VIBRAZIONI - Il legame tra psiche e territorio

VIBRAZIONI Il legame tra psiche e territorio

Gaia Formigari

Giulia Gatta

Francesco Paolo Incantalupo

Fabio La Gattuta

Gabriele Minotti

Indice 3

Introduzione

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Vibrazioni spirituali

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Sinestesia suono-segno

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Vibrazioni e materia

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Dal suono alla scrittura

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I chakra

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Visibilità del suono nella fonia

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I mantra

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Vibrazioni pittoriche

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Il mantra OM

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Sperimentazioni d’avanguardia

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Il nada yoga

33

Vibrazioni e fotografia

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Vibrazioni sociali

34

Onde d’urto supesoniche

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Vibrazioni nelle relazioni sociali

36

Una città vibrante

80

La risonanza somatica

43 Il fotografo delle vibrazioni cittadine

84

Le informazioni dal corpo

86

Vibrazioni come metodo empirico

47

La fotografia del silenzio 88 Neuroplasticità

50 Vibrazioni 54

Vibrazioni nell’anima

91

Vibrazioni urbane

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Nude vibrazioni

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Monumenti vibranti

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Paesaggi sonori

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Le vibrazioni di San Lorenzo

Introduzione Nell’immaginario collettivo è quasi spontaneo pensare alla vibrazione come qualcosa di strettamente legato al mondo della fisica: dalla più attuale vibrazione di un cellulare a quella devastante del terremoto. In tal senso la vibrazione è qualcosa di invisibile che riusciamo a percepire solo sul piano tattile. Ma nell’ultimo secolo numerosi artisti e scienziati sono riusciti ad andare oltre questa concezione svelando le nuove prospettive che circondano tale termine.

Secondo il vocabolario Treccani per “vibrazione” si intende Oscillazione di ampiezza relativamente piccola, e di frequenza relativamente grande: v. sismiche; le v. di una parete; v. di un ponte al passaggio del treno; v. sonore; le v. del diapason, di una lamina metallica. Per estens., impressione di rapido movimento oscillatorio, di repentino apparire e dileguarsi causata alla vista o all’udito da varî fenomeni: le v. della voce, delle note; le v. dell’aria nelle canne dell’organo; le v. della luce.

Esplorando queste prospettive abbiamo capito quanto sia limitativa per questo termine (come indubbiamente per molti altri) un’unica associazione.

La vibrazione gode infatti di una grande attitudine all’astrazione, tanto da essere facilmente proiettabile in molti campi dell’arte: nella pittura delle avanguardie artistiche del novecento, come in nuove tecniche fotografiche e nella musica in tutte le sue forme.

Trova posto anche nella sfera della spiritualità, che non è molto distante da quella dell’arte. Spazia fino alla psicologia e alla neurobiologia, definendo il funzionamento delle relazioni umane e dei sentimenti.

La documentazione qui raccolta sarà la base di un progetto ancora più ampio che vedrà come protagonista il quartiere di San Lorenzo a Roma.

Un quartiere tanto ricco di dinamismo, di fermento artistico e sociale da risonare di tutte le forme di vibrazione qui illustrate.

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Sinestesia suono-segno

Dal suono alla scrittura La più antica unione tra suono e segno si deve ai Fenici circa 3000 anni fa con l’invenzione della scrittura fonetica, un primo alfabeto nato dall’associazione di un simbolo ad ogni suono.

L’alfabeto Fenicio si basa sul principio della acrofonia, ovvero associare un oggetto rappresentato in modo semplificato il quale nome inizia con il suono associato.

Stele di Nora e alfabeto fenicio IX-VIII sec a.C.

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La notazione è per la musica quello che la scrittura è per le parole.

Nella cultura generale, a volte, si tende a identificare la scrittura musicale con la musica stessa ma non è affatto così. Gli spartiti, le note e tutto il sistema musicale non sono altro che un metodo di memorizzazione necessario al musicista per l’esecuzione di un brano. La musica non esiste senza un generatore di suono, senza vibrazioni e soprattutto senza essere percepita dalla mente umana.

Un primo esempio lo abbiamo nella scrittura chironomica (cheirmano) che serviva ai cantori liturgici grego-

riani per ricordare il movimento della melodica (ascendente o discendente) attraverso dei semplici segni sul testo dei canti (/ o \).

Si venne poi a sviluppare un nuovo sistema di segni, detti neumi, che introdussero un primo trigramma sul quale venivano poste le note e dei primi segni per indicare la chiave, gli intervalli e successivamente le note.

Nel XIV sec. nelle corti francesi fiorirono numerosi compositori di ballate, raffinate melodie a tema amoroso, dallo stile nobile e barocco che si riversava anche nella scrittura delle partiture, ricche di ornamenti e rappresentate in forma di cuore o cerchio.

Tropario di Winchester, 1075.

Kyriale, trigramma francescano, XIV secolo.

Sinistra: Belle Bonne Sage, il cuore musicale di Baude Cordier, 1400 ca.

Destra: Tout par compas suy composés, il canone circolare di Baude Cordier, 1400 ca.

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Da oltre un millennio in occidente si utilizza il sistema neumatico, nato dall’esigenza di tramandare i canti gregoriani non solo a livello orale ma anche scritto. Con gli anni il linguaggio musicale si è sempre più perfezionato, cercando di andare sempre più incontro alle esigenze di un’arte astratta come la musica.

Nonostante la scrittura musicale sia stata, in occidente, fondamentale per Primi esempi di notazione neumatica.

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lo sviluppo di generi e forme musicali in quantità assai maggiore rispetto al resto del mondo, allo stesso tempo è stata condizionante poiché impone una sua logica precisa e limitante per cui alcune soluzioni compositive sono difficoltose o impossibili da scrivere.

Il suono appartiene alla dimensione temporale e ciò rende la musica un’arte astratta e difficile da memorizzare. Nella scrittura musicale, quindi, il tempo diventa segno affinché tutto sia misurabile e gestibile e questo è possibile grazie alla partitura in cui sono presenti i suoni che si succedono nel tempo, osservabili nella loro totalità. La musica tradizionale è basata sulla pulsazione ritmica, che rende percepibili le proporzione temporali e rende possibile la costruzione delle figurazioni ritmiche consentendo agli esecutori di mantenersi in stretta relazione temporale tra loro. La velocità di questa pulsazione era definita in maniera generica con termini come presto, allegro, moderato, largo, ecc...

Solo dalla fine del XIX secolo si è iniziato a definire un preciso bpm (battiti per minuto). Per quanto riguarda la durata delle note viene espressa con dei simboli che sono pieni o vuoti e hanno una stanghetta che, più tagli presenta più si dimezza dal valore originario. L’altezza delle note invece dipende dal loro posizionamento nel

pentagramma ottenendo una scala ascendente dal basso verso l’alto.

Altri parametri musicali come il timbro, l’intensità e la prassi esecutiva sono invece al massimo scritti a mano poiché difficilmente si può creare una scala di valori su percezioni prettamente sensoriali.

Tutt’oggi nella musica tradizionale si continuano ad usare questi canoni che difficilmente potranno essere aggiornati ed espansi ulteriormente: da qui la necessità delle avanguardie e delle nuove tecnologie di utilizzare metodi di rappresentazione diversi.

Il grande fermento innovativo delle avanguardie ha portato, nei primi del Novecento, grandi modificazioni anche all’interno del sistema musicale,

ormai saturo e impolverato. La rottura col passato più netta è stata operata dal futurismo italiano che ha portato, all’interno dell’ambito musicale, i valori fondamentali del loro manifesto; ecco quindi apparire suoni di sirene, aeroplani, cantieri industriali e folle nell’anima musicale delle composizioni, al pari di un suono armonico.

L’integrazione del linguaggio sonoro con quello visivo operata da Kandinskij e Klee, in cui il linguaggio musicale entrava nell’opera pittorica creando una corrispondenza tra segno astratto e suono dal punto di vista fenomenologico e percettivo, è stata d’ispirazione per i compositori d’avanguardia che hanno adottato la simbologia pittorica come simboli per i loro spartiti, soprattutto per composizioni John Cage, spartiti del brano Aria, 1958.

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che descrivevano solo le strutture, lasciando ampia libertà all’esecutore nella scelta dei parametri sonori.

Formalizzare le nuove idee musicali è una sfida ardua per i compositori che, nonostante si rifacciano alla scrittura tradizionale, tendono a personalizzare ed estremizzare molti simboli grafici a seconda delle esigenze personali. Altre volte la scrittura tradizionale non è per niente adatta e quindi il compositore deve creare un nuovo linguaggio grafico che possa esprimere al meglio la personale composizione; in questi Earle Brown, spartiti per November e December, 1952.

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casi, però, è necessario allegare una legenda dove sono illustrate le spiegazioni per una corretta interpretazione, onde evitare incomprensioni.

Il progredire della tecnologia elettronica porta a nuovi scenari con strumenti sempre più diversi dai classici che hanno bisogno di simboli e segni diversi per essere compresi.

La diffusione della musica su larga scala porta a rendere obsoleta la scrittura tradizionale che non tiene conto delle composizioni orientali, dei ritmi della musica africana e della musica jazz che trova il suo punto più rappresentativo nell’improvvisazione.

Il culmine di questo periodo di sperimentazione avviene negli anni Cinquanta-Sessanta con compositori come John Cage, Earle Brown e Karlheinz Stockhausen.

Il taglio netto con la scrittura musicale del passato si ha, però, negli anni 50, momento in cui nasce la musica elettronica e la musica concreta, creata partendo da suoni pre-registrati elaborati elettronicamente. Questo processo avviene soprattutto negli studi di produzione di alcune reti radiofoniche europee dove, le nuove composizioni, sono prodotte interamente in laboratorio, con l’aiuto di tecnici del suono, ed il risultato finale è registrato su nastro magnetico che ne consente la riproduzione senza aver bisogno di un esecutore fisico.

Da sempre l’approccio compositivo ad un’opera è stato di dare maggior importanza alla melodia ma, già alla fine del XIX secolo, la conoscenza maggiore del suono nel campo della fisica ha fatto capire a molti musicisti che il parametro fondamentale del suono da cui tutti gli altri sono derivati è il timbro. Questo passaggio di importanza dalla melodia al timbro è l’inizio della musica elettronica poiché il compositore, grazie ai nuovi mezzi tecnologici, può intervenire all’interno del timbro del suono e modificarlo a proprio piacimento, senza limiti di natura degli strumenti o di abilità dell’esecutore stesso.

Questo porta ad un cambiamento radicale nel modo di comporre musica e modifica la funzione della partitura.

Le prime partiture elettroniche, se pur rifacendosi alle partiture classiche, abbandonano la notazione della scrittura musicale per approdare a dei segni ed una grafica che ricordano più un’analisi scientifica del suono, attraverso diagrammi cartesiani spazio-temporali. Gli esempi più significativi da citare sono lo Studio II di Stockhausen e Incontri di fasce sonore di Franco Evangelisti.

Sylvano Bussotti, solo da La Passion selon Sade, 1966.

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Karlheinz Stockhausen, Studio II, 1954.

Franco Evangelisti, Incontri di fasce sonore, 1957.

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Con il passare degli anni, però, ci si rende conto che il problema non è più forse legato alla scrittura di una partitura, bensì alla sua effettiva funzione.

Lo spartito, nel momento in cui un compositore può gestire da solo tutti gli aspetti del suono e non ha bisogno di comunicare le sue intenzioni ad un interprete, diventa spesso schema o serie di appunti parziali per l’autore, indecifrabile e incompleto per gli altri.

Con l’avvento dei computer un compositore, oggi, può scrivere e comporre direttamente in un software, e può

decidere al momento come modificare un suono a partire dalle sue proprietà fisiche, scomporlo e rielaborarlo in una diversa soluzione.

Ecco che la funzione della partitura non è più quella di trasmettere il messaggio ad un esecutore, ma è quella di visualizzazione del suono, dalle sue componenti essenziali molto complesse e precise, raffigurazione dell’andamento della vibrazione dell’aria, alla sua struttura generale.

GyÖrgy Ligeti, spartito per Artikulation, 1968.

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Visibilità del suono nella fonia Nel corso della storia si è sempre cercato di visualizzare il suono e le sue vibrazioni e sono stati inventati metodi e strumenti che permettessero di analizzarne le sue variabili più importanti. È quindi possibile oggi analizzare un suono con vari strumenti e con il computer.

In natura esistono onde dalla forma più disparata, perché ognuna è la somma di varie onde armoniche.

L’oscilloscopio è uno strumento permette di visualizzare la forma dell’onda sonora che si propaga nello spazio attraverso una danza delle particelle d’aria in avanti e indietro.

In alto: L’onda prodotta dalla pronuncia della lettera A da tre persone diverse.

In basso: La rappresentazione delle onde sonore.

In un’onda sonora le grandezze che oscillano sono la densità e la pressione dell’aria.

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Qualsiasi voce, strumento o rumore varia nel tempo sia in frequenza che in intensità. L’utilizzo di moderni software permette di usare l’oscilloscopio nel tempo, registrando così una serie continua di picchi negativi e positivi che visualizzano l’andamento di un suono quando si pronuncia, ad esempio, una parola.

L’asse x misura il tempo mentre l’asse y misura l’ampiezza.

Mentre con l’oscilloscopio si può vedere la forma delle onde audio lo spettro consente di visualizzare le varie frequenze che compongono un’onda sonora.

Esistono vari tipi di onda: sinusoidale, triangolare, quadrata, a dente di sega.

Il sonogram è uno spettrografo che permette di visualizzare insieme le tre dimensioni della frequenza, livello sonoro e tempo su una superficie piana.

L’asse orizzontale è il tempo, quello verticale è la frequenza, mentre il livello sonoro è indicato dall’intensità del colore nel punto.

Ogni suono indica una frequenza di vibrazioni e queste possono essere confrontate tra loro matematicamente, come già Pitagora aveva scoperto studiando le relazioni tra note musicali, scale e accordi.

Per esempio queste sono le relazioni tra le note in una scala naturale Negli ultimi anni la ricerca per trasformare le frequenze sonore in forme e colori ha avuto un’enorme accelerazione con l’avvento delle sempre più sofisticate tecnologie computerizzate.

La musica è composta da note, melodie e ripetizioni ed oggi si possono creare delle static visualization di una canzone o un brano musicale, così da rappresentarli in una sola immagine, come fosse un insieme di dati da visualizzare in un’infografica.Nei learning games invece vengono riprodotte immagini mentre si suona una chitarra o un pianoforte che aiutano nell’apprendimento. Si stanno anche sviluppando, attraverso l’animazione 3d, animated instruments, ovvero “Narratives 2.0”, static visualization di Matthias Dittrich di We will rock you dei Queen, 2008.

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“The shape of a song”, static visualization di Martin Wattenberg delle Quattro Stagioni di Vivaldi, sopra Autunno e sotto Estate, 2001.

strumenti virtuali che si possono far suonare. Molto spettacolare è poi l’uso dei media player che trasformano nei modi più immaginifici le frequenze sonore per proiettarle sui mega schermi dei concerti o feste live.

Un modo più comune di visualizzazione della musica è l’abstract visualization che consente di accompagnarne l’ascolto con degli oggetti astratti in movimento. Basta applicare alle frequenze sonore o all’andamento della forma d’onda un particolare effetto video.

Sono molti i tools che utilizzano la grafica 2d o 3d a questo scopo: VSXu è una formidabile piattaforma su internet basata su OpenGL che mette in contatto artisti, designer e programmatori per creare effetti grafici in Real-Time; Processing è un programma di grafica generativa che permette di creare forme legate all’andamento musicale; Arena è un software per il video mixing; gli effetti possono essere legati al ritmo della musica o alle frequenze audio.

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Le onde oscillatorie divengono immagine, composizione grafica ed artistica ad esempio nell’album Unknown Pleasures dei Joy Division. La copertina del disco, realizzata dal grafico Peter Saville, trasmette immediatamente il senso della vibrazione e dell’oscillazione delle onde sonore.

L’immagine, tratta dal libro The Cambridge Encyclopedia of Astronomy, rappresenta una serie di pulsazioni elettromagnetiche prodotte da una pulsar chiamato CP 1919, cioè la prima pulsar mai scoperta.

Copertina dell’album Unknown Pleasures dei Joy Division, progettata da Peter Saville, 1979.

In basso: Le pagine originali di The Cambridge Encyclopedia of Astronomy.

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Vibrazioni pittoriche La relazione fra suono e colore venne studiata già dagli antichi Greci che costituirono una scala di sette colori in relazione alle sette note musicali (e ai sette pianeti).

Il primo pittore ad occuparsi del rapporto tra suono e colore è stato Giuseppe Arcimboldi nel 1550 ca, partendo dal sistema pitagorico delle proporzioni armoniche di toni e semitoni creò una corrispondente scala cromatica.

Nel XVII secolo Newton analizzò lo spettro della luce e correlò le note musicali ai colori, attraverso un’analogia tra fenomeni acustici ed ottici, sette colori arcobaleno e sette note.

Scala di valori cromatici di Giuseppe Arcimboldi, 1550 ca.

Destra: Cerchio cromatico di Newton sulla corrispondenza luce, colore e suono, 1672.

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Ad un aumento delle frequenze di oscillazione della luce nello spettro cromatico, dal rosso al violetto, fece corrispondere un aumento delle frequenze di oscillazione del suono nella scala diatonica maggiore.

Nel 1700 Louis-Bertrand Castel studiò le teorie di Newton e sviluppò un sistema che mettesse in relazione direttamente nota e colore. Nacque così il clavicembalo, uno strumento in grado di trasformare le note in colori per far vedere la musica ai privi d’udito. Premendo un tasto del clavicordo apparivano sopra di esso dei piccoli pannelli con colori pre-impostati in base al suono emesso. I colori corrispondevano alle note della scala diatonica partendo dal Violetto per il Do sino al Porpora per il Do acuto.

Molti compositori si sono poi ispirati ai principi di questi studiosi, ad esempio Clément Duquesne ha creato un clavicordo digitale rappresentando ogni nota musicale con una macchia di colore più o meno intensa nel suo video “Allegro And The Color”.

Caricatura di LouisBertrand Castel mentre suona il clavicembalo oculare, 1750 ca.

Sinistra: Le teorie sul colore illustrate da Louis-Bertrand Castel messe a confronto con quelle di Newton, 1740.

In basso: Frame del video Allegro And The Color di Clément Duquesne, 2009.

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“È chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima...Il colore è il tasto, l’occhio il martelletto. L’anima è il pianoforte dalle molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, mette preordinatamente l’anima umana in vibrazione [...] Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita. Sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si mescolavano; era un’esperienza misteriosa; sorpresa nella misteriosa cucina di un alchimista.”

Vasilij Kandinskij - Lo Spirituale nell’Arte Fra gli artisti che hanno applicato alla pittura i propri studi sulle vibrazioni, le onde sonore e il suono non si può non menzionare Vasilij Kandinskij. Nato a Mosca nel 1866 è stato precursore e fondatore della pittura astratta, con un particolare atteggiamento sinestetico tra colori e suoni che gli stessi trasmettono.

Vasilij Kandinskij nel suo studio.

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Nel 1912, il pittore russo, pubblica Lo Spirituale nell’Arte, un libro che ricorda un testo filosofico e in cui analizza il rapporto tra colore e forma, differenziandosi dai precedenti testi in cui si indagava lo spettro cromatico, e ponendo l’attenzione sulle proprietà emozionali che i colori stessi hanno insiti nella loro natura: tutto ciò che conta è la risposta dell’anima.

Sullo spettatore il colore può causare due percezioni distinte: l’effetto fisico, più superficiale e relegato alla visione immediata del quadro; l’effetto psichico generato dalla vibrazione spirituale attraverso cui il colore raggiunge lo spirito e l’anima.

I colori hanno quattro “suoni” possibili che possono essere, come in una sinfonia, mischiati tra loro: caldo, freddo, chiaro e scuro.

Kandinskij sente e vede i colori, il movimento del colore è una vibrazione che tocca le corde dell’interiorità

e, grazie a questa intuizione, il pittore ci fornisce una straordinaria metafora in cui ogni colore è associato ad uno strumento musicale.

Il giallo è follia ed energia prorompente, attraente ed irrazionale; viene assimilato alla tromba durante l’esibizione di una fanfara.

L’azzurro è il blu che tende ai toni più chiari, è distaccato, lontano ed è paragonabile al suono di un flauto. Inoltre il blu scuro viene paragonato al suono di un organo. Il blu è il colore del cielo, è profondo ed in genere è associato al suono del violoncello.

Il rosso caldo, vitale, irrequieto, vivace,

energico, è consapevole e può essere canalizzato. Più è chiaro e tendente al giallo, più ha vitalità, energia. Più è profondo e più è meditativo; viene paragonato al suono di una tuba.

L’arancione esprime energia, movimento, e più è vicino alle tonalità del giallo, più è superficiale; è paragonabile al suono di una campana o di un contralto.

Il verde è assoluta immobilità in un’assoluta quiete, è una quiete appagata che appena vira verso il giallo acquista energia, giocosità. Con il blu diventa pensieroso, attivo. Ha i toni ampi, caldi, semigravi del violino.

Vassily Kandinskij, Giallo, rosso, blu, 1925.

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Il viola, come l’arancione, è instabile ed è molto difficile utilizzarlo nella fascia intermedia tra rosso e blu. È paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto.

Il marrone si ottiene mischiando il nero con il rosso, ma essendo l’energia di quest’ultimo fortemente sorvegliata, ne consegue che esso risulti ottuso, duro, poco dinamico.

Il grigio è l’equivalente del verde, ugualmente statico, ma mentre nel verde è presente l’energia del giallo che lo fa variare verso tonalità più chiare o più fredde facendogli recuperare vibrazione, nel grigio c’è assoluta mancanza di movimento.

Il bianco è dato dalla somma di tutti i colori dell’iride, ma è un mondo in cui tutti questi colori sono scomparsi, di Vassily Kandinskij, Alcuni Cerchi, 1924.

fatto è un muro di silenzio assoluto, interiormente lo sentiamo come un non-suono. Tuttavia è un silenzio di nascita, ricco di potenzialità; è la pausa tra una battuta e l’altra di un’esecuzione musicale, che prelude ad altri suoni.

Il nero è mancanza di luce, è un non-colore. È un silenzio di morte; è la pausa finale di un’esecuzione musicale, tuttavia a differenza del bianco fa risaltare qualsiasi colore.

L’astrattismo di Kandinskij arriva in una fase nuova per l’arte e per il panorama artistico europeo e dà l’avvio alle sperimentazioni delle avanguardie che si diffondono in tutto il vecchio continente. Egli affermava che: “Mai negli ultimi tempi le arti come tali si sono trovate tanto vicine le une alle altre quanto in quest’ultima fase della svolta spirituale.”

In effetti la musica è l’unico tra i linguaggi artistici che non ha la funzione di “rappresentare” e che si esprime in forme strutturalmente astratte. La nuova affinità con i linguaggi visuali apre scenari mai visti prima, oltre a sperimentazioni nella scrittura musicale che vedranno il loro massimo apice negli anni 50 del novecento.

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Sempre più di frequente molti pittori chiamano le loro opere con nomi “musicali”: Nocturne, 1911, di Frantisek Kupka; Forma Rumore, 1913, di Giacomo Balla; Victory Boogie-Woogie, 1943, di Piet Mondrian.

Interessante anche l’interpretazione scultorea di Henri Nouveau che, nel 1928, cerca di riprodurre nelle tre dimensioni la fuga in mi bemolle minore di Johann Sebastian Bach.

Per quanto riguarda la trascrizione musicale, Paul Klee, durante le sue lezioni del 1922 al Bauhaus, propone un nuovo metodo figurato che risulterà essere molto simile a quello dei compositori sperimentali degli anni 50 del novecento e in cui avviene la trasformazione di una frase musicale in segni.

Sempre nell’ambito del Bauhaus, Laszlo Moholy-Nagy, nel 1924, crea il

Mechanische Exzentrik, un abbozzo di partitura in cui sintetizzava la forma, il movimento, il suono e la luce di una performance teatrale.

Henri Nouveau, Trascrizione plastica della fuga in mi bemolle minore di Johann Sebastian Bach, 1928.

Paul Klee, Rappresentazione figurata di una frase a tre voci di Johann Sebastian Bach, 1922.

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Sperimentazioni d’avanguardia Laszlo MoholyNagy, Mechanische Exzentrik, eine Synthese von Form, Bewegung, Ton, Licht (Farbe). Partiturskizze, 1924.

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Nei primi anni del 900 gli strumenti musicali cominciano ad assumere forme diverse, vengono introdotte pedaliere e pistoni che incrementano in maniera notevole la meccanizzazione della musica. La possibilità di creare nuove macchine che producessero suoni diversi apre scenari impensabili fino a quel momento.

La conseguenza pratica del fenomeno si ha nel 1913, quando l’italiano e futurista Luigi Russolo mette a punto l’Intonarumori. Seguono l’arco enarmonico nel 1925 e il rumorarmonio nel 1929. Nello stesso periodo vengono inventati anche strumenti per il suono elettronico e sintetico: nel 1920 il sovietico Lev Teremin crea lo strumento omonimo, mentre nel 1928 Maurice Martenot realizza l’onde martenot.

In contemporanea la musica classica veniva sempre più influenzata dal nuovo clima sperimentale: nel 1927 si assiste alla nascita di Parade di Satie, in cui tra gli strumenti classici viene inserita una macchina da scrivere e la composizione Ballet Mécanique di George Antheil in cui fanno capolino incudini, eliche d’aeroplano, campanelli elettrici, trombe d’’automobili e sedici pianole.

Tra le sperimentazioni sinestetiche più interessanti e importanti del periodo, non si può non citare l’invenzione dell’Optafono da parte del

fisico britannico Edmund Edward Fournier d’Albe, uno strumento che convertiva la luce in suono e pensato per l’orientamento e la lettura da parte dei ciechi: un fascio di raggi luminosi, riflesso dai caratteri tipografici che attraverso una cellula di selenio veniva da questa trasformata in suoni; il dadaista berlinese Raoul Hausmann formulò l’ipotesi di una nuova musica non strumentale ma basata sull’uso artistico dell’Optafono.

La ricerca e la sperimentazione nell’arte sinestetica è andata avanti per tutto il XX secolo in modi sempre diversi e creativi che, spesso, sono dipesi dalla tecnologia e dalla tecnica

raggiunti negli anni: si può citare lo spettacolo Farbenlicht-spiele (spettacolo di colori e luci) realizzato nel 1923 nell’ambito del Bauhaus da Hirschfeld-Mack e Kurt Schwerdtfeger; Polytope de Cluny, del compositore Iannis Xenakis che nel 1972 a Parigi mischia laser, luci, specchi e suono elettronico; una serie di spettacoli realizzati tra il 1972 e il 1979 dal gruppo di lavoro Altro in cui la sinestesia suono-immagine è stata oggetto continuo delle rappresentazioni con l’apporto di vari compositori; Sinergy, 1975, di Walter Branchi, pezzo eseguito secondo una partitura visiva per trombone, luci e due mimi.

Luigi Russolo, Intonarumori, 1914.

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Un grande pittore fortemente influenzato dalla musica nella sua arte è stato il già nominato Paul Klee.

A differenza di Kandinskij, il suo atteggiamento è lontano da quelle riflessioni teoriche che vedevano nell’essenza della musica la condizione di immaterialità e astrazione cui aspirare, attribuendole quindi uno statuto di superiorità rispetto all’arte pittorica.

Soprattutto negli anni giovanili, rifacendosi a Goethe, non condivide il pensiero di molti artisti per cui esisterebbe un’analogia fra i due ambiti del colore e del suono. La scelta di temi e titoli musicali per molte delle sue

La macchina per cinguettare, 1922.

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opere di questo periodo si origina dal suo forte amore per la musica; in questi dipinti emerge un carattere prevalentemente privato ed emozionale ed essi presentano una corrispondenza esplicita tra titolo e contenuto; ne è un esempio “Musicista” del 1937.

A volte Klee sembra trattare in modo umoristico alcuni tipi di sperimentazione della musica a lui contemporanea, come ad esempio nel dipinto “La macchina per cinguettare” del 1922 che pare uno scherzoso riferimento agli strani congegni per riprodurre suoni e rumori progettati in ambito della musica sperimentale.

In altri quadri il mondo della musica non compare nei titoli, ma emerge sul piano stilistico dell’opera come mimetismo della grafia musicale. Sopra il pentagramma Klee si diverte a riprendere il segno di fermata trasformandolo nell’occhio di Beethoven, come in “Sguardo dal rosso” del 1937.

Utilizza inoltre altri elementi della notazione musicale, come ad esempio il segno di gruppetto (la S rovesciata).

Il livello espressivo di questi simboli si basa sulle loro proprietà formali e sintattiche; essi sono vuoti da un punto

di vista semantico, vengono usati nel loro valore puramente segnico, come forze figurative in gioco con altre forze.

Negli scritti e titoli di Klee ricorre spesso il concetto di polifonia, intesa come simultaneità, e non come riferimento stilistico preciso all’ambito della musica.

Secondo Klee, il tempo costituisce la condizione dell’essere della musica; la pittura invece assorbe il tempo nel proprio fare, superandone lo scorrere lineare attraverso la simultaneità di più punti di vista. Un’immagine può rendere percepibile il divenire temporale, che può essere invece semplicemente vissuto, ma non afferrato, nell’ascolto di un brano musicale.

Sguardo dal rosso, 1937.

Sinistra: Musicista, 1937.

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La musica riesce in parte a sfuggire a questa condizione di inafferabilità mediante la polifonia che, introducendo una strutturazione verticale, apre uno spazio in cui è possibile la contemporaneità di più temi autonomi. È nei Diari che troviamo la descrizione più estesa ed esplicita del concetto di polifonia pittorica.

“La pittura polifonica supera la musica, in quanto qui il tempo è qualcosa di più che uno spazio.

Bianco olifonicamente incornicaito, 1930.

Destra: Fuga in rosso, 1921.

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Il concetto della contemporaneità vi si manifesta più intensamente.

Per rendere evidente il tempo a ritroso che concepiscono nella musica, richiamo l’attenzione sull’immagine riflessa nei vetri di una vettura tramviaria in corsa”.

“Fuga in rosso” del 1921 è forse una delle opere che meglio esemplificano la possibilità, in pittura, di compiere quel ‘movimento a ritroso’, capace di superare la dinamica temporale del semplice movimento per condurre nel regno di una dinamica superiore.

Un altro esempio del rapporto tra musica e colore, suono e luce lo troviamo nel musicista Thomas Wilfred.

Soprattutto conosciuto per la sua Musica Visuale, da lui chiamata Lumia e per il suo organo colorato chiamato Clavilux, cominciò nel 1905 i suoi esperimenti con pezzi di vetro colorato e sorgenti di luce. A New York nel 1919 fondò un movimento artistico dedito alla ricerca spirituale attraverso le moderne espressioni artistiche.

Coniando il termine Lumia egli fu il primo a parlare della luce come vera e propria forma d’arte ed in modo totalmente astratto. Otteneva effetti di movimenti grazie all’inserimento di filtri che gli permettevano di proiettare delle forme geometriche in movimento su di uno schermo.

Il più famoso dei suoi strumenti per la produzione della musica colorata fu il Clavilux, sviluppato nel 1922. Il clavilux fu presentato al pubblico dopo ben 10 anni di sperimentazione. Esso impiegava sei proiettori con un elaborato meccanismo di prismi che potevano inclinarsi o ruotare su qualsiasi piano intorno ad ogni fonte di luce.

L’intensità della luce variava attraverso sei reostati azionati manualmente.

La selezione delle forme geometriche, invece, dipendeva da un ingegnoso sistema di dischi controbilanciati.

Thomas Wilfred al Clavulix, 1922.

In basso: Parte dei proiettori del Clavulix aperto e chiuso per la performance.

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Una menzione speciale va al compositore Alexander Skrjabin, considerato da molti il più grande compositore simbolista russo.

Skrjabin venne fortemente influenzato dalla sinestesia e dal rapporto fra suono e colore, il quale trova il suo culmine nel 1910 con l’opera musicale Prometheus – Poema della fiamma.

Il titolo rimanda al personaggio di Prometeo, colui che rubò il fuoco agli dei per donarlo all’umanità.

Oltre al colore è proprio la luce a giocare un ruolo fondamentale nell’opera, essa è lo strumento musicale principale che, alimentando ed essendo alimentata dal suono, crea forte impatto emotivo.

“Nel Prometheus ho inizialmente cercato una sorta di parallelismo, che rafforzasse gli effetti sonori attraverso delle impressioni di luce, ma ora questo non mi basta più! I contrappunti di luce sono per me ora assolutamente necessari.

La luce procede in accordo con la sua melodia, e il suono allo stesso modo. […]

Si verifica anche questa possibilità: la linea melodica parte in una forma artistica ma finisce in un’altra, quasi configurando un’orchestrazione in cui un tema arieggiato ad esempio dal clarinetto può essere ripreso e concluso dai violini.[…] Così la melodia può partire dai suoni ma continuare in una sinfonia di linee luminose.”

Skrjabin associò ad ogni nota o tonalità un preciso colore ed anche un particolare sentimento: Do Rosso Volontà Sol Arancione Gioco creativo Re Giallo Gioia La Verde Materia Mi Azzurro Chiaro Sogno Si Blu o Blu Perlaceo Contemplazione Fa# Blu Lucente o Viola Creatività Re b Viola Volontà (dello Spirito Creatore) La b Lilla Movimento dello Spirito nella materia Mi b Grigio Acciaio Umanità

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Si b Rosa o Bagliore Metallico Avidità (desiderio smodato) o entusiasmo Fa Rosso Scuro Differenziazione della Volontà Skrjabin immaginava che durante l’esecuzione della sinfonia tutto lo spazio intorno al pubblico sarebbe stato invaso dal colore.

Nel 2010 la compositrice Anna Gawboy ha realizzato una performance visiva e musicale basata sul Prometheus di Skrjabin. L’esibizione è documentata nel video Scriabin’s Prometheus: Poem of Fire.

Copertina del Prometheus di Skrjabin dipinta da Jean Delville, 1907.

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Vibrazioni e fotografia

Onde d’urto supersoniche Vengono definite onde d’urto quelle superfici di discontinuità di una corrente supersonica attraverso le quali si manifesta una brusca variazione di velocità, sia in intensità sia in direzione, e un repentino aumento di pressione, densità e temperatura.

L’onda d’urto è ritenuta una superficie di discontinuità per queste grandezze a causa dello spazio esiguo e della rapidità dell’evento.

Nel caso dei velivoli possono udirsi due o tre bang a brevissimo intervallo l’uno dall’altro, dovuti al raggiungimento del Mach critico prima da parte della fusoliera e successivamente dell’ala e del piano di coda.

Foto di un aereo supersonico, capace di rompere il muro del suono con la sua velocità.

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Nel volo orizzontale supersonico continuo le onde d’urto si estendono fino al suolo per cui il tuono sonico, percepito anche come una violenta raffica, è avvertito in corrispondenza di tutta la traiettoria seguita dal velivolo.

In base al tipo di deflusso supersonico (mono, bi o tridimensionale) ed alla forma dell’ostacolo, l’onda d’urto può essere, rispetto alla direzione del moto: normale o obliquo.

A gennaio del 2020 sono state catturate, per la prima volta, le immagini del boom sonico generato dalle onde d’urto di due jet supersonici in volo.

Grazie all’uso della strioscopia nelle foto si possono vedere chiaramente le onde d’urto fondersi che viaggiano, increspando l’atmosfera, e i cambiamenti di pressione prodotti quando il jet supera la velocità del suono. E’ quello il momento in cui a terra viene percepito il cosiddetto “boom sonico.”

La NASA, infatti, ha testato con successo un’avanzata tecnologia fotografica “air-to-air” in volo, catturando le primissime immagini, in assoluto, dell’interazione di onde d’urto di due aerei supersonici.

Il sistema sarà utilizzato per acquisire dati cruciali per confermare progetti come quello dell’X-Plane: ossia dei velivoli che, pur mantenendo assetti supersonici, produrranno onde d’urto in modo da provocare quello che sembrerà un “lieve brontolio”, invece del solito “boom sonico“. La capacità di poter volare a tali velocità in modo più silente potrebbe, un giorno, portare all’innalzamento delle attuali restrizioni a cui sono soggetti i velivoli supersonici vicino la terraferma.

Le immagini rappresentano due T-38 della scuola di pilotaggio dei test aeronautici degli Stati Uniti, che volano in formazione a velocità supersoniche. I T-38 stanno volando a circa 30 piedi di distanza l’uno dall’altro (circa 9m). Con eccezionale chiarezza, si vede il flusso delle onde d’urto di entrambi gli aerei e, per la prima volta, l’interazione tra i due fronti d’onda compressi può essere vista chiaramente durante il volo.

La strioscopia è una metodica fotografica, che permette la visualizzazione delle vibrazioni prodotte nell’aria quando esse vengono compresse dal passaggio di un solido.

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Una città vibrante Il fotografo e architetto francese Laurent Dequick da qualche anno lavora ad un progetto in cui fotografa le strade e i posti più conosciuti delle principali città del mondo, da Berlino a Londra, da New York ad Hong Kong, in modo da rendere visibile la natura frenetica di questi luoghi.

Foto scattata a Fan Yun StreetHong Kong.

Il progetto fotografico di Dequick, chiamato “Vibrazioni urbane”, riesce a catturare il trascorrere del tempo e il movimento perpetuo delle attività urbane: ogni immagine è una sequenza di fotografie multiple, sovrapposte per riflettere visivamente il caos e la congestione delle grandi città.

Dequick definisce il suo lavoro “una riflessione sulla città contemporanea e più in particolare sulla proliferazione dello spazio urbano moderno” e ha motivato la scelta di realizzare queste “immagini vibranti” per non lasciare fuori nessuno dei protagonisti della vita urbana: “le strade, le luci, i rumori, il traffico, il movimento dei pedoni, l’insieme degli odori, sono tutti così coinvolgenti che nessuno scatto singolo può catturarli interamente.

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Foto scattata a Bangkok.

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Foto scattata al Cloud Gate-Chicago

Foto scattata a Chicago.

Foto scattata a Dusseldorf.

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Foto scattata a Flatiron-NewYork (immagine a sinistra).

Foto scattata a Concert HallLos Angeles (immagine a destra).

Foto scattata a San Fracisco.

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Foto scattata ad Amsterdam

Il fotografo delle vibrazioni cittadine Daido Moriyama nasce ad Osaka nel 1938. Fin da piccolo si appassionò alla fotografia, scelta che lo portò a diventare un fotografo professionista, diventando uno dei maggiori esponenti al mondo nel suo campo.

Inoltre, i suoi scatti sono caratterizzati dall’utilizzo di una macchina fotografica compatta e sempre in continuo movimento. Lo scopo di Moriyana è quello di mettere in comunicazione i sensi di un artista visivo con l’enigmatica natura della città generando attraverso l’esperienza corporea sentimenti totalmente soggettivi.

Viene considerato come uno dei fotografi internazionali maggiormente capaci di attivare questo “meccanismo della sensibilità percettiva”.

Uno dei metodi fondamentali per poter rappresentare visivamente la complessa struttura di una metropoli è quello dell’attraversamento.

Lo spostamento fisico tra luoghi, strade, viali, locali, negozi, giardini si configura come una sorta di procedimento estetico, anche se a lui non interessa il concetto di bellezza quanto sugli effetti, sulla sua mente, generati dall’esperienza sensoriale.

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Le sue fotografie colpivano per l’enorme potere emotivo, fortemente evidente grazie ad un bianco e nero contrastato e ad un leggero micro mosso, e per il suo approccio quasi intimo con i suoi soggetti.

La scelta di questa combinazione cromatica nasce dal desiderio di voler mostrare, in maniera totalmente veritiera, le sensazioni che egli prova quando osserva e analizza le vibrazioni e le pulsazioni che muovono la società e i suoi individui, tramettendo un’idea della città ai due opposti, intima ed estrema, lineare e contrastata.

Daido Moriyama, ShinjukuCourtesy Simon Lee Gallery and Taka Ishii Gallery.

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Grazie al suo sguardo curioso e non convenzionale, l’artista indaga alcune realtà della città che nascondono sempre e comunque qualcosa. Lo scorrimento di segni visuali e cromatici proposti da Moriyama diviene, così, un intreccio ossessivo, quasi estremo, di pieghe del mondo che celano sviluppi ulteriori e aree imprevedibili.

I temi affrontati da lui sono sostanzialmente quelli che compongono la sua poetica da sempre: la raffigurazione vibrante ed estremamente vitale dell’esistenza pulsante di una società che trova la sua naturale collocazione nel caos della città.

Daido Moriyama, Kariudo (Hunter)Courtesy Reflex Amsterdam.

Daido Moriyama, Provoke-Courtesy Bruce Silverstein.

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Daido Moriyama, Another Country in New York-Courtesy Reflex Amsterdam.

Daido Moriyama, Night Shinjuku, Tokyo.

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La fotografia del silenzio Il progetto Palm Mute di Giuditta Martinicchio, nasce come ricerca fotografica basata sulla mancanza ti uno dei cinque sensi: l’udito. L’idea era di rendere questo progetto privo di suono, ovattato, lento, ma non statico e pieno di vibrazioni.

Palm Mute è “sinonimo” di sordità, un handicap invisibile a molti, ma non

muto, dove sono le immagini a comunicare. Singolarmente ogni scatto racchiude un punto di domanda nelle sue trame, quasi un sussurro di riflessione. Tutto il concetto di partenza di Giuditta, si basa sul pensiero di come sia possibile esprimersi senza avere a disposizione tutti i canali che il corpo umano offre.

Cosa vorrei trasmettere con questo progetto? Sicuramente portare il fruitore a porsi una domanda, cosa proverebbe in mancanza del suo udito? Per farlo scelto immagini attraenti delicate che al loro interno portano sempre qualcosa di sottile che non và, questo perché la mancanza di udito è invisibile al primo sguardo, ci vuole un secondo terzo sguardo più attento per riconoscerlo.

Giuditta Martinicchio Di seguito una fotografia del progetto Palm Mute. (continuano nelle pagine successive)

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Vibrazioni Carlo D’Orta nella serie di fotografie chiamata “Vibrazioni” ribalta il legame di contrapposizione tra realtà e finzione, tra vero e artificiale, riuscendo allo stesso tempo tempo a connetterli fra loro. Le fotografie sono state scattate ad una serie di facciate di edifici contemporanei, che grazie alle loro superfici specchiati ci danno la possibilità di riflettere su cosa è la fotografia, ovvero la capacità di analizzare e raccontare in un singolo scatto, un insieme di emozioni.

Le immagini hanno dei colori molto intensi e saturi, con la ricerca dell’efVibrazione-FA-12, dalla serie“Vibrazioni”.

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fetto di riflessione nell’ambiente circostante generano una realtà parallela, proiettando oltre che l’oggettività (in questo caso gli edifici e l’ambiente intorno ad essi), una rappresentazione in equilibrio tra l’astrazione ed il metafisico.

Con il titolo “Vibrazioni”, D’Orta sottolinea l’importanza dello spostamento da un dato reale e un’emozione, esprimendo attraverso l’immagine fotografica, la necessità di un rinnovamento dello sguardo, come percezione che trascenda il soggetto concreto per divenire pura visione.

Vibrazione-FC-17, dalla serie“Vibrazioni”.

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Vibrazione-FA-12, dalla serie“Vibrazioni”.

Vibrazione-FA-12, dalla serie“Vibrazioni”.

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Vibrazione-Bologna, dalla serie“Vibrazioni”.

Vibrazione-FB-31, dalla serie“Vibrazioni”.

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Vibrazioni nell’anima In questo progetto, nato e completato tra l’inverno e la primavera del 2013, Federico Moschietto ha cercato un soggetto che fosse semplicissimo e nello stesso tempo molto comune e visto. I pioppeti gli hanno dato la base per realizzare l’idea di rendere la cosa più comune un elemento di astrazione. Far perdere l’identità fisica e trasformare la luce che entra fra questi alberi in vibrazioni, rendendolo un soggetto “artistico”.

Tutte le fotografie presenti in queste pagine affiancate fanno parte del progetto Vibrazioni visive e dell’anima.

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Nude vibrazioni Le vibrazioni fotografiche possono essere scaturite non solo attraverso degli scatti, che possono essere più o meno emozionali, ma anche da tutte le reali conseguenze che una foto può sollecitare. Il più famoso fotografo, che con i suoi scatti, riesce a creare questo “movimento” è Spencer Tunick, diventato celebre per i suoi scatti che ritraggono soggetti nudi in contesti urbani o paesaggistici.

Lui crea grandi scenografie collettive, con shooting realizzati in tutto il mondo, arrivando ad un massimo di 18mila persone a Città del Messico.

Tanto per cominciare, si addolora l’impegno di uno dei suoi più importanti fascino: l’effetto della sorpresa.

Performance fotografica di Tunick all’Opera di Sidney, con la presenza di più di 5000 corpi nudi.

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È impossibile convocare centinaia o migliaia di persone senza trovare un accordo su dove e quando, e questi non possono essere tenuti segreti.

Con l’ulteriore conseguenza che le autorità non solo devono essere informate, ma devono anche prestare la loro collaborazione, soprattutto perché ci sono foto da fare, che richiede la logistica preparatoria necessaria.

Spencer Tunick è stato avvertito: all’inizio, quando lavorava ancora su scala modesta, ha avuto più volte scontri con le autorità e ha persino dovuto passare del tempo in prigione.

Basta confrontarsi con il nudismo o il naturismo: quando tutti sono nudi, il nudo è privo del suo fascino.

Il fatto che ogni singolo individuo sia “arte”, ha reso possibile che nel frattempo migliaia e migliaia di mortali, che forse volevano, ma non hanno osato rompere la fatica quotidiana procedendo all’atto trasgressivo delle striature, potrebbe indulgere in massa in questi piaceri proibiti con la buona coscienza di aver preso la loro parte in una nuova rivoluzione nell’arte oppure essere diventati sculture viventi stessi, e di essere così immortalato da un artista.

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Il mare di corpi blu di Tunick-Hull(UK)

Vibrazioni spirituali

Vibrazioni e materia Tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta delle “good vibes”, le vibrazioni positive che qualcosa o qualcuno ci trasmette e che possono cambiare il nostro stato d’animo. Può essere difficile da credere, ma queste vibrazioni non sono solo un clichè dei post di instagram o un’invenzione fantascientifica della filosofia orientale, bensì una realtà di cui noi stessi facciamo parte.

Il mondo che ci circonda è formato da materia che ci appare solida, ma che è in realtà composta di particelle vibranti, talmente piccole da non essere visibili neanche al microscopio, e dunque di energia.

Hans Jenny, 1967.

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La velocità di queste vibrazioni fa apparire la materia solida, liquida o gassosa, definendone lo stato.

Esiste una scienza, la Cimatica (dal greco “κυματικά”), che si occupa dello studio delle manifestazioni dell’acustica e dell’effetto delle vibrazioni sulla materia: questa disciplina, che rappresenta un portale sul mondo invisibile delle forme del suono, fu elaborata dal medico svizzero Hans Jenny, che, verso la metà del Novecento, fu in grado di articolare una base concettuale completa sugli effetti delle onde sonore sulla materia. Buona parte del suo lavoro traeva ispirazione dall’opera di Ernst Chladni,

fisico viennese del XVII secolo, il quale fece degli esperimenti facendo risuonare con un archetto una lamina di metallo cosparsa di sabbia finissima, e notò che l’energia sonora agiva sulla sabbia e ne cambiava l’assetto, disegnando delle figure geometriche di forma regolare, che variavano a seconda dell’altezza della nota.

Queste forme hanno preso il nome di “figure di Chladni”, e assumono conformazioni più semplici se create da toni bassi, e più complesse se create da toni alti.

Illustrazione dell’esperimento di Chladni.

In basso: due ingrandimenti dei risultati dell’esperimento.

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Grafico delle figure di Chladni.

Composizioni di sabbia risultati dall’esperimento di Chladni con relativi Hz.

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Composizioni di sabbia risultati dall’esperimento di Chladni.

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I chakra Suono e vibrazione hanno dunque un effetto sulla materia, e, conseguentemente, su di noi.

Secondo la filosofia indiana, l’energia nel corpo umano si concentra in svariati punti, ognuno dei quali vibra a una frequenza diversa e influisce sulla nostra salute fisica e mentale.

I sette centri energetici principali sono chiamati “chakra”, ovvero “ruota” o “vortice”, perché l’energia vitale (“prana”) si irradia dal centro di essi verso l’esterno in senso centrifugo.

Secondo questa filosofia, ogni chakra è essenziale e necessario per il giusto funzionamento del corpo e dello spirito, così come le sette note musicali di un’ottava sono necessarie per creare una bella sinfonia.

Muladhara o Chakra della Radice, primo chakra.

Destra: Svadhisthana o Chakra Sacrale, secondo chakra.

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Ogni chakra vibra a una determinata frequenza e corrisponde a un colore: Il chakra della radice, il più basso, ha una frequenza di 256 Hz (il Do centrale del pianoforte) e corrisponde al rosso, il chakra seguente per altezza, il Sacrale, risuona a 288 Hz (che è la nota Re) ed è arancione, e ogni chakra via via più alto, nel corpo fisico, corrisponde a un colore e a una nota più alta della scala, fino al Si. Applicando il colore appropriato, la cui lunghezza d’onda e frequenza vibratoria in Hz è la chiave del chakra bloccato o mal funzionante, la lunghezza d’onda squilibrata ne risulta riequilibrata.

In alto a sinistra: Manipura o Plesso Solare, terzo chakra.

In alto a destra: Anahata o Chakra del Cuore, quarto chakra.

In basso a sinistra: Vishuddha o Chakra della Gola, quinto chakra.

In basso a destra: Sahasrara o Chakra della Corona, settimo chakra.

Al centro: Ajna o Terzo Occhio, sesto chakra.

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I mantra “Mantra” è un termine sanscrito composto dalle radici “man” (da “manas”, ovvero “mente”) e “tra” (da “traya”, “proteggere”), e indica una formula sacra che protegge la mente di chi la pronuncia. Secondo la tradizione buddhista, ciò da cui bisogna schermarsi è la concezione erronea di sé stessi e dell’ambiente circostante: nei Tantra, un insieme di dottrine e di pratiche millenarie volte all’espansione dell’ordinario stato di coscienza, viene insegnato che la natura ultima dell’essere umano e dell’ambiente è totalmente pura, priva di imperfezioni, come quella della divinità e della sua dimora, ovvero il mandala. La recitazione di un mantra evoca la vibrazione della divinità stessa e ci pone in risonanza con essa. Secondo la filosofia indiana, dunque, il mantra è la divinità nel suo aspetto vibratorio, motivo per cui la sua energia viene considerata molto potente e la sua pratica è estremamente diffusa, sia sotto forma di semplice recitazione che di vero e proprio canto. Nel Nāda Yoga, una pratica che utilizza il suono e la voce come risorse per migliorare l’equilibrio psicofisico ed energetico della persona, il termine “mantra” assume il significato di vibrazione che indirizza l’energia in un particolare punto del corpo. Nello specifico del Nāda Yoga trasmesso da Vemu Mukunda, 68

il principale obiettivo degli incontri è quello di sentire il suono non solo con l’orecchio esteriore, ma soprattutto attraverso l’ascolto interiore, ed esplorare tutte le riverberazioni del suono a livello fisico, emotivo, ed energetico attraverso le vocalizzazioni, il canto delle scale musicali terapeutiche e l’intonazione del mantra OM. L’uso dei mantra assume così, in questo contesto, un importante aspetto terapeutico, in quanto consente di indirizzare l’energia vibratoria dove più ce n’è bisogno. Sono considerati mantra anche i fonemi usati per indicare le note nel sistema musicale indiano (SA, RI, GA, MA, ecc.), e vengono dunque usati nel canto delle scale terapeutiche.

Uno dei mantra più conosciuti è “Namasté”, un’antica parola di origine indiana, utilizzata come forma di saluto e di ringraziamento. Composta da “Namas”, che deriva da “Nam” (“inchinarsi”), e dal suffisso “Te” (“a te”), questo mantra si può tradurre letteralmente con “mi inchino a te“, e viene accompagnato dal gesto delle mani giunte davanti al petto e da un inchino della testa. Il suo significato, tuttavia, è più profondo: secondo la filosofia induista ogni essere umano racchiude in sé la coscienza divina, e, di conseguenza, il più corretto significato del mantra Namasté è “il divino che è in me riconosce il divino che è in te”.

Il mantra OM La sillaba sacra OM compare nelle due più grandi religioni indiane: l’induismo e il buddhismo. È presente inoltre nel jainismo e ha un ruolo di grande importanza anche nella tradizione dello Yoga. Il suo significato non è univoco e varia a seconda delle religioni e del contesto in cui compare, ma, in generale, si riferisce al principio divino che dimora in ogni essere senziente. OM deriva dall’unione delle sillabe A - U - M che, per i buddhisti, corrispondono all’essenza di corpo, parola e mente della divinità.

Per gli induisti, invece, corrisponde

ai tre stati di coscienza connessi all’esperienza umana, ovvero sonno, sogno e sonno profondo, e nella cosmogonia è indicata come la vibrazione fondamentale che ha prodotto il passaggio dallo stato potenziale a quello dinamico dell’energia primordiale, la forza che ha dato poi origine all’intero universo materiale.

Il mantra OM è quindi considerato l’origine di ogni suono esistente nell’universo e la somma e sostanza di tutti i suoni che può produrre l’apparato vocale di un essere umano.

Sillaba OM in sanscrito.

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Il nada yoga Le radici di quella che oggi viene chiamata “musica classica indiana” si ritrovano nel Sama Veda e in altri testi di epoche più recenti dedicati agli aspetti più tecnici della musica.

I Veda sono gli antichi testi sacri indiani che raccolgono l’antica sapienza tramandata da maestro a discepolo fino ai giorni nostri. I Veda sono composti da quattro libri: Rig Veda, Atharva Veda, Yajur Veda e il Sama Veda, da cui trae origine la scienza del suono utilizzato come via di purificazione ed elevazione spirituale. Nel Sama Veda sono raccolti i canti liturgici, rivolti ai vari aspetti del divino che si manifesta in infinite forme al fine di essere accessibile ad ogni persona, secondo i vari livelli di coscienza iniziali e le varie capacità di comprensione di ciascuno.

Secondo la tradizione musicale indiana, le melodie (“Raga”) e i cicli ritmici (“Tala”) possono provocare svariati tipi di emozioni, reazioni fisiologiche, e addirittura agire sui fenomeni atmosferici. Le principali categorie di suono nei Veda sono le seguenti: Nada: indica il suono primordiale, il suono nella sua essenza, energia ed emanazione del “Brahman”, ovvero la potenza creatrice che genera l’universo.

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Shabda: significa genericamente “suono”. Accostato alla parola “pramana” (“prova”), questo termine indica la testimonianza più autorevole sulla realtà, e proveniente dai Veda e dai maestri.

Dhvani: suono proferito e udibile, insegnato ma non ancora giunto a destinazione.

Svara: suono specifico delle note musicali, unione di luce e suono.

Shruti: ciò che è stato udito, insegnamento giunto a destinazione, rivelazione tramandata oralmente da maestro a discepolo. Nel linguaggio musicale definisce i microtoni.

Secondo la disciplina indiana del Nada Yoga, attraverso il tono della voce è possibile scoprire la nostra vera essenza e il nostro vero carattere, e liberare, con il canto e con la musica, le emozioni represse. Ad ogni nota, infatti, corrisponde un tipo di personalità: il RE è una persona curiosa dotata anche di grande senso pratico, il LA ha la stoffa del manager, il SOL desidera fortemente un amore spirituale.

Recentemente, a metterlo a punto attingendo alle antichissime tradizioni dei Veda, i testi sacri indiani, è stato

un maestro contemporaneo, Vemu Mukunda, fisico nucleare e famoso musicista indiano. Mukunda ha elaborato una teoria sul corpo umano e sulle sue risposte fisiche e psichiche al suono, arrivando alla conclusione che ogni essere vivente corrisponde a un suono specifico.

Ogni essere umano, dice Mukunda, raggiunta l’età adulta, assume una vibrazione che lo distingue e lo rende nota unica e caratteristica del grande concerto cosmico. Scoprire quale è la propria nota e come vibra dentro il corpo, che fa da cassa armonica, aiuta a riarmonizzare le energie per stare meglio nel proprio corpo e con le persone con cui si vive.

Scoprire la propria nota personale o fondamentale, tuttavia, vuol dire anche andare alla radice della personalità, scoprirne lati oscuri e sorprendenti: oltre alle parole, infatti, la voce nasconde in sé risonanze profonde di ciò che siamo quando siamo realmente noi stessi.

Studiando i dati relativi alle frequenze percorse dalla voce di una persona mentre parla, è possibile osservare che tende sempre a parlare attorno ad una determinata frequenza. Si osserva che il tono della voce forma una sorta di melodia, attraversando ripetutamente determinate note, e che ogni individuo tende a ripetere un certo percorso melodico e ad attraVemu Mukunda.

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versare ripetutamente determinate frequenze, mantenendo una sola nota come elemento centrale. Quindi una persona parla e canta fondandosi su una determinata frequenza che tende a rimanere costante. Un mutamento di questa nota fondamentale si ha quando siamo in presenza di forti emozioni o di agitazione mentale.

La voce dunque è spia di stati emotivi che, sempre secondo Mukunda, si possono collocare con precisione nei chakra. Ogni chakra vibra ad una frequenza sempre più alta man mano Saraswati, dea Hindu di musica, saggezza e conoscenza.

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che si sale dalla base della colonna alla sommità del capo e si comporta un po’ come le corde di una chitarra o di un contrabbasso. Le note più cupe e profonde provengono dalla corda che vibra più lentamente, quelle più acute dalla corda che vibra più velocemente. La ricerca della nota personale si fa attraverso incontri individuali in un ambiente il più naturale e rilassato possibile. Alla persona si chiede di stare in silenzio per almeno 20-30 minuti prima della seduta, per favorire la concentrazione. Quindi, seduto comodamente davanti all’insegnante, l’interessato comincia a parlare di tutto quanto gli passi per la mente, mentre un frequenzimetro rileva le frequenze della voce.

L’importante è concentrarsi sul proprio respiro e, di volta in volta, sui 3 punti precisi del corpo, cioè l’ombelico, il centro del petto e la fronte, dove hanno sede i chakra più importanti, quelli in cui vibra anche la nota cosmica. Entro mezz’ora, al massimo 45 minuti, si può individuare la nota dominante e fare un quadro della personalità. Questo lavoro di ricerca non è però così immediato e facile come potrebbe sembrare, perché possono intervenire elementi di disturbo quali squilibri nel fluire dell’energia della persona, che impediscono, deviano o rendono faticosa l’identificazione della nota personale.

La voce cambia in relazione alle diverse esperienze del momento e cambiano anche le sue frequenze. Normalmente la frequenza di una voce condizionata dai vari stati d’animo ha l’estensione di un’ottava musicale.

Questa è l’ottava centrale di una serie di tre ottave di risonanza che, secondo il nada yoga, possiamo trovare nel corpo umano: l’ottava inferiore corrisponde alle parti del corpo dagli alluci all’ombelico, l’ottava centrale dall’ombelico al centro della fronte, e l’ottava superiore dal terzo occhio alla sommità del capo. Molte emozioni si collocano tra questi punti, e la frequenza della voce cambia man mano che la consapevolezza si muove da un punto all’altro del corpo, attraversando i centri di energia situati in esso. Tutte le cose create, dai fenomeni più grossolani fino ai fenomeni più sottili, come il pensiero, sono in

uno stato di perpetuo movimento e tutto ciò che è in movimento emette delle vibrazioni, quindi dei suoni. Nell’essere umano la voce è il canale attraverso il quale la coscienza si manifesta esteriormente, l’anello di congiunzione fra la mente e le emozioni di una persona a quelli di un’altra. Tutte le cose che vibrano sono sensibili tra di loro, dunque il suono è l’anello di congiunzione fra tutti i fenomeni. Come le corde di una chitarra che vengono pizzicate vibrano e fanno vibrare la cassa armonica o le corde di un altro strumento, così tutte le cose si influenzano a vicenda mediante la legge sottile dello scambio vibratorio. Secondo gli antichi insegnamenti dell’India il più perfetto di tutti gli strumenti è la voce umana.

Schema dell’estensione musicale di un’ottava.

DO

DO 1 ottava

261 Hz

DO 1 ottava

522 Hz

1044 Hz

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Vibrazioni sociali

Vibrazioni nelle relazioni sociali Nel corso degli anni, numerosi antropologi si sono dedicati allo studio della comunicazione nelle sue diverse forme, volendo altresì approfondire la loro conoscenza in merito ai cosiddetti sistemi comunicativi.

Nella fattispecie, sono state analizzate le differenti modalità attraverso le quali gli esseri umani riescono ad interagire o condividere informazioni e sensazioni con il mondo esterno.

In tal senso, in accordo con quanto Rappresentazione dell’ologramma di un campo energetico che circonda un organismo.

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predetto da Aristotele l’uomo è un animale sociale, ovvero in grado di aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società.

Si è scoperto infatti che esso è in grado di captare e rimandare informazioni da piani comunicativi non verbali.

Si intendo quelli che derivano dalla gestualità (movimenti, espressioni facciali, modi di fare) e da quella che chiamiamo “intelligenza emotiva”.

La parola chiave di questo discorso è risonanza in quanto l’uomo è un essere capace di trasmettere energie attraverso delle frequenze vibratorie che risuonano con ciò che lo circonda. In tal modo egli attrae verso di sé situazioni o persone che viaggiano sulla stessa frequenza vibratoria creando una risonanza. Essa è il l’elemento che sin dai primordi ha dato la capacità all’uomo di unirsi in comunità e quindi di vivere.

Come nella fisica la risonanza è l’amplificazione del suono, così, in una comunità, essa è amplificazione delle idee. I progetti, gli ideali, le decisioni sono notevolmente più efficaci se si agisce in accordo.

A tal proposito il sociologo Norbert Elias disse: “Questo è uno dei maggiori sostegni dell’esistenza umana: trovare risonanza emotiva in altri uomini ai quali si è affezionati e la cui presenza suscita un caldo sentimento di appartenenza.

Questa reciproca conferma mediante i sentimenti, la risonanza emotiva tra due o più persone, ha un ruolo centrale nel conferire un significato e un senso di appagamento all’esistenza”.

Norbert Elias (1897-1990), sociologo tedesco.

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Umberto Boccioni - La città che sale (1910)

La risonanza somatica Quello della risonanza somatica è un fenomeno ben diverso dall’idea che Carl Rogers aveva dell’empatia.

A differenza di quest’ultimo infatti, la risonanza si verifica partendo dalle interazioni corporee più che da quelle verbali. Tale fenomeno si sposta quindi su un piano fisico secondo il quale un corpo non debba vibrare come l’altro ma con l’altro. Si può empatizzare quindi con un’altra persona senza uscire dai confini del proprio essere, senza fondersi con essa su un piano astratto fatto di sentimentalismi.

Secondo uno studio condotto da Giacomo Rizzolati e Corrado Sinigallia, tutto si svolge in una zona corticale del nostro cervello detta insula dove sono situati i neuroni specchio.

Karl Rogers (19021987), psicologo statunitense fondatore della terapia non direttiva.

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Essi si attivano autonomamente quando vediamo qualcuno compiere un’azione, configurandosi alle reazioni che avvengono nel cervello dell’altra persona e trasformando gli imput sensoriali in reazioni viscerali. Tra gli esempi più rappresentativi vi è quello dello sbadiglio che si trasmette di persona in persona.

Rappresentazione digitale della struttura dei neuroni specchio.

In basso: funzionamento di tale sistema.

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Sul piano emotivo succede la stessa cosa, ma chi empatizza deve essere in grado di comprendere in prima persona quell’emozione. Questo fenomeno che il filosofo Douglas Hofstadter chiama “mee too phenomenon” consiste nel creare un collegamento empatico tra due soggetti, e si verifica nel momento in cui si trova una disinvolta analogia tra due esperienze personali vissute dall’uno e dall’altro.

Escludendo questo fattore questa esperienza sarebbe ridotta ad una mera identificazione delle emozioni altrui. Non è sempre facile spiegare cosa si prova con le parole: “Tu prova ad avere un mondo nel cuore / e non riesci ad esprimerlo con le parole” Fabrizio de Andrè - Un Matto

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Le informazioni dal corpo Si dice che, al contrario della parola, il nostro corpo non sia in grado di mentire. Quella che può sembrare solo un’affascinante ipotesi è stata in realtà dimostrata dallo psicologo statunitense Paul Ekman il quale, nel 1972, studiando i metodi comunicativi di tribù ben distanti dalla nostra realtà, individuò le sei principali espressioni emotive universali: rabbia, paura, tristezza, gioia, sorpresa e disgusto.

Sulla base di questi studi egli costituì il Facial Action Coding System (FACS) attraverso il quale classificò in modo oggettivo tutti i movimenti del viso e il loro significato.

Il metodo di Ekman era fondato sull’osservazione a rallentatore delle microespressioni facciali dei suoi pazienti. Dopo numerosi studi, nel 1992, aggiunse alla sua lista emozioni come: divertimento, disprezzo, contentezza, imbarazzo, eccitazione, colpa, orgoglio, sollievo, soddisfazione, piacere sensoriale e vergogna.

Attraverso questa tipologia di risonanza somatica l’uomo è capace di comprendere, direttamente o indirettamente, le emozioni e le sensazioni dell’altro.

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Studio sulle microespressioni facciali di alcune tribù indigene.

Sinistra: foto tratte da alcuni esperimenti sul FACS.

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Vibrazioni come metodo empirico L’antropologo Marcel Jousse definisce l’uomo come un essere vibrante in un sistema di interazioni (o vibrazioni) che egli teorizza sotto il nome “teoria delle interazioni universali”.

Il cosmo è un sistema ordinato trifasico (agente-azione-agito) nel quale l’uomo (agente) è in grado di comprendere solamente le vibrazioni che riesce a ricevere da ciò che lo circonda (azione), per poi rimandarle ad un altro oggetto o individuo (agito).

L’uomo quindi intraprende un meccanismo di mimesi basato su ciò che riesce ad apprendere dalla realtà: egli apprende che gli uccelli volano e crea l’aeroplano, allo stesso modo conosce i pesci che nuotano e inventa il sottomarino.

In alto a destra: Marcel Jousse (1886 - 1961), antropologo francese fondatore dell’ antropologia del gesto.

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Tecnica fotografica dello Startrail, rappresentazione dell’energia presente nell’universo.

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Neuroplasticità Non è difficile immaginare che dietro a tali processi di comunicazione ci sia dello spirituale, qualcosa di astratto che va oltre il piano fisico.

Al contrario, al centro di questo meccanismo non c’è altro che il nostro cervello. Esso è infatti il luogo di genesi delle informazioni che vengono smistate per tutto il corpo attraverso il sistema nervoso. La mente invece, si occupa di coordinare ed elaborare tutte le informazioni che permettono di stabilire le relazioni.

Daniel J. Siegel (1957), professore di psichiatria presso la UCLA School of Medicine di Harvard.

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Gli studi di neurobiologia condotti da Daniel J. Siegel, docente di psichiatria, hanno dimostrato sostanzialmente che le relazioni sociali hanno permesso lo sviluppo delle capacità dell’uomo. Nella fattispecie, il nostro cervello, sin dalla nascita, è in grado di rimodellare le sue interconnessioni strutturali in risposta alle esperienze (positive o negative che siano) che egli vive. Questa capacità che Siegel chiama “neuroplasticità” nasce per l’appunto facendo esperienza attiva delle interazioni sociali. Le emozioni che ne derivano stimolano l’eccitazione e l’attivazione dei neuroni, creando nuove strutture.

In tal senso un infante sviluppa l’affettività per la madre in quanto ne fa un’esperienza positiva dovuta al conforto, al calore e al nutrimento.

Vibrazioni urbane

Monumenti vibranti Nel contesto urbano le vibrazioni si ritrovano in numerosi paesi del mondo con sperimentazioni sempre diverse e innovative, legate al territorio e al contesto storico di una nazione.

L’organo marino (in croato: morske orgulje) è un’opera d’arte architettonica e musicale situata a Zara, aperta al pubblico dal 15 aprile 2005.

Realizzato su progetto dell’architetto Nikola Bašić, si trova sull’angolo

Immagini dell’organo marino messo in funzione dalle onde del mare.

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nord-occidentale della banchina che circonda il centro storico. Si tratta di un organo, strutturalmente simile ad una scala digradante verso il mare, formato da 35 canne d’organo di diversa inclinazione, forma e lunghezza.

Grazie al moto ondoso dell’acqua marina queste canne producono suoni continuamente diversi modulati secondo sette accordi e cinque tonalità.

Una delle opere più efficaci per il rapporto tra vibrazione e propagazione del suono nel contesto sociale è sicuramente il Freedom of Expression National Monument. Originariamente installato lungo l’Hudson River per l’iniziativa Art on the Beach è stato concepito come scultura interattiva dall’architetto Laurie Hawkinson, la performer John Malpede e l’artista Erika Rothenberg.

La scultura in legno dipinta di rosso con un grande megafono installato su una piattaformo accessibile tramite una rampa, dà la possibilità a chiunque di salire ed esprimere la propria opinione.

La libertà di parola e di espressione sono, nelle intenzioni, una delle più belle tradizioni americane.

L’opera Freedom of Expression National Monument, durante le elezioni americane del 2006.

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Paesaggi sonori Paesaggi Sonori è un’iniziativa della Provincia di Torino nata il 1° gennaio 2015, volta a promuovere e a diffondere la cultura e la pratica dell’ascolto, sensibilizzando e introducendo cittadini, scuole e organizzazioni del territorio provinciale e nazionale ai temi del paesaggio sonoro e dell’ecologia acustica.

Si tratta di un progetto online pubblico e partecipativo basato sulla “fonografia”, ovvero l’arte di registrare il paesaggio sonoro che ci circonda, con obiettivo quello di rendere disponibili registrazioni e suoni di campo e condividerne l’ascolto.

Mappa sonora di Torino.

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La musica potenzialmente è ovunque perché ovunque vi è un suono che caratterizza l’ambiente, ed esso può essere fruito e vissuto come musica.

Il paesaggio sonoro si presenta al nostro ascolto come composto da diversi elementi tra i quali: Sound signals: suoni segnale.

Sono suoni in primo piano, uditi coscientemente. Ad es. il suono del cellulare, il fischietto del vigile, clacson, freni di una moto, etc.

Keynote sounds: toniche, suoni dominanti-diffusi.

“Tonica” è un termine musicale riconducibile ad una funzione armonica di stasi o riposo. È quindi un suono che potrebbe non essere sempre udito coscientemente, ma che “evidenzia il carattere delle persone che vivono in quel luogo” (Schafer). Il più grande esempio ne è la natura: il vento, l’acqua, le foreste, gli uccelli, gli insetti, gli animali; ormai in molte aree urbane anche il traffico lo è diventato.

Soundmarks: marcatori sonori, impronte sonore.

Si tratta di un suono caratteristico di un’area. Un segnale di sincronizzazione sociale. Potrebbe essere la campana di una chiesa, la sirena di una fabbrica, il segnalatore di un passaggio a livello. Un suono in cui la comunità si riconosce o riconosce la propria identità e appartenenza territoriale.

Soprattutto esse rendono unica la vita acustica di una comunità.

Esempio di sound signal.

Esempio di soundmark.

Esempio di keynote sound.

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Le vibrazioni di San Lorenzo A partire da queste categorie di suoni possiamo costruire la mappa di qualsiasi città o quartiere, camminando per le strade a diverse ore del giorno e della notte, prestando attenzione ai rumori che caratterizzano i luoghi e ne definiscono l’identità sonora.

Cosa potremmo sentire per le vie di San Lorenzo, quartiere popolare romano? Quali rumori accompagnano la quotidianità dei suoi abitanti?

Di giorno toccherebbero l’orecchio i suoni del mercato, il fruscio del tram, il vociare dei cittadini che si salutano, parlano, interagiscono.

I tram che attraversano il quartiere San Lorenzo.

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Scandirebbero il tempo le campane della chiesa, i passi veloci dei bambini, per lasciare poi il posto alla sera, annunciata da un tintinnare di bicchieri, uniti nell’armonia dell’aperitivo e accordati dal suono delle risate.

A seguire, un assolo di canti ubriachi in festa, a chiudere il grande concerto di San Lorenzo: una sinfonia ritmata che cambia sempre, ma non si ferma mai. Ora, una volta raccolti questi suoni, è tempo di metterli sul pentagramma, che per noi sarà una mappa.

Divideremo i rumori per tipologia, intensità e orario, e li metteremo su

livelli diversi, così da ottenere uno spartito ordinato e poter individuare e leggere meglio le partiture. Avremo dunque una melodia che è lo specchio del quartiere, poiché è formata dai suoni che lo compongono e che lo rendono vivo giorno dopo giorno, e ci basterà accordare gli strumenti e salire sul palco.

Ecco il direttore d’orchestra.

1,2,3,4…

Il campanile della chiesa dell’Immacolata di San Lorenzo.

Sinistra: il mercato quotidiano.

In basso: scene di movida serale del quartiere.

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Fonti Bibliografia • • • • • •

AIAP, Progetto grafico 4/5, 2005 AIAP, Progetto grafico 7, 2006 Sampaolo Matteo, Vedere il suono 1.0, Tesi di laurea, 2015 Federica Arlotti, Quando il pensiero non si contrappone all’azione. Fra natura e cultura: un’esperienza di mimesi, Tesi di laurea, 2009 Il Sole 24 Ore, ideale se c’è tra due persone, 2018 Meera Raghu, A study to explore the Effects of Sound Vibrations on Consciousness, 2018

Sitografia • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

www.fattodiritto.it/diritto-alla-cultura-kandinsky-i-colori-come-strumenti-musicali/ www.promete coaching.it/Paul-Ekman-microespressioni-facciali-e-vergogna/ www.stateofmind.it/il-dono-della-neuroplasticità-come-si-modifica-il-cervello/ www.homologos.net/Confronto-di-esperienze-la-cultura-nel-suo-rapporto-con-l-alterità/ www.ilpost.it/2015/02/20/citta-vibranti-laurent-dequick/ www.giorgiocutini.it/sulla-fotografia/ www.lomography.it/magazine/340809-pal-mute-la-fotografia-del-silenzio www.carlodortaarte.it/it/paesaggi/vibrazioni www.focus.it/tecnologia/innovazione/foto-nasa-boom-onde-urto-supersoniche www.socialup.it/spencer-tunick-e-la-sua-opera-darte-fatta-da-500-persone-nude/ www.ldkphoto.com/ www.federicomoschietto.it/vibrazioni/ web.archive.org/web/20070430072445/http://d-sites.net/english/tunick.htm# www.widewalls.ch/spencer-tunick-artist-of-the-week-july/ https://global-fashion-group.com/2019/10/30/spencer-tunick-invites-australians-to-bare-all-on-whitsunday-island/ https://www.moriyamadaido.com/en/ www.huffingtonpost.it/maurizio-g-de-bonis/la-tokyo-intima-ed-estrema-del-fotografo-daido-moriyama_b_9515594.html https://ocula.com/magazine/reports/daido-moriyama/ www.heartz.org/cms2/dbase/layouts/1.php?PAGE_ID=4&LNG=1 http://www.benesserenelsuono.it/chakra-e-suono/ https://portalemisteri.altervista.org/blog/chakra-e-risonanza/ https://www.fashiontimes.it/2018/02/yoga-om-namaste-cosa-significano https://www.amadeux.net/sublimen/dossier/nada_yoga https://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Jenny_(cimatica)

• • • • •

https://blog.mindvalley.com/vibration/ https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/che-cos-ela-cimatica http://www.provincia.torino.gov.it/paesaggisonori/ https://it.wikipedia.org/wiki/Organo_marino https://en.wikipedia.org/wiki/Unknown_Pleasures

Videografia • • • •

https://https://www.youtube.com/watch?v=tejTHoNKDqQ https://www.youtube.com/watch?v=Vqv1sC8mDJk https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=mtDYTeB5J-8&feature=emb_logo https://www.youtube.com/watch?v=V3B7uQ5K0IU&t=1318s

Corso di Metodologia della Progettazione Prof. Guido Lombardo RUFA - Rome University of Fine Arts Anno accademico 2019-2020 Gaia Formigari - Giulia Gatta Francesco Paolo Incantalupo Fabio La Gattuta - Gabriele Minotti