

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1960, 7 luglio Lauro Farioli, 22 anni, San Bartolomeo (RE), operaio, orfano di padre lascia la moglie e un figlio. Colpito a morte davanti la chiesa di San Francesco. Marino Serri, 41 anni, Rondinara (Scandiano, RE), operaio, ex partigiano della 76a Brigata SAP, lascia la moglie e due figli. Nato in una famiglia contadina e montanara di Casina, sei fratelli, sin da bambino pascolava le pecore nelle campagne. Militare a 20 anni, era stato in Jugoslavia. Colpito a morte sul sagrato della chiesa di San Francesco.

Ho pensato tanto il perché, Ovidio era più vecchio di me di due anni e mi sembra di ricordare di averlo conosciuto alle manifestazioni che facevamo davanti alle Professionali [in via Trento Trieste, NdI], era il ’53 o il ’54, forse contro la spartizione del territorio di Trieste, ma non ricordo bene la ragione. Però alla base dell’amicizia, penso, ci fosse il “Gramsci”, in via Toschi nel palazzo del partito [il PCI]; che noi frequentavamo insieme agli amici. Ci andavamo spesso”. “Poi ci siamo persi” dice alla fine di questa manciata di ricordi che si sono sviluppati come una spirale. “Dopo questa vicenda eravamo molto arrabbiati, si parlava anche di armarsi di tutte queste cose, ma faccio fatica a parlarne

Spartaco Giampellegrini negli uffici dell’ANPI durante l’intervista

perché sembrava un po’… eravamo carichi… Ci siamo radunati tutti, eravamo

parecchi, avevamo tutti gli occhi gonfi, sai i lacrimogeni… siamo tornati, come ti ho detto, alla GIL per cercare i compagni più anziani del Villaggio Foscato, partigiani ecc. i quali… noi volevamo le armi: “Lasciate perdere” ci hanno detto loro e ci hanno mandati a quel paese! E allora ognuno di noi si chiuse nel proprio mondo. Indubbiamente questa storia ci pesò perché eravamo gasati ma eravamo dei ragazzi, forse io ero tra i più vecchi. E parlarne adesso sembra quasi… il clima era quasi di rivolta, te lo posso garantire”. Una pausa, poi dice: “Elio… questa storia se l’è portata dentro, una vita difficile disperata… abbiamo cercato tutti di smemorizzare questi fatti in verità, ma a chi è capitata fa fatica dimenticarla”.

“Mentre Ovidio, Elio e Spartaco camminavano inconsapevoli verso le Poste tra colpi di fucile che credevano a salve, Deanna Marmi-

roli, 17 anni, impiegata in un’agenzia assicurativa che occupava dei locali all’Isolato Sa Rocco, sopra il negozio Zamboni, assisteva dalla finestra dell’ufficio, insieme ad altre giovani colleghe, al compiersi di una tragedia non annunciata. “Arrivavano a mo’ di cavalleria rusticana – ricorda – tutti i carabinieri o polizia o quello che era. A un certo punto ha cominciato ad esserci un grande fumo… Nell’angolo di via Crispi, sotto il portico vicino alla tabaccheria, vidi un’altra persona cadere a terra, ma subito tutt’intorno arrivava gente e non riuscii a capire. Tutto ciò che c’era da sapere e capire lo realizzai in seguito”. La persona a terra era Ovidio Franchi.. Ricorda ancora Deanna: “Aprimmo poi la vetrata rivolta verso il bar Cavour e in mezzo a nebbia o fumo […] riguardai sotto e mi si presentò uno spettacolo agghiacciante: un giovane urlava piangendo e segnava con la mano la vetrina del negozio Zamboni davanti alla quale un uomo esalò l’ultimo respiro. Arrivarono diverse persone, urlavano, piangevano e si abbracciavano…”. E fra quelle persone che circondavano il corpo esamine di Emilio Reverberi forse c’era anche Elio Reverberi. “Sentiamo” tutto il racconto di quel pomeriggio di 54 anni fa dalla voce di Deanna.

Deanna Marmiroli

Mentre,

insieme a diverse colleghe sedici e diciassettenni, ci trovavamo nell’ufficio assicurativo sopra al negozio Zamboni, le cui vetrate si affacciavano sia sotto al porticato che di fronte alla Banca d’Italia, vedemmo arrivare da via Crispi gruppi di persone che si recavano verso la piazza per assistere ad un comizio autorizzato. Le persone chiacchieravano tranquillamente, non notai niente di strano, ma improvvisamente sentii uno sparo e la gente cominciò ad animarsi. I miei occhi iniziarono a lacrimare e bruciare, era un bruciore assurdo e in più si respirava male; nel giro di pochi minuti vidi una fiammata bianca sul sagrato della chiesa [probabilmente Marino

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Serri, NdR], poi una persona cadere a terra. Ricordo che sul sagrato non c’erano più di tre o quattro persone. Intanto alcuni manifestanti iniziarono a lanciare le sedie del bar Cavour verso le numerose camionette che giravano velocemente intorno alla Banca d’Italia; pareva caricassero un nemico invisibile, perché nessuno aveva un’arma e fino a pochi minuti prima tutto era tranquillo. Noi ragazze eravamo frastornate, piangevamo e andavamo in bagno a bagnarci gli occhi per avere un po’ di sollievo, poi tornavamo alle finestre incredule di quanto stesse succedendo. La vetrata dell’ufficio confinava con quella dell’architetto Cervi, il quale si


cultu1960, 7 luglio

Ovidio Franchi, 19 anni, da Gavassa (RE), perito tecnico, è la vittima più giovane, figlio di un operaio delle Officine Meccaniche Reggiane. Dopo la scuola di avviamento industriale, era entrato come apprendista in una piccola officina della zona. Nel frattempo, frequentava il biennio serale per conseguire l’attestato di disegnatore meccanico, che gli era stato appena recapitato. Colpito a morte sotto il portico del palazzo d’angolo tra Via Crispi e Via San Rocco. Emilio Reverberi, 39 anni, Reggio Emilia, operaio tornitore, ex partigiano, lascia la moglie e due figli. Licenziato perché comunista, nel 1951, dalle Officine Meccaniche Reggiane, dove era entrato all’età di 14 anni. Garibaldino nella 144a Brigata Garibaldi dislocata nella zona della Val d’Enza (commissario politico nel distaccamento “Amendola”). Nativo di Cavriago, abitava in Via Dante Zanichelli (RE), nelle case operaie oltre Crostolo. Colpito a morte sotto i portici dell’Isolato San Rocco. Afro Tondelli, 36 anni il 14 luglio, di Due Maestà (RE), dipendente dell’ospedale Santa Maria Nuova, ex partigiano della 76a Sap (nome di battaglia Bobi), lascia la moglie. È il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto. Segretario locale dell’Anpi. Colpito a morte all’interno dei Giardini pubblici.

trovò con un vetro forato da un proiettile. La confusione aumentava, la gente gridava scappando e cercava rifugio nelle portinerie del palazzo. Alcuni custodi ne hanno lasciata entrare e altri no, ma alcuni manifestanti sfondarono delle porte. Forse solo loro capivano che cosa stava succedendo. Aprimmo poi la vetrata rivolta verso il bar Cavour e in mezzo a nebbia o fumo, non saprei, arrivarono un gruppo di poliziotti con le armi puntate che correvano, verso chi? Indietreggiammo tutti all’interno dell’ufficio, ma passati pochi secondi riguardai sotto e mi si presentò uno spettacolo agghiacciante: un giovane, riparandosi con il fazzoletto naso e bocca, urlava piangendo e segnava con la mano la vetrina del negozio Zamboni davanti alla quale, steso supino, un uomo esalò l’ultimo respiro; dalla sua bocca uscì un grande rigurgito di sangue raggrumato e non si mosse più.

Arrivarono diverse persone, urlavano, piangevano e si abbracciavano. Ciò che mi è rimasto impresso per sempre è stato vedere alcuni uomini estrarre il fazzoletto dalla tasca e bagnarlo nel sangue di quel martire. Questo per me è stato un grande gesto d’umanità, amicizia e fratellanza. Arrivò un’ambulanza che caricò su una barella il corpo esanime di quell’uomo [Emilio Reverberi, NdR] e altri salirono feriti insieme a lui, aiutati dagli amici. Nell’angolo di via Crispi, sotto il portico vicino alla tabaccheria, vidi un’altra persona cadere a terra, ma subito tutt’intorno arrivava gente e non riuscii a capire. Tutto ciò che c’era da sapere e capire lo realizzai in seguito. Ricordo il giorno dei funerali, io e i miei colleghi abbiamo partecipato silenziosamente sempre da quelle vetrate aperte.

2014, 7 luglio Il comunicato dell’ANPI di Reggio Emilia

ricorda il nostro Presidente Nazionale Carlo Smuraglia, “la stabilità politica non è tutto, perché c’è sempre il problema degli assetti e degli equilibri fra gli organi istituzionali, e prima ancora c’è il problema della rappresentanza, che deve essere garantita ai cittadini”. Su tali temi, senza costrutto strumentalmente agitati nel ventennio berlusconiano, per le contraddizioni e le incompatibilità connesse alla figura stessa dell’ex cavaliere, occorre certamente arrivare a delle soluzioni, come auspicato dal governo Renzi. E’ però fondamentale che tali soluzioni non siano frutto di una fretta che rischi di mettere a repentaglio i fondamenti della Costituzione repubblicana. In particolare l’ANPI auspica che il dibattito su tali temi esca dal chiuso dei conciliaboli e dalle polemiche tra gli strettamente addetti ai lavori, per diventare occasione di una conoscenza diffusa, la più ampia possibile. Sia questo anche un modo non retorico per commemorare i settantesimi della Resistenza.

Nel 54° anniversario del 7 luglio 1960 l’ANPI provinciale

di Reggio Emilia rinnova il commosso omaggio alla memoria di Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli, uccisi in una piazza reggiana per la sola colpa di partecipare ad una manifestazione pacifica contro il tentativo autoritario del governo Tambroni, sostenuto dai fascisti del Msi. E’ anche nel nome di quei cinque lavoratori, la cui morte non ha avuto giustizia, come nel nome dei 626 partigiani reggiani caduti lungo i 20 mesi della Resistenza, che l’ANPI reggiana oggi fa appello affinché il tema delle riforme costituzionali sia affrontato con la necessaria riflessione, poiché, come ci

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2014, 7 luglio

Nonostante l’acquazzone e la grandinata che ha

imperversato su Reggio nel pomeriggio del 7 luglio, la commemorazione dei cinque caduti ha potuto svolgersi in parte all’aperto con l’omaggio alle “pietre d’inciampo “ ed ai totem che ne ricordano il sacrificio, sulla Piazza a loro dedicata, con la partecipazione del prefetto dott.ssa De Miro, del Questore….e di numerosi sindaci.I discorsi commemorativi si sono invece tenuti nella residenza municipale, in Sala del Tricolore. Il Sindaco Luca Vecchi, stabilendo un parallelo tra la vicenda del luglio ’60 e l’attualità, ha affermato che per uscire dalla crisi che oggi stiamo vivendo, occorre recuperare l’insieme dei valori che animarono i giovani delle magliette a strisce come tutta la storia del Novecento nella nostra città. Su di una linea analoga Sonia Masini, che ha peraltro sottolineato i pesanti cambiamenti nella nostra realtà locale determinati dalle penetrazioni mafiose. Maurizio Landini, il nostro conterraneo segretario nazionale della Fiom, attualizzando a sua volta la memoria del 7 luglio ’60, ha segnalato, con il suo consueto vigore oratorio, i rischi connessi ad una crisi che non è la solita e “passeggera”, ma epocale. Il tema è, oggi, quello della difesa dei diritti dei lavoratori sanciti dalla Costituzione repubblicana. Diritti che furono conquistati lungo gli anni Sessanta anche grazie al sacrificio dei caduti di Reggio Emilia.

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Alcune momenti della commemorazione ufficiale (foto Angelo Bariani e Glauco Bertani)


2014, 25 Aprile

Reggio Emilia 2014 Un 25 Aprile dimenticabile? aq16 e Lega rovinano la festa

di Glauco Bertani

“Aldo dice 26x1”. Fu la parola d’ordine che il Comitato di

liberazione nazionale Alta Italia lanciò in quell’aprile di 69 anni fa. All’appello di Liberazione dal nazifascismo aderirono migliaia e migliaia di giovani, tanti poco più che ventenni. Scesero dalla montagne, percorsero le strade e i campi della pianura. A Reggio entrarono da Porta Castello, percorsero correndo col sorriso sulle labbra via Emilia Santo Stefano. Sessantanove anni dopo, invece, si sono visti in città trecento giovani, sopravvanzati da un camioncino trasformato in un carrarmato allegorico – sfottò verso i secessionisti veneti arrestati qualche settimana prima – avanzare “compatti dietro lo striscione” “REspingiamo la Lega” su quegli stessi pietroni di via Emilia Santo Stefano verso piazza del Monte, dove all’hotel Posta Matteo Salvini, fresco segretario della Lega Nord, comiziava contro l’euro. Di fronte ai trecento polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Le prime transenne mobili messe sulla via Emilia tra via Migliorati e via Monzermone sono superate con uno slancio (concordato ?) tra i trecento e la polizia (i carabinieri erano defilati nelle vie laterali), che si infrange, però, poco oltre contro altre transenne messe fra via Campani e via Guido Castello. I trecento spingono verso Piazza del Monte, gli agenti in direzione contraria. Risultato: 16 “rivoluzionari” denunciati, due agenti della Digos feriti. Le transenne si spostano poco più su, davanti a due mezzi della polizia messi a spina di pesce, che lasciano solo un stretto passaggio al centro della vi aEmilia. Tra le transenne e i cellulari polizieschi una ventina di agenti con scudi caschi e manganelli. E lì i manifestanti stazionano sloganando rabbiosi: “la polizia difende i fascisti”. Altre trattive, ma di lì non si passa proprio, se non con un assalto che

sarebbe finito di sicuro a manganellate. Anche se non… è stato proprio un eccellente risultato. Un 25 Aprile indimenticabile: la manifestazione ufficiale con l’ANPI cominciata prima e finita proprio in coincidenza con la partenza del corteo dei trecento da piazza Gioberti. Una piazza Martiri del 7 luglio non deserta ma comunque poco popolata.Una festa con il baricentro spostato su fatti del tutto irrisori se non inutili. Un antifascismo “militante” lontano, oggi, dalle sensibiltà dei più. Manifestare in quei termini per aq16, e proprio quel giorno, è un servizio che pensa di aver reso all’antifascismo? Come chi ha rovesciato i banchetti di Forza Italia a Correggio, pensa di esser più “antifascista” di coloro che partecipano alle commemorazioni ufficiali, accompagnate, lo so, da un certo non so che di noia? E diciamo questo non perché siamo amanti, appunto, delle spesso barbose manifestazioni ufficiali, ma perché il 25 Aprile è festa democratica, è memoria viva dell’Italia antifascista e non occasione per possibili scontri e violenze innescati da gruppi che si credono depositari del vero antifascismo. Il punto è questo: come mantenere viva la memoria del 25 Aprile. La risposta o le risposte a questo interrogativo non è compito di queste poche righe riassumere – sarebbe sufficiente scorrere, comunque, i numeri del Notiziario per farsi un’idea in proposito – ma una risposta a quel che non si deve fare ci sentiamo di darla. Bel risultato il 25 aprile 2014 a Reggio Emilia, Città medaglia d’oro della Resistenza: verrà ricordato per la bagarre scatenata da aq16 che protestava contro la Lega che non vuole l’Euro. Alla faccia della Memoria e della festa di Liberazione. Poi ci si può domandare, legittimamente: perché autorizzare due manifestazioni di quel tipo. Già. Chissà dove stavano con la testa le autorità preposte all’ordine pubblico… giugno-luglio 2014

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2014, 25 Aprile

ll 25 aprile - e dintorni - in provincia a cura di Antonio Zambonelli

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iustamente Glauco Bertani segnala come la commemorazione del 25 aprile 2014 nel capoluogo, sia stata pesantemente compressa, come spazi e come tempi, (e oggettivamente “sabotata”) a causa della concomitante presenza di un’iniziativa leghista antieuro e l’inevitabile chiassosa protesta di gruppuscoli vari di – semplificando – “estrema sinistra”. Come ANPI ribadiamo con forza che simili concomitanze non dovranno mai più ripetersi. E in particolare non dovranno (nel capoluogo ma anche in tutta la provincia) per le solenni iniziative della primavera 2015, 70° della Liberazione. Va però ricordato, per quanto riguarda il 25 aprile u.s., che iniziative importanti si sono svolte con successo di partecipazione popolare, e in molte località anche con studenti protagonisti, nei principali comuni della provincia ed anche in singole frazioni comprese alcune del comune di Reggio.

Reggio Emilia

San Pellegrino, Reggio Emilia

Museo Cervi, Gattatico

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Un monento della manifestazione con il partigiano Ireo Lusardi al microfono


2014, 25 Aprile Correggio Correggio, ERA 8-11 maggio

Al microfono Annalisa Lusuardi, dell’ANPI di Correggio; seduta alla sue spalle il Commissario straordinario del Comune di Correggio Adriana Cogode

MEMORIA E STORIA DELLA RESISTENZA L’ANPI CON RETE, ISTORECO E SPI-CGIL P

rima e dopo il 25 aprile intensa è stata la presenza sul territorio, e nelle scuole, della nostra Associazione in collaborazione con altri soggetti. Dell’iniziativa col Sindacato pensionati (A spasso con la storia, scuole di Bibbiano) abbiamo fatto cenno sul numero precedente: Essa è continuata in maggio con tre presenze di Zambonelli (15.5 a Castelnovo Monti, Monumento donne

15 maggio Castelnovo ne’Monti, Giacomina Castagnetti parla ai ragazzi davanti al monumento alle donne partigiane

Villa Margherita (Cella), 8 aprile, Zambonelli e uno scorcio del suo uditorio giugno-luglio 2014

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2014, 25 Aprile

Stesso luogo, 15 aprile. Anziani ospiti e scolari ascoltano la pedagogista (abito scuro) di Reggio Children Paola Strozzi. Al suo fianco l’animatrice Sonia Carta. Alla parete lo schermo con cui Angelo Bariani (sua questa foto) ha mostrato immagini della guerra e della resistenza. - Angelo Bariani (questa volta fotografato) in azione, il 15.04, mentre illustra le immagini.

nella resistenza) 16.5, Casa Cervi, 22.5. Bibbiano: Costituzione e regole. Gli interventi promossi da RETE (con noi di ANPI e Istoreco) per il dialogo intergenerazionale tra anziani e studenti, (già realizzati con successo nel 2012 e nel 2013), nei primi mesi del 2014 si sono estesi dalle case protette ai centri diurni, secondo un denso calendario che merita di essere ricapitolato. I temi hanno sempre gravitato attorno a Memoria e Storia della guerra e della Resistenza. 8.4, Villa Margherita (Cella), con Antonio Zambonelli e 5.a elementare “Ferrari”. 15.4, ancora a Villa Margherita, Angelo Bariani (ANPI) cura presentazione in video foto storiche. 15.4, Villa Erica, col partigiano Giglio Mazzi, Alì; 16.4, Villa Primula e Centro diurno Il Melograno, Glauco Bertani inaugura

la mostra di Istoreco su immagini della Resistenza e mappe luoghi dell’antifascismo e del nazifascismo. 16.4, Le Magnolie, Deborah Torreggiani (Istoreco) illustra la mostra Gratitudine resistente. Villa Le Mimose, Italo Ròvali presenta il documentario Il violino di Cervarolo. 23.4, I Parisetti, la storica Eleonora Torelli con studentesse del liceo artistico e magistrale. Villa Margherita, proiezione Docufilm su Ricostruzione post 25 aprile 45, asili compresi. Partecipato Loretta Giaroni (UDI 1945). Tulipani, Glauco Bertani presenta il docufilm su Giacomo Notari 24.4, Girasoli, anziani ospiti e ragazzi scuola media “Fermi” con Michele Bellelli di Istoreco. 28.4, Centro diurno Stella polare, con Eletta Bertani. 29.4,

Le Magnolie, Mario Guidetti su Famiglia Cervi e ruolo donne. Il Melograno, con Ireo Lusuardi, ex partigiano e insegnante. Centro diurno Tagliavini, con il presidente ANPI Giacomo Notari. 3.5, I Girasoli, film “Pasta nera”, sui bambini di Milano e del Sud accolti in EmiliaRomagna (molti a Reggio), Marche e Umbria dall’estate 1945 al 1946: uno dei frutti della Resistenza. In sostanza, tra l’8 aprile e il 3 maggio di quest’anno, ben 17 iniziative in altrettanti luoghi dedicate ai temi della memoria della guerra, della Resistenza e all’avvio della Ricostruzione democratica. Ogni volta, il dialogo tra anziani ospiti delle strutture di rete ed i ragazzi delle scuole circostanti è stato animato da “mediatori” di ANPI e Istoreco, quasi sempre con la partecipazione anche del Presidente di RETE Raffaele Leoni.

Il 25 Aprile con le parole dei bambini

Riflessioni di due alunni della 5a scuola primaria di Villa Cella (Reggio Emilia)

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o non so molte cose sulla resistenza, ma grazie ai nonni di Villa Margherita sono venuta a conoscenza di molte cose su di essa. I nonni ci hanno raccontato dei fatti di quel tempo, ad esempio l’aereo “Pippo” che bombardava le case. Addirittura ci hanno detto che alcuni erano stati torturati per farsi dire dove erano le armi e dove erano nascosti i partigiani. Io provo riconoscenza per quelli che si sono sacrificati per la libertà, desidero sdebitarmi in qualche modo e secondo me questa sensazione la dovrebbero provare tutti quelli che sanno almeno un po’ che orribile cosa è il fascismo. Quindi io invito tutti quanti a partecipare alle feste, a cantare le canzoni , ad osservare i monumenti che sono dedicati a quegli eroi. (Anna )

nonni era molto più difficile rispetto alla nostra, quindi vorrei dire un grande grazie a tutti gli anziani che hanno lottato e hanno sacrificato la loro vita per dare a noi una vita migliore. (Matteo)

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urante gli incontri con i nonni sono rimasto particolarmente colpito da un anziano che gridava perché non voleva sentire i racconti del passato… Sono rimasto senza parole nel guardare le immagini di un filmato che faceva vedere le torture che dovevano subire i prigionieri di guerra, perché non credevo che potessero esistere persone tanto crudeli … Al termine di questi incontri ho capito che tanti anni fa la vita dei nostri 18

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Villa Cella, 25 aprile 2014. Alunni della scuola “V.Ferrari” leggono loro riflessioni elaborate dopo i tre incontri coi “nonni di Villa Erica” mediati da Angelo Bariani e Antonio Zambonelli. Con loro il presidente Circoscrizione Ovest, Castagnetti. (Foto Baroni)


cultura

Adelmo Cervi

- Io che conosco il tuo cuore Storia di un padre partigiano raccontata dal figlio -

Adelmo Cervi a colloquio con Anna Parigi negli uffici dell’ANPI durante l’intervista (foto Glauco Bertani)

La recensione di Antonio Zambonelli

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ADELMO CERVI CON GIOVANNI ZUCCA, “Io che conosco il tuo cuore. Storia di un padre partigiano raccontata da un figlio”, Piemme voci, 2014, 433 pp., € 16,90

uesto è l’appassionato e appassionante viaggio di un figlio, Adelmo, per incontrare il padre mai conosciuto. Infatti quando Aldo Cervi venne fucilato coi suoi sei fratelli e Quarto Camurri, nel dicembre 1943, Adelmo aveva soltanto quattro mesi. Lungo questo viaggio Adelmo si dibatte per distaccare dal marmo monumentale che fa dei FRATELLICERVI un blocco unico, la figura del padre, per identificalo nella sua individualità e per cercare di restituire anche a ciascuno degli altri sei fratelli, suoi zii, una fisionomia personale. Rivisitando anche quelle degli altri, tanti personaggi, che hanno incrociato la vicenda dei Cervi: don Pasquino, Castellucci, Otello Sarzi… E con emozione particolare, con tremore e pudore, l’incontro e l’unione del padre con Verina Castagnetti, la mamma di Adelmo. Il tutto è frutto dello straordinario lavoro di Zucca, che in copertina si colloca con apprezzabile ma forse eccessivo understatement, in secondo piano come nome, con caratteri ridotti a un terzo rispetto a quelli del nome di Adelmo. Il quale Adelmo, comunque, c’è tutto in-

… Si dà il caso che il padre sia Aldo Cervi, uno dei 7 Fratelli diventati mito, ed il figlio sia Adelmo Cervi attivista di lungo corso. L’idea del libro nasce dall’incontro di Adelmo con il vignettista Vauro, in occasione della scomparsa di Don Gallo nel maggio del 2013. Vauro contatta la casa editrice Piemme e racconta di Adelmo, della sua vita normale da figlio di “un mito”, della sua esperienza di bambino rimasto senza padre e li nasce l’idea del libro, lontano dalla terra dei Cervi, conferendogli quindi una rilevanza di carattere nazionale. Lo scritto interpreta il pensiero di Aldo, attraverso i sentimenti del figlio Adelmo, rimasto orfano del padre quando era ancora un bambino. Adelmo ha compiuto dentro di sé una profonda analisi che lo ha portato a capire ed interpretare il mito dei 7 fratelli Cervi, partendo dalla totale consapevolezza di non essere figlio del “monumento”, un tutt’uno indistinto composto da 7 uomini caduti, ma figlio di Aldo, un solo uomo, un contadino appassionato di politica e di lettura. Secondo Adelmo Cervi, la vera bellezza e grandiosità della storia della sua famiglia, sta nell’unità della stessa, che copriva uno o due fratelli che partivano per la montagna con altri resistenti, occupandosi della casa e dei doveri imposti dalla campagna in loro assenza. Adelmo ci confida che questa sua introspezione gli ha lasciato la capacità di esternare il suo pensiero e di rivendicare le sue idee, libertà che suo padre Aldo ed i suoi zii pagarono con la vita. (Anna Parigi) tero nel libro, con le sue sofferenze, con le sue rabbie, con le sue forti attese. “Un ex ragazzo di oggi, scrive Zucca nel risvolto di copertina, figlio di un padre strappato alla vita, racconta quel padre, Aldo […] per rivendicare la sua storia e, al tempo stesso, per rivendicare di essere figlio di un uomo, non di un mito pietrificato dal tempo e dalle ideologie”. Ed in effetti il libro scorre come un romanzo narrato in prima persona da Adelmo: “Intanto il tempo passa – leggiamo per es. a pag. 76 –, nel chiuso della vecchia fortezza di Gaeta, dove mio padre non farà neppure tutti e tre gli anni. Anche qui ne ho sentite di ogni: chi dice che il suo caso fu rivisto e riesaminato e la pena fu abbreviata per buona condotta, qualcun altro suggerisce che il merito fu del prete di Campegine.”. Fino a raggiungiugno-luglio 2014

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cultura gere livelli emozionanti quando Adelmo interroga il padre: “Che strana posizione quella da cui guardo la tua storia, papà. […] Ma che razza di partigiano sei, eh? E che roba sono, poi, chi sono questi ‘partigiani’? Gente come te? Come il mantovano o il calabrese?”. Ma se il padre non può rispondere, se anche in casa, ai Campi Rossi, Adelmo bambino tante risposte non è riuscito ad averle, da più grande le ha cercate da qualcuno che allora c’era, come Otello Sarzi, “il mantovano” appunto. E gliele pose per esempio nel 1971, assai lontano da Reggio, tra l’India e il Pakistan, mentre lo accompagnava nella lunga tournée col suo teatro dei burattini (pagg. 304-311). Ma come è nata questa lunga narrazione di Adelmo? Personalmente mi sono fatto un’idea: Zucca, con umiltà, con grande sensibilità e intelligenza, ha ascoltato Adelmo in lunghe e ripetute conversazioni, lo ha lasciato sfogare e talvolta gridare, avrà registrato, preso appunti. Con altrettanto scrupolo, stavolta “da storico” (anche se si presenta soltanto come tra-

duttore di noirs) ha preso contatto, a volte con la mediazione di Adelmo stesso (venuto anche dal sottoscritto per chiedere dove, in quali libri, articoli, ecc, si dice questo e quest’altro) con la vasta bibliografia esistente sul tema, agganciandola a buone letture pregresse. Contatto testimoniato non soltanto dalle sei pagine di titoli in appendice, ma soprattutto verificando, man mano che si procede nella lettura, come Giovanni abbia letto e saputo digerire centinaia e centinaia di pagine. Sicché i riferimenti anche a passaggi della grande come della piccola storia tra fine Ottocento e Novecento , entrano con naturalezza in “questa storia vera talmente vera che sembra un romanzo”. Così come risultano verosimili i dialoghi tra Aldo Cervi ed altri personaggi, da quello con il “compagno Avvenire” [Paterlini] a pag. 276, alle discussioni tra Eros, Davide ed altri compagni circa il supposto “anarchismo” di Aldo (pagg. 299, 302). In sostanza Giovanni Zucca ha sapientemente shakerato il tutto trasformandolo nella narrazione di Adelmo. Il quale, lo

ribadisco, è tutto intero in quella narrazione. Giovanni gli ha soltanto fornito les mots pour le dire, parafrasando Marie Cardinal. Le parole, cioè, per dire, in una narrazione che fila via avvincente – mettendo insieme i frammenti, gli spezzoni, le ansie – ciò che Adelmo si porta dentro da decenni, spesso faticando a farsi ascoltare, a farsi capire. Del resto Zucca segue, come traduttore di romanzi dal francese e dall’inglese, una impostazione assai interessante e persuasiva, e che trovo egregiamente applicata in questa traduzione. “Tradurre un libro – ha affermato Giovanni in una intervista – è un po’ come entrarci dentro e rivoltarlo come un calzino, per trasportalo nella lingua madre del traduttore in modo che continui a sembrare quel calzino”. E aggiunge poi che “per tradurre, l’importante è non essere mai sleali”. E Zucca davvero con capacità di ascolto e lealtà è riuscito a compiere un’operazione che nessuno aveva prima saputo affrontare. Personalmente gliene sono grato.

Corrado Corghi - Guardare alto e lontano. La mia Democrazia cristiana -

Di seguito l’incipit e il pezzo finale della bella ed ampia prefazione del compianto Franco Boiardi (1931-2009)

Il mio primo incontro con Corrado Corghi risale ai primi di luglio del 1945. Era ap-

pena finita la guerra e la mia famiglia aveva tardato a rientrare in città, a Reggio Emilia, dalle campagne di Cavriago dov’era riparata da mesi per sfuggire ai bombardamenti. Incombeva un’estate calda, troppo calda: la campagna continuava a costituire un riparo, anche se si avvertiva il bisogno di rimettere ordine nelle proprie abitudini, relazioni e comodità. E le scuole, naturalmente, non avevano riaperto i battenti se non per qualche corso di recupero. ori’ era sembrato, perciò, il caso di affrettare il rientro, anche per la maggiore facilità di fornirsi di derrate alimentari indispensabili. Con altri ragazzi del luogo, mi ero recato, uno di quei giorni, al cimitero di Villa Cella, per la traslazione della salma di Aldo Dall’Aglio (Italo), vice-comandante di una brigata partigiana delle Fiamme Verdi, caduto eroicamente sul Prampa il 10 gennaio. […] Corghi doveva dunque parlare, la gente accorsa aveva raggiunto un gran numeroe, li per li, non c’era chi si sentisse di presentarlo. Toccò a me. Avevo 14 anni e, com’è facile immaginare, non avevo mai parlato in pubblico. Cercai a lungo di scantonare, mi tremavano persino le ginocchia, ma ero uno studente, forse il solo, gli altri erano operai o contadini: non potevo sottrarmi alle insistenze che mi venivano riversate addosso, continuare a tirarmi indietro. L’ho fatto, con ogni evidenza, in modo sbrigativo (per giorni e giorni mi sono chiesto cos’altro avrei potuto dire di più appropriato e con minore impaccio), ben convinto che sarebbe stata l’ultima volta, di certo non la prima. […] lo credo, per lunga frequentazione per ardui itinerari diversi, che ‘avesse sofferto più di quanto si potesse presumere, per esersi ritrovato vivo ai funerali di Aldo Dall’Aglio, quasi colpevolmente vivo. È quanto, già allora, io avevo percepito, trovandone ancor oggi il riscontro con lo stesso rispetto e la stessa emozione. Un altro incontro, un’altra presentazione, tanti anni dopo. Una replica sorprendente, dovuta alla pubblicazione di queste fitte pagine in cui la storia della Democrazia cristiana si intreccia con le memorie e le carte d’archivio di Corghi: pagine rimaste sinora inedite, ma scritte giorno per giorno, lungo gli anni, e perciò fresche, vissute, scritte come si annotano i taccuini. Una sto20

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ria, del resto, che, ha vissuto fino al ‘68, fino all’uscita dal partito: non un atto di ribellione o di abbandono polemico, ma di coerenza, di presa d’atto di una separazione che si era allargata a forbice e ch’era ormai diventara inaggiustabile. Era logico, quindi, che si dovesse tracciare un profilo il più Possibilmente esaustivo di Corghi; è forse sorprendente che ricadesse.per la seconda volta su di me il compito di farlo: una combinazione fuori del comune una riparazione per quel balbettìo aVilla•Cella di un ragazzo appena agli imbocchi della sua strada.


cultura “La Resistenza va in bicicletta…” di Barbara Fontanesi

Le foto a corredo dell’ articolo si riferiscono al 17° Trofeo della Resistenza “Elio Trolli”

Correggio Corso Mazzini Municipio

Salite e discese, amici ed avversari, infiammano e divido-

no, partecipazione ed aggregazione popolare, ecco cosa rappresenta da sempre nell’immaginario collettivo, il ciclismo. Le pedalate, eleganti e potenti o scattanti e rabbiose, alcune fatte da seduti, altre da in piedi, sono la metafora di continui rilanci verso un traguardo, fisico e mentale, che è il sale della nostra vita. Sarebbe bello pensare che la Resistenza sia stata fatta sulle ruote della bicicletta per questa romantica definizione… non è cosi, ma questo nulla toglie all’immensa impresa di “ciclisti”, uomini e donne che attraverso lunghe fughe e scalate impossibili, hanno inseguito un traguardo alto come il loro sogno: la conquista della libertà! Partigiani e staffette, faticatori coraggiosi venuti dalla gente comune, più alti delle stesse montagne che hanno solcato con le loro biciclette, ancora oggi vivono nel ricordo dei figli, dei nipoti, dei loro amici e di coloro che hanno partecipato alla Resistenza, anche solo per poco tempo. Elio Trolli detto Sergio, è uno di loro! Faccia da uomo semplice, in lotta con il suo destino e quello di una nazione. “Il bene va fatto e non va detto” amava sostenere il partigiano Gino Bartali. “Farsi pubblicità sulle disgrazie altrui, è da vigliacchi!” ed è con questo spirito che grazie a compiti da postino, tante persone (campioni dello sport e gente comune) hanno contribuito a salvare, sulle loro biciclette, tante vite umane facendo la spola da paese a paese, per portare documenti ed informa-

zioni alle famiglie bisognose d’aiuto durante la guerra. Il ciclismo dunque, visto non solo come una filosofia di vita ma come mezzo che ha permesso all’Italia intera, di uscire dalla crisi della guerra grazie anche al duello tra Bartali e Coppi, prima compagni di squadra e poi “nemici” sulla strada. Se il Trofeo della Resistenza, dedicato al partigiano Elio Trolli (Sergio), organizzato dalla UISP ACSI FCI e patrocinato dall’ANPI di Reggio Emilia e dal Comune e dalla Provincia di Reggio Emilia può assumere il significato simbolico della voglia collettiva di uscire da una guerra finanziaria che ci attanaglia da anni, allora la presenza dev’essere massiccia. A differenza di altri sport dove l’attenzione è tutta concentrata sui muscoli e il corpo sembra appropriarsi per intero della persona, nel ciclismo o semplicemente nell’uso quotidiano della bicicletta si ha tutto il tempo per stare con se stessi e con la natura. In bici si viaggia a testa alta, lo sguardo è proiettato in avanti e ci si può permettere di riflettere a ruota libera; le gambe girano da sole, senza bisogno di applicazione e l’immaginazione può scorrazzare liberamente girovagando per i sentieri del cielo. In bici anche le idee pedalano e se le ruote corrono appaiate all’atleta in una girandola di emozioni e di fatica, spesso tutt’uno, ed il dualismo ne simboleggia la sfida (Girardengo e Belloni, Coppi e Bartali, Merckx e Gimondi, Pantani ed Amstrong), nel ciclismo paradossalmente è importante che vinca la squadra e non il capitano. giugno-luglio 2014

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cultura Se pedalare e pensare sono facce della stessa medaglia, di entrambe le cose oggi c’è un disperato bisogno… non solo in Italia, per ritrovare quel senso del gioco di squadra, quel vincere insieme e non da soli, sempre meno promosso a discapito di un individualismo feroce e prepotente. A ricordarcelo sono proprio le persone come Elio, Maria, Gino, Nedo ed Adriana (partigiani in vita, altri a riposo sulle vette del Appennino), ancora oggi insieme a noi, vivi nel ricordo di chi li ha visti pedalare in fuga da un nemico, vivi negli occhi chi gli è stato accanto. Chi abbia passato la borraccia a chi resta un mistero, ma loro esistono nel loro essere personaggi mitologici della storia del nostro paese, e ci invitano a raccogliere un testimone importante da passare alle generazioni future. “Chi non conosce - la nobile arte del pedale - non immagina nemmeno quante idee singolari vengano viaggiando in bicicletta” Giovannino Guareschi. www.fuoricampo.info

Elio Trolli, il partigiano “Sergio”

24 giugno 1944 - La Bettola, la strage della notte di san Giovanni -

U

na squadra di partigiani partita da Ligonchio giunse a La Bettola nella serata del 22 giugno 1944 per far saltare il ponte, nodo strategico sulla SS63. Per inesperienza il sabotaggio non ebbe esito. L’azione fu ripetuta la notte seguente. Mentre i partigiani erano intenti all’azione, giunse da Casina una camionetta tedesca con 3 militari a bordo. Ne nacque un combattimento nel corso del quale furono uccisi due dei tedeschi e tre partigiani (compreso “Lupo” il comandante). Il militare tedesco scampato rientrò a Casina per dare l’allarme, mentre i partigiani si ritiravano verso Monte Duro. Il combattimento avvenne verso le 21.45 del 23 giugno 1944, dopo la mezzanotte partirono da Casina, autotrasportati, circa 50 dei 140 uomini del presidio della Feldgendarmerie tedesca. La rappresaglia iniziò verso le ore 01 del giorno 24, attaccando prima la casa di fronte alla locanda, uccidendo Liborio Prati e Felicita Prandi, di 70 e 74 anni, e la figlia Marianna. Si salvò Liliana Del Monte di 11 anni che, seppur ferita, riuscì a gettarsi da una finestra della casa in fiamme. I tedeschi passarono poi all’osteria de La Bettola dove tutti i presenti furono fatti uscire e furono divisi in due gruppi. Poi vennero mitragliati nella rimessa attigua, i cadaveri furono cosparsi di benzina e legna e dati alle fiamme. Anche l’osteria fu incendiata dopo il saccheggio. Le vittime furono 32, in gran parte persone e famiglie sfollate dalla città, braccianti, carrattieri di passaggio, studenti e scolaretti in tenera età, uomini e donne di età compresa tra i 5 ed i 74 anni, compreso il piccolo Piero Varini, di appena 15 mesi. Riuscirono a scampare alla strage l’oste con la moglie e la figlia, lo studente Paolo Magnani e cinque carrettieri che erano alloggiati in cantina. (Introduzione degli autori Matthias Durchfeld e Massimo Storchi) 22

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cultura QUALE RELAZIONE TRA L’UCCISIONE DI GIOVANNI GENTILE ED IL FILOSOFO REGGIANO MARIO MANLIO ROSSI? di Antonio Zambonelli

Con la recente pubblicazione del libro

“La ghirlanda fiorentina”, di Luciano Mecacci, l’uccisione, ad opera di GAP, del filosofo Giovanni Gentile, torna alla ribalta come “caso” su cui già in molti sono intervenuti riproponendo, tra l’altro, l’emotiva domanda: si possono uccidere i filosofi? Ricordiamo che Giovanni Gentile (30.05.1875-15.04.1944) massimo esponente, con Benedetto Croce, nella prima metà del XX secolo, della filosofia idealista in Italia, è stato sì un importante filosofo, ma è stato pure, a differenza di Croce, un tenace sostenitore del fascismo fino nella sua ultima e tragica versione della Rsi, a fianco della Germania nazista.Sul tema, e sul libro di Mecacci, si sono segnalati articoli un po’ su tutti i quotidiani nazionali: La Repubblica”, “Il Corriere della Sera” (1.04), “Il Giornale” (5.4, Marcello Veneziani), “l’Unità”(14.04, Bruno Gravagnuolo). In TV se n’è occupato la bella rubrìca Il tempo e la storia (26.05, con Alessandra Tarquini). Ora non intendo qui nemmeno riassumere il dibattito (ci vorrebbe un altro libro…), che iniziò già subito dopo l’attentato, anche tra esponenti della resistenza. Non mancarono le accuse ai gap comunisti “cattivi” e si è giunti fino all’insulto, nel 2000, alla memoria di Bruno Fanciullacci, uno dei gappisti attentatori, morto suicida il 17 luglio ’44, gettandosi da una finestra di Villa Triste per sottrarsi alle atroci torture a cui veniva sottoposto dagli sgherri della banda Carità: Achille Todaro, consigliere comunale di AN, definì Fanciullacci (Medaglia d’oro al v.m.) “vigliacco assassino”. L’uccisione di un essere umano è sempre cosa tragica, ma nell’aprile 1944, nella Firenze ancora occupata dai nazisti, l’attentato a Gentile fu un atto di guerra. Il fatto che Gentile fosse un filosofo rende ancor più pesanti le sue responsabilità di fascista. Suo il Manifesto degli intellettuali del Fascismo (1925). In parte anche (oltre che del firmatario Mussolini) la voce Fascismo sulla Treccani. Suoi, dopo l’8 settembre ’43, articoli e appelli a stringersi attorno al fascismo e al duce “contro i sobillatori, i traditori, venduti o in buona fede”. Il 19 marzo ’44, a Firenze, inaugurando l’attività dell’Accademia d’Italia, di cui era stato nominato presidente dal duce, ebbe a pronunciare

Un dei tanti libri di Mario Manlio Rossi

le seguenti parole: “La resurrezione di Mussolini era necessaria, come ogni evento che rientra nella logica della storia. Logico l’intervento della Germania, che i traditori avevano disconosciuta […] Così l’Italia fu subito ritrovata attraverso Mussolini e aiutata a rialzarsi dal condottiero della grande Germania, che questa Italia aspetta al suo fianco, dove era il suo posto, per il suo onore e per il suo destino, accomunata nella battaglia formidabile per la salvezza dell’Europa e della civiltà occidentale”. Notare che il Gentile filogermanico Hitler imperante, era stato interventista e antitedesco (in disaccordo con Benedetto Croce) nel 1915. Croce, contrario all’entrata in guerra nel 1915, proprio in nome del legame con la grande cultura tedesca e di una comune civiltà occidentale, nel ’43 era antinazista sulla linea di un antifascismo che partiva dall’adesione (1925) al Manifesto degli intellettuali antifascisti, di Giovanni Amendola (contrapposto al “Manifesto” gentiliano) e dal ripudio di tutto ciò che il fascismo aveva voluto dire: dittatura, leggi razziste, guerre. In sostanza, lascio in sospeso l’interrogativo se sarebbe stato meglio non colpire Gentile per poterlo processare dopo la fine della guerra, interrogativo che posero

e si pongono ancora sinceri antifascisti. Consideriamo però due fatti: primo, oggi sappiamo bene come finirono insabbiati i processi ai grandi gerarchi e criminali fascisti; secondo, teniamo presente che nell’aprile ’44, mentre si moriva sotto le torture e nelle stragi nazifasciste, una sanguinosa “guerra contro i civili” era in corso nell’Italia centrosettentrionale. In quei drammatici frangenti, un filosofo che incitava i giovani a combattere al fianco della Germania di Hitler era forse meno colpevole, meno pericoloso, meno nocivo di un ragazzotto brigatista nero diventato tale magari anche per incitamento del Maestro? Dopo queste brevi note e domande in parte retoriche, veniamo alla novità, da molti segnalata, contenuta nel libro di Mecacci. Una novità che ci tocca come reggiani: si tratta dell’accreditamennto dell’ipotesi di un coinvolgimento inglese nella decisione (a lungo ritenuta esclusivamente del Pci) di colpire Gentile. In particolare ci tocca per il ruolo che avrebbe avuto un nostro concittadino, il prof. Mario Manlio Rossi (Reggio Emilia, 1895 – Salerno 04.11.1971): dopo il liceo classico e una passeggera esperienza futurista nella sua Reggio, Rossi si laureò in filosofia a Firenze nel 1918. Docente di filosofia e storia nei licei, non aderì mai al fascismo, dal 1929 eccolo proiettato in Europa: docente di lettere a Tubinga nel 1929, a Lipsia nel 1931, nel 1932 eccolo in Irlanda dove compie studi sul filosofo Berkeley e sul poeta Yeats. Di nuovo in Italia dal 1939, lo troviamo tra l’altro consulente della casa editrice Sansoni, ruolo da cui si dimise dopol’8 settembre ‘43, per protesta contro il discorso di Gentile di sostegno alla Repubblica sociale. Dopo di che -come risulta da note biografiche della sorella prof.ssa Lea – visse appartato e senza stipendio fino all’arrivo degli alleati in Toscana: ecco allora Rossi assistente e interprete del governatore inglese del Chianti, nonché docente in un corso di filosofia per americani. Dal 1947 al 1966 insegnò storia e filosofia all’Università di Glasgow, in Scozia. Dopo di che tornò con la moglie in Italia, stabilendosi a Pontecagnano, presso Salerno, dove morì il 4 novembre 1971, mentre stava completando il 5° volume della sua Storia d’Inghilterra. Ora varie recensioni al libro di Mecacci giugno-luglio 2014

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cultura (libro che personalmente non ho ancora letto) segnalano che da archivi vari, fiorentini e romani, non si sarebbe trovato nessun documento che comprovi il supposto ruolo, di M.M.Rossi. Una pista si potrebbe percorrere a Reggio, Biblioteca Panizzi, sala del Planisfero. Diversi ripiani delle scaffalature sui due lati della lunga sala contengono, guarda un po’, il Fondo M.M.Rossi: centinaia di volumi, prevalentemente in lingua inglese, ma soprattutto centinaia di scatoloni, alcuni con la dicitura “scarti” (piano! prima di mandarli al macero...), contenenti carte varie, ritagli stampa , manoscritti, lettere. Chissà che, frugando fra quell’ingente patrimonio, qualcosa possa saltar fuori. Il 16 novembre 1971, il “Times” pubblicò un encomio funebre del Nostro contenente le seguenti parole:”Fu un grandissimo eretico, eredità spirituale, forse, della sua ascendenza valdese. Raramente l’antico titolo, Libero Docente, ha trovato un interprete di maggior valore. Come professore, egli esigeva obbedienza a un duro e semplice dogma: dovere di uno studioso è il lavoro […]. Ai suoi studenti […] egli accordava una pazienza, un incoraggiamento, soprattutto un maturo rispetto, che è l’essenza stessa dell’umanesimo”.Quella stessa “essenza”, quel “maturo rispetto” che la sorella Lea, professoressa di italiano alle Magistrali di Reggio, manifestò in particolare verso un suo allievo, Ettore Borghi, avendone colto le qualità del tutto particolari. Ciò che la indusse ad incoraggiarlo a saltare dalla prima alla terza magistrale aiutandolo nello sforzo (felicemente riuscito) con precisi suggerimenti. Giovanni Gentile

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Sulle orme di Felice Montanari, in viaggio con la memoria per un 25 aprile diverso

70° anniversario dalla Liberazione che ricorre quest’anno, impone a tutti la necessità di uno sguardo più approfondito. Per una celebrazione che duri più di una giornata, per una celebrazione che diventi un percorso in grado di coinvolgere tutti coloro che sostengono l’Antifascismo e la Resistenza ma anche tutti quei giovani che il significato profondo di queste parole, lo studiano sui banchi di scuola senza riuscire a comprenderne fino in fondo il vero significato. Per questo L’Amministrazione comunale di Boretto, unitamente alla sezione Anpi locale e alla Scuola secondaria di primo grado hanno messo in piedi un progetto per le classi terze: partito il 27 gennaio Giorno della Memoria con lo spettacolo teatrale Viaggio ad Auschwitz a/r, è proseguito col laboratorio didattico “Due ore da Ebreo” ed è terminato con la visita al Campo/Museo e Sinagoga di Fossoli di Carpi il 23 maggio, passando per un 25 aprile davvero speciale: dopo il consueto giro in delegazione per la deposizione di un mazzo di fiori presso i cippi di Felice Montanari, Fulgenzio Zani e la Cappella ai Caduti, il corteo guidato dal complesso bandistico “G e F Medesani” si è diretto al Monumento dei Caduti per la commemorazione della Liberazione e l’intervento del Sindaco. La tradizionale commemorazione ha poi lasciato spazio allo spettacolo teatrale dei ragazzi delle classi terze risultato del laboratorio mattutino intitolato “Dalla 24

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Costituzione ad oggi – Sulle orme di Felice Montanari” curato dall’Associazione culturale Tomax Teatro di Bologna. Obiettivo del laboratorio quello di portare i ragazzi a conoscere in modo diretto la storia di un personaggio come il Partigiano Nero, figura fondamentale della storia di Boretto e dell’Italia durante la Resistenza, permettendo ai giovani di esprimersi e vivere in prima persona quei valori che hanno distinto donne e uomini nella lotta di liberazione. Lo spettacolo si è svolto in un teatro gremito di gente, alla presenza delle autorità locali e di

quelle di Canneto sull’Oglio, con grande emozione e commozione dei ragazzi stessi e di tutto il pubblico, testimonianza di quanto questo percorso formativo e di approfondimento abbia lasciato veramente un segno nei ragazzi di 3°A e 3°B. Alcuni alunni hanno fatto propria la storia del Nero a tal punto da scrivere una poesia e fare un ritratto in onore del partigiano, opere donate in maniera spontanea dai ragazzi alla Presidente Anpi Boretto Adriana Zoboletti e che verranno conservate presso la nuova sede, già intitolata a Felice Montanari.

Un nomento della manifestazione


- Le strade della memoria -

cultura

Progetto delle classi V della scuola primaria “T. Righi” di Brescello (RE)

Nel corso dell’AS 2013/14, all’interno

del progetto di Cittadinanza e Costituzione, le ragazze ed i ragazzi delle classi V della scuola primaria “T. Righi” di Brescello (RE) sono stati guidati alla scoperta dei valori propri della Resistenza e della Democrazia. In un primo momento hanno letto testi, imparato canzoni e ricercato sul proprio territorio testimonianze. Le alunne e gli alunni, poi, coordinati dalle insegnanti di classe e dalla sottoscritta, hanno percorso le tappe della conquistata democrazia attraverso la toponomastica del paese: partendo da Piazza Matteotti, simbolo dell’antifascismo, si è arrivati a Via XXV Aprile e via Costituente attraversando così 25 anni di storia italiana, di resistenze, di democrazia. Il frutto di questo lavoro è un CD intitolato “Le strade della memoria” presentato alla cittadinanza il 25 aprile 2014, nel corso delle celebrazioni per la festa della

di Anna Fava

Liberazione. Questo “viaggio della memoria” è proseguito con due giorni a Roma con la visita alla Camera dei Deputati e si è concluso a Marzabotto con la visita al Sacrario ed una passeggiata nel Parco Storico di Monte Sole, fino al cimitero di Casaglia, dove è sepolto Don Dossetti, uno dei Padri Costituenti. Per la realizzazione del progetto è doveroso ringraziare Lorenzo Bianchi Ballano per le riprese video ed il montaggio, l’Amministrazione Comunale di Brescello e le sezioni ANPI di Brescello e Poviglio.

Ora una nuova stagione di democrazia e partecipazione di Claudio Ghiretti Insieme al Parlamento Europeo, il 25 maggio, i cittadini reggiani hanno eletto anche tante amministrazioni locali compreso il Comune di Reggio Emilia. Quella che alla vigilia sembrava una battaglia politica dall’esito incerto, alla fine, si è conclusa con una netta affermazione del centro sinistra, in particolare del Partito Democratico. A Reggio, a differenza della vicina Modena, il ballottaggio non c’è stato. I reggiani non hanno voluto abbandonare la strada certa per l’incerta ed hanno votato il nuovo Sindaco Luca Vecchi. Gli hanno concesso un’ampia maggioranza, ma sulla base di una promessa di cambiamento. Ed è sulla qualità di questo cambiamento che la nuova amministrazione sarà misurata. Votando Vecchi, i Reggiani, oltre alla persona, hanno voluto premiare una consuetudine di governo onesto, attento ai valori di solidarietà e di opportunità di crescita educativa per tutti. Hanno apprezzato anche lo sforzo compiuto, dagli amministratori uscenti, primo fra tutti l’ex Sindaco Delrio, per assicurare a Reggio e al suo territorio un ruolo importante negli anni futuri. Quattro esempi per tutti: la stazione dell’Alta Velocità Medio-padana, le attività internazionali di Reggio Children e del Centro Malaguzzi per diffondere nel mondo il modello educativo reggiano, il recupero delle ex Officine Reggiane per trasformarlo in un luogo di ricerca e sviluppo per le imprese, la trasformazione del Centro storico. Ma hanno voluto dire anche due no. Il primo alla destra nostrana che appare sempre troppo disposta a difendere interessi di bottega e a cavalcare battaglie di retroguardia. Il secondo no lo hanno detto ai “grillini”.Ora Luca Vecchi e i Sindaci eletti della provincia sono chiamati a scrivere una nuova pagina di governo della comunità reggiana. Quasi tutti, a ragione, hanno messo al primo posto del loro programma elettorale il lavoro. Si tratta, infatti, di una vera e propria emergenza che, specialmente per i giovani

l’opinione

e per gli ultra-cinquantenni che hanno perso il lavoro a causa della serie infinita di crisi aziendali, sta creando situazioni personali e famigliari drammatiche. Perciò ogni energia e risorsa impiegata per creare e sostenere il lavoro sarà ben spesa. Ma c’è un altro bisogno fondamentale che, da tempo, viene segnalato dai cittadini, la cui natura è meno materiale, ma altrettanto importante. Si tratta del collante che in democrazia tiene uniti rappresentanti e rappresentati. Questo bisogno si chiama “Partecipazione”. Si tratta di un bisogno diffuso che a volte si esprime con semplici segnalazioni di malessere, altre volte con proteste organizzate e che assume un particolare rilievo per la città, dove i legami di comunità sono più a rischio. Per questo motivo, il neo Sindaco di Reggio dovrebbe fare della partecipazione non una materia fra le altre, ma la strategia portante del governo della città. Per farlo, bisogna sapere che la partecipazione ha due impegnative sorelle: l’efficienza e la trasparenza amministrativa, che la nuova amministrazione dovrebbe avere il coraggio di riconoscere quali veri e propri diritti dei cittadini reggiani. Affinchè questa strategia abbia successo occorre produrre una grande innovazione politica che si discosti dal modello, ormai obsoleto, delle vecchie circoscrizioni, basate sull’idea di decentramento amministrativo e creare un nuovo sistema, a burocrazia zero e a costi zero, con l’obiettivo di promuovere legami di comunità e l’amore e la cura per il proprio quartiere e per la vita che in esso si svolge. Una partecipazione intesa non come riproduzione, in minore, della rappresentanza politica del comune, ma partecipazione come sollecitazione di scambio e confronto fra i membri della propria comunità di quartiere e della città. Insomma, è tempo di ripensare al sistema di democrazia locale, è ora di aprire una nuova stagione di partecipazione. giugno-luglio 2014

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memoria Il lungo viaggio di don Lorenzo Braglia 5/10/1928-20/05/2014 di Giacomo Notari

Priama Gelati “donna per la pace”

Addio a Lino Michelini, WILLIAM

Pubblichiamo il messaggio dell’ANPI al figlio Francesco firmato da Giacomo Notari e Antonio Zambonelli e il ricordo di Saverio Morselli

L’

Incontrai don Lorenzo nei primi anni

Ottanta, quando mi occupavo di agricoltura nella Comunità montana. Nell’occasione era presente Pietro Gibertoni, proprietario del podere La Quercia, sito in Crògnolo di Canossa. Tale podere, gestito in comodato dalla Cooperativa La Quercia, ospitava una comunità di giovani che cercavano di liberarsi dalla tossicodipendenza. Da allora il rapporto umano con il don, non si è più interrotto. Mi donò un ultimo sorriso una dozzina di giorni prima di lasciarci. In mezzo, fra quei due momenti, una collana ininterrotta di incontri e di piacevoli conversazioni. In una occasione accettò di buon grado di venire a Marmorèto, il borgo appenninico in cui sono nato ed in cui vivo tuttora, a parlare di accoglienza al circolo ARCI “La Scuola”. Più tardi riuscimmo a far comprare il podere di Gibertoni, in Crògnolo, alla Cooperativa “La Quercia” contraendo un mutuo, in forza di una legge della Regione Emilia-Romagna. Più volte mi parlò della esperienza della sua “famiglia grande” già da quando , negli anni Sessanta, si occupava delle missioni in Brasile dove diversi suoi confratelli difendevano i semtera dall’ingordigia dei grandi latifondisti. Poi venne la grande famiglia della coop La Collina, a Codemondo, dove, assistito come un Padre dai componenti la famiglia stessa, ha chiuso i suoi giorni. Don Lorenzo, se riflettiamo sul suo impegno per il prossimo, per l’accoglienza dei più deboli era già da tempo col piede sul sentiero di Papa Francesco.Anche nei momenti più impegnativi manteneva sempre una grande serenità, come se avesse trovato, applicandola su se stesso, una specie di terapia della tranquillità. 26

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C

aro Francesco, nel momento della dolorosa scomparsa di tua madre, l’indimenticabile Priama, appassionata protagonista di tante lotte per la giustizia sociale e per la pace, esprimiamo a te e ai tuoi fratelli i sentimenti più affettuosi di cordoglio a nome di quel mondo antifascista a cui Priama fu sempre legata. Alcuni di noi hanno un vivo e commosso ricordo di averla avuta al proprio fianco, ragazza dai bei capelli rossi, sulla piazza di Reggio il 7 luglio 1960. E allora, con le parole della canzone di Fausto Amodei, diciamo anche a Priama: “dovrem d’ora in avanti /averti al nostro fianco/ per non sentirci soli”.

Giacomo Notari Antonio Zambonelli

“nonviolenza Si era a un corso di formazione sulla e il gioco di ruoli consisteva nel simulare un blocco dinanzi a una base militare. A qualcuno toccò fare l’agente di polizia e a qualcun altro il manifestante. All’inizio della carica, lei si avvinghiò alle gambe di un agente che - come da copione - continuava a colpirla con il suo manganello di carta. Ma lei, niente: incurante delle sollecitazioni del formatore che le diceva di mollare la presa, per lasciare il posto a un altro manifestante, continuava a stare attaccata al poliziotto che, dopo un po’, smise di “reprimere”, stupito e allo stesso tempo affascinato da tanta resistenza. Priama era così: generosa, vigorosa, una che non mollava mai e che per le proprie idee dava tutta se stessa. Una forza della natura, una che c’era sempre, una che aveva saputo coniugare con entusiasmo la sua tradizione comunista con le istanze cattoliche in nome della pace, vista come bene supremo. Una che portava la bandiera arcobaleno nella borsetta e sapeva estrarla ogni qual volta se ne presentasse l’occasione. Ciao Priama, ciao “donna per la pace”. Ciao compagna di viaggio. Ciao amica mia. Saverio Morselli

8 luglio u.s. è improvvisamente deceduto, nella sua Bologna, in età di 91 anni, Lino Michelini, William, medaglia d’argento al v.m. per la Resistenza, presidente dell’ANPI provinciale, del Coordinamento regionale e vice presidente nazionale della stessa nostra Associazione. Alla riunione del coordinamento regionale del 20.06 u.s. avrebbe dovuto naturalmente anch’egli partecipare, come faceva da anni. Una indisposizione glielo impedì. Ma William si era rapidamente ripreso. Tant’è che anche nella mattina del giorno 8 luglio si era già preparato per uscire di casa e recarsi in ufficio, nella sede ANPI di Via San Felice, quando veniva colto da un improvviso attacco che poneva fine alla sua vita. Ora che William ci ha lasciato in modo così inatteso, rimane il rimpianto per un compagno che univa le straordinarie qualità politiche e di impegno civile ad una capacità comunicativa simpaticamente accentuata dal suo accento petroniano. Di origine operaia, Michelini era impegnato nell’azione antifascista fin dal 1942, quando aderì al Partito comunista clandestino. Protagonista della lotta di liberazione a Bologna, di lui si ricordano memorabili azioni tra cui spiccano la liberazione di decine di detenuti politici dalle carceri di San Giovanni in Monte, la Battaglia di Porta Lame a cui partecipò come commissario della 7a Gap avendo al suo fianco anche il reggiano Alcide Leonardi. Nonostante l’età avanzata, William aveva fino all’ultimo mantenuto una freschezza del tutto particolare: portamento eretto, fisico asciutto, sempre abbronzato, amava le camminate ed il mare. Ogni estate non mancava la sua vacanza sull’altra sponda dell’Adriatico, “in Jugoslavia”, come continuava a dire. Protagonista convinto e appassionato di quella “nuova stagione” dell’ANPI che da anni ha reso tanti giovani presenti e protagonisti nella nostra associazione anche a livelli dirigenziali, amava andare nelle scuole come testimone di una fase storica che dalla Resistenza aveva portato alla Costituzione repubblicana e alla Ricostruzione democratica. Non amava soffermarsi sugli aspetti “militari” (pur necessari) della Resistenza, preferendo anzi segnalare gli aspetti dolorosi di una guerra anche “giusta”. Significative, le parole rivolte ai giovani nella Festa nazionale dell’ANPI a Marzabotto, nel 2012, quando affermò che è tragico per un giovane di vent’anni dover uccidere un altro giovane di venti o trenta anni. “E’ qualcosa che ti rimane dentro per sempre”, concluse.


memoria Grazie ad Alfredo Gianolio ricordiamo doverosamente Luigi Ferretti partigiano e artista -26/06/1924-15/03/2014-

di Antonio Zambonelli

Il 15 marzo scorso è morto l’artista e partigiano Luigi Ferret-

ti, di Casalgrande. Nato nel 1924 in una famiglia contadina, ebbe modo di frequentare a Modena l’Istituto d’Arte Venturi, dove si diplomò nel 1943. Durante la Rsi si diede alla macchia entrando poi a far parte delle formazioni partigiane nella 26.a Brigata Garibaldi. Suoi sono alcuni dei forse più significativi monumenti della Resistenza in territorio reggiano. “Amo particolarmente ricordare le mie esperienze di scultore – citiamo dalla nastrobiografia di Alfredo Gianolio – anche perché traggono ispirazione dalla resistenza, alla quale partecipai vivendola a diretto contatto con la gente che soffriva delle conseguenze della guerra e della repressione nazifascista. Ho cercato di rappresentare quel periodo con monumenti eretti in vari spazi pubblici del territorio reggiano, sempre con forte realismo, senza però cadere nella retorica e nell’enfasi celebrativa”. Ed ecco notizie su alcuni di quei monumenti. A Bibbiano, davanti al Municipio, (inaugurata nel 1965) una stele alta più di 10 metri, con bassorilievi in bronzo, posta su di una base marmorea recante un’epigrafe dettata da Piero Calamandrei. Accanto alla stele una statua a tutto tondo. A Villa Sesso (inaugurazione 1976) , grandiosa composizione di vari gruppi scultorei in bronzo dedicata al sacrificio dei Manfredi, dei Miselli, e di tutte le vittime dell’eccidio del dicembre 1944. A Cavriago (inaugurazione 1985) altra grande composizione di tre gruppi scultorei che nell’insieme costituiscono una bella narrazione: dalla Resistenza come lotta, sacrificio e liberazione, fino al trionfo della pace con la donna dalla cui mano alzata al cielo prendono il volo tre colombe. Colgo l’occasione per una doverosa errata corrige. Nel comunque meritorio volume “Le Pietre dolenti” (Istoreco, 2000) Ferretti viene nominato correttamente Luigi a pag. 208 (Villa Sesso), erroneamente Walter a p. 16 (Bibbiano) e Giovanni (p. 91, Cavriago). Si dà il caso che un Giovanni Ferretti, “Corradi”, (1911-1987), a sua volta ex partigiano nella 26.a e autore di bassorilievi (su lastre di ferro trattate a sbalzo) legati a tematiche resistenziali sia stato presente qui a Reggio. Il monumento di Luigi Ferretti ai Martiri di Villa Sesso

P.S.

La “nastrobiografia” di Gianolio, da cui abbiamo tratto spunto, è stata pubblicata sulla rivista “Montepiano”, aprile 2014. Si tratta di una delle tantissime biografie raccolte, registrate su nastro, dal nostro Gianolio, lungo decenni, e via via pubblicate sulle riviste “Bollettino dei naïfs” e “Il Semplice”. Molte crediamo le abbia ancora “nel cassetto”, come questa di Ferretti, che non compare tra le 36 pubblicate nel suo “Vite sbobinate e altre vite”, Quodlibet, 2013, pp. 226 . Di godibile lettura queste biografie che, raccolte dapprima nel mondo singolare dei naïfs della Bassa, uomini, e qualche donna, di Po, si sono poi estese ad una più varia umanità (non solo di pittori) su tutto il territorio della nostra provincia. Sicché in questo volume incontriamo il vigoroso scultore Vasco Montecchi, la danzatrice del ventre Nura, la poetessa montanara Giovanna Gregori, l’altra poetessa, e amante del liscio, Carmen Togni, di Casalgrande, un pittore reggiano-milanese come Achille Incerti (1907-1988), coi suoi ricordi “erotici”di sanatorio postbellico che si trasformarono anche in dipinti. Insomma, leggere ciascuna di queste 36 “vite” costituisce una preziosa occasione e un incontro con una variegata umanità e un intreccio di vicende che passano, oltre che per la pittura e la poesia, anche per i drammi del Novecento: la guerra, la Resistenza, le dure condizioni di vita, mestieri ormai dimenticati come quello delle magliaie a domicilio, o del carrettiere Mandarèin. Dell’amico Gianolio, avvocato dei poveri, intellettuale dai molteplici interessi, in anni lontani redattore dell’Unità, andrebbero ripescati e letti diversi suoi altri saggi e libri che hanno spaziato anche nell’ambito della storiografia. A partire dal suo prezioso, perché innovativo, La Resistenza nelle campagne reggiane (1957), ai libri singolari dove storia sociale, folklore e antropologia si mescolano gradevolmente, relativi a diverse località della nostra provincia: “Storia popolare di Rio Saliceto” (1980), “Testimonianze di comunisti reggiani” (1981), “Librogiornale Collagna” (1982), sono i primi che mi vengono in mente.

e il momumento di Cavriago

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memoria IN MEMORIA DI CESARE SORAGNI (1921-2014) DA SOLDATO “RESISTENTE” NEL ’42 A PARTIGIANO NEL ’44

Montecavolo, RE, 25 aprile 1945, Soragni partigiano della 145a Brigata Garibaldi

Il 24 aprile u.s. se n’è andato, a 92 anni,

il nostro Cesare Soragni, il partigiano William. Una coincidenza commovente ha voluto che pochi giorni dopo, il 2 maggio, la moglie Euride Tedeschi lo abbia seguito nell’ultimo viaggio . Cesare ed Euride non avevano figli e furono affettuosamente uniti nella vita, fino agli ultimi giorni , così come lo sono stati nella morte. Fino a che le forze lo avevano sorretto, Cesare, dopo esser stato per decenni un abile ebanista, era spesso presente, col suo indimenticabile tratto di persona mite e gentile, assieme all’amico e compagno Ghiacci, nella nostra sede, a disposizione per ogni esigenza. Cesare era nato l’8 novembre 1921 a Villa Marmirolo, in una famiglia di “casanti”. Dopo circa due anni di servizio militare , dal novembre del ’44 fece parte delle SAP operanti a nord della Via Emilia, tra Villa Castellazzo, Gazzata e San Faustino di Rubiera. Nella lunga “settimana del partigiano” (in realtà circa due mesi tra dicembre ’44 e gennaio ’45) si occupò tra l’altro, con il compagno Pippo Bertani e la staffetta Nanda Lasagni, di portare vestiario e alimenti raccolti in zona e destinati alle formazioni della montagna,fino al primo posto di blocco (o tappa) collinare, in quel di Viano. Un’attività rischiosissima che si svolgeva di notte mentre durante il giorno, come molti altri sapisti, Cesare lavorava, per essere in regola, con l’organizzazione TODT allo scavo delle 28

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fosse anticarro. Il 1° gennaio 1945, in seguito allo scontro con due brigatisti neri dei due gapisti Otello Montanri e Giglio Mazzi, in quel di Masone, ci fu un rastrellamento nella zona in cui incappò anche Cesare: arrestato da militi della GNR e portato in caserma a Rubiera, fu pesantemente interrogato da militi delle brigate nere e tedeschi. Avendo con decisione sostenuto di non sapere nulla di quello scontro (tra l’altro ciò corrispondeva al vero) ed essendo regolarmente esonerato dal servizio militare in quanto operaio Todt, Cesare fu ben presto rilasciato. Non sentendosi più sicuro in pianura (anche perché un carabiniere lo aveva avvisato: “se ti prendono una seconda volta per te è finita”) il 4 gennaio ottenne di essere trasferito in montagna, nella 145.a brigata Garibaldi, distaccamento Mario Annigoni, operante tra i territori di Busana e Ligonchio. Fu così che il 10 aprile 1945 ebbe modo di partecipare alla difesa della Centrale idroelettrica di Ligonchio, che i tedeschi intendevano far saltare. Ma è bello nella occasione ricordare come la “resistenza” di Cesare fosse iniziata ben prima del fatidico 8 settembre ’43, quando era ancora soldato nei pressi della frontiera orientale. Ne abbiamo scritto dieci anni or sono, su queste pagine (n. 4, 2004) sotto il titolo “1942. La ‘Resistenza umana’” di Cesare Soragni. Sotto le armi dal gennaio 1941, nel 1942 si trovava in servizio in provincia di Treviso, 14.o centro automobilistico. Ogni tanto veniva mandato, con altri militari e carabinieri di scorta, a prelevare civiPadova 1942. Tre soldati in libera uscita. Soragni è il primo da sinistra

li deportati dalla vicina Jugoslavia per trasferirli al campo di concentramento di Monigo, dove trovarono la morte 232 internati di cui 60 neonati. “C’erano vecchi, donne e bambini – ricordava Soragni commosso - ;rimasi colpito, anche perché gli internati facevano capire a gesti di avere fame e sete”. Sentì così l’impulso di porgere a quella povera gente una pagnotta e la borraccia piena d’acqua. Un maresciallo dei carabinieri di scorta affrontò bruscamente l’allora 21enne Soragni gettando a terra pane e borraccia e gridandogli “Sono nostri nemici. Se t’azzardi a riprovarci ti spedisco a Gaeta.!”. Dopo alcuni giorni di punizione per il “reato” commesso, Soragni tornò in servizio attivo . Raccontò a suoi commilitoni e conterranei quanto gli era capitato e tutti gli consegnarono, in più occasioni, una pagnotta e una borraccia d’acqua . Sicché trovò il modo di rifocillare ancora, qualche volta, gruppi di deportati slavi mentre li aiutava a scendere dal camion nel campo di Monigo. Caro William, ci mancheranno il tuo sorriso e le tue parole pacate. (a.z.)

70esimi

Gino Mazzali, Attilio Setti e Getulio Setti fucilati dai fascisti il 28 luglio 1944 Piazza Prampolini (Piazza Duomo) Reggio Emilia Il comando della GNR fucila, alle prime luci dell’alba, tre giovani partigiani Gino Mazzali (Spatifaro), Attilio Setti (Rolando) e Getulio Setti (Leone), in piazza del Duomo a Reggio ed espone per alcuni giorni i loro corpi sotto la statua del Crostolo come monito alla popolazione. Tutto ebbe inizio il 22 luglio quando all’Argine Fornaci di Luzzara venne ucciso, probabilmente per errore, l’agricoltore Ambrogio Aldovrandi. I tre partigiani insieme a un quarto Natalino Panini (Mas), secondo il rapporto del presidio della GNR di Guastalla, cercavano armi. Panini (Mas), invece, fu assassinato durante l’interrogatorio nella villa di via Monfenera, 2 a Reggio Emilia (laterale di viale Timavo), dai militi dell’UPI (Ufficio politico investigativo). Il suo corpo fu abbandonato su un argine a Cadelobosco Sotto (RE) con un cartello: “Sicario trovato in possesso di armi e al soldo del nemico”. (g.b.)


memoria I GIOVANI DELLA NUOVA EUROPA A KAHLA PER RICORDARE I DEPORTATI REGGIANI

di Giacomo Notari

N

Il gruppo degli scolari di Castelnovo davanti all’ingresso delle lunghe gallerie all’interno delle quali deportati da vari paesi d’Europa erano stati messi al lavoro coatto per la costruzione delle V1 e dei caccia Messerschmitt. Nel gruppo anche l’assessore Gabrini, due insegnanti e, sulla destra, Giacomo Notari e la moglie Elsa

el maggio scorso, tra il giorno 8 e il 12, un gruppo di adulti ed una scolaresca di Castelnovo Monti hanno raggiunto la città di Kahla, in Turingia, nel nord della Germania, dove tanti deportati civili, in particolare diversi montanari, vennero messi al lavoro coatto. Diversi di loro non fecero ritorno. L’iniziativa, promossa dall’Assessorato cultura di Castelnovo, di concerto con la dirigenza della scuola elementare locale, ha comportato diversi incontri. Denso di significato, nel quadro di un’educazione alla cittadinanza europea, l’incontro tra insegnanti e scolari nostri con insegnanti e scolari tedeschi, nella sala del Consiglio comunale di Kahla. Erano presenti il Sindaco e l’Assessore alla cultura di Castelnovo, Gian Luca Marconi e Mirca Gabrini a fianco dei loro omologhi di Kahla, a partire dalla sindaca di Kahla Claudia Nissen-Roth, del partito Die Linke (La Sinistra).Come segno ulteriore del legame che da alcuni anni si è stabilito tra le due comunità, in un giardino di Kahla è stato messo a dimora, da ragazzi nostri affiancati da loro compagni tedeschi, un sorbo dell’uccellatore, portato là dalle nostre montagne.

Pansa e la “sua” verità assolta

Una lettera di “protesta” di Fiorella Ferrarini a Concita De Gregorio

Il 31 marzo scorso G. Pansa ha partecipato su Rai 3 alla trasmissione di Concita De Gregorio “Pane quotidiano”, per presentare il suo “nuovo” libro: “Bella ciao.Controstoria della Resistenza”, Rizzoli, 2014. “Certo che riconosco il coraggio dei partigiani. Lo riconosco come riconosco il coraggio dei giovani di Salò. Stavano tutti combattendo una guerra civile”. Queste parole di Pansa danno immediatamente l’idea di come sia stata impostata la trasmissione, con la riproposta del revisionismo più stucchevole e menzognero. Indignata per l’intervento che non ha trovato un vero contraddittorio, ho scritto una lettera alla De Gregorio, lettera che, come mi aspettavo, non ha avuto alcuna risposta.Spero che almeno abbia evitato di richiamare una seconda volta l’autore, come gli era stato promesso. Fiorella Ferrarini A Concita nalismo che non c’è, “al maleodorante, da te, che invece hai promesso di invitarProgramma interessantissimo, appunta- al putrescente” (Del Boca).Pazzesca la lo nuovamente. mento quotidiano da non perdere quello definizione dei gappisti come “terroristi Chiediti se ce n’è bisogno davvero o con “Pane quotidiano” delle 12.45. paramilitari”. I tedeschi li chiamavano invece se non sarebbe meglio invitare Ma come sai sempre fare, Concita, per- banditi... siamo sulla stessa linea. E in- Carlo Smuraglia, partigiano presidenché non hai interloquito con un arrogante decente il parallelismo tra il coraggio te dell’ANPI nazionale, già senatore e Pansa che ridicolizzava le domande, le dei partigiani e l’apologetica dei ragazzi componente del CSM, per ristabilire un banalizzava, gettava in faccia annoiato la di Salò. Che invece hanno “coraggiosa- po’ di verità oltre la fiction di successo, sua verità come LA VERITA ASSOLUTA? mente” collaborato con i tedeschi nelle la pseudo storia: la storiografia non è un Con lucida e feroce coerenza e con mas- feroci stragi del ’44-45 in cui furono bar- campo di opinioni strattonata da logiche siccio sostegno mediatico, scrive da anni baramente uccise più di 15.000 persone di mercato, per cercare di respirare un po’ non da revisonista (“rovescista” secondo innocenti. di aria sana. Del Boca) ma da negazionista della Resi- Per le quali nessuno ha mai pagato! In- Sono Fiorella Ferrarini, abito in provinstenza, con lo scopo primario di attaccare sopportabili i ripetuti riferimenti al “cini- cia di Reggio Emilia e sono vicepresidenil partito comunista, riducendo la Resi- smo” del PCI, che secondo Pansa avrebbe te ANPI provinciale. Perché non vieni a stenza a “guerra civile” mentre, come tra alzato il tiro per preparare la rivoluzione, trovarci al Museo Cervi il 25 luglio? C’è gli altri, ricorda Dianella Gagliani, fu in e la macchinazione dei dirigenti del PCI sempre una straordinaria festa con tantisrealtà una “guerra ai civili”. Sempre sen- reggiano che portò alla eliminazione de- simi giovani, per ricordare quella che si za note, mai con l’onere della prova, nella gli “anarchici” fratelli Cervi! Sono i temi riteneva fosse la caduta del fascismo, e astuta versione che sta tra il testo storico triti e ritriti che Pansa rimescola da de- per questo nel ’43 la famiglia Cervi offrì e romanzo, i suoi libri escono cadenzati cenni, con la buona compagnia di Fertilio la pastasciutta a tutto il paese. e super-promossi, allude ad un sensazio- e di tanti altri. Mi aspettavo una reazione Cordiali saluti giugno-luglio 2014

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memoria A 90 ANNI DALL’ASSASSINIO DI GIACOMO MATTEOTTI

Estate 1945

I

In altra pagina pubblichiamo un reso-

l 10 giugno 1924 una squadraccia fascista, la cosiddetta Cekà del Viminale, agli ordini di Benito Mussolini, sequestrava e assassinava l’on. Giacomo Matteotti, deputato socialista, nato a Fratta Polesine (Rovigo), il 25 maggio 1885. Tale efferato omicidio, faceva seguito al coraggioso e appassionato discorso con cui Matteotti aveva denunciato, in parlamento, il 30 maggio 1924, ilclima di terrorismo instaurato dai fascisti, appoggiati da apparati dello stato, nella conduzione della recente campagna elettorale conclusasi con la vittoria del listone di Mussolini. Il parlamentare socialista citò, tra gli altrui, il caso di Reggio Emilia, dove il candidato socialista Antonio Piccinini, prelevato dalla propria casa nella notte del 28 febbraio 1924, venne atrocemente massacrato da squadristi locali (rimasti poi per sempre impuniti, anche nell’ultimo processo, celebrato nel 1950). Da notare che nel reggiano la campagna elettorale del 1924 fu particolarmente violenta in tutta la provincia, non solo contro socialisti e comunisti, ma anche contro quanti, tra i cattolici popolari, non accettavano la ormai montante intesa clerico-fascista e, sempre più isolati (e talvolta bastonati) si videro affibbiato l’epiteto di “comunisti bianchi”. A quel clima di violenza fascista si era ribellato pubblicamente anche il segretario provinciale del Partito popolare, prof. Luigi Walpot, che si dimise dalla carica con un articolo di fondo, pubblicato sul periodico “Scudo crociato” del 15 aprile 1924, col quale denunciava anche i traditori dell’ideale di democrazia cristiana che “adottano l’ultimo figurino di moda, il fascismo cattolico-nazionale”. Ma tornando a Mattetotti e al scrifico da

lui consapevolmente affrontato, ciò che ne fa uno degli autentici Martiri dell’antifascismo, il suo ricordo rimase assai vivo tra gli strati proletari nella nostra provincia. Ricordo come mia nonna materna, vecchia bracciante socialista prampolinina, Marcella Ferretti, madre del partigiano caduto Camillo Pezzarossa, abbia conservato gelosamente, per tutto il ventennio fascista, la foto di Matteotti nascosta tra la biancheria in un cassettone del comò. Lo ricordo anche perché una volta, io avrò avuto 6 anni (forse nel 1944), la tolse dal nascondiglio con una sorta di religiosa reverenza e me la mostrò ripetendo a memoria (era analfabeta) alcune delle parole stampate sul retro: “Uccidete me ma l’idea che è in me non morirà mai”. (a.z.)

Recto e verso della cartolina conservata, nascosta tra la biancheria, per tutti gli anni del fascismo, dalla bracciante Marcella Ferretti, di Pieve Modolena

NASCE L’ANPI A REGGIO

conto sulla commemorazione, a Roma, del 70° anniversario dell’ANPI nazionale, fondata nella capitale liberata nel 1944. Il prossimo anno celebreremo a Reggio il 70° dell’ANPI provinciale, con iniziative per illustrare il grande contributo dato dalla nostra Associazione alla Ricostruzione morale e materiale della provincia di Reggio: dal Convitto scuola di Rivaltella, alla fondazione di Cooperative, all’accoglienza, in collaborazione con altre associazioni, dei bambini del Sud e di Milano… Intanto pubblichiamo di seguito la cronologia dei primi atti costitutivi dell’ANPI reggiana, cronologia che Otello Montanari ha ricostruito dalle pagine del “Volontario della Libertà”, settimanale delle formazioni patriottiche reggiane, che si pubblicò dal 5 maggio 1945 al 1° maggio 1955. Sul numero del 10 giugno ’45, palchetto in prima pagina. Si è costituita l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) tendente a tenere organizzati tutti i patrioti smobilitati. Il Segretario dell’ANPI, sezione provinciale di Reggio Emilia è il Patriota Ferrari Didimo (Eros). Tutti i partigiani smobilitati devono creare una sezione locale nei rispettivi centri di residenza. Ulteriori istruzioni saranno date in seguito. Sul numero del 17 giugno, altro palchetto in prima pagina: Costituzione della segreteria provinciale dell’ANPI. Come già in altre città, in seguito a disposizioni emanate dall’ANPI, è stata costituita, d’accordo con il locale Comitato di Liberazione Nazionale, la Segreteria provinciale dell’ANPI di Reggio Emilia, composta dai Patrioti: Ferrari Didimo (Eros) Segretario generale; Cavazzoni Guerrino (Ciro) Segretario Ufficio Amministrativo; Ghizzoni Parades (Sereno) Segret. Ufficio Assistenza e Collocamento; Romani Elio (Stampa) Segret. Ufficio Cultura e Sport; Zanichelli Sante (Ettore) Segr. Ufficio Organizzazione. Si rende noto che la sede della suddetta Segreteria è situata in Viale Timavo (ex Caserma Mussolini). Segnaliamo che un interessante e documentato resoconto sui primi due anni di attività dell’ANPI reggiana (25 aprile 1945-1947) fu steso da Didimo Ferrari e pubblicata dalla allora esistente Tipografia popolare in un volumetto di 45 pagine.

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rubriche

Saverio Morselli

Segnali di pace/

Da dove cominciare?

Da un passato tragico, i cui segni (ma-

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Viaggio in Bosnia

teriali e psicologici) sono ancora ben visibili? Da un presente colmo di incertezze, di rabbia e di rivolta? O dalla forza di quelle donne e di quegli uomini che nonostante tutto provano a costruire un futuro diverso e dignitoso per il loro Paese? Sono davvero tante le emozioni che si vivono durante un viaggio in Bosnia, quella Bosnia che forse più di tutti ha pagato il prezzo della follia fratricida fatta passare per incompatibilità etnicoreligiosa, ma contraddetta da decenni di convivenza e di sana “contaminazione”. E sono tante le sensazioni che si provano una volta tornati a casa, con la mente che ripercorre i luoghi, le parole, i volti. A 19 anni dalla fine della guerra che ha sanguinosamente smembrato la ex Jugoslavia, la “Carovana per la pace” organizzata dalla Associazione Mirni Most di Guastalla si è caratterizzata come un viaggio di conoscenza e di solidarietà, una sorta di percorso doloroso e coinvolgente alla ricerca della percezione di eventi spesso sembrati, chissà perché, lontani nello spazio e nel tempo, ma che viceversa dovrebbero essere vissuti e ricordati per quello che in realtà sono stati, ovvero una spaventosa tragedia alle porte di casa nostra, con il suo carico di 250.000 morti ed oltre due milioni di profughi. Abbiamo intrapreso un viaggio psicologicamente difficile in mezzo al lutto e al dolore. Lo abbiamo fatto consapevolmente, mossi dal bisogno di toccare con mano una follia che fa fatica ad essere spiegata, una follia che ha letteralmente spazzato via l’idea stessa di convivenza interreligiosa ed interetnica. Lo abbiamo fatto con il desiderio di capire come sia stato possibile arrivare a tutto ciò. Abbiamo provato stupore e pena per le distese di cimiteri tra le case, così frequenti a Mostar e Sarajevo, costruiti al posto dei parchi. E siamo rimasti colpiti dai palazzi nuovi, i bar e i ristoranti posti a fianco dei ruderi fatiscenti, abbandonati e segnati dai colpi dei mortai e dei razzi. In Bosnia la modernità cresce a fianco delle

macerie. Abbiamo reso omaggio ai 71 ragazzi annientati il 25 maggio 1995 da una granata serba nella piazza centrale di Tuzla mentre festeggiavano l’imminente fine della guerra. E con un sentimento profondo di solidarietà e di imbarazzata incredulità abbiamo camminato in mezzo alle centinaia di lapidi che sorgono al cimitero della memoria poco fuori dal centro della città. In silenzio, per rispetto del luogo ma anche, probabilmente, per mancanza di parole adeguate. Adeguate come quelle di Suad, l’amico che ci ha accompagnato, che quella guerra l’ha vissuta sulla propria pelle, incapace di odiare ma in grado di provare solo un incancellabile dolore per la morte di tanti familiari ed amici, lì sepolti. Abbiamo visitato con inevitabile commozione il Memoriale di Potocari, dove riposano le 8.372 vittime (numero ancora provvisorio) della strage di Srebrenica, che ci ha accolto con la sua serie di stele bianche che si susseguono a perdita d’occhio sulle colline e con l’elenco nominativo di tutti i bosgnacchi maschi prelevati l’11 luglio 1995e poi trucidati dalle truppe serbo-bosniache di Mladic. La Bosnia ha provato e sta provando tuttora a lasciarsi alle spalle la guerra. Ma gli accordi di Dayton, che a quella guerra posero fine, hanno dimostrato un po’ alla volta tutti i loro limiti, costituiti da una impalcatura istituzionale elefantiaca e complessa che di fatto ha mantenuto distanze e divisioni tra le diverse etnie (cantoni, assemblee elettive, giurisdizioni, sistemi scolastici, religioni), favorendo immobilismo politico, corruzione e nepotismo. Ci erano note le sollevazioni popolari spontanee di febbraio, gli assalti ai palazzi del potere, l’attacco frontale alle autorità incapaci di dare una risposta al dilagare della crisi economica, resa ancora più dura da un processo brutale di privatizzazione di aziende pubbliche e dal successivo loro smantellamento che ha contribuito a portare la disoccupazione ad oltre il 40 percento e quella giovanile al 65 percento.

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70esimi Estate-autunno ’44.La prima volta che si tornò a votare

P

er molti giovani, partigiani e non, sul nostro Appennino, la Resistenza fu anche scoperta e pratica della democrazia, particolarmente a partire dall’estate del 1944, quando si preparò il terreno per le elezioni amministrative – le prime dopo 24 anni! – nei comuni liberati di Ramiseto, Vetto, Collagna, Busana e Villa Minozzo. In quest’ultimo comune il 23 luglio si tenne un comizio elettorale. Vi presero la parola il Commissario generale Didimo Ferrari, Eros, comunista, ed il Vice Prof. Pasquale Marconi, Franceschini, democratico cristiano. Era un esempio di quella preparazione della popolazione all’autogoverno a cui contribuiranno, oltre ai commissari politici (quali Eros e Franceschini), i “commissari civili”, che indicevano riunioni delle popolazioni e spiegavano la necessità di formare nuovi organismi amministrativi comunali. Essi erano scelti, scrive il Franzini, “tra antifascisti provati che, in virtù del loro passato di attivisti politici o di sindacalisti, nel periodo prefascista, potevano possedere cognizioni ed esperienze in merito”. Ecco i nomi di alcuni di loro: Luigi Tagliavini, ex sindacalista, Orelio Tondelli, Alfeo Viani, Angelo Silvi, Aristide Papazzi (Prato, sua scheda biografica qui a fianco). Le ultime elezioni amministrative libere, in provincia di Reggio, c’erano state nel 1920, quando nella maggioranza dei comuni aveva vinto la sinistra (38 comuni su 45), cioé il Partito socialista. Ma tutte quelle amministrazioni comunali, sia le “rosse” che le “bianche”, furono spazzate via dalla violenza armata squadrista tra il 1921 e il 1923. Al posto di sindaci e consiglieri andarono poi, per tutto il ventennio fascista, i podestà e loro “consultori” nominati dall’alto. La violenza fascista caratterizzata da una trentina di omicidi rimasti impuniti, nonché da bastonature e “ricinature” a centinaia di antifascisti, soprattutto socialisti, fra il 1920 e il 1923, fu il vero e proprio inizio di quella “guerra civile” che avrà i suoi esiti con la lotta di liberazione 1943-45. Ed è proprio nei mesi drammatici della lotta armata e di massa contro il nazifascismo che si sperimenta il futuro democratico, fatto di votazioni e, più in generale, di partecipazione alla gestione della cosa pubblica secondo principi democratici. Nelle prime giornate di luglio si intensifica (siamo nel breve periodo della cosiddetta Repubblica di Montefiorino) l’azione di propaganda e di informazione verso la popolazione civile, nella prospettiva 32

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Aristide Papazzi, Prato Commissario civile nel 1944 Nato a Ciano il 3 gennaio 1908. Orfano in tenera età, fu allevato da uno zio contadino di Roncaglio. Dopo un tentativo fallito di espatrio clandestino in Francia, nel luglio 1930, riuscì a raggiungere quella “terra d’asilo” con passaporto turistico nell’ottobre successivo e vi rimase, facendo lavori saltuari poi il falegname. Nel 1931, si iscrisse nei “gruppi di lingua italiana” del PCF, dietro presentazione del compaesano Alcide Leonardi (D’Alberto, Luigi, nella Resistenza), futuro commissario del Btg Garibaldi in Spagna e animatore della Resistenza a Reggio, Modena e Bologna. Attivo nel Comitato nazionale della Gioventù comunista e nel Sindacato lavoratori del legno (lui diventò ebanista) , frequentò una scuola di Partito a contatto con Togliatti, Longo, Grieco, Di Vittorio, Germanetto…

delle elezioni comunali nei comuni di Toano, Villaminozzo, Ligonchio e Ramiseto. Il 24 viene eletta la Giunta comunale di Toano. Ma il 30 luglio sull’Appennino, la parola torna drammaticamente alle armi, con l’inizio del massiccio attacco tedesco che durerà un paio di settimane e vedrà incendi di paesi e borgate, arresti e deportazioni di civili, la morte di 27 partigiani. Era il tentativo di fare terra bruciata attorno ai distaccamenti partigiani. Ma dal 1° settembre ecco la nomina dei Comitati di liberazione comunali in montagna (In varie località della pianura erano in genere sorti, clandestini, già nell’autunno del ‘43). Ed ecco, ancora, l’elezione dei consigli comunali a Collagna, Busana, Ramiseto, Vetto d’Enza, Ligonchio e Villa Minozzo. Tali elezioni non erano ancora a suffragio universale. Varie ragioni, di ordine logistico e attinenti a valutazioni circa il senso comune diffuso, fecero sì che elettori fossero soltanto i capi famiglia, che per l’epoca era

di Antonio Zambonelli

Diventato funzionario a tempo pieno (rivoluzionario di professione), compì numerose missioni nell’Italia del Nord, dal Friuli alla Liguria. Arrestato il 14 .05.1934 a Monfalcone, fu condannato a 20 anni di reclusione dal Tribunale speciale e liberato il 20 agosto 1943 ( dopo la caduta di Mussolini, avendo scontato oltre 9 anni di carcere. Dopo l’8 settembre ‘43 fu tra i primi ad impegnarsi nella costruzione del Partito e del movimento di lotta armata, a cominciare dal territorio di Ciano. Ferito da fucilata il 14 novembre ’43 a Villa San Bartolomeo, in un conflitto con carabinieri (si portò la pallottola in una gamba fino al 1947), riparò in montagna sviluppando contatti politici che ne fecero uno dei costruttori, a fianco di Massimiliano Villa, della Resistenza nel Ramisetano Dopo la battaglia di Cerré Sologno (marzo ’44) tornò in pianura operando quale costruttore del P.( e membro del C.F. clandestino) e del movimento partigiano ad un tempo, nella zona che costeggia l’Enza e il Po da Ciano a Guastalla. Di nuovo in montagna dal luglio 1944, ebbe una intensa e proficua collaborazione col DC Luigi Galli Barbieri, e coi socialisti Viterbo Cocconcelli Paris, e Risveglio Bertani Camillo, operando alla costruzione del CLN montagna e dei CLN comunali , nonché delle Commissioni agricole ed economiche di villaggio, nel territorio libero, fino ad organizzare le elezioni (nov. ’44) dei consigli comunali in ben 10 comuni dell’APPENNINO. Alle prime elezioni amm.ve, 1946, fu eletto Sindaco di Ciano e lo rimase fino al 1952, quando venne ancora rieletto, ma destituito dal prefetto nel clima pesante della guerra fredda. Negli ultimi anni della sua vita (è deceduto nel 1986), ormai quasi cieco e con difficoltà nell’esprimersi. Trascorreva lunghe ore in una stanza al piano terra della sua abitazione, sul lato sud della piazza di Ciano, lavorando alla costruzione e a continue modificazioni di certe affascinanti “macchine inutili” che egli sapeva ingegnosamente creare utilizzando vecchi motorini di lavatrici e di lavastoviglie recuperati dai rottami (A.Z.).

sottinteso fossero maschi. A meno fosse invece una donna ad esercitare di fatto tale ruolo. E che non fosse una finzione, la sperimentazione della democrazia, lo dimostrano anche gli esiti delle elezioni. A Villa Minozzo vinse la lista “cristianosociale” (cioé della DC), a Ramiseto, Vetto e Busana, anche in ragione di radicate tradizioni politiche locali, vinse quella di sinistra (genericamente definibile “socialcomunista”). Dunque il “pluralismo politico”, soppresso con la violenza dal fascismo, fu già una pratica frutto della resistenza mentre ancora si combatteva e si moriva per la libertà in Italia come in altri Paesi d’Europa. Come funzionassero poi i consigli comunali lo possiamo esemplificare riportando alcuni stralci dal Verbale di una riunione del Consiglio di Ramiseto :

“L’anno 1944, addì ventinove del mese di ottobre, in frazione Castagneto, in apposita sala aperta al pubblico, in seguito


70esimi a regolari inviti, si è riunito il consiglio; sono presenti i sigg.: Moncigoli Attilio (Sindaco), Baisi Attilio, Zanolini Francesco, Baisi Guido, Catti Bruno, Masini Ernesto, Dolci Alderico (Consiglieri). […] Il Sindaco dato atto che il Consiglio raggiunge il numero legale, dichiara aperta la seduta […] Circa l’attività delle commissioni agrarie frazionali, i consiglieri, interpellati, dichiarano che le commissioni svolgono regolarmente la loro attività e si intrattengono a tracciare vari esempi:.. formazioni del prezzo delle trebbiatrici, installazioni impianti di luce elettrica nelle case che ne erano tuttora sprovviste... I consiglieri Zampolini e Masini dell’alto

Ramisetano, spiegano che il prezzo della lana varia per ragioni di carattere ambientale da zona a zona... Il consiglio all’unanimità, quindi, riconferma il prezzo della lana in lire 60 il kg. Il Sindaco proseguendo fa dare lettura della relazione da lui fatta in occasione della riunione degli insegnanti del Comune, in cui traccia l’indirizzo che ognuno di essi deve seguire nel nuovo sistema di vita scolastica [...]

Il verbale di cui sopra si trova negli archivi di Istoreco. Da altri carteggi dell’epoca, relativi all’attività dell’Intendenza, emergono aspetti affascinanti: vi si fa cenno agli antichi sentieri verso la Spez-

La battaglia partigiana allo Sparavalle

S

di Alessandro Fontanesi Dove per il lavoro si muore. E soprattutto dove le disparità sociali diventano enormi, tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Soltanto riscoprendo e riprendendo in mano i valori per cui hanno combattuto i partigiani 70 anni orsono, si potrà davvero rimettere in piedi questo Paese. Simbolo di questa bella e calda giornata di sole anche sulla nostra montagna, teatro di innumerevoli avvenimenti come questo dello Sparavalle, crediamo che la bella foto di due vecchi compagni sia il suggello di quanto testimoniato. Pietro Galassi a sinistra nella foto, uno dei pochi partigiani rimasti tra coloro che hanno combattutto allo Sparavalle, riceve l’abbraccio di Giacomo Notari (a destra nella foto) Presidente dell’Anpi reggiana.

i è celebrato allo Sparavalle di Castelnovo Monti il 70’ anniversario della battaglia avvenuta il 10 giugno 1944, durante la seconda guerra mondiale. Come ogni anno è stata l’occasione per ritrovare i compagni di un tempo e di una lotta mai terminata, ma soprattutto il momento per attualizzare i valori che hanno dato al nostro popolo la libertà e la Costituzione antifascista nata dalla Resistenza. Alla presenza dei sindaci di Castelnovo, Busana, Ligonchio e Collagna, in particolare il sindaco di quest’ultima, Bargiacchi, con un intervento appassionato, ha posto l’attenzione sulla necessità stringente di rimettere proprio la Costituzione al centro dell’azione politica; in quanto l’attuale società si fonda non sul lavoro, ma sulla precarietà esasperata.

I 70esimi in montagna

zino o la Toscana (la Via del sale, lungo la valle della Liocca) per lo scambio di derrate alimentari. A dorso di mulo, come nei lontani secoli del Medioevo, carichi di frumento andavano di là dal crinale appenninico; da noi arrivava il sale, o l’olio d’oliva. Sono “sentieri partigiani” che meriterebbero di essere ripercorsi, magari mettendoci in contatto, come ANPI e Istoreco, con gli omologhi Enti toscani e liguri, estendendo così, in una dimensione interregionale, le belle iniziative che da decenni anni si sono andate realizzando, prima come UISP (parlo degli anni Sessanta-Settanta) poi come Istoreco ed ANPI, in territorio reggiano.

di w.o.

N

el proseguo della celebrazioni per il 70° anniversario della Lotta di Liberazione, l’ANPI di Castelnovo ne’ Monti ha organizzato una commoventerimonia che, nella Sala del Consiglio Comunale il 18 aprile u.s., ha visto consegnare una pergamena ricordo ai Partigiani, Internati e Deportati ancora in vita del Comune. Mirco Carrettieri, presidente ISTORECO, ha tenuto una conferenza sui valori della Lotta di Liberazione e quanto questi valori siano attuali. Nella foto la cerimonia a Gombio.

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Lutti CESARE SORAGNI (WILLIAM)

MARINO MONTANARI (TORNO) 20/01/1920-06/06/2014

08/11/1921-24/04/2014 In memoria del partigiano Cesare Soragni “William”, scomparso il 24 aprile scorso, e della moglie Euride Tedeschi Giorgio Masoni offre a sostegno del Notiziario.

LUIGI BEGGI 06/04/1920-12/O4/2014

Cari amici dell’ANPI, il 12 aprile un altro dei nostri combattenti ci ha lasciato. Il 6 aprile Luigi aveva compiuto 94 anni. Sempre presente in ogni manifestazione in difesa dell’Associazione fino a che la salute lo ha sostenuto, leggendo il suo “Notiziario” dal principio all’ultima pagina. Il feretro di Luigi è stato accompagnato dalla bandiere dell’ANPI di Montecavolo e Albinea. In suo ricordo la moglie Anna Rocchi offre a sostegno del giornale dell’ANPI.

CELINA ANNIGONI

Il 6.06 u.s. è deceduto il partigiano della 144a Garibaldi Marino Montanari, Torno, per anni, fino al suo 90° compleanno, presidente della sezione ANPI di Cavriago, dove era nato il 20 gennaio 1920, e dove era stato anche consigliere comunale dal 1951 al 1956. Al suo funerale, nella mattinata del giorno 7, tanti compagni e amici, a cominciare dal Sindaco Paolo Burani e da rappresentanti dell’ANPI locale e provinciale con le rispettive bandiere, affiancate a quelle di Rifondazione comunista. A rendergli l’ultimo saluto, a nome dell’ANPI provinciale, Antonio Zambonelli, che illustrando la personalità di Marino, ne ha sottolineato il suo legame con le giovani generazioni, la passione con cui per anni è andato a parlare nelle scuole ed ha accompagnato gruppi di studenti nei viaggi della memoria a Mauthausen. In particolare ha descritto Marino come figura esemplare di un modello antropologico emiliano, e reggiano in particolare: un uomo di sinistra che ha saputo intrecciare l’impegno per una società più giusta ed egualitaria, ad una capacità imprenditoriale spiccata e basata sul gusto per “il lavoro ben fatto”, e fatto con le proprie mani. In sua memoria Renzo Barazzoni offre pro Notiziario.

GIULIANO TADDEI Laura Cavazzoni Reverberi per ricordare il genero Giuliano Taddei deceduto il 18 giugno 2014 offre a sostegno del Notiziario.

14/09/1922-13/06/2014

Il 13 c.a. è deceduta, in età di 92 anni, la Partigiana Celina Annigoni, militante nella 77° BRT SAP dal 25 ottobre 1944 alla Liberazione. Ne annunciano la scomparsa le ANPI di Boretto e Brescello offrendo pro Notiziario in sua memoria.

BORZANO ANNO 1945: PER NON DIMENTICARE

Ho sognato cavalli che nitrivano / e galoppavano

liberi nella steppa. / Ho sognato cigni in volo / con le ali spiegate al vento. / Ho sognato stormi di uccelli che migravano verso lidi più caldi. / Poi, svegliata bruscamente, / ho visto un soldato che puntandomi un fucile nel fianco gridava: / “KOMM, KOMM!” /Tra i barbari piombati in casa, / alcune persone del paese / portavano la maschera. / Tutti gridavano / al suono

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di Domenica Vinceti

batterico delle scarpe chiodate. / Nel mio giardino i girasoli col capo chino per lo sgomento. / Fuori la fila dei prigionieri era già lunga / ed io buttata tra loro. / Fummo rastrellati come sterpaglie. / I cigni, i .cavalli, le rondini dei miei sogni / si erano trasformati / in orribili mostri ululanti. / Camminammo per tanto tempo / a piedi scalzi verso l’ignoto ... / Uccelli di latta sghignazzavano / volando sul nostro capo.


Anniversari

LORIS CONFETTI (GIULIO) ENERMERE BEGGI

IN MEMORIA

Per ricordare i genitori Loris Confetti “Giulio”, Partigiano della 76a BGT SAP, ed Enermere Beggi, i figli Ileana e Mauro sottoscrivono pro Notiziario.

ANNIVERSARI

ABBO BARIGAZZI, MARISA LANCIANO

E’ passato un decennio da quando mio padre ci ha lasciato improvvisamente, una notte d’estate, dove, con mia madre, trascorreva una vacanza presso il lago di Garda. Sembra ieri, non è retorica, ma il tempo agisce su di noi in uno strano modo. La sua memoria e anche quella di mia madre, che l’ha raggiunto 7 anni dopo, hanno lasciato tracce indelebili dei loro percorsi, spesi nell’ambito dell’impegno civile e politico. Il loro luogo di origine, Correggio, li ha visti protagonisti a favore di varie iniziative: il Volontariato presso i centri sociali, nel Partito, nell’ANPI locale (mio padre è stato internato in Germania), agendo con passione e consapevolezza, trasmettendo quegli ideali nei quali hanno sempre creduto. Questi messaggi, frutto del loro vissuto, sono un dono che ognuno di noi può cogliere nella continuità. la figlia Chiara Barigazzi

NELLO AGUZZOLI

6° ANNIVERSARIO

Il 4 giugno ricorreva il 6° anniversario della scomparsa di Nello Aguzzoli di Correggio. Nel ricordarlo con tanto affetto, la moglie, i figli e le sorelle sottoscrivono pro Notiziario.

NELLO LUSOLI (GEO)

7° ANNIVERSARIO

Il 22 giugno scorso ricorreva il 7° anniversario della morte del Partigiano Nello Lusoli “Geo”. La moglie Liduina, le figlie Zita e Valeria, i nipoti e i generi lo ricordano con immenso amo e offrono al Notiziario

IN MEMORIA

ERIO CAMELLINI (GEK) RINA GALASSI (BARBARA)

Nella ricorrenza del 70° anniversario della battaglia dello Sparavalle avvenuta il 10 giugno 1944, dove il partigiano “Gek” (Erio Camellini) e la staffetta partigiana “Barbara” (Rina Galassi) hanno combattuo per la difesa dei loro ideali di pace e libertà. Ricorrendo anche il 9° e il 13° anniversario della loro scomparsa, la figlia Ivana e il nipote Riccardo li ricordano con grande amore e sottoscrivono pro Notiziario.

5° ANNIVERSARIO

WALTER BORCIANI (PACAGNONE)

Nel 5° anniversario della scomparsa del Partigiano Walter Borciani “Pacagnone”, appartenente alla 76a brigata SAP “Angelo Zanti”, lo ricordano i familiari Enzo, Rina e Marco e in suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

RENZO ZULIANI (SILENZIO)

5° ANNIVERSARIO

In ricordo di Renzo Zuliani, partigiano combattente arruolato nella 145a Brigata Garibaldi, distaccamento “Vergai”, col nome di battaglia di “Silenzio”, scomparso il 10 luglio 2009 a 85 anni, il figlio Ivan con la moglie Maria Concetta, ai quali si unisce l’Amministrazione comunale di Casalgrande, sottoscrivono pro notiziario. Silenzio partecipò a tante missioni tra cui, quella più cruenta, della difesa della centrale elettrica di Ligonchio nei giorni 10, 11 e 12 aprile 1945. Renzo come uomo e come Presidente della sezione ANPI di Casalgrande si è sempre impegnato con la mente e con il cuore perché nulla dei valori della Resistenza andasse dimenticato.

ADRIANO PEDRONI (ROBIN)

2° ANNIVERSARIO

Il 15 giugno ricorreva il 2° anniversario della scomparsa del Partigiano Adriano Pedroni Robin, appartenente alla 144a BGT Garibaldi. La sua voglia di lottare, il suo ottimismo e la fiducia in un mondo migliore ci mancano tanto, ma li portiamo dentro di noi oggi più che mai. Lo ricordano con amore i figli Rossella e Fulvio, la compagna Franca, la nipote Silvia e la nuora Ivetta. giugno-luglio 2014

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Anniversari

ENNIO MONCIGOLI

8° ANNIVERSARIO

A 8 anni dalla scomparsa di Ennio Moncigoli, lo ricordano con amore la moglie Maria, i figli Libero e Gina, la nuora Paola, il genero Ivan, i nipoti Lucilla, Strefano, Alessandro e Matteo. In sua memoria offrono pro Notiziario.

MARINO BERTANI (MASSA)

11° ANNIVERSARIO

Per onorare la memoria del Partigiano Marino Bertani “Massa”, appartente alla 76a BGT SAP, nel 11° anniversario della scomparsa, avvenuta il 5 gugno 2003, la moglie Teresa Giovanardi e i figli Delfino e Marinella lo ricordano con affetto sottoscrivendo pro Notiziario.

ANSELMO BISAGNI

5° ANNIVERSARIO

Per ricordare Anselmo Bisagni, deceduto il 29 giugno 2009, la moglie Angiolina Bertani, i figli, il genero, le nuore e i nipoti lo ricordano con immutato affetto sottoscrivendo pro Notiziario.

2° ANNIVERSARIO

ERMES BERTANI

Il 3 luglio ricorreva il 2° anniversario della scomparsa di Ermes Bertani, dirigente del fronte della gioventù durante la Resistenza. La figlia Elsa in sua memoria, SEMPRE PER SEMPRE, offre a sostegno del Notiziario. 36

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EMILIO GROSSI (OBRAI)

5° ANNIVERSARIO

Il 28 agosto ricorre il 5° anniversario della morte del Partigiano Emilio Grossi “Obrai”, appartenente alla 76a BGT. SAP “Fratelli Manfredi”. La figlia Laila, per ricordarlo, offre a sostegno del Notiziario.

ODDINO CATTINI (SBAFI)

9° ANNIVERSARIO

Il 14 maggio ricorreva il 9° anniversario della scomparsa del Partigiano Oddino Cattini “Sbafi”. Nel ricordarlo assieme alla moglie Fermina Malagoli “Rosa”, scomparsa tre anni fa, il figlio Luciano, la nuora Anna, le nipoti e i pronipoti sottoscrivono pro Notiziario.

PIERALDO CAMPANI

3° ANNIVERSARIO

Il 4 luglio ricorreva il 3° anniversario della scomparsa di Pieraldo Campani. In memoria dello zio Antonietta Lari, insieme ai figli, sottoscrive a sostegno del Notiziario.

PIETRO GOVI (PIRETTO)

9° ANNIVERSARIO

Il 24 luglio ricorre il 9° anniversario della scomparsa di Pietro Govi “Piretto”, di Rio Saliceto, appartenente al distaccamento “G. Matteotti“ della 144a Brigata Garibaldi. La moglie Umberta, le figlie Adriana e Lorena lo ricordano con amore e, in sua memoria, sottoscrivono pro Notiziario.


Anniversari

VINCENZO BRANCHETTI (ARGO)

3° ANNIVERSARIO

GUIDO BACCARINI

Nel 3° anniversario della scomparsa del Partigiano Vincenzo Branchetti “Argo”, avvenuta il 21 luglio 2011, la moglie, la famiglia e i nipoti Valter, Franco e Paola sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

3° ANNIVERSARIO

Il 3 aprile scorso ricorreva il 3° anniversario della scomparsa di Guido Baccarini. I famiglairi in suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

14° ANNIVERSARIO

RANIERO GIBERTINI (QUARTINO) GIOVANNI BIZZARRI

24° ANNIVERSARIO

Il 1° settembre ricorre il 24° anniversario della scomparsa di Giovanni Bizzarri, ex internato in Germania. La moglie Vienna Pinotti nel ricordarlo per la sua vita dedicata alla famiglia e al lavoro offre a sostegno del Notiziario.

REMO TIRABASSI

Il 27 settembre ricorre il 8° anniversario della morte di Zani Ivo Alì, Partigiano combattente della 178a Brigata d’assalto SAP, Divisione “Ottavio Ricci”. La moglie Marcellina, anche lei Partigiana combattente della stessa Brigata, il figlio e le nipoti, in suo onore e memoria, sottoscrivono pro “Notiziario”.

ZEFFERINO CANTARELLI

IN MEMORIA

Per ricordare il padre Zefferino Cantarelli, disperso in Russia durante la seconda guerra mondiale, la figlia Ada offre a sostegno del Notiziario.

1° ANNIVERSARIO

Il 6 giugno scorso ricorreva il 1° anniversario della scomparsa del Partigiano Sergio Rubertelli, per anni dirigente e prezioso collaboratore dell’ANPI provinciale di Reggio Emilia. Fu giovanissimo operaio alle OMI Reggiane. Dopo il bombardamento del grande complesso industriale (8 gennaio 1944) fu trasferito, con altri operai , nello stabilimento distaccato di Cocquio, in provincia di Varese; lì entrò in contatto con le forze della Resistenza locale aderendo alla 121a Brigata Garibaldi “Walter Marcobi”, col ruolo di Capo squadra. In sua memoria la moglie Giovanna Saccani e i figli offrono a sostegno del Notiziario.

8° ANNIVERSARIO

IVO ZANI (ALI)

IN MEMORIA

In memoria di Remo Tirabassi, scomparso il 28 marzo 2001, il figlio Oscar sottoscrive a sostegno del Notiziario.

SERGIO RUPBERTELLI

Il 17 settembre ricorre il 14° anniversario della morte del Partigiano combattente Raniero Gibertini “Quartino”, decorato di Croce al Merito di guerra. Lo ricordano con l’affetto di sempre il figlio Lorenzo, i nipoti Fabiana e Simone e la nuora Gloria e per l’occasione offrono al Notiziario.

MARIA CERVI

7° ANNIVERSARIO

Il 10 giugno ricorreva il 7° anniversario della scomparsa di Maria Cervi. La ricordano il marito Giovanni e Luigi Cervi. giugno-luglio 2014

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i sostenitori euro - CESARE BERNARDINI – sostegno ............................... 50,00 -TELEMACO ARLEONI – sostegno .................................... 150,00 - REDENTO BERNI – sostegno ........................................ 25,00 - BRUNO TASSELLI – sostegno ....................................... 20,00 - FAM. BACCARINI – in memoria di Guido Baccarini ....... 30,00 - MAURO POLETTI – in memoria di Bruno Manzotti e Bruna Pecchini ............................................................ 50,00 - ADA BARTOLI – in memoria del padre Martino fucilato a Pieve Modolena ........................................................... 10,00 - PAOLO VACCARI e CLAUDIO SILINGARDI – sostegno integrazione .................................................................... 20,00 - SEZIONE BAGNOLO IN PIANO – sostegno .................. 250,00 - ILEANA BACCI – sostegno ............................................ 30,00 - TERESA GIOVANARDI – in memoria del marito Marino Bertani ................................................................ 100,00 - GIORGIA GALASSI e RUFFINO GHINOI - sostegno ..... 20,00 - SEZIONE ANPI CAVAZZOLI / BETONICA – sostegno ............... 200,00 - ELSA BERTANI – in memoria del padre Ermes ............. 20,00 - ENZO BORCIANI – in memoria del padre Walter .......... 30,00 - PAOLO FERRARI – sostegno ........................................ 50,00 - VIENNA PINOTTI – in memoria del marito Giovanni Bizzarri .... 25,00 - ANNA SALSI – in memoria dei genitori Carlo e Zelina Rossi ....... 150,00 - LUCIANO CATTINI – in memoria dei genitori Oddino e Fermina Malagoli ............................................................ 70,00 - MAURIZIA COCCONI – sostegno .................................. 5,00 - IVANA CAMELLINI e RICCARDO TREVISAN – in memoria di “Gek” e “Barbara” ......................................................... 30,00 - IVAN BIGI – in memoria dei genitori ............................... 30,00 - ENRICO SPAGGIARI – in memoria di Walter Spaggiari e Iside Viani .................................................................... 100,00 - PIETRO IOTTI – sostegno ............................................. 50,00 - MARA RABITTI – in memoria di Spartaco Rabitti .......... 50,00 - LAICA BONINI (Gualtieri) – sostegno ............................ 20,00 - SEZIONE DI CANOSSA – sostegno .............................. 85,00 - FERNANDO CAVAZZINI – sostegno .............................. 30,00 - GIOVANNA BIANCHI – in memoria di Domenico Baisi “Renzo” ................................................. 15,00 - GIORGIO MASONI – in memoria di Cesare Soragni e Euride Tedeschi .................................................................... 200,00 - SIMONE GIBERTINI e fam. – in memoria di Raniero Gibertini “Quartino” ............................................ 50,00 - CARLO e STEFANIA GOVI – sostegno .......................... 25,00 - UMBERTA LOSI – in memoria di Pietro Govi “Piretto”

euro - LAILA GROSSI – in memoria del padre Emilio “Obrai” – 50,00 - GIOVANNI BIGI e LUIGI CERVI – in memoria di Maria Cervi .................................................................. 100,00 - SILVIA AGUZZOLI – in memoria di Nello Aguzzoli ......... 50,00 - ALBERTO, ELENA e GIULIANA BEGOTTI – sostegno .. 20,00 - S.P.I. – C.G.I.L. Reggio Emilia – sostegno ...................... 180,00 - IVAN ZULIANI – in memoria di Renzo Zuliani ................ 100,00 - LIDUINA TINCANI – in memoria del marito Nello Lusoli ......... 300,00 - RENZO BARAZZONI – in memoria di Marino Montanari ....... 30,00 - ANGIOLINA BERTANI – in memoria del marito Anselmo Bisagni .............................................................. 50,00 - ALESSANDRO SUCCI – sostegno ................................. 8.00 - RENZO BARAZZONI – in memoria di Ulisse Gilioli “Orazio” ....................................................... 30,00 - GINA MONCIGOLI – in memoria del padre Ennio ......... 50,00 - RICCARDO CASANOVA – sostegno .............................. 10,00 - CARMEN ALTARE SOFFICI (Milano) – sostegno .......... 100,00 - ROSSELLA e FULVIO PEDRONI – in memoria del padre Adriano “Robin” ...................................................... 150,00 - CHIARA BARIGAZZI – in memoria dei genitori ............. 100,00 - OSCAR TIRABASSI – in memoria di Remo Tirabassi .... 150,00 - CARLA MAZZIERI – sostegno ........................................ 20,00 - EMILIO GIAROLI – sostegno .......................................... 20,00 - TEOBALDO BORCIANI – in memoria del fratello Valter . 20,00 - ANTONIETTA LARI e FIGLI – in memoria di Pieraldo Campani ............................................................. 50,00 - LAURA REVERBERI CAVAZZINI – in memoria del genero Giuliano Taddei .................................................... 100,00 - VALTER MONTECCHI – in memoria di Vincenzo Branchetti ......................................................... 60,00 - SEZIONE DI BRESCELLO – sostegno .......................... 50,00 - EGIDIO FONTANESI – sostegno ................................... 20,00 - GIOVANNA SACCANI e FIGLI – in memoria del marito Sergio Rubertelli .............................................................. . 200,00 - IRENE CAMPI – in memoria del marito Giuseppe Battistessa ....................................................... 20,00 - ADA CANTARELLI – in memoria del padre Zefferino disperso in Russia ............................................................ 20,00 - SEZIONE FABBRICO – sostegno .................................. 150,00 - SISTO FERRARI – in memoria del padre Lino e della madre Edmea .......................................................... 50,00 -SEZIONE CADELBOSCO SOPRA – sostegno .................... 300,00

Nozze di diamante per il partigiano Attilio Begotti e Maria Pacchiarini Gli auguri affettuosi dei figli Auguri all’emerito Partigiano Attilio Begotti che con la moglie Maria Pacchiarini si presentano ad un appuntamento importante per la loro vita di sposi, avendo avuto la fortuna di vivere insieme 60 anni di matrimonio. Tale ricorrenza è rappresentata dalla pietra più preziosa e duratura, ovvero il diamante, che simboleggia perfettamente il legame che vi unisce da ben 60 anni. Anche la Redazione si unisce agli auguri 38

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Composizione, è l’asciutto titolo che l’Autore, Vivaldo Poli (Novellara, 1914-1982), attribuì all’olio su tela (in cui si avverte l’influenza del post-cubismo picassiano) vincitore del primo premio, nell’autunno 1945, del Concorso Arte e Resistenza, indetto dall’ANPI di Reggio Emilia. Nella stessa occasione Guerrino Franzini ebbe il terzo premio per il bronzo Liberazione, poi riprodotto in centinaia di piccoli multipli. Entrambe le opere sono conservate nella nostra sede.

70° della Liberazione 25 Aprile 2015, l’ANPI di Reggio Emilia e Istoreco organizzano una mostra d’arte collettiva sul tema della Resistenza VOGLIAMO IL TUO AIUTO Contatti: A.N.P.I. redazione@anpireggioemilia.it A.R.S. - Art Resistance Shoah artresistanceshoah@gmail.com

In occasione del Settantesimo della Liberazione, 25 Aprile 2015, l’ANPI di Reggio Emilia (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), e Istoreco stanno organizzando una mostra d’arte collettiva sul tema della Resistenza. La mostra sarà curata da Elisabetta Del Monte, da Salvatore Trapani, i due critici d’arte dell’istituto Istoreco in seno al quale coordinano il progetto ARS (Art Resistance Shoah) e da una rappresentanza della nostra Associazione. Una delle sezioni in mostra avrà il fine di raccontare la Resistenza attraverso l’opera dei partigiani stessi. Come hanno rappresentato il momento della lotta, degli ideali, del coraggio contro l’invasore nazista e i fascisti al loro fianco questi giovani artisti e partigiani? La Resistenza è il momento di vitale importanza per la Democrazia nel nostro Paese, per la sua Storia, che se è stato accompagnato da un guizzo artistico, anche documentario di alcuni partigiani, potrebbe fornire chiavi culturali e di lettura molto interessanti al progetto che ci apprestiamo a sviluppare con questa mostra del 2015. Siamo dunque in cerca di opere d’arte, che forse puoi avere anche tu a casa o ricordare della loro esistenza presso quella di amici e parenti. Le opere prestate, saranno trattate con estrema cura e rispetto e restituite ai legittimi proprietari a chiusura d’esposizione.

Ti chiediamo, di aiutarci in questa ricerca di opere, sculture, immagini; di allertare se lo ritieni la tua rete di conoscenze, per aiutarci a dare luce e onore a opere che altrimenti continueranno a restare al chiuso di mura domestiche. Ripopoleremo così quel bacino di memorie che ci apprestiamo a onorare nel 70° giubileo della Liberazione, con questa mostra destinata a diventare - anche grazie al tuo aiuto - un grande momento nel flusso del ricordo. Ti ringraziamo per l’attenzione, sperando nel tuo aiuto


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