L'Ora di Religione

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Riccardo Grassi

Cose nuove e cose antiche «L’Ora di Religione» riprende il suo cammino con alcune novità. Le più evidenti sono: 7  ritorna a 60 pagine; 7  è rivolta esclusivamente alle/agli Insegnanti della Scuola dell’Infanzia e della Primaria. Riteniamo che la riduzione delle pagine, e quindi del costo della rivista, possano essere positivi. Inoltre, avere definito i destinatari è funzionale a un reale coinvolgimento e incontro con coloro che utilizzano la rivista. Per noi è importante che la rivista sia uno strumento utile per capire la scuola e per lavorare meglio con i fanciulli e i bambini.

Editoriale

Un sereno e cordiale saluto a tutte/i i nostri amici di viaggio!

Una novità sono gli articoli di Dario Nicoli, che affronta il tema Educare la gioventù della rinascita, e gli articoli di Giuseppe Cursio sulla Gestione della classe. Altra importante novità sono gli articoli di Riziero Zucchi e di Bruno Ferrero sul tema Pedagogia dei genitori – A scuola con i figli. Desidero riconsiderare e affrontare il rapporto dei genitori con gli insegnanti e con la Scuola istituzione.

Vogliamo accogliere e dare voce a ciò che Papa Francesco ha suggerito: «Bisogna favorire una nuova “complicità”, una complicità tra insegnanti e genitori. Anzitutto rinunciando a pensarsi come fronti contrapposti, colpevolizzandosi a vicenda, ma al contrario mettendosi nei panni gli uni degli altri, comprendendo le oggettive difficoltà che gli uni e gli altri oggi incontrano nell’educazione, e così creando una maggiore solidarietà: complicità solidale».

Idr

Come già dicevo l’anno scorso, sullo sfondo c’è l’alleanza educativa, il patto educativo.

Con tanta simpatia e fiducia. Buon cammino! don Riccardo

3 settembre-ottobre 2019

L’Ora di Religione


Formazione

Infanzia

3 EDITORIALE Cose nuove e cose antiche Don Riccardo Grassi

18 UNITÀ DI LAVORO/1 L’estate sta finendo e inizia un nuovo anno! Daniela Olivier

5 L’ESPERTO RISPONDE Problemi giuridici e amministrativi Sergio Cicatelli 6 EDUCARE LA GIOVENTÙ DELLA RINASCITA L’educazione nel tempo dello scetticismo Dario Nicoli 8 PEDAGOGIA DEI GENITORI Il sapere dei genitori Riziero Zucchi

Settembre-Ottobre 2019

Sommario

10 A SCUOLA CON I FIGLI Tempo di apprendistato Bruno Ferrero

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12 COMPETENZE RELAZIONALI Benvenuti nella razza umana! Massimo Diana 14 vie pedagogiche per l’irc La scuola come un «giardino» da coltivare Cristina Carnevale 16 IRC NELLE FINALITÀ DELLA SCUOLA Nuove prospettive per il riconoscimento dei titoli ecclesiastici Sergio Cicatelli 32 DIARIO DI SCUOLA Costruire una «buona» moralità nel bambino Elisabetta Serra 34 IL PROCESSO DI APPRENDIMENTO Insegnare è facile o difficile? Mario Comoglio

24 INTORNO A UNA STORIA Nel paese dei coccoloni Alessandra Alessandri Fiammetta Scaletti 28 PRIMI PASSI NELLA BIBBIA Tutti sull’Arca! Si parte! Sara Benfatti 30 COSTRUIRE LA COMUNITÀ Da «gruppo-classe» a «comunità-classe»: si può? Vittorio Pieroni Antonia Santos Fermino

Primaria 36 UNITÀ DI LAVORO/1 Abbiamo cura della nostra «casa comune» Marisa Civitillo Patrizia Giordano 42 LE PAROLE DELLA BIBBIA Le origini Redazione 44 ESPERIENZE DIDATTICHE Animazioni con tecniche miste Patrizia Delsoldato 46 GIOVANI CAMPIONI Angelo Roncalli Redazione 48 ARTE E RELIGIONE Gesù chiama Pietro e i primi discepoli a seguirlo Maria Luisa Mazzarello 50 DIDATTICHE SPECIALI Tutti insieme con piccoli gesti per difendere il mondo Patrizia Delsoldato Simonetta Michelotti

Rubriche

52 MANUALITÀ All’inizio dell’anno scolastico Redazione

60 NAVIGANDO PER SITI Agenda 2030 Maria Dente

54 GESTIRE LA CLASSE Osservo la mia classe Giuseppe Cursio

61 LO SCAFFALE Biblioteca per la scuola Redazione

56 BAMBINI SENZA STRESS Rilassamento generale Redazione

62 FILMINSIEME Aladdin Ilaria Falcone

58 LIM Insieme è bello! Iola Albanese

L’Ora di Religione settembre -ottobre 2019

ANNO 32° - ANNO SCOLASTICO 2019/20 Direttore: Riccardo Grassi Vice-direttrice: Cristina Carnevale Consiglio di Redazione: Cristina Carnevale, Patrizia Delsoldato, Simonetta Michelotti, Francesca Sgarrella. Segretario di Redazione: Claudio Russo. Collaboratori di questo numero: Iola Albanese, Alessandra Alessandri, Maria Alejandra Ardila, Sara Benfatti, Cristina Carnevale, Marisa Civitillo, Sergio Cicatelli, Mario Comoglio, Giuseppe Cursio, Patrizia Delsoldato, Maria Dente, Massimo Diana, Ilaria Falcone, Antonia Santos Fermino, Bruno Ferrero, Patrizia Giordano, Maria Luisa Mazzarello, Simonetta Michelotti, Dario Nicoli, Daniela Olivier, Vittorio Pieroni, Claudio Russo, Fiammetta Scaletti, Elisabetta Serra, Riziero Zucchi. Abbonamento 2019/2020 ai 7 numeri de «L’Ora di Religione»: per l’Italia € 19,50 – un numero € 5,00 per l’estero € 32,50 Amministrazione «L’Ora di Religione» - Elledici Corso Francia, 333/3 – 10142 Torino C.C.P. N. 20616108 – l’Ora di Religione L.D.C. 10096 Leumann – TO Tel.: 011.95.52.164/165 Fax: 011.95.74.048 (Abbonamenti) E-mail (redazione): oradireligione@elledici.org E-mail (abbonamenti): abbonamenti@elledici.org Internet: www.elledici.org/scuola Foto e disegni: 123RF (copertina, pp. 3, 7, 8, 9, 10, 1112, 13, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 26, 27 [in basso], 30, 32, 33, 35, 36 [a sinistra], 39 [a destra], 41 [in basso], 47, 52, 54, 55, 56, 57); Iola Albanese (pp. 58, 59); Alessandra Alessandri – Fiammetta Scaletti (p. 27 [in alto]); Archivio Elledici (pp. 23, 43, 52); Maria Alejandra Ardila (pp. 24, 25); Sara Benfatti (p. 29); Patrizia Delsoldato (p. 45); Pasqualina Iacobelli (pp. 36 [a destra], 37, 38, 39 [a sinistra], 40, 41 [in alto]); Gianfranco Monaca (p. 48); Wikipedia (p. 14, 51). Elaborazione immagini: Laboratorio Elledici Impaginazione e grafica: Matì - Collegno - TO L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti dei brani o delle illustrazioni riprodotte. Per il cambio di indirizzo, inviare la targhetta con il vecchio indirizzo. Responsabile: Mario Filippi Registrazione Tribunale di Torino (30.9.87) n. 3840 Stampa: Grafica Veneta S.p.A. - Tebaseleghe - PD ISSN 1121 – 1563 ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Per contattarci: oradireligione@elledici.org Facebook: ellediciscuola www.elledici.org/scuola Contenuti Riservati scaricabili dal sito


Gentilissimo prof. Cicatelli, sono una docente annuale di Religione cattolica. Ho conseguito il titolo valido per l’insegnamento nel novembre 2014 e da quel momento ho sempre lavorato con orario completo (22 ore +2). Quest’anno ho presentato richiesta per la ricostruzione di carriera. Vorrei sapere se dopo 4 anni dal conseguimento del titolo posso considerarmi automaticamente «stabilizzata» e quindi ho diritto di usufruire degli stessi permessi delle colleghe di ruolo oppure no. Grazie in anticipo. Saluti.

Egr. dr. Cicatelli, sono un’insegnante di Religione Cattolica con incarico annuale e da due anni nella scuola primaria. Quest’anno nella mia scuola si perderanno delle ore; di conseguenza la docente di ruolo avrà la cattedra completa; io, invece, avrò 20 ore di lezione e due di programmazione. Nella mia nomina è scritto: «La suddetta nomina è da considerarsi cattedra completa per ragioni strutturali». Può gentilmente spiegarmi che cosa significa? È la prima volta che mi capita questa scritta. Il contratto che avrò sarà di 20 ore più 2 di proDopo aver presentato richiesta di nuovo inqua- grammazione o sarà di 24 ore? Se di 24 ore, le dramento, occorre attendere la ricostruzione di car- 2 ore mancanti dovrò farle a disposizione delriera e la conferma, da parte della scuola, della nuova la scuola? Attendo una sua risposta. Grazie. condizione di equiparazione al personale di ruolo. Si può trattare di una mera formalità, ma è bene Le «ragioni strutturali» sono state introdotte non considerarsi «stabilizzati» prima di averne rice- dal DPR 399/88, art. 3, c. 7, solo per gli IdR della scuola secondaria e sono state regolamentate dalla vuto notizia dalla scuola. CM 206/90. Non è quindi corretto parlare di ragioEgregio dr. Cicatelli, sono un’insegnante di ni strutturali per gli incarichi di IRC nella scuola priReligione a tempo indeterminato, in servizio maria. Probabilmente, però, si è usata impropriada quasi trent’anni. Le scrivo in merito all’or- mente l’espressione per ricordare che, analogamenganico di potenziamento. Nel mio istituto com- te agli IdR della secondaria cui si possono applicare prensivo sono l’unica IdR, e il prossimo anno le suddette ragioni strutturali, nella primaria è scolastico ci sarà una contrazione di ore. È pos- possibile riconoscere la progressione econosibile essere utilizzata nel potenziamento? Faccio mica di carriera agli IdR incaricati per almeno 12 presente che ho superato anche il concorso per ore settimanali. Rimane comunque escluso che in l’insegnamento nella scuola di tipo comune. questo caso si possa raggiungere l’orario completo, Grazie. dovendosi solo riconoscere la progressione economica in proporzione alle ore di incarico. È possibile In linea di principio, gli IdR non possono esse- che ci sia stato anche un ulteriore equivoco e che re impiegati nel potenziamento perché non ne si sia parlato di «ragioni strutturali» per fare invece fanno parte, ma si può sperare di ottenere qualche riferimento al «completamento orario» con ore a ora a disposizione in sede di definizione dell’organico disposizione in base al CCNI sulla mobilità, art. 2, c. di fatto in attuazione del CCNI sulle utilizzazioni (ma 7, che consente di completare l’orario dell’IdR quatutto dipende dalla contrattazione tra l’USR e l’ufficio lora si siano perse fino a 1/5 delle ore nella sede di diocesano). In caso di contrazione oraria sarà quindi servizio, ma tale effetto deve risultare dagli accordi necessario andare a completare in altra scuola. tra Usr e ordinario diocesano.

settembre-ottobre 2019

L’Ora di Religione

Idr

Problemi giuridici e amministrativi

L’esperto risponde

Sergio Cicatelli

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Idr

Educare la gioventù della rinascita

Dario Nicoli

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L’educazione nel tempo dello scetticismo Serve una proposta educativa che aiuti i giovani a combattere una lotta inedita con le forze della distrazione e della dissipazione, fuori e dentro di sé. Un tempo inedito Per la prima volta nella storia recente, il “mestiere” di diventare grandi da parte dei giovani si svolge in un contesto di scetticismo radicale. È un tempo liminale nel quale un’epoca sembra decadere e un’altra sembra nascere, mentre si rimane entro uno spazio sospeso segnato da inquietudine e disorientamento che rimbalza dalla vita sociale all’anima e viceversa. È il tempo del Social Drama, una fase nella quale individui, gruppi e movimenti si dedicano con grande vigore alla decostruzione degli apparati istituzionali e simbolici, cercando confusamente nuovi spazi di libertà, ma senza una direzione precisa verso cui orientare le proprie energie. In questo contesto essi possono accedere a nuove esperienze di vita connesse alle relazioni tra le persone, alla comunicazione, alla mobilità e al divertimento, in una sorta di sperimentalismo diffuso. In questo spazio liminale gli individui e i gruppi tendono a vivere sentimenti di sfiducia verso le varie tipologie di autorità, rafforzando la convinzione che i fondamenti dell’intera costruzione sociale possano essere messi in discussione. L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

Uno degli ambiti in cui più rilevante appare il cambiamento è quello antropologico. Le relazioni tra le persone si fanno incerte, provvisorie, mentre aumentano le tipologie di legami. In generale, gli adulti hanno sostituito il compito educativo con quello protettivo, come se una minaccia mortale gravasse sui bambini e sui giovani. Si può legare questo declino educativo, sostituito con l’ansia protettiva, alle problematiche delle relazioni tra i genitori che rendono difficile un clima sereno per la crescita dei figli. La precarietà dei legami e il senso di minaccia circa il futuro sembrano essere infine una delle cause della denatalità che caratterizza il nostro mondo. La scuola è fortemente investita dal cambiamento culturale e antropologico. Senza un quadro di valori univoco e una famiglia collaborativa, a fronte dell’aumento delle problematiche della motivazione e dell’apprendimento, essa appare letteralmente «sull’orlo di una crisi di nervi» anche se non mancano esempi di rinnovamento tesi a costruire le condizioni di una comunità educativa di nuovo tipo.

Il Social Drama è reversibile poiché l’essere umano, e la vita sociale, non tollerano la chiusura, l’indignazione permanente e il vuoto (Victor Turner [1986], Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna, p. 61). Così, accanto alle pulsioni distruttive, sono all’opera forze generative che si dedicano al rinnovamento della vita sociale e in particolare dei legami tra le generazioni. In queste tensioni, un popolo che è sembrato dare ascolto a ogni stranezza e ciarlataneria è in realtà (confusamente) alla ricerca di un ideale cui affidarsi, che dia senso unitario alla vita e conferisca consistenza e stabilità alla vita comune.

Una gioventù eccezionale e due risposte errate

La generazione del Sessantotto, che presumeva di sapere ciò che voleva (l’impossibile), ha iniziato l’epoca del Social Drama e ha messo mano a una trasformazione dei costumi all’insegna di nuove libertà, senza peraltro dedicarsi al rinnovamento della vita sociale e dei legami umani, ritrovando il nesso vitale con le fonti originarie della nostra civiltà. In


tal modo è stato scavato un solco tra il mondo soggettivo e lo spazio della vita comune. La generazione degli anni ’80-’90 ha abbandonato ogni velleità di impegno collettivo e si è dedicata al «riflusso nel privato», ovvero a sperimentare i nuovi ambiti di esperienza soggettiva, alla «cura di sé» fatta di bisogni e preferenze sempre nuovi e crescenti. L’attuale gioventù si può definire «eccezionale» perché, sia pure in modo contraddittorio, esprime un’esigenza di punti di riferimento per la vita. In un clima di scetticismo e rimozione delle questioni ultime che l’hanno resa ignara e povera di linguaggio circa l’anima, la realtà, la vita comune, il senso dell’esistenza e il destino, essa cerca punti di riferimento che l’aiutino ad articolare i quesiti fondamentali della vita, cogliere nella realtà significati che consentano di dare unità e consistenza al proprio io frantumato e delineare un proprio compito positivo nel mondo. Ad essa si rivolgono due risposte errate: l’estetica dell’esistenza e la rievocazione del passato. La prima è stata teorizzata da Michel Foucault che, travisando l’antico nosce te ipso, ha cercato di dare una giustificazione filosofica alla cura del sé, uno stile di vita che possiamo definire narcisismo etico, che legittima e asseconda ogni impulso, bisogno e desiderio che smuove la nostra psiche, purché non rechi (volontariamente) male agli altri (Michel Foucault, Il governo di sé e degli altri, Feltrinelli, Milano 2015). La seconda consiste nel ritenere validi per il nostro tempo i modelli dell’educazione antica centrati sull’epica degli dei e degli eroi entro una religione politeista (Hubert Dreyfus e Sean Dorrance Kelly, Ogni cosa risplende. I classici e il senso dell’esistenza, Einaudi, Torino 2012). Va notato che nep-

L’attuale gioventù cerca punti di riferimento.

pure gli insegnanti di oggi rappresentano la personificazione del sapiente come norma di vita, visto che, considerando definitivamente decaduta la nostra civiltà, non trovano nel nostro tempo alcunché di positivo cui dedicarsi. In tal modo, i giovani non sono accompagnati ad inserirsi positivamente nel reale, ma sono sollecitati a immaginare una vita inattuale, poco efficace come modello di interiorizzazione che indichi la via del diventare grandi entro un cammino lieve di rinascita.

Il ruolo delle forze di vita Siamo di fronte a un inedito contrasto tra le forze di vita proprie della gioventù, alla ricerca di significati e riferimenti saldi per la vita, e la consegna culturale rivolta loro dalla maggior parte degli adulti, segnata da dubbi e incertezze di fondo circa il senso dell’esistenza e lo stesso futuro umano. I giovani sono naturalmente portati a una disposizione positiva nei confronti del futuro, là dove si svolgerà la gran parte della loro vita. Essi portano con sé l’entusiasmo, che in greco significa «avere Dio con sé». Le possibilità umane proprie della gioventù non si estinguono a causa delle contingenze:

la gioventù risponde positivamente a una proposta culturale quando è sostenuta da adulti (imperfetti) che meritano fiducia, che propongono una narrazione positiva del mondo e del posto dell’uomo in esso, con i quali vale la pena impegnarsi per svolgere un percorso di scoperta della realtà e nel contempo di sé, imparando in questo modo a vivere. Serve una proposta educativa che aiuti i giovani a combattere una lotta inedita con le forze della distrazione e della dissipazione, fuori e dentro di sé. Contro la cupezza della narrazione dominante, gli adulti e le istituzioni di questo tempo liminale hanno la responsabilità di porre un freno all’industria della distrazione scettica e nichilista, al rumore e all’agitazione che stordiscono e deprimono le preziose facoltà dei giovani. Va posta mano a un’opera generativa incentrata su comunità rinnovate (famiglie, scuole, imprese, vita civica, gruppi elettivi) che scuotano gli individui dallo stato semionirico in cui si trovano, propongano un canone formativo veritativo, lieve e impegnato nel reale, opportunità di ingaggio che, tramite il servizio agli altri, permettano a ciascuno di scoprire il proprio reale valore e fare luce sulla propria strada. settembre-ottobre 2019

L’Ora di Religione

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Riziero Zucchi

Idr

Pedagogia dei genitori

Il sapere dei genitori La genitorialità, un mondo da scoprire e riconoscere.

Scuola e famiglia, universi formativi che devono esser connessi

Ogni bambino è un sistema di relazioni. «Diventiamo noi stessi tramite gli altri», sottolinea Lev Semenovic Vygotskij. Ogni alunno è anche un figlio. Scuola e famiglia sono universi formativi che devono esser connessi, di cui occorre tener conto se riteniamo che il figlioalunno abbia il diritto ad ambiti educativi coerenti in cui crescere. In questa rubrica andremo alla scoperta del mondo della genitorialità, delle sue risorse e soprattutto delle sue competenze e delle sue conoscenze. Individueremo modi e situazioni che permettono di collegare lo spazio-famiglia a quello della scuola, un’alleanza necessaria in un periodo storico in cui la società dell’avere e dei consumi tende a ostacolare le agenzie educative che insegnano a essere e formano la persona.

Le conoscenze educative dei genitori

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Il genitore ha una conoscenza specifica del figlio, fondata sulla contiguità educativa nello spazio e nel tempo. Fin dal concepimento lo sogna, proiettando nel futuro la sua esistenza, realizzando le parole di Danilo Dolci: «Ciascuno cresce solo se viene sognato». I sogni si trasformano in un pro-

L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

getto di vita di cui mamma e papà sono coautori. La famiglia trasmette al figlio una cultura: modi di agire, costumi, abitudini e il sistema simbolico condiviso dalla comunità. Il suo impegno consiste nella trasformazione dei messaggi e delle emozioni provenienti dal figlio e nella loro elaborazione e restituzione per metterlo in grado di affrontare il mondo che lo circonda e la crescita. «Educare» significa essere implicati in un agire pratico ad alto tasso di problematicità. I genitori si trovano ad agire nella complessità; il loro sapere deriva dal far fronte a situazioni cui devono dare risposte all’interno di una logica contestuale, è il sapere della relazione. Si ispirano all’esperienza della famiglia di origine, ma le loro scelte derivano dal dialogo col figlio, che è spesso guida alla loro azione. È anche sapere dell’amore, delle emozioni, di cui gli studiosi riconoscono la razionalità. L’affetto che ogni genitore nutre per il figlio non è solo fattore di crescita, ma produce un particolare tipo di conoscenza. Le «ragioni del cuore», sottolineate dal filosofo Blaise Pascal, permettono di elaborare un sapere empatico volto alla positività, all’ottimismo, un sapere di ca-

rattere pedagogico. Caratteristica della pedagogia è non perdere mai di vista la tensione affettiva che caratterizza la relazione educatore-educando. La crescita del figlio è contemporaneamente fisica, emotivorelazionale e cognitiva. I genitori si impegnano, promuovono il suo sviluppo integrale, intervenendo anche sul piano intellettivo. Dobbiamo a Bruner, nel saggio Il linguaggio del bambino, edito da Armando nel 1987, la scoperta e la descrizione accurata delle modalità con cui i genitori insegnano a pensare al figlio tramite l’apprendimento dell’oralità. Ogni parola è un’astrazione, e il cervello del piccolo d’uomo viene strutturato in base al vocabolario, alla grammatica, alla sintassi che gradatamente impara da mamma e papà nei primi anni di vita. La fiducia del genitore sostiene le potenzialità del figlio.


Il ruolo delle forze di vita

I genitori realizzano attività educative che diventano altrettante competenze. Aver dato origine a un essere umano e contribuire alla sua crescita sviluppa e consolida abilità specifiche che possono essere definite valori in azione, pedagogie. La loro importanza è tale che possono essere formalizzate e fatte proprie dai professionisti che si occupano di rapporti umani (educatori, giudici, medici, insegnanti, ecc.). La pedagogia dell’identità e del riconoscimento si realizza tramite l’azione sociale. Io mi riconosco tramite gli altri, e gli altri, nel momento difficile e delicato della crescita, sono i genitori. Sono loro che all’inizio impostano il rapporto dell’individuo con se stesso. Per la mamma e il papà, il figlio è il più bello e intelligente del mondo, e questo atteggiamento si iscrive nel processo evolutivo di crescita. Altrimenti non si opererebbe quell’investimento di energie umane che propone senso di unicità, identità e sviluppo. Ognuno di noi è unico al mondo, ne deve aver coscienza, condizione fondamentale per accettarsi. Nell’azione dei genitori vi è la spinta verso il futuro. «Pedagogia della speranza» significa crescita e superamento delle difficoltà, tensione e investimento nello sviluppo delle potenzialità del figlio. La speranza è l’anima del progetto di vita, del «pensami adulto». Andare al di là di ogni prospettiva razionale significa una tensione continua verso la soluzione dei problemi. La speranza dei genitori si misura sul figlio, sulle sue capacità, sulla necessità di andare oltre, di superare le difficoltà. «Fortis imaginatio generat casum», sostiene Montaigne: la forza del sogno e della speranza permette di guidare gli eventi, di condurli verso una soluzione positiva, ed è questo il segreto dell’educazione. La

Nell’azione dei genitori vi è la spinta verso il futuro.

pedagogia della speranza è caratterizzata da un orizzonte vasto, mentre la pedagogia della fiducia è fondata sulla quotidianità. È legata alle forze e alle scelte che il piccolo d’uomo deve mettere in campo. Percepisce che le sue energie sono inserite in un progetto di cui i genitori sono consapevoli. La fiducia del genitore sostiene le potenzialità del figlio e le fa nascere. Diventa consapevole delle proprie capacità e inizia a fare delle scelte. I genitori lo conoscono meglio di qualsiasi altra persona, il loro sostegno e la loro approvazione hanno un peso incomparabile. Sono strumenti di crescita attraverso i quali la famiglia attribuisce autonomia al figlio. La pedagogia della responsabilità è alla base dell’educazione genitoriale: il bimbo è parte della famiglia, e nessuno se ne può occupare con la stessa intensità. La famiglia assume l’impegno della crescita e ne risponde al mondo. Il successo e la felicità del figlio sono il suo successo e la sua felicità. Non si può sottrarre, né può dare le dimissioni. Non può colpevolizzare altre istituzioni. Questa responsabilità, assunta positivamente, le attribuisce una forza e una capacità che nessun’altra agenzia educativa possiede. Deve riuscire, trovare soluzioni. Di qui le risorse di organizzazione e ricerca che le sono proprie.

L’intervento dei genitori possiede una continuità che altre situazioni educative non hanno. La loro azione ha le caratteristiche di un esperimento scientifico di cui pongono le premesse e possono seguire nello spazio e nel tempo. Assistono all’evoluzione di una personalità che determinano e dalla quale sono determinati. È la pedagogia della crescita: sono sollecitati dall’incessante sviluppo fisico e spirituale del figlio, che induce una flessibilità da conquistare quotidianamente. L’educazione si pone come contrattazione continua che non permette chiusure a priori, ma l’adattarsi a cambiamenti successivi. I genitori propongono incessantemente soluzioni creative per una individualità in continuo sviluppo. Nell’attuale modernità “liquida”, priva di punti di riferimento, il loro intervento acquista importanza significativa perché, accanto alla necessaria flessibilità, devono proporre “argini” stabili, necessari a uno sviluppo sicuro, indirizzato verso valori certi e costanti. Valorizzare conoscenze e competenze educative dei genitori significa proporre accanto alla scuola e all’ente locale la presa di coscienza di un’agenzia educativa in grado di contribuire al miglioramento di una società. settembre-ottobre 2019

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Bruno Ferrero

A scuola con i figli

Tempo di apprendistato A scuola i ragazzi devono impadronirsi degli strumenti fondamentali per incidere creativamente nella realtà umana. Diventare «onesti cittadini», uno degli obiettivi del sistema educativo di Don Bosco, è anche un dovere. Per raggiungere questo obiettivo la famiglia e la società si alleano insieme in quel momento particolare che è la scuola. Gli adulti possono fare molto per rendere molto più sereno, utile ed efficace questo importante periodo di vita dei ragazzi.

Idr

La scuola è un grande periodo di apprendistato

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Quello che effettivamente i ragazzi devono fare è impadronirsi degli strumenti fondamentali per incidere creativamente nella realtà umana. Devono imparare a pensare, a esprimersi correttamente, a usare creativamente tutto ciò che serve ad assolvere il fondamentale compito umano. Devono arrivare veramente all’«uso della ragione». È come se dovessero imparare un mestiere, e questo esige tempi lunghi. Nessuno impara a studiare semplicemente ricevendo l’ordine «Studia!», minacce o ricatti di vario tipo. Le trasformazioni sempre più rapide nel campo dell’informatica e della telematica, le continue evoluzioni in campo legale ed economico pongono agli studenti un probleL’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

I bambini devono imparare a pensare. ma urgente: devono imparare, in modo flessibile e in tempi brevi. Un mestiere si impara guardando e imitando chi è esperto. L’autonomia, le virtù sociali, la disciplina intellettuale, tutto ciò che costituirà il «se stesso» dell’uomo maturo si impara se è proposto, e qualche volta imposto. I genitori non possono pensare di «delegare» questa educazione fondamentale alla scuola. Non devono cioè soltanto «aspettare» dei risultati. Devono collaborare

per raggiungerli. Sono loro i maestri di maturità umana.

Non lasciateli soli, ma non sostituitevi a loro Per quanto è possibile, gli adulti devono evitare due comportamenti opposti: sostituirsi ai ragazzi nello svolgimento dei loro impegni oppure abbandonarli a se stessi, facendo al massimo la “guardia”.


Dategli una solida motivazione II problema di fondo dei ragazzi è: «Perché dobbiamo studiare?». Gli adulti devono manifestare chiaramente le loro aspettative. Attraverso l’incoraggiamento e l’esempio soprattutto. In fondo, i bambini studiano per forza. Gli studi sono qualcosa che interessa agli adulti, non loro. I piccoli vogliono sapere, questo sì. Hanno una curiosità praticamente immensa, che la scuola ordina e incanala, come l’acqua destinata a produrre energia elettrica in una centrale. Questo richiede sforzo. Molti ragazzi non riescono però a vedere un obiettivo convincente nel susseguirsi delle materie scolastiche. La vaga indicazione di un mitico “pezzo di carta” non è più sufficiente. Gli studenti devono vedere concretamente «a che cosa serve la scuola». Se la scuola non viene collegata alla vita, rischia di essere percepita come un’inutile vessazione. II periodo scolastico è il più grosso investimento degli adulti per il futuro dei bambini. Un investimento che va protetto in ogni modo. La scuola non è una condanna. Bisogna lottare, e molto, perché i ragazzi sentano il piacere d’apprendere, il piacere di leggere, il piacere di ragionare. L’amore per i libri, per esempio, di solito si impara in casa.

Insegnate un metodo di lavoro II cervello diviene tanto più efficiente quanto più efficientemente viene usato. La memoria lavora tanto meglio quanto più viene fatta lavorare. L’intelligenza di molti giovani è a rischio di atrofia, semplicemente per mancanza di esercizio. Per poter riuscire a pensare, il bambino ha bisogno che gli si insegni a pensare. Per poter usare adeguatamente la memoria, ha bisogno che gli si insegni a ricor-

Gli studenti devono vedere concretamente «a che cosa serve la scuola». dare. Per poter risolvere adeguatamente i problemi, ha bisogno che gli si insegnino le tecniche di soluzione dei problemi. Scoprire il «come si fa» dello studio rende i ragazzi più sicuri in un campo così importante della propria vita e in un’età che ansiosamente cerca soprattutto la sicurezza. I compiti e le lezioni da fare in casa sono l’occasione per accorgersi dei punti deboli dei bambini. Molti hanno difficoltà a comprendere un testo scritto, a esprimersi oralmente in base a uno schema memorizzato oppure a elaborare in modo logico un testo scritto. Con una matita e un foglietto di carta, gli adulti possono affiancare i bambini e i ragazzi nello sforzo di capire, aiutandoli a mettere ordine nelle idee e soprattutto impedendo loro di «lasciar perdere» con troppa facilità. Se i ragazzi cadono nella trappola del «tanto non ci riesco» il loro destino scolastico è segnato.

Insegnate loro a gestire il tempo È importante che gli adulti aiutino i bambini a «tenere in ordine» la giornata, a fare una scaletta gerarchica degli impegni. È bene che i genitori controllino il

diario con i figli, per aiutarli a fare una programmazione che deve integrare con gli impegni scolastici anche divertimento, gioco, sport, attività collettive. Lo studio ha bisogno di tranquillità e di serenità globale.

Evitate l’ansia da insuccesso È necessario tenere sempre separata la stima per la persona del bambino/ragazzo dall’esito scolastico. Spesso il giudizio scolastico guarda solo il risultato e non tiene conto del progresso che ci può essere stato. Molte difficoltà scolastiche nascono da problemi che nulla hanno a che fare con la pigrizia o la distrazione.

Siate presenti nella vita scolastica Come sperare che un bambino prenda sul serio la scuola se i suoi genitori se ne disinteressano? I ragazzi sentono importante quello che gli adulti dimostrano di considerare importante. I genitori devono partecipare alle riunioni e agli incontri. Non come una specie di controparte dell’istituzione scolastica, ma come il più prezioso degli alleati. settembre-ottobre 2019

L’Ora di Religione

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Massimo Diana

Idr

Competenze relazionali

Benvenuti nella razza umana!

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Il fine ultimo di ogni esperienza educativa è farci percepire tutti quanti come «fratelli» e «sorelle» in una comune umanità.

Autosvelarsi in una relazione aiuta a ridimensionare l’immagine che si ha di se stessi. Ci eravamo lasciati l’anno scorso ragionando sull’importanza che una relazione educativa fosse, anzitutto, una relazione «umana», tra due o più persone che si mostrano per quello che sono, cioè semplicemente «umani». Si potrebbe anche dire che il fine ultimo di ogni esperienza educativa sia quello di farci percepire tutti quanti come «fratelli» e «sorelle» in una comune umanità. Non siamo peggiori o migliori di tanti altri: anche noi, come tutti, abbiamo i nostri difetti e limiti, i nostri talenti e pregi. Sentirsi parL’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

te di una comunità più ampia aiuta poco alla volta a superare due pericolose tentazioni: quella della “vittima” e quella dell’“eletto”. La sindrome del vittimismo è molto diffusa e si fonda sulla continua lamentela che nessuno capisce i nostri mali e le nostre disgrazie, che sono comunque sempre superiori – quantitativamente e qualitativamente – a quelle di tutti gli altri. La sindrome dell’eletto è per alcuni aspetti ancora peggiore, perché ci costringe a una mission impossible, a sottoporci a ritmi e

prestazioni dis-umani alimentando un ego e un narcisismo davvero insaziabili. Autosvelarsi in una relazione aiuta a ridimensionare l’immagine che abbiamo di noi stessi: in fondo, siamo davvero tutti su una stessa “barca”; non siamo unici nelle nostre disgrazie e non c’è nessuno che ci costringe a essere un “dio”. La persona davvero speciale è semmai quella che è semplicemente quello che è, nella sua unicità e individualità «umana». I sentimenti che i nostri bambini possono rivelarci, più o meno direttamente, potrebbero anche essere stati i nostri o essere ancora i nostri, e quindi è utile condividerli: significa darsi reciprocamente il «benvenuto nella razza umana!». Naturalmente può accadere talvolta che i bambini non desiderino affatto conoscere la vita personale del loro insegnante. Potrebbero sentirsi molto confortati dal fatto che esista una persona saggia e onnisciente che li aiuta. Per molti aspetti è più rassicurante immaginare che l’adulto che si occupa di noi sia una specie di mago o guru, perfetto e infallibile. È il meccanismo che, nella stanza d’analisi, è noto con il nome di «idealizzazione». Ogni “ma-


scomparirà. In altre parole, l’idealizzazione va accolta, perché rassicura e serve all’instaurarsi di un rapporto di fiducia, ma nel tempo bisogna aiutare i bambini a divenire autonomi, e non c’è via migliore per l’adulto che rivelarsi anche nei suoi limiti e nella sua fragilità. In Nel tempo bisogna aiutare i bambini a divenire questo modo si autonomi. comprende che estro” viene per alcuni aspetti, e tutto l’aiuto “magico” che si penalmeno per un certo tempo, ide- sava di aver ottenuto dall’adulto, alizzato dai propri “discepoli”. Il in realtà l’avevamo ottenuto da bravo maestro lo si riconosce dal noi stessi, da una fonte interna fatto che accoglie, all’inizio, tali a noi stessi. Come aveva acutaidealizzazioni, ma poi si adopera mente osservato sant’Agostino, per riportare la relazione sul pia- la funzione di ogni buon maestro no umano, su un piano di realtà: i è proprio quella di aiutare ciasculimiti e le fragilità connotano no a sintonizzarsi sul proprio anche il buon maestro! È questo «maestro interiore». Per un creprocesso di de-idealizzazione che dente è Dio, o lo Spirito, che prenpromuove l’autonomia del disce- de dimora dentro ciascuno di noi polo, e il buon maestro è colui che e ci parla in continuazione. Chiede lo favorisce, fino a mettere addi- solo di essere riconosciuto e ascolrittura il discepolo nelle condizio- tato… e magari anche obbedito. In questi casi il vero ascolto (audire) ni di poter superarlo. Fu Freud a intuire quel mec- è sempre anche obbedienza (obcanismo che poi ha chiamato audire); Maria è modello insupe«nevrosi da transfert». Alcuni rabile: «Eccomi! Sono la serva del individui potrebbero provare un Signore. Si faccia di me secondo la improvviso miglioramento delle Tua parola». Capita talvolta di dover fornire loro condizioni, talvolta anche radicale, semplicemente sentendosi «magia, mistero, autorità» – accolti e protetti in una relazione come diceva il Grande Inquisitore rassicurante. È certamente una di Dostoevskij –, specie in alcuni buona cosa ma, evidentemente, momenti e con alcune persone che molto fragile e precaria. È come se sono in grave difficoltà e hanno assi fosse verificata una sorta di «re- soluto bisogno di sentirsi protette gressione» (il transfert, tecnica- e rassicurate. Ma non dobbiamo mente, replica modalità relaziona- flirtare troppo a lungo con queste li infantili, del bambino che cerca seduzioni, che sono sempre anche un genitore protettivo e rassicu- un poco manipolatorie, e dobbiarante), ma non bisogna dimentica- mo aiutare i nostri piccoli alunni a re che il miglioramento che si veri- mettersi presto sulla strada dell’aufica è fondato sulle «sabbie mobili» tonomia, trovando in loro stessi, e che appena l’adulto uscirà dalla anzitutto, le risorse per affrontare vita del bambino il miglioramento quei problemi della vita che incon-

triamo tutti, prima o poi. Uno sguardo empatico ci permette di cogliere in molti dei bambini che riempiono le nostre classi persone che lottano con qualcuno degli stessi problemi che hanno perseguitato anche noi per tutta la vita. E un cuore compassionevole ci permette di chiederci se non possiamo portarli più lontano di quanto noi stessi non siamo arrivati. Non è necessario pensare che solo se siamo riusciti a risolvere integralmente i nostri problemi potremo aiutare anche gli altri a fare altrettanto. Nietzsche, in un suo aforisma, dice cose diverse: «Alcuni non possono allentare le proprie catene; ciò nonostante possono liberare i loro amici». È una visione molto bella e pacificante perché riconosce in ciascun essere vivente una fondamentale spinta all’autorealizzazione: c’è in ciascuno di noi un “fanciullo divino” che vuole nascere e crescere! Il nostro compito è semplicemente quello di “rimuovere gli ostacoli” e lasciare che i bambini maturino spontaneamente realizzando il proprio potenziale… magari anche superando quel maestro che li ha aiutati. Talvolta i più bravi maestri sono, o sono stati, individui incredibilmente tormentati. Per prenderci cura degli altri dobbiamo anzitutto prenderci cura di noi stessi, ma possiamo farlo solo se ci riconosciamo imperfetti e fragili: nulla può essere trasformato se prima non viene accettato! Riconoscendo e accettando i nostri limiti e le nostre fragilità diveniamo empatici verso i limiti e le fragilità altrui, e questo rende il nostro «cuore di pietra» un «cuore di carne», un cuore che «ha-a-cuore» la miseria, nostra e altrui. La misericordia è, letteralmente, avere «cuore» (kardìa) per la “miseria” che tutti ci costituisce in quanto «razza umana». Buon anno scolastico a tutte e a tutti voi! settembre-ottobre 2019

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Vie pedagogiche per l’irc

Cristina Carnevale

La scuola come un «giardino» da coltivare Un educatore tedesco dell’800 e il suo modo di comprendere ed educare la natura infantile: che cosa insegna alla scuola di oggi e a noi insegnanti di Religione. Carissimi, in questo anno, nei diversi numeri di questa rubrica, vogliamo farci prendere per mano da alcuni pedagogisti che possono offrirci, con le loro teorie, un contributo significativo per la nostra pratica dell’IRC.

Idr

Ritratti: specialisti dell’educazione

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Cominciamo con la figura di un educatore tedesco, Friedrich W. A. Fröbel (1782-1852), che probabilmente conoscerete come colui che ha ideato il cosiddetto Kindergarten, il «giardino di infanzia». Nel 1840, infatti, nella cittadina di Blankenburg, Fröbel fondò la prima scuolagiardino. Nei giardini d’infanzia, Fröbel esprime il suo nuovo modo di comprendere ed educare la natura infantile con uno stile che, per l’epoca, era davvero aperto al futuro. Nella sua visione, il bambino è abitato dal bisogno insopprimibile di esprimere il suo mondo interiore. Per manifestare l’essere umano che è, il piccolo non usa il linguaggio verbale, ma quello simbolico, cioè il gioco: ad esempio, cavalca un bastone, ma immagina di essere sopra a un L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

Friedrich Fröbel cavallo. La forma più alta del gioco, infatti, è quella che fa rivivere nell’immaginazione le dimensioni della vita sociale dell’adulto. Così il giardino di infanzia divenne il luogo dove offrire ai bambini la possibilità di scoprire loro stessi attraverso il gioco e lo spazio in cui sviluppare «il divino che è nell’uomo e in tutte le cose». Da questo punto di vista, la religione cristiana è per Fröbel insegnamento essenziale nell’esperienza di crescita umana. In questa esperienza, l’educazione è intesa come una celebra-

zione dell’autonomia spirituale dell’uomo: l’infanzia è paragonata a una pianta che cresce liberamente (si noti qui l’influenza di pedagogisti come gli svizzeri J.J. Rousseau (1712-1778) e soprattutto J.H. Pestalozzi (1746-1827), di cui Fröbel fu allievo. Ma come le piantine, nelle sfide della crescita, necessitano di delicate cure, così i bambini hanno bisogno di essere accuditi nel loro percorso di sviluppo. L’educazione conduce così l’uomo alla piena chiarezza di se stesso, a conoscere la propria vera vocazione riempiendola poi spontaneamente e liberamente. In questo senso, le «maestregiardiniere» hanno il compito di dedicarsi a questa preziosa coltivazione, non improvvisando, ma acquisendo un’adeguata preparazione soprattutto sul piano psico-pedagogico. La scuola-giardino si caratterizza come un vero e proprio ambiente educativo che promuove serenità, fiducia, distensione; riproduce il senso di accoglienza degli spazi domestici, anche offrendo ai bambini la vita in gruppi di età mista di tipo familiare, che ha effetti positivi come nel contatto tra fratelli, ma vi aggiunge mate-


riali e attività accuratamente pensati in senso pedagogico, come i cosiddetti «doni» (giochi offerti perché il bambino sviluppi le proprie abilità: la palla, il cubo, i cubetti, ecc.) o attività come il giardinaggio e l’allevamento degli animali. Oggi le scuole ad approccio fröbeliano sono andate ben oltre il giardino d’infanzia proponendo assistenza giovanile e consulenza educativa per le famiglie, fino a una speciale attenzione per i migranti e i rifugiati. Gli odierni «giardini dei bambini» includono lo sviluppo delle capacità creative con l’utilizzo di «sale sensoriali», l’integrazione della natura e la cura dell’ambiente con aree esterne accuratamente progettate, le cucine per bambini, le esperienze di «club» tematici e tanto altro ancora. Per Fröbel, il giardino d’infanzia è uno spazio di opportunità nel quale non solo gli educatori e i bambini, ma anche i genitori possono vivere esperienze formative in una partecipazione condivisa, comunitaria. L’educazione «olistica», che comprende cioè anche le figure educative territoriali (ad esempio: i dentisti, i vigili urbani, gli allenatori sportivi, ecc.), si basa sulla cosiddetta «istruzione situazionale» fondata sui bisogni concreti dei bambini, i quali, sempre a stretto contatto con i loro genitori, hanno la possibilità di rivivere, comprendere e quindi elaborare le esperienze di vita pratica.

Frasi-motto Sull’edificio del giardino di infanzia «La casa di Fröbel» a Blankenburg si legge a grandi lettere: «KOMMT LASST UNS UNSERN KINDERN LEBEN»: «VIENI, LASCIACI VIVERE CON I NOSTRI FIGLI!». Nel «vieni» c’è l’invito alla collaborazione educativa tra adulti responsabili; nel «lasciaci vivere con i nostri figli» ritroviamo l’ispirazione che muove il cuore di quegli educatori che, andando ben oltre il fare scuola solo come «lavoro», sentono quasi come propri i figli di altri e si assumono il gravoso compito di occuparsi dei bambini assistendoli con dedizione nella straordinaria esperienza della crescita.

Vie pedagogiche per l’IRC Come abbiamo potuto cogliere, il nostro Fröbel insegna molto alla scuola e a noi insegnanti di Religione. Mentre insegni Religione cattolica, allora… •  cerca di essere attento al mondo interiore dei bambini, alla loro esigenza di espressione; •  rispetta la libertà dello spirito umano in cerca della sua vera e libera vocazione; •  considera l’importanza del gioco come attività formativa nella quale il bambino può scoprire se stesso e il divino che è in lui;

•  crea un ambiente educativo contrassegnato dal senso di accoglienza, di stima reciproca, di speranza e di festa; •  proponi attività come il giardinaggio e il contatto con gli animali per generare l’amore verso gli esseri viventi; •  organizza giochi e canti per avvicinare i bambini alla vita profonda dell’umanità; •  pensa alla possibilità di far intervenire alunni più grandi nella classe dei più piccoli con la presentazione di esperienze di IRC; •  proponi apprendimenti situazionali: i contenuti dell’IRC devono aiutare a interpretare problemi reali di vita vissuta; •  abbi il coraggio di coinvolgere i genitori e altri educatori del territorio in esperienze di cooperazione pedagogica; •  senti sempre la responsabilità per la tua personale formazione; •  e soprattutto prova a immaginarti come un «maestrogiardiniere» nella convinzione dell’importanza di ogni tuo gesto, ma anche della sovrabbondanza di quel Dono… che solo da ciò che ci supera può venire. «In pace si diedero a coltivare la loro terra; il suolo dava i suoi prodotti e gli alberi della campagna i loro frutti…» (1 Mac 14,8). «Siate dunque costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge…» (Gc 5,7).

Per saperne di più

Orientamenti biblio/sitografici Visita il sito del giardino di infanzia «La casa di Fröebel»: https://www. awo-saalfeld.de/kinder-jugendund-familie/kindergaerten/awokindergarten-froebelhaus.html (vedi anche la «Pagina dei link»). settembre-ottobre 2019

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Idr

Irc nelle finalità della scuola

Sergio Cicatelli

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Nuove prospettive per il riconoscimento dei titoli ecclesiastici Il recente Accordo tra MIUR e Santa Sede sul riconoscimento reciproco dei titoli accademici apre nuovi scenari nel settore, ma non tutto è ancora chiaro.

Il 13 febbraio 2019 è stato firmato dal Ministro dell’istruzione, università e ricerca e dal Prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica un Accordo sul riconoscimento reciproco dei titoli rilasciati dalle rispettive istituzioni accademiche. Il testo dell’Accordo non è stato diffuso immediatamente e mancano ancora i regolamenti attuativi per poter valutare gli effetti che si verranno ad avere nell’ordinamento civile e in quello ecclesiastico, ma è possibile tentarne un primo esame, soprattutto per soddisfare l’interesse di tanti IdR in possesso di titoli ecclesiastici anche di alto livello.

Teologia e Sacra Scrittura Tutta la materia è normata dall’articolo 10 del Concordato del 1984, che al n. 2, comma 1, prevede il riconoscimento da parte dello Stato dei titoli accademici in Teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche, conferiti dalle facoltà approvate dalla Santa Sede. A quel comma, come nel caso dell’IRC, è stata data attuazione con una successiva Intesa, stipulata il 25 gennaio 1994 e recepita nell’ordinamento civile con il L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

DPR 175 del 2-2-1994. Tale Intesa, fermo restando quanto già pattuito nell’Intesa per l’IRC circa la qualificazione professionale degli IdR, ha stabilito che, oltre alla Teologia, siano riconoscibili solo i titoli in Sacra Scrittura. Più in dettaglio, sono riconoscibili i titoli accademici di baccalaureato e licenza in TeoloL’Accordo del 13 febbraio 2019 gia o in Sacra Scrittura, che è stato stipulato in attuazione della equivalgono rispettivamenConvenzione di Lisbona del 1997. te al diploma universitario e alla laurea civile. Le segreterie delle facoltà L’Intesa del 1994 faceva ecclesiastiche in cui sono staovviamente riferimento all’ordi- ti conseguiti questi titoli sono namento universitario vigente in genere in grado di fornire le all’epoca, mentre l’Accordo del istruzioni necessarie per il ricofebbraio scorso all’art. 2 prevede noscimento, che prevede comunesplicitamente la corrispondenza que la vidimazione del diploma tra laurea (triennale) e baccalau- originale e del certificato con gli reato, tra laurea magistrale e li- esami sostenuti presso la Concenza, e tra dottorato di ricerca e gregazione per l’educazione catdottorato rilasciato da una facoltà tolica, la Segretaria di Stato della ecclesiastica. Il riconoscimento Santa Sede e l’Ambasciata d’Italia non è automatico, ma deve es- presso la Santa Sede; quindi si sere esplicitamente richiesto dagli deve fare la formale domanda di interessati, previo accertamento riconoscimento al Miur. della durata degli studi e del numeVista l’Intesa del 1994, da venro di esami sostenuti, che non deve ticinque anni sono riconoscibili essere inferiore a 13 annualità per i sicuramente i titoli in Teologia titoli di primo livello e a 20 annua- (con tutte le sue specializzazioni) lità per i titoli di secondo livello. e in Sacra Scrittura (o denomi-


nazioni equivalenti). Il riconoscimento agli effetti civili rende questi titoli validi per l’ordinamento civile e dunque spendibili per quei concorsi in cui sia richiesta genericamente una laurea o una laurea magistrale, a prescindere dalla disciplina: è infatti evidente che né la Teologia né la Sacra Scrittura sono materie di interesse per le amministrazioni civili.

Riconoscere titoli o periodi di studio Diverso può essere il caso dei titoli conseguiti presso istituzioni accademiche di diritto pontificio in discipline diverse dalla Teologia e dalla Sacra Scrittura. Può essere il caso dei titoli in Diritto canonico, in Filosofia, in Scienze dell’educazione, ecc., che alcune facoltà pontificie rilasciano da tempo. Anche questi titoli, a seconda dei casi, hanno riconoscimento civile negli specifici settori professionali cui si riferiscono, con una procedura analoga a quella già descritta. C’è allora da chiedersi perché sia stato sottoscritto l’Accordo dello scorso febbraio, se già la quasi totalità dei titoli ecclesiastici poteva essere riconosciuta a livello civile. La novità dell’ultimo Accordo risiede in almeno due ordini di ragioni: da un lato, il riconoscimento dei titoli è generalizzato sulla base di un unico principio; dall’altro, si è proceduto a riconoscere anche il titolo di dottorato, che nei precedenti accordi non era considerato (anche perché ancora non largamente diffuso). Va inoltre precisato che l’Accordo del 13 febbraio 2019 è stato stipulato in attuazione della cosiddetta Convenzione di Lisbona del 1997 sul riconoscimento in ambito europeo dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore. In particolare, sembra interessante la possibilità, prevista dall’art. 4 dell’Accordo, di riconoscere singoli

L’Accordo prevede che si possano riconoscere singoli periodi di studio compiuti presso istituzioni accademiche italiane o ecclesiastiche. periodi di studio compiuti presso istituzioni accademiche italiane o ecclesiastiche nel quadro di percorsi “misti” o come semplice passaggio dall’uno all’altro ordinamento. Il meccanismo dei crediti universitari (ECTS) rende l’operazione abbastanza agevole, a meno che non sussistano differenze sostanziali tra i percorsi accademici coinvolti.

I titoli di Scienze Religiose L’interesse degli IdR è certamente concentrato sul riconoscimento della licenza in Scienze Religiose, che vale oggi solo per l’accesso all’IRC. Al momento non è chiara la sua posizione nel panorama dei titoli di studio ecclesiastici, ma sembrerebbe di poter concludere che essa debba essere riconosciuta alla stregua degli altri titoli ecclesiastici. I dubbi nascono dal fatto che la logica adottata nel 1994 per il riconoscimento dei titoli teologici si basava su una loro sostanziale penalizzazione rispetto alle lauree civili. Come è noto (cf Costituzione apostolica Veritatis gaudium, 2018), infatti, il baccalaureato in Teologia prevede un biennio filosofico propedeutico al triennio teologico vero e proprio, per cui il baccalaureato – se non sono stati compiuti altrove studi

filosofici – viene a essere un percorso quinquennale che però lo Stato valuta come laurea triennale. E la penalizzazione si trascina ovviamente anche per la licenza (che comprende sette anni di studi, equiparati al quinquennio della laurea magistrale). Il problema si ripropone anche all’interno dell’ordinamento ecclesiastico, perché con l’Accordo di febbraio per lo Stato sarebbero posti sullo stesso piano «tutti» i titoli ecclesiastici a prescindere dalle discipline in cui sono conseguiti. Quindi, ad esempio, la licenza in Scienze Religiose (cinque anni) e quella in Teologia (sette anni) almeno per lo Stato sarebbero equivalenti. All’amministrazione civile non interessa una graduatoria interna alle discipline ecclesiastiche, ma qualche resistenza si potrebbe avere proprio in ambito ecclesiastico. Finora, infatti, chi ha una laurea magistrale in Scienze Religiose può accedere alla licenza in Teologia con un percorso integrativo che prevede, di solito, anche il preliminare conseguimento del baccalaureato, conservando così di fatto la superiorità della Teologia rispetto alle altre discipline. Solo le disposizioni attuative dell’Accordo potranno sciogliere questi dubbi. settembre-ottobre 2019

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L’estate sta finendo e inizia un nuovo anno! Bentornati, cari IdR, spero che vi siate riposati e abbiate recuperato molte energie per iniziare un nuovo anno scolastico! La progettazione per l’anno 2019/2020 ( a disposizione nei ) avrà come filo conduttore il tema delle «stagioni». Ho scelto questa tematica per cercare di stimolare nei bambini una riflessione, seppur in germe, sulla «visione biblica e cristiana del tempo e della storia». Premettiamo che per un bambino nell’età della scuola dell’infanzia è più facile percepire le scansioni temporali naturali, piuttosto che quelle “artificiali” o antropiche. Quando parliamo del tempo artificiale con i bambini, per farlo al meglio, occorre sempre riferirsi ad azioni che loro sono in grado di capire perfettamente (ad esempio: mamma arriva quando siamo tornanti dalla mensa). Conseguentemente, per un bambino è più semplice percepire lo scorrere dei momenti di una giornata piuttosto che la durata di un’ora o aver perfettamente chiaro il concetto di settimana, mese, anno. Il ciclo delle stagioni è un tempo naturale, più facilmente fruibile e accessibile per un bambino. Attraverso l’esplorazione e la conoscenza della realtà circostante, i bambini cominciano a intuire che esiste una ciclicità, che le cose intorno a loro cambiano e che quella natura, solo apparentemente sempre uguale, in realtà è in continua trasformazione. La ciclicità delle stagioni sostiene il bambino nel suo bisogno di protezione e cura, spingendolo ad accettare con più sicurezza i cambiamenti perché fa esperienza di un ciclo delle cose che torna sempre da dove è partito. L’esperienza diretta e la riflessione sui cambiamenti della natura durante le stagioni stimolano nel bambino la riflessione su sé stesso, sulla sua crescita e i suoi cambiamenti. L’intuizione che le cose che si ripetono non sono sempre uguali a sé stesse, e lo stupore e la meraviglia per ciò che sperimenta, lo sostengono nell’affrontare con fiducia le esperienze nuove e lo aiutano a intuire il tempo come dono, come un cammino verso una metà. Le stagioni, con le loro caratteristiche e manifestazioni, rappresentano uno straordinario contenitore da cui attingere spunti e suggestioni dalle quali partire per una riflessione sul rapporto tra Dio, l’uomo e la natura.

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UNITÀ DI LAVORO 1

Daniela Olivier

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Organizzare e pianificare: spunti per l’insegnante BISOGNI EDUCATIVI Favorire l’accettazione dell’altro, il superamento dell’egocentrismo, delle paure, dei conflitti e delle difficoltà per costruire una buona immagine di sé. COMPETENZE DISCIPLINARI Il sé e l’altro – I discorsi e le parole (DPR 11 febbraio 2010). COMPETENZE CHIAVE EUROPEE Competenze sociali e civiche. Imparare a imparare. Comunicazione nella madre lingua. OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO • 3 anni: vivere con fiducia e serenità ambienti, proposte e nuove relazioni. • 4 anni: consolidare sentimenti di appartenenza al gruppo. Usare il linguaggio per interagire e comunicare. Consolidare atteggiamenti di apertura verso gli altri. Scoprire atteggiamenti di cura e di amore di Dio verso tutti gli uomini attraverso semplici racconti biblici. • 5 anni: consolidare sentimenti di appartenenza al gruppo. Parlare di sé, esprimere emozioni e stati d’animo. Comprendere, raccontare e rielaborare un brano biblico. Comprendere che Dio continuamente offre la sua amicizia a tutti gli uomini. COMPETENZE DI PROFILO Ha un positivo rapporto con la propria corporeità; ha maturato una sufficiente fiducia in sé; è progressivamente consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti; quando occorre, sa chiedere aiuto. RILEVAZIONI DELLE COMPETENZE Il bambino, in situazioni concrete di vita (nella conoscenza di sé, nella relazione con i coetanei e con gli adulti…): • 3 anni: affronta gradualmente i conflitti, sviluppa il senso dell’identità personale e partecipa alle attività; • 4 anni: rafforza il senso dell’identità di sé, si apre al confronto interpersonale e si esprime con fiducia; • 5 anni: è capace di esprimere sé stesso e di relazione positiva nei confronti degli altri.


LE ATTIVITÀ Prima di scoprire l’autunno, sarà bene ricordare l’estate, con l’obiettivo di far intuire ai bambini che quella stagione è finita perché è passato del tempo.

Ricordi dell’estate L’estate, per i bambini, è un periodo un po’ magico, in cui possono sperimentare la libertà dalla scuola e dagli impegni pomeridiani che hanno durante l’anno scolastico. È la stagione dei giochi all’aperto, in cui si ha più tempo per stare con la propria famiglia. Nei primi giorni di scuola molti bambini sono appena rientrati dalle vacanze estive e hanno molte cose da raccontare alle insegnanti e ai propri compagni. Per i bambini di 3 anni scegliamo attività adatte che li aiutino a inserirsi positivamente nel nuovo ambiente scolastico. Saranno attività semplici e con tempi molto distesi.

La borsa da mare Portiamo in sezione una borsa da mare, all’interno della quale avremo messo degli oggetti che si usano al mare (asciugamano, secchiello, palette, conchiglie, costume, ecc.). Mostriamo la borsa ai bambini, domandiamo loro che cosa potrebbe contenere e invitiamoli a formulare delle ipotesi. Dopo aver ascoltato i bambini, apriamo la borsa, mostriamone il contenuto ai bambini e chiediamo loro di descrivere gli oggetti estratti. Considerata la fascia di età, aiutiamo i bambini attraverso domande stimolo.

Il mare per finta Questo gioco simbolico ci permette di coinvolgere anche i bambini che hanno fatto le vacanze in montagna, o sono stati a casa, perché è un mezzo attraverso il quale si può far conoscere loro una realtà che non hanno sperimentato. Proponiamo ai bambini di far finta di essere al mare. Aiutiamoli suggerendo alcune azioni che si compiono al mare (spalmare la crema, scavare una buca con la paletta, prendere l’acqua con il secchiello, ecc.). Se abbiamo dei teli e dei giochi da mare, mettiamoli a disposizione dei bambini e lasciamoli muovere liberamente nello spazio della sezione. Osserviamoli mentre giocano per scoprire le loro peculiarità, il modo di comunicare e interagire con gli altri, con le cose e nelle diverse situazioni. Per i bambini di 4 e 5 anni: dopo questa attività, stimoliamoli a ricordare le loro vacanze. Cerchiamo di dare spazio a tutti e aiutiamo coloro che incontrano qualche difficoltà a parlare attraverso domande stimolo. L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

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UNITÀ DI LAVORO 1

Mirmora e il mistero della spiaggia deserta

Infanzia Infanzia

Se disponiamo di una LIM o di un tablet, scarichiamo delle immagini di una mormora, di una medusa, di un’ostrica e di un granchio. Nel caso in cui non si possa usufruire di questi strumenti, procuriamoci delle immagini cartacee (vedi anche i disegni nei ). Disponiamo i bambini in cerchio e raccontiamo loro la storia di Mirmora (vedi l’Allegato 1 nei ). Narriamo il racconto molto lentamente e con un tono calmo. Ogni volta che incontriamo uno dei personaggi della storia, mostriamone l’immagine ai bambini e invitiamoli a imitarne i movimenti. Dopo aver narrato la storia, invitiamo i bambini a ricostruirla anche con l’ausilio di alcune domande: «Perché Mirmora era triste? Chi incontra? Che cosa gli dice Melina la medusa? E l’ostrica? Ed Ernesto il granchio? I bambini erano spariti veramente? Perché erano tornati a casa?». Proponiamo ai bambini di drammatizzare, molto semplicemente, la storia ascoltata.

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Gocce di mare Che cosa ci serve:

• pennarelli blu, rosa, viola e celeste; • acqua; • pennello; • un paio di fogli di plastica per raccoglitori ad anelli; • fogli A4.

Come si fa:

• con i pennarelli facciamo colorare il foglio di plastica ); (vedi l’Allegato 2a nei • invitiamo il bambino a fare con il pennello delle gocce di ); acqua sul foglio (vedi l’Allegato 2b nei • prendiamo il foglio A4 e appoggiamolo sul foglio di plastica, passandogli una mano sopra in modo che assorba ); tutta l’acqua (vedi l’Allegato 2c nei • prendiamo il foglio A4 (vedi l’Allegato 2d nei ) e mettiamolo ad asciugare: ci servirà per l’attività successiva.


Mani in mare Che cosa ci serve:

• colori a tempera bianco, nero, blu, giallo, rosso e verde; • pennelli; • piatti di carta; • fogli A4.

Come si fa:

• facciamo scegliere a ogni bambino uno degli animali marini della storia narrata; • usiamo il grigio e il blu per fare Mirmora, il rosa per la medusa Melina, il marrone e il grigio per l’ostrica e l’arancione per il granchio; • dagli Allegati 3a, 3b, 3c e 3d capirete facilmente come realizzarli dipingendo i

palmi delle mani; • per realizzare l’ostrica facciamo chiudere al bambino la mano a pugno e dipingiamo la parte interna; • per realizzare gli occhi e la bocca degli animali marini potete usare ciò che volete o semplicemente disegnarli con dei pennarelli; • quando gli animali saranno asciutti, ritagliamoli e facciamoli incollare sul mare realizzato nell’attività precedente. Ai bambini di 4 e 5 anni facciamo disegnare gli animali marini con dei pennarelli sul foglio del mare realizzato precedentemente o facciamo lo stampo della mano; poi mettiamo a loro disposizione pezzi di carta velina, cartoncini, farina gialla per realizzare alghe, coralli, sabbia e scogli con cui decorare il disegno.

Il vento dell’autunno ci porta… Nel mese di ottobre, i bambini, attraverso l’osservazione diretta, scopriranno i cambiamenti che la natura vive con l’arrivo dell’autunno. Ci soffermeremo sul vento, elemento caratteristico di questa stagione, che ci porterà alla scoperta della storia di Giona profeta.

Passeggiata autunnale Prima di iniziare l’attività procuriamoci una foglia di un albero che non è presente nel giardino della scuola e nascondiamola sul davanzale della finestra della sezione; in alternativa possiamo nasconderla in un angolo della sezione. • Iniziamo l’attività proponendo ai bambini una piacevole uscita nel giardino della scuola; • spieghiamo loro che l’estate ha lasciato il posto all’autunno e che in questa stagione la natura si trasforma; • invitiamoli a osservare gli alberi spogli e le foglie che cambiano colore e cadono; • chiediamo ai bambini di raccogliere le foglie cadute e portarle in sezione; • in sezione, seduti nel «cerchio della conversazione», chiediamo ai bambini di verbalizzare l’esperienza fatta e che cosa hanno provato mentre erano in giardino e osservavano la natura; • prendiamo le foglie e domandiamo ai bambini di descrivere la forma, il colore. Proponiamo anche delle esperienze sensoriali facendo loro annusare l’odore delle foglie secche e sentire il rumore che producono quando si accartocciano; • durante questa attività, soprattutto con i bambini più grandi, cominciamo a introdurre termini specifici relativi alla morfologia delle foglie (nervature, picciolo, margini, forma, ecc.), in modo da arricchire il lessico e affinare le capacità di osservazione dei bambini (visita il sito www.funghiitaliani.it/botanica/morfologia3_foglie.html); • dopo l’osservazione, invitiamo i bambini a classificare le varie foglie in base alla forma. L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

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L’intrusa misteriosa

UNITÀ DI LAVORO 1

Dopo aver classificato le foglie in base alla forma, avviciniamoci alla finestra, o nell’angolo della sezione in cui abbiamo nascosto precedentemente la foglia, e prendiamola. Con aria stupita, mostriamola ai bambini e diciamo loro: «Bambini, guardate qui! C’è un’altra foglia! Mettiamola insieme alle sue sorelle! Ma quale sarà il suo posto?». Invitiamo i bambini a cercare l’insieme delle foglie a cui appartiene. Vedrete che, dopo un po’ di tempo, i bambini vi faranno notare che quella foglia non assomiglia a nessuna foglia del giardino. Questa osservazione diventerà l’occasione per iniziare a formulare delle ipotesi sul modo in cui una foglia diversa da tutte le altre possa essere arrivata in sezione. Dopo aver ascoltato le varie ipotesi, spieghiamo ai bambini che è stato il vento a portare la foglia sul davanzale della finestra.

Infanzia Infanzia

Soffia il vento! • Proponiamo ai bambini alcune esperienze per osservare il vento; • usciamo in giardino con i bambini e osserviamo le foglie che volano, i rami che si muovono, le nuvole che vengono trasportate e cambiano forma, i capelli al vento, ecc.; • con una bottiglia di acqua, bagnamo le mani dei bambini e chiediamo loro di alzarle verso il vento: sperimenteranno che il vento autunnale è fresco e che le mani si asciugano velocemente; • forniamo a ogni bambino un pezzetto di stoffa da usare come una banderuola, in modo che possano sperimentare l’intensità del vento e la sua direzione; • proponiamo ai bambini di imitare il movimento dei rami degli alberi quando c’è vento, delle foglie che rotolano e del vento che soffia; • concludiamo realizzando, con le foglie raccolte in giardino, alcune attività grafico-pittoriche come il frottage, collage, stamping, etc.

22 L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019


Il vento ci porta la storia di Giona • Nascondiamo, fuori dalla finestra o in un angolo della sezione, una foglia su cui avremo disegnato un grosso pesce con un pennarello indelebile; • facciamo sedere i bambini nell’«angolo della conversazione» e con una scusa prendiamo la foglia che abbiamo nascosto: «Bambini, guardate che cosa ci ha portato oggi il vento! Ma aspettate… questa foglia è speciale! Mi sembra che ci sia disegnato un grosso pesce! Lo vedete anche voi? Ma chissà perché c’è un grosso pesce su questa foglia. Voi lo sapete?»; • ascoltiamo le ipotesi dei bambini, poi diciamo loro: «Aspettate, bambini, adesso ho capito! Questo è il grosso pesce che ingoiò Giona! Qualcuno di voi conosce la sua storia? Volete ascoltarla?»; • prendiamo la Bibbia (per i bambini di tre anni utilizzate una Bibbia per bambini illustrata, date una breve spiegazione su che cosa è e quali storie sono raccontate in essa, fategliela toccare e sfogliare) e iniziamo a leggere la storia di Giona, potete utilizzare una versione facilitata (vedi l’Allegato 4 nei ); • vi consiglio di dedicare due incontri alla lettura della storia per permettere ai bambini di comprenderne

CONSIGLI • È importante aiutare i bambini a capire che Dio ama tutti gli uomini, anche quelli che a volte non si comportano bene, proprio come fanno una mamma e un papà con i loro figli. • Aiutateli a riflettere sulla loro esperienza personale: quando fanno qualche marachella, magari vengono rimproverati dai genitori, eppure questi ultimi, anche se i figli hanno sbagliato, non smettono di voler loro bene. • Richiamate alla loro memoria le volte in cui, dopo aver fatto una birbanteria, hanno capito di aver sbagliato e hanno chiesto scusa ai genitori, a un amichetto o alla maestra. • Aiutateli a riflettere sulle emozioni che hanno provato quando sono stati perdonati e chiedete loro come si sarebbero sentiti se la

meglio il significato. Negli allegati trovate una versione facilitata, divisa in due incontri, con le domande per la conversazione; • dopo aver letto la storia, invitiamo i bambini di 4 e 5 anni a disegnarla; • ai bambini di 3 anni possiamo far loro dipingere il mare con le tempere o gli acquarelli, poi realizziamo il grosso pesce di Giona con lo stampo della mano e con della carta del pane una barchetta, che poi attaccheranno sul foglio una volta asciutto (vedi l’Allegato 5 nei ); • infine possiamo mostrare uno dei due video i cui link sono proposti nella «Pagina dei link», nei ).

mamma, il papà, l’amichetto/a o la maestra non li avesse perdonati. • Cercate di fargli comprendere che anche se si sbaglia, ci si può pentire, chiedere scusa, cercare di rimediare e impegnarsi a fare il bene.

INCLUSIONE Sosteniamo i bambini che incontrano difficoltà nel parlare attraverso domande stimolo. Se ci sono bambini che non riescono a raccontare il proprio vissuto, ascoltiamoli personalmente in un momento successivo. Se ci sono bambini che non vogliono partecipare alle attività, rispettiamo i loro tempi, rassicurandoli con lo sguardo e il sorriso, oppure cerchiamo di coinvolgerli, magari facendoci aiutare a mettere in ordine gli oggetti utilizzati per svolgere l’attività.

23 L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019


INTORNO A UNA STORIA

Alessandra Alessandri

Fiammetta Scaletti

Nel paese dei

Infanzia Infanzia

coccoloni

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«Stai dritto con la schiena. Quante volte te lo devo dire?», disse il papà. «Muoviti o facciamo notte!», gli disse la mamma. «E piantala di far domande su tutto: sei stressante!», gli disse la sorella. «Guarda come hai ridotto lo zainetto! Se lo dovessi pagare tu…», aggiunse il papà. «Non mi stare sempre intorno», continuò la mamma. «Sei uno stupido!», sentenziò la sorella. Matteo credeva di essersi abituato alle parole che scandivano le sue giornate, e che terminavano al suono di: «Ora te ne vai a dormire e non far storie come tutte le sere! Quanto hai preso in Italiano? E spegni subito la luce!». Ma quel giorno tutto prese una cattiva piega. Alessandro, il suo migliore amico, gli aveva buttato in faccia: «Ma sei diventato scemo?». Che poi significa: «Ti stai comportando come uno scemo». Titti, la maestra, l’aveva definito un «poltronaccio» e, durante la partita, Walter l’aveva chiamato «schiappa». Così quella sera due grossi lacrimoni gli corsero lungo le guance e finirono nel puré. Matteo corse nella sua cameretta e si buttò sul letto. Almeno lì poteva singhiozzare in pace. Un picchiettare alla finestra attirò la sua attenzione. Corse a vedere e si trovò di fronte

L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

una creatura stranissima, ma piacevolissima. Non si capiva bene come fosse fatta, ma tutto in lei era soffice, morbido, luminoso, sorridente e carezzevole. «Chi sei?». «Sono un coccolone… Ho visto che hai bisogno di noi. Dammi la mano e vieni con me». Matteo si mosse come in un sogno. La morbida creatura lo prese per mano e lo fece volare oltre la finestra, nel cielo.


PER COLORARE LA STORIA (www.elledici.org/scuola) ci sono i due disegni della storia, da colorare, e il testo del racconto. Nei

«Dove mi porti?», chiese Matteo. «Nel paese dei coccoloni». «Dov’è?». «Dietro l’arcobaleno». Dopo un volo leggero, attraversarono tutti i colori dell’arcobaleno, atterrarono in un paese fiorito e pieno di allegria. Matteo vide che c’erano i bambini coccoloni, i genitori coccoloni, i nonni coccoloni e perfino i maestri coccoloni, naturalmente nelle scuole coccolone. I bambini coccoloni furono i primi a invitarlo a giocare. L’atmosfera era piacevole e amichevole. E decisamente diversa da quella a cui era abituato. Quando qualcuno sbagliava, c’era sempre qualcun altro che diceva: «Coraggio. La prossima volta andrà meglio», e quando Matteo riuscì a fare gol, perfino il portiere avversario gli disse: «Bravo!». Matteo, invece di esultare, constatò amaramente che forse quello era il primo «bravo» della sua vita. Dopo la partita, i suoi nuovi amici coccoloni fecero a gara per invitarlo nelle loro case. Matteo accettò l’invito del portiere avversario, quello che gli aveva detto «bravo». Era una famiglia come la sua: mamma, papà, sorella e fratellino. Solo che questi erano tutti coccoloni. A tavola, Matteo ebbe il posto d’onore. La mamma coccolona lo baciò e Matteo si sentì venire le lacrime agli occhi perché era tanto tempo che la sua mamma non lo baciava più e lui non sapeva come fare a dirglielo. «Anch’io ho una sorella più grande», disse Matteo. Poi tutti fecero il gioco «Racconta la tua giornata». Il papà, la mamma, la sorella e il fratellino raccontarono quello che avevano fatto. Matteo fu colpito soprattutto da una cosa: nella famiglia coccolona tutti si ascoltavano. Si ascoltavano davvero, non si interrompevano a vicenda, si ascoltavano semplicemente. Poi tutti gli occhi si puntarono su Matteo. «E la tua giornata com’è stata?», disse il papà coccolone. Matteo raccontò tutto quello che aveva dentro e che fino a quel momento aveva confidato solo al cuscino. Lo ascoltarono comprensivi. Alla fine il papà coccolone gli disse: «Vedi, l’importante è volersi bene e… dirselo». Gli diede un sacchetto di polvere rosa. «Quando sarai a casa prova questa polverina. Soffiane un

po’, qua e là. È la polvere coccolona…», gli spiegò. In quel momento Matteo si svegliò. «Che razza di sogno ho fatto…», pensò. Ma… spalancò gli occhi e si rizzò a sedere sul letto. Il suo pugno stringeva una manciata di polvere rosa. «Ma allora è vero!». Mise la polverina dentro una scatoletta e poi si alzò. «Voglio provare se funziona». Vide sul tavolo di cucina il caffè del papà. Furtivamente fece cadere nella tazzina un pizzico di polverina. Il papà, come al solito, era di corsa. Bevve il caffè e poi disse soddisfatto: «Buono!». Questo non l’aveva mai fatto. Anche la mamma se ne accorse. Poi, incredibilmente, prima di uscire il papà fece una carezza affettuosa sulla testa di Matteo: «Passa una bella giornata, ometto!». «Urrà, funziona!», pensò Matteo, felice. «Ne metterò una razione doppia nel caffè della maestra». (Racconto riassunto e riadattato dal libro di Bruno Ferrero, Storie bellebuone, ed. Elledici)

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INTORNO A UNA STORIA

Infanzia Infanzia

Un linguaggio amorevole

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Gli psicologi ci spiegano che un comportamento offensivo e denigratorio dei genitori nei confronti dei bambini li farà diventare degli adolescenti a disagio e degli adulti con gravi difficoltà comportamentali e relazionali. L’autostima verrà compromessa inevitabilmente dal giudizio espresso violentemente nei loro confronti. La richiesta di essere in un certo modo, ma soprattutto di considerare i piccoli già adulti, pone i bambini in difficoltà. L’umiliazione fa parte della frustrazione dei grandi a non riuscire a tollerare un comportamento vivace, i capricci, il modo di essere dei propri figli. Quando i genitori affermano, per esempio, davanti al loro bambino, che la maestra ha detto che a scuola è molto vivace e disattento, che deve vergognarsi e non si merita niente, le sgridate producono insicurezza, risentimento e portano i bambini a scegliere proprio i comportamenti che i genitori vorrebbero evitare. La critica rivolta ai piccoli è naturalmente la conseguenza di una mancanza da parte dei genitori: la loro difficoltà nel saper gestire le frustrazioni e lo stress legato alle situazioni quotidiane e alla crescita che inevitabilmente emergono, trova sfogo su di loro. Il bambino non si sentirà mai accettato né dalla sua famiglia, principale punto di riferimento, né dagli altri, e manifesterà la sua aggressività o passività in base al suo carattere e dinanzi alle varie situazioni. I bambini che subiscono urla, insulti e tutti gli usi della voce fatti a scopo disciplinare sviluppano i sintomi della depressione, e spesso in reazione assumono atteggiamenti vandalici, antisociali e aggressivi.

È importante, invece, la sinergia d’intenti formativi da parte delle istituzioni (scuola, insegnanti) anche nei confronti degli adulti, nel cercare di far comprendere loro che l’umiliazione produce sofferenza. L’utilizzo di un tono diverso nella comunicazione potrebbe aprire il canale emotivo e ottenere delle risposte differenti da parte dei piccoli. Un linguaggio più amorevole favorisce l’accoglimento, ossia l’altro si sente ascoltato, importante e gratificato. Naturalmente i figli devono essere guidati e, quando non ascoltano i genitori, vanno richiamati. Il consiglio, però, è di usare un approccio diverso. Bisogna comunicare con i bambini mettendosi sullo stesso piano, spiegando loro in maniera razionale le preoccupazioni dei genitori e i loro motivi. Aiutare e stimolare un bambino ad acquisire competenze e libertà di espressione è il sistema migliore per permettergli di diventare un ragazzo e un adulto consapevole.

Qual è il significato di questa storia? Matteo è un bambino che viene continuamente offeso, denigrato, non è mai apprezzato. Tutto è rimprovero, critica negativa, richiami costanti. Non ce la fa proprio più! Ecco che nel sogno, accompagnato da un «coccolone», creatura soffice, morbida, luminosa, sorridente e carezzevole, si rifugia nel Paese dei coccoloni, luogo dove l’atmosfera è piacevole e benevola. Lì scopre che tutto è diverso: incoraggiante, confortante, animato dall’amore. Riconosce che l’importante è volersi bene e dirselo. Fortunatamente la magica polvere rosa che gli viene consegnata riesce a fargli cambiare la situazione nella sua famiglia. A volte i sogni si possono avverare! Il calore che i genitori e i familiari possono offrire ai bambini fanno la differenza, e la capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni, senza offendere né aggredire l’interlocutore, conduce a una buona e sana crescita.

L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019


Nei

è a disposizione l’attività «La polverina coccolona».

ATTIVITÀ DI COMPRENSIONE In modalità circle time disponiamo i bambini in cerchio e riflettiamo insieme: •  Vi è piaciuto il racconto? •  Come si sono comportati il papà, la mamma e la sorella di Matteo? •  Che cosa ha trovato di diverso Matteo nel Paese dei coccoloni? •  Di quanta polvere coccolona avremmo bisogno anche noi? •  Tu vorresti avere la polvere coccolona? Per farne che cosa?

ATTIVITÀ 1 Coloriamo il Coccolone

L’insegnante distribuisce ai bambini la fotocopia del «coccolone», che provvederanno a colorare come preferiscono, magari aggiungendo cotone idrofilo o lana.

Che cosa ci serve:

•  fotocopia con disegno (a disposizione nei •  matite colorate o pennarelli; •  temperino; •  colla; •  cotone idrofilo o altro materiale.

);

2 Disegniamo tutti insieme il «Paese dei Coccoloni» Che cosa ci serve:

•  matita lapis; •  temperino; •  pennarelli; •  pennello;

•  matite colorate; •  gomma; •  acquerelli; •  bicchiere con acqua.

Come si fa:

•  Procuriamoci un cartoncino bristol oppure

un foglio di carta bianca da pacchi. •  Insieme ai bambini, disegniamo e coloriamo il paesaggio. •  Teniamo presente che deve essere ameno e piacevole, con colori che favoriscano la tranquillità e la calma. •  La presenza dell’arcobaleno e di altri elementi scelti dai bambini sarà fondamentale. •  Eventualmente ognuno può ritagliare il coccolone realizzato nell’attività precedente e incollarlo.

3 Questione di parole

•  L’insegnante prende un foglio bianco e lo piega in due; •  nella parte di sinistra, dopo aver opportunamente coinvolto i bambini, scrive le parole che gli alunni si sentono dire più spesso dai genitori, dai fratelli, dai compagni di sezione, dagli insegnanti; •  nella parte di destra scrive, invece, le parole che i bambini vorrebbero sentirsi dire; •  i risultati saranno poi commentati insieme.

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PRIMI PASSI NELLA BIBBIA

Sara Benfatti

Infanzia Infanzia

Tutti sull’Arca! Si parte! Premessa Inizia un nuovo viaggio, un nuovo anno scolastico! Lungo il cammino i bambini scopriranno alcuni brani (sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento) in cui sono presenti animali, elementi che, anche se non protagonisti, svolgono un ruolo, a volte in modo simpatico e accattivante, collegato alla storia di Gesù o di altri personaggi importanti. Il coinvolgimento degli animali è particolarmente evidente nel racconto dell’Arca di Noè: in esso ci sono molti “ingredienti” che possono essere utilizzati come paragone concreto per far riflettere i bambini sulla loro realtà di gruppo-classe. Per alcuni sarà la prima esperienza nella scuola dell’infanzia, per altri un ritorno a un nuovo anno scolastico, ma per tutti sarà come salire sulla grande Arca di Noè, dove c’è posto per tutti!

•  Strategie di intervento: narrazione dell’episodio dell’Arca di Noè, conversazione guidata, giochi di movimento, canzoni e attività manipolative. •  Spazi: aula-sezione, giardino, angolo lettura. •  Tempi: circa un’ora a settimana. •  Materiali: Bibbia illustrata per bambini con disegni dell’Arca di Noè, immagini di animali, fogli, cartoncino, colori a tempera. •  Obiettivi generali: −  conoscere un libro importante: la Bibbia; −  favorire l’ascolto e suscitare l’interesse per la narrazione biblica; −  far scoprire al bambino la ricchezza della varietà del mondo naturale e animale come segno della bontà di Dio che ha creato il mondo: dono da salvaguardare e rispettare.

Sull’arca c’è posto per tutti! Raccontiamo ai bambini il brano dell’Arca di Noè (Gn 6-9), riadattandolo attraverso l’aiuto di qualche storia illustrata (ad esempio, La mia prima Bibbia, di Pat Alexander, Elledici: il testo è nei ) e mostrando loro un video dell’episodio (ad esempio, il cartone animato L’Arca di Noè, film di Juan Pablo Buscarini, 2007). CIRCLE TIME Riflettiamo insieme ai bambini: •  Quali animali saranno saliti sull’Arca? •  Come avranno fatto tutti quegli animali così diversi a vivere insieme sull’Arca senza mangiarsi e litigare tra loro? •  Quali regole avrà dato Noè sull’Arca? Attraverso una conversazione guidata, facciamo osservare ai bambini che anche loro, come gli animali sull’Arca, condividono uno spazio comune (l’aula-sezione) e faranno un percorso insieme che dovrà essere caratterizzato dal seguire alcune regole piccole ma importanti, come: •  saper attendere e avere pazienza prima di ricevere qualcosa che si è chiesto; •  condividere spazi, materiali e giochi con altri coetanei (compagni di viaggio nell’Arca-sezione); •  rispettare gli altri e le cose altrui.

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LE ATTIVITÀ 1 Un’arca piena di amici!

•  Poniamoci con i bambini in cerchio, seduti a terra (in giardino o in aula); •  quando l’insegnante dice: «Arca chiusa», tutti devono chinarsi sulle ginocchia; •  poi quando dice: «Arca aperta», a turno ogni bambino sceglie un animale che esce dall’Arca e lo imita nel verso e nel movimento.

2 C’è chi vola, chi striscia, chi nuota… e chi cammina a 4 zampe!

Riassumiamo quanto letto nel brano dell’Arca di Noè e facciamo osservare ai bambini (attraverso foto e disegni, ma anche con una semplice uscita nel giardino della scuola) che esistono habitat diversi per gli animali a seconda delle loro caratteristiche: alcuni abitano il cielo, altri la terra e altri ancora l’acqua.

3 Costruiamo un’Arca Memory Che cosa ci serve: •  cartone o cartoncino; •  forbici; •  colori a tempera; •  pennarelli.

Come si fa: 1.  Dal cartone o cartoncino ritagliamo due tessere per ogni bambino, grandi abbastanza in modo che possano contenere l’impronta della loro mano; 2.  facciamo scegliere a ogni bambino l’animale che desidera rappresentare con l’impronta della propria mano e facciamone quindi una coppia (il web offre molte idee per produrre animali con le impronte delle mani); 3.  quando tutte le tessere della nostra «Arca Memory» saranno pronte, disponiamole a caso sul tavolo in modo che la parte che raffigura l’animale sia coperta; 4.  ciascun bambino, a turno, dovrà cercare di indovinare la posizione delle coppie di animali mettendo alla prova la sua memoria; 5.  il/la bambino/a che troverà più coppie di animali sarà per quel giorno «il capitano dell’Arca!». Possiamo utilizzare questo gioco ogni volta che vogliamo scegliere il bambino che farà l’assistente della maestra per quel giorno, e ogni animale prodotto potrà essere usato come contrassegno del materiale del bambino che l’ha disegnato con l’impronta della propria mano.

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Idr

Costruire la comunità

Vittorio Pieroni e Antonia Santos Fermino

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Da «gruppo-classe» a «comunità-classe»: si può? Alcune linee-guida che concorrono a sperimentare la classe come comunità educante. Il «gruppo-classe» rappresenta l’unità compositiva della scuola-istituzione, che si connota per un numero più o meno ampio di alunni simili per età, tenuti a seguire lo stesso curricolo formativo, mediante l’inquadramento spaziotemporale, sotto la guida di uno stesso gruppo di insegnanti. La «comunità-classe», pur presentando le stesse condizioni di base, intende distinguersi per formare un ambiente mirato a fare esperienze educative attraverso relazioni primarie innovative. Alcune linee-guida che concorrono a sperimentare la classe come comunità educante riguardano: a) l’estendersi della partecipazione di tutti i soggetti-attori al processo educativo (preside, docenti, alunni, famiglie, altri operatori/educatori); b) la relazione di interdipendenza positiva tra gli stessi; c) la valorizzazione del contestoscuola in quanto ambiente educativo in grado di far circolare valori umani e culturali che favoriscono processi di «crescita»; d) la cooperazione corresponsabile tra gli organi collegiali; e) l’interscambio arricchente con il contesto in cui l’istituzione opera e con le altre agenzie educative del territorio. L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

L’ipotesi del contestuale passaggio da «gruppo-classe» a «comunità-classe» richiede quindi: 1.  coinvolgimento attivo e, conseguentemente, l’assunzione di corresponsabilità tra tutti coloro che sono interessati a fare il passaggio (gestori, docenti, genitori, educatori, ecc.); 2.  coinvolgimento che dovrebbe portare a sua volta a creare una «cultura educativa» tra i membri della comunità, in qualità di «agenti di cambiamento»; 3.  condivisione/convergenza sugli obiettivi da conseguire, sui valori da trasmettere, sui metodi da adottare, sui ruoli da svolgere e relative responsabilità, per assicurarne il funzionamento. La comunità-classe si trasforma in tal modo in un «laboratorio» dove si sperimentano valori nuovi e forme di rapporto tra i diversi attori, si realizzano attività innovative che permettono di dare nuova vita alla classe e alla scuola nel suo «insieme». Il punto di partenza sta nella «progettazione educativa»: elaborare, applicare e poi verificare il progetto educativo a cui si intende dare vita. Esso è il «ter-

mometro» per verificare di volta in volta il grado di coinvolgimento, condivisione e assunzione di responsabilità che la comunità ha raggiunto nel momento della pianificazione. Al tempo stesso, è lo strumento più efficace per la sua applicazione nello stimolare la reattività di tutti gli attori della comunità, in qualità di «agenti di cambiamento». Inoltre spetta alla comunità educante diffondere, dentro e fuori il contesto formativo, i beni educativi che sta sperimentando, apportando/promuovendo così nuova «cultura» nella collettività. (Per approfondimenti cf Pieroni V.-A. Santos Fermino, Costruire la comunità. Dal capitale educativo del gruppo alla vita della comunità, Elledici, Torino 2019, pp. 12ss.). ESERCIZIO Obiettivo: valutare il senso di comunità 1. Istruzioni: valutare ogni alternativa in base alla seguente scala: VERO/CONCORDO: 1 = Per nulla; 2 = In parte; 3 = Abbastanza; 4 = Completamente.


SENSO DI COMUNITÀ

VERO/CONCORDO 2 3 4

completamente abbastanza in parte per nulla

1. Sento di appartenere a questa comunità. 2. Le persone in questa comunità si danno sostegno reciproco. 3. In questa comunità posso trovare persone con cui comunicare. 4. In questa comunità si fanno iniziative che suscitano il mio interesse. 5. I membri di questa comunità hanno voglia e potenzialità per cambiare le cose che non funzionano. 6. Questa comunità presenta molti aspetti orientati al cambiamento. 7. In questa comunità si avverte la disponibilità ad aiutarsi l’un l’altro. 8. Trascorro parecchio tempo con gli altri membri che vivono in questa comunità. 9. In questa comunità ci sono opportunità per scambiarsi competenze. 10. Trovo che questa comunità abbia le potenzialità per migliorare le cose della vita che riguardano tutti. 11. Vivere in questa comunità mi fa sentire bene. 12. Le persone di questa comunità sanno lavorare insieme per migliorare le cose. 13. Mi piace stare con gli altri membri che vivono in questa comunità. 14. In questa comunità si svolgono iniziative che riescono a coinvolgerci tutti. 15. Questa comunità è organizzata per conseguire gli obiettivi che si propone. 16. Questa è una comunità fatta di persone che hanno voglia di fare per cambiare le cose. 17. Tutti o buona parte dei membri di questa comunità collaborano alle attività che vengono promosse. 18. In questa comunità posso condividere i miei interessi con gli altri membri. 19. In questa comunità i membri possono trovare molte opportunità per lavorare bene «insieme». 20. Tutti, o almeno buona parte di noi, vogliamo contribuire al «ben-essere» di questa comunità.

1

2. Valutazione individuale a) Dividere le 20 alternative in base alle seguenti 5 dimensioni, riportando, a fianco di ciascun numero, il punteggio della valutazione che è stata data: APPARTENENZA Item 1 = “ 6= “ 11 = “ 16 = TOTALE parziale =

SENSO di COMUNITA’ in base alle DIMENSIONI COLLABORAZIONE RELAZIONE COINVOLGIMENTO Item 2 = “ 7= “ 12 = “ 17 = TOTALE parziale =

Item 3 = “ 8= “ 13 = “ 18 = TOTALE parziale =

Item 4 = “ 9= “ 14 = “ 19 = TOTALE parziale =

RESPONSABILITÀ Item 5 = “ 10 = “ 15 = “ 20 = TOTALE parziale =

TOTALE COMPLESSIVO = b) sommare il totale parziale di ciascuna dimensione, quindi sommare tutti i totali parziali e riportare il ricavato a fianco del totale complessivo; c) i punti forti o di criticità vengono evidenziati dal totale parziale di ogni dimensione (che va da un minimo di 4 a un massimo di 16); mentre la somma complessiva delle 5 dimensioni (da un minimo di 20 a un massimo di 80) rappresenta a sua volta il «termometro» del possesso del «senso di comunità»: TOTALE COMPLESSIVO

Valutazione

tra 20 e 40

Il senso di comunità appare piuttosto basso, indice di altrettanto scarso interesse a partecipare alla vita della comunità.

tra 41 e 60

Il punteggio si colloca a un livello intermedio, ma ci si potrebbe aspettare una maggiore partecipazione alla vita della comunità.

tra 61 e 80

Il punteggio è significativo di un elevato senso di comunità per il modo in cui si partecipa alla sua vita e alle sue attività.

3. Lavoro successivo a) Riportare su un cartellone (o altro supporto) i punteggi di tutti i partecipanti all’esercizio suddivisi tra quelli parziali e totali; b) dal quadro sinottico che emergerà si evidenzieranno i punti forti o di criticità in merito al senso di comunità presente nel gruppo. 4. Aprire la discussione in plenaria a) Mettere a confronto e valutare i punti forti o di criticità rilevati dai punteggi parziali e totali di chi ha partecipato all’esercizio; b) suggerire/prospettare come certe dimensioni potrebbero essere messe a profitto/ottimizzate per migliorare la vita e il «ben-essere» della comunità.

settembre-ottobre 2019

L’Ora di Religione

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Elisabetta Serra

Idr

Diario di scuola

Costruire una «buona» moralità nel bambino

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Gli elementi per prevenire future situazioni di devianza. Oggigiorno non è raro sentire persone che si lamentano dell’educazione e del “rispetto” delle nuove giovani generazioni. Ciò che in questi discorsi non si ricorda, spesso, è che il rispetto e l’educazione sono aspetti che vanno coltivati ed educati sin da bambini e che possono esistere solo se gli adulti svolgono il loro compito educativo. Per questo motivo iniziamo questo nuovo anno scolastico riflettendo su come aiutare i bambini a costruirsi una buona moralità per fare in modo che diventino giovani adulti corretti e responsabili, in modo che non entrino mai nei circuiti della devianza.

Ogni essere umano è morale

La dimensione della moralità è un aspetto intrinseco e imprescindibile di ogni essere umano. Ogni persona, infatti, è libera, ragionevole e decisionale. La libertà è la condizione umana in cui si agisce «per decisione cosciente e volontaria in vista di qualcosa che si intende perseguire o realizzare in situazioni concrete» (Nanni, 2008, 664). Ogni uomo è libero, quindi, quando sceglie volontariamente e consapevolmente quello che fa. La libertà non può essere scissa dalla ragionevolezza, in quanL’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

to la persona cresce nella propria capacità di scelta man mano che cresce la sua capacità cognitiva e di ragionamento. Inoltre ogni persona è decisionale, ovvero acquisisce ed ha la capacità di decidere di comportarsi moralmente, coerentemente con le norme e i principi personali e della società in cui è inserita (Arto - Serra, 2010, 18-19). Questi tre aspetti sono collegati tra di loro, e crescono e si sviluppano con l’evoluzione della persona nelle diverse fasi della vita. Prendiamo ora in considerazione lo sviluppo della moralità nel fanciullo e nel bambino, per comprendere qual è il contributo che la scuola dell’infanzia e primaria possono dare alla crescita di questo aspetto dei propri allievi.

Moralità nel bambino (3-5 anni)

Il bambino tra i 3 e i 5 anni si sta affacciando alla vita e inizia a capire come funziona il mondo. L’ingresso nella scuola dell’infanzia segna il primo contatto con la società e con le regole e, di conseguenza, il primo passo per la crescita nella costruzione di un mondo valoriale. Si dice che in questa età i bambini si trovino a un livello di sviluppo morale pre-convenzionale,

Per un bambino di 3-5 anni è giusto ciò che gli consente di evitare la punizione.

orientato a evitare la punizione (Kohlberg, 1971, 36). In questo stadio il bambino ha un suo primo modo di rapportarsi con la moralità, cioè inizia a porsi il problema di agire nel modo «giusto». Viene vissuto come «giusto» ciò che gli consente di evitare la punizione e di non mettersi contro l’autorità percepita dell’adulto. In altre parole, il bambino sente come cose buone quelle che non lo conducono ad avere conseguenze spiacevoli (Kohlberg, 1971, 40). Questo livello di moralità può sembrare molto elementare, ma in realtà, se ben vissuto, è la base per costruire tutte le fasi successive dello sviluppo morale. Naturalmente l’educatore, sia


esso genitore o insegnante, che si rapporta con bambini dai 3 ai 5 anni, dovrà tenere debitamente in considerazione che, per il momento, ciò che li porta verso condotte buone è unicamente l’intenzione di evitare la punizione. È quindi scorretto attribuire a bambini di questa fascia di età altri tipi di intenzionalità verso ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, che in realtà non sono ancora in grado di concepire cognitivamente.

verso di essa il fanciullo diventa sempre più capace di comprendere le norme e le regole e di farle proprie. Grazie a questo sviluppo del ragionamento morale e in collegamento con lo sviluppo cognitivo tipico di questo periodo, il fanciullo acquisisce man mano sempre maggiori capacità di autoregolarsi e di gestire i suoi comportamenti sulla base delle richieste sociali.

Moralità nel fanciullo Elementi educativi per favorire una sana (6-11 anni) La libertà del fanciullo tra i crescita morale 6 e gli 11 anni emerge nella sua capacità crescente di fare scelte sempre più libere e «morali». In questa età l’individuo fa un salto nel suo sviluppo morale da un livello pre-convenzionale, descritto nella fase precedente, a un livello convenzionale. In questo processo passa da una morale incentrata su di sé e sulla soddisfazione dei propri bisogni, a una morale incentrata sui rapporti interpersonali e sui valori sociali (Arto - Serra, 2010, 51). Per il fanciullo di questa età è buono, è un valore ciò che è conforme alle aspettative del suo contesto sociale di riferimento. Questo tipo di moralità può essere definita del «contratto sociale» (Kohlberg, 1971, 52); attra-

Le regole devono essere esplicite, chiare e ricordate spesso ai bambini.

Dopo aver visto come funziona lo sviluppo morale dei bambini nella fascia di età della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, cerchiamo di evidenziare alcuni elementi educativi che gli insegnanti dovrebbero tenere in considerazione per favorire una sana crescita morale nei bambini. Per adempiere a questo compito c’è necessità di: •  offrire al bambino e al fanciullo chiare regole di riferimento: affinché il bambino capisca ciò che è buono e ciò che non lo è, è fondamentale che siano chiare le “regole del gioco”. L’aspetto regolativo deve essere esplicito, chiaro e ricordato spesso, in modo che il bambino capisca quali sono i limiti entro i quali può muoversi e quali, invece, non devono essere superati; •  avere degli adulti che siano punti fermi e autorevoli nel rapporto con i bambini: perché il bambino possa crescere adeguatamente nella moralità è fondamentale che abbia accanto degli adulti che siano dei buoni modelli di moralità. Non si può chiedere a un bambino di rispettare delle regole e di capirne il valore sociale se gli adulti che gli sono

intorno non lo fanno per primi. Inoltre, genitori e insegnanti sono chiamati a essere coloro che non cedono nell’insegnamento delle regole e che sanno premiare o punire al momento giusto; •  utilizzare premi e punizioni per sottolineare la bontà o meno di un comportamento: proprio come appena accennato, i premi e le punizioni sono gli strumenti elettivi attraverso cui far comprendere ai bambini (e non solo!) ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Se è possibile, dovrebbe essere favorito il rinforzo positivo dei comportamenti morali (premio), mentre le punizioni dovrebbero essere utilizzate unicamente quando ci sono comportamenti non morali gravi da sottolineare. Per questo argomento rimandiamo a un altro articolo pubblicato su tale tematica nello scorso anno scolastico; •  evitare di attribuire ai bambini delle intenzionalità morali che non sono ancora in grado di avere: come già accennato in precedenza, gli insegnanti e i genitori devono prestare attenzione a non chiedere ai bambini piccoli delle attenzioni morali che ancora non possono avere. Per esempio, un bambino della scuola dell’infanzia non è ancora in grado di comprendere o di sentire che cosa prova un altro bambino a cui lui ha fatto male. Fare queste richieste o attribuzioni non è rispettoso del percorso di crescita e di sviluppo del bambino e può generare malintesi o errori educativi. Riferimenti bibliografici •  Arto A. - Serra E., Alla scoperta della ricchezza umana. Guida teorico-pratica per educatori, AEquaMente on Demand, Roma 2010. •  Kohlberg L., «Moral Development and Moral Education», in: Lesser G.S. (Ed.), Psychology and Educational Practice, Foresman and Company, London 1971, 410-465. •  Nanni C., «Educazione», in: Prellezo J.M. - Malizia G. - Nanni C., Dizionario di Scienze dell’Educazione. Seconda edizione riveduta e aggiornata, LAS, Roma 2008, 369-372.

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Idr

Il processo di apprendimento

Mario Comoglio

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Insegnare è facile o difficile? Il primo articolo di una nuova rubrica per comprendere l’attività dell’insegnamento. Questo breve articolo inizia una serie di riflessioni che hanno l’intenzione di aiutare chi insegna a comprendere l’attività che svolge. Nel fare questo mi richiamo ai molti dubbi che certamente sono venuti in mente a chi pratica l’attività dell’insegnare. Perché un’attività in una classe riesce e in un’altra fallisce? Perché una progettazione didattica letta su una rivista e poi applicata nella mia classe non ha funzionato? Perché le stesse cose fatte in classe, per tutti gli studenti, con alcuni sortisce effetti positivi e con altri effetti insignificanti? Ci sono pratiche di effetto sicuro? Quando le cose in classe non vanno per il verso desiderato è colpa del tipo di ragazzi/e di cui è formata la classe o dell’insegnante che non ha saputo insegnare bene? Oggi tutto è diventato più difficile perché, rispetto a una volta, sono cambiati i ragazzi e le ragazze? Oggi, i ragazzi hanno un arco di attenzione più breve? Sono più distratti rispetto ai tempi passati? La colpa degli insuccessi nell’insegnamento è nell’eccessivo uso di telefonini? L’insegnamento è diventato troppo debole e povero rispetto alla ricchezza di stimoli che i ragazzi possono avere? Una risposta attendibile deve essere ricercata a partire da una rappresentazione fondata di come L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

funziona la mente, di come gli stimoli esterni (insegnante o contesto) influiscono sull’attività della mente, e un intervento adeguato o inadeguato va analizzato dal modo in cui l’iniziativa dell’insegnante attiva o non attiva la mente degli studenti. Le domande e gli interrogativi elencati ci dicono intanto una cosa importante: l’insegnamento è una situazione complessa perché la mente umana è a sua volta una realtà complessa.

Attenzione alle domande Rispondere alle domande formulate non è facile. Esse, tuttavia, sono una finestra che può aiutarci a capire come ciascuno si immagina la situazione e come implicitamente descrive l’interazione tra insegnamento e apprendimento, quali sono le relazioni tra persone, contesto, materiali e attività, come si immagina di poter intervenire su quello che succede. Le domande e le supposizioni hanno un errore in comune: immaginare che ciò che succede sia rilevabile o spiegabile dalla relazione di due variabili: la causa di quello che succede è l’insegnante o lo studente? È la mancanza di riflessione, di attenzione, di interesse oppure è l’insegnante che non è in grado di gestire la

situazione? È l’interno degli studenti o il contesto esterno che condiziona il loro comportamento? È la debolezza dei mezzi che si usano o è la forza ormai onnipotente dei mezzi tecnologici che determina quello che avviene? Una ricca ed estesa riflessione contemporanea ha evidenziato che la realtà e le situazioni non hanno cause ed effetti unidirezionali. Non è la qualità dell’insegnante che determina l’apprendimento degli studenti; non è neppure la qualità degli studenti che rende l’apprendimento efficace. Non è la motivazione la causa dell’apprendimento, ma non sono neppure le doti dello studente a causare i risultati desiderati; non sono le capacità riflessive che facilitano l’apprendimento, ma neppure la tecnologia che migliora o peggiora l’apprendimento. Le situazioni sono determinate da molte condizioni e variabili che si influenzano reciprocamente. Nessuna è determinante se non perché altre sono trascurate. Tutte sono importanti e ognuna può essere decisiva. Il loro rapporto è dinamico, spesso imprevedibile. Le combinazioni possono rafforzare o indebolire il sistema. Le situazioni richiedono un saper pensare «complesso», o il pensare in condizioni di «fluidità», necessitano, cioè, della capa-


cità di comprendere l’interazione dinamica di variabili; il pensare simultaneamente a come molti elementi possono interagire e determinare la situazione; come alcune variabili, in condizioni di debolezza, possono condizionare il tutto; come le situazioni non siano rigide e richiedano di adattare i comportamenti a seconda dell’evolvere della situazione. Ad esempio, un insegnante non simpatico diminuisce la sua forza motivante; un insegnante empatico, invece, può accrescerla, ma in presenza di queste condizioni l’essere passivi o senza interesse per qualcosa può annullare le altre condizioni positive. Un insegnamento significativo e interessante può essere turbato da una relazione negativa, da un’attività impegnativa o dall’aver già svolto la stessa attività in modo fallimentare. Ma quali sono le variabili o gli elementi che intervengono in una situazione di apprendimento e di insegnamento?

La complessità della mente e delle situazioni L’affermazione espressa nel titolo di questo paragrafo non è nuova. Già più di un secolo fa, gli psicologi dell’apprendimento, di fronte alla complessità dimostrata dall’attività della mente, dichiararono l’impossibilità di capirne leggi e regole definendola «una scatola nera» nella quale era impossibile far luce. Per comprenderne i comportamenti, si pensò di controllare come i fatti esterni (più facilmente analizzabili, controllabili e modificabili) regolassero il comportamento interno. Era un modo semplice per comprenderla: gli effetti a partire dalla causa. La realtà, tuttavia, grazie allo sforzo e all’impegno di molti studiosi e ricercatori, e anche a un paradigma di comprensione diverso, è apparsa diversa, e via via è diven-

tata più trasparente. Oggi, la mente non è del tutto conosciuta, ma molte cose sono comprensibili: sappiamo come si costruiscono le conoscenze nella mente; possiamo immaginare come le conserviamo; conosciamo la procedura di molte attiL’apprendimento è determinato da molte vità (comprendere, condizioni e variabili che si influenzano argomentare, conreciprocamente. frontare, valutare); siamo a conoscenza della funzione della motivazione e di se ciò che gli si propone non è al molte tipologie di essa (senso di au- livello delle sue conoscenze pretoefficacia, intrinseca e intrinseca); cedenti, se non collega ciò che conosciamo l’influsso e l’importanza apprende alla sua esperienza, se delle emozioni (ansia e gioia) e altro non prova un’emozione piacevole ad apprendere, se non è aiutato ancora. La complessità dell’agire della nel momento di difficoltà… non mente ha evidenziato che vi sono riuscirà a imparare in modo sidue modi di concepire l’insegna- gnificativo. Il primo modo di insegnare e mento: uno trasmissivo e uno diretto a creare un ambiente o apprendere si basa su una visiouna esperienza di apprendi- ne semplice di apprendimento e di insegnamento che in genere si mento. chiama «trasmissivo». Può esseDal modo di concepire re immaginato come analogo alla consegna di un pacco regalo già la mente confezionato che il ricevente non all’insegnamento deve far altro che «accogliere» e Chi insegna ha un modo di im- impossessarsene. maginare la mente di chi apprenIl secondo modo ha in mente de, e su questo modello struttura una concezione di insegnamento il suo insegnamento. Ad esempio, che ha il compito di coinvolgealcuni pensano che se si spiega re tutti gli aspetti (conoscenze chiaramente ciò che deve essere precedenti, emozioni, motivazioappreso, lo studente comprende- ne, autocontrollo, strategie, prorà quello che gli si dice e lo impa- cessi, relazioni, ecc.) della persona rerà. Se non lo capisce una prima per produrre un apprendimento. volta, lo si spiegherà una seconda Questo tipo di insegnamento crea volta e lo capirà o lo intenderà o progetta un «ambiente di meglio. Se non lo capirà ancora, apprendimento» che attiva un forse si può usare un esempio. complesso di condizioni, le quali, Altri, invece, pensano che se interagendo tra loro, favoriscono lo studente non sia motivato e o sollecitano l’apprendimento. interessato, se non è attivo nella Negli articoli successivi affronricerca di quello che deve essere terò questo insieme di elementi appreso, se non gli viene propo- che costituiscono un «ambiente sto di raggiungere un contenuto di apprendimento» e che devono attraverso piccoli passi, se non coinvolgere la mente nella sua atsi trova in un ambiente sereno, tività di apprendimento. settembre-ottobre 2019

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UNITÀ DI LAVORO 1

Marisa Civitillo

Patrizia Giordano

Abbiamo cura della nostra

«casa comune» COMPETENZA DI VITA

Primaria Primaria

Osservare tutto ciò che di meraviglioso il mondo ci offre e averne cura.

Area di esperienza toccata dal percorso Questo percorso formativo, pensato per la classe seconda, tocca le seguenti aree di esperienza umana: •  area dell’identità personale: riguarda gli esseri umani e la loro responsabilità di custodire e curare il mondo loro affidato; •  area della socialità: riguarda l’impegno a promuovere percorsi di formazione e di educazione a stili di vita più sostenibili e solidali.

Bisogno educativo (di sviluppo)

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Questo percorso di apprendimento intende far comprendere ai bambini come gli esseri umani siano vertice e custodi del Creato. Inizia così un percorso che li porta a scoprire che compito di tutte le persone della Terra è prendersi cura del mondo, farlo crescere bene e farlo sviluppare al massimo nel pieno rispetto della natura e nella solidarietà con le generazioni future. In questo modo gli alunni apprenderanno che, secondo la tradizione ebraicocristiana, chi porta a compimento l’opera della Creazione iniziata da Dio è l’uomo stesso.

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CONTENUTO IRC Il Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi. Lettera Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sulla cura della «casa comune».

Ai genitori direi che questo percorso serve a…

(Valore formativo di ciò che proponiamo).

Relativamente a questo percorso, farei capire ai genitori che il confronto con il racconto del Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi e la Lettera enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sulla cura della casa comune guida i bambini alla scoperta del forte senso di fratellanza percepibile tra gli esseri umani e tutti gli elementi e le creature dell’universo. La natura raccontata dal Santo di Assisi è descritta con amore e gratitudine, e riflette l’immagine di chi dona. Le raccomandazioni di Papa Francesco mettono l’umanità in guardia sul necessario senso di responsabilità nel prendersi cura della nostra «casa comune»: la Terra. Il percorso servirà anche a suscitare nei bambini stupore e ammirazione per tutti i doni del Creato che vanno amati, custoditi e protetti. La natura è fonte di vita e, se protetta, aiuta lo scorrere della nostra vita. Da ciò, avviamo gli alunni all’intuizione della gravità e dell’importanza del problema ecologico.


RIFERIMENTI NORMATIVI Tutte le discipline tendono a… Competenze chiave europee

Raccomandazione del 18 dicembre 2006

- Competenze sociali e civiche. - Consapevolezza ed espressione culturale.

PROFILO di competenze dello STUDENTE Indicazioni Nazionali per il Curricolo D.M. 254/2012

Lo studente utilizza gli strumenti di conoscenza per comprendere se stesso e gli altri (…) in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco.

IN PARTICOLARE L’IRC lo fa seguendo… Indicazioni IRC DPR 11 febbraio 2010 OA TSC

(traguardi per lo sviluppo delle competenze)

L’alunno riflette su Dio Creatore e Padre, e collega tale riflessione alle esigenze dell’ambiente in cui vive.

(obiettivi di apprendimento)

Scoprire che per la religione cristiana Dio è Creatore e Padre, e che fin dalle origini ha voluto stabilire un’alleanza con l’uomo.

Processo di apprendimento/azione in classe

1. Metodologia di coinvolgimento L’insegnante organizza un’esperienza di apprendimento sul campo accompagnando gli alunni nella campagna non lontano dalla scuola. Gli alunni osservano la bellezza della natura: i fiori, gli alberi, le foglie che cadono, i frutti autunnali, gli uccelli, il cielo, qualche animale domestico, ecc. Al ritorno in classe, l’insegnante chiede ai bambini di raccontare le emozioni provate e li guida a comprendere che tutto ciò che hanno visto e ammirato è importante per loro. A questo punto Luigi chiede: «Maestra, chi ci ha dato tutte queste cose?». La risposta è spontanea perché tutti gli altri in coro rispondono: «Sicuramente Qualcuno buono, potente e grande». L’insegnante stimola i bambini a continuare la conversazione invitandoli a rispondere a domande più precise: 1. Che cosa è per te un dono? 2. Che cosa provi quando ricevi un dono? 3. A chi e perché si fa un dono? 4. Chi ha donato all’uomo le meraviglie della natura che lo circondano?

ATTIVITÀ

Scheda da completare

Nei è a disposizione la scheda con il disegno e le parole da completare.

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2. Dubbio evolutivo (domande formative e di sviluppo) UNITÀ DI LAVORO 1

Apertura morale

L’insegnante proietta alla LIM il testo della canzone Ci vuole un fiore di Sergio Endrigo, scaricato dal web. Tale attività permette di avviare una conversazione attraverso la quale l’insegnante fa comprendere la differenza tra il «fare» e il «creare». Distribuisce poi ai bambini il DAS e li invita a modellare liberamente. I bambini hanno fatto perché si sono serviti delle mani, del DAS e della loro fantasia. Non hanno creato, perché per creare non avrebbero avuto bisogno di nulla. L’insegnante pone queste domande ai bambini: 1. Il muratore crea o costruisce una casa? 2. Il falegname crea o costruisce un tavolo? 3. Chi solo può creare, cioè ottenere una cosa dal nulla? 4. Come si chiama il libro dove si parla della Creazione del mondo?

Attività

Completa e colora la scheda ). (a disposizione nei

Primaria Primaria

L’insegnante può far disegnare ai bambini gli elementi creati da Dio e le cose fatte dall’uomo. La finalità di questa attività è far comprendere che niente potrebbe esistere e niente esiste se non per la potenza creatrice di Dio.

3. Avvio della ricerca (momento costruttivo-collaborativo) Individuazione del problema religioso

L’insegnante accompagna gli alunni a porsi l’interrogativo che apre ulteriormente alla ricerca religiosa, mostrando due cartelloni che riportano due immagini simili: 1. La Terra donata all’umanità. 2. La Terra custodita dagli esseri umani.

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L’IdR spiega che nella prima immagine osserviamo la grandiosità e le bellezze del Creato.

Nella seconda immagine notiamo che l’uomo spesso non rispetta e non custodisce le cose del mondo, ma le sciupa, le sporca o, peggio, le distrugge. Le due schede sono a disposizione nei

.

Attività

L’insegnante invita gli alunni a parlare. •  Immaginiamo che cosa accadrebbe se non ci fossero l’aria, il sole, l’acqua, gli alberi, gli animali… Greta Thunberg. •  Che cosa avviene quando l’uomo non rispetta la natura? •  Com’è l’aria che respiriamo, specialmente in città? •  Com’è l’acqua di molti fiumi e laghi? •  Perché tanti animali stanno scomparendo? •  Per quale motivo troppi alberi dei boschi vengono tagliati o incendiati? •  Quale deve essere l’impegno di noi tutti per difendere e favorire lo sviluppo della natura? •  Lo sapete che c’è una bambina svedese di nome Greta che sta girando il mondo per incontrare gli studenti di tutte le scuole e insegnare a vivere e apprezzare in modo responsabile il nostro mondo?

Attività

Proponiamo ai bambini la visione di un video di Greta Thunberg, tratto da YouTube

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4. Fonte religiosa UNITÀ DI LAVORO 1

(Il Cantico delle creature di frate Francesco di Assisi)

L’insegnante, servendosi della LIM, presenta ai bambini il video del Cantico delle creature, tratto da YouTube (nella «Pagina dei link», nei , c’è il link di un video). Anche Papa Francesco ci invita a «proteggere il Creato per proteggere l’uomo». L’insegnante legge alcuni brani della Lettera enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sulla cura della «casa comune» e insieme ai bambini sceglie alcune frasi da scrivere come messaggi e appendere nei corridoi della scuola; in particolare i nn. 13, 14 e 76: «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile… L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. … Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta… Per la tradizione giudeo-cristiana, dire “creazione” … ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato».

Primaria Primaria

L’IdR consegna poi due schede da completare e co). lorare (a disposizione nei A questo punto, i bambini incollano le schede su un cartellone da appendere in classe e imparano la poesia.

5. Percorso per elaborare l’esperienza Apertura religiosa

Il Cantico delle creature insegna a ringraziare Dio per le cose che ha creato e, nello stesso tempo, invita l’uomo a rispettare l’ambiente che lo circonda, come ricorda oggi Papa Francesco, perché esso è indispensabile alla vita. Se ci guardiamo intorno scopriamo però che… La scheda con il disegno è a disposizione nei . Gli alunni avranno in tal modo una visione panoramica sull’urgenza e la gravità del problema ecologico.

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6. Elaborazione della risposta

Ricaduta educativo-esistenziale – competenze

Ricapitolare il percorso di apprendimento e collegarlo alla propria esistenza. Gli alunni, dopo un’attenta riflessione, hanno capito che la Terra non è un bene privato, ma pubblico, cioè condiviso con tutti gli esseri umani, anche quelli che verranno nel futuro e ai quali si deve rendere conto di eventuali danni provocati dalla nostra noncuranza.

Attività

La scheda da colorare e completare è a disposizione nei .

L’insegnante consegna ai bambini due esercizi da fare sul quaderno: 1. Rappresenta situazioni in cui la natura viene amata e rispettata. 2. Rappresenta situazioni in cui la natura viene deturpata, inquinata, distrutta.

Valutazione delle competenze Compito autentico in situazione

L’IDR propone ai bambini un lavoro di sintesi riprendendo le immagini precedentemente usate nel cartellone per il Cantico delle creature. I bambini realizzeranno un fascicoletto che consegneranno al dirigente scolastico a nome della classe chiedendo che sia diffuso nella scuola.

Strumento di gratificazione, conferma e incoraggiamento I bambini ricevono una pallina mappamondo.

I dis sono egni del stati le sch e reali zzat de prese i da Pasq ntate in ualin q a Iac uesta U ni tà obel li. di L a voro

Verifica degli apprendimenti

La progettazione per l’anno 2019 - 2020 è a disposizione nei L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

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LE PAROLE DELLA

BIBBIA

Redazione

Le origini

«In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gn 1,1). Leggere la Bibbia non è facile. Questa enorme raccolta comprende una settantina di libri molto vari, originali e profondi, scritti in epoche diverse. Inizia con un racconto, la Genesi, che presenta la Creazione del mondo e degli uomini. Attraverso l’analisi di parole scelte nei primi tre capitoli di questo libro, questa nuova rubrica vuole essere una guida per aiutare a districarsi in questa vera biblioteca. In ogni numero della rivista vengono presentate 4 parole relative a uno dei 7 temi che saranno trattati in questo anno scolastico: le origini, il tempo, la natura, l’uomo, la rottura, i primi passi, Dio.

Incominciamo con le origini. IN PRINCIPIO

Primaria Primaria

Quando non esisteva niente, Dio diede inizio a qualcosa: creò il mondo e l’uomo. Questo inizio si chiama «Creazione». È possibile dare inizio a molte cose: una storia, un apprendimento. Nella Bibbia, però, quando si parla di «inizio» lo si fa per sottolineare che qualcosa prima non esisteva e poi ha cominciato a esistere. Prima che l’universo esistesse, non esisteva nulla. Dopo la nascita dell’universo c’è l’universo, è logico! Nella Genesi vengono elencati il cielo, la terra, il sole, la luna, le stelle, gli animali selvatici, quelli domestici, quelli che volano e quelli che strisciano al suolo, ecc. Tutto comincia a esistere. La stessa cosa accade per un bambino: prima non esisteva per niente, ma nel giorno della sua nascita lui c’è! Ogni inizio all’esistenza è così sorprendente che, per le persone che hanno scritto la Bibbia, Dio solo può esserne l’origine. Dio crea il mondo e gli uomini, ed essi cominciano a esistere. «A un suo divieto il sole non sorge e le stelle non brillano. Egli stende i cieli da solo e cammina sulle onde del mare; ha fatto le costellazioni e tutte le stelle del cielo. Egli è autore di opere grandiose e stupende, e di meraviglie innumerevoli» (Giobbe 9,7-10).

PER SAPERNE DI PIÙ

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I miti della Creazione. Un mito non è né una menzogna né un sogno! Un mito non pretende L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

di descrivere quello che è accaduto nella notte dei tempi. Permette di parlare delle origini del mondo e degli uomini. Tutte le culture hanno miti relativi alle origini. Prima della Genesi, vi sono stati molti miti della Creazione. In Egitto, sulle pareti delle piramidi, si trova un racconto della creazione a opera del dio Aton. In Mesopotamia, alcuni testi raccontano la guerra degli dèi, all’origine del mondo. A Ugarit, una città che si trova sulla costa siriana, il dio supremo era chiamato «il creatore delle creature».

CREARE Creare non è fabbricare. Creare è far esistere. Nella Bibbia, Dio crea con la sua parola. Dio parla, e le cose esistono. Nella Genesi, per parlare della Creazione sono usati molti verbi. Alcuni significano «costruire», come si costruisce una casa; «tagliare», come si taglia la pietra; «separare», come si separa il cielo dalla terra. Tuttavia, un verbo è riservato a Dio solo, in particolare quando crea l’uomo: è il verbo bara’. Questa differenza di termini sottolinea due aspetti: Dio solo ha il potere di creare l’uomo, e l’uomo è un essere speciale nella Creazione. Nessun uomo, per quanto geniale, crea veramente, nel senso del verbo bara’. L’uomo costruisce, e a volte ciò che ha realizzato è così bello da evocare la Creazione. Accade che la natura, il vento, l’aria, l’acqua, il fuoco siano considerati come una sorta di dèi. Tut-


tavia, uno scultore non è la sua scultura. Neppure Dio è il mondo che crea; e il mondo non è Dio. C’è una netta distinzione tra chi crea e chi è creato. «Ciò che Dio ha di invisibile, dopo la creazione del mondo si rende visibile all’intelligenza dell’uomo attraverso la visione delle sue opere: cioè la sua potenza e la sua divinità» (Rm 1,20).

PER SAPERNE DI PIÙ

La Creazione. Ogni creazione porta una traccia di chi l’ha creata. La Creazione parla di Dio. È il segno della sua grandezza; il testo della Genesi si sforza di esprimere questo. Nel corso di tutta la storia degli uomini si è pensato che la natura porti l’impronta divina, come una traccia visibile del Creatore invisibile. Così gli uomini, LA TERRA con la loro intelligenza, sono capaci di risalire dalla La terra è il suolo sotto i nostri piedi. Nella Bibnatura a Dio. bia, è il luogo in cui abita l’uomo. Sulla terra ci sistemiamo e viaggiamo. La terra è il luogo in cui si abita, che si lascia o che si conil cielo quista. Ma è anche il suolo su cui coltivare i campi, Il cielo, questo spazio misterioso che avvolge la costruire, fare la guerra e in cui essere sotterrati. Terra, così vicino e così lontano, così calmo e così Nella Genesi, la terra è il primo elemento solido mutevole. Nella Bibbia, il cielo è la dimora di Dio. e secco, così solido che può sostenere le piante, gli Poiché il cielo è al di sopra della nostra testa, alberi, le rocce e tutto ciò che vive. inaccessibile, tutti i popoli lo hanno considerato Nella Bibbia si trova anche l’espressione «Terra come la possibile residenza degli dèi. Anche nella promessa ». È la terra che Dio promise agli anteBibbia, il cielo simboleggia la presenza di Dio. Tutnati nomadi del popolo ebraico. È una terra in cui si tavia, se qualcuno si mette a cercare Dio nel cielo dice che scorrano latte e miele, dove sarà bello sisteblu o grigio, tra le nubi e le stelle, tra il sole e la luna, marsi. Non si tratta di possedere ognuno un pezzetnon lo troverà mai! to del pianeta Terra, limitato da frontiere tracciate. La parola «cielo» rappresenta ciò che non si può terra promessa è ogni luogo in cui gli uomini La mai raggiungere, e la distanza che c’è tra il creatore e imparano a vivere insieme. le creature. D’altronde, si usa sovente la parola «cielo» al posto del nome sacro di Dio, YHWH (le quat«Siate benedetti dal Signore, che ha fatto cielo e tertro lettere, cioè il tetragramma sacro che gli Ebrei ra. Il cielo è del Signore; la terra, l’ha data ai figli di Adanon pronunciano mai, dicendo al suo posto «Signo- mo» (Salmo 115 [113b], 15-16). re»). Quando una persona muore, a volte si dice che «è salita in cielo». Questo significa che ha raggiunto PER SAPERNE DI PIÙ Dio, e non che va nello spazio! Israele, un popolo di agricoltori e allevatori. Per gli abitanti d’Israele, l’anno è ca«Allora diede ordine dall’alto di aprire le porte del denzato dai lavori agricoli. Si semina a dicembre cielo; fece piovere la manna per nutrirli, e donò loro il per approfittare delle piogge. Si comincia con pane del cielo» (Salmo 78 [77], 23-24). l’orzo e con il lino, poi si semina il grano. Dopo PER SAPERNE DI PIÙ il raccolto, i cereali sono immagazzinati in siDio abita in cielo? Dove si trova, dunque, los o nei granai. Negli orti ben irrigati si fanno crescere la casa di Dio? In alto, nel cielo, al di sopra dei cucetrioli, cipolle, aglio… L’allevamento è anmulonembi? No di certo! Tuttavia, nella Bibbia spesche molto importante. Bovini e altri aniso si dice che il cielo è la dimora di Dio, e i cristiani mali, come le pecore e le capre che papregano «Padre nostro che sei nei cieli». Quando si scolano nelle zone più brulle. Nei cortidice che Dio si trova in cielo si intende che è al di li si trovano dei volatili: galline, oche, là di qualsiasi cosa si possa pensare o immaginare. ecc. Gli ebrei addomesticarono molto Ma allora, dov’è Dio? A questa domanda, gli ebrei e presto l’asino selvatico, che usavano i cristiani rispondono che lo si può riconoscere nel per trasportare carichi pesanti. volto dell’altro. L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

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ESPERIENZE DIDATTICHE

Patrizia Delsoldato

Animazioni

con tecniche miste

Primaria Primaria

Un progetto innovativo per la scuola primaria.

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Il progetto di animazioni con tecniche miste per la scuola primaria è stato strutturato in collaborazione con il collega Andrea Ferrante (per la grafica e l’utilizzo degli strumenti digitali), esperto di didattica nella video-animazione e in stopMotion (www.facebook.com/GiocandoConLeImmagini/). Le attività di animazione consentono di educare i bambini all’uso innovativo, divertente, educativo e intelligente delle nuove tecnologie in linea con le competenze tecnologiche e digitali che si devono conseguire al termine della scuola primaria. Il progetto si struttura in modo progressivo e articolato dalla classe prima alla quinta. Si intende fornire un primo approccio progressivo sulle metodiche di animazione, fino a giungere a progettare e ideare l’animazione in stopMotion, che si realizza attraverso una serie di scatti fotografici. Al temine di ogni unità di apprendimento, sono previste delle griglie di valutazione sistematica per consentire all’insegnante di verificare il percorso svolto. Inoltre, mediante l’uso degli strumenti (computer, tablet, iPad, macchina fotografica digitale, smartphone, iPhone) si sperimentano e si possono utilizzare modalità e strategie didattiche innovative e inclusive per tutti.

Finalità didattiche del progetto •  Progettare e realizzare un’attività educativa con una sequenza narrativa utilizzando strumenti informatici audiovisivi. •  Trasformare il progetto scritto in una sequenza di immagini realizzate con disegni e materiali vari.

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Finalità educative del progetto •  Incrementare la collaborazione e l’inclusione tra i gruppi dei pari. •  Educare alla diversità come valore e alle differenze come risorse. •  Favorire lo sviluppo di un atteggiamento attivo, consapevole e critico nei confronti dei massmedia. La lettura partecipata e coinvolgente del racconto È arrivato un mostro, di Bruno Ferrero (vedi l’Allegato nei ), oltre a essere il filo conduttore per la realizzazione delle diverse attività multimediali proposte nelle differenti classi in maniera interdisciplinare, prevede una sinergia tra l’insegnante di Religione cattolica e il docente di Attività alternativa. Il testo tratta in forma narrativa semplice e chiara i problemi aperti della cultura e della società attuale, quali: 1.  Il rispetto per la diversità etnica, l’accettazione alle differenze morfologiche, la comprensione psicologica. 2.  L’inclusione di culture differenti. 3.  Il rifiuto del bullismo, la tolleranza e il rispetto della persona. Qui di seguito vengono elencate le tematiche specifiche che scaturiscono dopo la lettura del suddetto brano e diversificate a seconda della classe e del percorso di apprendimento degli alunni: -  Classe 1a: l’amicizia (UdA: «L’amicizia è...»). -  Classe 2a: la diversità (UdA: «Diversi ma non troppo»). -  Classe 3a: il rispetto reciproco (UdA: «Parla! Ti ascolto»). -  Classe 4a: l’inclusione (UdA: «Nessuno resta fuori»). -  Classe 5a: la multiculturalità e l’immigrazione (UdA: «Ti do il benvenuto»).


CLASSE 1a UdA: «L’amicizia è...» Obiettivi specifici • Comprendere il valore dello stare bene insieme. • Comprendere, attraverso la Parabola del Buon

Samaritano e quella del Padre Misericordioso, le parole di amore, di perdono e di aiuto di Gesù nei confronti dell’altro. • Conoscere le prime regole di rappresentazione grafica utilizzata nella riproduzione di movimenti in sequenze.

Traguardi per lo sviluppo delle competenze in chiave trasversale L’alunno: • rispetta le regole condivise; • partecipa alle discussioni della classe; • assume atteggiamenti positivi nei confronti

alla fine il mostro e gli abitanti di Dolceacqua diventano amici?», ecc. • Costruzione e montaggio del zootropio (dispositivo ottico per visualizzare immagini e disegni in movimento, vedi nei ).

•Piccolo show animato: colorare con pennarelli o matite colorate il mostro in movimento disegnato sulla striscia. Poi, inserirla all’interno dello zootropio, seguendo le istruzioni.

dell’altro.

Raccordi interdisciplinari • Italiano: ascoltare testi di tipo narrativo e di

semplice informazione raccontati o letti dall’insegnante, individuandone i personaggi principali. • Educazione alla cittadinanza: attivare modalità relazionali positive e di collaborazione con i compagni e gli adulti. • Arte e immagine e Tecnologia: elaborazioni grafico-pittoriche e approccio al movimento in sequenza.

Materiali e strumenti utilizzati

Cartoncini, pennarelli e matite colorate; forbici; fermacampioni. Zootropio con striscia animata. La divisione in «fotogrammi» di un movimento anticipa il principio base del fare i cartoni animati con striscia animata.

Tempi di realizzazione 3 lezioni di 2 ore ciascuna.

Svolgimento delle attività • Lettura del racconto: È arrivato un mostro, di

Bruno Ferrero (a disposizione nei ). • Conversazione sul significato del racconto, utilizzando semplici domande, per esempio: «Perché gli abitanti del paese hanno paura del mostro? Qual è l’aspetto fisico del mostro? Come si chiamano i bambini che parlano con il mostro? Perché

•Colorare con pennarelli o matite colorate la sagoma del mostro seguendo le istruzioni dell’insegnante. Al termine, ritagliare nella giuntura degli arti e inserire dei fermacampioni per farlo muovere. • Scrivere sul sacco che porta il mostro una frase d’amicizia.

Valutazione degli alunni • Osservazioni continue e in itinere per rilevare la partecipazione alle discussioni, alle attività e il comportamento degli alunni nel gruppo dei pari (Griglia di osservazione sistematica nei ). • Valutazione del raggiungimento degli obiettivi specifici (Griglia di valutazione nei ).

Autovalutazione insegnante • Utilizzo di una scheda di autovalu) dell’insegnante tazione (nei per verificare i punti di forza o di debolezza delle attività proposte.

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GIOVANI CAMPIONI

Claudio Russo

Primaria Primaria

Angelo

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Natale 1958. All’Ospedale del Bambino Gesù, a Roma, reparto pediatria, un uomo vestito di bianco incontra un bambino e gli chiede: «Come ti chiami?». «Angelo», risponde il piccolo. L’uomo vestito di bianco lo guarda con attenzione e gli dice: «Anch’io una volta mi chiamavo Angelo. Ma ora mi hanno fatto scegliere un altro nome». Chi è quest’uomo vestito di bianco? Chi gli ha fatto cambiare nome? Perchè? Angelo Roncalli era nato il 25 novembre 1881 a Sotto il Monte, a 16 chilometri da Bergamo. A mamma Arianna e papà Battista erano già nate tre bimbe: Maria Caterina, Teresa e Ancilla. Angelo era il primo maschietto. Papà Battista e lo zio Zaverio lo portarono subito in chiesa e lo fecero battezzare. Ventidue anni dopo, Angelo scriverà: «Quel buon vecchio di mio zio Zaverio, appena lavatomi neonato al fonte battesimale, mi consacrò al Sacro Cuore nella chiesetta del mio paese, perché crescessi sotto i suoi auspici da buon cristiano». Nella famiglia Roncalli si viveva da buoni cristiani, una grande famiglia patriarcale composta da circa trenta persone. «Eravamo poveri, ma contenti della nostra condizione e fiduciosi nell’aiuto della Provvidenza – ricordava Angelo –. Sulla nostra tavola mai pane, soltanto polenta; niente vino ai ragazzi e giovani; raramente la carne; soltanto a Natale e Pasqua una fetta di dolce casalingo. Il vestito e le scarpe per andare in chiesa dovevano bastare per anni. Eppure quando un mendicante si affacciava alla porta della nostra cucina, dove i ragazzi attendevano impazienti la scodella della minestra, un posto c’era sempre, e mia madre si affrettava a far sedere quello sconosciuto accanto a noi!». Ripensando a quegli anni, un giorno scriverà ai suoi genitori: «Quando sono uscito di casa, verso i 10 anni, ho letto molti libri e imparato molte cose che voi non potevate insegnarmi. Ma quelle cose che ho appreso da voi in casa sono ancora le più preziose e importanti, sorreggono e danno vita e calore alle molte altre che appresi in tanti e tanti anni di studio e di insegnamenti». Iniziò a studiare a scuola nel 1886. Allora le elementari, unica scuola obbligatoria per tutti, duravano solo 3 anni. Tutte le mattine, prima di entrare in classe, andava a servire la Messa. Angelino era

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Roncalli

guardato con poca simpatia da un gruppetto di suoi compagni perché studiava, sapeva sempre la lezione e a loro (che studiavano poco) faceva fare brutta figura. Una sera d’inverno, però, la “brutta figura” la fece lui. La famiglia era radunata a recitare il Rosario. La cena era stata scarsa, e Angelino aveva ancora fame. Mentre pregava, si ricordò che sotto il letto c’era un cestino di fichi secchi. A un tratto sgattaiolò fuori, salì la scala di legno e raggiunse i fichi, che mangiò in fretta. Poi tornò tra gli altri. Finito il Rosario, la mamma, che aveva seguito la manovra, gli chiese: «Dove sei stato? Non sarai mica andato a rubare i fichi?». «No, non ho rubato i fichi». Ma poco dopo dovette raccontare la verità. «Avevi fame, Angelino, e lo capisco – gli disse la mamma –. Ma perché raccontarmi una bugia?». Angelino si sentì sprofondare nella vergogna. Il giorno dopo, prima della Santa Messa, sentì il bisogno di confessare al parroco il furto e la bugia. Nel febbraio 1889 ricevette il sacramento della Cresima, e il mese seguente la Prima Comunione. Aveva solo 7 anni. «Ero un ragazzo innocente e un po’ timido – scrisse diversi anni dopo –. Volevo amare Dio a ogni costo. Prendevo tutto sul serio». «In casa Roncalli, la più numerosa del paese, a tutto provvedeva il buon Dio; provvedevano i campi ben lavorati a cereali e a vigna; provvedevano gli animali nella stalla, con il latte e i suoi prodotti; provvedevano il timor di Dio, che manteneva l’ordine, la serenità di una vita collettiva, impegnata nel buon lavoro, nel ben operare, con mutuo e vicendevole rispetto, e con mai turbata pace domestica e cristiana», scrisse ormai adulto Angelo. La pedagogia, in casa Roncalli, si riassumeva in semplici atteggiamenti condivisi da tutti: vivere sotto gli occhi di Dio, volersi bene, fare ciò che si può, accontentarsi di ciò che Dio manda, avvolgendo tutto nella gioia serena di chi ha il cuore in pace. Cresciuto in questo clima di fede, Angelino, terminata la terza elementare, avrebbe voluto continuare gli studi per diventare prete. Ma come fare? Per entrare nel Seminario di Bergamo occorreva pagare una retta, che la famiglia Roncalli non poteva permettersi. Intanto in casa Roncalli erano nati altri bambini. Ora erano in sette. Dopo un anno, Ange-


morì infatti il 3 giugno 1963. È stato beatificato il 3 settembre del 2000 e canonizzato il 27 aprile 2014. I suoi resti mortali riposano dal 2001 nella Basilica di San Pietro a Roma.

Proviamo a riflettere… lino fu inserito in un collegio vescovile fondato da san Carlo Borromeo, che preparava gratuitamente i giovani migliori all’entrata in Seminario. Ma Angelo non riuscì a stare al passo dei suoi compagni, di tre anni più grandi e meglio preparati. I genitori lo riportarono a casa, a Sotto il Monte. La speranza di Angelino di rispondere alla vocazione di Dio riprese vigore nell’estate del 1892, quando un sacerdote si offrì per pagargli la retta presso il Seminario di Bergamo. Il suo parroco lo preparò all’esame di ammissione alla terza ginnasiale. Nel mese di novembre, Angelo entrò in Seminario. Dopo le prime difficoltà ad adattarsi al metodo scolastico, tutto procedette nel modo migliore. In due anni era già tra i primi della classe. Terminato il ginnasio, nel 1895, all’età di 14 anni, iniziò gli studi di Filosofia e di Teologia. E ricevette la tonaca nera, la divisa dei chierici. La indosserà per tutta la vita. Un’altra consuetudine che non lasciò più fu quella iniziata proprio in quel periodo: scrivere su un quaderno i propri «appunti spirituali». Tra le altre cose si legge: «Combattevo in me stesso un nemico, l’amor proprio». Intanto, fuori dal Seminario era all’ordine del giorno la questione sociale: molta gente in Italia era ridotta quasi alla fame. Chiedeva una maggiore giustizia sociale, una vita più umana e dignitosa per i lavoratori delle fabbriche (costretti a fare 12 ore al giorno, anche i ragazzini) e nei campi. Angelo, curvo sui libri, esercitava la mente sul Latino e sulla Matematica, ma si preparava a entrare come sacerdote nel mondo vibrante del XX secolo.

In età adulta Divenuto prete nel 1904, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante in seminario. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico, nel 1944 fu nominato Nunzio apostolico a Parigi, per divenire poi nel 1953 Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 venne eletto Papa, come successore di Pio XII, e assunse il nome di Giovanni XXIII. Avviò il Concilio Vaticano II, ma non ne vide la conclusione:

•  Chi era Angelo Roncalli? •  In quale contesto storico e sociale visse? •  Che cosa imparò dalla sua famiglia? •  Qual era il nemico contro il quale combatteva? •  La sua infanzia e adolescenza sono state importanti per la sua crescita? Per quale motivo? •  A che cosa serve conoscere la sua vita?

Gioco-attività «Sono ancora vivo, sano e robusto» Nel 1902 prestò servizio militare a Bergamo, in fanteria. La severa vita di caserma non lo turbò. Ciò che lo sconvolse fu la condotta di molti soldati. In seguito, ripensando a quel periodo, scrisse: «Quante bestemmie in quel luogo, quante sozzure! Potevo perdere la vocazione, come tanti altri poveri infelici, e non l’ho persa. Sono passato attraverso il “fango”, e Dio ha impedito che mi imbrattassi: sono ancora vivo, sano, robusto come prima, meglio di prima,…». Come si conclude la frase? Scoprilo cancellando dalla riga sottostante le lettere B, C, F, L, M, Q, V; poi scrivi nello spazio in fondo le lettere rimaste. BGCESQÙ TCIL CRIMNGBRAZLVFIO ____ __ _________ è a disposizione la scheda con questa Nei attività.

PER APPROFONDIRE la conoscenza di Angelo Roncalli leggi il libro di Teresio Bosco Papa Giovanni, storia di un cristiano, Elledici, pp. 160.

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ARTE E RELIGIONE

Maria Luisa Mazzarello

Gesù chiama Pietro

e i primi discepoli

a seguirlo

Primaria Primaria

Un brano del Vangelo di Luca (5,1-11) raffigurato in un dipinto di Gianfranco Monaca.

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L’immagine del dipinto è a disposizione nei La scena dipinta da Gianfranco Monaca che osserviamo in questo articolo è ambientata sulle rive del lago di Tiberiade. Sulle sponde di questo lago, come si legge nei Vangeli, Gesù in diverse occasioni ha annunciato il Regno di Dio alle folle che accorrevano per ascolè a disposizione un approfondimento tarlo (nei sul lago di Tiberiade). Questo lago, per l’abbondanza di pesci, al tempo di Gesù era il luogo di lavoro dei pescatori. Proprio qui Egli scelse alcuni dei suoi Apostoli: Pietro e Andrea suo fratello, che Gesù aveva chiamati

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, per essere stampata o proiettata.

mentre gettavano le reti in mare, ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono; Giacomo e suo fratello Giovanni, i figli di Zebedeo, che Gesù aveva chiamati mentre sulla riva del lago stavano riordinando le reti, ed essi lasciarono tutto e lo seguirono (cf Mt 4,18-22; Mc 1,16-20). I racconti di Matteo e di Marco fanno da preludio al dipinto che osserviamo, il cui testo evangelico di riferimento è Lc 5,1-11. Nella scena regna una calma che si avvolge di luce. Sullo sfondo in basso si vedono due barche accostate alla riva e quattro ceste colme di pesci. Sono i pesci che Pietro, accogliendo


l’invito di Gesù e fidandosi di Lui, ha pescato in tale abbondanza che le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, affinché venissero in loro aiuto (Lc 5,4-7). Lo stupore è dipinto sul volto degli Apostoli non solo per la quantità enorme del pesce che quasi faceva affondare le loro barche (Lc 1,7), ma anche per quello che adesso ascoltano e vedono. Pietro, come gli altri, era stato colto da grande stupore per la pesca che avevano fatto malgrado le condizioni non favorevoli, e al veder questo si era gettato in ginocchio davanti a Gesù dicendo: «Signore, allontanati da me

che sono un peccatore» (Lc 5,8). A questa confessione, Gesù lo rassicura e gli dice: «Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10b). E lo vediamo: Pietro è inginocchiato davanti a Gesù in atteggiamento di ascolto e di accettazione. Gesù gli sta imponendo le mani sul capo, un gesto con cui gli viene conferito un potere: «D’ora in poi sarai pescatore di uomini». Con l’altra mano e con lo sguardo Gesù si rivolge ai due Apostoli che sono in piedi pensosi per quanto sta accadendo. Anche a loro rivolge l’invito a seguirlo. Allora, «tirate le barche a terra, lasciato tutto lo seguirono» (5,11).

A scuola di religione con l’arte Per le classi prima, seconda E terza In una prima fase di lavoro l’insegnante accoglie i bambini con un brano musicale, predisposto per creare un clima di serenità e di pace. Quindi presenta il dipinto di Gianfranco Monaca (nei ) e invita a guardarlo in silenzio. Si attiverà presto una conversazione che permetterà ai bambini di dire quanto hanno osservato nel dipinto. Durante la conversazione molti elementi verranno evidenziati e gli alunni è a disposizione un approfondimento). saranno pronti ad ascoltare il testo evangelico di Lc 5,1-11 (nei In una seconda fase i bambini ascoltano il racconto evangelico, mettendo a confronto la narrazione verbale con la narrazione visiva. Non mancheranno domande a cui l’insegnante darà risposta, cogliendo l’occasione per far comprendere il simbolismo dell’arte espresso in gesti, segni, colori, via privilegiata per entrare nel cuore del testo evangelico e del suo significato salvifico. Per le classi quarta e quinta In una prima fase l’insegnante proietta l’immagine affinché gli alunni possano contemplarla con calma ed elencare sul quaderno gli elementi che vanno scoprendo. Si attiverà una conversazione vivace a cui seguirà il confronto dell’immagine con il testo di Lc 5,1-11. L’immagine così contestualizzata acquisterà una rilevanza nuova e gli interrogativi degli alunni troveranno risposta. Nella seconda fase si invitano i ragazzi a fare i pittori e a dipingere una sequenza con scene tratte dal brano evangelico che andranno a completare il dipinto di Gianfranco Monaca. −  1a scena: Gesù è in riva al lago. Egli è il Maestro itinerante che annuncia la Parola di Dio alle masse, ma tra quella folla farà emergere alcune persone perché condividano la sua missione: gli Apostoli (vedi il commento e l’approfondimento nei ). −  2a scena: l’attenzione di Gesù si rivolge ai pescatori del lago: sono scesi dalle barche e stanno ripulendo le reti. Egli, con disinvoltura e familiarità, sale sulla barca di Pietro e, sedutosi, si mette a insegnare. −  3a scena: Gesù ha onorato Pietro scegliendo la sua barca, ma ora lo mette alla prova chiedendogli di prendere il largo e gettare le reti per la pesca. Pietro misura l’assurdità della richiesta che contrasta con la professionalità di un esperto pescatore e trema per l’umiliazione che dovrà subire. Ma subito supera la prova e afferma con fiducia: «Nella tua parola getterò le reti». E la sua fiducia non è tradita. La pesca è una rivelazione per Pietro e i compagni, e prepara il loro incontro decisivo con Gesù. Nella terza fase l’insegnante guida gli alunni ad analizzare i momenti decisivi che preparano la sequela di Gesù e coglie l’occasione per suscitare domande e cercare risposte: −  Che cosa vedono Pietro e i suoi compagni? Una pesca straordinariamente abbondante in pieno giorno. −  Come reagisce Pietro? Riconosce nel Maestro «il Signore», cade ai suoi piedi e confessa di essere peccatore. −  Che cosa si sente dire Pietro? «Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini». −  Che cosa decidono Pietro e i compagni? Tirano le barche a terra, lasciano tutto e seguono Gesù. Attraverso opportuni itinerari didattici i ragazzi comprenderanno che il legame tra i vari momenti dell’evento è dato dalla Parola di Gesù, che converte, trasforma e rinnova la vita.

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DIDATTICHE SPECIALI

Patrizia Delsoldato

Simonetta Michelotti

Tutti insieme con piccoli gesti per difendere

il mondo

Un’attività didattica per sottolineare l’importanza dell’acqua nella vita quale dono di Dio all’uomo. Per la scuola dell’infanzia e primaria.

Primaria Primaria

Francesco, nome di fantasia, ha sette anni. È stato trattenuto un anno alla scuola dell’infanzia; quest’anno frequenta la prima classe della primaria. Il bambino ha la sindrome di Down. Ha gravi problemi di linguaggio, circoscritto ad alcune parole isolate: dice «no», «sì», «mamma», «papà», «pappa». Usa gesti con significato evidente e vocalizzazioni significative. Comprende semplici domande ed esegue semplici consegne. I tempi di attenzione sono limitati, non adeguati all’età, si distrae se non è interessato. Ha buona capacità di memoria; ricorda azioni e movimenti. Ha buone abilità se motivato adeguatamente, e le azioni e i movimenti sono reiterati nel tempo. Ha un ritardo mentale di grado medio. Per quanto riguarda le abilità motorie, l’impugnatura degli oggetti e utensili avviene con presa semi-palmare; inizia a utilizzare la presa a pinza prevalentemente con la mano destra. L’impugnatura del mezzo grafico è quasi corretta. È inserito in una classe di 20 bambini, va d’accordo con i compagni, che si mostrano amorevoli con lui. Il rapporto con le insegnanti è buono, è affiancato da una insegnante di sostegno per 22 ore settimanali. È la stessa insegnante che lo segue dalla scuola dell’infanzia (come previsto dalla vigente normativa) con la quale ha un ottimo rapporto.

PROPOSTA DIDATTICA IRC Gli interventi educativi e l’attività didattica suggeriti sono proposti sia per la scuola dell’infanzia (cinque anni) sia per la primaria. Partendo dai ricordi delle vacanze estive, dai momenti spensierati e lieti trascorsi con gli amici al mare, si vuole sottolineare l’importanza dell’acqua nella vita quale dono di Dio all’uomo. Compito dell’uomo è proteggere e custodire il mondo che Dio ci ha regalato. Nel corso della lezione saranno utilizzate anche opere artistiche e poetiche per sensibilizzare e avvicinare i bambini al mondo del bello e dell’arte. La metodologia adottata sarà quella del peer tutoring e del piccolo gruppo per aiutare tutti i bambini, in particolare quelli con Bisogni Educativi Speciali (BRS), a raggiungere i propri traguardi.

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SVOLGIMENTO Avviamo una conversazione con alcune domande guida: «Che cosa avete fatto durante le vacanze? Siete andati al mare? Avete conosciuto nuovi amici?». L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

Leggiamo la poesia Ricordando il mare, di Ilaria Mori (vedi l’Allegato 1 nei ). Dopo aver letto attentamente la poesia, proiettiamola sulla LIM e soffermiamoci sulle parole che indicano gioia, felicità, spensieratezza. Inoltre riflettiamo sui termini che maggiormente si riferiscono all’elemento acqua e al rispetto dell’ambiente. Mostriamo quadri di pittori nei quali viene rappresentata l’acqua, in particolare il mare; ad esempio, cerchiamo sulla LIM il dipinto La grande onda di Kanagawa (nei è a disposizione l’immagine). Invitiamo gli alunni a fare un’attenta analisi del dipinto: la tecnica usata dall’artista, i colori e i materiali. Raccogliamo le considerazioni degli alunni. Infine proponiamo loro di eseguire un’opera d’arte ispirandosi al dipinto, su un foglio A3, utilizzando anche materiale di recupero: stoffe, carta, bottoni, spugne, pizzi, tempere, acquerelli, ecc. Proseguiamo prendendo spunto dall’interesse dei bambini e da quanto emerso dal brain-storming. Conduciamo la riflessione verso il rispetto dell’ambiente


i

TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE

COMPETENZE CHIAVE per l’apprendimento permanente (22 maggio 2018):

L’alunno: •  impara alcuni termini del linguaggio cristiano; •  riconosce che la Bibbia è il libro sacro per i cristiani e per gli ebrei; •  identifica le caratteristiche essenziali di un brano biblico, sa farsi accompagnare nell’analisi delle pagine a lui più accessibili, per collegarle alla propria esperienza; •  esprime e comunica agli altri emozioni, sentimenti e desideri; •  mette a confronto la propria storia personale con altre.

•  competenza alfabetica funzionale; •  competenza matematica e in scienze, tecnologie e ingegneria; •  competenza digitale; •  competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare; •  competenza in materia di cittadinanza.

OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO e COMPETENZE IRC

•  Scoprire che per la religione cristiana Dio è Creatore. •  Ascoltare, leggere e saper riferire circa alcune pagine bibliche. •  Individuare gli aspetti più importanti del dialogo. •  Comprendere che l’amore è il Comandamento più grande per i cristiani. •  Riconoscere che il mondo è dono di Dio e come tale deve essere rispettato e custodito. •  Esprimere sentimenti ed emozioni. •  Prestare attenzione agli altri e dare spiegazioni del proprio comportamento e del proprio punto di vista. •  Partecipare, esprimere e interagire in gruppo. •  Adottare strategie di aiuto.

ATTIVITÀ adatta a bambini con disturbo di: ADHD; DSA; ritardo mentale lieve; sindrome di Down; disturbi generalizzati dello sviluppo (ad esempio: autismo); sindrome di Asperger; sindrome di Rett; disturbo disintegrativo della fanciullezza; disturbi del linguaggio (patologie trattate in «L’Ora di Religione», nn. 1-2-3-7, a.s. 2013-2014); sindrome di Cornelia de Lange; sindrome di Prader-Willy (patologia trattata in «L’Ora di Religione», nn. 3-4, a.s. 2015-2016). EMOZIONI COINVOLTE amore, tristezza, sorpresa, stupore, gioia, contentezza, ammirazione, fiducia. STRUMENTI COMPENSATIVI E DISPENSATIVI: parole-chiave, linea dei numeri, programmi di videoscrittura, carattere ad alta leggibilità, sintesi vocale, segnalettere. MODALITÀ DI VERIFICA: realizzazione di un compito autentico.

d’accordo per organizzare delle squadre di “vigili ecologisti” che controllino nella scuola e nel parco i giochi e il rispetto dell’ambiente. I compiti assegnati alla vostra classe sono quelli di predisporre un calendario dove verranno segnati gli incarichi e i turni della squadra del “vigile ecologista” e dei cartelli raffiguranti le regole da rispettare. Al termine, predisponiamo un questionario di gradimento per gli alunni.

in cui viviamo, che Dio ha donato all’uomo affidandogli il compito di proteggerlo. Consigliamo un’attività per la scuola dell’infanzia (vedi l’Allegato 2 nei ) e una per la scuola primaria (vedi l’Allegato 3 nei ), per far prendere consapevolezza che il mondo deve essere rispettato a partire da piccoli gesti. COMPITO DI REALTÀ

Il calendario del rispetto dell’ambiente

È iniziato un nuovo anno scolastico, e avete conosciuto insegnanti e compagni nuovi. La direttrice della scuola e il sindaco della città si sono messi

IL DIARIO DELL’INSEGNANTE Osservazione degli alunni: •  partecipano alle attività proposte e ai dialoghi; •  raccontano quello che gli è piaciuto fare; •  mostrano disponibilità alla relazione; •  manifestano le proprie emozioni. Autovalutazione dell’insegnante: •  Le strategie adottate per bambini BES erano adeguate? •  I bambini sono stati contenti dei risultati raggiunti? •  Le attività proposte hanno coinvolto tutti i bambini? L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

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MANUALITÀ

Redazione

All’inizio

dell’anno scolastico

La ruota della vita

«Nella vita dell’uomo, per ogni cosa c’è il suo momento, per tutto c’è un’occasione opportuna» (Qo 3,1). L’idea è di visualizzare su un solo supporto le diverse occupazioni dei bambini (inizio delle attività, feste, compleanni, feste religiose, vacanze, ecc.) suddivise su tre dischi: il mondo circostante, l’anno liturgico e l’anno scolastico.

Primaria Primaria

CHE COSA CI SERVE: •  fogli di carta da disegno di colore bianco o chiaro; •  tre pezzi di cartone leggero; •  riviste; •  colla; •  forbici; •  pennarelli.

COME SI FA: •  l’insegnante ritaglia 3 dischi di diametro diverso (ad esempio: cm 80, 65 e 50) su cartone leggero, sui quali incolla la carta da disegno; •  posiziona i 3 dischi uno sull’altro, il più grande sotto, il medio in mezzo; •  li fissa al centro con un grosso fermaglio; •  i bambini scrivono, disegnano o incollano le foto in relazione ai diversi appuntamenti del mondo circostante, dell’anno liturgico e dell’anno scolastico.

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L’albero delle fotografie

«Voi siete miei amici» (Gv 15,14) È l’albero di vita e di amicizia di un anno scolastico. L’insieme del gruppo può così conoscersi meglio. È un’attività da realizzare all’inizio dell’anno scolastico, con un pannello da lasciare affisso e da conservare a lungo, perché ognuno ritrovi con gioia i suoi amici e i suoi insegnanti.

CHE COSA CI SERVE: •  carta colorata per il fondo; •  colori; •  matite per colorare; •  creta, pastelli o pennarelli; •  ritagli di carta da disegno di vari colori; •  una foto in primo piano di ogni bambino (oppure una fotocamera digitale).

COME SI FA: •  l’insegnante traccia il contorno di un albero su un grande foglio. Attenzione: prevedete la dimensione dell’albero in funzione del numero di bambini; •  se si dispone di un apparecchio fotografico digitale, è facile e rapido scattare foto individuali dei bambini e stamparle; •  i bambini dipingono o disegnano i rami e un ornamento; •  ogni bambino disegna e poi ritaglia una foglia d’albero su carta colorata; •  sulla foglia, ciascuno scrive il proprio nome e incolla la propria foto; •  anche gli insegnanti devono ritagliare ciascuno una foglia e incollare la propria foto; •  si può completare l’albero disegnando o incollando frutti o fiori.

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GESTIONE DELLA CLASSE

GIUSEPPE CURSIO

Osservo

la mia classe

Una nuova rubrica per riflettere e leggere da un particolare punto di vista gli eventi a scuola. Stare nella situazione

Primaria Primaria

Negli articoli di questa nuova rubrica non troverai “liquidi magici” che ti aiuteranno a risolvere gli eventi inattesi della tua classe. In questi testi troverai spazio per riflettere e per leggere, da un particolare punto di vista, gli eventi di classe. In questi testi ascolterai la necessità di saper stare nelle situazioni problematiche senza un dispositivo che ti aiuti a risolvere il problema stesso. Condividerai però un principio di realtà: ogni evento ha un inizio e una fine, e questi eventi non vanno accolti con passività. La funzione del tuo pensare e del tuo sentire può aiutarti a trovare un modo di comprendere e «leggere» questi eventi di classe, perché gli eventi di classe sono «sintomo», sono annunci in “lingua straniera” di qualcosa che l’unicità del bambino e della bambina vogliono raccontare.

Gestire la classe… gestire con classe

Esplorare queste prime parole serve per condividere l’obiettivo di queste considerazioni (cf Charles C.M., Gestire la classe. Teorie della disciplina di classe e applicazioni pratiche, LAS, Roma 2002). La classe: un luogo dove sono presenti diverse persone con diverse esigenze; bambini e bambine che esprimono la singolarità del loro modo di essere al mondo attraverso la propria unicità. Dunque, dovrò sempre scrivere nel mio taccuino per non dimenticare che ogni bambino e ogni bambina sono singoli, unici. Mentre ascolto una singolarità, mentre ascolto questo bambino, gli altri mi vedono: osservano come io reagisco a questo incontro. Dovrò stare attento a come gli altri rispondono ai miei racconti,

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chi è indifferente e chi piange, chi è annoiato e chi è arrabbiato. Nel mio spazio-classe abita l’imprevedibilità: preparo un’attività pensando di lavorare in piccoli gruppi e… mancano tanti bambini, la lezione è interrotta dall’ingresso di un estraneo oppure dell’operatore scolastico che porta una circolare da firmare. Ogni tua decisione è vista e interpretata, vissuta o subita dai tuoi bambini, ogni tua decisione è connotata dal suo essere pubblica, davanti agli altri, e ti renderai conto che se prendi in disparte qualche bambino potrai scatenare, aprire nella mente di qualcuno di loro, lo “zaino” della gelosia. La scena pubblica dei nostri gesti scatena molta «complessità e molti complessi». Lo stile di un insegnante è il suo modo di usare la voce.


La tua classe ha una storia, ciò che avviene non dipende dal caso. Ogni settimana incontri i tuoi bambini e le tue bambine e, mentre dai parola a queste storie, tu costruisci il tuo stile dell’insegnare. Il tuo stile è il tuo modo di usare la voce mentre racconti, perché nei rivoli della voce abitano le emozioni e la passione con la quale insegni, con la quale educhi, cioè accompagni i bambini nel luogo immaginario del fresco della radura per aiutarli a farli diventare curiosi di sapere, soggetti di desiderio.

Costruirsi uno stile come insegnante

Il tuo stile è il tuo modo di interpretare il «media-simbolico» (un libro, una sequenza filmata, una poesia, ecc.) che è disposto tra te e i bambini, perché tra te e i bambini ci deve essere questo spazio di protezione e di contenimento. In questa prospettiva di gestione della classe, condividerai insieme a me dei passaggi ormai importanti. Ti indico il primo. La gestione della classe non è più intesa come un repertorio di tecniche e di strategie, ma come sviluppo della tua capacità riflessiva che ti consente di intraprendere azioni nella complessità delle variabili che interagiscono nel momento dell’apprendimento. La gestione della classe non è più obbedienza alle regole imposte dall’insegnante, ma è intesa come creare condizioni per aiutare i bambini e le bambine ad auto-regolarsi, a trovare cioè motivi interni per fare le scelte. Gestire la classe non è più, quindi, insegnamento di regole, ma sviluppo di fiducia e capacità di cura.

Spazio di autoriflessione

La paura che non ci fa pensare, la paura sospesa, la paura compagna di strada. Per non far diventare questa narrazione una esortazione a «essere bravibuoni», ti condivido alcuni dati di realtà che possono aiutarci a costruire il nostro stile di insegnare. Una docente della Primaria ha in classe un bambino molto aggressivo che «spacca tutto», come dice lei. La mia collega mi condivide la sua «angoscia», che blocca ogni via di pensiero e azione. Nelle nostri classi ci sono «scene» che, letteralmente, ci bloccano e non sappiamo che cosa fare. Questo è ciò che ho ascoltato dalla mia collega della classe Primaria. Abbiamo storie di «gesti non fatti» per essere stati presi dalla paura. La “lingua straniera” della paura ha codici incomprensibili. Non sappiamo perché quella particolare storia, quel particolare gesto, ci risveglia così tanta paura. Il lavoro educativo chiede la mes-

L’insegnante accompagna i bambini nel luogo immaginario del fresco della radura per aiutarli a diventare curiosi di sapere. sa in questione di sé, non solo come professionisti, ma come esseri umani. Non è un lavoro spontaneo, naturale; è un lavoro di scelta, che deve urtare contro i meccanismi di difesa del nostro «io» sempre sul chi va là, in difesa! Chissà quante storie di docenti hanno attraversato l’esperienza della paura e hanno bonificato in quel modo l’aggressività dei propri bambini.

Farsi domande

Ho sempre pensato che per lo sviluppo dell’essere umano che fa l’insegnante sia importante esplorare gli spazi, i gesti e se stessi con delle domande. Le domande orientano la ricerca e danno senso alle passeggiate e alle osservazioni. Trova uno spazio per fermarti e rendi ragione a te stesso, te stessa, delle domande, sensazioni, intuizioni, dubbi che albergano nella tua mente. Accogli, oltre alle tue domande, anche quelle che qui, in questo momento, ti suggerisco: 1.  Il cammino formativo si fa almeno in due. Con i colleghi? Con i genitori? Costruire collaborazione: perché sì oppure perché no. Pensa alle ragioni della tua scelta. 2.  Il mio stile di insegnare… Hai trovato la tua unicità? Sei ispirato/a da un modello in particolare? 3.  Gli eventi inattesi che ti bloccano. Lascia che almeno un foglio bianco li accolga. 4.  Il flebile corpo della voce che racconta tutta la tua persona. Che ne dici della tua voce? 5.  La paura compagna di banco. Scrivi una lettera alla paura.

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BAMBINI SENZA STRESS

Redazione

Rilassamento generale Con i giochi presentati in questa rubrica possiamo contribuire a fare in modo che i bambini, già molto presto, nella scuola dell’infanzia, in età prescolare e scolare, possano imparare a rilassarsi, a regolare il proprio ritmo e ritrovare la concentrazione.

Primaria Primaria

Leggero come una piuma

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•  Obiettivo. Questo gioco è un “ponte” eccellente per collegare tra di loro attività differenti dei bambini. Con un limitato dispendio di tempo, esso aiuta i bambini a rilassarsi e a ritrovare la loro concentrazione. È possibile provare questo gioco anche con bambini molto piccoli. •  Età: dagli 8 anni. •  Materiali. Una piccola piuma, che ha bisogno di circa 6 secondi per atterrare sul pavimento da un’altezza di 2 metri. •  Svolgimento. L’insegnante può dire ai bambini: «Adesso farò con voi un gioco che si chiama “Leggero come una piuma”. Sapete perché le piume devono essere leggere? Quando vi siete sentiti leggeri come una piuma? Conoscete la sensazione contraria? Quando è stata l’ultima volta che vi siete sentiti “pesanti come il piombo”? Vorrei mostravi qualcosa… (Fate cadere la piuma per terra da un’altezza di 2 metri). Vi piace il volo della piuma? (Lasciate di nuovo cadere la piuma e contate i secondi del volo: uno, due, tre… sei). Per arrivare a terra, la piuma ha bisogno di questo tempo. Immaginatevi di essere voi stessi una piccola piuma, che si è staccata dalle ali di un uccello e vola attraverso l’aria. Decidete voi da quale uccello viene la vostra piuma. E provate adesso a scendere a terra, ondeggiando molto, molto lentamente, per sei secondi pieni. Io conterò intanto ad alta voce. Al “3” dovrete aver percorso la metà del vostro volo, e al “6” sarete tranquillamente distesi per terra, leggeri e soffici come questa piuma. Il nostro lento volo comincia: 1… 2…». •  Valutazione. Mi è piaciuto il gioco? Quanto? A quale uccello ho pensato? Che cosa mi è passato per la mente durante il volo fino a terra?

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La candela •  Obiettivo. Il movimento verso il basso e la breve pausa a terra offrono ai bambini una piccola ma efficace pausa di riposo, che, come esperienza, è molto più lunga di quanto non sia il tempo necessario per realizzarla. •  Età: dai 3 anni. •  Svolgimento. L’insegnante può dire ai bambini: «Immaginatevi che ognuno di voi sia una candela che brucia di notte. Mantenete le vostre mani giunte sulla testa: le mani sono la vostra fiamma. Mettetevi dritti come una candela. Quale colore volete che abbia la vostra candela? Quanto grande deve essere la fiamma?... Adesso bruciate con una grande luce. Noi vediamo la vostra luce e la cosa ci risulta davvero piacevole! Essa splende calda e luminosa nella notte scura. E lentamente, molto lentamente, le vostre candele, bruciando, si consumano sempre di più, finché i piccoli resti giaceranno a terra liquefatti, e la vostra fiamma sarà spenta. (È necessario iniziare a pronunciare queste frasi con un tono di voce relativamente alto, e abbassare la voce sempre più). Rimanete liquefatti per qualche attimo per terra. Quando vi rialzerete vi sentirete pronti a iniziare il lavoro che abbiamo in programma di fare dopo…». •  Valutazione. Mi è piaciuto il gioco? Quanto? Quale tipo di candela mi sono immaginato?

Stop! •  Obiettivo. I bambini si esercitano spesso anche da soli ad arrestare all’improvviso i loro movimenti e a rimanere immobili. Questo gioco può portarli in una forma leggera di trance, tanto da percepire se stessi e l’ambiente circostante da una prospettiva diversa. Contemporaneamente essi sentono la propria abilità, la propria capacità di dominare se stessi e di concentrarsi. E vivono poi con piacere la conclusione finale, quando riacquistano la loro mobilità. Il gioco si collega a questa loro predisposizione. •  Età: dai 6 anni. •  Svolgimento. L’insegnante può dire ai bambini: «Vorrei invitarvi a fare un gioco. Per questo avremo bisogno di sufficiente spazio, perché tutti possano muoversi liberamente. E voi potrete verificare se avete dei buoni “freni”. Quando io dirò “Stop!”, allora vi bloccherete, congelerete ogni vostro movimento. Magari avete ancora un piede in aria, un braccio sollevato, la bocca aperta. Rimanete esattamente nella posizione in cui vi trovate quando sentite “Stop!”. Chi di voi vuol farci vedere come funziona?... (Lasciate andare in giro per l’aula un bambino, che si bloccherà quando darete il segnale di stop). Tra poco potrete provare tutti questo arresto improvviso. Rimanete allora immobili fino a quando io avrò contato da uno a sei. Restate fermi come se foste di ghiaccio. Dopo che avrò finito di contare fino a sei, potrete muovervi di nuovo. Cominciate a girare per l’aula, come fate quando arrivate… Stop! Uno-due-tre-quattro-cinque-sei. E adesso continuate a girare come un clown in un circo, che indossa delle scarpe molto, molto grandi… Stop! Uno… Adesso girate tutt’intorno come se foste un orso polare grande e pigro, che cammina sulle zampe posteriori. Adesso muovetevi come se foste un acrobata, sulla cui testa un altro acrobata sta facendo una verticale… E ora trotterellate come un pesante cavallo ammaestrato, sulla cui groppa un cavaliere sta facendo dei pezzi di bravura… E per finire, diventate un canguro con delle forti zampe posteriori e graziose zampe anteriori… Stop! Uno… Scuotete le braccia e le gambe, e tornate al vostro posto… •  Valutazione. Mi è piaciuto il gioco? Quanto? Che cosa mi è piaciuto di più essere? L’Ora di Religione settembre-ottobre 2019

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Lavagna Interattiva Multimediale

Iola Albanese

Insieme è bello! Un’attività per i bambini della prima classe primaria che, attraverso la LIM e alcuni siti, hanno avuto un primo facile approccio all’uso delle TIC.

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Quest’attività è stata progettata per una classe prima della scuola primaria. Il lavoro finale sarà la realizzazione di un cartellone con l’intreccio dei nomi di tutti i bambini che formano la classe, da collocare sulla porta d’ingresso dell’aula. La durata prevista è di tre lezioni da due ore ciascuna. Introduzione La scuola dell’infanzia è finita da qualche mese. Ora, tra paure e incertezze, i bambini si trovano catapultati in un contesto molto diverso: una scuola diversa, nuove amicizie, nuove maestre, ma soprattutto, nuove regole. L’accoglienza è un momento altamente qualificante: ogni bambino, infatti, ha bisogno di sentirsi

accolto e accettato per poter iniziare un percorso scolastico in tutta serenità. Le attività proposte durante il primo periodo prevedono una didattica flessibile che permette d’instaurare un clima sereno e collaborativo, e di dare a tutti la possibilità di esprimersi e di integrarsi. In questo modo, il bambino si sentirà a proprio agio e vivrà l’ingresso nell’ambiente scolastico senza difficoltà, riuscendo a relazionarsi con gli altri nel modo che gli è più congeniale. È necessario promuovere l’autonomia, la relazione con gli altri, l’accettazione dell’ambiente scolastico e delle sue regole. Le attività si dovranno fondare, perciò, su esperienze coinvolgenti e significative per gli alunni. Soprattutto nel primo periodo, avranno carattere prettamente ludico, il gioco, ma mirato al raggiungimento di abilità, conoscenze e competenze specifiche e utilizzato per motivare cosi gli alunni. Per realizzare tutto ciò, le TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) sono uno strumento efficace.

Prima lezione Nella prima lezione si propone il «gioco dei nomi», in cui i bambini sono chiamati a ricordare i nomi dei propri compagni. È da privilegiare una disposizione a cerchio (circle time) per facilitare la reciproca conoscenza e permettere ai bambini di presentarsi nel modo più gradito. Un bambino dice il proprio nome; il compagno alla sua destra dice il proprio nome e quello del compagno precedente; il terzo bambino procederà dicendo il proprio nome e ripetendo i nomi del primo e del secondo compagno, e così via. In alternativa si può optare per il «gioco del gomitolo». L’insegnante lega il capo di un gomitolo

intorno al proprio polso, si presenta brevemente e lancia il gomitolo a un alunno; il bambino afferra il gomitolo, tiene il filo, si presenta e passa il gomitolo a un compagno (non a quello vicino a lui). Quando tutti si sono presentati, l’insegnante fa notare che si è formata una ragnatela: sono alcune relazioni che ognuno di noi può avere con gli altri; talvolta qualcuno, con il proprio comportamento, è come se tirasse il filo, e a risentirne è l’intera comunità evidenziata dalla ragnatela. Al termine, l’insegnante guida i bambini a notare le differenze di ciascuno, sottolineando ed evidenziando anche l’uguaglianza e la bellezza di essere bambini.

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Seconda lezione Nella lezione successiva, sempre per favorire un sereno e graduale inserimento nella scuola primaria, quando ancora molti bambini non si conoscono bene, può essere proposto il tema dell’amicizia. Per questa unità di lavoro si può scegliere la storia di Arturo e i suoi amici (a disposizione nei ). Dopo il racconto letto dall’insegnante e la proiezione alla LIM di immagini relative alla storia, si procede alla drammatizzazione. Con l’ausilio della LIM, attraverso delle schede-gioco precedentemente preparate dall’insegnante, si verifica la comprensione della storia e si propone ai bambini la scheda relativa alle sequenze del racconto che dovranno essere riordinate. Dopo aver analizzato le sequenze, l’insegnante invita i bambini a individuare i gesti di amicizia presenti nel racconto. Sempre grazie agli strumenti opzionali della LIM, l’insegnante chiede ai bambini di selezionare e trasportare, attraverso la funzione touch, dei piccoli smile o dei cuoricini sopra le se-

Terza lezione Nella lezione successiva si può costruire la «nuvola di parole» da porre sulla porta d’ingresso dell’aula. Per realizzarla si possono utilizzare vari siti, ad esempio: •  www.abcya.com/games/word_clouds •  www.wordle.net Per entrambi i siti non è necessario registrarsi. Un’altra opzione è: https://tagul.com/ che necessita dell’autentificazione dell’insegnante. Per questa unità di lavoro è stato utilizzato «ABCya!», un ricco portale dedicato ai giochi educativi. All’interno di questo sito web si può trovate «ABCya! Word Cloud Generator», per creare le “nuvole” di parole. Come per tutti i generatori di Word Cloud, è sufficiente copiare e incollare porzioni di testo oppure digitare le parole (nel nostro caso, i nomi dei bambini) e visualizzare la “nuvola” di parole creata. Si può modificare lo stile del carattere, regolare i colori e capovolgere il layout delle Word cloud. È possibile, ovviamente, scaricare e stampare le “nuvole” di parole. Dopo che ogni bambino ha scritto il proprio nome, tutti insieme si può scegliere il colore e la forma del testo della “nuvola” di parole della classe. L’esperienza dimostra che i bambini rimangono piacevolmente sorpresi dalla loro creazione proiettata alla LIM. Ogni bambino si diverte a cercare il proprio nome all’interno della “nuvola”.

quenze che richiamano i gesti di amicizia. I bambini vanno a turno alla LIM. Il lavoro effettuato può essere salvato e stampato. La stessa scheda preparata può essere data a ogni bambino: è sufficiente esportarla, salvarla in un file PDF e stamparla direttamente dal PC, se collegato a una stampante, oppure salvarla su chiavetta USB è a disposizione un esempio di lezione per la (nei LIM realizzato usando Activeinspire).

Attraverso la LIM e i siti utilizzati, i bambini hanno avuto un primo facile approccio all’uso delle TIC. Inoltre esse hanno permesso di vivere l’attività in maniera stimolante, accattivante e divertente.

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Navigando per siti

Maria Dente

Agenda 2030

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Una possibile ispirazione per la progettazione didattica dell’IRC. Settembre porta con sé l’inizio del nuovo anno scolastico, con momenti dedicati agli organi collegiali, attività di accoglienza per i nuovi e i vecchi alunni, ma anche tempo in cui ci si ritrova a pensare e progettare nuovi percorsi didattici con i colleghi. Quando si ha la fortuna di lavorare nella stessa istituzione scolastica con altri IdR, si mette in moto un vero gruppo di lavoro in cui lo scambio di idee e di competenze diverse non può che essere arricchente per noi insegnanti e per gli studenti. Sappiamo bene che l’IRC è una disciplina con propri contenuti e TSC (Traguardi per lo Sviluppo delle Competenze – DPR 10 febbraio 2010), ma ci rendiamo conto, già dagli studi che ci hanno preparato a tale insegnamento e dagli argomenti che proponiamo e approfondiamo in classe, che non è una materia chiusa in se stessa, ma interdisciplinare, ricca di contenuti che hanno a che fare con l’Arte, la Storia, la Letteratura e così via. L’interdisciplinarità dell’IRC diventa però significativa quando, insieme alle altre discipline, propone dei percorsi di apprendimento che partono dalla vita reale, e non pura trasmissione di saperi. A questo proposito, quest’estate, leggendo qua e la, una notizia mi ha particolarmente colpito favorevolmente e mi ha fatto subito pensare alla possibile ricaduta di tale novità nella nostra progettazione didattica: è in rete il portale Scuola 2030 per l’educazione allo Sviluppo Sostenibile, grazie alla collaborazione tra MIUR, INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa) e AsviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile). Tale portale trae ispirazione dall’Agenda 2030, un piano per migliorare la vita di tutti nel nostro pianeta e del pianeta stesso, voluto e sottoscritto nel 2015 dai Paesi dell’ONU. Il piano mette a fuoco problemi reali con i quali molti si scontrano in ogni parte della Terra, come la povertà, la fame, le disuguaglianze, il cambiamento climatico, l’inquinamento,

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la mancanza di istruzione. In tutto, 17 goals (obiettivi globali per uno sviluppo sostenibile) da raggiungere nel 2030. Credo che da questo piano possa trovare grande ispirazione la nostra progettazione didattica interdisciplinare. Lo stesso Papa Francesco, nel 2015, ha definito l’adozione dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile «un importante segno di speranza», e nel 2016 la Santa Sede ha inviato all’ONU una lettera che analizza i diversi punti dell’Agenda: la centralità della persona e il suo sviluppo integrale nel pieno rispetto per la vita in ogni sua forma e aspetto, la pace, la giustizia, il bene comune, il rispetto delle regole sono solo alcuni temi sui quali potremmo riflettere e lavorare. Molti di voi, leggendo i diversi punti dell’Agenda, sicuramente troveranno dei collegamenti con l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Anche lì si mette in relazione, ad esempio, il clima con lo sviluppo sostenibile. Partendo da tutto ciò, potremmo dare inizio a un confronto con le altre discipline e cercare di attuare delle attività didattiche ispirate da un comune denominatore, magari scegliendo alcuni dei 17 goals. Credo che sia nella scuola primaria che in quella dell’infanzia sia possibile e auspicabile avviare tali percorsi. Questa proposta va sicuramente approfondita, fatta propria, affinchè possa rispondere realmente alla vita dei nostri alunni. Nella «Pagina dei link» troverete gli indirizzi internet delle pagine di approfondimento e altre dalle quali scaricare materiale didattico.


Redazione

Biblioteca per la scuola

La lepre che andava di fretta

LO SCAFFALE

di Gemma Merino e Timothy Knapman, Valentina Edizioni, 2019, pp. 32.

Età consigliata: da 3 anni

Harry va sempre di fretta, non ha nemmeno il tempo di fermarsi a fare due chiacchiere! Con il suo monopattino sfreccia a tutta velocità schivando chiunque gli si pari davanti. Finché un tuffo nello stagno e l’incontro con la tartaruga Tom non lo costringeranno a rallentare.Solo allora capirà quante cose belle ci si perde vivendo sempre di corsa!

Il giro d’Italia in 80 isole

di Andrea M. Alesci, illustrazioni di Elena Maricone, Einaudi Ragazzi, 2019, pp. 120. Questo è un viaggio nel segno della leggerezza, che immagina di planare su ottanta isole italiane in una geografia di filastrocche, raccontando a suo modo un’Italia spesso sconosciuta. Quasi sempre sono gli animali i protagonisti. Autoctoni o esotici, si materializzano grazie al sortilegio della rima per gettarci verso luoghi lontani e descrivere assurdi percorsi. Il motore della fantasia spazia tra mari, fiumi e laghi, in una geografia giocosa, in un giro d’Italia inconsueto, e ci accompagna alla scoperta dei luoghi più diversi, su e giù per la penisola.

Dalla vita alla Messa

di Autori Vari, Elledici, 2019, pp. 48. LA MESSA DAL VITA L A LA

La messa è finita, andate e… condividete! Dalla comunione con Gesù nasce la comunione con gli altri: è un dono bellissimo e ogni settimana potrai portarlo a tutti. Buon cammino… passo dopo passo!

Età consigliata: da 8 anni

NO SA L I MES

LA VITA DAL LLA MESSA A

Questo messalino fa parte del progetto catechistico

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dell’Editrice ELLEDICI ISBN 978-88-01-06582-4

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Messalino_COP.indd 1

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Età consigliata: da 6 anni

Durante la Messa i bambini tendono a giocare, parlare e distrarsi. Spesso è perché non comprendono quel che avviene e hanno difficoltà a seguire il sacerdote. Questo messalino è pensato proprio per i più piccoli: da completare a casa e portare in chiesa la domenica, li aiuterà a capire ogni momento della celebrazione, in modo semplice e coinvolgente. Il testo riprende la liturgia domenicale, aggiungendo di momento in momento le azioni da compiere (alzarsi, sedersi, inginocchiarsi, dare la mano, ecc.). Ogni fase della liturgia è introdotta da una breve spiegazione che racconta ai bambini che cosa sta per accadere. Il libretto è corredato di figure da ritagliare e incollare nei giusti spazi: un’attività che prepara i più piccoli a vivere la celebrazione.

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FILMINSIEME

Ilaria Falcone

Aladdin TITOLO ORIGINALE: Aladdin; REGIA: Guy Ritchie; SCENEGGIATURA: Guy Ritchie, John August; MUSICHE: Alan Menken; PRODUZIONE: Walt Disney Animation Studios; DISTRIBUZIONE: Walt Disney Pictures; DURATA: 128’; GENERE: Commedia.

LA STORIA Il furfante ladruncolo Aladdin vive di bizzarri espedienti nella cittadina di Agabrah, nel Medio Oriente. Un giorno incontra una fanciulla misteriosa e se ne innamora. Il problema è che la giovane altri non è che la principessa Jasmine, figlia del

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PER LA RIFLESSIONE Il Genio, una fluttuante e simpatica creatura blu, è un potente mago, forse il più grande di tutti, ma non è libero, non può disporre della propria forza e creatività come meglio crede. È infatti costretto a usare i suoi poteri a vantaggio di chi entra in possesso, strofinando, della lampada dentro cui è imprigionato da secoli. Ma questa volta, il suo nuovo padrone, Aladdin, è diverso. Il giovane sarà anche una canaglia, ma ha cuore, conosce la strada, le difficoltà e la solitudine. La bontà della predisposizione d’animo di Aladdin e la simpatia del Genio entrano subito in armonia e s’incontrano in un rapporto sincero di amicizia. Sono due puri di cuore. Perché questo film, ispirato ai racconti de Le mille e una notte, è certamente una storia d’amore tra un ragazzo di strada e una principessa ribelle, ma è anche e forse soprattutto una storia di amicizia, sulla strada lastricata delle scelte e della libertà. Fin da subito Aladdin comprende quanto possa essere frustrante per il suo nuovo amico non essere libero. Aladdin, guidato da un altruismo spontaneo, promette a Genio che il terzo desiderio che esprimerà sarà quello di donargli la libertà. Il primo desiderio è speso per diventare un principe, o almeno farlo credere a Jasmine, perché Aladdin è convinto che solo così potrà conquistare il cuore della fanciulla, nonostante che Genio, un po’ “grillo parlante”, gli consigli di raccontare la ve-

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sultano, uscita in incognito per conoscere il suo popolo. Dopo averla seguita a palazzo, viene rapito dagli scagnozzi del perfido visir Jafar. Aladdin è costretto a entrare in una grotta per recuperare una leggendaria lampada magica. Ma qualcosa va storto e accidentalmente il ragazzo evoca il Genio che vive all’interno della lampada. Pittoresca e straordinaria, la creatura magica esaudirà tre desideri di Aladdin. Ma ogni scelta e ogni desiderio hanno un prezzo e una conseguenza... rità, cioè essere onesto, non vergognarsi di essere sé stesso, che è sempre il miglior biglietto da visita. Il secondo desiderio è questione di vita o di morte, del protagonista. Più si va avanti, però, e più la storia non evolve a vantaggio dei nostri eroi. Anzi, gli sviluppi della trama alla fine mettono a dura prova Aladdin nella volontà di seguire il suo piano altruistico. Ma la parola data è la parola data. «Genio, voglio che tu sia libero»: una frase così semplice eppure così d’immenso valore. Aladdin non viene meno all’accordo fatto all’inizio, e fa una scelta: essere generosi, non essere «ingordi» di desideri. Non aveva nulla, ha ricevuto molto, ha ritenuto giusto dover rendere grazie in qualche modo a questa fortuna imprevista. Ha scelto, ha deciso di comportarsi in modo rispettoso e responsabile: la felicità di un nuovo amico è diventata anche la sua felicità e libertà. Attività m  I nostri desideri La fiaba di Aladdin è celebre soprattutto per i tre desideri che il Genio concede al suo “padrone”. Se i bambini potessero scegliere, quali desideri esprimerebbero? Ovviamente solo 3. Lasciateli pensare e ragionare su queste scelte. m  L’amicizia Tra Aladdin e Genio nasce un’amicizia molto bella. Sono uno il confidente dell’altro. Ma che cosa significa «essere amici»?




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