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EDITORIALE
Piombino, Cevital e le elezioni regionali
E’
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indubbio che se questa vigilia di Natale non è stata funestata da un’angoscia nera è merito della recente firma del preliminare di vendita a Cevital della ormai Ex Lucchini. E se questo è stato possibile, non si può non ringraziare chi, dopo anni e anni di un’attesa che ai piombinesi sembrava infinita, ha finalmente deciso di avviare un cambiamento che ci ha portato ad un “italico” salvataggio al fotofinish che ad oggi ha permesso di realizzare gran parte dei lavori al porto. E con molta probabilità è il porto a -20 metri, e non la “storica tradizione siderurgica”, che ha invogliato la Cevital ad interessarsi di Piombino «Stella del mediterraneo». L’impresa algerina, grazie all’infrastruttura piombinese, potrà rilanciare le sue prospettive europee, a partire dal suo “core business” agro industriale (succhi di frutta, produzione di soia e mangimi per il bestiame e la raffinazione dello zucchero), la logistica, principalmente con l’importazione e distribuzione delle auto della Hyundai di cui è distributore per l’Europa, e per finire il settore siderurgico con la produzione di acciai speciali innovativi. A Piombino, se Cevital manterrà le sue promesse, finisce l’epoca della mono cultura industriale e si apre un futuro di grande snodo portuale e industriale che davvero potrebbe rilanciare tutta l’area e fare da traino a tutto il territorio della Val di Cornia e colline metallifere. Da oggi Governo e Regione, anche dopo le imminenti elezioni regionali per le quali Rossi sta dimostrando un insolito attivismo, dovranno impegnarsi a monitorare e verificare che Cevital mantenga i propri impegni futuri, anche perché alla stampa, ad oggi, ancora non è arrivata copia del preliminare di vendita e quindi dobbiamo affidarci a quanto uscito nella conferenza stampa di martedì 5 dicembre. Ci sono ancora punti oscuri, come la realizzazione della SS 398 e la rottamazione delle navi militari, ma finalmente si vede una luce in fondo al tunnel, e fra qualche anno, se tutto va per il verso giusto, a Piombino davvero nulla sarà più come prima. Giuseppe Trinchini
Venerdì 12 dicembre 2014, Numero 84 - Anno II Redazione Via G. Bruno 22, Piombino (LI) stampato su carta riciclata
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IL «GHETTO» DI PIOMBINO Reportage tra gli immigrati del capoluogo della Val di Cornia
P
iombino (LI) – Chaka (nome volutamente di fantasia, ndr) si rifugia dentro il cappotto primaverile che a stento lo ripara dal vento invernale che soffia su Piazza Dante a Piombino. «In tanti anni che sono a Piombino sei il primo bianco che si siede volontariamente al mio fianco su una panchina» quasi sussurra ridendo. Chaka ha 39 anni, è sposato, con cinque figli e tutta la famiglia in Senegal. «Se entro la primavera non trovo lavoro me ne torno in Africa. Qui che ci sto a fare? Sono solo, il permesso di soggiorno mi è scaduto, si spende tantissimo e abito in una stanza con altri sei compagni». Chaka non è l'unico immigrato che, complice la crisi, sta pensando di tornarsene nel paese d'origine «dove la vita è meno complicata». Rimpatri forzati, emigrazione di ritorno e non perché si è trovato il successo ma a causa del fatto che il paese che doveva aprire le opportunità sta sprofondando nella povertà e nello sconforto. «Qui ormai, di legale, non c'è più nulla da fare» mi dice Sef. Anche lui senegalese, 25 anni, lo si può vedere spesso ciondolare con una birra in mano per il centro della città e spesso nella stazione ferroviaria. «Anche se hai il permesso di soggiorno tutti ti vogliono assumere al nero, ti pagano una miseria, sempre che ci sia anche quel tipo di lavoro». Sef si prostituisce, per pochi spiccioli, a uomini e donne, all'aperto, in macchina, in casa. «Sono musulmano, queste cose non le dovrei fare ma devo pur mangiare. Non ce la faccio a rubare o a spacciare» mi confessa quasi scusandosi. continua a pagina 2
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