RiVista

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noscenza. A me interessa che qualcuno capisca o impari che questi sono gli obiettivi su cui lavoro. Se non avessi la tecnologia non avrei le informazioni da trasmettere, non riuscirei a lavorarli. Prima c’erano i torni le presse le stampe. Io ora uso altri tipi di tecnologie che mi servono per elaborare i dati e le informazioni. Può essere che la tecnologia della parola debba lasciare spazio a diversi tipi di tecnologie narrative?

Difficile parlarne perchè sono un po’ di parte. È chiaro che lavorando sulla visualizzazione e su un approccio prettamente visivo sicuramente sì. È quasi un ammissione a priori. Per me in molti casi il testo è un imput che poi lavoro per trasformarlo in qualcos’altro, spesso in delle visualizzazioni che lo interpretano e lo ritrasmettono in un altra forma. Anche se spesso non è tanto la parola in se a non esser più sufficiente ma in molti casi il modo in cui viene gestita per cui quando già si parla di scrittura lineare e scrittura non lineare si parla di qualcosa che va nella direzione che a me interessa. Ne segue che già parlando di scrittura non lineare è qualcosa che più si avvicina al concetto di complessità di una scrittura lineare. È più il modo con cui la parola viene lavorata, quindi dipende da che tipo di tecnologia si applica alla parola. La parola non ha una tecnologia, ha diverse modalità e diversi approcci, e sicuramente mi interessano tutti quegli approci che la spingono verso la complessità e il modo con cui cerchiamo di guardare il mondo. È poi chiaro che in alcuni casi non basta neanche più la scrittura non lineare e mi serve una modalità di scrittura diversa dalla parola quindi il testo non è più fatto di lettere ma di altri elementi. Quindi sì, direi che in alcuni casi ci sono dei limiti ma non sono tanto nella parola in sè ma nel modo in cui viene trattata.

“in molti casi il testo è un input che poi lavoro per trasformarlo in qualcos’altro”

In che modo i diagrammi e le infografiche sono influenzati dal contesto cultura in cui nascono e sono sviluppati? Qui dipende da cosa si intende, nel mondo in cui lavoriamo noi è abbastanza ampio ed eterogeneo, si va dalla visualizzazione quasi automatica del dato in cui le persone stesse che l’hanno generato questo mondo tendono a qualcosa che è assolutamente svincolato nel contesto per cui quelli che nascono dalla computer science e dall’ingegneria informatica pensano che il dato sia il dato e vada visualizzato nel modo più diretto e puro possibile e questo dovrebbe rendere la visualizzazione che ottieni alla fine praticamente indifferente al contesto, e tra l ‘altro anche automatizzabile percui banalmente se per esempio ho una tabella di dati e faccio un istogramma senza nemmeno il colore, nella sua versione più minimalista un po’ “alla Tufte”, in qualche modo almeno teoricamente c’è un po’ quest’idea che ci sia quasi indifferenza al contesto. Poi in realtà non lo è nemmeno molto perchè implica la conoscenza di certi linguaggi e certe modalità di rappresentazione, però diciamo un pò per semplificare un filone un po’ purista che vuole un po’ il dato indifferente al contesto per cui chiunque può essere in grado di leggere un istogramma o un diagramma a torta. Però d’altro canto ci sono secondo me tutta una serie di 42

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altri obbiettivi comunicativi e di trasferimento di conoscenza per cui non puoi non tener conto del contesto e del background della persona che hai davanti, del lettore. E questo implica che si debba lavorare su una notizia piuttosto che su un trasferimento di una conoscenza relativa ad un certo processo all’interno di una azienda, lì non posso non tener conto dei fattori di contesto, e anzi magari sono quegli elementi che possono aiutarmi a farmi accettare quel grafico e il contenuto che sto veicolando. È un mestiere un po’ più complicato perchè sicuramente devo metterci del mio, rischio di più, assumo una posizione, mi schiero rispetto al fenomeno che sto affrontando e ci aggiungo un livello che è anche mio, mi metto in gioco di più come progettista e anche designer. In certi casi ho bisogno di contestualizzare perchè la persona accetti quel grafico e decida di entrarci in relazione. Se io non gli do quell’elemento di contesto, che deve poi tener conto del suo background culturale probabilmente nemmeno lo guarda, o probabilmente lo guarda e non riesce a inquadrarlo in una visione della sua situazione o posizione nel mondo. Se non riesce a trovargli un contesto probabilmente né lo guarda né lo accetta, e allora devi essere tu a dargli un contesto, anche rischiando, e per noi è un po’ quel livello narrativo di aggiunta di elementi qualitativi al dato, che ovviamente essendo qualitativi hanno sicuramente una carica soggettiva ma in alcuni casi sono necessari proprio per rendere accessibile quel dato, per facilitarne la comprensione. In alcuni casi secondo me è inevitabile, è necessario più che inevitabile, però insomma, è sempre una lotta tra chi ti contesta perchè a quel punto comunque tu hai una tua visione di quel contesto, e quindi ti esponi a delle critiche, ad esempio anche di chi sostiene che qualsiasi elemento grafico venga aggiunto al dato è solo pura decorazione che anche infastidisce la lettura del dato, anche se poi secondo me il rischio è poi che un grafico nudo e crudo non venga nemmeno guardato, quando spesso l’obiettivo è proprio quello che gli rimanga magari non una percezione precisa del dato, non si ricorda se è 5,5 o 5,6 ma ha capito il significato o la rilevanza del dato, che in molti casi può essere abbastanza. In questo caso il dialogo con il contesto e la cultura è essenziale.

ITALIA 0,61 %

cina 1,04%

FRANCIA 1,29%

Come sta cambiando il modo di vedere i dati e gli schemi la tecnologia? Dove ci sta portando a suo parere? Francamente non lo so, anche perchè è una cosa estremamente attuale. La visualizzazione dei dati e delle informazioni è un fenomeno che sta esplodendo adesso, un fenomeno che non nasce oggi ma che oggi per una molteplicità di fattori sta trovando una sua dimensione. Una serie di convergenze, come spesso accade per le innovazioni, nascono per la concomitanza di una serie di avvenimenti, una serie di soggetti che nello stesso momento stanno prendendo in considerazione certe possibilità, per cui questo li mette in risonanza e costruisce una dinamica più diffusa. Il fatto che per esempio i giornali stiano lavorando sempre di più attraverso questi linguaggi, il fatto che le aziende incomincino molto lentamente ad avere un’idea del linguaggio visuale come forma comunicativa, il fatto che gli statistici comincino a vedere i limiti del rappresentare determinati indicatori della società solo attraverso i numeri. Ci sono tutta una serie di soggetti, di discipline e ambiti anche industriali che stanno guardando nella stessa direzione e stanno iniziando a fare le cose un po’ tutti insieme.

u.s.a. 1,92%

La spesa per R&S delle imprese in rapporto percentuale al prodotto interno lordo, 2007 Fonte:Ocse, Main Science and Technology Indicators, 2009 43


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