

TENNIS Paolo Bertolucci
Illustrazioni di GIORDANO POLONI con
Vincenzo Martucci
La storia del TENNIS
in
RITRATTI
Paolo Bertolucci con Vincenzo Martucci
La storia del tennis in 50 ritratti illustrazioni di Giordano Poloni
Publisher
Balthazar Pagani – BesideBooks
Fact checking e editing
Giulia Bilancetti
Graphic design PEPE nymi
ISBN 979-12-221-0925-1
Prima edizione aprile 2025 ristampa 9876543210
anno 2029 2028 2027 2026 2025 © 2025 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso BALTO print, Utenos g. 41B, Vilnius LT-08217, Lithuania nel mese di marzo 2025
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Paolo Bertolucci La storia del TENNIS
in
50 RITRATTI
Illustrazioni di GIORDANO
POLO NI
con
Vincenzo
Martucci
Ai miei genitori, a Irene e al mio amore.
P. B.
SOMMARIO

ANDRE AGASSI
29 aprile 1970 (Las Vegas, Nevada, USA)
Open non ci ha raccontato tutto il vero Andre Agassi. Così sono le autobiografie, anche quelle ben scritte e costruite. Ma chi ha conosciuto la prima versione del “Punk” di Las Vegas, che si presentava in campo con gli occhi truccati, le unghie colorate, i jeans tagliati e trasformati in pantaloncini, il toupet con le mèches bicolori a mascherare la calvizie, all’urlo di “L’immagine è tutto”, difficilmente la ritrova nel grido di dolore del ragazzo trattenuto a forza dal papà despota nel camp paramilitare della “Nick Bollettieri Academy” in Florida. Così come non riconosce nel pigro e viziato campione di sola fantasia, che dilapida un paio di Slam, il professionista serio e coscienzioso che si esalta nel lavoro fisico e, da 141 del mondo del 1997, torna miracolosamente al numero 1 due anni più tardi, proclamando di avere una missione da perseguire per mezzo del tennis. Ascetico “Zen master”, come lo chiamava Barbra Streisand, che tifò in prima fila a Wimbledon per quel ragazzo di 28 anni più giovane. Odiava davvero il tennis come ha raccontato o lo ama profondamente, come dice oggi, anche se non lo frequenta più? È evidente che il campione, ideale anche come marito (della ancor più vincente collega Steffi Graf ) e padre, nonché generoso benefattore, è transitato per tante, diverse esperienze, finché non ha fatto pace con se stesso allontanandosi in modo eclatante dalla sua prima versione. “Arrivi a un punto che non chiedi più ai genitori di capirti, ma sei tu che cerchi di capirli. La rabbia di papà nasceva dal desiderio di crearci una strada migliore della sua”. Il travagliato percorso ha sublimato il primo della classe del “corri e tira” dai riflessi straordinari – a partire dalla leggendaria risposta, da sfrontato che irride i compagni e il mondo tutto – a standard di un nuovo tennis: l’attaccante da fondocampo, aggressivo e vivace, sull’abbrivio di un anticipo che forse deve proprio a papà e alle sue trovate, le palline da tennis che roteavano sopra la testa di Andre già nella culla e il “Dragone”, la macchina spara palle modificata, dai proiettili avvelenati e velocissimi ad altezza d’uomo. Anzi, di bambino.

CARLOS ALCARAZ
5 maggio 2003 (Murcia, Spagna)
Fin troppo precoce come tennista professionista, Carlos Alcaraz ha esordito nell’ATP Tour a soli 15 anni, ha firmato il primo Slam agli US Open 2022 ad appena 19 anni, quattro mesi e sei giorni, più giovane numero 1 del mondo di sempre anche a fine stagione. E ha chiuso il 2024 già con 4 Majors vinti, a 21 anni, quarto di sempre dopo Borg, Wilander e Becker. Così “Carlitos”, o “Charly”, come lo chiamano in famiglia, ha realizzato i sogni tennistici di papà Carlos senior, che aveva dovuto sacrificare le velleità sportive alle necessità della vita. Ma anche quelli del manager Molina , che a 11 anni lo propose alla scuola dell’ex numero 1 Juan Carlos Ferrero a Villena. Carlitos ha preso saldamente in mano il testimone da Rafa Nadal, garantendo al tennis spagnolo una esaltante continuità al vertice. Forte, fortissimo, di fisico e di tecnica, con un dritto dominante e un repertorio completo su tutte le superfici: il ragazzo d’oro di Murcia s’è mostrato capace di lampi abbaglianti e imparabili, ma ha anche rivelato la sua immaturità di giovane uomo nella gestione delle emozioni e quindi nell’equilibrio di rendimento. Così, nella stessa partita, ha dimostrato di poter dominare l’avversario, qualsiasi avversario, ma anche di distrarsi, magari per insistere su un colpo specifico o per dilettare la platea. Ha avuto la meglio nei confronti diretti con Jannik Sinner, l’unico altro giovane a competere come lui ai livelli più alti, fino al 2024, soprattutto negli Slam, ma ha dovuto fare i conti con la tenuta mentale e con la continuità, pagando dazio in termini di classifica. Le sue gemme più preziose le ha regalate nelle finali di Wimbledon 2023 e 2024, battendo in entrambi i casi Novak Djokovic. La prima, monumentale, in cinque set, stoppando Nole I di Serbia dopo i suoi quattro titoli di fila ai Championships (dove non perdeva in finale dal 2013), mettendo giù 42 vincenti contro uno dei più grandi difensori di sempre; la seconda, in appena tre set, che ha segnato un vero e proprio passaggio di consegne fra l’esaltante epopea dei Fab Four e la nuova generazione, bloccando il primatista Slam a quota 24 titoli.

ARTHUR ASHE
10 luglio 1943 (Richmond, Virginia, USA) – 6 febbraio 1993 (New York, USA)
Campioni che sono solo straordinari interpreti sul campo, o campioni-uomini, esempi di orgoglio e ispirazione per i giovani e i più deboli? Arthur Ashe è stato il simbolo della seconda categoria. Lui che aveva vissuto la segregazione razziale attraverso i racconti dei nonni e dei genitori, e poi per esperienza diretta, con le troppe barriere degli Anni Cinquanta subite per il colore della sua pelle, riuscì a imporsi in uno sport d’élite, per bianchi, e arrivò al numero 2 del mondo. La finale di Wimbledon 1975 fu la sua acme. Perché segnò l’ingresso del primo nero nell’albo d’oro del torneo più famoso, dopo aver griffato US Open e Australian Open. Mise così una pietra miliare nella lotta contro le discriminazioni, firmando con una prestazione tecnicamente e tatticamente perfetta una delle più clamorose sorprese di sempre. Alla vigilia del match, l’afroamericano, quasi 32 anni, era bocciato da tutti i pronostici contro Jimmy Connors, più giovane di dieci anni, campione uscente ai Championships e in tre Slam, oltre che numero 1 del mondo. Il quale aveva il dente avvelenato col connazionale, “colpevole”, da presidente del sindacato ATP, di avergli negato il Roland Garros l’anno prima per aver deragliato dalle regole del Tour. Arthur rubò da subito il ritmo all’incontrista, lo soffocò di lob e palle sgonfie in slice e profonde, lo sorprese nella “terra di nessuno”, a metà campo, mandandolo ko dopo 45 minuti. Completò poi il capolavoro con quel micidiale 6-1, 6-1 con la rimonta da 0-3 al quarto set. Festeggiò, compostissimo come sempre, alzando il pugno chiuso verso il cielo, sulla scia dei guanti neri di Carlos e Smith a Città del Messico nel 1968, o forse solo a dire grazie per quell’unico successo in sette sfide contro Jimbo. Quando scoprì di aver contratto l’HIV a causa di una trasfusione, diventò portavoce anche della battaglia per una maggiore tutela dei malati. La morale l’ha rivelata nella sua biografia, Giorni di grazia: “Non mi chiedo mai: ‘Perché a me?’, e non lo faccio perché, se lo facessi, allora dovrei chiedermelo anche […] la mattina dopo aver vinto Wimbledon nel 1975”.
il grande tennis è tornato. jannik sinner infiamma il pubblico, la passione per la racchetta è travolgente e questo sport si riscopre irresistibile. lasciati catturare dalle storie dei numeri 1!
Paolo Bertolucci, campione indimenticabile e oggi commentatore autorevole, e Vincenzo Martucci, da decenni testimone d’eccezione di sfide memorabili, raccontano il tennis attraverso i 50 giocatori e giocatrici che lo hanno reso leggendario. Dai miti del passato ai grandi rivoluzionari della racchetta fino alle stelle del presente, ogni atleta è celebrato in queste pagine con le vivide illustrazioni di Giordano Poloni, in una narrazione esperta, colorata e appassionante.
Per chi ha vissuto l’adrenalina delle epoche d’oro, per chi ne scopre ora la magia e per chi non smette mai di emozionarsi davanti a un match. Un omaggio allo sport dei re che è diventato il re degli sport.


Paolo Bertolucci è stato tra i più grandi campioni del tennis italiano, vincitore della Coppa Davis nel 1976 e di numerosi titoli internazionali. Oggi è uno dei commentatori del tennis più apprezzati e seguiti in tv.
Vincenzo Martucci, giornalista e scrittore, ha raccontato il tennis per oltre trent’anni su “La Gazzetta dello Sport”. Ha seguito oltre 100 tornei dello Slam e 30 finali di Coppa Davis.
GIORDANO POLONI è un illustratore pluripremiato, con collaborazioni per “The Guardian”, “Il Sole 24 Ore”, “Wired” e molte case editrici.