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COM’È IL CARCERE ADESSO E COME IO VORREI CHE CAMBIASSE
Vorrei che le carceri cambiassero, vorrei che le carceri non fossero affollate, vorrei che i detenuti vivessero in condizioni decenti. Oggi, come è sempre stato, viviamo dentro piccole celle in 6 o 8 persone. Vorrei che i detenuti avessero delle celle da massimo 4 persone. Vorrei che detenuti che hanno commesso reati gravi siano messi in sezioni a parte. Vorrei che il sistema penitenziario iniziasse a far lavorare i detenuti accusati di reati minori, per far sì che il periodo in carcere porti in loro dei cambiamenti. Poi, secondo me, tanti detenuti cambiano e altri peggiorano in realtà.
V.M.
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Considerazione Della Situazione Attuale
Io ne parlo basandomi su ciò che ho letto e visto in tv. Ritengo che l’Europa sia molto indietro e non fa nulla per migliorare la situazione, specialmente alla luce di alcuni dati: nei primi tre mesi dell’anno solo in Italia ci sono stati 18 suicidi, 105 persone nello spazio in cui dovrebbero stare in 100, in altre niente acqua oppure nel 42% delle carceri non c’è luce elettrica. Mi fermo qui perché la lista è ancora lunga e non voglio scrivere solo statistiche. Ritengo che un buon esempio arrivi dall’America che ha privatizzato le prigioni. Ritengo che certe persone debbano essere gestiti in modo migliore, non si possono mettere assieme ergastolani, o persone con reati relativamente gravi, con persone che sono alla loro prima esperienza detentiva. Bisognerebbe capire cosa li ha indotti al crimine e cercare di recuperarne il più possibile, mettere un numero di psicologi proporzionato ai carcerati, creare borse lavoro per dargli modo di uscire e avere qualche soldo per provare a ripartire. Scuole di tutti i tipi ma più indirizzati al lavoro, con attestati che garantiscano loro più possibilità di lavoro. Bisognerebbe lavorare molto sui giovani, più malleabili, e per questo sarebbe più facili da indirizzare sulla retta via. Fare in modo che abbiano la possibilità di sfogare le loro energie in esubero, indirizzandoli verso lo sport e non i soliti campetti scaberci di calcio, ma con la possibilità di usufruire posti adeguatamente curati. Insomma, bisognerebbe fargli sentire che fanno sempre parte del tessuto sociale e non abbandonati a loro stessi. Bisognerebbe prendere il problema sul serio investendo sulle strutture, ma soprattutto sulle persone. È troppo semplice condannarli e poi dimenticarli, bisogna dare loro una possibilità che, magari, nella vita non hanno avuto. Chissà, potrebbero darci delle piacevoli sorprese. Bisogna far vedere loro che il mondo non è solo violenza e soldi, ma fargli scoprire che c’è anche tanto altro, qualcosa di più normale ma che non è poi così male. Bisognerebbe scoprire con loro a cosa sono più adatti come tipo di lavoro, cosa li appassiona e cercare di fare uscire il loro meglio. Non dobbiamo dimenticarli, noi non sappiamo cosa li ha portati lì quindi, a prescindere dai reati commessi, ognuno deve avere diritto ad una giusta pena e ad una struttura adeguata.
L.M.P.
Io quando sono stata in carcere mi sono sentita male perché una persona dopo 5 ore si è suicidata, le persone sono chiuse: quel posto non lo auguro a nessuno! Ci sono persone che sono entrate e uscite in situazioni peggiori, diventati peggiori e delinquenti più di quando stavano in carcere, non si sa perché. In quei giorni piangevo sempre e mi mancava l’aria e la mia famiglia; mi sentivo sbagliata e mi chiedevo perché fossi finita lì, con le porte che si chiudevano una dopo l’altra e dopo il vuoto. L’unica cosa da fare era contare giorno per giorno, ora per ora, ma il tempo non passava mai. Da quando ho sentito le storie degli altri, ho dimenticato la mia, perché la loro era più grave, peggiore e piangevo perché mi sentivo un uccellino dentro una gabbia. A volte, ridevo per non piangere e da quando sono uscita dal carcere non mi sono più fidata per colpa loro. Le cose che ho fatto però non le voglio più fare, mi ha dato troppo fastidio stare in prigione.
B.K.
La Mia Esperienza
Durante la mia esperienza carceraria, i primi sei mesi circa sono stati complicati a causa di mille dinamiche troppo complesse da spiegare. Poi sono stato chiamato a lavorare come previsto dalla turnistica dell’istituto. Ero avvantaggiato perché, per motivi familiari, ho dovuto lavorare molto presto con l’uomo di mia madre che aveva una piccola azienda edile e, perciò, fin da subito ho avuto una marcia in più. Dopo questa premessa, i sei mesi successivi ero aperto e lavoravo alla M.O.F., manutenzione ordinaria fabbricati, e le guardie, poco abituate a lavorare con professionisti, erano molto rispettose ed io anche nei loro confronti. In 5 anni e mezzo ho preso il metadone solo i primi 40 giorni. All’interno del carcere ho preso contatto con il Sert. ma senza concludere nulla. Tuttavia, nei sei mesi successivi mi sono fatto convincere da persone poco serie, le bisce di galera, a fare entrare droga per le persone come me. In cella usavo solo il sabato per non andare in astinenza, che sarebbe stato da stupidi. Dopo essere stato scoperto, mi hanno aumentato la pena di un anno e 8 mesi e trasferito a Vercelli. I primi mesi ero indiavolato ma poi, tornato a lavorare alla M.O.F., ero aperto ed ero il capitano della squadra del carcere. Venivano squadre da fuori, eravamo forti, e vincemmo per due anni il campionato. Avrei molto da dire: usanze, culture, abitudini… c’è molta ignoranza. D.R.
La Mia Esperienza Riassunta Del Carcere
Quello che mi viene da raccontare della mia esperienza nella Casa Circondariale di Pontedecimo e di una persona che si è tagliata le vene; se avessero chiamato l’ambulanza subito probabilmente sarebbe ancora vivo; invece, prima sono arrivati gli assistenti sociali, poi l’infermiere in un secondo momento e infine il dottore del carcere e in tutto questo tempo nessuno ha fatto niente ed è morto dissanguato, essendo che è arrivata l’ambulanza che era troppo tardi. Poi ho visto un compagno tagliarsi le vene ferocemente, con il braccio tagliato e con il sangue da tutte le parti; un’altra volta ho visto un ragazzo minacciare di tagliarsi il collo e anche lì le guardie non hanno fatto nulla, così io e un altro detenuto cercavamo di togliergli la lametta di mano, mentre gli assistenti guardavano. Comunque ora sono qua al CEIS, ho ancora tanto da scontare, sono una persona diagnosticata con disturbo bipolare e borderline; mi auguro che ora la cassazione decida di farmi restare qua: spero proprio di non dover tornare in carcere, perché anche per la mia patologia mi crea troppo stress e ansia, visto che in carcere sei lasciato solo a te stesso mentre qua sei aiutato da tante persone brave che si interessano di noi. In carcere ci si ammala e si peggiora, altro che reinserimento!! In un anno e mezzo ho visto lo psichiatra una volta, ho visto tanta gente malata curata male e lasciata a sé stessa. Chiudo dicendo che il carcere è un bruttissimo posto da non tornarci mai.