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crescere sui mercati
Internazionali
I mercati internazionali offrono un’opportunità strategica per le imprese italiane attive nel settore dei panificati salati, categoria merceologica con un forte appeal per i consumatori stranieri che non hanno il pane come protagonista della dieta quotidiana ma fanno molto uso di snack. Con il mercato domestico in affanno a causa dell’inflazione crescente, i player del mercato nazionali individuano nell’export una leva indispensabile il cui peso attualmente varia tra il 15 e il 30% dei ricavi totali e che ha maggiori o minori possibilità di espansione a seconda della tipologia di prodotto. In uno studio condotto da Fondazione Edison su elaborazione dei dati Istat si è chiarito che l’esportazione dei prodotti da forno e farinacei nel 2021 ha prodotto un fatturato di 5,1%, pari al 16% del totale export dei prodotti alimentari. Per comprendere il valore delle cifre, è sufficiente paragonare questo con il dato di un altro settore importantissimo, quello lattiero-caseario che nello stesso periodo ha prodotto un fatturato di export pari a 4,1 miliardi, ovvero il 13% del totale.
Il posizionamento sui mercati internazionali viene presidiato dalle nostre aziende non solo in ottica di partnership commerciali, ma anche attraverso acquisizioni mirate come nel caso di Morato Group: “Negli ultimi tre anni il gruppo Morato si è sviluppato anche attraverso delle acquisizioni che ci consentono di produrre direttamente nel mercato di sbocco – dice Alioscia Marzachi, group sales director del gruppo -. Questo ci dà un vantaggio competitivo enorme sia in termini di logistica sia in termini di prossimità, e ci garantisce un fatturato che nel 2022 ha rappresentato quasi il 50% del totale ricavi del gruppo e lo stesso farà nel 2023. Ad esempio, in Spagna abbiamo 5 strutture produttive. Questo si accompagna ad una vocazione internazionale storicamente forte: con i marchi Roberto e Morato esportiamo in circa 90 paesi”.
Rilevante e in crescita anche la quota di export di Tentazioni Pugliesi: “Siamo passati dal 10% del 2021 al 12% del 2022 – dice il direttore vendite, Vito Lotito -. La crescita è costante e con notevoli margini per ulteriori miglioramenti in termini di espansione su nuovi mercati.”
A spingere ulteriormente le esportazioni sono stati anche i cambiamenti d’abitudine innescati dalla pandemia e che sono rimasti anche con il ritorno alla vita normale: “Il comparto del bakery salato era già in crescita prima della pandemia che poi ha impresso una ulteriore accelerazione: il consumatore finale, anche quello che non era abituato ad acquistare la nostra categoria di prodotti, con il lockdown ha cominciato ad acquistarli ritenendoli ‘strategici da dispensa’, essendo confezionati a lunga scadenza”, spiega Francesco Galizia di Vallefiorita.



“Finita la pandemia, i consumatori continuano ad acquistare questa categoria di prodotti: per questo motivo le esportazioni dalla pandemia in poi hanno visto una vera e propria esplosione. Noi cresciamo all’estero di circa il 15-20% anno su anno”.
Ritiene strategico l’export anche Fiorentini Alimentari, la cui quota attualmente è circa il 15%: “Abbiamo molto da fare – ha detto Simona Fiorentini – e stiamo lavorando per adattare le ricette alle richieste dei diversi Paesi sui quali intendiamo crescere”.

Sulla stessa linea anche il Gruppo Francone per il quale attualmente l’export rappresenta oltre il 10% dei ricavi totali ed è in crescita: “E’ sicuramente un comparto strategico per l’azienda, è in crescita così come gli investimenti dedicati – ha sottolineato Chiara Negro -. Per essere competitivi sui mercati internazionali, infatti, è necessario avere almeno due caratteristiche: una certificazione internazionale sul rispetto rigoroso di specifiche procedure e un’accurata selezione della filiera delle materie prime”.
I mercati stranieri sono quindi un’opportunità di crescita sulla quale investire, benché gli spazi per incrementare la quota di fatturato generata attraverso le esportazioni differiscano necessariamente da un’azienda all’altra in ragione delle caratteristiche dei prodotti di ciascuna. Ad esempio, GrissinBon ritiene di avere margini di manovra “limitati” proprio per via della tipologia di prodotto che offre: grissini e fette biscottate. Le fette biscottate sono un’abitudine tutta italiana che al momento non trova spazio tra i consumatori stranieri, mentre per i grissini incide moltissimo il basso prezzo di riferimento: “Noi lavoriamo su un prodotto dal valore molto basso –ha spiegato il CFO dell’azienda Rossella Lombardo -. Per noi è difficile sviluppare molto questa quota a causa dell’alta incidenza delle spese di trasporto.
Da 5 anni la quota di fatturato generata attraverso l’export è inferiore al 20% ed è relativa ai mercati più vicini come Francia, Germania e Austria, dove riusciamo ad ottimizzare costo dei trasporti”. Il fattore logistico, i cui costi sono cresciuti in modo enorme dopo l’invasione russa dell’Ucraina, sono un fattore cruciale anche per Pinsami, giovane azienda che già oggi genera attraverso le esportazioni ben il 60% dei ricavi totali: “Il prodotto che sta riscuotendo maggior successo è la pinsa a temperatura ambiente che richiede i minimi costi di trasporto e di mantenimento, pur garantendo una lunga shelf life” ha spiegato Rossella Palladini, head of marketing di Pinsami.
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