Bambole../Dolls...

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I bambini sono così capaci di distinguere fra le cose naturali e le cose soprannaturali, che la loro intuizione ci ha fatto pensare ad un periodo sensitivo religioso: la prima età sembra congiunta con Dio come lo sviluppo del corpo è strettamente dipendente dalle leggi naturali che lo stanno trasformando. Io ricordo una bambina di due anni, che, messa davanti ad una statuina del Bambino Gesù, disse: “Questa non è una bambola”. ( M.R. Montessori )

GIULIANO ARNALDI/ BAMBOLE.Partiamo dal nome , bambola, ragionevolmente voce onomatopeica infantile, dalla stessa radice di bambino. “L’etimologia della parola bambino sembra avere origini onomatopeiche, infatti è noto che nella primissima infanzia, le labiali B, P , M sono le prime che il bambino impara a pronunciare (vedi babbo, mamma). Ma ancora più interessante è scoprire che bambino altro non è se non il diminuiivo di bambo o di bimbo = una forma arcaica che sta per babbeo, sciocco. Evidentemente, più che l'aspetto negativo dell'accezione originaria, si voleva sottolineare l'immaturità dei fanciulli e la loro naturale incapacità ad affrontare le difficoltà della vita. Altra interpretazione etimologica, riconduce la parola bambino al greco βαμβαινω (bambaino) = balbettare che, ovviamente, ha la stessa origine onomatopeica. Secondo quest'ultimo etimo il bambino è colui che si caratterizza appunto per la tipica balbuzie di chi fa i primi passi verso il linguaggio.( etimoitaliano.it ).

Certamente, volendole ascrivere le bambole alla categorica “giocattoli” bisogna considerarle la profonda importanza che il gioco ha nello sviluppo dell’umanità. Andando indietro nel tempo il confine tra “giocattolo” e oggetto rituale diventa labile. Che fossero amuleti caricati di poteri magici oppure oggetti destinati ai bambini, si tratta comunque di manufatti destinati a trasmettere saperi e cultura, fin dalla più tenera età. Da sempre per il tramite del gioco, si impara fin dalla più a capire come funziona la società, se ne assimilano le norme, gli usi , i costumi, i valori. Valeva 28.000 anni fa nella regione della Moravia ( Repubblica Ceca ) -da cui proviene il più antico manufatto assimilabile ad una “bambola”, un piccolo manufatto antropomorfo scolpito nell’avorio di Mammut e risalente appunto al Paleolitico Superiore- vale anche oggi con le bambole prodotte in serie.

La relazione tra bambola e nascita è istintiva, e nascere è un fenomeno naturale ma non banale. Otto Rank , psicoanalista austriaco, fu tra i primi ad indagare i fenomeni psicologici che si verificano nell’individuo per il fatto stesso di venire al mondo, sostenendo che “ la nascita è un trauma, causato dall’angoscia che ogni neonato sperimenta per la separazione fisica dalla madre. Questa esperienza, definita “angoscia primaria”, costituirebbe il più importante elemento per il futuro sviluppo della persona e rappresenterebbe, anche, la maggior fonte di disturbi nevrotici nell’individuo adulto” . Posto che i giocattoli possono essere utili a sdrammatizzare aspetti angosciosi o traumatici del rapporto tra il bambino e il mondo, è evidente che la bambola mette in gioco la prima relazione umana, quella con la madre, e si presta a “simulare” il più naturale ed incisivo rapporto affettivo.

Ma studi recenti propongono approfondimenti ancora più suggestivi sul ruolo delle bambole. Uno studio dell’Università di Cardiff , basato per la prima volta sul neuroimaging - tecnologia che consente di evidenziare le aree cerebrali coinvolte durante determinati comportamenti - e pubblicato dal Developmental Science nel 2021, certifica il fatto che giocare con le bambole stimola i bambini a parlare dei sentimenti e dei pensieri degli altri. Lo studio, condotto da un team di neuropsichiatri infantili e commissionato dai produttori delle Barbie al fine di analizzare l’impatto del gioco con le bambole sui bambini , ha attivato il monitoraggio dell'attività del cervello con neuroimaging di 42 bambini - 20 maschi e 22 femmine - di età compresa tra i 4 e gli 8 anni ( con dati completi rilevati su 33 bambini) ai quali sono stati messi a disposizione play set e bambole Barbie, Durante il secondo anno dello studio, i ricercatori hanno analizzato l'importanza di ciò che i bambini dicono mentre giocano. Hanno così scoperto che quando giocano da soli con le bambole, i loro discorsi includono principalmente i pensieri e le emozioni degli altri, concetto noto come Internal State Language (ISLlinguaggio degli stati interni), in modo sensibilmente più significato rispetto a quando usano il tablet. Parlare degli stati d'animo degli altri permette ai bambini di formare le capacità relazionali necessarie nell’interazione con le persone nel mondo reale, e può avere potenzialmente effetti benefici sullo loro sviluppo emotivo generale. "Quando i bambini creano mondi immaginari e fanno giochi di ruolo con le bambole, in primo luogo comunicano a voce alta e poi interiorizzano il messaggio sui pensieri, le emozioni e i sentimenti degli altri", afferma la Dott.ssa Sarah Gerson, la ricercatrice che ha coordinato lo Studio dell’Università di Cardiff. "Questo può avere effetti positivi duraturi sui bambini, come favorire livelli più alti di elaborazione sociale ed emotiva, oltre che sviluppare capacità relazionali, come l'empatia, che possono essere interiorizzate per dare origine e consolidare

abitudini che durano per tutta la vita. Durante l'osservazione dei bambini, i ricercatori hanno rilevato un aumento dell'attività cerebrale nella regione del solco temporale superiore posteriore (pSTS) ogni volta che questi bambini parlavano come se le loro bambole avessero pensieri e sentimenti. La regione pSTS ha un ruolo primario nello sviluppo delle capacità di elaborazione sociale ed emotiva e ciò supporta ulteriormente le evidenze rilevate nel primo anno dello studio, ovvero che persino quando i bambini giocano con le bambole da soli possono sviluppare capacità relazionali fondamentali come l’empatia.” Ma c’è un aspetto ancor più rilevante: queste aree si attiverebbero anche durante il gioco individuale e nello stesso modo sia per le bambine che per i bambini, a riprova - ancora una volta - di come certi stereotipi di genere o di razza possano limitare le potenzialità dei piccoli. Fin dagli anni quaranta del secolo scorso gli Psicologi Kenneth e Mamie Clark progettarono e condussero una serie di esperimenti conosciuti come “Doll Test ” per studiare gli e ff etti psicologici della segregazione sui bambini afroamericani usando bambole . Si può dire che l’abitudine in voga fino a non molto tempo fa ( e tuttora praticata…) di regalare “soldatini” ai maschi e bambole alle femmine ha contribuito fin dalla prima infanzia a generare distorsioni profonde nella formazione della coscienza delle persone.

Oggi nuovi fenomeni potenzialmente inquietanti sono legati alla produzione contemporanea delle bambole.

Reborn Dolls

Le Reborn Dolls ( letteralmente bambole rinate ) sono bambole iper realistiche costruite in modo estremamente preciso e con materiali che simulano "perfettamente" la natura di un bambino vero. Possono essere realizzati in silicone morbido o vinile, la cui consistenza ricorda quella della pelle umana. Solo estremamente definite nel dettaglio: occhi, capelli, pelle, colore, bocca, naso, e via dicendo. La cura nei dettagli le ha fatte diventare oggetti da collezione, a vote molto costosi, ma sono usate negli ambiti più disparati. La Doll Therapy , ad esempio, è una terapia diffusa da anni che prevede l’utilizzo di bambole a scopo terapeutico, specialmente con persone affette da demenze o colpite dall’Alzheimer (Gary Mitchell et al, 2013). Più in generale l’idea è di stimolare abilità cognitive, ma anche emotive ed affettive, educare al concetto di prendersi cura e creare legami. La “fisicità” di queste bambole può attivare ricordi, sensazioni, vissuti, e riportare alla mente esperienze e consapevolezze, spesso perse in queste persone. In tempi più recenti ha iniziato a diffondersi l’uso di queste bambole in percorsi terapeutici legati ad esempio al lutto in gravidanza, finalizzati alla elaborazione di una perdita. E’ evidente il rischio connesso a simili pratiche. “Caricare” di contenuti eccessivamente realistici un oggetto non reale rischia di trasformarlo in un feticcio, intralciando un percorso interiore che ponga la soluzione di un problema dentro di se e non fuori, in un oggetto, facendo perdere il senso della realtà. In questo senso ancora una volta le Culture Primarie propongono una percorso più “umano”. Le bambole Kuna, o Namchi, non sono surrogati, non sostituiscono affetti e sentimenti ma li evocano, ci aiutano ad indagare la parte più profonda di noi stessi affinché ci aiuti a crescere, a superare gli ostacoli. Sono dentro e parte di un sistema di valori che rappresentano ma non sostituiscono. In questo senso le Gio’o Doll di Filippo Biagioli si pongono sulla stessa lunghezza d’onda fin dal nome, gio’o, che è la forma scritta della parola gioco pronunciata da un toscano che “aspira” la lettera c. Ma è un gio’o serissimo, istintivo ma mai banale o casuale, nelle forme, nei colori, nei materiali, anche perché le bambole “tribali” Biagioli le conosce bene. Vi propongo la traduzione italiana di un testo che l’artista Toscano scrisse per Detours du Monde e che potete trovare nella versione originale cliccando qui https:// detoursdesmondes.typepad.com/dtours_des_mondes/2013/09/namji-nuchu-gioohina-nagashi-the-importance-of-dolls-in-ritual-arts.html

FILIPPO BIAGIOLI / Namji, Nuchu, Gio’o, Hina Nagashi, l’importanza delle “bambole” nelle arti rituali.

Lunga secoli è la storia delle bambole. Realizzate a scopo votivo rituale, se ne trovano traccia nelle più antiche civiltà. Successivamente esse sono divenute oggetto ludico, per una sempre più diffusione di massa. Le bambole sono state costruite utilizzando i materiali più vari, come per esempio carta, cartone, legno, porcellana, lana e le più varie forme e dimensioni, il tutto teso a realizzare questi preziosi “oggetti” di svago. Ma c’è un’importanza più profonda e archetipica che avvolge l’oggetto “bambola”, un valore che supera il mero passatempo o l’essere semplicemente un oggetto di arredamento. Innanzitutto la bambola (pupazzo o bambolotto, a seconda dei materiali con cui è creata) è la raffigurazione più o

meno caricaturale dell’uomo, un legame diretto questo che fa innescare un rapporto intrinseco tra i due, quindi tra il “giocattolo” e il suo proprietario, fatto da un gioco di scambi e relazioni, nel quale il fruitore può immaginare, manifestare e concretizzare tutte le sue ansie, i suoi dubbi, le incoerenze e le paure. Le bambole dunque, si collocano di diritto come uno specchio della società, del territorio, dei suoi abitanti e della loro tradizione e ritualità. Questo filo indissolubile e rituale connette l’Africa centro – occidentale (Camerun), l’America centrale (Isole San Blas, coste Panama e interno foreste della Colombia), l’Europa del sud (Italia, area nord Toscana) e l’Asia orientale (Giappone), luoghi dove oggi vive una forte ritualità legata a queste ra ffi gurazioni. In Africa nell’area camerunese la tribù Namji realizza in legno bambole che poi verranno arricchite con perline, piume, stoffa e molti altri elementi. Il loro scopo ultimo è essere destinate alle bambine, le quali potranno giocarci e contemporaneamente ricevere da esse un influsso propiziatorio riguardante la fertilità. Tali bambole vengono battezzate con un nome, vengono nutrite e curate dalle bambine che le portano sempre con loro, creandone un dialogo ininterrotto. Tutto questo rito contribuisce a preparare la giovanissima donna Namjialla futura maternità.

Non a caso ho inserito le mie “Gio’o doll” in questo articolo, perché anch’esse, come le bambole Namji. servono per “propiziare”. Il nome delle mie creazioni deriva dalla parola “gioco” che nel dialetto della mia zona (Serravalle Pistoiese) diventa “gio’o” (con la “c” aspirata). Ho scelto questo nome perché il gioco, è da sempre parte integrante dell’essere umano in qualsiasi fascia d’età. Giocare è la maniera più facile per apprendere e per imparare a relazionarsi con gli altri e il mondo che ci circonda. Le bambole sono perfette per questo scopo. L’aspetto rituale delle “Gio’o doll” non è nell’atto finale della figura compiuta, ma è nell’atto della creazione che io eseguo al pari di un vero e proprio Mantra. Mi sento molto spesso solo, ma non una solitudine fisica di chi non ha nessuno intorno a sé, piuttosto una solitudine assoluta che per certi frangenti assume quasi l’aspetto di un doloroso “vuoto interiore”. Ciò mi crea sofferenza che fa nascere il mio continuo bisogno di calore umano. Tutto ciò lo colmo con il rituale creativo delle “Gio’o doll”. La sacralità e i gesti ripetitivi che partono con lo scegliere il legno con cui verrà realizzata la bambola, fino a divenire opera compiuta colorata e decorata, è una sorta di preghiera ripetitiva la quale ha il dono di placare il mio star male. La bambola da me realizzata ha avuto, quindi, la funzione di proteggermi dal demone della solitudine e diventa inoltre la custode del ricordo legato alla sua realizzazione, in cui durante tutte le tappe del processo non mi sono sentito solo.L’aspetto protettivo e curativo si accentua ancor di più nell’area centro americana, dove il popolo Kuna (Cuna), circa ventimila persone viventi tra le isole San Blas e l’interno delle foreste colombiane, realizza delle “Spirit doll” chiamate Nuchu. Sono costruite in legno e possono spaziare da un aspetto esteriore più semplice e istintivo fino ad uno particolareggiato e più elaborato. Mi suscita curiosità come le “Nuchu Doll” non siano realizzate da una sola persona predisposta a ciò, ma da due entità, come se la creazione di un oggetto rituale (la bambola in questo caso) sia un percorso di arricchimento tramite passa-mano all’interno di una tribù, anziché il risultato di una singola lavorazione dello sciamano (curandero, medico di medicina tribale o qualsiasi altro nome con cui vogliamo definire la guida spirituale e curativa della società tribale).

Il primo passo nel cammino realizzativo viene fatto dall’intagliatore che ne decide la forma in base alle proprie abilità, dopo di che la bambola scolpita passa al medico di zona, che ha il compito di introdurre uno “spirito” in queste figure. Lo spirito che troverà casa dentro di esse è sempre positivo, tendente al bene, non sarà assolutamente negativo, maligno o nocivo per le altre persone, poiché il valore rituale di queste bambole in legno si trova proprio nella protezione della salute del suo proprietario. E’ credenza popolare infatti, che gli “spiriti cattivi” o “maligni” entrino nel corpo della persona malata per ostacolarne la guarigione. Le bambole Nuchu servono ad impedire che tutto ciò, avvenga.

Grande importanza agli spiriti malvagi e alla salute è data dall’antico rituale dello Hina Nagashi eseguito in Giappone durante lo Hina Matsuri (Festa delle Bambole). Credenza vuole che queste bambole di carta o paglia, in due dimensioni (ma le usanze variano talvolta da regione a regione), possano attrarre e trattenere gli spiriti maligni e le malattie delle giovani donne, perciò nella giornata della Festa, c’è l’usanza di posare tali bambole lungo un corso d’acqua in modo che la corrente porti via la bambola e con essa le malattie e gli spiriti maligni accumulati durante tutto l’anno.

Lo scopo del rituale legato alla raffigurazione della bambola cambia, come abbiamo visto, da zona a zona. Il carattere di unione che lega l’importanza rituale delle varie zone però viene ritrovato nella effettiva considerazione e collocazione di questa raffigurazione umana a cavallo tra l’Umanità, il popolo che concretamente vive e calpesta la terra, e uno Spirito Superiore, tanto che quest’ultimo, trovando casa nella bambola, diventa un elemento concreto e familiare, una sorta di protettore, guardiano per chi la possiede, fino a creare così tra il proprietario e la bambola un legame indissolubile di arricchimento reciproco.

Un particolare ringraziamento a: Istituto Giapponese di Cultura – Shimogamojinja.or.jp – MAP Museo Arti Primarie –

Collezione Arte Primaria C. Felici – Daisy Triolo – Alice Borchi.

Let's start with the italian name, bambola , a reasonably childish onomatopoeic voice, from the same root as bimb. “The etymology of the word bimbo seems to have onomatopoeic origins, in fact it is known that in very early childhood, the labial B, P, M are the first that the child learns to pronounce (see papà, mamma). But even more interesting is to discover that bimbo is nothing but the diminutive of bambo or bimbo = an archaic form that stands for sucker, fool. Evidently, rather than the negative aspect of the original meaning, the intention was to underline the immaturity of children and their natural incapacity to face life's difficulties. Another etymological interpretation, brings the word child back to the Greek βαμβαινω (bambaino) = to stammer which, obviously, has the same onomatopoeic origin. According to this last etymology, the child is the one who is characterized precisely by the typical stuttering of those who take the first steps towards the language. ( etimoitaliano.it ).

Certainly, wanting to ascribe dolls to the category "toys" we must consider the profound importance that play has in the development of humanity. Going back in

time, the line between "toy" and ritual object becomes blurred. Whether they were amulets loaded with magical powers or objects intended for children, they are in any case artifacts intended to transmit knowledge and culture, from an early age. Always through the game, you learn from the most to understand how society works, you assimilate the norms, uses, customs, values. It was valid 28,000 years ago in the region of Moravia (Czech Republic) - from which comes the most ancient artefact comparable to a "doll", a small anthropomorphic artefact carved in Mammoth ivory and dating precisely to the Upper Paleolithic - it is also valid today with dolls mass produced.

The relationship between doll and birth is instinctive, and being born is a natural but non-trivial phenomenon. Otto Rank, an Austrian psychoanalyst, was among the first to investigate the psychological phenomena that occur in the individual for the very fact of coming into the world, arguing that "birth is a trauma, caused by the anguish that every newborn experiences for separation physics from the mother. This experience, defined as "primary anguish", would constitute the most important element for the future development of the person and would also represent the major source of neurotic disturbances in the adult individual" . Given that toys can be useful for de-dramatising anxious or traumatic aspects of the relationship between the child and the world, it is evident that the doll brings into play the first human relationship, the one with the mother, and lends itself to "simulating" the most natural and incisive emotional relationship.

But recent studies offer even more suggestive insights into the role of dolls. A Cardiff University study, based for the first time on neuroimaging - technology that allows highlighting the brain areas involved during certain behaviors - and published by Developmental Science in 2021, certifies the fact that playing with dolls stimulates children to speak the feelings and thoughts of others. The study, conducted by a team of child psychiatrists and commissioned by Barbie manufacturers to analyze the impact of playing with dolls on children, activated brain activity monitoring with neuroimaging of 42 children - 20 boys and 22 females - aged between 4 and 8 years (with full data collected on 33 children) who were provided with play sets and Barbie dolls. During the second year of the study, the researchers analyzed the importance of this that children say as they play. They found that when they play alone with the dolls, their speech mainly includes the thoughts and emotions of others, a concept known as Internal State Language (ISL), significantly more meaning than when they use the Tablet. Talking about the moods of others allows children to form the social skills necessary for interacting with people in the real world, and can potentially have beneficial effects on their overall emotional development. "When children create imaginary worlds and roleplay with dolls, they first communicate aloud and then internalize the message about the thoughts, emotions and feelings of others," says Dr. Sarah Gerson, the researcher who coordinated the Cardiff University Study. “This can have longlasting positive effects on children, such as fostering higher levels of social and emotional processing, as well as developing relationship skills, such as empathy, which can be internalized to initiate and consolidate lifelong habits. During Observing the children, the researchers found increased brain activity in the posterior superior temporal sulcus (pSTS) region whenever these children spoke as

if their dolls had thoughts and feelings.The pSTS region plays a primary role in development of social and emotional processing skills, further supporting the evidence from the first year of the study that even when children play with dolls on their own, they can develop key relationship skills such as empathy.” But there is an even more relevant aspect: these areas would also be activated during individual play and in the same way for both girls and boys, proving - once againhow certain gender or race stereotypes can limit the potential of children.Since the 1940s, psychologists Kenneth and Mamie Clark designed and conducted a series of experiments known as the "Doll Test" to study the psychological effects of segregation on African-American children using dolls. habit in vogue until not long ago (and still practiced ...) of giving "toy soldiers" to males and dolls to females has contributed since early childhood to generating profound distortions in the formation of people's conscience.

Today new potentially disturbing phenomena are linked to the contemporary production of dolls.

Reborn dolls

Reborn Dolls (literally reborn dolls) are hyper-realistic dolls built in an extremely precise way and with materials that "perfectly" simulate the nature of a real child. They can be made of soft silicone or vinyl, the texture of which resembles that of human skin. Only extremely defined in detail: eyes, hair, skin, color, mouth, nose, and so on. The attention to detail has made them collector's items, sometimes very expensive, but they are used in the most diverse fields.

Doll Therapy, for example, has been a widespread therapy for years that involves the use of dolls for therapeutic purposes, especially with people suffering from dementia or Alzheimer's (Gary Mitchell et al, 2013). More generally, the idea is to stimulate cognitive skills, but also emotional and affective, to educate the concept of caring and creating bonds. The "physicality" of these dolls can activate memories, sensations, experiences, and bring back experiences and awarenesses, often lost in these people. In more recent times, the use of these dolls has begun to spread in therapeutic pathways linked, for example, to mourning during pregnancy, aimed at processing a loss. The risk associated with such practices is evident. "Loading" a non-real object with excessively realistic contents risks transforming it into a fetish, hindering an inner path that places the solution to a problem within oneself and not outside, in an object, making one lose the sense of reality. In this sense, once again the Primary Cultures propose a more "human" path. Kuna or Namchi dolls are not surrogates, they do not replace affections and feelings but they evoke them, they help us to investigate the deepest part of ourselves to help us grow, to overcome obstacles. They are in and part of a value system that they represent but do not replace. In this sense, Filippo Biagioli's Gio'o Dolls are on the same wavelength right from the name, gio'o, which is the written form of the word game pronounced by a Tuscan who "inhales" the letter c. But it is a very serious toy, instinctive but never banal or casual, in terms of shapes, colours, materials, also because Biagioli knows the "tribal" dolls well. I propose the Italian translation of a text that the Tuscan artist wrote for Detours du Monde and that you can find in the original version by clicking here

https://detoursdesmondes.typepad.com/dtours_des_mondes/2013/09/namjinuchu-gioo-hina-nagashi-the-importance-of-dolls-in-ritual-arts.html

cliccando qui potete vedere la Collezione di Bambole Tribaliglobali https://www.flickr.com/photos/tribaleglobale/albums/72177720306584624

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