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Vibrazioni positive!

Immerso nelle acque dell’Oceano Indiano sorge

Finolhu, un resort 5 stelle dall’atmosfera meravigliosamente rilassata. Parte di Seaside Collection, è uno dei primi alberghi alle Maldive gestito da tedeschi.

Esplorare i fondali tra mante e delfini, immergersi in un mondo di colori luminosi: il resort sull’atollo Baa è la perla tropicale nel portfolio del gruppo alberghiero Seaside, fondato negli anni ’70 da Theo Gerlach. Oggi, è suo figlio Gregor a dirigere l’azienda, con la sorella. L’abbiamo incontrato nella sede aziendale ad Amburgo.

Come riesce un albergatore europeo a gestire un tale progetto alle Maldive?

Stavamo cercando qualcosa di diverso, non avevamo più aperto un albergo nuovo da 20 anni; l’ultimo era stato il Side ad Amburgo, nel 2001. Avevamo ben chiaro i criteri: volevamo avere il più possibile ospiti europei, un pubblico che capiamo particolarmente bene. E doveva essere una meta che avesse l’alta stagione nei mesi invernali. Prima abbiamo cercato in Marocco e a Venezia, poi abbiamo ampliato il raggio di ricerca, innamorandoci delle Maldive.

Lei c’era già stato prima?

No. Anzi, prima di andarci dissi a mia moglie che sarebbe stato di sicuro molto noioso stare su un isolotto; cosa mai si potrà fare dopo i primi tre giorni. Poi, poco prima del Natale 2018, abbiamo saputo di quest’albergo sull’atollo Baa. L’agente immobiliare disse che potevamo ancora fare un’offerta, entro pochi giorni. Così, il 22 dicembre sono salito su un aereo con mio padre e siamo andati lì, fermandoci per 24 ore. Mio padre aveva appena compiuto 90 anni. Eravamo subito pieni di entusiasmo per questa straordinaria isola, con un’incantevole laguna e spiagge chilometriche. A marzo 2019 abbiamo firmato il contratto, a maggio siamo subentrati nella gestione della struttura.

Un anno dopo è arrivato il Covid. Come avete utilizzato questo periodo di fermo?

Abbiamo impiegato quasi l’intero 2020 per la riqualificazione della struttura, per noi il timing non poteva essere migliore. All’epoca, l’albergo esisteva già da due anni, ma non andava molto bene. La costruzione era stata terminata in modo poco amorevole. Abbiamo lavorato con un’interior designer di Londra; aggiungiamo un po’ di amore e di lusso, la sua proposta. I classici alberghi alle Maldive hanno arredi piuttosto pesanti, di legno scuro. Noi, invece, abbiamo puntato sull’allegria, sul colore, assecondando la visione europea di come ci si vuole sentire in vacanza.

Quindi, un tocco di mediterraneo?

Insomma, in realtà abbiamo tentato di interpretare la situazione locale: un feeling da Robinson Crusoe, vita a piedi scalzi, informale, all’aperto, filtrato da una lente europea.

Lo stesso per il cibo: la gente chiede piatti asiatici, ma senza piedi di gallina. Non servirei mai un tipico piatto amburghese alle Maldive, e quindi il cibo locale deve essere rivisitato, il piccante non troppo piccante.

A Capodanno eravate al completo. Pare che il vostro concept stia funzionando?

In Germania abbiamo costruito una clientela fedele e fortunatamente molte agenzie di viaggio ci propongono ai loro clienti.

Agenzie di viaggio? Sono ancora rilevanti?

È raro che qualcuno spenda così tanti soldi, prenotando su booking.com. In genere c’è di mezzo un consulente di viaggi. Soprattutto, quando una meta è talmente lontana, mandarci i propri clienti diventa una questione di fiducia. Abbiamo decisamente più ospiti europei di gran parte degli altri resort alle Maldive, soprattutto tedeschi e inglesi. Prima della guerra venivano anche molti ucraini e russi, presenze ora in diminuzione. Pure gli americani vengono spesso.

Avete spazio in abbondanza

Finolhu è composto da quattro isole. A secondo della stagione, si va a piedi da un’isola all’altra, attraversando i banchi di sabbia, oppure si prende una barca. L’isola numero uno ospita 125 ville, tre ristoranti e la Spa. Sull’isola numero due si trova il nostro ristorante Crab Shack. Le isole tre e quattro non sono al momento utilizzate, avvieremo presto le prime costruzioni, un progetto di grandi dimensioni. Sull’isola numero tre sono previste sette ville super esclusive, con prezzi a partire da 5.000 euro a notte. Sull’isola quattro ci sarà una singola villa, disponibile a partire da 20.000 euro a notte con una superficie di 1.000 m2, sauna, cinema e cucina a vista per lo show cooking

Lei è fiducioso di trovare abbastanza ospiti, disponibili a concedersi questo lusso estremo? Sì, si tratta di un investimento ben ponderato. Abbiamo visto che tra le nostre suite esistenti, sono sempre quelle più grandi a essere prenotate, la domanda è particolarmente elevata. Quel che possiamo offrire su queste due isole, è abbastanza unico: isolamento assoluto, da interrompere in qualsiasi momento casomai dovesse diventare noioso. Basta un colpo di telefono al maggiordomo, ed ecco che vi accompagna in barca all’isola principale dove vi attendono il campo da tennis, la grande Spa e diversi ristoranti. Oppure, c’è anche una biologa marina, disponibile a portare i bambini a fare snorkeling.

Come gestisce un progetto così distante dalla sede? Finolhu mi ha trasformato in un utente di WhatsApp. Ovviamente, ogni giorno invio anche una serie di email. Per il resto, vado lì ogni due mesi. In loco, c’è il manager generale ma la nostra presenza è abbastanza forte.

Quindi, lei sa come sono fatte le tovaglie lì?

Eh, sì! (ride) In realtà, le scegliamo noi qui. Anche quando si introducono nuovi piatti, facciamo sempre una cena di prova, assegnando punteggi da uno a dieci. Per passare, una pietanza deve ottenere almeno otto punti. A volte me ne occupo io, altre mia sorella. Abbiamo anche provato una volta a procedere senza che uno di noi due fosse presente, ma non ha funzionato, perché gli asiatici non assegnano mai meno di otto punti. I giudizi di mia sorella sono sempre validi, non c’è bisogno di controllare. In famiglia la situazione è differente, ci si conosce molto meglio. In fin dei conti, per entrambi, la posta in gioco è il nostro denaro.

Suo padre ha costruito l’azienda negli anni ’70. Oggi, la proprietà è divisa a metà tra lei e sua sorella. Com’è andato il passaggio di consegne? Come va sempre con i padri, un processo lungo e strisciante (ride). Beh, sì, infine tutto ha funzionato. Ovviamente, abbiamo anche la fortuna di fare tante cose differenti, in luoghi diversi. Così, è abbastanza facile andare per la propria strada, per poi fare qualcos’altro insieme. Cioè, non si sta dietro una scrivania giorno per giorno. La cosa bella è la possibilità di scambiarsi i ruoli. Tra me e mia sorella non esiste una suddivisione formale delle responsabilità. Ognuno agisce lì dove si trova. Mia sorella trascorre più tempo a Gran Canaria, io sto per di più in Germania, delle Maldive ci occupiamo in alternanza.

Lei è cresciuto nel mondo alberghiero. Ha mai pensato seriamente di fare qualcosa di diverso? Ho lavorato qualche anno per McKinsey. Ma tenere le redini della propria azienda è tutt’altra cosa. Proprio ora, io e mia sorella stiamo entrando nel mercato delle crociere. Abbiamo fondato la Riverside Luxury Cruises, un progetto che avvieremo con cinque esclusive navi da crociera. Ad aprile, partiranno i nostri primi viaggi, sul Reno, sul Rodano e sul Danubio.

Voglia di saperne di più su questo tema?

Ad ogni nuova collezione, il giovane designer – all’epoca appena ventiquattrenne – diventa più coraggioso, osando anche l’impiego di materiali poco conosciuti. Nel 2012, va a segno il suo primo grande colpo, grazie al quale il suo nome debutta sulle pagine del New York Times: Eicke fa realizzare in Germania un tavolo pieghevole in carbonio, kevlar e titanio, esponendolo nella galleria Jonathan Burden di Manhattan. Il prezzo del tavolo: 68 mila dollari! Di colpo, il suo nome conquista la scena del design e diverse celebrità (delle quali non vuole svelare i nomi) diventano fedeli clienti del suo marchio. «All’epoca, l’articolo sul New York Times ha catapultato la mia carriera verso un altro livello».

Da allora, il designer – oggi trentatreenne – suddivide i propri lavori in due categorie: la prima comprende le sculture, quindi lavori più indirizzati verso l’arte con un prezzo più elevato; la seconda il design commerciale, come per esempio la sua Sloth Beach Chair, lanciata di recente, e in genere tutti i prodotti rivolti a un pubblico più ampio. Tra questi vi sono anche i suoi bicchieri della serie Ghost, nel frattempo diventati famosi. Nel 2015, dopo un anno particolarmente stressante, Maximilian Eicke decide di trasferirsi definitivamente a Bali e comincia a cercare un terreno sull’isola per costruire lì la casa dei suoi sogni. Un anno dopo incontra a Bali l’attuale moglie Irina. Accanto al proprio lavoro di modella e stilista, lei oggi sostiene il marito in veste di direttrice creativa.

Nel frattempo, Maximilian Eicke ha costruito a Bali non solo una casa per sé, ma anche una per i suoi genitori. In programma, una terza per sua sorella. Ma anche negli Hamptons Eicke possiede una piccola casa, utilizzata d’estate quando apre la sua galleria. Bali, però, sta diventando sempre di più la patria d’elezione di tutta la famiglia. «Sull’isola posso realizzare tutto quello che ho sempre sognato. Fin dall’inizio, avevo l’idea di agire esattamente come Frank Lloyd Wright, tanto tempo prima di me: progettare una casa, completando la visione d’insieme con tutti gli accessori e arredi disegnati ad hoc. Dai mobili in armonia con l’ambiente, alle posate, al vasellame».

Che Max ID NY diventi ora virale giusto a causa dei bicchieri, è stata una vera sorpresa per Maximilian Eicke. Dopo aver lanciato nel 2018 il progetto del vetro insieme con la moglie Irina, la merce fu venduta in un primo momento esclusivamente nella galleria negli Hamptons. Poi, durante il lockdown, trascorso dalla coppia a Bali, Maximilian sviluppa su consiglio di sua moglie una piattaforma di vendita online. A seguire, Irina ha un’idea di marketing fuori dai canoni: invece di proporre i bicchieri al settore di arredamento, i due cercano le case di moda e le personalità più cool – quelle che piacciono anche a loro stessi –, inviando un’edizione limitata dei bicchieri (in verde scuro), con un packaging elaborato e un ampio dossier di marketing, a centoventi contatti di alto livello del settore della moda.

Irina ricorda: «Volevamo sorprendere le persone con un accessorio bello per la loro casa». A solo sei settimane di distanza esplodono le vendite nel loro negozio online. A seguire arrivano richieste di piattaforme di moda come Moda Operandi o Fwrd, interessati a collaborare con Eicke; oggi offrono edizioni limitate personalizzate dei bicchieri della serie Ghost (nelle varianti bianco e verde). Influencer come Jen Ceballos (@endlesslyloveclub) o Elsa Hosk (@ hoskelsa, otto milioni di follower) condividono i prodotti di Eicke sui social media. Un importante passo avanti sul mercato statunitense. Ma quali sono i prossimi obiettivi?

Eicke ha le idee chiare: «Vorrei approdare sul mercato europeo e incrementare la fama internazionale del brand».

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