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Eccesso di offerta e prezzi in calo per gli oli vegetali, olio d’oliva ancora alle prese con la

siccità: Lo scenario di Aretè Agrifood

Sul mercato europeo c’è un eccesso di olio di semi di girasole, con prezzi addirittura allineati al periodo pre-Covid: un autentico paradosso, se pensiamo al “panico” che si era scatenato subito all’indomani dell’invasione russa in Ucraina, con conseguenti prezzi schizzati alle stelle.

L’evoluzione degli ultimi 18 mesi è stata infatti del tutto “inedita”, come ha spiegato Annachiara Saguatti, analista senior di Areté Agrifood, società specializzata in ricerca e analisi per i settori dell’agricoltura e del food, in occasione del Cibus Lab organizzato da Gdo News in collaborazione con Cibus-Fiere di Parma per approfondire gli scenari futuri della categoria merceologica delle conserve vegetali. “Il contesto macroeconomico e geopolitico, con la guerra tra Russia e Ucraina, ha avuto un peso determinante sul mercato dell’olio di girasole – dice Saguatti -. L’ Ucraina era uno dei principali esportatori di olio di semi di girasole sul mercato globale e una buona parte di queste esportazioni erano dirette verso il mercato europeo. Lo scoppio della guerra ha bloccato i flussi di esportazione: il 98% dell’olio di girasole esportato dall’Ucraina usciva dai porti sul Mar Nero, quindi l’impatto è stato evidente. Si è anche bloccata l’industria olearia a causa dei blackout e della carenza di manodopera. L’Ucraina si è ritrovata con un enorme stock di semi di girasole nei mesi immediatamente successivi allo scoppio della guerra. Parallelamente sul mercato europeo si è generato il panico rispetto alla possibilità di carenza di offerta di olio di girasole. Questo è stato l’elemento che ha portato all’impennata delle quotazioni nell’immediato, all’indomani dallo scoppio del conflitto. Nei mesi successivi, i flussi commerciali si sono invece evoluti in maniera totalmente inedita: l’Ucraina ha cominciato a esportare massicci volumi di semi di girasole, principalmente via terra, l’Unione europea e i paesi dell’Est Europa, che già di per sé sono produttori e trasformatori di seme di girasole. Oggi le importazioni dell’Unione europea sono del 27% superiori rispetto a prima della guerra. Nessuno si aspettava questa dinamica, ma di fatto il risultato è stato un’enorme offerta di semi di girasole sul mercato europeo a prezzi molto competitivi, addirittura allineati ai livelli della prima metà del 2020, perché c’è un surplus di offerta”. Un ribasso ulteriore dei prezzi è stato favorito dall’offerta di colza - la cui raccolta in Canada dovrebbe essere particolarmente abbondante – e dal fatto che in estate la produttività delle palme da oli nel Sud Est asiatico tende a crescere: “Il prezzo dell’olio di palma fa da pavimento all’intero comparto – ha spiegato l’analista -. Perciò non dobbiamo attenderci rialzi dei prezzi. Inoltre, la debolezza del prezzo è sostenuta dal fatto che a livello globale la domanda dei principali importatori resta lenta, a causa dei fattori macro”. Cosa potrebbe accadere nel 2024 ruota attorno a diversi fattori, climatici ed economici: se El Nino non si abbatterà sulla produzione di olio di palma i movimenti rialzisti saranno sterilizzati, mentre una tendenza all’aumento potrebbe derivare da un eventuale intensificarsi della crescita economica globale.

L’olio d’oliva

Scenario del tutto diverso per l’olio d’oliva che l’anno scorso ha fortemente risentito della gravissima siccità spagnola: “La Spagna, nelle regioni di produzione come l’Andalusia, sta sperimentando un livello di siccità ancora particolarmente grave, tanto che ci sono dubbi sulla sopravvivenza di alcuni frutteti. Non possiamo aspettarci grandi raccolte” , ha detto Saguatti sottolineando che su Paesi le cui produzioni sono attese in calo nell’arco del prossimo decennio come Tunisia, Marocco e Turchia c’è il peso dei dazi alle importazioni nel mercato europeo: “Ciò fa sì che l’import risulti conveniente solo in determinate congiunture di mercato. Quello dell’olio d’oliva è quindi un mercato che potrebbe essere chiamato a trasformarsi se le conseguenze della siccità in Europa continueranno ad essere così pesanti sulle campagne di raccolta”, ha concluso l’analista senior di Areté.

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