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Velocizzare e semplificare i pagamenti

ippica costituisce un importante settore economico del Paese che coinvolge ampie categorie di operatori – allevatori, proprietari, allenatori, professionisti – e un numero rilevante di addetti della filiera”. Parte da qui il deputato della Lega per Salvini Premier, Davide Bergamini, già firmatario di una interrogazione sull’ippica, nella sua analisi sul comparto italiano.

“Il settore, purtroppo, sta vivendo una crisi profondissima. La Lega con un’interrogazione ha voluto sottolineare come, da circa dieci anni, i premi a traguardo nel settore ippico vengano pagati dal ministero con una decorrenza minima di 6 mesi e con punte di ritardo che arrivano a 12 mesi. Soprattutto dopo la soppressione dell’Assi, il procedimento del pagamento dei premi delle competizioni ippiche ha subito dei rallentamenti. La questione dei ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione è di estrema importanza e costituisce senz’altro una priorità in quanto è evidente che se si blocca il flusso finanziario l’intero comparto si paralizza e va in difficoltà nei confronti soprattutto dei fornitori e del fisco. La risposta fornita dal sottosegretario Luigi D’Eramo ci soddisfa perché denota l’attenzione per il settore ippico. Infatti, con uno dei primi atti di governo, è stata istituita, nella struttura ministeriale, la Direzione generale per l’ippica che renderà più incisiva l’azione amministrativa e consentirà di definire un percorso, per il pagamento dei premi, più consono a garantire la sostenibilità finanziaria del sistema. Inoltre, ha prontamente attivato un processo di efficientamento interno volto ad allineare i pagamenti con gli stanziamenti previsti nella legge di bilancio, mediante soluzioni di pianificazione e riorganizzazione del lavoro”.

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In che modo andrebbe riformata l’ippica?

“Da anni, ormai, gli operatori del settore attendono interventi risolutivi per superare le criticità attuali che non permettono più la sopravvivenza di un comparto che conta oltre 8mila addetti (oltre all’indotto) e circa 12mila cavalli. Prima di tutto vanno individuate misure per velocizzare e semplificare i pagamenti. Le criticità del settore ippico potranno essere superate solo con una riforma complessiva, alla quale dovrà lavorare una ‘task force’ con, ovviamente, un fattivo contributo del Parlamento”.

A suo avviso il Governo quali misure dovrebbe mettere in atto per rilanciare il settore?

“Prima di tutto dobbiamo pensare che il settore ippico conta 125mila proprietari cavalli, 480 fantini e quasi 100.000 gli atleti tesserati alla Federazione italiana sport equestri (Fise), cui vanno aggiunti 28.800 atleti tesserati alla Federazione italiana turismo equestre (Fitetrec-Ante), in più ci sono allenatori, istruttori e giudici di gara, nonché i lavoratori dell’indotto (vestiario, accessori da cavallo, mezzi di trasporto). Questi numeri fanno capire la rilevanza per la composizione dell’economia nazionale, del ruolo catalizzatore e trainante per la nostra economia, del settore e del comparto equestre, che coinvolgono in modo trasversale il turismo, lo sport, l’equitazione e le terapie riabilitative, che concorrono significativamente all’accrescimento del prodotto interno lordo. Anche in ragione delle nuove risorse che deriveranno dalla programmazione e attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, appare quanto mai opportuno concentrare la dovuta e necessaria attenzione sulle esigenze organizzative e funzionali del comparto, anche nell’ottica di una riorganizzazione efficace, efficiente e idonea a sostenere le prospettive di ripresa, crescita e innovazione. Il comparto costituito dalle migliaia di operatori della filiera ippica manifesta la necessità di una propria autonomia gestionale, tecnica ed economica, al fine di gestire e promuovere adegua- tamente la cultura del cavallo”.

Secondo lei come vanno ripensati gli ippodromi?

“Un primo passo è stato fatto nella legge di Bilancio 2023 che ha incrementato di 4,7 milioni di euro per gli anni 2023 e 2024 con il Fondo per il funzionamento degli impianti ippici, al fine di garantire la funzionalità degli impianti ippici attivi nonché di consentire l’utilizzo da parte del Masaf delle relative strutture per proprie attività istituzionali con conseguente ridefinizione degli obblighi in capo alle società di corse. Il palinsesto del mondo ippico ha rischiato e rischia tutt’ora la chiusura di ippodromi, dei quali circa la metà appartenenti ad enti comunali, con conseguenze sul lavoro di oltre 50mila dipendenti del settore. Il settore dell’ippica sconta la mancanza di iniziative politiche. Si è assistito ad azioni palliative, tuttavia mai capaci di programmare un rilancio serio ed efficace per garantire quel minimo di certezze di cui gli operatori hanno bisogno. Sarebbero auspicabili aiuti di maggior portata da parte del ministero, volti a stimolare riapertura e ripartenza delle strutture”.

Secondo lei le scommesse ippiche andrebbero riformate per essere più appetibili?

“L’ondata di crisi pandemica si è fatta sentire anche nel mondo dell’ippica. Nel contesto, infatti, si assapora l’esasperazione dovuta ad una situazione senza precedenti, gravata dalla riduzione dei finanziamenti che, dalla caduta libera delle scommesse, hanno registrato una diminuzione del 70 percento negli ultimi anni”.

La governance del settore come andrebbe rivista?

“La governance andrebbe rivista; istituire eventualmente un’agenzia specifica dedicata al settore che lo vada a regolamentare sostenendo i comparti dell’ippica”.

Cosa si augura per il futuro del settore?

“Dopo la trasformazione, nel 2011 dell’ente Unire (Unione nazionale incremento razze equine) in Assi (Agenzia per lo sviluppo del settore ippico) e a sua volta soppressa nel 2012 e contestuale trasferimento delle funzioni al ministero dell’Agricoltura, mi auguro che il settore abbia finalmente una governance stabile che possa lavorare per il bene del settore e di tutti gli operatori che vi lavorano. È necessario riorganizzare la governance, anche attraverso la previsione di procedure più dinamiche e meno complesse”.

LA FIERA FAMILY ENTERTAINMENT EXPO , CHE HA CELEBRATO IL SUO DEBUTTO A BERGAMO, SI È RIVELATA UN AUTENTICO SUCCESSO CHE RILANCIA IL SETTORE DELL’AMUSEMENT E RIPORTA ENTUSIASMO NELL’INDUSTRIA

di Alessio Crisantemi

esperimento è riuscito. Su questo non ci sono dubbi. Non si può dire altro di rientro da Bergamo dove è andata in scena la prima edizione lombarda della fiera Family Entertainment Expo promossa dal Consorzio degli operatori Fee in collaborazione con l’ente fieristico locale PromoBerg. Riportando fiducia e splendore nel settore, insieme a tanto entusiasmo. E a un segnale di forza e vitalità da parte di un’industria che in molti consideravano ormai prossima all’estinzione. Invece, non lo è affato. A Bergamo ne abbiamo avuto una prova concreta. Questa, almeno, è l’opinione generale con cui sono tornati a casa dalla fiera gli addetti ai lavori.

Risultato ancora più importante considerando che non si poteva certo parlare di un successo annunciato. Anzi. Non si può certo nascondere il fatto che fino alla vigilia dell’evento (o, meglio, anche fino a qualche minuto prima dell’apertura dei padiglioni) quello che tutti si chiedevano era se davvero ci sarebbe stato del pubblico disposto a salire fino a Bergamo per vedere una fiera di un settore tradizionalmente legato alla stagionalità ma anche al territorio, che è prevalentemente quello della Riviera. Tanto più dopo lunghi anni trascorsi a Rimini, dove comunque continua ad esserci la fiera del gaming, per giunta a pochi giorni di distanza da quella lombarda. Insomma, possiamo dirlo: nel voler distinguere il mondo del puro intrattenimento da quello del gioco a vincita, quello che hanno compiuto gli operatori del Consorzio Fee è stato comunque un vero e proprio azzardo. Ma restando nella metafora, si può certamente affermare che la scommessa è stata senz’altro vinta, come sottolineano gli stessi operatori, tornati a sorridere, nonostante le varie difficoltà, che comunque rimangono.

“La fiera di Bergamo è senza dubbio un esperimento riuscito”, afferma senza indugi Luca Della Rosa, general manager di Cogan, tra i soci fondatori del Consorzio. “Abbiamo visto una grande partecipazione da parte del pubblico, un’offerta di prodotto molto ampia, variegata e di altissima qualità, e una proposta fieristica di livello, con una gestione molto professionale, ottimale, attenta alle esigenze imprese. Quindi esperienza complessiva più che positiva, anche se rimangono tutti i problemi del mercato italiano, che vanno al di là della fiera”.

Dello stesso avviso anche Franco Sorte, amministratore di Harding Trading, che spiega: “Con questa fiera volevamo dare la giusta visione del comparto e credo proprio che ci siamo riusciti. Abbiamo mostrato il settore per quello che è: un settore positivo, sereno, orientato al divertimento dove tutti - da bambini ai genitori - si possono divertire. Era importante far capire che il nostro è un comparto che non è pericoloso, diverso da quello del gioco a vincita, che permette di socializzare e di fare aggregazione”.

Anche per Sorte, però, rimangono le criticità da affrontare e risolvere al più presto per poter dare un futuro al comparto: “Serviva dare un’immagine corretta della realtà del settore anche perché a livello normativo continuiamo a scontare una cattiva immagine che non è veritiera, che condiziona ogni disposizione tecnica e legislativa, adottanti criteri derivati dal gioco di azzardo che nulla hanno a che fare con la nostra realtà. E se questo non verrà cambiato non potremo più lavorare”.

Posizione simile anche quella di Claudio Dalla Pria, operatore storico del settore e leader nel segmento dell’amusement: “La fiera di Bergamo è andata molto bene e l’impatto è decisamente positivo”, spiega. “Era sicuramente necessario separare le due realtà del gioco con e senza vincita in denaro, anche se la separazione delle due date, a pochi giorni di distanza una dall’altra, non rappresenta certo uno scenario ideale per i nostri clienti. Tuttavia la risposta è stata positiva, anche in termini di mercato”. Anche secondo Dalla Pria, però, ciò che serve è cambiare rotta a livello normativo e regolamentare: “Il risultato della fiera dimostra che il settore è vivo e che c’è grande interesse a svilupparlo, anche se - ad oggi - le norme vigenti non consentono di farlo, facendo vivere le imprese nella più totale incertezza e rendendo impossibile anche l’importazione di giochi che, al contrario, sono presenti in gran parte del mondo”.

A esprimere soddisfazione per la riuscita della fiera è anche il presidente del Consorzio Fee, Tiziano Tredese: “Credo che la fiera non potesse andare meglio di così e il segnale di vitalità che è emerso dai padiglioni di Bergamo dimostra che c’è tanta voglia di fare e che c’è spazio, se solo il legislatore ci consentisse di poter operare alle giuste condizioni”.

Buona la prima per la fiera di Bergamo, quindi, e lunga vita al settore. Ma adesso il resto deve farlo il legislatore, liberando le briglie del comparto, lasciandolo libero di poter crescere e prosperare, come merita. Con tutte le regole del caso, evidentemente, ma senza quelle restrizioni (palesemente) ingiustificate che ne hanno compromesso fino ad oggi anche il solo esercizio.

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