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L’ortofrutta e il clima impazzito: prezzi alle stelle e consumi in caduta libera. Lo scenario tracciato da Giampaolo Ferri

Il clima impazzito è il fattore che pesa di più sull’aumento dei prezzi di frutta e verdura, oltre ad altre variabili – dall’energia, ai trasporti, agli imballi – che sono aumentate in modo trasversale per qualsiasi categoria di prodotto, insieme alla carenza di manodopera ormai cronica dal Covid in avanti.

Il risultato, nel 2023, è una contrazione dei consumi di ortaggi e frutta fresca che la riduzione dei margini da parte dei distributori non è riuscita a fermare. A tracciare il quadro è Giacomo Ferri, esperto retail ortofrutta. “Oltre all’impennata di tutti i costi che abbiamo visto nel 2022, sull’ortofrutta da sempre incidono anche gli eventi climatici sfavorevoli che, se fino a qualche anno fa erano un’eccezione, adesso stanno diventando la norma.” dice Ferri. “Questi impattano soprattutto sulle verdure che, al contrario della frutta, non hanno la possibilità di essere conservate nei frigoriferi per essere poi trasformate. Ecco che gli eventi atmosferici, sommati ai costi in salita in ciascun anello della filiera, si ribaltano in modo praticamente diretto su prezzi pagati dai consumatori: la verdura a foglia, soprattutto, con una shelf life brevissima, ha un prezzo fortemente influenzato dalle dinamiche di offerta.

Quando la produzione è eccessiva rispetto alla domanda il prezzo pagato è talmente basso che i produttori faticano a coprire anche le spese”. Certo, l’impatto del clima potrebbe essere mitigato con appropriati investimenti, ad esempio in serre e impianti di irrigazione: “Questi interventi richiedono investimenti importanti che con l’aumento esponenziale dei costi cui stiamo assistendo diventano veramente difficili da sostenere per i produttori- aggiunge Ferri -. Per questo insieme di motivi e per cercare di dare risposte ai consumatori i margini sia dei produttori che delle insegne si sono molto compressi”. E la compressione dei margini non è comunque bastata per proteggere i consumi: “Nel 2022 tutti gli ortaggi hanno sofferto perché i prezzi alla vendita sono rimasti comunque alti. Nel 2023 i volumi restano negativi rispetto ad un anno e mezzo fa”. La categoria è in sofferenza, anche se “ci sono ortaggi che mostrano criticità maggiori rispetto ad altri, sia in termini di coltivazione che di costo – prosegue Ferri -. Il caso di scuola è quello delle zucchine, l’ortaggio più venduto in Italia che patisce anche la concorrenza spagnola. Viceversa, i finocchi vengono prodotti solo in Italia ed è quindi in grado di sviluppare fatturati importanti per i produttori e per le insegne italiane. Un’altra categoria importante, che mediamente rappresenta il 10% del fatturato del reparto ortofrutta, è il pomodoro: grazie anche allo sviluppo della MDD, il pomodoro negli ultimi anni ha conosciuto uno sviluppo incredibile, a partire dall’introduzione di varietà di qualità maggiore e più gustose, oltre che più capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici”.

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